RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
215 - Testo della trasmissione di mercoledì 3 agosto 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Al via stasera la 58.ma edizione del
Festival di Locarno, in Svizzera: con noi Irene Bignardi
CHIESA E SOCIETA’:
Bangladesh: uccisi due
cristiani protestanti impegnati in una Ong internazionale
Aperto nella Repubblica democratica del
Congo il Consiglio pastorale diocesano
Il movimento dei coloni riprende le proteste contro il governo Sharon
per il prossimo smantellamento degli insediamenti ebraici a Gaza
Tentativo di colpo di Stato in Mauritania: occupati i
palazzi del potere
3
agosto 2005
UNA FEDE SALDA E SERENA IN DIO, CHE PROTEGGE
L’UOMO
ANCHE NELLE CIRCOSTANZE PIU’ CRITICHE DELLA VITA:
LA
CATECHESI DI BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE DI OGGI IN AULA PAOLO VI
Una fede più forte dei rischi e
delle ostilità della vita, che sa rimanere serena perché radicata in Dio,
“roccia di salvezza”. E’ l’insegnamento che questa mattina Benedetto XVI ha
affidato alle seimila persone che hanno preso parte all’udienza generale in
Aula Paolo VI, nella quale oggi spiccava, tra gli altri, un gruppo di sacerdoti
cinesi. Il Papa, alla sua prima catechesi del mercoledì dopo il soggiorno
valdostano, è giunto questa mattina in elicottero da Castel Gandolfo ed ha
ripreso il commento alla Liturgia dei Vespri, dedicandosi in particolare al
Salmo 124. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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(Canto Salmo)
“Il Signore è sempre con noi e
la sua forza ci circonda e protegge”. E’ una delle chiose con le quali
Benedetto XVI ama costellare i suoi discorsi ufficiali per sottolinearne
un passaggio fondamentale. Questa frase, messa a margine di un passaggio
dell’udienza generale di oggi, esprime con semplice
efficacia una realtà immutabile della fede cristiana: la presenza costante di
Dio accanto all’uomo in ogni circostanza della vita. In un’Aula Paolo VI
particolarmente effervescente e affettuosa nei suoi confronti, Benedetto XVI ha
parlato della “stabilità” della fede in Dio che diventa fiducia prendendo
spunto dalle strofe del Salmo 124.
“Anche quando il
credente si sente isolato e circondato da rischi e ostilità, la sua fede deve
essere serena, perché il signore è sempre con noi e la sua forza ci circonda e
protegge”.
Prendendo ad esempio
Gerusalemme, “la città simbolo di pace e di santità” - ha detto il Papa - il
Salmo paragona i monti che la circondano alla protezione che Dio erige nei
confronti dei “giusti”, di coloro che vivono con
pienezza e senso di affidamento la loro fede:
“La loro situazione può essere, di per sé, preoccupante a causa della
prepotenza degli empi, che vogliono imporre il loro dominio, e conosciamo
queste situazioni nel mondo. Ci sarebbe anche la tentazione, per i giusti, di
farsi complici del male per evitare gravi inconvenienti, ma il Signore li protegge dall’oppressione”.
Il Salmo dunque - ha osservato Benedetto
XVI - mentre leva un’invocazione finale in favore dei
“buoni” e dei “retti di cuore”, infonde nell’animo “una profonda fiducia”:
“Aiuta potentemente ad
affrontare le situazioni difficili, quando alla crisi esterna dell’isolamento,
dell’ironia, del disprezzo nei confronti dei credenti si associa la
crisi interna fatta di scoraggiamento, di mediocrità, di stanchezza. Conosciamo
queste situazioni, ma il salmo ci dice: il Signore è con te, abbi fiducia. Io
sono più forte di tutti questi mali”.
(Canto Salmo - applausi)
Applausi a scroscio,
acclamazioni ritmate e una grande corrente di simpatia
hanno caratterizzato il momento dei saluti nelle altre lingue, in contrasto con
l’insolita giornata grigia e piovosa di mezza estate che oggi gravava su Roma. Tra
i semila dell’Aula Paolo VI, il “particolare affetto” di Benedetto XVI è
andato, tra i primi, al gruppo di una ventina di sacerdoti cinesi, tra vicerettori e padri spirituali di Seminari maggiori della Cina continentale, che hanno partecipato a un corso di
formazione teologica e spirituale di alcune settimane presso l’arciabbazia
benedettina di Sankt Ottilien,
in Germania. Molti anche i pellegrini presenti da Paesi
lontani, come Australia, Hong Kong, Filippine, da un lato; Stati Uniti,
Messico, Cile, Perù, Brasile, dall’altro. Il
Papa ha rivolto un pensiero anche ai membri di tre istituti religiosi impegnati
in questi giorni nei rispettivi Capitoli generali: i Figli di
Santa Maria Immacolata, le Francescane
Missionarie del Cuore Immacolato di Maria e le Suore Angeliche di San Paolo. A tutti, infine, ha proposto la figura
del Santo curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, che la liturgia ricorda domani:
“Carissimi, il suo esempio sia a tutti di
stimolo e di incoraggiamento a corrispondere
generosamente alla grazia divina”.
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NOMINE
In Angola, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Menongue il reverendo Mário Lucunde, rettore del Seminario Maggiore di Benguela.
In Brasile, Il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Imperatriz,
presentata da mons. Affonso Felippe
Gregory, per sopraggiunti limiti d’età. Benedetto XVI
ha nominato suo successore padre Gilberto Pastana de Oliveira, finora parroco della Parrocchia di Nossa Senhora de Fátima nella diocesi di Santarém.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’udienza generale.
Sempre
in prima, terrorismo: il governo britannico dialoga
con le comunità islamiche.
Nelle vaticane, una pagina dedicata alla prossima Giornata
mondiale della Gioventù a Colonia.
Nelle estere, Iraq: l’esplosione di un ordigno provoca la morte di 14
marines USA. Assassinato a Bassora un giornalista
statunitense.
Nella pagina culturale, un articolo di Matthew Fforde dal titolo
“L’orrore delle trincee nella letteratura britannica”: tradotto “Addio a tutto questo” di Robert Graves, celebre libro del ’29 dedicato alla prima guerra
mondiale.
Un articolo di Franco Patruno
in ricordo dell’opera di Sandro Bolchi, pioniere
dello sceneggiato televisivo. Il
titolo dell’articolo è “Una testimonianza di serietà e di alta
meditazione pedagogica”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la vicenda di Antonveneta: il GIP di Milano convalida il sequestro di
pacchetti azionari.
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3 agosto 2005
IN IRAN, NEL GIORNO DELL’INSEDIAMENTO DI AHMADINEJAD,
IL GOVERNO DI TEHERAN ANNUNCIA CHE LA RIPRESA
DEL PROGRAMMA NUCLEARE NELLE
PROSSIME ORE
- Intervista con Alberto Zanconato -
In Iran, Ahmadinejad si è insediato come presidente. La cerimonia di investitura si è svolta nel luogo dove è sepolto
l’ayatollah Khomeini. Nel suo discorso di insediamento, il neopresidente ha lanciato un appello
contro le armi di sterminio di massa. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
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L’ultraconservatore
Ahmadinejad si è insediato alla presidenza dell’Iran auspicando la distruzione di tutte
le armi di sterminio nel mondo. All’auspicio, rivolto in un clima di tensione
tra Iran ed Europa per l’imminente ripresa del programma nucleare di Teheran, è seguito un monito: “La nazione iraniana – ha
detto Ahmadinejad - non sopporterà la discriminazione
per cui Paesi che godono di privilegi politici,
scientifici e tecnologici vogliono privare di questi benefici altri Stati”. Come
responsabile dell’interesse nazionale – ha poi spiegato il presidente
iraniano – ho il compito di far procedere la Repubblica islamica sulla
strada dello sviluppo scientifico. Con l’obiettivo, secondo l’Iran, di
promuovere questo sviluppo, il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale ha
già annunciato che sarà al più presto attivato un impianto di riconversione
dell’uranio. L’Iran, che non ha nessuna intenzione di
rinunciare alle proprie ambizioni in campo atomico, ha anche giudicato inaccettabile
la richiesta del rinvio di una settimana avanzata dall’Agenzia internazionale
per l’energia atomica (AIEA). La decisione dell’Iran di
riprendere il proprio programma nucleare sembra destinata a produrre profonde
spaccature. L’Unione Europea ha più volte avvertito l’Iran che la ripresa di
qualsiasi attività legata alla riconversione dell’uranio segnerebbe la fine di
due anni di negoziato portato avanti da Francia, Gran Bretagna e Germania sul
congelamento del controverso programma nucleare di Teheran
in cambio di un pacchetto di aiuti economici e
commerciali.
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La tensione fra l’Iran e la comunità internazionale continua
dunque a crescere. La stessa Unione europea, che aveva
svolto finora un ruolo di mediazione, teme ora il fallimento dei negoziati. Ma come si è arrivati a questo punto? Andrea Sarubbi lo ha chiesto al corrispondente dell’Ansa a Teheran, Alberto Zanconato:
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R. – Gli europei insistono perché l’Iran rinunci
all’arricchimento dell’uranio ed in cambio offrono di costruire centrali
nucleari in Iran e di fornire l’uranio già arricchito per alimentarle. Ma quando le autorità iraniane hanno visto che in quest’ultimo
pacchetto di proposte, ancora una volta, non era riconosciuto loro il diritto
ad arricchire l’uranio in proprio, hanno giocato d’anticipo: hanno annunciato
la ripresa dell’attività in un impianto per la conversione dell’uranio, che è
il passo precedente all’arricchimento. Ufficialmente dicono di voler
continuare nei negoziati, ma è chiaro che hanno cercato
di forzare la mano.
D. – Gli Stati Uniti, ed in qualche misura anche l’Unione Europea,
sostengono che l’Iran voglia il nucleare per scopi militari. Sono sospetti
fondati?
R. – Questi sospetti si basano sul fatto che l’Iran, per
quasi 20 anni, abbia lavorato in segreto a questa tecnologia dell’uranio. Ed il
fatto che un Paese, per quasi 20 anni, porti avanti un programma segreto, è comunque sufficiente per alimentare qualche preoccupazione.
D. – Vedi qualche legame tra l’elezione di un
ultraconservatore come Ahmadinejad e la ripresa della
crisi nucleare?
R. – No, questo mi sentirei di
escluderlo. Mi sentirei, invece, di accettare in pieno quelle che sono state le
spiegazioni dei dirigenti iraniani degli ultimi mesi, e cioè
che l’elezione a presidente di Ahmadinejad,
considerato un ultraconservatore, non ha alcun peso sulla politica estera e
sulla strategia nucleare iraniana. Queste, infatti, sono strategie decise non
da un presidente o dall’altro, ma dal vertice del regime: in particolare, dalla
guida suprema, l’ayatollah Khamenei, e da altri pochi
personaggi del regime. Il programma nucleare iraniano viene
portato avanti da oltre 20 anni e non è cambiato con l’alternarsi dei
presidenti. I portavoce ed i dirigenti iraniani hanno continuato a ripeterlo
negli ultimi mesi, e credo che in questo possano essere
creduti.
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ULTIMI
PREPARATIVI A TRUJILLO, IN PERU’,
PER IL
SECONDO CONGRESSO NAZIONALE DELL’INFANZIA MISSIONARIA:
ATTESI
OLTRE 2 MILA BAMBINI
-
Intervista con padre Gianfranco Iacopi -
Formare
i bambini perché siano evangelizzatori e condividano i loro beni con i più bisognosi
del mondo: con questo obiettivo prende il via domani a
Trujillo, nel nord del Perù,
il secondo Congresso nazionale dell’Infanzia Missionaria, sul tema: “Maria Immacolata ci conduce all’Eucaristia e l’Eucaristia
alla Missione”. Fino al 7 agosto, oltre 2 mila piccoli dai 9 ai 13 anni,
accompagnati da vescovi, sacerdoti e religiosi, si confronteranno sulle diverse
realtà dell’Infanzia Missionaria nel Paese, per delineare
nuove strategie di azione a sostegno dei loro coetanei in difficoltà. Ma quali problemi segnano maggiormente i bambini del Perù? Roberta Moretti lo ha
chiesto al direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie del Paese,
padre Gianfranco Jacopi:
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R. - Il problema è sempre la miseria. Ci sono tante
sacche, soprattutto nel-l’altipiano peruviano e nelle
zone della selva, dove i bambini soffrono moltissimo della mancanza di una buona alimentazione. In Perú, il
20 per cento dei matrimoni funziona. Il 52-53 per cento delle mamme sono
ragazze-madri, quindi la famiglia in sé non è molto consistente, per cui c’è molto lavoro infantile. Qui si trovano bambini
di tre-quattro anni agli incroci, ai semafori, che
vendono caramelle, che puliscono i vetri delle macchine e che quindi non vanno
a scuola. Però, nella miseria c’è sempre questo spirito generoso che esce fuori dal cuore dei bambini ...
D. – C’è quindi una sensibilità particolare verso chi è in
difficoltà?
R. – I bambini chiaramente sono l’anima dello spirito
missionario nella nostra Chiesa del Perú, che non è del tutto missionaria perché ancora vive di quanto ricevuto.
Qui, quando si fa la colletta delle missioni, la forza non viene dalle parrocchie ma dalle scuole, dove ci sono i bambini. Questi
bambini vanno nelle strade, montano in cima agli autobus, vanno nei mercati ...
è tutto un viavai di bambini che poi fanno anche la colletta tra i loro parenti,
tra gli amici ... Se noi potessimo fare una
percentuale, di sei parti delle missioni che arrivano, cinque vengono dai
bambini ...
D. – Quanto è importante lo scambio di esperienze
tra i vari centri dell’infanzia missionaria del Perú
per studiare una strategia di azione efficace?
R. – Io direi che il Perú sono tre nazioni: la realtà della Costa, completamente
diversa dalla realtà della Sierra, con altipiani di 3.000 – 4.000 metri, e la
zona della Selva, dove il fiume è l’unico mezzo di comunicazione tra le
persone. Quindi, dallo scambio penso che i bambini
possano avere poi un’idea di diverse realtà del Perú
e allo stesso tempo prendere anche delle decisioni per impegnarsi fino al
prossimo congresso internazionale.
D. – Ma durante il congresso non
si parlerà soltanto dei bambini del Perú ...
R. – Padre Patricio Burn,
incaricato dell’Infanzia Missionaria Mondiale, era ad una conferenza sulla
realtà problematica dei bambini nel mondo in Africa, in Asia, in America e in
altre zone dove si soffre. Quindi,
i bambini sono dominati dalla Parola di Dio. Cercheranno di dare una risposta a
questa realtà che molte volte è cruda!
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PASSI
DI OMELIE E DISCORSI DELLE GMG
RACCOLTE
IN UN LIBRO PUBBLICATO ALLA VIGILIA DELLA PROSSIMA XX GIORNATA MONDIALE DELLA
GIOVENTU’ A COLONIA.
-
Intervista con l’autore, padre Cesare Atuire -
Si
avvicina l’appuntamento con la Giornata Mondiale della Gioventù che Benedetto
XVI ha definito uno “straordinario evento ecclesiale”. Si tratta della XX GMG,
che prende il via il 16 agosto a Colonia e che vedrà la partecipazione del Papa
dal 18 al 21. Benedetto XVI ha parlato
anche di un’occasione per “un incontro privilegiato con Cristo”, ricordando che
la GMG è nata “secondo la felice intuizione dell’amato Papa Giovanni Paolo II”.
Proprio per raccogliere passi delle omelie e dei discorsi pronunciati da Papa Wojtyla in occasione delle GMG precedenti, padre Cesare
Atuire, vicedirettore dell’Opera Romana Pellegrinaggi, ha scritto il libro
intitolato “Carissimi giovani, carissimi amici”, edito
dalla “Socially Responsible
Italia”. Isabella Piro lo ha intervistato:
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R. –
Abbiamo voluto raccogliere le testimonianze ed i messaggi che Giovanni Paolo II
ha lasciato. Vedendo la vastità e anche la ricchezza dei contenuti abbiamo pensato: ‘Ma se noi lo proponessimo ad altri
giovani, potrebbe essere una cosa veramente utile ...’.
D. - Oltre ai passi delle omelie pronunciate da Giovanni
Paolo II durante le GMG, il libro contiene anche molte fotografie scattate nel
corso degli incontri ...
R. –
Per noi, questo libro è come una specie di album di
ricordi, di momenti belli che abbiamo avuto modo di trascorrere insieme ...
D. - Cosa l’ha colpita di più dei
messaggi di Papa Wojtyla?
R. – Il
Papa iniziava sempre i suoi messaggi con: ‘Carissimi
giovani e cari amici, io penso a voi, la mia speranza è in voi, non abbiate
paura, potete cambiare il mondo’, ed è il tono che
caratterizza tutti questi discorsi. Soprattutto è un messaggio di enorme fiducia nella gioventù, ma è una fiducia che parte
proprio da Cristo.
D. - Oltre che nelle librerie, il libro sarà in vendita
anche nelle stazioni, alla partenza dei treni per Colonia ...
R. – In
treno si hanno tante ore per meditare, per riflettere. I giovani possono ricordare
questi messaggi e magari condividerli insieme ...
D. - Cosa significa dare ad un
giovane questo testo?
R. –
Mettere nelle mani dei giovani uno strumento che possa aiutarli a ‘prolungare’ questo incontro mondiale.
D. - Fu Papa Giovanni Paolo II a scegliere Colonia come
sede della GMG 2005. Secondo Lei, questo ha un valore particolare?
R. –
L’Europa occidentale non si trova in un momento di grandissima crescita della
partecipazione dei giovani alla vita della Chiesa e credo che questo appuntamento potrà segnare un nuovo momento di
dialogo forte della Chiesa con la gioventù.
D. - Cosa si aspetta dalla
prossima Giornata Mondiale della Gioventù?
R. –
Che questa Giornata sia veramente un momento di evangelizzazione,
di conversione, di preghiera e soprattutto un momento di promozione umana. Ci
sono diversi modi e possibilità di guardare verso il futuro con molta speranza,
e questa è soprattutto la sfida che i giovani hanno davanti a sé!
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UN VIAGGIO
NELLA PRODUZIONE CINEMATOGRAFICA MONDIALE MENO CONOSCIUTA,
MOLTE
PRESENZE D’AUTORE, TEMI SOCIALI:
SI
PRESENTA COSI’ LA 58.MA
EDIZIONE
DEL FESTIVAL DI LOCARNO, IN SVIZZERA, AL VIA
STASERA
- Con
noi Irene Bignardi -
Nuove tendenze, nuovi stili, un viaggio
nella produzione cinematografica mondiale meno conosciuta, molte presenze
d’autore e temi sociali alla ribalta. Questo è il Festival Internazionale del Film
di Locarno, in Svizzera, che inaugura oggi la sua
58esima edizione. Il servizio di Luca Pellegrini:
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La sera in Piazza Grande, momento più suggestivo
del Festival: lo schermo più grande d’Europa, un cielo stellato, incontri con
artisti di prestigio, premi e un buon numero di nuovi film, dal Sud Africa al
Giappone, dall’India alla Gran Bretagna. Locarno è un
Festival vivace e curioso, per cinefili e per
appassionati, con molte iniziative che guardano al futuro della ‘settima arte’ e
retrospettive che rinnovano, attraverso una sapiente lettura critica, il
passato. Irene Bignardi è al suo quinto e ultimo anno
di Direzione Artistica. Com’è strutturata l’edizione 2005 del Festival?
R. -
Il Festival ha una sua struttura che così resta e non si discute.
Si tratta, quindi, di riempire varie sezioni con il loro profilo, con le cose
migliori che troviamo. Quello che varia ogni anno, in
qualche modo, è rappresentato da alcuni eventi speciali. Quest’anno tra gli
eventi speciali c’è una retrospettiva, che in un certo senso è un atto dovuto,
dedicata a Orson Welles nel 90.mo anniversario della nascita e
nel 20.mo della morte. Sarà
la più bella retrospettiva mai messa assieme, la più completa, la più ricca,
perché abbiamo praticamente tutto.
D. -
Quali sono le “esigenze” culturali e cinematografiche proprie del
Festival di Locarno?
R. – E’ l’esigenza di trovare prodotti che non siano allineati, che non siano delle ripetizione, ma che
siano quindi prototipi, che siano invenzioni, anche piccole, ma che possano
cambiare il regime dei formati e dei supporti, che si propongano, insomma, come
cose che non sono fatte solo secondo le buone regole e la buona educazione, ma
che sono fatte secondo la creatività e l’inventiva.
D. - Parlando di premi,
anche Locarno consegna quelli dedicati alla ricchezza
e alla fama di una carriera. In questa edizione i Pardi d’Onore verranno assegnati a Wim
Wenders, Abbas Kiarostami e Terry Gilliam. Mentre una delle
intuizioni più felici del Festival è la sezione “Diritti umani”. Quali opere di
rilievo presenta?
R. – Quest’anno abbiamo tantissime e bellissime cose, tra
cui un film, che io trovo molto emozionante, dal titolo “Voices
of Iraq”, in cui 150 telecamere sono state date a normali cittadini iracheni
che le hanno passate, a loro volta, ad altri cittadini. Da tutto questo materiale
registrato è stato tirato fuori un film, montato da due registi americani:
porta il materiale e le voci dell’Iraq stesso alla nostra attenzione.
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3 agosto 2005
BANGLADESH: UCCISI DUE CRISTIANI
PROSTANTI
IMPEGNATI CON UNA ONG
INTERNAZIONALE.
ALLA BASE DEL MOVENTE
DEL DUPLICE OMICIDIO
FORSE IL LORO IMPEGNO SOCIALE NON ACCETTATO DA
FONDAMENTALISTI
DHAKA. = Due protestanti sono
stati uccisi in un villaggio a sud-est di Dhaka, in Bangladesh. Le vittime, Tapan Kumar Roy, di 30 anni, e Liplal Malandi, di 35, lavoravano per Christian Life Bangladesh, una ONG
internazionale, nel villaggio di Dhupapara, presso Bolamari, nel Faridpur. Secondo
la polizia e gli abitanti del posto, le vittime erano in casa e stavano
dormendo, quando, alle 2 del mattino del 29 luglio, gli assassini hanno
sfondato la porta, sono entrati e li hanno colpiti con numerose coltellate.
Secondo le prime testimonianze raccolte, i killer avrebbero
chiuso con lucchetti le porte della casa per evitare che qualcuno potesse
soccorrere le 2 vittime. Nonostante ciò, alcuni hanno
udito le urla e sono accorsi per portare i due uomini all’ospedale di Bolamari, dove i dottori ne hanno constatato la morte. La
polizia ha trasferito i corpi all’ospedale di Faridpur
Sadar per le autopsie e ha arrestato una persona
sospetta. Abdur Rouf,
ufficiale di polizia di Bolamari, sostiene che il
doppio omicidio è il risultato di inimicizie passate. Harun Ar Rashid,
della direzione distrettuale di polizia del Faridpur, ha dichiarato che i due potrebbero essere stati
uccisi perché cristiani. La polizia non è ancora riuscita a determinare le
cause del brutale omicidio, alcuni sospettano che il movente sia
l’attività religiosa delle vittime, fra cui la proiezione di filmati sulla vita
di Gesù. Secondo gli abitanti del posto, oltre a film sulla vita di Gesù
Cristo, Roy e Marandi
invitavano le persone a guardare programmi televisivi sul pericolo di avvelenamento delle acque potabili, sui rischi per la
salute delle donne e dei bambini, sulla prevenzione dei matrimoni fra persone
troppo giovani e sui problemi dell’aids. I due, i soli dipendenti della ONG nella regione, hanno lavorato negli ultimi 8 mesi
nelle zone di Alphadanga e Bolamari
dove, secondo alcuni giornalisti, qualcuno si è opposto al loro lavoro. Bipul Kumar Bagchi,
proprietario della casa che era abitata dai due
cristiani, ha dichiarato alla polizia che gli assassini potrebbero essere fondamentalisti
islamici. Peter Bose,
responsabile del progetto di Christian Life Bangladesh a Dhupapara, ha dichiarato che i due erano coinvolti in
attività di sensibilizzazione sociale e volevano girare un documentario su
Gesù, ma solo col permesso degli abitanti del villaggio. Tuttavia,
taluni avrebbero proibito loro di proiettare video, minacciandoli di ucciderli
se avessero continuato. (T.C.)
“DOPO LA MORTE DI GARANG TOCCA ADESSO AI
SUDANESI PORTARE AVANTI
IL PROCESSO DI PACE AVVIATO DAL VICEPRESIDENTE:
L’ARCIVESCOVO DI KHARTHOUM,
CARDINALE GABRIEL ZUBEIR WAKO
KHARTOUM. = “In tutti gli organi di informazione che ieri dedicavano ampio spazio alla morte
del vicepresidente del Sudan, John Garang la parola più citata è stata ‘salam’, pace. Credo che i sudanesi stiano iniziando a
parlare un linguaggio nuovo”. Lo dice all’agenzia MISNA il cardinale Gabriel Zubeir Wako, arcivescovo di
Khartoum. “Ora che Garang non c’è più tocca ai sudanesi portare avanti il processo
di pace avviato anche da lui. “Forse la sua morte è anche un modo per
rivalutare il bene che ha compiuto: se lo scorso 9 luglio è stata firmata una
nuova costituzione che mette fine alla guerra è anche grazie all’impegno
diretto di Garang”, osserva l’arcivescovo. “L’eredità più importante che lascia
ai sudanesi – ha spiegato Wako - è l’urgenza di
rilanciare lo sviluppo, soprattutto nelle zone rurali e a favore dei più poveri
in tutto il Paese, non solo nel sud, ma anche nel nord, nell’est e nell’ovest
del Sudan”. Pur essendo considerato un punto di riferimento per le aspirazioni
indipendentiste delle popolazioni del Sud, Garang è stato anche criticato per
il suo modo di gestire il potere: “Era una figura autoritaria – ammette il
cardinale Zubeir Wako – ma in guerra non è
facile essere un comandante democratico. Malgrado il
suo autoritarismo, ha dato tempo alla gente di riflettere sul futuro del Sudan,
che lui immaginava come un Paese dove potesse esserci posto per tutti i
cittadini, rivolgendo la sua attenzione soprattutto verso le persone che vivono
in miseria”. Per l’arcivescovo di Khartoum, Garang ha avuto
il merito di lottare anche con l’obiettivo di garantire acqua, servizi e
istruzione che in gran parte del Sudan mancano dai tempi dell’indipendenza.
(T.C.)
APERTO NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
IL CONSIGLIO PASTORALE DIOCESANO.
OLTRE TRECENTO I PARTECIPANTI ALL’INCONTRO
- A cura di Tiziana Campisi -
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BUKAVU. = Più di 300 delegati
dell’arcidiocesi di Bukavu sono riuniti da ieri per 5
giorni nel capoluogo del Sud Kivu, nell’est della
Repubblica democratica del Congo, per pregare,
riflettere e interrogarsi sul futuro della Chiesa locale. Il tema scelto per il
Consiglio Pastorale è ‘La vocazione alla santità in
una Chiesa/famiglia ben strutturata’. Aperti ieri da
mons. François Xavier Maroy,
vescovo ausiliare di Bukavu, i lavori hanno lo scopo
di approfondire la riflessione sui vari aspetti della vocazione alla santità e
di far emergere i valori che possono contribuire ad accrescere questa santità
in una Chiesa che si vuole sempre più famiglia. Nel suo discorso di apertura, mons. Maroy ha letto
una missiva scritta dall’arcivescovo di Bukavu, mons.
Charles Gambale Mbogha,
assente a causa di una lunga malattia, che è stata accolta con calorosi
applausi dai presenti. In un grande clima di tristezza
e di sdegno è stato ricordato anche Pascal Kabungulu Kibembi, segretario esecutivo
dell’associazione per i diritti umani ‘Héritiers de
la Justice’, ucciso domenica mattina da uomini armati
per motivi ancora ignoti. (T.C.)
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TIMOR
EST: I VESCOVI DELLE DIOCESI DI DILI E BAUCAU,
CHIEDONO
UN TRIBUNALE INTERNAZIONALE
PER LE
1.500 VITTIME DELLE VIOLENZE DEL 1999
DILI. = Le vittime dei crimini
commessi a Timor Est nel 1999, anno dello storico referendum per l’indipendenza
dall’Indonesia, potranno trovare giustizia solo attraverso un tribunale
internazionale: lo hanno ribadito, in un comunicato congiunto,
monsignor Alberto Ricardo da Silva, vescovo della capitale Dili,
e monsignor Basilio do Nascimento, alla guida della diocesi di Baucau. Intanto Indonesia e Timor Est stanno procedendo
alla creazione di una Commissione per la verità e l’amicizia (CVA), mirata
proprio a risolvere il contenzioso tra i due Paesi, ma da
tempo contestata dai vertici ecclesiastici locali. “La Chiesa cattolica
– si legge nel documento a firma dei due presuli – richiede il prolungato intervento
delle Nazioni Unite per ottenere giustizia per il popolo di Timor Est; speriamo
che possa essere udita la voce degli est-timoresi che
hanno sofferto a causa dell’impunità”. Ieri Giakarta e Dili
hanno annunciato la composizione della CVA. La prima riunione è prevista il 4
agosto ed avrà 5 componenti per ciascun Paese. La
Commissione potrà intervistare testimoni ed esaminare documenti, ma non ha alcun potere giudiziario. In questi anni due tribunali si
sono occupati delle violenze costate la vita a 1.500 abitanti dell’ex colonia
portoghese, la distruzione del 75% delle infrastrutture e l’esodo forzato di
250.000 est-timoresi. La corte appositamente
istituita a Giakarta ha condannato solo due civili di Timor Est e prosciolto
militari e politici di nazionalità indonesiana, mentre quella di Dili, costituita dall’ONU, ha condannato 74 responsabili, ma altri 303 presunti criminali restano
latitanti, probabilmente in territorio indonesiano. (T.C.)
TANZANIA: L’AGENZIA CATTOLICA INTERNAZIONALE
PER LA COMUNICAZIONE SIGNIS PREMIA AL FESTIVAL
CINEMATOGRAFICO
DI ZANZIBAR FILM SU SPIRITUALITÀ E
PACE
STONED TOWN.
= Un inno alla tolleranza religiosa, al dialogo tra culture diverse, al perdono
e alla riconciliazione: con questa motivazione il film indiano ‘Perumazhakkalam’ (Mentre piove intensamente) è stato premiato
da Signis, Associazione cattolica internazionale per
la comunicazione, al Festival cinematografico internazionale svoltosi a Zanzibar,
in Tanzania. La storia dell’amicizia tra una musulmana e una vedova indù, nata
dopo che il marito della prima ha ucciso quello dell’altra, ha conquistato i
giurati di Signis, impegnati a segnalare nei vari
festival internazionali le pellicole più significative
per la ricchezza di valori umani e spirituali. Signis
ha segnalato anche un film del regista afghano Atiq Rahimi, che si intitola ‘Khakestar-o-khak’
(Terra e ceneri), ritratto delle vittime innocenti del potere e della guerra.
Come premio speciale per film dell’Africa orientale, sono state segnalate e
proiettate due pellicole: ‘Tumaini’
(‘Speranza’ in kiswahili), della regista tanzaniana
Beatrix Mugishagwe, sulla lotta contro la sindrome da
immunodeficienza acquisita (AIDS/SIDA), e ‘Babu’s Babies’ della keniana Christine Bala. (T.C.)
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- A cura di Amedeo
Lomonaco e Andrea Cocco -
Sfida
aperta in Israele tra il movimento dei coloni e il governo Sharon. A due
settimane dal ritiro israeliano da Gaza, sono riprese le manifestazioni di
protesta contro lo smantellamento degli insediamenti nei Territori palestinesi.
Ingente lo schieramento delle forze di sicurezza per impedire
che la dimostrazione degenerasse. Il nostro servizio:
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Cresce la tensione in
Medio Oriente: migliaia di coloni israeliani sono giunti nella città di Sderot, nel Neghev
settentrionale, per protestare contro il ritiro da Gaza deciso dal premier, Ariel Sharon, e previsto
per il 15 agosto. La polizia israeliana ha adottato misure straordinarie di
sicurezza: il governo ebraico teme che dalla vicina striscia di Gaza miliziani
palestinesi lancino razzi Qassam verso la città di Sderot. Israele ha anche dislocato 5 mila agenti e 6 mila soldati per impedire ai dimostranti di avvicinarsi alla
striscia di Gaza, area proclamata “Zona militare chiusa” per i civili
israeliani. Sul versante palestinese, la Jihad
Islamica ha ordinato ai propri militanti di cessare gli attacchi contro
obiettivi israeliani, in particolare contro gli insediamenti in procinto di
essere evacuati. Il presidente Abu Mazen ha autorizzato la linea dura nei confronti degli
estremisti e l’Autorità Nazionale Palestinese ha dispiegato, inoltre, un
massiccio contingente di forze di sicurezza nell’enclave della
Striscia di Gaza per evitare violenze durante le fasi dello sgombero dei coloni
ebraici.
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In Iraq, la guerriglia continua a
colpire militari e cittadini americani. I ribelli hanno assassinato 14 soldati
statunitensi nell’ovest del Paese ed il sedicente gruppo ‘Ansar Al Sunna’ ha rivendicato l’uccisione di otto
marines. Un giornalista statunitense, Steven Vincent, è stato ucciso
inoltre a Bassora, nel sud dell’Iraq. L’uomo, assassinato ieri sera da uomini
armati, stava scrivendo un libro-inchiesta su Bassora, la terza città del Paese
e principale centro petrolifero nazionale. In un
articolo pubblicato nei giorni scorsi dal New York Times, il giornalista statunitense aveva anche denunciato
la crescita del potere dei religiosi sciiti nella città petrolifera.
Le autorità della Zambia hanno
autorizzato l’estradizione in Gran Bretagna di Haroon
Aswat, britannico di origine indiana sospettato di
aver avuto un ruolo importante negli attentati del 7 luglio a Londra. Aswat è detenuto a Lusaka dal 20
luglio.
Sono tutte salve le
309 persone a bordo dell’AIR France che questa
mattina ha preso fuoco presso lo scalo internazionale
di Pearson di Toronto. L’aereo, proveniente da
Parigi, è uscito di pista durante la fase finale di
atterraggio cadendo oltre i limiti della pista proprio mentre nella zona si
abbatteva un forte temporale. L’urto col terreno ha provocato le fiamme. 43
passeggeri sono rimasti feriti.
A Pechino sono
giunti al nono giorno i colloqui a 6 tra le due Coree, Cina, Giappone, Russia e
Stati Uniti sul programma nucleare nordcoreano. Ce ne
parla Andrea Sarubbi:
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Stavolta la
soluzione sembrava vicina, tanto da far sbilanciare gli stessi mediatori sudcoreani: “accordo raggiunto –
avevano detto nei giorni scorsi – ma restano da definire alcuni dettagli”.
Dettagli che, evidentemente, non erano tali, se le parti hanno già respinto tre
bozze del documento finale e stanno lavorando ad una quarta – presentata dalla Cina – che però non risolve il problema principale.
Ciò che divide infatti Corea del nord e Stati Uniti,
concordi sulla necessità di porre fine alla crisi, sono i tempi dell’intesa: Pyongyang si
aspetta prima un
gesto significativo di Washington; la Casa Bianca non è disposta a
fornire gli aiuti economici richiesti fino a quando lo Stato comunista non avrà
iniziato il disarmo. Così, mentre si continua a trattare, c’è spazio per ogni
tipo di interpretazioni: quella americana, che parla
di “progressi”, e quella della Corea del nord, che riferisce invece di
“trattative bloccate”. E gli stessi mediatori sudcoreani ammettono, dopo l’ottimismo iniziale, che “il
tempo sta finendo”.
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Il governo indonesiano è pronto a concedere un’amnistia ai
prigionieri del GAM, il sedicente gruppo indipendentista
della provincia di Aceh in
guerra da quasi trenta anni con l’esercito. A dichiararlo è stato ieri il
ministro dell’informazione Sofyan Djalil.
La decisione rientra nel quadro dell’intesa di pace
raggiunta con il GAM lo scorso 17 luglio in Finlandia. La decisione rappresenta
un ulteriore passo in avanti verso la firma, prevista
per il 15 agosto, di uno storico accordo di pace. Oggi nella provincia di Aceh è arrivato anche un gruppo di osservatori
dell’Unione europea e dell’ASEAN, con l’incarico di monitorare i negoziati.
In
Sudan, continuano le tensioni popolari. Sono numerose le dimostrazioni di
protesta, cui partecipano soprattutto gli appartenenti all’etnia dell’ex capo
ribelle del Movimento di Liberazione sudanese,
precipitato domenica scorsa col suo elicottero al confine tra Sudan e Uganda.
Sentiamo Giulio Albanese:
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Una ventina di persone sono
morte, la notte scorsa, nel corso di violenti scontri avvenuti nella capitale
sudanese Khartoum, malgrado fosse in vigore il coprifuoco. Le violenze sono
legate alla morte, avvenuta due giorni fa, del vice presidente John Garang.
Stamani, intanto, il suo vecchio amico dai tempi dell’Università di Dar-es-Salaam, il presidente ugandese,
Museveni, ha annunciato l’intenzione di affidare ad
una commissione di tre esperti l’indagine sull’incidente aereo in cui sabato
scorso è rimasto ucciso il leader del Movimento
popolare di liberazione del Sudan. Sia il governo di Khartoum,
che il movimento di liberazione popolare del Sudan, hanno indicato nelle
cattive condizioni atmosferiche le cause dell’incidente. Tuttavia oggi il
movimento di Garang ha chiesto l’apertura di una indagine.
Sul piano politico c’è da rilevare che Salva Kiir,
chiamato a succedere a Garang alla guida del Movimento sudista, presterà
giuramento, sabato prossimo, come primo vice presidente del Sudan.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Sono
quasi tutti appartenenti alla guardia presidenziale i militari che dall’alba
hanno messo in atto un tentativo di colpo di Stato in Mauritania. Mentre appare accora incerto l’esito del golpe, giungono le
prime reazioni da parte dell’opposizione, che considera riuscita l’operazione.
Il nostro servizio:
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Questa
mattina si è svegliata sotto stato d’assedio la popolazione di Nouakchott, capitale della Mauritania. A
partire dall’alba reparti dell’esercito sono usciti dalle caserme per conquistare
il potere, approfittando della momentanea assenza del presidente Maaouyia Ould Taya,
partito alla volta dell’Arabia Saudita per assistere ai funerali di Re Fahd. L’operazione, guidata dai gradi alti della guardia presidenziale,
è scattata alle 5.00, con l’assalto al palazzo dello stato maggiore dell’esercito,
alla radio e alla televisione. Dopo aver preso possesso degli edifici,
considerati luoghi nevralgici per il controllo dell’intero Paese, i golpisti
hanno bloccato le vie di accesso alla sede
presidenziale e ai ministeri. Veicoli equipaggiati di armamenti
pesanti sono stati invece posizionati nei punti strategici della capitale. La
natura e l’esito del colpo di Stato restano ancora tutti da accertare. I
militari ribelli non hanno, infatti, ancora diffuso alcun comunicato. “Questo
golpe era atteso da più di venti anni”, ha dichiarato dal suo esilio parigino
il dissidente Bidi Ould Binu rappresentante dell’opposizione mauritana. E’ dal 1984 infatti che Taya governa con il
pugno di ferro la repubblica islamica. Negli ultimi anni la repressione attuata
dal regime è cresciuta notevolmente creando un forte risentimento nella popolazione
e una maggiore radicalizzazione dei gruppi islamici. Non a caso quello di oggi è il terzo tentativo di golpe perpetrato negli
ultimi quindici mesi.
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Continua il processo di smobilitazione dei
paramilitari in Colombia. Ieri in una cerimonia pubblica nel dipartimento nord
occidentale di Antioquia,
oltre 2000 paras hanno consegnato le loro armi. Si
tratta della più massiccia operazione di disarmo, da quando
il governo ha iniziato le trattative con i gruppi di estrema destra,
responsabili di una lunga serie di crimini e abusi ai danni della popolazione
civile.
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