RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
272 - Testo della trasmissione di martedì 28 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi pomeriggio Messa in suffragio di
Paolo VI e Giovanni Paolo I
OGGI IN PRIMO PIANO
Sono
trascorsi 4 anni dall’inizio della seconda Intifada palestinese: ce ne parla padre Ibrahim Faltas
CHIESA E SOCIETA’:
In
Iraq ancora violenze a Falluja. Simona Pari e Simona Torretta, secondo un
giornale del Kuwait, potrebbero essere liberate venerdì prossimo
Sempre
più tensione in Nigeria: i ribelli contro il governo per il petrolio. Il prezzo
del greggio supera i 50 dollari a barile
28
settembre 2004
LA GRATITUDINE E L’AFFETTO DEL PAPA PER LE
AUTORITA’, LE FORZE DELL’ORDINE E
LA
POPOLAZIONE DI CASTEL GANDOLFO PER LA SERENITA’ CHE HA ACCOMPAGNATO
IL SUO
SOGGIORNO NELLA CITTADINA LAZIALE, CHE SI CONCLUDERA’ DOMANI
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
Sta per
concludersi la permanenza di Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo, iniziata dopo
la vacanza trascorsa in Valle d’Aosta a luglio. Oggi, alla vigilia del suo
rientro in Vaticano, il Papa si è congedato dalle autorità locali e dalle forze
dell’ordine che hanno vegliato sulla tranquillità del suo soggiorno, ricevendo
in udienza, per un breve incontro di saluto, il sindaco della cittadina
castellana, Maurizio Colacchi, i membri della giunta e del Consiglio comunale e
i rappresentanti dei Carabinieri e dell’Ispettorato di Pubblica sicurezza
presso il Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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Due
mesi e mezzo nel verde delle Ville pontificie, che guardano sull’impareggiabile
conca del lago di Castel Gandolfo. Tanto è durata quest’anno la lunga sosta del
Pontefice nel “Vaticano numero due”, secondo una sua antica e affettuosa
definizione mai dimenticata. E come sempre, Giovanni Paolo II ha voluto
manifestare la propria gratitudine a tutti coloro che, a vario livello, hanno
contribuito a rendere sereno questo annuale soggiorno a Castel Gandolfo, a
partire dalla autorità comunali ma anche, attraverso loro, alla popolazione
castellana:
“In questa
ridente e laboriosa località dei Castelli Romani, a me tanto cara, ho potuto
trascorrere giorni sereni e riposanti. Ora mi appresto a fare ritorno in
Vaticano, confortato anche dalla vostra spirituale vicinanza e preghiera. Per
tutto questo vi ringrazio di cuore, anche a nome dei miei collaboratori”.
E la
gratitudine del Papa per il discreto ma efficiente lavoro a garanzia della
tranquillità del suo soggiorno ha toccato anche i membri di Polizia e
Carabinieri, che hanno prestato servizio a Castel Gandolfo. “Vi auguro - ha
detto loro - di essere sempre testimoni dei valori di giustizia, lealtà e
spirito di sacrificio, che trovano la loro sorgente più profonda nell’amore per
Dio e per il prossimo”. Domenica scorsa, infine, il Pontefice, affidandosi alle
loro preghiere, aveva ringraziato e salutato il direttore delle Ville
Pontificie, il dott. Saverio Petrillo, e i dipendenti con queste parole:
“Ritornando in Vaticano, porterò con me il caro
ricordo dei giorni sereni e riposanti che ho potuto trascorrere al Castello,
grazie anche al vostro aiuto”.
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IL MALE E’ CAUSA DI GUERRE, IL BENE PRODUCE
PACE E SVILUPPO
PER
TUTTA L’UMANITA’: PRESENTATO IL MESSAGGIO DEL PAPA
PER LA
GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 2005, DAL TITOLO:
“NON
LASCIARTI VINCERE DAL MALE, MA VINCI CON IL BENE IL MALE”
- A
cura di Alessandro De Carolis -
La pace
è un bene che produce miglioramenti, morali e materiali, nella comunità
internazionale e a tutti i livelli di ogni singola società. La pace porta al
bene comune, al contrario del male, “causa e fonte di conflitti e guerre”.
Poggia su queste fondamenta il tema del Messaggio di Giovanni Paolo II per la
38.ma Giornata mondiale della pace, che verrà celebrata il primo gennaio 2005.
Il titolo del Messaggio si rifà a un versetto di San Paolo ai Romani: “Non
lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”.
“Il tema – si legge nella
presentazione del Messaggio resa nota oggi - intende sollecitare una presa di
coscienza sul male come causa e fonte di conflitti e guerre e, nello stesso
tempo, sul legame inscindibile tra il bene
morale e la pace. La pace, infatti, si presenta come il frutto di scelte
ispirate al bene e orientate al bene”. La riflessione del Papa, che esorta alla
responsabilità “personale e collettiva” nel rifiuto del male e nella scelta del
suo contrario, si concentra sul “bene morale” da cui trae concretezza uno dei
principi più rilevanti della dottrina sociale della Chiesa: quello del “bene
comune universale”. Il realizzarlo - afferma il Pontefice - “ha tra i suoi
obiettivi quello di strutturare gli assetti sociali, economici e politici,
nazionali e internazionali, nella prospettiva della pace”.
L’altro
passaggio porta ad una considerazione sui “beni materiali” che, secondo la Chiesa,
devono avere una “destinazione universale”, così come ripetutamente insegnato e
ribadito da Giovanni Paolo II, per il quale esiste una “stretta connessione tra
diritto allo sviluppo e diritto alla pace”. “In questa prospettiva – si legge
nella nota di presentazione - una responsabilità capace di lasciarsi permeare
dalla volontà di ricercare il bene e di fuggire il male non può non prendere in
considerazione i tanti problemi sociali ed economici che gravano sulla vita dei
popoli, disuguaglianze, privazioni di ogni genere, ingiustizie diffuse,
insicurezza, nella ricerca, decisa e solerte, di trovare una soluzione
improntata all’equità e alla solidarietà”. Il Messaggio per la Giornata della
pace 2005 - si legge infine - “avrà lo scopo di impegnare tutti a ricercare la
strada del bene come la strada più sicura e veloce per giungere alla pace”.
OGGI
POMERIGGIO MESSA IN SUFFRAGIO DI PAOLO VI E GIOVANNI PAOLO I
Si svolgerà oggi pomeriggio alle
ore 18, presso l’Altare della Cattedra nella Basilica Vaticana, la Santa Messa
in suffragio dei defunti Sommi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo I. La
celebrazione eucaristica sarà presieduta, a nome del Santo Padre, dal cardinale
Joseph Ratzinger, Decano del Collegio Cardinalizio.
GIUSEPPE MARIA CASSANT, UN GIOVANE
MONACO TRAPPISTA
ALL’ONORE DEGLI ALTARI
- Intervista con Suor Augusta Tescari -
Tra i beati che Giovanni Paolo
II proclamerà domenica prossima c’è il monaco trappista Giuseppe Maria, al
secolo Pietro Giuseppe Cassant, di cui parliamo oggi. Sacerdote e professo
dell’Ordine cistercense riformato, è morto ad appena 25 anni di età, nel 1903,
pochi mesi dopo aver ricevuto l’ordinazione sacerdotale. A parlarcene,
nell’intervista di Giovanni Peduto, è la postulatrice della causa di
beatificazione, la suora trappista Augusta Tescari:
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R. – La sua vita è molto
semplice, appunto, perché la sua vita è stata estremamente breve. Giuseppe
Maria Cassant è nato a Casseneuile, nel sud della Francia, nel 1878. Ha
desiderato essere sacerdote sin dall’infanzia. E’ entrato alla trappa di Santa
Maria del Deserto, a Tolosa, a 16 anni, ha trascorso 9 anni nel monastero,
amato dai confratelli, sempre sorridente e contento, ma facendo molta fatica
negli studi ed indebolendosi sempre più fisicamente, superando molte tentazioni
di scoraggiamento. Quando ha manifestato il suo stato di salute era già troppo
tardi. E’ morto di tubercolosi, appunto, 8 mesi dopo l’ordinazione sacerdotale,
a 25 anni. Era il 1903. E’ tutto quello che si può dire della sua vita come
cronologia.
D. – Qual è stata allora la sua
santità?
R. – Penso che la sua grandezza,
la sua santità è stata tutta nell’aver capito che il cuore della vita
dell’uomo, la sua vera forza ed anche la sua vera gioia, è l’amore a Cristo nel
mistero della Croce e nel suo cuore aperto per la salvezza del mondo e anche
nella sua presenza eucaristica. Lui diceva: “L’Eucaristia è la sola felicità
qui sulla terra!” e il suo motto era: “Tutto per Gesù”. Era anche la sua
risposta ad ogni circostanza e ad ogni difficoltà. Io penso che la sua santità
sia stata quella della vedova del Vangelo di Luca che è stata canonizzata da
Gesù stesso. La vedova aveva messo due soldi, due spiccioli nel tesoro del
Tempio, mentre gli altri mettevano molto, però Gesù dice: “Gli altri hanno dato
del loro superfluo, mentre lei ha messo tutto quello che aveva per vivere”.
Direi che è stata proprio la forma di santità di Giuseppe Maria.
D. – Un episodio significativo
della sua vita …
R. – Beh, a me viene in mente
quello che ha scritto, in una maniera molto ingenua, proprio da bambino, quando
aveva 14 anni. Scriveva nel suo diario: “Primo giorno dell’anno 1892: Signore,
io, un giorno, andrò sugli Altari. Lo spero, con la tua grazia. Signore, vengo
a chiederti la grazia di arrivare sugli Altari”. Si stava esprimendo in un
francese scorretto, perché usava il plurale per il singolare, però precisava,
subito dopo, il senso esatto del suo desiderio: “Dammi l’intelligenza e tutto
ciò che sarà utile per essere un buon prete!”. Quindi, lui non esprimeva un
desiderio di santità canonizzata, ma semplicemente esprimeva il suo desiderio
del sacerdozio. Però, adesso il Signore lo ha esaudito alla lettera, in un modo
in cui il ragazzo non avrebbe mai neppure immaginato, in questa sua umile, però
appassionata, richiesta.
D. – Perché questo ragazzo poi
entrò nell’Ordine cistercense riformato?
R. – E’ entrato dietro consiglio
del suo parroco che lo vedeva portato al silenzio, alla preghiera, al
raccoglimento. Non era molto adatto per gli studi e per il ministero sacerdotale,
mentre invece sarebbe riuscito un ottimo monaco sacerdote. L’unico dubbio del
parroco era che il ragazzo non ce la facesse, dato che la regola dei trappisti
era molto austera. Sicché nella canonica, prima di fargli visitare la trappa,
hanno provato tutti e due, parroco e parrocchiano, a svolgere la vita
trappista: si alzavano alle due di notte, cantavano interamente l’ufficio,
lavoravano manualmente, praticavano il silenzio, una dieta vegetariana,
eccetera. Dopo una prova di qualche mese, si è dimostrato che il ragazzo ce
l’avrebbe fatta e allora il parroco lo ha accompagnato al monastero di Santa
Maria del Deserto.
D. – Quale messaggio dà ai
cristiani di oggi Giuseppe Maria Cassant?
R. – Penso che sia un messaggio di
fiducia in questo senso: il mondo di oggi è un mondo che precipita nella
depressione, nella disperazione, ma è assetato di amore e di tenerezza. La vita
di Giuseppe Maria Cassant può essere una risposta soprattutto per i giovani che
sono alla ricerca del senso della vita. Oggi contano soltanto i campioni, i
“superdotati”. Tutto deve essere al top e, dato che normalmente non lo è, e non
c’è bisogno che lo sia, i giovani che non sono guidati verso i veri valori si
scoraggiano. Giuseppe Maria era un piccolo, un povero, un adolescente non
brillante agli occhi degli uomini. La sua riuscita, la riuscita della sua vita
è dovuta soltanto all’incontro sconvolgente con Gesù … Egli ha accolto la Sua
chiamata e poi ha imparato ad amarlo lasciandosi aiutare però prima dal suo
parroco e poi dal suo padre maestro che è stato per lui un amico ed un padre in
una comunità di fratelli. Penso che l’atteggiamento e la vita di Giuseppe Maria
aiutano i giovani perché li incoraggiano a lasciarsi guidare, a fidarsi di chi
li segue, di chi li educa e, nello stesso tempo, aiutano i genitori, gli
educatori, chi si occupa dei giovani a seguirli uno per uno, veramente e
personalmente, come hanno fatto gli educatori di Giuseppe Cassant. E, proprio
perché Joseph Cassant ha saputo essere un figlio ed un discepolo, malgrado la
sua giovane età, penso che adesso può esserci padre e anche maestro.
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28
settembre 2004
IRAQ, FECONDAZIONE ASSISTITA, ECUMENISMO
E ANNO DELL’EUCARESTIA:
MOLTI I TEMI AFFRONTATI NEL COMUNICATO FINALE
DEL CONSIGLIO EPISCOPALE DELLA CEI, PRESENTATO DA
MONS. BETORI
I
drammi che affliggono l’umanità, le priorità per l’Italia in un momento di
riforme istituzionali, la salvaguardia della vita in ogni sua forma,
l’evangelizzazione e le sfide per il clero ed i laici. Queste alcune delle
sfide contenute nel comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente,
riunitosi dal 20 al 23 settembre, presentate oggi da mons. Giuseppe Betori,
Segretario generale della CEI, nella Sala Marconi della Radio Vaticana. Per noi
c’era Massimiliano Menichetti:
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Nel
presentare il comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente, mons.
Betori ha subito sottolineato la gratitudine dei vescovi per l’indizione, da
parte del Pontefice, dell’Anno dell’Eucarestia” che avrà inizio con il
congresso eucaristico mondiale in programma a Guadalajara, in Messico, dal 10
al 17 ottobre, e si concluderà con il Sinodo dei Vescovi ad ottobre 2005. Apprezzamento
poi è stato espresso per i gesti di fraternità e dialogo compiuti fin da oggi
dalle Chiese cattolica ed ortodosse, realizzati sia in occasione della
solennità dei Santi Pietro e Paolo, con la “Dichiarazione comune” del Papa e
del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, sia con il dono dell’Icona della Madre di
Dio di Kazan al Patriarca Alessio II di Mosca. L’attenzione si è poi
concentrata sulla sfida lanciata al laicato cattolico chiamato ad una sempre
maggiore interazione tra parrocchie, associazioni e movimenti così da orientare
in senso cristiano il tessuto sociale. Quindi è stata approfondita la tematica
relativa alla formazione nei seminari, individuando orientamenti e norme per la
formazione dei futuri sacerdoti. Sulla cura pastorale dei migranti, fenomeno
questo sempre più complesso, è stata evidenziata l’urgenza di una pastorale più
attenta ai bisogni specifici degli immigrati. Volgendo lo sguardo allo
scacchiere internazionale, la CEI ha espresso forte apprensione per le tante
situazione di conflittualità come in Iraq, Medio Oriente, Ossezia, Africa e per
le catastrofi naturali come quella che ha colpito Haiti. Netta la posizione di
mons. Betori sul ritiro delle truppe in Iraq...
“Oggi il
problema non è tanto quello della permanenza o meno delle truppe, quanto il
favorire il processo di democratizzazione che al momento ha un punto di
riferimento in questo governo, che è nato, non chiediamo come, ma che occorre
far crescere. C’è una realtà che può prendere mano. Il processo di
democratizzazione va favorito comprendendo ciò di cui ha bisogno”.
Passando
poi all’Italia, è stata mostrata preoccupazione per il clima e “la
strumentalizzazione” che accompagna la raccolta di firme da parte dei Radicali per
il referendum abrogativo sulla legge che regola la fecondazione medicalmente
assistita. Quindi, parlando di riforme e federalismo è stato espresso l’invito
alle istituzioni e alle componenti politiche del Paese di intraprendere la via
del dialogo affinché sia conservata l’unità della nazione nel rispetto dei
principi di sussidiarietà e solidarietà.
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SONO TRASCORSI 4 ANNI DALLO SCOPPIO DELLA SECONDA
INTIFADA PALESTINESE:
DA
ALLORA CIRCA 4400 I MORTI
-
Intervista con padre Ibrahim Faltas -
L’Intifada
palestinese entra oggi nel suo quinto anno. Cominciò il 28 settembre del 2000,
dopo il fallimento dei negoziati di Camp David. Scintilla della rivolta, la
visita di Ariel Sharon, allora capo dell’opposizione israeliana, alla spianata
del Tempio di Gerusalemme, da secoli anche terzo luogo santo dell’Islam. Il
servizio di Graziano Motta:
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L’Intifada ha preso il nome
dalla Moschea di Al Aqsa. Ha causato finora più di 4 mila e 400 morti, in
maggioranza palestinesi, ed oltre un migliaio di ebrei, il 70 per cento dei
quali civili. Sono diminuiti gli attentati suicidi - si sostiene - dopo la
costruzione della barriera di separazione con i territori. Il muro ha però
aggravato le condizioni di vita della popolazione palestinese. Sono aumentati,
inoltre, i lanci di missili e di mortai sul territorio israeliano, gli atti di
guerriglia e i raid di rappresaglie israeliane, le cosiddette incursioni mirate
e le operazioni militari. Ieri, un bilancio di sette palestinesi uccisi, due
dei quali civili, e un evento insolito: il rapimento, nella Striscia di Gaza,
da parte di cinque palestinesi armati di un operatore dell’informazione
televisiva, produttore ed interprete dell’americana CNN, Riad Ali, arabo della
minoranza drusa d’Israele. Un’organizzazione fondamentalista, indicata come
responsabile, ha smentito, anzi ha denunciato l’accaduto. Nessuna
rivendicazione finora e sforzi dell’Autorità palestinese per ottenerne il
rilascio.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Dopo quattro
anni di guerra, israeliani e palestinesi si ritrovano più divisi che mai.
Andrea Sarubbi ne ha parlato con padre Ibrahim Faltas, responsabile della
Basilica della Natività a Betlemme:
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R. – In questi
quattro anni è cambiato tutto, anche tra palestinesi ed israeliani. Penso che
mai, dalla guerra del ’67, i rapporti tra palestinesi ed israeliani siano stati
peggiori. Non c’è dialogo e non c’è nessun rapporto tra di loro.
D. – Questi quattro anni sono
stati segnati da una costante: ogni volta che sul piano politico la pace
sembrava avvicinarsi, pensiamo alla Road Map, sul terreno la situazione
precipitava …
R. – Il problema è che ci sono
alcune persone, poche, ma da entrambe le parti, che non vogliono la pace.
Allora, quando si avvicina una soluzione, un accordo, scoppia di nuovo tutto.
Mi piace la famosa frase di Paul Valéry che dice che “la guerra è un massacro
tra migliaia di persone che non si conoscono, nell’interesse di poche persone
che si conoscono, ma non si massacrano”. Penso che sia quello che sta
succedendo in Terra Santa.
D. – C’è stato un momento, in questi quattro anni, in cui
anche voi della Basilica della Natività avete sofferto in prima persona…
R. – Veramente, durante l’assedio
di 39 giorni della Natività, nessuno di noi pensava di uscire vivo da quella
situazione. Penso che sia l’unica volta in cui sono entrati dei palestinesi
armati in un posto e la maggior parte di loro ne sono usciti vivi. E questo
grazie alla nostra presenza, perché abbiamo scelto di rimanere… abbiamo
rischiato la nostra vita, per salvare le persone umane: assediati e assedianti.
D. – Padre Faltas, sono stati
anni duri per la Terra Santa, anche da un punto di vista economico…
R. – Sì, i pellegrinaggi adesso
sono bloccati. Qualcuno viene, ma sono pochi. A Betlemme adesso i disoccupati
sono circa l’85 per cento. La maggior parte della gente di Betlemme lavora nel
settore del turismo ed il turismo è bloccato. Tanti di questi artigiani, che
lavoravano il legno di ulivo e la madreperla, hanno chiuso le loro botteghe e
non lavorano più.
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DOPO LA BOCCIATURA DELLA RIFORMA SULLA
NATURALIZZAZIONE DEGLI STRANIERI
IN
SVIZZERA, DAL REFERENDUM DI DOMENICA ESCE COMUNQUE UN PAESE DIVISO
- Con
noi, mons. Piergiacomo Grampa, vescovo di Lugano -
La
destra nazionalista canta vittoria in Svizzera, dopo la bocciatura della
riforma sulla naturalizzazione degli stranieri: contro la nuova legge, che
facilitava la concessione del passaporto agli immigrati di seconda e terza
generazione, ha votato oltre la metà degli elettori. Ma dal referendum di
domenica esce comunque un Paese diviso, come spiega mons. Piergiacomo Grampa,
vescovo di Lugano, al microfono di Andrea Sarubbi:
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R. - Il voto
non è uniforme e ha ripresentato quello che da noi in Svizzera si chiama il
fenomeno del “Rostigraben”, del fossato che divide gli svizzeri tedeschi dagli
svizzeri romandi, di lingua francese. La Romandia ha votato favorevolmente a
questa apertura per l’integrazione degli stranieri, aderendo alle proposte del
governo e del Parlamento di favorirne la naturalizzazione. Gli svizzeri
tedeschi, invece, sono sempre più prudenti e conservatori in queste aperture e
la votazione ha ripresentato questa spaccatura nel Paese. Mi dispiace che il
mio cantone, il Canton Ticino, che di solito segue gli svizzeri francesi
romandi, questa volta si sia allineato sulle posizioni degli svizzeri tedeschi.
D. – Lei ha appena detto “mi
dispiace”. La Chiesa non è contenta del referendum, era favorevole alla riforma
dell’allargamento della cittadinanza?
R. – La Chiesa è stata
decisamente a favore. Si è votato la domenica dopo la festa federale del
Ringraziamento, nella quale i vescovi sono soliti rivolgersi con una lettera
pastorale alle loro chiese: in quella lettera, avevano indicato chiaramente il
loro favore a questa comprensibile ragionevole apertura. Certo, noi eravamo
favorevoli. Volevamo dare questo segnale di accoglienza più aperta e generosa
verso gli stranieri, ma la maggioranza del nostro popolo non è stata del
medesimo parere, dovremo pazientare, prima di raggiungere questo traguardo.
D. – È un momento in cui anche
in Svizzera si comincia a parlare di disoccupazione. Secondo lei, questo può
avere inciso sul voto?
R. – No. Credo, piuttosto, che
la causa sia da ricercare nell’attenzione particolare degli svizzeri tedeschi
alla propria storia, alla legge e ai costumi. In un mio recente intervento,
avevo detto che, oggi più di ieri, svizzeri non si nasce, ma lo si diventa. Se
da un lato è indispensabile preoccuparsi che chi chiede di essere svizzero
conosca storia, leggi, costumi, ma soprattutto lo spirito che ha fatto grande
ed invidiata la Confederazione nei secoli passati, dall’altro si pensava che un
ragazzo di terza generazione, che quindi ha frequentato qui tutte le scuole,
potesse automaticamente accedere alla nazionalità svizzera.
D. – In campagna elettorale si
sono visti dei manifesti anti-immigrati che lanciavano l’allarme islamizzazione.
Questo, secondo lei, quanto è stato sentito dalla gente?
R. – Non so dirlo. Posso
aggiungere, però, che il nostro giornale cattolico si è rifiutato di pubblicare
quel volantino, che abbiamo trovato inopportuno, non veritiero, volto a risvegliare
un inaccettabile ed indebito spirito xenofobo. Certo che anche questa paura,
agitata in modo inopportuno, ha pesato nella decisione finale. Bisogna avere
pazienza. Ma i rimedi magari sono altri: che le famiglie cristiane di
tradizione, ad esempio, siano più generose e feconde!
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NEL 25.MO
DELL’APERTURA DELLA SEDE CENTRALE DELLA COMUNITÀ INCONTRO
DI DON
PIERINO GELMINI, CONSEGNATA IERI POMERIGGIO
ALLA
MEMORIA DI FRATE INDOVINO LA “MADONNA
DEL SORRISO”,
VENERATA
IN TUTTI I CENTRI DELLA COMUNITÀ
-
Intervista con Don Pierino Gelmini -
Consegnata
ieri pomeriggio alla memoria di frate Indovino, padre Mariangelo da Cerqueto, la “Madonna del Sorriso” ovvero
l’effige della Vergine Maria, venerata in tutti i Centri della Comunità
Incontro, fondata da don Pierino Gelmini. Nel 25.mo dell’apertura della
sede centrale della Comunità, vicino Terni, è stata ribadita la necessità di capire, aiutare ed amare
gli altri, testimoniando incessantemente il volto di Cristo. Il servizio è di Massimiliano Menichetti:
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Sconfiggere la droga, la povertà
e l’indifferenza con la parola di Cristo è la sfida che don Pierino Gelmini
persegue quotidianamente da 40 anni, dal 1963, quando fondò la Comunità
Incontro che ieri ha festeggiato i 25 anni dell’apertura della sede principale,
quella del Mulino Silla di Amelia, vicino Terni. Una giornata di scambi e
testimonianze sul valore dell’aiuto, sulla pericolosità della droga,
dell’alcol, sulla necessità di ascoltare il messaggio del Vangelo. Don Gelmini:
R. - Molti credono che la
Comunità sia solo una lotta alla droga, ma noi, invece, partiamo dal concetto
che la nostra Comunità non è terapeutica, ma è una scuola di vita ed una
proposta di vita, per cui la Comunità è aperta al mondo. Noi ci occupiamo anche
di bambini abbandonati, perché non arrivino alla droga, non diventino ladroni.
Per ogni persona c’è speranza ed amore.
D. – Cosa vuol dire, per lei,
testimoniare il Vangelo?
R. – Testimoniare il Vangelo è…
viverlo! Io parlo di Cristo terapia, Cristo valore, significato! Cristo, il
pane che spezzi ogni giorno! Cristo nella speranza, nella disperazione! Questo
è il Vangelo, per me.
D. – Don Pierino, qual è la
prossima sfida?
R. – Un altro centro a San
Severo, Pompei, ma sono tante le sfide, non è una. Alcuni Paesi non hanno
risorse economiche, quindi li dobbiamo sostenere, perché c’è una povertà
endemica.
D. – Don Pierino, in 40 anni di
attività lei ha aiutato molti ragazzi ad uscire dalla droga, dall’alcolismo,
dalla povertà … qual è il suo messaggio?
R. – Credere nell’uomo
nonostante tutto.
Ieri è stata anche consegnata la
“Madonna del Sorriso” alla memoria di frate Indovino.
Ancora don Gelmini:
“Padre
Mariangelo da Cerqueto, frate Indovino, che in vita ci ha assistito molto, ci
ha dato una mano, non ci ha fatto solo promesse. Ci dava un aiuto giorno per
giorno”.
Quindi la
tradizionale cena, fatta con alimenti semplici, “per rinnovare – ha ribadito
don Gelmini - il legame con le radici, con i
tempi in cui il vecchio mulino era solo un mucchio di pietre abbandonate e per
ritrovare”, quindi, “una vita semplice, povera, ma feconda”.
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28
settembre 2004
“CONDANNIAMO CON FORZA I DUE ATTACCHI CONTRO LE MISSIONARIE DELLA
CARITÀ.
COSÌ PADRE KARAKOMBIL, PORTAVOCE DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE DELL’INDIA,
COMMENTANDO GLI EPISODI DI VIOLENZA COMPIUTI
SABATO DA FANATICI INDÙ
CONTRO LE SUORE MISSIONARIE DI MADRE TERESA, NELLO
STATO DEL KERALA
- A cura di Maria Grazia Coggiola -
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NEW DELHI. = Veglie di preghiera
e marce silenziose di protesta si sono tenute nello Stato del Kerala, nel sud
dell’India, dove sabato scorso tre suore delle Missionarie della Carità, della
beata Madre Teresa di Calcutta, sono state aggredite da un gruppo di fanatici
indù. Il vescovo di Calicut, mons. Joseph Kalathiparambil,
ha scritto una lettera di protesta al premier indiano Manmohan Singh,
esprimendo il suo shock per un attacco contro un Ordine che è riconosciuto nel
mondo per il suo impegno umanitario. Negli ultimi anni sono aumentate in India
le violenze contro i religiosi e i luoghi di culto da parte di gruppi
estremisti, legati all’ex partito di maggioranza BJP, sconfitto dal Congresso
di Sonia Gandhi nelle elezioni di primavera. L’incidente di sabato in Kerala,
dove i cristiani sono oltre il 20 per cento, è il primo contro delle religiose
dell’Ordine della beata Madre Teresa. Le suore stavano portando cibo e medicine
in una bidonville di dalit, gli intoccabili indiani, quando sono state
picchiate con spranghe di ferro da alcuni uomini che le accusavano di fare
opera di conversione. Poco dopo, un altro gruppo di 30 persone, ha preso d’assalto
un’ambulanza con a bordo la madre superiora ed altri religiosi venuti in
soccorso. Le suore, ferite alla testa, sono già state dimesse dall’ospedale. La
polizia indiana avrebbe fermato una trentina di appartenenti all’ala religiosa
estremista RSS del partito BJP.
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NUOVA CONDANNA DEI VESCOVI SPAGNOLI SUL PROGETTO DI
LEGGE
CHE
PREVEDE L’EQUIPARAZIONE DEI DIRITTI DI COPPIE OMOSESSUALI ED ETEROSESSUALI.
IL DDL
DOVREBBE ESSERE APPROVATO VENERDI’ DAL GOVERNO ZAPATERO
MADRID. = Ferma condanna della Conferenza episcopale
spagnola sul matrimonio tra omosessuali, a pochi giorni dall’approvazione da
parte del Consiglio dei ministri del progetto di legge che prevede
l’equiparazione dei diritti di coppie omosessuali ed eterosessuali. “E’ falso
che l’unione di un uomo con un altro sia un matrimonio – ha detto il portavoce
della Conferenza episcopale, Juan Antonio Martinez – e se la legge dice questo,
è moneta falsa”. “La possibilità del matrimonio tra omosessuali per legge – ha
aggiunto – introduce un virus nella società, che avrà conseguenze negative per
la vita sociale”. “La Chiesa non impone niente – ha concluso il portavoce – ha
il senso di un’imposizione, invece, l’esistenza di una legge che, a nostro
parere, non è contraria alla fede cattolica, bensì alla ragione”. Il governo
del premier spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero approverà venerdì il progetto
di legge sul matrimonio tra omosessuali, ai quali sarà permessa anche
l’adozione di bambini. Il governo socialista, inoltre, prevede di rendere
obbligatorio nelle scuole pubbliche l’insegnamento della storia delle
religioni, inteso come approccio laico e storico filosofico, da accostare
all’insegnamento facoltativo della religione. (B.C.)
UN INVITO A FIDARSI DI QUEGLI ESPONENTI POLITICI E
DEI PARTITI IMPEGNATI
NELLA
RICOSTRUZIONE DELL’INDIPENDENZA DELLA LITUANIA,
MEDIANTE
PROGRAMMI REALISTICI E A LUNGO TERMINE. A RIVOLGERLO
E’ LA
CONFERENZA EPISCOPALE LITUANA NELLA LETTERA IN VISTA DELLE ELEZIONI
PARLAMENTARI,
CHE SI SVOLGERANNO NEL PAESE EST EUROPEO
IL 10
OTTOBRE PROSSIMO
VILNIUS.
= Numerosi esponenti politici e partiti promettono di eliminare la povertà, la
disoccupazione e la disuguaglianza sociale, ma è necessario prestare attenzione
a quanti elaborano programmi realistici e a lungo termine, piuttosto che a
quelli che promettono di risolvere tutto in tempi brevi. È quanto scrive la
Conferenza episcopale lituana in una lettera in vista delle elezioni
parlamentari nel Paese il 10 ottobre prossimo. “La maggior parte dei problemi
della società – si legge nel documento – non può essere risolta in pochi mesi,
né solo mediante azioni governative. È, dunque, fondamentale che vi sia una
sinergia tra la classe politica, la Chiesa, le comunità locali e le diverse
organizzazioni di volontariato”. I presuli lituani mettono poi in guardia gli
elettori dalle campagne elettorali mendaci. A tal proposito, invitano i mezzi
d’informazione ad evidenziare le reali capacità e la vera personalità dei
diversi candidati. Occorre fare in modo – indicano i vescovi – che la
propaganda elettorale non speculi sulle questioni sociali, ovvero relative ad
anziani, indigenza, malati. La Lituania è un Paese troppo piccolo – si legge
ancora nel messaggio – perché una parte sia ricca e l’altra indigente. Quindi,
invitando gli elettori a considerare gli errori del passato, i presuli
sottolineano come siano ormai obsoleti i tempi dominati dall’idea del
livellamento sociale, imperniato sulla convinzione che sia giusto togliere ai
ricchi per dare ai poveri. “I politici responsabili – scrivono – sono coloro
che comprendono l’importanza dello sviluppo nella società e che si concentrano
su come incrementare i fondi a disposizione dello Stato, per poi usarli con
razionalità”. La Conferenza episcopale ha tenuto poi a ribadire che la Chiesa
non sostiene alcun partito, coalizione o candidato, “sebbene non li consideri
tutti uguali”. “Noi prendiamo le distanze da chi si dice particolarmente vicino
alla Chiesa”, affermano, sottolineando come l’adempimento ai doveri cristiani
da parte dei leader politici non passi attraverso le relazioni più o meno
amichevoli con il clero, bensì mediante uno stile di vita esemplare, imperniato
sul comune senso del bene che “ispiri posizioni prive di ambiguità nel momento
in cui sono in discussione i diritti e la dignità della persona e la morale
pubblica”. Nel documento i presuli invitano, infine, la popolazione ad
adempiere il proprio dovere civico di votare e di farlo secondo la propria
coscienza e le proprie convinzioni. (D.G.)
“SUSILO E’ UNA BUONA SCELTA PER LE MINORANZE”.
COSI’ IL VESCOVO INDONESIANO SUNARKO, COMMENTANDO, A SPOGLIO QUASI ULTIMATO,
LA VITTORIA ALLE PRESIDENZIALI DI SUSILO
YUDHOYONO.
I RISULTATI UFFICIALI DELLA TORNATA ELETTORALE
VERRANNO RESI NOTI IL PROSSIMO 5 OTTOBRE
JAKARTA. = “Con Susilo cinesi e
cristiani si sentono soddisfatti”. Lo ha sottolineato, ai microfoni
dell’agenzia Asianews, mons. Julianus Kemo Sunarko, vescovo di
Purwokerto, in Indonesia. Susilo Bambang Yudhoyono (SBY) con 105 milioni di
voti scrutinati su 150 milioni, guida lo spoglio con il 60,9 per cento, contro
il 39,1 per cento dell’attuale presidente, Megawati Sukarnoputri. Secondo mons.
Sunarko, i motivi della strepitosa vittoria di Susilo sono due: “La volontà di
SBY di rendere l’Indonesia un Paese più ricco e pacifico, e il suo modo di
parlare, che ha incontrato realmente le attese e i pensieri della gente
indonesiana”. Il presule, inoltre, ritiene che Susilo, considerato un politico
con una visione pluralistica della società, è “una garanzia di benessere per le
minoranze locali, in particolare per i cinesi e i cristiani”. I cinesi sono il
2 per cento della popolazione, pari a 5 milioni di persone, mentre i cristiani raggiungono
il 9,6 per cento, 20 milioni di persone. “Visto il suo passato di militare –
conclude il vescovo – la gente sa che il nazionalismo diventerà uno dei
principi guida di Susilo come presidente. Ma il settarismo gli è totalmente
estraneo. È per questo che cinesi e cristiani sono soddisfatti della sua
vittoria”. All’indomani della vittoria alle elezioni presidenziali, i cui
risultati ufficiali verranno resi noti il prossimo 5 ottobre, Susilo ha
invitato tutti i cittadini a “prendersi per mano”, per creare un’Indonesia “più
giusta, pacifica e florida”. L’insediamento del nuovo presidente è previsto per
il 20 ottobre. (B.C.)
L’ARCIVESCOVO
GENNARO VEROLINO RICEVERA’ IL PROSSIMO 1° OTTOBRE
IL PREMIO “PER ANGER”. IL
RICONOSCIMENTO E’ STATO ISTITUITO QUEST’ANNO
DAL GOVERNO SVEDESE, IN MEMORIA
DELL’IMPEGNO PROFUSO
DALL’AMBASCIATORE ANGER NEL SALVARE
GLI EBREI DI BUCAREST DALLA DEPORTAZIONE
ROMA. = Il prossimo
primo ottobre, a Roma, presso l’Istituto Svedese di Studi Classici,
l’arcivescovo Gennaro Verolino verrà insignito del premio “Per Anger”. Il
riconoscimento, alla sua prima edizione, è stato istituito dal governo svedese,
in memoria dell’ambasciatore Per Anger (1913-2002), segretario di legazione
presso la rappresentanza diplomatica svedese a Budapest durante l’occupazione
tedesca. Il premio, in particolar modo, vuole onorare l’opera dell’ambasciatore
Per Anger tesa a salvare gli ebrei di Budapest dalla deportazione, attraverso
il rilascio di passaporti di protezione svedesi. Nel 1944, l’arcivescovo Gennaro
Verolino, uno degli ultimi testimoni dell’attività umanitaria svolta in quel
tempo in Ungheria dalla diplomazia di Stoccolma, era segretario presso la
Nunziatura Apostolica della capitale magiara. L’arcivescovo riceverà il premio
“Per Anger” - si legge nella motivazione - per “l’impegno disinteressato,
l’ingegno e lo spirito eroico che gli consentirono di salvare tanti ebrei
durante l’occupazione tedesca d’Ungheria”. (B.C.)
“STEFANO IL GRANDE – UN PONTE TRA ORIENTE E
OCCIDENTE”: QUESTO IL TITOLO
DELLA
MOSTRA IN PROGRAMMA DAL 1 AL 31 OTTOBRE AI MUSEI VATICANI
SULLA
FIGURA DEL PRINCIPE STEFANO IL GRANDE, CHE GOVERNO’ LA MOLDAVIA,
REGIONE STORICA DELLA ROMANIA ORIENTALE
- A cura di Roberta Moretti -
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CITTA’ DEL VATICANO. = “Vero
atleta della fede cristiana”. Così fu chiamato da Papa Sisto IV Stefano III il
Grande, che dal 1457 al 1504 governò la Moldavia, regione storica della Romania
orientale. Così è ricordato oggi, nel V centenario della morte,
dall’ambasciatore di Romania presso la Santa Sede, Mihail Dobre, durante la
conferenza stampa di presentazione della mostra a lui dedicata dal titolo
“Stefano il Grande – Un ponte tra Oriente e Occidente”, in programma dal 1 al
31 ottobre nel Salone Sistino dei Musei Vaticani. La manifestazione, promossa
dal ministero della cultura e dei culti della Romania, in collaborazione con i
Musei Vaticani, è tesa a focalizzare la dimensione europea del principe,
proclamato santo nel 1992, e a promuovere una migliore conoscenza della cultura
romena. Il sovrano, noto per la tenace resistenza all’Impero ottomano, pensava
che fosse compito dei sovrani europei difendere l’identità e i valori cristiani
dell’Europa, minacciati dall’Islam. Il principe era consapevole dell’importanza
geopolitica strategica della Moldavia, che rappresentava, a suo avviso, la
“porta della cristianità”. Se questa porta fosse caduta in potere dei turchi la
cristianità sarebbe stata in gran pericolo. Come “ponte tra Oriente ed
Occidente” Stefano il Grande promosse il dialogo pacifico tra la Chiesa
cattolica ed ortodossa, mantenendo una fitta corrispondenza epistolare con Papa
Sisto IV. Il sovrano fu anche grande promotore delle arti e la mostra in
Vaticano vuole esserne una testimonianza, presentando alcuni esemplari
caratteristici dell’originale e multiforme arte moldava, che per la prima volta
vengono esposti fuori dal territorio nazionale romeno.
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28
settembre 2004
- A cura di Amedeo
Lomonaco -
Un altro
raid americano su Falluja, un ennesimo attacco della guerriglia contro soldati
della coalizione a Bassora ed una serie di esplosioni a Baghdad. E’ questa la
geografia dell’orrore che, nelle ultime ore, ha colpito l’Iraq. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
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Un
cittadino iracheno è morto ed un altro è rimasto ferito a causa della
deflagrazione di un ordigno in una zona commerciale di Baghdad. A renderlo noto
sono fonti mediche, precisando che il quartiere in cui è avvenuta l’esplosione
è a maggioranza sciita, ma è abitato anche da molti cristiani. La capitale
irachena è stata sconvolta anche da altre cinque esplosioni che fortunatamente
non hanno provocato vittime. Due poliziotti iracheni sono stati assassinati da
sconosciuti a Najaf. Due soldati dell’esercito britannico sono stati uccisi,
inoltre, nel corso di un agguato compiuto da ribelli a Bassora. E nella notte
almeno tre iracheni sono morti in seguito ad attacchi dell’aviazione
statunitense sulla città sunnita di Falluja. Durante un altro raid compiuto a
Kirkuk, le forze americane hanno arrestato Mohammad al-Jabburi, presunto leader
di ‘Ansar Al Sunna’, gruppo legato ad al Qaeda e ritenuto responsabile di
diversi attentati e sequestri.
Sul fronte ostaggi, la società di telecomunicazione ‘Orascom’
ha riferito, inoltre, che sarebbero stati rilasciati sei suoi dipendenti,
quattro egiziani e due iracheni sequestrati la settimana scorsa in Iraq. La
notizia non è stata ancora confermata dal ministero degli Affari esteri del
Cairo. Non c’è, invece, nessun dubbio sulla liberazione di Fereydun Jahani, un
diplomatico iraniano rapito lo scorso 4 agosto. Il ministero degli Esteri di
Teheran ha detto, in una nota, che il rilascio è avvenuto grazie agli sforzi
diplomatici e alla “stretta cooperazione” delle autorità irachene. Il ministro
degli Esteri di Parigi, Michel Barnier, ha commentato questa vicenda affermando
che costituisce un ulteriore incoraggiamento per arrivare alla liberazione dei
due giornalisti francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot. Le autorità inglesi stanno
verificando, infine, le affermazioni fatte ieri da Yasser al-Serri, leader di
un’organizzazione islamica a Londra, secondo il quale l’ostaggio Kenneth Bigley
sarebbe ancora vivo.
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Sono ore di speranza per la
sorte di Simona Torretta e Simona Pari, le due volontarie italiane rapite a
Baghdad tre settimane fa. Dopo tanti giorni di angosce e minacce, infatti,
arrivano le prime notizie di negoziati. E oggi a Roma, in visita ufficiale, il
re di Giordania, Abdallah II, si è detto fiducioso sul buon esito della
vicenda. Il re è arrivato poco fa a Palazzo Chigi per incontrare il primo
ministro italiano, Silvio Berlusconi. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Dopo tanto impenetrabile
silenzio sul sequestro di Simona Torretta e Simona Pari è ora il momento
dell’attesa fiduciosa, anche se su Internet arrivano ancora minacce di morte.
“Entro martedì saprò dirvi qualcosa”, ha affermato in un’intervista al Corriere
della Sera il re di Giordania, Abdallah II, che oggi è in visita ufficiale a
Roma. Si spera sia portatore di notizie rassicuranti. Le parole di Abdallah, i
cui servizi segreti hanno buoni contatti in Iraq fin dai tempi di Saddam
Hussein, hanno confermato l’ottimismo creato dal giornale del Kuwait, ‘Al Rai
Al Aam’, che sembra essere una fonte affidabile. Il quotidiano afferma che i
negoziati hanno raggiunto un buon livello di cooperazione che le famiglie
potrebbero avere notizie tra oggi e domani e che la liberazione potrebbe
avvenire venerdì dietro pagamento di un riscatto. Intanto, l’intelligence
americana avrebbe captato la voce di una delle due volontarie italiane, grazie
ad un satellite spia. E gli occhi sono puntati anche sul presidente dell’Unione
delle Comunità islamiche in Italia, che a Baghdad incontrerà rappresentanti del
Consiglio degli Ulema sunniti. L’obiettivo è riportare a casa Simona Pari e
Simona Torretta ed anche il corpo di Enzo Baldoni, il giornalista italiano
rapito e ucciso dall’Esercito islamico in Iraq.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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E a Roma è giunto anche
il presidente pakistano, Musharraf, alla sua prima visita in Italia. Il capo
del governo di Islamabad, questa mattina a colloquio con Ciampi, incontrerà
domani anche Berlusconi e giovedì verrà ricevuto in Vaticano dal Papa. La lotta
al terrorismo internazionale è al centro della sua agenda, ma non mancano i
temi economici: Musharraf incontrerà, infatti, anche Mincato, amministratore
delegato dell’Eni, che in Pakistan estrae 50 mila barili di petrolio al giorno.
Un’operazione speciale
condotta dalle forze filo-russe in Cecenia ha causato la morte di 23
guerriglieri separatisti e di due poliziotti. I combattimenti sono iniziati
quando sulle montagne orientali della Repubblica caucasica è stato individuato
un gruppo di circa 100 combattenti secessionisti.
Trasferiamoci in
Nigeria. La milizia ribelle anti-governativa, che combatte nella regione del
delta del fiume Niger, ha annunciato ieri sera l’intenzione di sferrare, a causa
del petrolio, una “guerra totale contro lo stato nigeriano”, a partire dal
prossimo 1 ottobre. I guerriglieri hanno anche esortato tutte le società
petrolifere operanti nella zona, a bloccare la produzione entro quella data. Il
prezzo del greggio, intanto, continua a salire. A New York ha superato il
prezzo di 50 dollari al barile. Il greggio ha proseguito la sua corsa al rialzo
anche sui mercati europei: il Brent ha toccato, questa mattina, la quota record
di 46 dollari e mezzo.
Si fa sempre più tragico il
passaggio dell’uragano Jeanne sull'isola di Haiti. Nella città settentrionale
di Gonaives, sulla costa, continuano ad emergere i cadaveri a 10 giorni dal
disastro: il sindaco sostiene che il bilancio potrebbe superare i 2 mila morti
ed i 3 mila feriti.
Il candidato socialista
Ferenc Gyurcsany è stato nominato, ieri a Budapest, primo ministro dal
presidente dell’Ungheria, Ferenc Madl. Quest’ultimo ha incaricato il 43.enne
neo premier di formare il nuovo governo.
I rappresentanti di
circa trenta Paesi e di organizzazioni internazionali si sono riuniti, ieri ad
Oslo, in Norvegia, per esaminare le necessità umanitarie ed economiche del
Sudan, Paese insanguinato da due guerre civili che hanno provocato oltre un
milione e mezzo di morti. Intanto, l’organizzazione non governativa “Medici
senza frontiere” ha avvertito che nel sud della regione sudanese del Darfur, il
tasso di malnutrizione e di mortalità ha superato la soglia di allerta.
La Thailandia ha
annunciato oggi un “probabile” caso di trasmissione umana della cosiddetta
‘influenza dei polli’. Il caso sospetto è quello di una donna morta dopo
essersi presa cura della figlia, deceduta dopo aver contratto il virus. Il
ministero della Sanità thailandese ha precisato che, per il momento, non vi è
alcuna prova di una mutazione del virus dei polli: recentemente
l’Organizzazione mondiale della Sanità aveva messo in guardia contro
l’eventualità di un’epidemia se il virus fosse riuscito a mutare.
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