RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 214 - Testo della trasmissione di martedì 2 agosto 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Una pace giusta e duratura: è l’auspicio del Papa, espresso in particolare per l’Ulster all’Angelus di domenica scorsa. La riflessione di Ernesto Olivero

 

Benedetto XVI presiederà domani l’udienza generale in Aula Paolo VI

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

25 anni fa la strage alla stazione di Bologna: un corteo nella città emiliana ed una Messa hanno ricordato le 85 vittime i 200 feriti. Con noi Paolo Bolognesi

 

Rimane alta la tensione in Sudan dopo la morte del vice presidente Garang: con noi padre Luigi Cignolini

Oggi a Riad, in Arabia Saudita, i funerali di re Fahd: il commento di Antonio Ferrari

Nel clima generale di allarme attentati, si intensificano i programmi dell’Istituto di ricerca dell’ONU contro il crimine internazionale: intervista con Francesco Cappè

 

Aprire reali vie di integrazione ai figli degli immigrati in Europa, ripensando in chiave multiculturale le regole della vita civile

 

Nell’odierna festività del Perdono di Assisi, indulgenza plenaria presso ogni chiesa francescana: ce ne parla padre José Rodriguez Carballo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Concerto in memoria di Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo

 

Iraq: ieri a Mosul una Messa del vescovo caldeo Paulos Faraj Rahho per ricordare gli attentati che un anno fa colpirono cinque chiese

 

In un mondo segnato da luci e ombre la Chiesa, nei Paesi Baschi assume le sue responsabilità: l’esortazione del vescovo di San Sebastian, in Spagna, nella festività di Sant’Ignazio

 

Assegnati in Asia i Ramon Magsaysay 2005, riconoscimenti attribuiti a quanti si distinguono per la loro opera sociale

 

Gmg di Colonia: la Conferenza episcopale svizzera ha organizzato punti di informazione e conferenze stampa con i giovani presenti all’incontro

 

Si è concluso a Segni il Capitolo generale delle Suore Angeliche di San Paolo

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Iran riprenderà le attività di conversione dell’uranio riaprendo lo stabilimento nucleare di Isfahan

 

In Iraq quattro morti per l’esplosione di una bomba nel centro di Baghdad. Nella capitale, ucciso il capo della polizia di Abu Ghraib

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 agosto 2005

 

 

UNA PACE GIUSTA E DURATURA: È L’AUSPICIO DEL PAPA, ESPRESSO IN PARTICOLARE PER L’ULSTER ALL’ANGELUS DI DOMENICA SCORSA..

LA RIFLESSIONE DI ERNESTO OLIVERO,

FONDATORE DEL “SERMIG – ARESENALE DELLA PACE”

 

“Dio misericordioso conceda al mondo il dono della pace”: con questa invocazione, Benedetto XVI - all’Angelus di domenica scorsa a Castel Gandolfo - ha espresso il grande bisogno di pace che oggigiorno accomuna ogni popolo della Terra. In tale occasione, il Papa ha manifestato la propria gioia per il disarmo dell’Ira nel Nord Irlanda. “Una pace giusta e duratura”, è quanto auspicato dal Pontefice. Una buona notizia, dunque, su cui si sofferma Ernesto Olivero fondatore del “Sermig – Arsenale della Pace”, al microfono di Alessandro Gisotti. L’intervista è accompagnata dalle note della canzone “Ti do la pace”, opera musicale dedicata dal Sermig a Giovanni Paolo II:

 

**********

(musica)

 

R. – In un momento in cui pare che l’odio voglia prevalere, facendo paura a tutti quanti, questa è stata una bella notizia. Speriamo soltanto di poterne essere degni come umanità per poterla allargare in tutte le parti possibili del mondo dove si continua a sparare.

 

D. – In questo senso l’educazione alla pace ha un ruolo fondamentale per il futuro?

 

R. – Sì, proprio oggi abbiamo un anniversario molto profetico. Il 2 agosto dell’83 siamo entrati nell’arsenale di guerra di Torino e ne abbiamo incominciato la ristrutturazione, abbiamo iniziato a farlo diventare un arsenale di pace, una scuola di pace e di accoglienza. Se non c’è questa educazione continua alla pace, l’’altro’ primo o poi diventerà di nuovo un nemico, l’’altro’ prima o poi diventerà di nuovo avversario e siamo di nuovo da capo.

 

D. – A proposito di questo importante anniversario per l’Arsenale della Pace, per il Sermig, c’è qualche iniziativa particolare?

 

R. – Sì. Per oggi, e speriamo poi per sempre, vorremmo far capire agli ebrei, ai cristiani ed ai musulmani che siamo figli di Abramo, figli dell’Unico Dio ed abbiamo inventato un manifesto che è al contempo terrificante e bellissimo. Immagini la parola “odio”, con la “o” cancellata con il sangue, diventa “Dio”: così vogliamo dire pace, siamo fratelli! Quello che vogliamo proporre è che per le stragi che ci sono nel mondo, scatenate dal terrorismo, dalla fame, dalla malattia e dalle ingiustizie, il Sermig da questa sera tace: dalle 21.00 alle 22.00, proponendo un’ora di silenzio per i credenti e per i non credenti, per ricordare che la strada dell’odio non porta al domani.

 

D. – Nel Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, di recente pubblicazione, si legge: “la pace nel mondo non è semplice assenza della guerra, ma “è la tranquillità dell’ordine – citando Sant’Agostino – frutto della giustizia”. Dunque, non c’è pace senza giustizia…

 

R. – Per avere la giustizia noi dobbiamo vedere come occupiamo il nostro tempo, i nostri soldi, la nostra fantasia. Ci sono tante persone che non hanno quello che abbiamo noi. Noi non possiamo accettare che a poca distanza dall’Italia le donne vengano vendute come schiave; non possiamo accettare che noi europei o i giapponesi o gli arabi vadano in certi Paesi del mondo dove possono comprarsi anche dei bambini. Se vogliamo una giustizia che porti veramente alla pace, dobbiamo comprendere che siamo un po’ tutti quanti noi responsabili del mondo.

 

(musica)

**********

 

 

UDIENZA GENERALE DEL 3 AGOSTO IN AULA PAOLO VI

 

Benedetto XVI presiederà domani l’udienza generale del mercoledì in Aula Paolo VI. Il Papa lascerà verso le 10.00 in elicottero la sua residenza estiva di Castel Gandolfo e giungerà in Vaticano per le 10.30, ora di inizio dell’udienza generale. Al termine, verso le 12.00, Benedetto XVI farà rientro a Castel Gandolfo.

 

 

======ooo======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina un articolo sulla crisi nucleare: l'Iran sfida l'Europa. Tolti i sigilli alla centrale di Isfahan per la ripresa dell'arricchimento dell'uranio. L'AIEA chiede di rinviare l'apertura dell'impianto; gli USA minacciano il ricorso all'ONU

 

Nelle vaticane, il messaggio di Benedetto XVI in occasione del 75 anniversario della proclamazione di "Nossa Senhora Aparecida" Patrona del Brasile.

Due pagine dedicate alla prossima Giornata mondiale della Gioventù. 

 

Nelle estere, Sudan: numerose vittime nei disordini seguiti all'annuncio della morte del vice presidente Garang.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "La necessità di chiarire finalità formative e culturali": considerazioni sul futuro della scuola.

Un articolo di Mario Spinelli dal titolo "Dai reliquiari delle 'Sacre Spine' spunti di riflessione sul mistero della sofferenza e dell'amore": in un'articolata monografia i risultati del convegno tenutosi ad Ariano Irpino. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terrorismo.

In rilievo il tema dell'immigrazione.

OGGI IN PRIMO PIANO

2 agosto 2005

 

 

25 ANNI FA LA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA:

UN CORTEO E UNA MESSA NELLA CITTA’ EMILIANA

HANNO RICORDATO LE 85 VITTIME E I 200 FERITI

- Intervista con Paolo Bolognesi -

 

Ancora una volta, 25 anni dopo, Bologna si è fermata per ricordare la strage alla stazione che il 2 agosto del 1980 provocò 85 vittime e 200 feriti. Migliaia di persone hanno partecipato al corteo che da Piazza Maggiore si è diretto verso la stazione. Qui ha preso per primo la parola Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione familiari delle vittime. Il servizio di Stefano Andrini:

 

**********

Alle 10.25, l’ora dello scoppio, tre fischi di un locomotore hanno segnato l’inizio di un minuto di silenzio lungo e commosso. Subito dopo, il sindaco Sergio Cofferati ha ricordato che 25 anni non sono bastati a rimarginare la ferita aperta dalla strage fascista. Bordate di fischi hanno preceduto e accompagnato l’intervento del vice presidente del Consiglio Giulio Tremonti, che non ha battuto solo sul tasto della memoria, ma anche su quello della conoscenza e della battaglia ancora attuale contro un "terrorismo che si è trasformato". 

 

“Il fatto tragico di cui oggi facciamo memoria si inscrive” - ha ricordato l’arcivescovo Carlo Caffarra durante la messa in Cattedrale - “in quella logica antiumana che cercava di affondare la civile convivenza della nostra città nella barbarie della violenza. Se noi oggi ricordiamo, come dobbiamo, quella vicenda è perché da questa memoria vengono a noi insegnamenti di perenne attualità. Lo spartiacque fra una società umana e una convivenza indegna dell’uomo è costituito dalla inviolabile sacralità di ogni vita umana innocente. Chi non riconosce questo valore incondizionato - ha concluso monsignor Caffarra - “non è degno di appartenere al consorzio umano. 85 innocenti sono stati uccisi, intere famiglie distrutte per sempre, il volto della nostra città sfregiato in ciò che ha di più nobile. Di questo noi oggi facciamo memoria, non per rinfocolare odio ma perché vogliamo continuare a costruire la nostra convivenza nella giustizia e sulla verità”.

**********

 

85 morti e duecento feriti: con questo bilancio alle 10.25 del 2 agosto del 1980 la bomba che devastò la stazione di Bologna segnava l’apice dello stragismo in Italia. Una ferita che ancora oggi a 25 anni di distanza stenta a rimarginarsi a causa del suo tormentato percorso giudiziario e dei tanti misteri che l’hanno infettata. Nel 1995 la Cassazione conferma il secondo processo di appello. Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, proclamatisi sempre estranei alla vicenda, sono condannati definitivamente all'ergastolo quali esecutori della strage. Ma quale significato assumono oggi le cerimonie di commemorazione di quel terribile evento? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della stazione di Bologna.

 

**********

R. – L’essere a Bologna e manifestare solidarietà ai parenti è anche un atto civile di lotta al terrorismo.

 

D. – Quello che le vittime ed i familiari delle vittime chiedono è, se non una giustizia completa, almeno la verità…

 

R. – Bisogna dire una cosa: per quanto riguarda la storia di Bologna, sappiamo che sono gli esecutori materiali, sappiamo chi sono i depistatori. Io credo che già questo sia un spaccato non piccolo di una realtà che esisteva nel 1980. C’è poi tutto il discorso della banda armata, con le bande neofascisti che in quel momento imperversavano nelle zone romane e nelle zone venete. Io credo che, se analizzati fino in fondo, già questi sarebbero dati che potrebbero portarci se non alla verità giudiziaria quanto meno a spaccati di verità molto importanti per arrivare ai mandanti e agli ispiratori politici della strage.

 

D. – Cosa possono chiedere oggi al mondo politico ed istituzionale italiano i parenti delle vittime e i feriti della Stazione di Bologna?

 

R. – Anzitutto l’abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo. Secondo dato: devono smetterla di esaltare i terroristi, facendoli diventare degli eroi, programmando film o cose di questo tipo in ‘onore’ di persone che non hanno nulla per essere onorate. E, infine, chiediamo di rispettare le leggi dello Stato per quanto riguarda la tutela delle vittime, che i risarcimenti vengano dati tempestivamente e nella giusta misura, perché lo scorso anno la legge 206, approvata all’unanimità dal Parlamento, deve essere ancora attuata, anzi si sta facendo di tutto per ridurla al lumicino. Si creano disparità incredibili, ma soprattutto si crea il fatto che i familiari delle vittime per ottenere quello che spetta loro secondo la legge devono diventare dei questuanti. E’ una cosa veramente umiliante. La lotta al terrorismo, se è vera lotta al terrorismo, la si fa anche rispettando le vittime.

 

D. – Lei ha vissuto quella giornata, ci può dire quali sono i suoi ricordi?

 

R. – Io venivo da Basilea, dove ero stato con mia moglie per un’operazione. Mi dovevano aspettare a Bologna quattro persone: una di queste è morta, la madre di mia moglie; le altre tre presenti, mio figlio, mia madre e il padre di mia moglie, rimasero gravemente ferite. Da quel momento è iniziato un lungo calvario tra ospedali ed altro per arrivare a cercare di far sì che la loro vita fosse minimamente accettabile.

**********

 

 

RIMANE ALTA LA TENSIONE IN SUDAN

DOPO LA MORTE DEL VICE PRESIDENTE, JOHN GARANG

- Intervista con il padre Luigi Cignolini -

 

Vacilla la stabilità politica in Sudan dopo la morte del vicepresidente John Garang, precipitato ieri col suo elicottero al confine tra Uganda e Sudan. E' salito a 42 morti, infatti, il bilancio degli scontri esplosi ieri nella capitale Khartum dopo l'annuncio della morte dell’ex leader del Movimento di liberazione popolare. Il servizio di  Andrea Cocco:

 

**********

Reparti armati dell'esercito sudanese presidiano i palazzi governativi e le strade della capitale Khartoum, teatro lunedì dei violenti disordini seguiti all'annuncio della morte di John Garang, leader del movimento popolare per la liberazione del Sudan SPLA e da poche settimane vice-presidente del Paese. Nonostante stamattina la calma sia apparentemente tornata, la tensione rimane molto alta nel Paese. Notizie di nuovi scontri giungono da Jebera e Haji Yusuf, due quartieri della capitale abitati in prevalenza da emigrati e sfollati delle regioni del Sud. Proprio da qui erano partiti ieri i disordini, con migliaia di persone che avevano deciso di sfogare la loro rabbia alla notizia, rivelatasi poi infondata, che l'elicottero su cui viaggiava Garang era stato abbattuto e non, come ripeteva la versione ufficiale, caduto per un tragico incidente. Altri incidenti hanno investito ieri la città di Juba, capitale della provincia del Sud, dove sono stati presi d’assalto negozi e attività gestite da persone del Nord.

 

Difficile capire le conseguenze che la morte di Garang potranno avere sul fragile processo di pace avviato in Sudan. Appena poche settimane fa il leader dei ribelli del Sud veniva accolto trionfante  a Karthoum, dove veniva eletto presidente a seguito dell’accordo di pace siglato con il governo, a Nairobi lo scorso 9 gennaio. Personaggio controverso, Garang era considerato un elemento fondamentale per porre fine al conflitto tra il nord islamico e il sud cristiano-animista, durato oltre venti anni. Da lui ci si aspettava la graduale ricostruzione delle Province meridionali del Paese, devastate dalla guerra, ma anche la capacità di contrastare lo strapotere degli islamisti all’interno del governo di Karthoum. Per garantire la continuazione del processo di pace e il pieno rispetto degli accordi con il governo, il Movimento popolare di liberazione del Sudan, ha immediatamente provveduto alla sostituzione di Garang, nominando a capo del movimento il numero due Salva Kiir, del Consiglio dei  capi dell'SPLA (Esercito di Liberazione Popolare del Sudan). L’ex vice di John Garang nella leadership sud sudanese, ed alla cui successione è stato immediatamente indicato già ieri sera, giurerà come primo vicepresidente del Sudan entro due settimane.

**********

 

Dopo la morte di Garang, il Sudan è stato dunque scosso da tumulti e disordini. Al microfono di Antonella Palermo, il provinciale dei comboniani di Karthoum, padre Luigi Cignolini:

 

 

**********

R. – Le dimostrazioni sono state molto forti e molto emotive, soprattutto da parte dei sudisti, che hanno percepito la morte di Garang come un fatto politico, credendo che sia stato ucciso. E’ chiaro che si è trattato di un incidente. La morte di Garang non era nell’interesse di nessuno.

 

D. – Lei si trova nel Sudan dall’80, come può ricordare la figura di John Garang?

 

R. – Garang era una figura senz’altro carismatica per il Sud. Fin dall’83 ha creato questo movimento di liberazione del Sudan dal governo centrale di Khartoum. Voleva combattere anche per le ingiustizie che secondo lui venivano perpetrate nei confronti del Sud, nella zona del canale di Jungolé, che i sudisti non volevano; e poi per la partizione del petrolio, che era appena stato trovato. Una persona che per vent’anni è stato sulla breccia e che ha portato anche la pace in Sudan. Speriamo che adesso non venga compromessa, ma non credo che verrà compromessa. Non è interesse del governo di Khartoum di comprometterla.

 

D. – Il numero due di Garang, Salva Kiir, è stato subito nominato nuovo leader dal Gran Consiglio dell’ala politica del movimento sud-sudanese. E’ importante ora che attorno a questo successore ci sia unità?

 

R. – Credo che siano abbastanza uniti attorno a Salva Kiir. Alcuni mesi prima della pace sembrava che prendesse lui il posto di Garang. C’era un forte movimento all’interno dell’SPLA. Spero che Salva Kiir continui questo processo, anche se Salva Kiir è un po’ più duro di Garang.

 

D. – Qualcuno teme per il processo di pace dopo il lungo conflitto interno e ci sono timori anche per il Darfur…

 

 

 

 

 

 

R. – Io prevedo che l’esercito ritorni a prendere un po’ la mano forte in Darfur perchè l’attenzione si sposterà sulla politica interna del Sudan. Qui alle televisioni arabe, danno più risalto alla morte di Garang che alla morte di Re Fahd. Grandi interessi ci sono nel mondo arabo e nel Medio Oriente riguardo al Sudan. Questo potrà purtroppo un po’ oscurare la questione del Darfur.

**********

 

 

OGGI A RYAD, IN ARABIA SAUDITA, I FUNERALI DI RE FAHD

- Ai nostri microfoni Antonio Ferrari -

 

Cominceranno nel primo pomeriggio di oggi, nella moschea Turki Bin Abdullah di Ryad, i funerali di re Fahd, monarca dell’Arabia Saudita, scomparso ieri all’età di 83 anni dopo una lunga malattia. La cerimonia, cui parteciperanno numerosi dignitari stranieri, non avrà, tuttavia, il carattere di esequie di Stato, poiché ciò contrasterebbe con i dettami dell’Islam wahabita cui fa riferimento l’Arabia Saudita. E la comunità internazionale continua ad interrogarsi se, dopo la morte del sovrano, Ryad continuerà ad essere un importante punto di riferimento nei rapporti tra mondo arabo ed occidente. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera:

 

**********

R. – Assolutamente sì. Basti pensare che il mercato del petrolio invece di placarsi, rischia di espandersi ancora di più proprio per la richiesta non soltanto dell’Occidente ma anche della Cina. L’importanza strategica dell’Arabia Saudita non solo continuerà, ma addirittura crescerà.

 

D. – Quali gli effetti della scomparsa di re Fahd, invece, all’interno dell’Arabia Saudita?

 

R. – Noi sappiamo che c’erano tre grandi clan all’interno della famiglia, famiglia che ha voluto dare un segnale di immediata continuità, cioè quello di nominare reggente quello che è stato il re di fatto per dieci anni, visto che re Fahd era ammalato e non poteva esercitare il potere. Quindi abbiamo, da una parte, la linea di continuità, dall’altra, abbiamo altre forze che si stanno muovendo: per esempio, il ministro degli Interni al-Najef che aspira a diventare il secondo principe ereditario. Ma Najef è un duro, anche proprio nel rapporto con le forze dell’estremismo religioso, e quindi questo già comincerebbe a darci l’idea che ci sono problemi e che forse altri problemi arriveranno. Poi, non dimentichiamo l’età: in fondo, Abdullah, il nuovo re dell’Arabia Saudita, ha due anni in meno rispetto a quello che è morto; Sultan ne ha pochissimi di meno ... Insomma, è chiaro che questo è un Paese che, se vuole rinnovarsi, se vuole consolidare il proprio potere deve anche pensare a quelli che saranno i giovani ...

 

D. – Pur avendo buoni rapporti con gli Stati Uniti, in particolare, Ryad non è mai riuscita a rispondere alla richiesta dell’Occidente di isolare quell’estremismo islamico da cui è nato il terrorismo. Come mai?

 

R. – Non dimentichiamo che dietro all’Arabia Saudita si staglia la spinta di questi estremisti islamici, a cominciare da chiari terroristi come Bin Laden che hanno dei legami con la famiglia. Bisogna pensare che il terrorismo ha delle coperture all’interno della stessa famiglia reale ma a questo punto è necessario recidere questi legami proprio per salvare la monarchia. Osama Bin Laden ha un primo nemico: soprattutto la Casa reale che un tempo l’aveva aiutato e che oggi è considerata da lui l’origine di tutti i mali.

**********

 

 

NEL CLIMA GENERALE DI ALLARME ATTENTATI, SI INTENSIFICANO I PROGRAMMI DELL’ISTITUTO DI RICERCA DELLE NAZIONI UNITE

CONTRO IL CRIMINE INTERNAZIONALE: MISURE DI SICUREZZA PER I GRANDI EVENTI

E PER LA PREVENZIONE DEL TRAFFICO ILLECITO DI SOSTANZE CHIMICHE, BIOLOGICHE, RADIOLOGICHE E NUCLEARI

- Intervista con Francesco Cappè -

 

In Italia, il prefetto Carlo De Stefano, direttore centrale della Polizia di prevenzione, ha ribadito in questi giorni il pericolo concreto di attentati terroristici, facendo eco alle numerose dichiarazioni del ministro degli Interni, Pisanu. Ma sono tanti i Paesi in cui l’allarme resta alto. Da parte sua, l’UNICRI, l’Istituto di ricerca delle Nazioni Unite contro il Crimine internazionale, sta sviluppando una serie di programmi sull’attuazione di misure di sicurezza durante i grandi eventi e sulla prevenzione del traffico illecito di sostanze chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. Programmi che partono da un assunto di base: sviluppare il concetto di cooperazione e scambio di informazioni. Lo conferma, al microfono di Salvatore Sabatino, Francesco Cappè, coordinatore dell’Unità sulla Sicurezza e la Prevenzione del Terrorismo dell’UNICRI:

 

**********

R. – Il terrorismo è stato sempre visto, storicamente, come un affare di Stato, cui uno Stato doveva rispondere e, talvolta, anche gelosamente: questo è quello che è avvenuto nel passato. Questa forma di terrorismo internazionale è, invece, una forma di terrorismo che obbliga alla cooperazione. Su questa strada la Comunità internazionale, a livello di Organizzazioni internazionali (Nazioni Unite, ma anche delle Agenzie specializzate come l’AIEA) si è mossa per dare una risposta articolata e, si spera, quanto più definitiva a questo tipo di fenomeno.

 

D. – Attualmente l’UNICRI sta sviluppando programmi relativi ai grandi eventi: è stato istituto anche l’Osservatorio internazionale permanente sulle misure di sicurezza per eventi di particolare rilevanza. In cosa consiste e come si articola questo Osservatorio?

 

R. – L’Osservatorio è un esercizio nato nel 2002 e dal 2002 al 2005, insieme all’Europol, che è nostro partner nello sviluppo di questo Osservatorio, abbiamo per così dire creato la disciplina della sicurezza durante i grandi eventi. Prima tutto veniva lasciato ai singoli Stati, che si occupavano della pianificazione e della sicurezza durante un grande evento. Non c’era un vero e proprio trasferimento di conoscenze ad altri Stati quando si trovavano a vivere una stessa situazione. Abbiamo, quindi, pensato, con la cooperazione di Stati e di esperti, di creare una vera e propria disciplina in materia e di creare un network di esperti, che hanno cooperato con noi al fine di strutturare questa vera e propria disciplina. Nel 2005 usciremo con un manuale, non pubblico ma assolutamente dedicato agli operatori. E sempre dal 2005 parte la seconda fase dell’Osservatorio internazionale permanente: le Nazioni Unite, forti di un network di esperti che diventa istituzionale, – sarà il primo nel settore – e di una disciplina digerita e meditata, potranno offrire consulenza agli Stati che organizzano grandi eventi.

**********

 

 

APRIRE REALI VIE DI INTEGRAZIONE AI FIGLI DEGLI IMMIGRATI IN EUROPA,

RIPENSANDO IN CHIAVE MULTICULTURALE LE REGOLE DELLA VITA CIVILE

 

Si può considerare compiuto l’inserimento dei figli degli immigrati all’interno del Paese di approdo solo perché ne frequentano regolarmente le scuole? E’ una delle domande cardine che gli studiosi e gli operatori italiani ed europei hanno posto al centro dell’ottavo Meeting sulle Migrazioni, conclusosi nei giorni scorsi a Loreto. La manifestazione ha affrontato i problemi di integrazione della seconda generazione di immigrati in Europa, sotto l’egida dei Padri Scalabriniani, esperti conoscitori del fenomeno migratorio ed organizzatori del Meeting. La sintesi del documento finale dell’incontro nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

**********

Da una parte, la società occidentale moderna, caratterizzata da un fitto intrecciarsi di culture, di abitudini, di lingue, di credi religiosi, importati dagli immigrati che hanno deciso di ritentare altrove una vita. Dall’altra, la visione di una scuola “nazionale”, di stampo ottocentesco, praticamente priva di programmi interculturali che possano favorire un reale inserimento dei figli degli immigrati. E’ questo, per sommi capi, lo stato attuale della scuola europea, secondo l’istantanea scattata dal Meeting di Loreto. Solo in Italia, sono 350 mila gli studenti della scuola dell’obbligo che provengono da famiglie trapiantate nel Paese. Ragazzi, più spesso ragazzini, che devono fare i conti con un inserimento difficile, spesso complicato dall’assenza di strumenti pedagogici e di percorsi formativi tagliati su misura delle loro esigenze. “Fino ad oggi in molte nazioni europee si è giocato al ribasso con l’integrazione non prendendo misure adeguate di inserimento e sostegno scolastico”, è la netta denuncia di padre Beniamino Rossi, presidente dell’Agenzia Scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo (ASCS). Questa situazione -  afferma il religioso - ha finito in sostanza per marginalizzare “i figli degli emigrati compresi quelli nati e da sempre vissuti negli Stati europei”. Si tratta -  ha aggiunto - di una “bomba a orologeria che va necessariamente disattivata attraverso interventi di integrazione positiva e non di ordine pubblico”.

 

Perché qui è il punto, secondo gli studiosi del Meeting lauretano: le storie di esclusione che vivono i figli degli immigrati finiscono spesso per schiacciare il giovane e il giovanissimo, che rischia di sviluppare una sorda conflittualità con la società che sente sua ma che di fatto lo rifiuta, e che inoltre lo spinge “verso gli strati medio bassi della scala professionale”. In pratica, relegandolo nell’identico, sofferto contesto vissuto dai genitori. I recenti attentati di Londra -  si rileva nel documento finale del Meeting - hanno portato prepotentemente alla ribalta il tema dei figli degli stranieri. “Se non si può generalizzare criminalizzando i figli dei migranti – asserisce ancora padre Beniamino Rossi – siamo di fronte alla necessità di una riflessione più approfondita e pacata proprio sui meccanismi di integrazione” di questi giovani. Proprio in relazione a ciò - conclude il documento - diventa urgente una riflessione più globale sul concetto stesso di cittadinanza, orientando la legislazione ad una cittadinanza legata più che alla nazionalità, alla residenza sul territorio”. “L’interesse dei giovani di seconda generazione verso le tematiche dell’ecologia, della globalizzazione solidale e l’impegno nel volontariato, assolutamente analogo a quello dei giovani autoctoni, può costituire è la proposta operativa del Meeting - un presupposto per una loro partecipazione alla vita civile e politica, anche attraverso il diritto di voto”.

**********

 

 

NELL’ODIERNA FESTIVITA’ DEL PERDONO DI ASSISI, INDULGENZA PLENARIA

PRESSO OGNI CHIESA FRANCESCANA. UNA CELEBRAZIONE CHE AIUTA A RISCOPRIRE

IL BISOGNO DI ESSERE PERDONATI E LA CAPACITA’ DI PERDONARE

- Intervista con padre José Rodriguez Carballo -

 

Oggi ricorre la Festa del Perdono di Assisi, occasione in cui è possibile ottenere l’indulgenza plenaria presso ogni chiesa francescana, per sé o per i defunti. Sulle origini della ricorrenza e circa il suo significato nell’attuale contesto internazionale, il servizio di Francesca Fialdini:

 

**********

“Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa Chiesa, conceda ampio e generoso perdono con una completa remissione di tutte le colpe”.

 

Così San Francesco d’Assisi si rivolse al suo Signore una notte del 1216, quando presso la chiesetta dei primi frati gli apparve Cristo sopra l’altare. Da allora la Festa del Perdono di Assisi, celebrata ogni 2 agosto, è diventata un momento importante di riconciliazione per i credenti di ogni tempo, come ci racconta il ministro generale dei frati minori, padre José Rodriguez Carballo:

 

“Francesco, che sente la forte esperienza della misericordia del Signore nella sua vita, vuole che tutti sentano questa stessa misericordia e questo stesso perdono. E’ significativo che quando il Papa gli disse: “Ma Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?” Francesco rispose: “Santità, non voglio anni, io voglio anime”. Allora, l’importante, in un giorno come oggi, in cui celebriamo questa indulgenza, non è tanto domandarci “sarò salvato?”, ma “cosa vuole Dio da me, perché gli altri possano sperimentare lo stesso perdono, la stessa misericordia, che io sperimento per grazia”.

  

Ma come vivere il perdono e la riconciliazione nell’attuale contesto di tensione internazionale, dove tutto intorno racconta storie di violenza e paura?

 

“Certamente in questo contesto credo che sia importante la celebrazione della Festa del Perdono. Direi che, forse, in questa situazione sociale e politica, in cui ci troviamo, è più importante che mai. Se veramente diventa difficile parlare di perdono è perché noi non ci sentiamo perdonati, anzi direi, forse, non sentiamo il bisogno del perdono. Qui è allora la radice di ogni male. Chi sente il bisogno di essere perdonato da Dio e dagli altri non può fare a meno di fare lui il primo passo per la riconciliazione. Tutti siamo figli di Dio. C’è un unico Padre, e questo Padre è Dio”.

**********

 

 

======ooo======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

2 agosto 2005

 

CONCERTO IN MEMORIA DI GIOVANNI PAOLO II A CASTEL GANDOLFO.

IN PROGRAMMA LA MESSA DEGLI UMILI E CANTI A MARIA IN OMAGGIO

ALLA DEVOZIONE MARIANA DEL COMPIANTO PONTEFICE

 

CASTEL GANDOLFO. = Ricorrono oggi quattro mesi dalla morte di Giovanni Paolo II. In sua memoria si terrà un concerto a Castel Gandolfo, giovedì prossimo alle 19.00. Con il patrocinio del Comune, del ministero delle Comunicazioni e della Regione Lazio, nella Piazza della Libertà, giovedì alle 19 è in programma l’esecuzione della Messa degli umili per doppio quartetto, coro e orchestra, su testo e musica del maestro Colonnello Antonio Pappalardo. Coro e orchestra sono stati formati per l'occasione e hanno assunto il nome di "Coro e Orchestra Filarmonica Bhaipevaco", dalle iniziali del Bhagavadgita (libro sacro degli induisti), dell'Iliade (libro degli dei e degli eroi della tradizione omerica), del Pentateuco (cinque libri sacri della Bibbia ebraica), dei Vangeli e del Corano, al fine di esaltare la tolleranza religiosa tra i popoli. La Messa degli umili rispetta la pentapartizione dell'Ordinarium (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei) e comprende otto canti a Maria in omaggio alla devozione mariana di Karol Wojtyła. L'evento sarà ripreso dalla Rai e trasmesso nel pomeriggio di domenica 7 agosto. (T.C.)

 

 

IERI A MOSUL, IN IRAQ, UNA MESSA

DEL VESCOVO CALDEO PAULOS FARAJ RAHHO PER RICORDARE GLI ATTENTATI

CHE UN ANNO FA COLPIRONO CINQUE CHIESE: “OGGI SIAMO MIGLIORI,

DA QUELLA VIOLENZA ABBIAMO IMPARATO IL PERDONO”

 

Mosul = La comunità caldea di Mosul ha ricordato ieri gli attentati terroristici che un anno fa, hanno colpito quattro chiese a Baghdad e una nella stessa Mosul. A distanza di dodici mesi la Chiesa locale sperimenta la possibilità di rinascere dalle macerie grazie al perdono e all’amore. L’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Paulos Faraj Rahho, ha celebrato una messa proprio nella chiesa di San Paolo, dove i terroristi avevano fatto saltare in aria una macchina carica di esplosivo uccidendo due persone. Il messaggio ai fedeli è di speranza: “La Chiesa oggi è migliore – ha detto il presule – quella violenza ha messo alla prova la nostra fede e in questo anno abbiamo imparato a mettere in pratica valori come il perdono e l’amore, anche per quelli che ci perseguitano”. Durante l’omelia, immaginando di rivolgersi agli attentatori, il vescovo ha poi aggiunto: “Avete provato a distruggere le nostre chiese senza motivo, ma il nostro Signore ci ha insegnato ad amare, perdonare e pregare per voi. Non abbiamo rancore, non abbiamo nemici”. Mons. Rahho ha anche dichiarato il 1 agosto Giornata della parrocchia di san Paolo; la data verrà celebrata ogni anno con una messa in ricordo degli attacchi. Speranza e segno della forza di questa comunità che la guerra e le minacce non hanno piegato sono le Prime comunioni che si stanno celebrando in questo periodo. Il prossimo 6 agosto nella parrocchia di San Paolo riceveranno per la prima volta l’Eucaristia 63 bambini. (T.C.)

 

 

IN UN MONDO SEGNATO DA LUCI E OMBRE

LA CHIESA NEI PAESI BASCHI ASSUME LE SUE RESPONSABILITÀ:

L’ESORTAZIONE DEL VESCOVO DI SAN SEBASTIAN, IN SPAGNA,

NELLA FESTIVITÀ DI SANT’IGNAZIO

- A cura di padre Ignazio Arregui -

 

SAN SEBASTIAN. = In occasione della celebrazione liturgica della festività di sant’Ignazio di Loyola, domenica scorsa, mons. Juan María Uriarte, vescovo della diocesi di San Sebastian, in Spagna, ha offerto, nella sua omelia, un’analisi della situazione della Chiesa e della società nel momento presente, invitando tutti ad assumere responsabilmente un atteggiamento di rinnovata fede e di riconciliazione in un clima di dialogo e di pace. Seguendo l’atteggiamento di discernimento proprio di sant’Ignazio, mons. Uriarte ha invitato i fedeli a fare una lettura in profondità degli avvenimenti attuali. Di fronte alle difficoltà della Chiesa a farsi sentire oggi nella società, mons. Uriarte esclude un sentimento di paura che non è né cristiano né costruttivo. “Anzi, bisogna reagire con forza, a imitazione di Ignazio di Loyola, cercando i segni dell’agire di Dio nell’umanità”, ha detto il presule. “Il mondo attuale appare ai nostri occhi da un lato fiero delle sue conquiste materiali e tecniche, dall’altro debole nell’ambito dei valori morali. Nell’esaminare i maggiori eventi di segno positivo e negativo degli ultimi tempi – ha spiegato il vescovo di San Sebastian ricordando la situazione nei Paesi Baschi –, nonostante un ristabilimento della normalità della vita quotidiana, permane la paura della ripresa della violenza armata, mentre si verificano nuovi episodi di lotta urbana e non migliorano le condizioni di vita dei detenuti nelle carceri”. Guardando al futuro e alla necessità di uno spirito di autentico dialogo, poi, mons. Uriarte ha detto: “Il dramma che abbiamo vissuto ha causato e continua a causare molte ferite. Si può presumere che dopo la pace queste ferite possano essere di ostacolo ad una vera riconciliazione. Consideriamo l’impegno in favore del perdono e della pace come una missione affidataci da Gesù in persona”. Al termine della sua esortazione, il vescovo di San Sebastian si è rivolto esplicitamente alla classe politica, al movimento armato ETA e alla società in generale, chiedendo a ciascuna componente la partecipazione alla ricostruzione della pace e della fratellanza, e il rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti e dei loro familiari.

 

 

ASSEGNATI IN ASIA I “RAMON MAGSAYSAY 2005”,

RICONOSCIMENTI ATTRIBUITI A QUANTI SI DISTINGUONO PER LA LORO OPERA SOCIALE. LA CERIMONIA UFFICIALE IL 31 AGOSTO

 

MANILA. = Anche quest’anno sei cittadini del continente asiatico, distintisi per la loro opera sociale, sono stati premiati con il prestigioso Ramon Magsaysay, considerato il Nobel per la Pace dell’Asia. I vincitori provengono da Bangladesh, India, Indonesia, Repubblica democratica del Laos, Corea del Sud e Thailandia. Tra loro, Jon Ungphkorn, fondatore nel 1991 della fondazione tailandese Aids-access; Taten Masuki, capo dell’associazione indonesiana anticorruzione Corruption Watch; V. Shanta che in India ha avviato pionieristiche attività per la ricerca, la prevenzione e la cura del cancro; il laotiano Sombath Somphone, direttore di un istituto di formazione; Matiur Rahman, fondatore della testata on-line del Bangladesh Prothom Alo e infine il sudcoreano Hye-Ran Yoon, impegnato nel settore medico. Il premio sarà consegnato in una cerimonia ufficiale il 31 agosto a Manila, al Centro culturale delle Filippine. Il premio Ramon Magsaysay è stato istituito nel 1957 per commemorare lo statista improvvisamente scomparso, in quello stesso anno, in un incidente aereo. A Magsaysay il merito di aver riconciliato la popolazione del suo Paese, attraversato da tensioni sociali e ribellioni politiche. Il riconoscimento ha lo scopo di mantenere vivo il suo esempio ricercando suoi epigoni in tutta l’Asia. In mezzo secolo di attività, la Fondazione Magsaysay ha premiato 243 cittadini asiatici. (T.C.)

 

 

GMG DI COLONIA: LA CONFERENZA EPISCOPALE SVIZZERA

HA ORGANIZZATO PUNTI DI INFORMAZIONE E CONFERENZE STAMPA

CON I GIOVANI PRESENTI ALL’INCONTRO

 

FRIBURGO. = La Conferenza episcopale svizzera ha organizzato per la XX Giornata mondiale della gioventù di Colonia dei punti di informazione su temi specifici. I vescovi svizzeri, con questa iniziativa, vogliono far emergere quale significato ha per i giovani l’incontro internazionale. L’idea è quella di trasmettere ai media l’esperienza dei giovani in queste “feste della fede”, come hanno definito i presuli le giornate mondiali della gioventù. Tre gruppi di ragazzi, che rappresenteranno le tre differenti regioni linguistiche svizzere, incontreranno i giornalisti il 16, il 17, il 19 e il 20 agosto a Colonia in appositi spazi organizzati e risponderanno alle loro domande su temi specifici. Tutte le informazioni si trovano sul sito www.wjt2005.de dove sono indicati anche gli indirizzi dei punti di informazione e gli orari degli incontri. (T.C.)

 

 

Ravvivare il fervore cristiano attualizzandolo

con la nuova evangelizzazione. Con questa prospettiva si è concluso a Segni il Capitolo generale delle suore angeliche di san paolo

 

ROMA. = Si è concluso il Capitolo generale delle Suore Angeliche di San Paolo che si è svolto a Segni dal 15 al 31 luglio. Ai lavori capitolari hanno preso parte 32 religiose provenienti da diverse parti del mondo. Tema delle giornate: “Ripartire da Cristo per crescere nella spiritualità”. Particolarmente approfondito è stato il carisma dell’istituto religioso fondato da sant’Antonio Zaccaria nel 1535. “Ravvivare il fervore cristiano attualizzandolo con la nuova evangelizzazione”, questo il proposito della congregazione che ha eletto superiora generale la brasiliana madre Nur-Elaine Anaissi e sue consigliere madre Maria Annunziata Garribba, madre Ivana Raitano, madre Flor Lomibao ed madre Irene Nabuci. (T.C.)

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

2 agosto 2005

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

E’ ufficiale: l’Iran riprenderà entro due giorni le attività di conversione dell’uranio riaprendo lo stabilimento nucleare di Isfahan. Lo ha annunciato il Consiglio supremo iraniano per la sicurezza nazionale che smentisce così l’ipotesi di un possibile rinvio. Nonostante le assicurazioni iraniane sull’utilizzo del nucleare per scopi civili, la comunità internazionale rimane seriamente preoccupata.   Isabella Piro ne ha parlato con il giornalista iraniano Ahmad Ràfat:

 

**********

R. – La ripresa anzitutto è parziale, perché dovrebbe riprendere l’impianto di    Isfahan che è un impianto minore, in quanto quello di Natanz, dove potrà essere arricchito l’uranio, per il momento non riprenderà l’attività. Secondo quanto hanno dichiarato le autorità del governo dimissionario, questo impianto non riprenderà per facilitare il dialogo.

 

D. – La Repubblica islamica dice di avere il diritto di sviluppare la tecnologia     atomica per scopi pacifici, per scopi civili…

 

R. – Personalmente non ho mai creduto al progetto pacifico, perché il progetto nucleare iraniano è partito prima della rivoluzione, ai tempi dello scià, e non aveva obiettivi civili. Come non ce l’ha oggi. L’Iran, a livello civile, non ha bisogno del nucleare, perché il petrolio gli costa molto meno. L’Iran è circondato da Paesi che sono potenze nucleari - Pakistan, Israele, India, ex Repubbliche sovietiche - e questo fatto gli serve per poter sedere al tavolo dei ‘grandi’.

 

D. – Si può parlare di pericolo effettivo che l’Iran costruisca una bomba nucleare?

 

R. – Il pericolo c’è, ma non credo che sia immediato. Gli servono almeno sette, otto anni prima di poter costruire una bomba.

 

D. – A metà agosto si insedierà il nuovo governo. I rapporti con l’Unione Europea cambieranno?

 

R. – Questo nuovo governo avrà una linea sicuramente più dura. Questo è quanto hanno promesso durante la campagna elettorale, nel dialogo con gli europei.

 

D. – Qual è il ruolo degli Stati Uniti?

 

R. – Gli Stati Uniti sono l’interlocutore principale dell’Iran, anche se questo dialogo oggi passa attraverso Paesi europei. Gli iraniani non considerano il dialogo con l’Europa un dialogo che possa risolvere i loro problemi, se questo dialogo non è benedetto e supportato dagli americani.

 

D. – Come si può porre fine a questa crisi internazionale?

 

R. – L’unica via è quella di rimandare tutto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

**********    

 

Restiamo in Iran, dove non ha causato vittime né feriti l’ordigno artigianale esploso questa mattina a Teheran. L’edificio davanti al quale è avvenuto lo scoppio, è sede di diversi uffici di compagnie occidentali, fra cui la British Airways.

 

In Iraq, un’autobomba è esplosa nel centro di Baghdad causando la morte di quattro persone. Lo riferisce la polizia irachena precisando che l’obiettivo era un convoglio di militari statunitensi. Nel Paese, si intensificano anche gli attacchi sferrati dalla guerriglia contro cittadini iracheni. Il nostro servizio:

 

**********

La dinamica degli ultimi episodi di violenza è sempre la stessa: guerriglieri da un’auto in corsa scaricano raffiche di mitragliatrice contro uomini dell’amministrazione irachena o rappresentanti della società civile. Lo sfondo è Baghdad e l’obiettivo dei ribelli è quello di minare il percorso democratico iracheno: si colpisce chi lavora per un Iraq nuovo, finalmente libero dal giogo del totalitarismo. Il capo della polizia di Abu Ghraib è stato ucciso alla periferia orientale della capitale mentre si stava recando al commissariato. Nella parte occidentale di Baghdad sono stati assassinati, inoltre, un autista e una guardia del corpo, dipendenti del ministero delle Finanze. Sempre nella capitale, uno sceicco sunnita è stato ucciso ieri sera con il fratello da un gruppo di uomini armati a bordo di un’auto. La polizia ha riferito che questa mattina sono state assassinate altre cinque persone mentre raccoglievano le spoglie dello sceicco. Nonostante questa drammatica e consueta scia di violenza, che accompagna l’annuncio della presentazione della nuova Costituzione irachena entro il 15 agosto, proseguono comunque gli sforzi della comunità internazionale per garantire assistenza e sostegno alla popolazione. La Croce Rossa Italiana chiarisce, ad esempio, di non voler smobilitare la propria missione in Iraq. “Seguendo la strategia fissata – fa sapere l’organizzazione – il personale italiano in Iraq sta per essere sostituito con quello locale”.

**********

 

Uno dei quindici principali ricercati per gli attentati del 23 luglio a Sharm el Sheik, Mohammed Saleh Fulayfel, è stato ucciso dalla forze di polizia egiziana, in uno scontro a fuoco sulle montagne a poca distanza da Suez. Fulayfel era tra i principali sospettati anche per la strage di Taba del 7 ottobre 2004, in cui persero la vita 34 persone.

 

Due esplosioni hanno scosso la cittadina turistica turca di Antalya, nel sud della Turchia, provocando il ferimento di almeno sei persone. Lo ha riferito un’emittente privata turca precisando che le deflagrazioni sono avvenute nel centro della città. Dietro questo nuovo attentato potrebbero esserci, secondo gli inquirenti, militanti islamici o separatisti curdi.

 

In Israele, rafforzate le misure di sicurezza in vista delle odierne manifestazioni di protesta dei coloni contro l’imminente ritiro da Gaza. Per evitare disordini e tumulti, le autorità ebraiche hanno autorizzato, nel sud del Paese, il dispiegamento di 15 mila soldati.

 

In occasione del sessantesimo anniversario della Seconda Guerra Mondiale, la Camera bassa del Parlamento giapponese ha approvato una risoluzione nella quale si esprime rammarico per “le sofferenze” provocate in Asia. “Siamo profondamente addolorati per le sofferenze causate dal nostro Paese in un certo periodo del passato alle popolazioni asiatiche e a quelle di altri Stati”, si legge nel testo. Il documento non fa comunque riferimento diretto alle guerre contro la Cina e al dominio coloniale sulla penisola coreana dal 1910 al 1945. 

 

Con un piano di smilitarizzazione biennale, la Gran Bretagna ha dato ordine alle unità speciali dell’esercito di stanza in Ulster di cessare la propria attività a partire dal 1 agosto 2007 e di abrogare le leggi antiterrorismo create appositamente per la regione. La risposta del governo di Londra segue l’annuncio di giovedì scorso con cui l'Esercito repubblicano irlandese ha messo fine alla lotta armata.

 

 

======ooo======