RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 216- Testo della trasmissione di giovedì 4 agosto 2005

 

 

Sommario

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Fiducia nel Signore che è più forte di tutti i mali: sull’incoraggiamento ad una “fede serena” di Benedetto XVI, ieri all’udienza, la riflessione del teologo mons. Bruno Forte

 

Benedetto XVI nomina il nunzio apostolico in Guinea, Liberia e Gambia: è il presule indiano George Antonysamy

 

Impiantato pace-maker al fratello del Pontefice, ricoverato al Gemelli. Il decorso post-operatorio - informa una nota della sala stampa vaticana - è soddisfacente

 

L’importanza dei mass media per la vita della Chiesa, sottolineata dall’arcivescovo John Patrick Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, alla 123.ma Assemblea annuale del Consiglio Supremo dei Cavalieri di Colombo, a Chicago

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dopo il golpe senza sangue, la Mauritania si interroga sul proprio futuro: intervista con il nunzio, mons. Giuseppe Pinto

 

In Medio Oriente, arrestate 190 persone durante manifestazioni di protesta contro l’imminente ritiro israeliano dai territori palestinesi: ce ne parla la prof. Marcella Emiliani

 

Ancora scontri in Sudan dopo la morte del vice presidente John Garang. Intanto, il presidente annuncia la formazione di una commissione congiunta con lo SPLA per indagare sull’incidente: ce ne parla David Mozersky

 

Giunta ad Assisi la marcia-pellegrinaggio della gioventù francescana. Interviste con i partecipanti.

 

La “Messa degli umili”: è il titolo dell’opera in scena questa sera a Castel Gandolfo in omaggio a Giovanni Paolo II. Con noi il colonnello Antonio Pappalardo, autore della composizione

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello dell’ONU: nel Malawi necessaria la cancellazione totale del debito

 

Amnesty International denuncia in un rapporto abusi in Nepal sui minori

 

Crisi alimentare in Niger e nel Mali: Save the Children e l’ONU lanciano un appello per inviare aiuti

 

Avviato in Argentina il processo di canonizzazione di tre religiosi e due seminaristi uccisi nel 1976 sotto la dittatura

 

La Chiesa ricorda oggi il Santo Curato d’Ars

 

Scoperta in Bulgaria una tomba del IV secolo a.C. piena d’oro

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq dieci vittime in diversi attentati. E mentre crescono le perdite americane, il presidente Bush respinge l’ipotesi di un ritiro anticipato

 

Il primo incriminato per gli attentati falliti del 21 luglio a Londra resta in carcere. 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 agosto 2005

 

 

FIDUCIA NEL SIGNORE CHE E’ PIU’ FORTE DI TUTTI I MALI:

 SUL MESSAGGIO DI INCORAGGIAMENTO AD UNA “FEDE SERENA” DI BENEDETTO XVI,

IERI ALL’UDIENZA, LA RIFLESSIONE DEL TEOLOGO MONS. BRUNO FORTE,

 ARCIVESCOVO DI CHIETI-VASTO

 

Anche quando il credente si sente isolato e circondato da rischi e ostilità, la sua fede deve essere serena”: così Benedetto XVI, ieri all’udienza, ha ricordato la presenza costante del Signore che “circonda e protegge”. Lo ha fatto parlando in concreto di situazioni difficili, di “prepotenza degli empi”, per poi ricordare che nel Salmo 124 il Signore dice: “Io sono più forte di tutti questi mali”. Ma come ricordare queste parole quando il male sembra prevalere nel mondo? Fausta Speranza lo ha chiesto all’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte:

 

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R. – E’ la certezza di una fede che ci dà speranza, fiducia: questo Dio, impegnatosi per l’uomo nell’alleanza con lui, non viene meno alla sua alleanza e, dunque, anche quando in termini umani sembra tacere o nascondersi, Egli è all’opera per i suoi. Il credente veramente, in questo senso, non è mai solo. Benedetto XVI lo ha detto con forza, già nei suoi primi discorsi: il credente non è solo nella vita, come non lo è nella morte, qualunque sia la situazione del mondo. E il mondo presente ci offre scenari certamente di violenze, di possibilità di male e di sofferenza ma il credente deve continuare ad aver fiducia che il suo Dio non lo abbandonerà. Mi sembra che sia uno straordinario messaggio di fiducia e di speranza, che ci viene da questo Papa, ben consapevole dei drammi del presente, ma anche delle miserie e delle povertà della Chiesa, eppure fiducioso, immensamente fiducioso nella fedeltà di Dio.

 

D. – Il Papa parla di isolamento, di ironia, di disprezzo, di situazioni difficili, di scoraggiamento, di mediocrità, di stanchezza. C’è una estrema concretezza in queste parole del Papa, non le sembra?

 

R. – Non solo una concretezza, ma una descrizione – vorrei dire – coraggiosa della realtà non solo del cuore umano, ma del cuore del credente. D’altra parte, già nelle meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo, il cardinale Ratzinger aveva parlato con chiarezza perfino della sporcizia dei mali che ci sono nelle Chiese. Egli non chiude gli occhi di fronte a questa realtà, di cui anzi avverte tutto il peso e tutta la sfida, ma questo non significa perdere una visione serena e fiduciosa della vita e della storia. Guardare in faccia il male significa ancor più radicarsi nella fiducia e nel bene, significa abbandonarsi nelle mani di Dio.

 

D. – Benedetto XVI all’udienza ha parlato della “prepotenza degli empi”. A questo proposito – ha detto – “ci sarebbe anche la tentazione per i giusti di farsi complici del male per evitare gravi inconvenienti”…

 

R. – Io credo che la tentazione sia sempre duplice: da una parte, quella di semplificare le cose in una sorta di ottimismo ingenuo, ignorando la tragicità del male; dall’altra, quella invece di cadere in una sorta di disperazione e di pessimismo in cui ci si sente schiacciati dall’abisso del male e sembra che nulla si possa fare. Credo che fra queste ‘Scilla e Cariddi’ debba navigare il credente, così come Benedetto XVI indica con le sue parole: navigare in una fiducia in Dio, che non significa chiudere gli occhi di fronte ai mali del mondo, ma avere uno sguardo sul mondo che non è mai perdere di vista la sovranità di Dio e dunque la fiducia che essa inspira in chi non si sente solo perché c’è il Dio della storia, accanto a lui e per lui.

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BENEDETTO XVI NOMINA IL NUNZIO APOSTOLICO IN GUINEA,

LIBERIA E GAMBIA: E’ IL PRESULE INDIANO GEORGE ANTONYSAMY

 

Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Guinea, Liberia e Gambia mons. George Antonysamy, finora consigliere della nunziatura apostolica in Giordania, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Sulci, con dignità di arcivescovo. Il nuovo nunzio è nato a Tiruchy in India nel 1952 ed è stato ordinato sacerdote nel novembre del 1980.

 

Laureato in Teologia Pastorale, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede nel 1987, prestando la propria opera nelle rappresentanze pontificie in Indonesia, Algeria, Repubblica Centroafricana, Bangladesh, Lituania e Giordania.

 

 

IMPIANTATO PACE-MAKER AL FRATELLO DEL PONTEFICE,

 MONS. GEORG RATZINGER, RICOVERATO AL POLICLINICO ROMANO

“AGOSTINO GEMELLI”. IL DECORSO POST-OPERATORIO, INFORMA

UNA NOTA DELLA SALA STAMPA VATICANA, E’ SODDISFACENTE

 

Il fratello di Benedetto XVI, mons. Georg Ratzinger, è stato ricoverato ieri, in tarda serata, al Policlinico Agostino Gemelli di Roma, “per turbe del ritmo cardiaco”. E’ quanto si legge in una nota del direttore della Sala Stampa Vaticana, dott. Joaquín Navarro-Valls. “Dopo gli accertamenti diagnostici del caso - prosegue la nota - gli è stato impiantato un pace-maker”. Il decorso post-operatorio di mons. Georg Ratzinger “è soddisfacente e la dimissione ospedaliera è prevista in tempi rapidi”.

 

 

 

 

 

 

L’IMPORTANZA DEI MASS MEDIA PER LA VITA DELLA CHIESA,

SOTTOLINEATA DALL’ARCIVESCOVO JOHN PATRICK FOLEY,

PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI,

 ALLA 123.MA ASSEMBLEA ANNUALE DEL CONSIGLIO SUPREMO

DEI CAVALIERI DI COLOMBO, A CHICAGO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

I primi mesi del 2005 sono stati straordinari per l’evangelizzazione grazie ai mezzi di comunicazione. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo John Patrick Foley, presidente del pontificio consiglio per le Comunicazioni Sociali, che intervenendo ieri alla 123.ma assemblea annuale del Consiglio Supremo dei Cavalieri di Colombo, a Chicago, ha messo l’accento sul ruolo dei mass media, in occasione della morte di Giovanni Paolo II e l’elezione di Benedetto XVI alla Cattedra di Pietro.

 

L’incontro ha offerto anche l’occasione all’arcivescovo Foley di ringraziare i Cavalieri di Colombo per i servizi satellitari da loro forniti, in modo da poter garantire una copertura globale di questi due eventi straordinari per la vita della Chiesa cattolica. In particolare, il presidente del dicastero vaticano ha ricordato che le esequie di Papa Wojtyla sono state seguite da 155 emittenti di 84 Paesi e  la messa di inizio Pontificato di Benedetto XVI è stata trasmessa da 124 emittenti di 75 Paesi. Una realizzazione - ha detto mons. Foley - resa possibile grazie all’impegno del Centro Televisivo Vaticano e della RAI, la Tv di Stato italiana, e al contributo prezioso dei Cavalieri di Colombo.

 

Infine, il presule ha sottolineato come l’ultima Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, “Il Rapido Sviluppo”, sia stata dedicata ai mass media e che uno dei primi incontri di Benedetto XVI dopo l’elezione sia stato proprio con gli operatori della comunicazione.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la situazione in Mauritania: i militari golpisti assumono il potere. Condanna da parte della Comunità internazionale.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alla prossima Giornata mondiale della Gioventù a Colonia.

L'omelia del cardinale Agostino Cacciavillan durante la Concelebrazione Eucaristica che ha concluso il Triduo in preparazione della solennità della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore.

 

Nelle estere, Iraq: assassinato uno stretto collaboratore del vice premier Chalabi.  

 

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "Un insegnamento 'vivo' che rifugga dal pericolo di eccessivi schematismi": considerazioni sul futuro della scuola. 

Una monografica, a cura di Francesco Malgeri, sulla figura di Federico Alessandrini, in occasione dei cento anni dalla nascita. Il titolo dell'articolo è "Al servizio della Chiesa con fedeltà intelligente".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano le vicende legate alla Banca d'Italia. Il ministro dell'Economia Siniscalco afferma che è in gioco la credibilità dell'Italia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 agosto 2005

       

 

DOPO UN GOLPE SENZA SANGUE,

LA MAURITANIA SI INTERROGA SUL PROPRIO FUTURO

- Intervista con il nunzio, mons. Giuseppe Pinto -

 

Il colonnello Ely Ould Mohammed Vall, capo della polizia, è stato designato a capo del sedicente ‘Consiglio militare per la giustizia e la Democrazia’ che ieri, approfittando della visita in Arabia Saudita del presidente Maaouiya Ould Taya, ha preso il potere in Mauritania. Secondo le testimonianze giunte dal luogo l’azione militare intrapresa a partire dall’alba di ieri non avrebbe provocato alcun morto né ferito. Già oggi la capitale è tornata alla normalità. Il servizio di Andrea Cocco:

 

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Ha atteso qualche ora la popolazione della capitale mauritana di Nouackott, prima di scendere per le strade e festeggiare l’avvenuta destituzione per mano dei militari del presidente Maaouya Ould Taya. Salito al potere nel 1984 il presidente della repubblica islamica appariva sempre più isolato di fronte a una popolazione stanca della stretta autoritaria e della corruzione del regime. Dopo il fallimento di ben tre tentativi di colpi di stato nel 2003 e nel 2004 nessuno si è azzardato tuttavia a mostrare il suo entusiasmo fino alla tarda serata di ieri, quando dalla televisione nazionale i golpisti hanno finalmente rivelato la loro identità con un comunicato ufficiale. “Consiglio militare per la giustizia e la democrazia”: questo il nome evocativo scelto dai 18 militari che compongono la giunta, appartenenti per lo più ai corpi dei berretti verdi, le guardie presidenziali di Taya. Loro intenzione è di “mettere fine alle pratiche totalitarie del regime”. Ma nonostante le speranze degli abitanti della capitale, il programma dei nuovi signori di Nuackott è ancora tutto da chiarire. Il colpo di Stato messo a segno ieri non avrebbe nulla a che vedere, infatti, con l’opposizione politica al regime né tantomeno con i gruppi islamici radicali, colpiti negli ultimi anni dalla durissima repressione del governo.

 

Con il destituito Taya, per ora confinato in Niger, le prime condanne all’azione di forza dei 18 sono giunte dalla comunità internazionale. “I giorni in cui si tolleravano i regimi militari sono finiti”, ha detto il presidente della Nigeria Olusegun Obasanjo a nome dell’Unione africana, mentre il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si è detto profondamente turbato per gli avvenimenti. Con una formula tristemente nota negli Stati africani la neo giunta militare ha del resto annunciato di voler traghettare il Paese per almeno due anni, durante i quali saranno creati i presupposti per una vera democrazia. Tra le incognite che si aprono all’indomani del colpo di Stato non mancano quelle relative agli interessi sui ricchi giacimenti di

petrolio recentemente scoperti a Chinguetti a largo delle coste mauritane. Grazie a depositi offshore la Mauritania potrebbe entrare già dal 2006 nel novero dei dieci maggiori produttori mondiali di greggio.

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Tornata la calma, in Mauritania, dunque, non c’è nessuna certezza su quale potrà essere il futuro del Paese. Andrea Sarubbi ha intervistato il nunzio apostolico, l’arcivescovo Giuseppe Pinto:

 

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R. – Il colpo di Stato di ieri, accaduto in Mauritania, è stato preceduto da altri tentativi avvenuti nel giugno 2003 e nell’agosto 2004. Di solito sono dovuti a mancanza di fiducia tra le parti, politiche, militari, e a contrasti riconducibili ad elementi etnico-regionali. Siamo di fronte ad una popolazione molto ridotta, quella autoctona, e ad una frammentazione di rappresentanze di etnie che per di più sono anche molto disperse sul territorio, enorme. C’è anche una popolazione nomade ...

 

D. – Era un golpe annunciato oppure sembrava tutto tranquillo?

 

R. – Ma ... sembrava tutto tranquillo, anche se i colpi di Stato non potevano essere trascurati, avrebbero dovuto essere presi in considerazione perché già ce n’erano stati, appunto, conclusi con condanne detentive a carico dei militari che se n’erano fatti interpreti.

 

D. – Tra l’altro, anche il presidente Maaouiya Ould Sid Ahmed Taya era arrivato al potere con un’azione militare ...

 

R. – Sì, esatto, e lui negli ultimi anni si era fatto promotore di riforme, soprattutto nell’ambito sociale e nell’ambito economico. Questo aveva portato nuove speranze per la Mauritania, anche tra la popolazione. Purtroppo, questo processo ora viene interrotto. Infatti, oltre alla condanna che viene dalla comunità internazionale in genere, c’è stato da parte dell’Unione Europea, per quanto si sa, l’annuncio dell’interruzione dei programmi di cooperazione, che erano così importanti per un Paese come la Mauritania.

 

D. – Eccellenza, cosa manca, secondo lei, alla Mauritania per essere una democrazia compiuta?

 

R. – Manca esattamente questo dialogo deciso tra le parti che hanno in mano i destini del Paese. Un dialogo che definisca bene i ruoli e che rispetti l’assetto costituzionale.

 

D. – Lei vede una soluzione politica alla crisi?

 

R. – La soluzione devono trovarla i partiti politici tra di loro, perché non sono d’accordo. Nelle ultime elezioni, ci sono state proteste da parte dei partiti politici di opposizione e  quindi non  si sono  chiuse con  buona pace di tutti, quelle elezioni. Rimane sempre quello scontento e quella contestazione che nuoce all’intesa. La nazione, ancora non soggiace all’assetto costituzionale.

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IN MEDIO ORIENTE, ARRESTATE AL CONFINE CON LA STRISCIA DI GAZA,

190 PERSONE DURANTE MANIFESTAZIONI DI PROTESTA

 CONTRO IL RITIRO ISRAELIANO DAI TERRITORI PALESTINESI

- Intervista con Marcella Emiliani -

 

In Medio Oriente, fallisce la manifestazione degli oppositori al ritiro dei coloni da Gaza, che avevano intenzione di raggiungere gli insediamenti di Gush Katif, nella Striscia di Gaza: i dimostranti, partiti da Ofakim, hanno fatto marcia indietro. Durante le manifestazioni di protesta, la polizia israeliana ha arrestato, inoltre, 190 dimostranti mentre cercavano di attraversare Nissanit, una delle aree dichiarate interdette fino alla fine delle operazioni di sgombero. A Gaza, intanto, circa dieci mila palestinesi sono scesi in piazza per festeggiare l’imminente ritiro israeliano. L’Autorità nazionale palestinese (ANP) ha predisposto, inoltre, il dispiegamento di forze di sicurezza nella Striscia di Gaza per evitare tensioni e violenze. Sembrano convergere, dunque, gli sforzi di israeliani e palestinesi per assicurare un’adeguata cornice di sicurezza durante il disimpegno israeliano, previsto per il prossimo 17 agosto. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, la professoressa di Sviluppo politico del Medio Oriente all’Università di Bologna, Marcella Emiliani:

 

 

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R. – Sì, sembrano  convergere. Ma non sappiamo che posizioni  terranno né gli estremisti palestinesi né gli estremisti israeliani. Finora gli estremisti israeliani hanno seguito questa via che loro definiscono ‘pacifica’. Ma avvicinandosi la scadenza del ritiro, il 17 agosto, possiamo anche aspettarci delle azioni più forti di quelle che finora sono state intraprese.

 

D. – Un leader della Jihad islamica in Cisgiordania, Abu Kassam, ha per la prima volta indicato, in un’intervista pubblicata ieri dal quotidiano israeliano “Haaretz”, la possibilità di un riconoscimento di Israele da parte del movimento estremista. Come interpretare questa dichiarazione?

 

R. – Non sappiamo quanto Kassam rappresenti l’intera Jihad islamica. La cosa importante è che una posizione del genere venga alla luce del sole. Si sa che all’interno tanto della Jihad islamica quanto di Hamas esiste in questo periodo, cioè da quando è salito al potere Abu Mazen, un duro braccio di ferro. C’è una ferrea contesa tra chi vuole arrivare a soluzioni pacifiche, per poi buttarsi in un discorso di amministrazione dei Territori che verranno lasciati dagli israeliani ai palestinesi, e chi invece vuole portare avanti la linea durissima e la linea terrorista. Diciamo che c’è una guerra civile strisciante tra gli stessi palestinesi.

 

D. – Abu Kassam ha detto che Arafat credeva nella lotta armata e non temeva una guerra civile; Abu Kassam ha anche detto che l’attuale presidente palestinese, Abu Mazen, non crede invece nella lotta armata e teme una guerra civile. Dove può portare questo nuovo corso palestinese?

 

R. – E’ vero quello che dice Abu Kassam: Arafat credeva nella guerra civile. Abu Mazen sembra, invece, di parere diverso. Il problema che lo riguarda è quale sia il suo reale potere all’interno dell’Autorità nazionale palestinese.

 

D. – L’imminente ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza costituisce una prova cruciale del dialogo israelo-palestinese ...

 

R. – Senz’altro perché se neanche restituendo i Territori ai palestinesi, si riesce a trovare un accordo affinché questo avvenga in maniera pacifica, allora israeliani e americani potrebbero convincersi che tra i palestinesi non ci sono interlocutori.

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ANCORA SCONTRI IN SUDAN DOPO LA MORTE DEL VICEPRESIDENTE JOHN GARANG.

IL PRESIDENTE ANNUNCIA LA FORMAZIONE DI UNA

COMMISSIONE CONGIUNTA CON L’SPLA PER INDAGARE SULL’INCIDENTE

- Intervista con David Mozersky -

 

Non si placa in Sudan la tensione scoppiata dopo la morte del vicepresidente ed ex capo dei ribelli del Movimento popolare di Liberazione del Sudan SPLA John Garang. Sono salite oramai a 130 le vittime degli scontri che in questi giorni si sono propagati nella capitale Karthoum e in alcune città del Sud. Per placare la rabbia delle popolazioni del sud, che dietro la morte di Garang vedono un complotto ordito dal regime di Karthoum, il presidente Omar  al-Béchir ha annunciato la formazione di una commissione congiunta con l’Spla, con il compito di indagare sulle cause dell’incidente aereo che ha causato la morte del leader. Intanto continua a restare alto il timore che la morte di Garang e il clima di violenza comprometta la pace raggiunta nel gennaio di quest’anno tra governo e SPLA, al termine di un conflitto durato più di venti anni. Ce ne parla il corrispondente da Nairobi dell’International Crisis Group, David Mozersky, raggiunto al telefono da Andrea Cocco:

 

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R. – WELL, IT’S DEFINITIVELY A HUGE BLOW ...

Si tratta sicuramente di un duro colpo per il processo di pace, e per l’accordo che è stato siglato a gennaio. Garang è stato l’uomo chiave durante la fase di negoziati. Ma bisogna dire che la morte di Garang non costituisce per forza di cose la morte del processo di pace. Di fatto la risposta del Splm continua a essere incoraggiante. La leadership del movimento ha immediatamente provveduto alla nomina del successore di Garang. Credo che Silva Kiir rappresenta un’ottima scelta. Si tratta di un personaggio politico di rilievo molto rispettato all’interno del movimento. E poi anche il messaggio del governo di Kartoum è incoraggiante. Sicuramente l’Splm affronterà momenti difficili e farà fatica a riempire il vuoto lasciato da Garang. Ma il processo di pace può continuare a funzionare e ad essere messo in pratica.

 

D. - Il 25 luglio, una settimana prima dell’incidente che è costato la vita a Garang, l’International Crisis Group ha pubblicato un rapporto dal titolo “Sudan una pace incerta”. Nel dossier si sottolinea che una delle principali minacce al processo di pace è costituita dall’ala più intransigente del governo di Karthoum timorosa di perdere potere.

 

R. - THE CHALLENGES TO IMPLEMENTATION, WHICH WE OUTLINED …

“Le difficoltà nell’attuazione del processo di pace sottolineate nell’ultimo rapporto dell’Icg restano rilevanti. E una delle questioni più spinose rimane la mancanza della necessaria volontà politica da parte del governo del presidente Omar al-Bashir. Molti nel National congress, il partito al potere, temono che l’attuazione dell’accordo costituisca una minaccia per i loro interessi. L’accordo prevede - lo ricordiamo - l’indizione di elezioni libere e l’organizzazione di un referendum sull’autodeterminazione delle regioni del Sud. Il partito di Bashir ha però bisogno che il processo di pace prosegua. Continuano ad aver bisogno dell’accordo e dell’intesa faticosamente raggiunta con l’Splm, sia per ridurre la pressione internazionale sul governo di Karthoum sia per guadagnare consensi all’interno del Paese. Quello di cui siamo preoccupati è che con il tempo, nei prossimi anni, questo bisogno venga meno e il governo tenti di mettere in discussione l’attuazione degli accordi. In questi giorni di violenze la cosa più importante è comunque agire, come d’altronde sta facendo l’Splm, per far tornare la calma nel Paese e soprattutto a Karthoum, riducendo le tensioni e restaurando l’ordine.

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E’ GIUNTA AD ASSISI LA MARCIA-PELLEGRINAGGIO DELLA GIOVENTU’ FRANCESCANA DEI FRATI MINORI, CHE DAL 25 LUGLIO HA RIUNITO GIOVANI DI OGNI REGIONE D’ITALIA

- Interviste con giovani -

 

 

Termina oggi la marcia-pellegrinaggio organizzato come ogni anno dalla Gioventù francescana dei frati minori. Tema di questa XXV edizione, iniziata lo scorso 25 luglio, è "Nella tua storia il dono". Il servizio è di Francesca Fialdini:

 

 

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Una settimana di cammino alla media di circa 18 chilometri al giorno, con il proprio zaino sulle spalle. Anche quest’anno, centinaia di giovani di ogni regione d’Italia si sono messi in marcia verso Assisi, tra fatica e sudore. Ma per scoprire che cosa? La parola ai protagonisti:

 

R. – Una gratuità che parte da un gesto fatto così, senza interesse; l’essenzialità delle piccole cose: del dormire su una stuoia, dell’adattarsi a lavarsi, magari, con le docce di fortuna, per arrivare a darsi delle risposte che poi orientano anche tutte le scelte quotidiane.

 

R. - Essere fratelli gli uni con gli altri, senza curare il proprio orticello come si fa nella quotidianità: qui esce veramente la persona che sei!

 

R. – A casa abbiamo un sacco di maschere; qui, invece, siamo noi, con le nostre storie, le nostre fatiche. Semplicemente, sei tu e sei bello; importante perché sei così come sei!

 

D. – Qual è la giornata tipo del giovane pellegrino francescano? Ci risponde Luca:

 

R. – C’è la sveglia, subito si pensa alla colazione e appena finite le Lodi mattutine, ovviamente tutti insieme, si parte con la marcia, si arriva ad una tappa intermedia dove si pranza. Dopo di ché si parte in marcia di nuovo fino alla tappa della giornata, dove diciamo i Vespri, la Messa, si cena e dopo, a seconda della zona in cui siamo, si può fare animazione in piazza, dove si cerca di coinvolgere più gente possibile. E dopo si va a dormire.

 

D. – Per gustare appieno una simile avventura, senza che rimanga una parentesi ideale, è necessario tradurla in quotidianità. Per Luca, è possibile?

 

R. – Questo è il mio obiettivo, perché tutto quello che si fa lo devi fare in Dio. Tutto!

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LA “MESSA DEGLI UMILI”: E’ IL TITOLO DELL’OPERA IN SCENA QUESTA

SERA A CASTEL GANDOLFO IN OMAGGIO A GIOVANNI PAOLO II

- Intervista con il colonnello Antonio Pappalardo

 

La “Messa degli umili”. Questo il titolo dell’opera in scena questa sera a Castel Gandolfo. Un omaggio a Giovanni Paolo II e alla sua devozione mariana. La composizione rispetta la pentapartizione dell'Ordinarium - Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei - e comprende otto canti a Maria. L’evento musicale, che si svolgerà alle 19.00 nella Piazza della Libertà della cittadina laziale antistante il Palazzo Apostolico, verrà trasmesso da Rai Uno nel pomeriggio di domenica prossima. Al colonnello dell’Arma dei Carabinieri Antonio Pappalardo, autore della composizione, Salvatore Sabatino ha chiesto qual è il significato di questa composizione:

 

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R. – La “Messa degli umili” non è anzitutto una messa da requiem, perché è sì  dedicata a Giovanni Paolo II, ma per noi Giovanni Paolo II non è mai morto, è sempre vivo e presente fra di noi.

 

D. – Ecco, l’omaggio significativo, dunque, a Giovanni Paolo II, alla sua devozione mariana, ma anche il luogo dove questa esecuzione avverrà è piuttosto significativo: la piazza antistante al Palazzo Apostolico. Qual è la sua emozione?

 

R. – Sarà un’emozione particolarissima, perché noi saremo in un luogo che è per noi un simbolo estremamente importante della cristianità. E’ il luogo dove il Santo Padre si ritira in alcuni momenti dell’anno e non solo per riposarsi, ma soprattutto per elevare la sua meditazione, la sua attenzione a tutti i problemi del mondo. Sapere che mentre noi eseguiamo questa “Messa degli umili” in omaggio a Giovanni Paolo II, c’è Benedetto XVI lì, all’interno del Palazzo Apostolico. Noi auspicheremmo tanto che fosse lì ad ascoltarci. Per noi è un grande momento, una grande gioia ed una grande emozione.

 

D. – Coro ed orchestra sono stati formati per l’occasione ed hanno assunto un nome particolare…

 

R. – Il nome è particolarissimo. Si chiama Coro ed orchestra dalla Filarmonica Bailpevaco. Con questo termine noi abbiamo sintetizzato quelli che sono i nomi sacri delle religioni dell’umanità e dove “Ba” sta per Bavalcita, il canto del Beato della religione indù; “Il” sta per Iliade, per richiamare il movimento religioso pre-cristiano e della cultura greco-latina; “Pe” sta per pentateuco, i primi cinque libri sacri della Bibbia; “Va” per Vangeli; e “Co” sta per Corano.

 

D. – Dunque, in un momento storico così particolare la musica si conferma come straordinario linguaggio di pace, anche in questa circostanza?

 

R. – Certo. Al lancio di bombe di fanatici terroristi, noi reagiamo non con la violenza, che non è certo nello spirito del messaggio cristiano, ma lanciando ramoscelli di ulivo.

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CHIESA E SOCIETA’

4 agosto 2005

 

 

APPELLO DELL’ONU: NEL MALAWI NECESSARIA LA CANCELLAZIONE TOTALE DEL DEBITO. CRISI ECONOMICA ED ALIMENTARE COSTRINGONO ALLA POVERTÀ

TRE QUARTI DELLA POPOLAZIONE

 

Blantyre. = La cancellazione totale del debito estero e nuovi finanziamenti al settore agricolo sono indispensabili al Malawi per aumentare le sue fonti di sussistenza e uscire dalla povertà. Lo ha affermato Jeffrey Sachs, direttore delProgramma del Millennio’ dell’Onu e consigliere economico di Kofi Annan, in visita nel Paese africano. “Terre come il Malawi hanno bisogno e meritano il sostegno della comunità internazionale, non solo sotto forma di aiuti alimentari ma anche per incentivare uno sviluppo produttivo”, ha detto Sachs. “Vorrei che i donatori pensassero al futuro senza limitarsi alla crisi attuale e che aiutassero il Paese ad avere buoni raccolti per il prossimo anno”, ha proseguito ancora Sachs incontrando i giornalisti nella capitale Blantyre. Con tre quarti dei suoi 11 milioni di   abitanti costretti a sopravvivere con meno di un dollaro al giorno, escluso dalla lista dei 14 Stati africani cui il recente G8 scozzese ha promesso l’azzeramento del debito, il Malawi sta affrontando una grave crisi economica e alimentare: gli ultimi raccolti di mais sono stati i più scarsi dal 1992, con una produzione di 1,25 milioni di tonnellate pari ad appena il 37% dei cereali consumati ogni anno. Sachs ha anche rivolto un appello al governo e all’opposizione, protagonisti di un duro scontro politico, esortando a porre fine alla crisi politica ad unirsi per battere insieme la povertà. (T.C.)

 

 

AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA IN UN RAPPORTO ABUSI IN NEPAL SUI MINORI. MIGLIAIA DI BAMBINI VITTIME DI UN CONFLITTO TRA MAOISTI E FORZE DI SICUREZZA

 

Kathmandu. = Migliaia di bambini nel Nepal subiscono violenze e gravi abusi in un brutale conflitto interno che vede contrapposti da 9 anni ribelli maoisti e forze di sicurezza. A denunciarlo è Amnesty Intrenational in un rapporto. Nel documento si legge che sono tantissimi i minori uccisi, detenuti illegalmente, torturati, stuprati, rapiti e reclutati per attività militari. “Queste ostilità - ha dichiarato Purna Sen, direttore del programma Asia Pacifico di Amnesty International - sono un disastro per i bambini del Nepal. Alcuni di loro sono stati addirittura presi direttamente a bersaglio dall’una o dall’altra parte del conflitto, mentre centinaia sono morti a causa di bombe ed altri ordigni esplosivi. Altri invece sono stati costretti a fuggire dalle proprie case e ad affrontare povertà e sfruttamento”. Amnesty International riferisce che il trattamento riservato ai bambini dalle parti in conflitto viola palesemente gli obblighi del Governo nepalese in materia di diritti umani e la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia che vieta, per ogni bambino privato della libertà, la tortura o altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Molte organizzazioni di donne denunciano anche che le ostilità stanno alimentando la tratta delle ragazze a scopo sessuale. Amnesty International chiede al Governo del Nepal di rispettare i propri obblighi di protezione dei diritti dei bambini, di consegnare alla giustizia il personale delle forze di sicurezza coinvolto in violazioni dei diritti umani e di fornire servizi appropriati per i bambini implicati nel conflitto. Ai maoisti l’organizzazione per i diritti umani lancia un appello per porre fine al rapimento e al reclutamento di bambini, perché vengano rilasciati quelli arruolati e cessino gli attacchi indiscriminati e deliberati contro i civili. (T.C.)

 

 

CRISI ALIMENTARE IN NIGER E NEL MALI: “SAVE THE CHILDREN” E L’ONU

CHIEDONO AIUTI. SERVONO CIBO ED ATTREZZATURE MEDICHE

 

ROMA. = “Save the Children”, la più grande organizzazione internazionale indipendente per la tutela e la promozione dei diritti dei bambini, lancia un appello per raccogliere fondi da inviare in Niger. Una grave carestia sta facendo registrare in questi mesi nel Paese africano migliaia di bambini malnutriti. “Save the Children” sta inviando in Africa aiuti alimentari di emergenza: quarantuno tonnellate di cibo sono già arrivate a Niamey, capitale del Niger, con un volo umanitario partito da Ostenda, in Belgio. “Ogni minuto che passa rappresenta un ulteriore rischio di vita per tanti minori - sottolinea Filippo Ungano, portavoce di “Save the Children” Italia – per questo abbiamo lanciato un appello di raccolta fondi cui invitiamo tutti a rispondere. Servirà a finanziare i primi soccorsi ai bambini più a rischio di malnutrizione”. Il volo umanitario ha fatto giungere in Niger latte, attrezzature mediche e tutto il necessario per assicurare assistenza sanitaria per un mese ai bambini più gravi. Sono 15.000 quelli sotto i 5 anni ai quali “Save the Childrensta prestando soccorso nella regione di Maradi. Intanto l’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti alimentari, il “World Food Programme”, ha chiesto ai Paesi donatori di triplicare i fondi destinati al Niger. Dei 2 milioni e mezzo di persone che l’ONU si propone di soccorrere, più di due terzi vivono in condizioni estremamente gravi. Le preoccupazioni si sono estese anche al vicino Mali. Finora le autorità di Bamako hanno più volte smentito l’esistenza di una crisi alimentare paragonabile a quella del Niger. Secondo l’organizzazione britannica Oxfam, tuttavia, la situazione è già molto grave e rischia di finire fuori controllo. (T.C.)

 

 

AVVIATO IN ARGENTINA IL PROCESSO DI CANONIZZAZIONE DI TRE RELIGIOSI

E DUE SEMINARISTI UCCISI NEL 1976 SOTTO LA DITTATURA

 

BUENOS AIRES. = Il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, gesuita, ha autorizzato l’apertura del processo di canonizzazione di tre sacerdoti e due seminaristi assassinati nel 1976, nella capitale, durante l’ultima dittatura. L’arcivescovado della capitale effettuerà uno studio approfondito sulla vita e gli scritti dei cinque religiosi pallottini e sulle circostanze della loro uccisione, attraverso testimonianze di chi li conobbe. La causa sarà poi trasferita alla Santa Sede. I sacerdoti Pedro Duffau, Alfredo Leaden e Alfredo Kelly, e i seminaristi Salvador Barbeito e Emilio Barletti furono rinvenuti morti il 4 luglio 1976 nella sala comunitaria della parrocchia di San Patricio con numerose ferite di arma da fuoco. La magistratura non ha mai individuato i colpevoli, ma secondo alcune deposizioni raccolte dalla polizia potrebbe trattarsi di agenti dell’ESMA, la scuola di meccanica della Marina che fungeva all’epoca da centro di detenzione clandestino. L’assassinio dei pallottini è considerato l’episodio più cruento, ma non l’unico, che colpì la Chiesa sotto il regime. In circostanze non ancora chiare morirono i vescovi di La Rioja, Enrique Angelelli, e di San Nicolas, Carlos Ponce de Leon. Secondo il Movimento ecumenico per i diritti umani quasi un centinaio, tra sacerdoti e religiosi, furono uccisi o fatti scomparire durante la dittatura. (T.C.)

 

 

LA CHIESA RICORDA OGGI IL SANTO CURATO D’ARS.

A ROMA UNA SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA

NELLA PARROCCHIA A LUI DEDICATA

 

ROMA. = La Chiesa ricorda oggi la figura di san Giovanni Maria Vianney, più noto come Curato d’Ars. A Roma, alle 18.30, nella parrocchia a lui dedicata saranno celebrati in sua memoria i Vespri ed una solenne celebrazione eucaristica. Il 21 maggio scorso, per la prima volta, il cuore incorrotto di san Giovanni Maria Vianney, conservato nel santuario francese d’Ars, è stato esposto alla venerazione dei fedeli. La preziosa reliquia è stata anche ospitata nella cappella privata di Benedetto XVI, dove è rimasta dalla sera del 22 fino alla mattina del 23  maggio. Il Santo Curato d’Ars è nato a Dardilly l’8 maggio del 1786 ed è morto all’età di 73 anni nel 1859. È stato canonizzato nel 1925 da Papa Pio XI e proclamato patrono universale dei parroci nel 1929. (T.C.)

 

 

SCOPERTA IN BULGARIA UNA TOMBA DEL IV SECOLO A.C., PIENA D’ ORO.

IL MAUSOLEO APPARTENEVA AD UN RE DELLA TRACIA,

SEPOLTO CON TUTTI I SUOI AVERI

 

SOFIA. = La tomba di un re della Tracia, costruita in maniera insolita e piena di oggetti d’oro e d’argento, è stata scoperta nella regione di Elkhovo, in Bulgaria. Ad annunciarlo, il direttore del museo storico nazionale Bojidar Dimitrov. “Questa tomba non assomiglia ai mausolei rettangolari o a cupola che conoscevamo dei Traci, – ha spiegato il direttore – è un’enorme buca coperta di legno simile alla tombe degli Sciti di Russia o del Sud dell’Ucraina”. Il responsabile dell’équipe archeologica, Daniela Agre, ritiene che si tratti della tomba dei Traci più ricca scoperta negli ultimi 100 anni. La tomba risale al IV secolo avanti Cristo. L’équipe archeologica ha anche trovato l’anello in oro del re. Il sovrano era stato sepolto insieme al suo cane e ai suoi due cavalli. Rinvenuti inoltre una corona d'oro, ginocchiere in argento, pezzi di un'armatura, finimenti per i cavalli e numerosi recipienti in oro, argento e bronzo. I Traci hanno abitato il territorio delle attuali Bulgaria e Macedonia, il Sud della Romania, il Nord della Grecia e della Turchia e il Sudovest dell’Ucraina dal IV millennio a.C al III secolo d.C.. Prevalentemente dediti all’agricoltura e all’allevamento, restano famosi per la produzione di oggetti in oro. (R.A.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 agosto 2005

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

In Iraq continua senza sosta il tragico conflitto fra ribelli e forze regolari. Dieci iracheni sono stati uccisi oggi in vari attentati, uno dei quali ha preso di mira la famiglia di un soldato iracheno. E mentre crescono le perdite americane, il presidente Bush ha respinto l’ipotesi di un ritiro anticipato delle truppe. Il nostro servizio:

 

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Questa volta è stata la famiglia di un soldato iracheno a cadere nella brutalità dei ribelli. Nei pressi di Baquba, un commando armato ha fatto irruzione nell’abitazione del soldato sterminando nel sonno quasi tutta la sua famiglia: trucidate la moglie, una figlia di 12 anni e il figlioletto di 6; le altre due bambine della coppia, una delle quali di appena 3 anni, sono rimaste ferite. Il militare è stato l’unico a salvarsi perché, al momento dell’attacco, non era in casa. E gli attacchi continuano ancora contro gli esponenti governativi. Uno stretto collaboratore del vice primo ministro Ahmed Chalabi è stato assassinato nella propria abitazione, nella parte sud-orientale di Baghdad. Un attentato suicida, inoltre, ha provocato la morte di quattro sciiti nei pressi di Kirkuk. E altri due sciiti sono stati uccisi da sconosciuti a Baghdad. Infine, sempre sconosciuti, hanno sparato su una pattuglia di polizia a Kirkuk uccidendo tre agenti. Intanto, il presidente americano Bush, nel commentare la strage di 14 marines di ieri, ha affermato che il modo migliore per onorare i caduti è portare a compimento la loro missione. Pertanto, il presidente ha respinto qualsiasi ipotesi di ritiro anticipato delle forze americane dall'Iraq: “Se noi annunciassimo un calendario – ha detto – il nemico adeguerebbe la sua tattica”. E allora, senza dare tregua agli insorti, ecco la strategia per il successo in Iraq: bisogna addestrare gli iracheni a garantire la sicurezza e, soprattutto, aiutare i leader politici a scrivere la nuova Costituzione e a preparare le elezioni.

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  Una notizia giunta pochi minuti fa: è di almeno quattro iracheni morti e otto feriti il bilancio di un attentato suicida contro un convoglio di veicoli appartenenti a seguaci di Moqtada al-Sadr, il giovane imam capofila degli integralisti sciiti. Lo ha reso noto la polizia.

 

  Per 9 mesi a partire da oggi, l’Italia assumerà il comando della missione ISAF in Afghanistan, con un dispiego di uomini pari a 1.900 unità. Il ministro degli Esteri italiano, Fini, giunto a Kabul per partecipare alla cerimonia di passaggio delle consegne, ha ribadito che l’Italia “non verrà meno ai suoi impegni” in Afghanistan come in Iraq. Intanto, nel Paese continuano gli scontri tra forze regolari e guerriglia talebana. Ieri, otto militari sono rimasti uccisi facendo salire così ad 800 il numero dei morti dall’inizio dell’anno.

 

  “La politica di Blair porterà altre distruzioni ai britannici dopo le esplosioni di Londra”: è la minaccia espressa dal vice di Bin Laden, Ayman al-Zawahiri, in un video diffuso pochi minuti fa dalla televisione araba Al-Jazeera. Intanto, a Londra, Ismael Abdurahman, la prima persona incriminata in connessione con i falliti attentati del 21 luglio, resterà in carcere almeno fino alla prossima udienza, fissata per il prossimo 11 agosto. Lo ha stabilito il magistrato davanti al quale l’uomo è comparso stamane a Bow Street, nel centro di Londra. Abdurahman è stato incriminato per aver celato informazioni sul presunto terrorista etiope Hamdi Issac, al momento in carcere a Roma. E proprio per Issac, il prossimo 17 agosto si svolgerà l’udienza per l’estradizione chiesta dal governo inglese.

 

 La polizia federale australiana ha confermato l’esistenza di una sessantina di estremisti islamici attivi nel Paese. “Da tempo siamo consapevoli del numero di persone addestrate in Pakistan o in Afghanistan”, ha detto il capo della polizia specificando che servizi segreti e forze di polizia restano vigili.

 

 Cenni di distensione tra comunità internazionale e Iran sulla questione del programma nucleare che Teheran ha minacciato di riavviare. Il governo iraniano ha accettato, infatti, di rinviare alla settimana prossima la riattivazione della centrale atomica di Isfahan per la conversione dell’uranio. La decisione è stata presa in concomitanza con l’insediamento del nuovo presidente iraniano, l’ultra-conservatore Mahmoud Ahmadinejad.

 

 Dopo i funerali di Re Fahd, l’Arabia Saudita volta pagina. Ieri il nuovo sovrano, Abdullah bin Abdul Aziz, in una cerimonia ufficiale, ha ricevuto il giuramento di fedeltà dei suoi sudditi e ha anche continuato a ricevere le delegazioni giunte a Ryad da tutto il mondo.

 

 Nel decimo giorno dei negoziati multilaterali sulla crisi nucleare nord Coreana, i cinque Paesi coinvolti nelle trattative – Cina, Russia, Giappone, Stati Uniti e Sud Corea – attendono la risposta del governo di Pyongyang sulla quarta bozza di dichiarazione congiunta, presentata ieri dalla Repubblica cinese a Pechino.

 

 Sono due donne le vittime della deflagrazione avvenuta ieri sera a Istanbul, in Turchia. La bomba, collocata in un’autovettura, ha ferito altre 5 persone. Ancora difficile dire se si sia trattato di un atto di terrorismo. Gli investigatori, infatti, propendono sempre più per l’ipotesi dello scoppio accidentale del serbatoio di gas dell’auto su cui viaggiavano le vittime.

 

 Bufera politica sul governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, per il caso delle telefonate intercettate, intercorse con il presidente della Banca Popolare Italiana, Fiorani. Questi avrebbe ostacolato la scalata del gruppo olandese Abn Amro alla Banca Antonveneta. Un caso sul quale vigila anche l’Europa. Il servizio è di Giampiero Guadagni:

 

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Bruxelles teme che in Italia siano ristretti gli spazi di azione per le banche straniere, ledendo così il principio di leale concorrenza, come dimostrerebbe la vicenda Antonveneta, con l’amministratore delegato della Banca Popolare Italiana, Fiorani, e un gruppo di imprenditori, accusati dalla Procura di Milano e per questo sospesi dai loro incarichi, di avere ostacolato in maniera illegale la scalata degli olandesi di ABN Amro alla Banca padovana. “La credibilità dell’Italia è a rischio”, ha sottolineato ieri il ministro dell’economia Siniscalco. Il governo, tuttavia, frena sulla richiesta     avanzata dalle opposizioni di dimissioni del governatore della Banca d’Italia, Fazio, per il contenuto di alcune telefonate intercorse con Fiorani, intercettate e pubblicate su alcuni giornali. Ma entrambi gli schieramenti politici sembrano condividere l’idea di una legge che limiti il mandato del governatore, finora a vita.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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 La Turchia non accetterà nuove condizioni al suo ingresso in Europa. Lo ha dichiarato il primo ministro turco, Tayyip Erdogan, commentando l’invito a riconoscere Cipro prima dell’apertura del negoziato sull’adesione, arrivato dalla Francia.

 

 La NASA sta valutando l’opportunità che l’equipaggio di “Discovery” compia un’altra sortita nello spazio, la quarta, per porre rimedio ad una lacerazione del rivestimento isolante che protegge le piastrelle termiche della navetta.  Se non ci saranno contrattempi, l’equipaggio di “Discovery”, prima navetta del programma shuttle a essere tornata nello spazio dopo la tragedia di “Columbia”, il 1 febbraio del 2003, rientrerà sulla terra lunedì prossimo.

 

 

 

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