RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
269 - Testo della trasmissione di sabato 25 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
La Formula 1 arriva in Cina:
ce ne parla Francesco Sisci
CHIESA E SOCIETA’:
Ucciso in Bangladesh un medico cristiano convertito dall’islam
Un sito web annuncia l’uccisione dell’ostaggio britannico Bigley. Londra ritiene poco attendibile il comunicato. Secondo un giornale del Kuwait le due volontarie italiane sono vive ed in buone condizioni di salute
Evacuate in Florida
almeno 800 mila persone per l’arrivo, previsto domani, dell’uragano Jeanne.
Ancora drammatica la situazione ad Haiti dove si registrano difficoltà nella
distribuzione degli aiuti.
25
settembre 2004
LO ZELO E LA TESTIMONIANZA DI COMUNIONE DEI PASTORI AFRICANI
NECESSARI ALLO SVILUPPO
NELLE POPOLAZIONI DEL CONTINENTE
DEL SENSO DI APPARTENENZA
ALL’UNICO DIO, AL DI LA’ DI OGNI PARTICOLARISMO:
COSI’ IL PAPA AI
RAPPRESENTANTI PONTIFICI CHE OPERANO IN AFRICA
- Servizio di Alessandro
De Carolis -
L’Africa dei drammi, della miseria, delle guerre dimenticate ha bisogno
di pastori zelanti e fedeli e di “testimoni di comunione” che rafforzino, al di
là delle divisioni, il senso di appartenenza dell’unico popolo di Dio. Sono
alcuni dei pensieri che Giovanni Paolo II ha rivolto questa mattina, a Castel
Gandolfo, ai rappresentanti pontifici che operano nel continente africano,
riuniti in questi giorni nella Casa Santa Marta, in Vaticano, per un incontro a
dieci anni dal Sinodo speciale dei vescovi per l’Africa. L’evento, presieduto
dal cardinale Angelo Sodano e svoltosi alla presenza dei responsabili della
Segreteria di Stato e dei dicasteri vaticani, ha visto la partecipazione di 25
nunzi apostolici, impegnati da giovedì scorso ad oggi, in un confronto sulla
situazione politica, economica e sociale del continente, oltre che di quella
religiosa ed ecclesiale. Sull’intervento di Giovanni Paolo II, il servizio di Alessandro
De Carolis:
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“Testimoni di comunione”: un impegno che richiede ai vescovi africani una
grande perseveranza. E nel parlare di testimoni, il Papa ha subito aperto
l’udienza nel ricordo dell’arcivescovo Michael Aidan Courtney, il nunzio
apostolico in Burundi ucciso nel dicembre del 2003. Svolse “con generosità e
fedeltà la propria missione” in quella martoriata nazione, ha detto il Papa,
aggiungendo: “Possa la sua eroica testimonianza infondere rinnovato vigore a
quanti operano per la pace in Burundi e nell’intero Continente africano!”
Vigore, unito a “dedizione e saggezza”, che non manca ai rappresentanti
della Chiesa che opera in Africa, ha riconosciuto con gratitudine Giovanni
Paolo II. “So che svolgete il vostro servizio con zelo e fedeltà, in mezzo a
situazioni difficili, condividendo le
sofferenze ed i drammi delle Chiese e delle popolazioni alle quali siete stati
inviati”, ha detto il Pontefice ai nunzi apostolici, riconfermando loro la
vicinanza sua e della Curia romana. La Chiesa africana, ha osservato, “deve
confrontarsi con vecchi e nuovi problemi, ma è anche aperta a grandi speranze”,
che i pastori sono chiamati ad accompagnare per lo sviluppo sociale ed
ecclesiale delle varie popolazioni. “Continuate con ogni impegno – ha concluso
il Papa - ad essere testimoni di comunione, favorendo il superamento delle
tensioni e delle incomprensioni, la vittoria sulla tentazione del
particolarismo, il rafforzamento del senso di appartenenza all’unico ed
indiviso Popolo di Dio”.
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RESA NOTA LA LETTERA DEL PAPA AL CARDINALE
PIOVANELLI,
SUO
INVIATO SPECIALE ALLA CELEBRAZIONE DEL 17° CENTENARIO DEL MARTIRIO
DI SAN
BENEDETTO, IL SOLDATO ROMANO CHE SUBI’ IL MARTIRIO
SOTTO
L’IMPERATORE DIOCLEZIANO PER NON AVER RINNEGATO LA FEDE CRISTIANA
E’
stata resa nota oggi la lettera del Papa al suo Inviato speciale, il cardinale
Silvano Piovanelli, per la celebrazione del 17.mo centenario del martirio di
San Benedetto, in programma a San Benedetto del Tronto il prossimo 3 ottobre.
Da non confondere col più
celebre San Benedetto da Norcia, questo santo, secondo la tradizione, era un
soldato dell’esercito imperiale romano: convertitosi al cristianesimo, subì il
martirio per non aver rinnegato la fede, come gli avevano intimato i superiori.
Questo atto di coraggio gli costò la decapitazione nel 304, quando era
imperatore Diocleziano. Nella lettera all’arcivescovo emerito di Firenze,
Giovanni Paolo II definisce San Benedetto martire un “nobile testimone di
Cristo” che figura, come dice l’Apocalisse, tra quelli “che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide, col
sangue dell’Agnello”. Fin dall’inizio del cristianesimo – scrive il Papa –
“innumerevoli sono stati coloro che, di qualsiasi condizione, sesso ed età, hanno
subito pazientemente” il martirio “in odio alla fede” cristiana. “Mai – ha
concluso Giovanni Paolo II – è mancata nella vigna del Signore la testimonianza
del martirio”.
MESSAGGIO DEL CARDINALE SODANO A NOME DEL PAPA
PER IL MILLESIMO ANNIVERSARIO DELLA DIOCESI
DI EGER IN UNGHERIA
Ricorre oggi il millesimo
anniversario della fondazione dell’arcidiocesi di Eger in Ungheria e il 200°
anno dalla sua erezione a Metropoli. Nel messaggio di auguri inviato a suo nome
dal cardinale segretario di Stato Angelo Sodano all’arcivescovo mons. István Seregély, Giovanni Paolo II ha
ricordato gli anni difficili che l’arcidiocesi di Eger ha attraversato sotto
l’occupazione turca e nel dopoguerra e ha reso grazie per la testimonianza
generosa di tanti sacerdoti, religiosi e laici che hanno annunciato il Vangelo
anche in tali circostanze. Il Papa ha
incoraggiato i fedeli dell’arcidiocesi a tendere ad un’autentica santità
secondo la vocazione di ciascuno. Il Santo Padre ha invitato specialmente i
giovani a rispondere con generosità alla chiamata di Dio al sacerdozio e alla vita consacrata per continuare così la missione perenne della
Chiesa di guidare le persone alla pienezza della vita e alla salvezza mediante
la fede in Gesù Cristo.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Stamane il Papa ha ricevuto a
Castel Gandolfo un altro gruppo di presuli della Conferenza Episcopale della
Colombia, in visita "ad Limina”.
E
sempre oggi il Santo Padre ha nominato giudici della Corte d'Appello dello
Stato della Città del Vaticano i monsignori Kenneth E. Boccafola e Josef Huber
ed il padre domenicano Giuseppe Urru.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Ancora l’Iraq in prima pagina:
continua il dramma dei sequestrati e si susseguono notizie di scontri e di
attentati nel Paese. L’Osservatore Romano
titola: “Una popolazione nella morsa di una guerra senza nome”.
Nelle pagine vaticane,
l’udienza del Papa ai nunzi apostolici partecipanti all’Incontro dei
Rappresentanti Pontifici in Africa; a Pinzolo il cardinale Crescenzio Sepe
ritira a nome del Papa il “Premio Internazionale della Solidarietà Alpina”; 26
settembre: Giornata Mondiale del sordo.
Nelle pagine estere, Haiti:
l’acqua che si ritira dalle zone alluvionate restituisce centinaia di corpi
senza vita; Sudan: il Governo annuncia uno sventato colpo di Stato; ONU: Kofi
Annan indica il calendario per le riforme.
Nella pagina culturale, l’elzeviro di Mario Gabriele Giordano e un
articolo di Giuseppe Degli Agosti sulla mostra milanese dedicata a “Giovanni
Verga fotografo”.
Nelle pagine italiane, la
delusione dopo la smentita dell’arresto di due presunti rapitori delle due
italiane sequestrate in Iraq. A seguire, i temi della Finanziaria e del
maltempo che ha provocato forti disagi in più parti del Paese.
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25
settembre 2004
LA QUESTIONE DEGLI ORGANISMI GENETICAMENTE
MODIFICATI
PER SCONFIGGERE
LA FAME NEL MONDO
AL CENTRO DI UN CONVEGNO A ROMA
- Intervista con padre Gonzalo Miranda -
L’uso degli organismi
geneticamente modificati per sconfiggere la fame nel mondo rimane ancora una
questione aperta. Occasione per fare il punto, il Convegno “Nutrire un mondo
affamato: l’imperativo morale della biotecnologia”, che si è svolto ieri a Roma
alla Pontificia Università Gregoriana e organizzato dall’Ambasciata degli Stati
Uniti presso la Santa Sede e la Pontificia Accademia delle scienze. La
Conferenza ha chiarito le potenzialità degli OGM, mostrando esperienze in vari
Paesi tra cui le Filippine e il Sud-Africa. Ce ne parla Benedetta Capelli:
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Critiche ed approvazioni. La
questione della biotecnologia come soluzione al problema della fame nel mondo
divide in favorevoli e contrari, ma la tendenza generale è quella di aspettare
risultati sempre più precisi. Stando alle cifre, il problema della fame impone
azioni immediate e concrete. Sono infatti 800 milioni le persone che vivono in
una condizione di indigenza e 30 mila, di cui la metà bambini, quelle che
muoiono ogni giorno di fame e di malnutrizione. Guardare alla biotecnologia può
essere una delle tante possibilità, come conferma padre Gonzalo Miranda, decano
alla Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum:
“E’ pericoloso
pensare che, percorrendo solo questa strada o qualunque altra, si possano
risolvere tutti i problemi o anche solo questo problema gravissimo della fame
nel mondo. Però quello che bisogna riconoscere è che la scienza sta dimostrando,
con tanti studi in tutti i Paesi, che l’utilizzo degli OGM può davvero essere
uno degli strumenti da utilizzare per tentare di vincere quel problema. C’è il
problema dell’educazione delle popolazioni, il problema dell’ingiustizia, dei monopoli,
insomma ci sono 100 mila problemi da guardare ed affrontare, ma uno dei
problemi è quello della mancanza di produttività in tante zone del mondo, perché
non ci sono le condizioni ambientali adatte per una buona produzione. Ecco, gli
OGM possono aiutare a risolvere questo problema”.
Investire, dunque, nel capitale
umano, nell’educazione delle popolazioni locali, senza dimenticare che il
ricorso alle biotecnologie impone limiti morali precisi. Lo stesso Giovanni
Paolo II aveva tempo fa espresso la sua condanna verso le manipolazioni indiscriminate
e lo sviluppo sconsiderato di queste tecniche incoraggiandone l’uso per lo
sviluppo dell’uomo e a vantaggio degli altri. Ancora padre Miranda:
“Biotecnologie
che devono essere correttamente applicate con tanti accorgimenti, con tutte le
regole del caso, però senza esagerare e senza pretendere per ideologia, per
altri motivi o per interessi di vario tipo, senza pretendere che tutto si
blocchi. Qui si tratta, appunto, di innovazioni che sono molto potenti. Dunque,
bisogna essere specialmente attenti e prudenti. Direi che la Chiesa guarda con
prudenza e con curiosità, ma con grande interesse”.
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- Intervista con Francesco Sisci -
In
attesa delle Olimpiadi di Pechino 2008, il grande sport approda in Cina. In
questo fine settimana la nuova pista di Shangai vede gareggiare per la prima
volta la Formula 1. Un modo per il grande Paese orientale, in forte crescita
economica, di presentarsi al mondo intero attraverso uno sport così particolare
come l’automobilismo. Su questi aspetti Giancarlo La Vella ha raccolto il
commento di Francesco Sisci, direttore dell’Istituto di Cultura italiana a
Pechino:
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R. – La
versione sportiva è l’ultima delle aperture che la Cina sta facendo in questi anni.
Non dimentichiamo che lo sport è una grandissima industria, quindi mette in
moto grandi capitali, e poi i cinesi normali hanno più soldi; naturalmente,
dove poterli spendere? Lo sport è un grande sfogo. Lo sport piace. Per tanto
tempo era stato negato ai cinesi, ed oggi, tardi, viene di nuovo concesso
questo piacere.
D. – La Cina è anche un Paese di
tradizioni. Come sta accogliendo questo sport dei grandi motori?
R. - Con grande interesse,
grande curiosità. Sono nuovi passatempi. E, tra questi, naturalmente, c’è un
grande fascino per il rombo dei motori, questa tecnologia fantastica e comunque
anche umana, perché si vedono queste macchine sfrecciare a velocità
supersoniche. Naturalmente questo che è il mercato dell’auto con il più alto
tasso di crescita nel mondo è forse destino naturale della Formula 1.
D. –
Anche perché per i nuovi ricchi cinesi la macchina potente assume un significato
particolare ...
R. -
Certamente è uno status simbol. Oggi, la maggior parte delle auto in Cina non sono
semplici mezzi di locomozione, ma sono modi di provare un nuovo benessere.
D. –
Sono queste tutte prove generali per le Olimpiadi che stanno comunque avvicinandosi
a grandi passi …
R. –
Assolutamente sì. Quello è una specie di grande prova, un momento in cui il
Paese si vorrà offrire al mondo, e la Cina non vuole fare brutte figure, anzi,
vuole impressionare, meravigliare, stupire, proprio per questo anche la Formula
1 aiuta il Paese a capire come si fa a gestire una complessa macchina
organizzativa come le Olimpiadi.
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PER LE GIORNATE EUROPEE DEL PATRIMONIO L’ACCESSO
AI MUSEI VATICANI
SARA’
GRATUITO DOMANI E LUNEDI’. IMPORTANTE NOVITA’:
L’APERTURA
DOPO 3 ANNI DEL MUSEO MISSIONARIO ETNOLOGICO
CON
OPERE RISALENTI A 6 MILA ANNI FA
-
Intervista con mons. Roberto Zagnoli -
Anche
la Santa Sede partecipa quest’anno alla celebrazione delle Giornate Europee del
Patrimonio che impegna i 25 Paesi dell’Unione ad aprire gratuitamente i propri
musei oggi e domani. La manifestazione è promossa congiuntamente dal Consiglio
d’Europa e dall’Unione Europea. L’accesso è gratuito anche in tutte le
catacombe di Roma normalmente aperte al pubblico. Per quanto riguarda i Musei
Vaticani l’ingresso sarà libero domani ma anche lunedì 27 settembre, in
coincidenza con la Giornata Mondiale del Turismo. Ci sarà un’importante novità:
l’apertura del Museo missionario-etnologico con l’esposizione eccezionale di
opere prodotte in Asia 6 mila anni fa. Il tema scelto per la giornata si
riferisce ai doni portati ai Papi dai missionari di tutto il mondo: “I
patrimoni venuti da lontano, i patrimoni venuti dall’altro”. Come esperienza di
dialogo tra le culture e le religioni di tutto il pianeta. Ce ne
parla mons. Roberto
Zagnoli, direttore del Museo missionario-etnologico, intervistato da Sergio
Centofanti:
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R. - I Musei Vaticani, per queste giornate, offrono l’apertura diciamo
‘straordinaria’ della prima sezione del Museo missionario etnologico, quella
asiatica. Sono tre anni che il Museo missionario etnologico è chiuso,
semplicemente per lavori assolutamente inderogabili, riguardanti la conservazione
delle opere. Di conseguenza noi, con uno sforzo non indifferente, abbiamo
voluto aprire almeno la prima sezione di questo Museo per farne vedere la
ricchezza e anche perché sia un po’ anticipo delle successive sezioni che
verranno aperte: pensiamo che nel giro di due-tre anni il Museo sarà aperto
tutto!
D. - E che cosa si potrà vedere,
in particolare?
R. - In particolare, si può
vedere la collezione Cina. Si vedranno più che altro opere legate ai culti,
alla sapienza e alla tradizione culturale e religiosa del popolo cinese.
Quindi, ad esempio, nella sezione cinese avremo alcune opere molto, molto
significative, come alcuni altari legati al culto del confucianesimo e al culto
buddista, che possono essere elementi che stimolano al dialogo perché appartengono, in un certo senso, alla
spiritualità dei popoli del mondo: i missionari cristiani sono riusciti a
valorizzare questi elementi e li hanno regalati al Papa nel 1925, in occasione
della prima Esposizione Mondiale Missionaria.
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I
MILLE ANNI DELL’ABBAZIA DI SAN NILO A GROTTAFERRATA,
PUNTO
D’INCONTRO, IN ITALIA, DEL MONACHESIMO BIZANTINO CON QUELLO LATINO
-
Intervista con Enrico Morini -
Sorgeva
mille anni fa alle porte di Roma, l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, dove
ancora oggi una comunità monastica cattolica di rito bizantino testimonia
l’unità della Chiesa nelle sue molteplici tradizioni culturali e spirituali.
Tra le celebrazioni per il millenario della morte del suo fondatore, il monaco
calabrese Nilo di Rossano, che dedicò la vita proprio alla promozione di questo
dialogo tra Chiesa orientale e occidentale, spicca il Convegno sul tema “Il
monachesimo d’Oriente e d’Occidente nel passaggio dal I al II millennio
cristiano: persone, istituzioni, rapporti spirituali”, che si concluderà
domani. Roberta Moretti ha intervistato il professor Enrico Morini, docente di
Storia e Istituzioni della Chiesa ortodossa all’Università di Bologna:
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R. - Il monachesimo orientale,
in Italia, che è un monachesimo greco, è il prodotto dell’ellenizzazione che
nel sud del Paese si verifica a partire dall’ottavo secolo in poi. E le regioni
italiane sono proprio l’estrema propaggine occidentale di questa grande unità
religioso-spirituale come normalmente viene definita l’ecumene-bizantina. In
quest’area, però, c’è una particolarità, ovvero l’incontro del monachesimo
orientale con le esperienze religiose del cristianesimo latino, anche nella sua
esplicitazione monacale. Questo perché il monachesimo bizantino incontra quello
latino-occidentale non in loco, ma nella sua salita verso nord, giacché molti
suoi esponenti risalgono dalla Calabria settentrionale fino a Roma. Credo però
si tratti più di interazioni tra i due monachesimi nel senso agiografico che
non di scambio di esperienze, e questo non dipende certo dallo scisma dell’XI
secolo, perché questo, all’inizio, non
venne percepito dal corpo dei fedeli né dell’Oriente né tanto meno
dell’Occidente, che continuavano a sentirsi due forme di cristianesimo diverso
ma in comunione tra loro. In altre parole, la polemica teologica tra il monachesimo
del Sud ed il monachesimo latino arriverà più tardi. Solo nel XIII secolo
abbiamo degli esponenti del monachesimo greco, che polemizzano apertamente
contro i latini.
D. – Quale evoluzione ha avuto
nei secoli questa relazione tra monachesimo d’Oriente e d’Occidente e,
soprattutto, qual è la situazione attuale?
R. – Questa evoluzione è stata
fortemente condizionata da una lenta estinzione del monachesimo di lingua
greca, nel nostro Paese. Naturalmente, una situazione di questo tipo non
consentiva un fruttuoso interscambio di esperienze tra i due monachesimi. Il
monachesimo latino progressivamente si sostituì al monachesimo greco, entrando
nelle stesse fondazioni. Ecco, Grottaferrata è l’unico caso: è l’isola greca
alle porte di Roma, erede di questo monastero greco ellenofono del sud del
nostro Paese - perché fondato da San Nilo e dai suoi compagni in questa loro
salita da sud a nord - e, nello stesso tempo, anche del grande monachesimo
greco cittadino di Roma, fiorente dal VII secolo, anch’esso spentosi molto rapidamente.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani,
26 settembre e 26.ma Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta la parabola dell’uomo ricco, che vestiva di
porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente e del mendicante, di
nome Lazzaro, che giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, desideroso di sfamarsi
di quello che cadeva dalla mensa del ricco. “Un giorno il povero morì – dice
Gesù - e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu
sepolto”, finendo “nell’inferno tra i tormenti”.
Su questa parabola
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Nell’Antico Testamento abbiamo i
cosiddetti ‘poveri di Jahvé’, persone che non hanno avuto nessuna cosa solida
sulla quale appoggiarsi ma hanno deposto tutta la loro fiducia nel Signore,
nella promessa di Dio. Ma affidare la vita a Colui che è e che è fedele,
significa la vita eterna. Perciò il povero Lazzaro muore ed è portato dagli
angeli nel seno di Abramo, perché Abramo è suo padre nella fede. Chi invece
confida in se stesso, nella sua gestione della vita, e negli averi che riesce
ad accumulare, si disperde: perciò il ricco muore ed è sepolto. Ha confidato
nella terra e da essa è stato ricoperto. Rimangono dunque anche alla fine le
due vie che attraversano tutto l’Antico Testamento: la via del giusto e la via
dell’empio. Il ricco vorrebbe avvertire i fratelli di cambiare; gli sembrano
insufficienti Mosé e i profeti; vorrebbe che qualcuno tornasse dai morti ... Ma
Cristo è risorto dai morti e sembra che neanche questo basti per ascoltarlo ...
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25
settembre 2004
CRISTIANI E MUSULMANI INSIEME PER LE STRADE DEL
PAKISTAN,
CONTRO IL TERRORISMO,
LA
VIOLENZA E LA GUERRA. LA MARCIA E’ STATA ORGANIZZATA IN OCCASIONE
DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
LAHORE. = Nonostante le minacce di gruppi fondamentalisti
islamici, le difficoltà nel Kashmir, regione contesa con l’India, e la presenza
di militanti radicali nella regione del Waziristan, al confine con l’Afghanistan,
in Pakistan non perdono energia e speranza i cristiani e i musulmani impegnati
per promuovere dialogo, tolleranza e pace. In occasione della Giornata Mondiale
della Pace, riferisce l’agenzia Fides, la Commissione “Giustizia e Pace” della
regione di Lahore ha organizzato una manifestazione pubblica a cui hanno
partecipato sacerdoti, religiosi, suore, fedeli cattolici e numerosi musulmani,
specialmente studenti della scuole di Lahore. Diversi gli slogan che hanno
colorato la marcia, che ha attraversato le vie della città. Tra questi: “La
pace non si ottiene attraverso la guerra e la violenza”; “No agli armamenti
nucleari, sì alla pace”. Durante la manifestazione sono intervenuti e hanno
parlato alla folla leader musulmani, cristiani e indù, che hanno condannato
all’unanimità tutte le forme di violenza che infestano il globo terrestre. “La
nostra fede ci insegna pace, tolleranza e amore per l’umanità – ha detto suor
Genevieve, superiora delle Suore della Carità di Lahore – siamo seguaci della
pace”. “Invece di diffondere armi – ha concluso – forniamo al popolo,
specialmente ai bambini, il necessario per l’alimentazione, l’istruzione,
l’assistenza sanitaria”. (B.C.)
UCCISO IN BANGLADESH UN MEDICO CRISTIANO
CONVERTITO DALL’ISLAM.
L’OMICIDIO COMPIUTO DA MILITANTI MUSULMANI
DHAKA. = Militanti musulmani hanno barbaramente
ucciso lo scorso 18 settembre, in Bangladesh, Gani Mondol, un medico convertito
al cristianesimo. La modalità dell’uccisione, riferisce l’agenzia Asianews, fa
pensare all’operato di gruppi islamici per la “guerra santa”. Quando 15 anni fa
Mondol si era convertito, islamici del luogo avevano inscenato proteste contro
di lui. Mondol era diventato cristiano nella chiesa battista, ma negli ultimi
anni si era avvicinato al cattolicesimo, rendendosi disponibile in diverse
opere di assistenza cattoliche a servizio della gente. Secondo una suora
presente al funerale, a Pasqua e a Natale Mondol si incaricava della preghiera
per i cattolici del suo villaggio, quando non era presente un sacerdote. Un
prete cattolico ha confermato che Mondol era molto attivo nell’aiutare la gente
e cercava di prestare cure mediche gratuite ai pazienti più poveri. Negli
ultimi mesi si era coinvolto nel soccorrere la gente colpita dall’alluvione.
Vari testimoni hanno affermato che il medico aveva ipotecato terre di sua
proprietà per usarle a favore degli sfollati, per un totale di 40 mila taka,
pari a 690 dollari. (B.C.)
IN
TURCHIA ESISTONO ANCORA DELLE CARENZE IN TEMA DI LIBERTA’ RELIGIOSA
E NEL
CAMPO DEI DIRITTI UMANI. E’ LA POSIZIONE DEI VESCOVI TEDESCHI,
SU UN
EVENTUALE INGRESSO DI ANKARA NELL’UNIONE EUROPEA
BERLINO. = Cresce il dibattito
internazionale intorno al possibile ingresso della Turchia nell’Unione Europea.
Secondo i vescovi tedeschi, Ankara presenta ancora carenze nel campo dei
diritti umani e della libertà religiosa. Parlando a Fulda, al termine
dell’assemblea generale d’autunno della conferenza episcopale tedesca, il
presidente, cardinale Karl Lehmann, ha fatto notare in particolare come anche
ai cristiani in Turchia vadano riconosciuti i diritti dei quali godono i
musulmani turchi in Germania. Il porporato, d’altra parte, si è detto contrario
ad un eventuale referendum sull’ingresso della Turchia nell’UE. (B.C.)
“IL LIBANO DEVE
POTER GESTIRE SE STESSO E TORNARE AD ESSERE SOVRANO”.
COSI’ IL CARDINALE SFEIR, COMMENTANDO
LA DECISIONE SIRIANA
DI RIDISPIEGARE LE SUE TRUPPE NEL
PAESE DEI CEDRI
BEIRUT.
= “E’ venuto il tempo che il Libano possa agire come uno Stato sovrano, che gestisce
i suoi affari”. Di fronte alla decisione siriana di ridispiegare le sue truppe
presenti in Libano, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca di
Antiochia dei Maroniti, è tornato a chiedere una reale indipendenza del suo
Paese, da quasi 15 anni di fatto sottoposto ad un protettorato della Siria.
Parlando dai microfoni di Radio France International, il Patriarca ha auspicato
che Beirut e Damasco stabiliscano “normali rapporti diplomatici”, tuttora
inesistenti in quanto la Siria si rifiuta di stabilirli, con il pretesto che i
due Paesi sono “nazioni sorelle”. Il cardinale Sfeir chiede la costituzione di un “governo di unità nazionale”,
per uscire dalla crisi che attanaglia il Paese dei cedri. “Il Libano – ha detto
il porporato – deve poter gestire se stesso e tornare ad essere sovrano”. “Ciò
che manca – ha concluso – è che i due Paesi si comportino come Stati sovrani ed
uguali, scambiando missioni diplomatiche, come si usa tra Paesi indipendenti e
come è nel caso del Libano con tutti i Paesi arabi”. Il
cardinale Sfeir ha più volte criticato l’occupazione siriana del Paese. (L.Z.)
APPELLO DELLE CHIESE CRISTIANE AL SENATO POLACCO CONTRO IL DISEGNO DI LEGGE
SULL’ABOLIZIONE DEL FONDO ECCLESIASTICO. L’INIZIATIVA PORTA LA FIRMA
DI ALCUNI SENATORI
POST-COMUNISTI
VARSAVIA. = Il progetto di legge
sull’abolizione del Fondo ecclesiastico in Polonia, proposto da alcuni senatori
post-comunisti, va ritirato. E’ quanto sostengono i rappresentanti di nove
Chiese – quelle cattolica, ortodossa e vetero-cattolica nazionale, nonché sei
comunità protestanti – in un appello rivolto al Senato polacco. La Conferenza
episcopale polacca è rappresentata, nel documento, dal segretario generale,
mons. Piotr Libera. “Il progetto – si legge nell’appello – mette in pericolo la
realizzazione di molti compiti importanti, svolti dalle Chiese nella società
polacca. Impone all’opinione pubblica un’interpretazione ideologica del Fondo
ecclesiastico, senza rispettare il fatto che esso è stato creato quale risarcimento
per i beni sequestrati alle Chiese dallo Stato”, nel periodo comunista. I
rappresentanti delle confessioni cristiane in Polonia, inoltre, ricordano che i
mezzi provenienti dal Fondo servono per l’attività caritativa ed educativa,
spesso in aiuto allo Stato, come la cura di disabili e malati. Permettono anche
la partecipazione delle organizzazioni religiose alla salvaguardia dei
monumenti d’arte sacra, appartenenti al patrimonio nazionale. (B.C.)
PAPA
MONTINI INDICO’ LA LIBERTA’ RELIGIOSA QUALE FONDAMENTO DELLA DIGNITA’
DELLA
PERSONA UMANA. LO HA RICORDATO IERI IL CARDINALE POUPARD,
APRENDO
A BRESCIA IL COLLOQUIO INTERNAZIONALE SUI 40 ANNI
DELLA
DICHIARAZIONE CONCILIARE “DIGNITATIS HUMANAE”
BRESCIA. = Il 7 dicembre 1965 il
Concilio Vaticano II approvava a larga maggioranza la dichiarazione “Dignitatis
Humanae”, un documento di poche pagine, forse meno noto di altre costituzioni
conciliari, ma che nei decenni successivi sarebbe risultato ugualmente
rivoluzionario e avrebbe ispirato anche l’azione di Giovanni Paolo II. Ne
discutono a Brescia storici, teologi e giuristi convenuti da ogni parte del
mondo per il colloquio organizzato dall’Istituto Paolo VI. Fu proprio Papa
Montini, ha ricordato il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio
della Cultura, che presiede l’incontro, a volere fortemente questa
dichiarazione sulla libertà religiosa. Molti padri conciliari, ha spiegato il
porporato, erano come prigionieri delle condanne espresse dalla Chiesa nel XIX
secolo contro il laicismo e l’indifferentismo religioso. Papa Montini seppe,
invece, mostrare come il riconoscimento del primato della coscienza individuale
aperta alla verità è alla base della dignità della persona umana. E proprio
dalla dichiarazione conciliare “Dignitatis Humanae” trasse nuovo vigore
l’azione diplomatica della Santa Sede a difesa della libertà religiosa, che
portò alla dichiarazione sui diritti umani di Helsinky del 1975, sottoscritta
anche dall’Unione Sovietica, e che fu segnata dall’eroica testimonianza di
tanti pastori e fedeli al di là della “cortina di ferro”. Tra questi c’è stato
il cardinale Kazimierz Swiatek, arcivescovo di Minsk, in Bielorussia, al quale
l’Istituto Paolo VI ha deciso di assegnare uno speciale riconoscimento. Nato in
Estonia 90 anni fa, il porporato è stato vittima sia delle persecuzioni naziste
sia del terrore staliniano, che lo costrinse a nove anni di lavori forzati. Per
questa eroica fedeltà alla Chiesa al cardinale e stato assegnato il premio
“testimone della fede” che gli verrà consegnato da Giovanni Paolo II, lunedì
prossimo a Castel Gandolfo. (I.I.)
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25
settembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, il gruppo del terrorista giordano, Al Zarqawi, ha
annunciato in un sito web l’esecuzione dell’ostaggio britannico, Kenneth
Bigley, ed il rapimento di sette soldati inglesi, subito smentito da Londra. Il
messaggio, la cui autenticità è ancora da verificare, avverte anche della
prossima pubblicazione di un video che documenterebbe l’esecuzione. Nuovi sviluppi si devono registrare, inoltre, sul sequestro di
Simona Pari e di Simona Torretta. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:
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Le due volontarie
italiane rapite in Iraq sarebbero vive e in buone condizioni di salute. E’
quanto ha annunciato oggi il giornale del Kuwait ‘Al-Rai Al-Amm’ che cita fonti
“fidate e ben informate”. Le stesse fonti hanno anche precisato che è difficile
stabilire quale sarà il destino delle due ragazze e hanno aggiunto che, in caso
di mancata risposta alle richieste dei rapitori da parte del premier italiano
Silvio Berlusconi, la punizione potrebbe essere “disastrosa”. Il comando della
forza multinazionale in Iraq ha smentito, inoltre, la notizia data ieri sera
dall’emittente televisiva Al Arabiya secondo la quale i due uomini arrestati
nei pressi di Ramadi, un capo tribù e suo figlio, siano coinvolti nel sequestro
di Simona Pari e di Simona Torretta. Sul terreno, uomini armati hanno ucciso
stamani almeno sette iracheni che a bordo di un minibus si stavano recando a
Baghdad per arruolarsi nella Guardia nazionale. E nella capitale un gruppo di
ribelli ha assassinato un funzionario della
sicurezza del ministero dell'Istruzione. Il ministero del Petrolio
è stato colpito, inoltre, da colpi di mortaio che fortunatamente non hanno
provocato vittime. E nella turbolenta provincia di Al Anbar sono stati uccisi
ieri, secondo quanto riferito stamani dall’esercito americano, tre soldati
statunitensi in seguito a due diversi attacchi compiuti da combattenti. Ieri è
stato anche rilasciato uno dei dieci impiegati della società di telecomunicazione
‘Iraqna’ rapiti nei giorni scorsi nel Paese arabo. Attualmente gli ostaggi
ancora in mano alla guerriglia sono più di 50 e quelli uccisi 29. Difficile da
appurare, invece, il numero delle persone sequestrate e successivamente
liberate.
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Gli
Stati Uniti potrebbero cominciare a ritirare le loro truppe dall’Iraq prima che
il Paese sia stabilizzato. Lo ha detto il segretario americano alla Difesa,
Donald Rumsfeld, al termine dell’incontro di ieri con il premier iracheno, Iyad
Allawi. Rumsfeld ha aggiunto che “l'Iraq non è mai stato perfettamente calmo e
non lo sarà probabilmente mai”. Un altro segnale, questo, del
caos che ancora regna nello Stato del Golfo. Ma oggi chi controlla realmente il
Paese? Risponde l’inviato in Iraq del “Sole 24 ore”, Alberto Negri,
intervistato da Roberto Piermarini:
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R. – Questa è la domanda che ci
si faceva anche un anno e mezzo fa, quando gli americani sono entrati a
Baghdad. Il giorno dopo, la situazione della sicurezza in città era
completamente sfuggita al controllo delle truppe americane. Questa situazione
di insicurezza è continuata e si è approfondita, tant’è vero che oggi abbiamo
ampie zone del Paese che sfuggono completamente al controllo americano. Si
parla di città importanti: Falluja è una per tutte. Ma anche a Sud le città,
dove sembrano più calme, sono oggi in mano al controllo dei guerriglieri e dei
gruppi sciiti. C’è stato un commentatore americano che secondo me ha detto una
frase molto vera: ‘Oggi, gli americani controllano il territorio su cui mettono
i piedi in quel momento. Dopo, non si sa’.
D. – Quindi, c’è una nuova
geografia dell’Iraq?
R. – Non c’è dubbio! C’è una
mappa di un Iraq che si presenta sempre più in qualche modo ‘balcanizzato’,
sempre più simile a quella “Jugoslavia araba” di cui parlavamo prima di questo
conflitto: un Paese con due etnie, curdi e arabi, e con due principali
confessioni musulmane, quelle di sciiti e sunniti. Abbiamo un sud a macchia di
leopardo. A Najaf sicuramente è così e abbiamo una situazione simile anche nelle città sante sciite. E nel Nord sunnita
e intorno a Baghdad la situazione è fuori controllo. Sono i gruppi nazionalisti
della guerriglia, sono i gruppi della Jihad islamica, quelli che stanno conducendo
questa campagna del terrore che sembra quasi speculare al tentativo di condurre
forse a gennaio delle elezioni in questo Paese ...
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In un clima di massima allerta nel
timore di nuovi attentati, Israele si è fermato ieri sera per 24 ore per
celebrare lo Yom Kippur, giorno di preghiera, di invocazione del perdono e di
espiazione. Ma i Territori continuano ad essere sconvolti dal dramma della
violenza: un palestinese è morto ed altri cinque sono rimasti feriti in seguito
ad un raid aereo israeliano su Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza.
In Afghanistan, militanti taleban hanno
lanciato una serie di attacchi contro postazioni delle forze armate di Kabul
uccidendo almeno nove soldati. Lo ha detto un portavoce del governatore della
provincia di Helmand precisando che gli agguati sono avvenuti nel sud del
Paese. In Afghanistan si svolgeranno, tra due settimane, le elezioni presidenziali.
Un gruppo di
uomini armati ha aperto il fuoco oggi a Quetta, la capitale della provincia
pachistana del Baluchistan, contro un mezzo della polizia, uccidendo tre
poliziotti e ferendone altri tre. Lo ha detto il capo della polizia di Quetta.
Nuove
violenze in Cecenia. Un gruppo di ribelli indipendentisti ha attaccato stanotte
il villaggio di Alleroï, nell’est della Repubblica caucasica, dando fuoco ad abitazioni
di agenti della polizia filo russa. Il commando, secondo fonti del Cremlino,
sarebbe stato guidato dal capo delle guardie del corpo del presidente
separatista Maskhadov.
In Florida più di 800 mila
persone sono state sollecitate a lasciare le loro case a causa dell’arrivo,
previsto per domani, dell’uragano Jeanne. E ad una settimana dal passaggio di
Jeanne su Haiti, resta ancora critica la situazione del Paese caraibico. Mentre
l’acqua lentamente si ritira, affiorano i cadaveri degli abitanti travolti
dalla furia delle inondazioni. Il bilancio provvisorio delle alluvioni parla di
1.160 morti, 1250 dispersi e circa 250 mila senzatetto. Ma ora è il momento
della disperazione per i sopravvissuti, che prendono d’assalto i centri di
distribuzione di acqua e cibo. Il servizio di Maurizio Salvi:
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La tensione non diminuisce nelle zone disastrate della
provincia di Artibonite, dove le forze di pace hanno fatto uso, ancora una
volta, di gas lacrimogeni per disperdere una folla di persone che hanno cercato
di abbattere una barriera attorno ad una chiesa cattolica. I disordini sono
scoppiati mentre era in corso la distribuzione di generi di prima necessità. La
consegna era che, a ricevere cibo, acqua e medicine, venissero solo le donne
della zona. L’arrivo di numerosi uomini e bambini ha generato una sommossa che
ha richiesto l’intervento dei militari. E’ stato distribuito tutto quello che
si è potuto, ma poi è terminata l’acqua, il genere di cui più la gente ha
bisogno dato il caldo soffocante. Quest’episodio è stato preceduto di poco da
un’altra scena di violenza verificatasi quando un camion con rimorchio, che
trasportava alimenti donati da una confessione religiosa, è stato assaltato
dagli abitanti alle porte stesse di Gonaives. Intanto l’UNICEF ha lanciato un
allarme bambini ed il suo portavoce ha detto che metà delle 250 mila persone rimaste
senza tetto sono minori che spesso non hanno più i genitori.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Il governo del Sudan ha sventato, ieri, un tentativo di
colpo di Stato ordito da elementi islamici. La polizia sudanese ha arrestato
alcuni dirigenti del partito di opposizione “Congresso popolare”, presieduto
dall’ex presidente del Parlamento, l’ideologo integralista, Hassan Al Turabi,
attualmente in carcere.
Cile. E’ fissato per oggi
pomeriggio l’interrogatorio dell’ex dittatore Augusto Pinochet. Il giudice
Guzman si recherà infatti nella casa dell’anziano capo di Stato per ascoltarlo
nell’ambito dell'inchiesta sulla morte di 19 oppositori cileni, catturati nelle
operazioni del cosiddetto ‘Piano Condor’, messo in atto negli Anni ‘70 dai
servizi segreti dei regimi sudamericani.
Al via domani a Brighton, nel sud della Gran Bretagna, il
congresso nazionale dei laburisti. Il partito del premier Tony Blair dovrà
fissare il programma per le elezioni politiche del 2005. Secondo un sondaggio,
il 60 per cento degli elettori britannici è convinto che i laburisti non
abbiano rispettato le promesse di accrescere il benessere dei cittadini
nonostante l’aumento delle tasse.
Oltre 4,5 di milioni di elettori svizzeri sono chiamati,
domani, a pronunciarsi sulle nuove regole per l’attribuzione del passaporto elvetico ai figli degli stranieri
nati e cresciuti nella Confederazione. Tutti i grandi partiti sono in favore
del progetto, fatta eccezione per l’Unione democratica di centro.
Al voto domani anche la Francia per il rinnovo parziale
del Senato, attualmente controllato dal partito UMP del presidente Jacques
Chiraq. Sono in palio 128 seggi su un totale di 321.
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