RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 267 - Testo della trasmissione di giovedì 23 settembre 2004

 

Sommario

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Non lasciatevi scoraggiare dai problemi del nostro tempo ma abbiate fiducia in Gesù continuando a porre Dio al centro della vita. Così il Papa ai benedettini ricevuti oggi a Castel Gandolfo: ai nostri microfoni, p. Wolf Nokter

 

I vescovi colombiani dal Papa in visita ad Limina. Ai nostri microfoni il vescovo Castro Quiroga parla della mediazione della Chiesa tra governo e guerriglia per riportare la pace nel Paese

 

Riuniti in Vaticano i nunzi dell’Africa per chiedere al mondo di non dimenticare il Continente.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

E’ salito ad oltre 1000 morti il drammatico bilancio delle alluvioni causate ad Haiti dall’uragano Jeanne: resoconto di Joanny De Matteis, vice console onorario nella capitale Port-au-Prince

 

L’UE ritira le misure di embargo imposte alla Libia: il commento di Vittorio Segre

 

CHIESA E SOCIETA’:

Al via oggi a Lille le Settimane Sociali di Francia nel centenario della loro fondazione

 

“Alle urne i cattolici sono chiamati a scegliere candidati capaci di promuovere i principi cristiani”: così i vescovi della Slovenia, in vista delle elezioni parlamentari

 

Migliaia i partecipanti alla Santa Messa tenutasi questa mattina a San Giovanni Rotondo e ieri alla veglia di pace nella memoria di San Pio da Pietrelcina

 

Un’organizzazione cristiana denuncia una conversione di massa dal cristianesimo all’induismo in Orissa, Stato dell’India orientale, ad opera di un gruppo fondamentalista indù

 

Nominato il nuovo presidente dell’Unione dei cattolici di tutta l’India

 

La statua di santa Teresa de Jesus delle Ande, dono del Cile a Giovanni Paolo II, ornerà a breve l’esterno della Basilica Vaticana

 

Secondo un sondaggio condotto dalla Fondazione Roma Europea, resta forte il legame tra l’Urbe e la religione.

 

24 ORE NEL MONDO:

In due messaggi pubblicati su internet il drammatico annuncio dell’uccisione di Simona Pari e Simona Torretta. Il governo italiano invita alla massima cautela. Forti dubbi sull’attendibilità dei comunicati

 

In nuovi scontri avvenuti nella Striscia di Gaza sono rimasti uccisi tre palestinesi e tre israeliani

 

Il primo ministro turco  Erdogan, oggi a Bruxelles per incontri con i vertici dell’Unione Europea, ha assicurato che la Turchia adotterà “il più presto possibile” un nuovo codice penale

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 settembre 2004

 

NON LASCIATEVI SCORAGGIARE DAI PROBLEMI DEL NOSTRO TEMPO MA ABBIATE FIDUCIA IN GESU’ CONTINUANDO A PORRE DIO AL CENTRO DELLA VITA.

COSI’ IL PAPA AI  BENEDETTINI RICEVUTI OGGI A CASTEL GANDOLFO

 

Non lasciatevi scoraggiare dai problemi del nostro tempo, ma abbiate fiducia in Gesù continuando a mostrare al mondo che è necessario porre Dio al centro della vita. Questo l’invito del Papa agli Abati benedettini e alle superiore benedettine, ricevuti stamane a Castel Gandolfo, e che in questi giorni sono riuniti per i loro rispettivi  Congressi internazionali. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Non lasciatevi scoraggiare dai problemi del nostro tempo”.

 

I benedettini hanno espresso al Papa le loro preoccupazioni e inquietudini per l’attuale situazione nel mondo, ma il Papa li invita a non perdersi d’animo. “Dio - ha detto - continua la sua opera in voi e con voi secondo il suo stile, come preannunciò Gesù ai discepoli: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo”.

 

“Restate fedeli alla vostra storia – ha proseguito il Pontefice - Il nostro mondo secolarizzato vi è debitore per la testimonianza delle vostre comunità, che mettono Dio al centro”. Sono numerosi i vescovi infatti che chiedono di avere nelle loro diocesi questi spazi vitali d'incontro con il Signore. “Mediante la liturgia, lo studio e il lavoro – ha aggiunto -  siate esempio di vita cristiana pienamente orientata a Dio, rispettosa dell'uomo e della creazione”. Giovanni Paolo II ha espresso il proprio apprezzamento per i  contatti che i benedettini hanno “con monaci e monache di altre religioni: si tratta di rapporti significativi – ha sottolineato - che possono rivelarsi fecondi”. In particolare il Papa ha esortato i religiosi “ad approfondire le relazioni ecumeniche con i fratelli e le sorelle dell'Europa orientale. Il monachesimo - infatti - costituisce una piattaforma naturale per la comprensione vicendevole” cosa  “estremamente importante in questo momento storico – ha detto il Papa -   per conservare all’Europa le sue radici cristiane”.

 

Rallegrandosi per il fatto che la Famiglia benedettina, stia riscoprendo sempre più il suo patrimonio comune il Papa ha invitato i religiosi a proseguire il loro cammino sulle orme di san Benedetto e di santa Scolastica, come è scritto nella Regola: “Nulla assolutamente anteponete a Cristo” . “Fedeli a questa regola di vita - ha concluso - conoscerete un futuro ricco dei doni di Dio”.

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Oggi nel mondo i benedettini sono oltre 8 mila mentre le religiose benedettine sono circa 16.500. Ma qual è la loro missione nella società attuale? Giovanni Peduto lo ha chiesto all’Abate Primate della Confederazione Benedettina, padre Wolf  Nokter:

 

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R. – La prima cosa è l’adorazione di Dio. Da noi Dio sta al centro e nella società vogliamo ricordare chi è il centro della nostra vita, la radice e anche il fine della nostra vita.

 

D. – Come spiegare oggi il celebre motto benedettino ‘Ora et labora’?

 

R. – Credo che non valgano tanto le parole quanto i fatti. E’ l’esempio concreto ... C’è tanta gente, anche giovane, che va nei monasteri a cercare il senso della vita …

 

D. – Quale messaggio viene dai monasteri benedettini?

 

R. – ‘Siamo in cerca di Dio’, come dice San Benedetto. Io direi che cerchiamo di  vivere la Redenzione, cioè mostrare che siamo uomini liberati, benché siamo tuttora anche uomini deboli e peccatori.

 

D. – Personalmente, cosa l’ha colpita di più nella Regola di San Benedetto?

 

R. – Quella discrezione, come San Benedetto dice: “La discrezione è la madre delle virtù”, e porta a non esagerare mai in nulla e ciò si nota in tutta la regola. E così, per esempio, c’è il rispetto del debole, nonostante tutti gli ideali: questo è realismo ...

 

D. – Come vanno le vocazioni?

 

R. – In alcune parti mancano le vocazioni, soprattutto dove mancano i bambini e dove la fede viene marginalizzata, in particolare nei Paesi secolarizzati. In altre parti abbiamo un bel numero di vocazioni, ci sono monasteri nuovi, fiorenti. In tutti i Paesi in via di sviluppo ci sono tante vocazioni ed il problema è, piuttosto, di dare a ciascuno una buona formazione, anche se in Germania, da dove provengo io, ci sono delle vocazioni, non ci mancano. E’ una gioia vedere l’idealismo dei giovani.

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IL PAPA RICEVE ALCUNI VESCOVI COLOMBIANI IN VISITA “AD LIMINA”

- Con noi mons. Luís Augusto Castro Quiroga, vescovo di Tunja -

 

Il Papa ha ricevuto oggi a Castelgandolfo un altro gruppo di Vescovi della Conferenza Episcopale Colombiana, in visita “ad Limina”. Questa mattina, presso la nostra emittente, alcuni presuli colombiani hanno partecipato ad un incontro nell’aula Marconi. L’appuntamento è stato occasione anche per parlare della situazione in cui versa il Paese dell’America Latina, soprattutto per quanto riguarda il processo di pace tra il governo di Bogotà e la guerriglia. Un momento molto delicato per il Paese, come ci conferma mons. Luís Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja. L’intervista è di Salvatore Sabatino:

 

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R. - In questo momento si sta tentando di aprire dei colloqui almeno con due gruppi. Il gruppo delle cosiddette “Autodifese” ed il gruppo dell’Esercito di liberazione nazionale. E’ ancora molto difficile, invece, dialogare con l’altro gruppo, quello più forte, delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC). La scelta del governo non è quella di dialogare direttamente, ma di farlo attraverso degli intermediari. In quel senso, siamo stati noi, come Chiesa, coloro che hanno facilitato il colloquio, che hanno portato all’avvicinamento fra le due parti. E’ un incontro comunque che si fa via internet e che non è sufficiente. Ad un certo punto occorre infatti mettersi faccia a faccia. C’è l’urgenza di arrivare ad una soluzione, perché le FARC hanno nelle loro mani, sequestrate, almeno una sessantina di persone.

 

D. – Lei ha parlato di un ruolo primario della Chiesa in questi colloqui. Non dobbiamo dimenticare, però, che proprio la Chiesa è stata presa di mira più volte dalla guerriglia…

 

R. – Sì, è stato sequestrato anche un vescovo, ma grazie a Dio  è stato liberato. Noi non ne parliamo più; ora ci interessano i 60 e più sequestrati che ancora rimangono nelle mani della guerriglia e gli altri 3 mila, sequestrati per motivi economici.

 

D. – La settimana scorsa oltre 60 mila indios hanno marciato su Cali, dopo 100 km di marcia per la pace: un simbolo di una nazione che ha bisogno di pace.

 

R. - Penso che questi segni siano molto importanti, soprattutto in questo momento in cui si riprende coscienza della necessità di trovare la pace piena attraverso vie pacifiche. Due anni fa, quando è stato eletto il presidente attuale, tutta la gente voleva che si arrivasse ad una soluzione di pace attraverso una via di forza, cioè attraverso la guerra. Invece la coscienza è di nuovo arrivata a ragionare, come deve essere, e più del 60 per cento della popolazione colombiana vuole una soluzione attraverso il dialogo.

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DA OGGI AL 25 SETTEMBRE SI SVOLGE IN VATICANO UN INCONTRO

DEI RAPPRESENTANTI PONTIFICI DELL’AFRICA E DEL MADAGASCAR

PER NON DIMENTICARE IL CONTINENTE AFRICANO

 

E’ iniziato questa mattina in Vaticano un incontro dei rappresentanti pontifici dell’Africa e del Madagascar. La riunione, che durerà fino a sabato prossimo, è stata convocata dal cardinale segretario di Stato Angelo Sodano a dieci anni di distanza dall’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa e a sei da un primo incontro del genere, tenutosi nel marzo 1998. Con tali avvenimenti - rileva una nota della Sala Stampa vaticana - questa riunione “è in ideale continuità, come pure si celebra nel ricordo della tragica fine del compianto mons. Michael A. Courtney, nunzio apostolico in Burundi”, assassinato presso Bujumbura nel dicembre dell’anno scorso. La riunione - prosegue la nota - “si prefigge di far giungere alle popolazioni e alle Chiese locali in Africa l’espressione della spirituale vicinanza di Giovanni Paolo II e della solidarietà di tutta la Chiesa.  Risponde anche all’urgente necessità - continuamente richiamata dal Papa - di non abbandonare quel Continente, affinché esso, facendo leva sulle sue molteplici e abbondanti risorse naturali e umane, possa superare i gravi mali che l’affliggono e diventare protagonista del suo sviluppo integrale”.

 

“In un clima di preghiera, di dialogo e di confronto”, i rappresentanti pontifici, insieme con l’arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto per gli Affari Generali, l’arcivescovo Giovanni Lajolo segretario per i Rapporti con gli Stati e i superiori dei diversi Dicasteri della Curia Romana più direttamente interessati, “si scambieranno informazioni e rifletteranno in maniera coordinata sulla situazione politica, sociale, economica, religiosa ed ecclesiale del Continente africano e sulle modalità più adeguate  di  svolgere   la   delicata   missione   loro   affidata,   che   conosce   spesso  disagi e sacrifici”.

 

Oggi è intervenuto alla riunione anche il direttore generale della FAO Jacques Diouf. L’incontro si concluderà il 25 settembre con l’udienza dal Santo Padre a Castel Gandolfo.            

 

 

MARTEDÌ 28 SETTEMBRE LA MESSA IN SUFFRAGIO DI PAOLO VI

E GIOVANNI PAOLO I PRESIEDUTA DAL CARDINALE RATZINGER

 

Martedì 28 settembre, alle ore 18, avrà luogo all’Altare della Cattedra nella Basilica Vaticana la Santa Messa in suffragio di  Paolo VI e Giovanni Paolo I. L’Eucaristia sarà presieduta, a nome del Santo Padre, dal cardinale Joseph Ratzinger, Decano del Collegio Cardinalizio.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

“Angoscia e speranza” è il titolo di apertura della prima pagina in riferimento all’annuncio di due gruppi islamici dell’avvenuta uccisione di Simona Pari e di Simona Torretta. “Restate fedeli alla vostra storia” è il messaggio del Papa rivolto ai partecipanti al Congresso degli Abati e dei Priori Conventuali della Confederazione benedettina e all’incontro “Communio Internationalis Benedictarium”.

 

Nelle pagine vaticane, il XII Convegno Ecumenico Internazionale di Spiritualità ortodossa nel Monastero di Bose.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: nuovo attacco suicida a Gerusalemme, uccisi due militari; Haiti: dopo la devastazione provocata dall’uragano “Jeanne” (oltre mille morti) il Paese chiede aiuto alla comunità internazionale; Olanda: critiche all’eutanasia estesa anche ai minori; Kosovo: Kofi Annan annuncia nuove iniziative d’accordo con Ue, Nato e Osce; Somalia: scontri a Chisimayo.

 

Nella pagina culturale, un articolo sull’interpretazione botticelliana del tema della “Madonna col Bambino”.

 

Nelle pagine italiane, l’angoscia dei familiari delle due donne italiane rapite in Iraq. A seguire, i temi dell’economia, della Finanziaria, delle Riforme e dell’immigrazione. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

23 settembre 2004

 

PROSEGUE LA MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE PER AIUTARE HAITI, PAESE DOVE SONO PIU’ DI MILLE I MORTI PER LE ALLUVIONI CAUSATE DALL’URAGANO JEANNE

- Intervista con Joanny De Matteis -

 

 

E’ salito ad oltre 1000 morti il drammatico bilancio delle alluvioni causate ad Haiti dal passaggio dell’uragano Jeanne. Secondo i soccorritori, le vittime potrebbero addirittura arrivare a 2000. Il ministero degli Esteri spagnolo, in collaborazione con la Croce Rossa e l’Agenzia di Cooperazione Internazionale (AECI), ha reso noto intanto che invierà oggi il primo contingente di aiuti umanitari previsti dal governo di Madrid per sostenere il Paese caraibico. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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Mentre arrivano a Port-au-Prince gli aiuti della comunità internazionale, che vengono distribuiti il più rapidamente possibile ai senza tetto continua, instancabilmente, la sepoltura di centinaia e centinaia di vittime della tragedia. Per mancanza di tempo e per timore del propagarsi di malattie infettive, i corpi vengono inumati al termine di sommarie cerimonie religiose in fosse comuni nella regione dove si trova la città di Gonaives, la più colpita dalla violenza delle acque. Intanto la tensione è grande, perché decine di migliaia di persone si trovano da giorni in rifugi di fortuna senza cibo ed acqua. All’arrivo dei primi soccorsi concreti, si ha avuto l’accenno, ieri, di possibili disordini, al punto che il contingente dell’ONU ha dovuto sparare in aria per cercare di mantenere la calma e, a livello internazionale, si sono moltiplicati gli appelli alla solidarietà.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Proprio Gonaives dunque è la città più colpita. Per una testimonianza sulla situazione di Haiti sentiamo Joanny De Matteis, vice-console onorario nella capitale haitiana Port au Prince, intervistato da Lucas Duran:

 

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R. – Il disastro era annunciato da tempo: sarebbe bastata un po’ di pioggia più forte, perché la città fosse invasa dall’acqua. Gonaives è costruita, infatti, sotto il livello del mare. Quindi, c’è stata la concomitanza dell’acqua del mare, che ha invaso il litorale, assieme allo straripamento di vari fiumi della zona.

 

D. – Se a causare questo disastro non è stato neppure il vero e proprio ciclone, ma solo delle piogge torrenziali, che cosa ci si può aspettare se, come possibile, un ciclone dovesse colpire in maniera precisa e netta Haiti?

 

R. – Sarebbe una catastrofe infernale. Meno male che “Ivan” non ha toccato Haiti. Se avesse colpito Haiti avremmo potuto contare 500 mila, 600 mila morti, molto facilmente, perché la popolazione costruisce anarchicamente sui letti dei fiumi, in riva al mare. E’ una situazione che Haiti si porta dietro da decenni. Non c’è un’autorità dello Stato. Tutti chiudono gli occhi e poi ci si sveglia sui “drammoni” come questo. La ragione principale è il disboscamento feroce che si è avuto sui monti. Haiti è una terra di montagna. Abbiamo il 2 per cento di copertura vegetale, contro il 60 per cento della Repubblica Dominicana e quasi il 75 per cento della Giamaica, per esempio. Quindi, tutto questo è all’origine del dramma.

 

D. – Tra pochi giorni saranno sette i mesi trascorsi dalla partenza dell’ex presidente Jean-Bertrand Aristide. Può farci un primo bilancio dell’azione del governo presieduto da Gérard La Tortue?

 

R. – Il compito era immenso, perché Aristide ha lasciato una terra completamente desolata e bruciata. Ad onor del vero, però, questo governo non ha fatto un granché. Ci ritroviamo con le gang armate ancora più armate di prima. L’insicurezza, l’economia che non arriva, i fondi che sono ancora bloccati malgrado l’intervento della comunità internazionale e i fondi monetari. Siamo, quindi, in una situazione in cui ancora oggi dovremmo scendere in piazza. C’è una corruzione generalizzata. Non si capisce… La polizia è talmente corrotta che anche le forze dell’Onu presenti non si fidano più della polizia. Siamo quasi scoraggiati.

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L’ABOLIZIONE DELL’EMBARGO EUROPEO ALLA LIBIA

- Intervista con Vittorio Segre -

 

 

Il leader libico Muhamar Gheddafi ha telefonato al presidente della Commissione europea, Romano Prodi, dopo avere appreso del ritiro da parte dell'UE delle misure di embargo imposte alla Libia. Gheddafi ha espresso grande soddisfazione, aggiungendo che “si chiude una fase vecchia nei rapporti tra Libia ed Europa e si apre un nuovo capitolo per il rilancio della cooperazione comune verso l'Africa”. Dal canto suo, Prodi ha parlato di “un successo che corona anni di lavoro”. La delibera di revoca del blocco era stata avanzata dall’Italia, in linea con l’abolizione dell’embargo commerciale attuato dagli Stati Uniti. Ma cosa è cambiato negli ultimi anni per giustificare questa veloce riabilitazione di Tripoli in ambito internazionale? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Vittorio Segre, docente dell’Istituto Mediterraneo dell’Università di Lugano.

 

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R. - A me sembra che il cambiamento sia piuttosto quello di Gheddafi. Di lui si può dire che l’unica cosa prevedibile sia la sua imprevedibilità. Da quando ha preso il potere, esattamente 35 anni fa, ha cambiato politica una decina di volte, e di nuovo lo sta facendo. Non dimentichiamoci che è stato un ammiratore sfegatato di Nasser, che aveva unito la Libia all’Egitto, alla Siria nel ’71, poi alla Tunisia nel ’72, e poi ha fatto la guerra all’Egitto e alla Tunisia e poi ha appoggiato i palestinesi, e poi ha rotto i rapporti con l’OLP. Ultimamente, poi, da panarabista è diventato panafricanista e ha chiesto scusa agli africani di averli dimenticati a favore degli arabi. Ora, è difficile entrare nel suo pensiero come, del resto, è difficile capire la sua ideologia che ha sviluppato in quel suo libro verde, ma questo libro verde: che contiene la teoria del socialismo islamico, lo rende, oggi, principale oppositore del fondamentalismo islamico. Ed è questa sua posizione, insieme alla rinuncia alla fabbricazione di armi di distruzione di massa, che da avversario lo sta trasformando in beniamino dell’America e dell’Europa. Vedremo quanto dura.

 

D. – L’Unione Europea ha deciso soltanto adesso l’abolizione delle sanzioni, dopo gli Stati Uniti. Perché?

 

R. – L’Europa ha grossi interessi con la Libia: anzitutto è un partner energetico importante molto vicino, la seconda cosa è che, se l’Europa ha paura di una invasione di immigrati dal terzo mondo, il terzo mondo, di cui naturalmente la Libia fa parte, ha ancora più paura di un’invasione di immigrati dal quarto mondo, che stanno riversandosi, per esempio, dall’Africa sui Paesi arabi del Mediterraneo e pongono dei problemi molto seri di immigrazione. Ora, l’Europa ha interesse, e l’Italia in primo luogo, ad arrivare a degli accordi precisi sia nei confronti dell’immigrazione illegale dal terzo mondo, dal mondo arabo verso l’Europa, ma, in secondo luogo, ha molto interesse a frenare l’immigrazione dal quarto mondo, soprattutto africano, nel terzo mondo arabo, perché le tensioni locali sono esplosive.

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CHIESA E SOCIETA’

23 settembre 2004

 

AL VIA OGGI A LILLE LE SETTIMANE SOCIALI DI FRANCIA,

NEL CENTENARIO DI FONDAZIONE. IL TEMA DELL’INCONTRO, FINO AL 26 SETTEMBRE: “L’EUROPA, UNA SOCIETÀ DA INVENTARE”. TRA I PARTECIPANTI,

L’INVIATO SPECIALE DEL PAPA, IL CARDINALE ETCHEGARAY

 

LILLE. = Prendono il via oggi a Lille, capitale europea della cultura 2004, le Settimane Sociali di Francia, che quest’anno celebrano i 100 anni della loro fondazione. “L’Europa, una società da inventare”: è il tema scelto per questa sessione, che si protrarrà fino al 26 settembre prossimo, con la partecipazione di oltre quattro mila persone da tutto il Vecchio Continente e 85 esperti e testimoni. Per il centenario e nell’anno dell’allargamento dell’Unione Europea a 25 Paesi, gli organizzatori dell’iniziativa, con il sostegno della Conferenza episcopale francese, hanno voluto promuovere una riflessione approfondita sull’Europa come comunità di popoli uniti da un destino comune e con una comune sfida da affrontare: quella di “inventare” una nuova società europea, nella corresponsabilità, solidarietà e apertura al resto del mondo. Nei diversi spazi di confronto – incontri, dibattiti, testimonianze – verrà espressa, accanto alla ricchezza delle diversità, la riconoscenza per la condivisione del dono della fede nel Signore Gesù Cristo. La comunità di Taizé contribuirà a dare alle giornate una forte dimensione spirituale ed ecumenica, che culminerà nella Concelebrazione Eucaristica per l’Europa di domenica 26. Tra i numerosi relatori, figurano: il presidente delle Settimane Sociali francesi, Michel Camdessus, il presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, il fondatore della Comunità di sant’Egidio, Andrea Riccardi e l’arcivescovo di Lille, mons. Gérard Defois. In occasione delle Settimane Sociali di Francia, Giovanni Paolo II ha nominato il cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace suo inviato speciale alle celebrazioni. “A tutti i partecipanti – ha scritto il Papa in un messaggio indirizzato al porporato – recherai il nostro pensiero, affinché la nuova Europa riconosca più chiaramente il fondamento e l’eredità cristiana della sua cultura e della sua umanità, che i nostri antenati ci hanno tramandato perché venissero conservati e fatti conoscere”. Le Settimane Sociali di Francia sono state fondate nel 1904 per iniziativa di due laici cattolici francesi, l’imprenditore Marius Gonin e l’insegnante Adéodat Boissard, desiderosi di fare conoscere la dottrina sociale della Chiesa, a cominciare dalla storica Enciclica di Papa Leone XIII “Rerum Novarum” (1891), e di applicarne gli insegnamenti nel contesto sociale moderno. Da allora le Settimane non hanno cessato di occuparsi dei mutamenti economici, politici, culturali, scientifici e tecnologici e dei loro effetti sulla società. (B.C.)

 

 

ALLE URNE I CATTOLICI SONO CHIAMATI A SCEGLIERE CANDIDATI

CAPACI DI PROMUOVERE I PRINCIPI CRISTIANI. COSI’ I VESCOVI DELLA SLOVENIA,

IN VISTA DELLE ELEZIONI PARLAMENTARI DEL PROSSIMO 3 OTTOBRE

 

LUBIANA. = “Dobbiamo scegliere deputati che garantiscano onestà, trasparenza e stabilità nell’intero sistema della costituzione statale e a livello personale”. E’ il passaggio principale della dichiarazione dei vescovi sloveni alla vigilia delle prossime elezioni parlamentari in Slovenia. Invitando tutti a non mancare l’appunta-mento del prossimo 3 ottobre, i presuli sottolineano l’esigenza di scegliere candidati capaci di far rispettare la “vita umana, dal concepimento alla morte naturale”, e l’istituzione della famiglia, “come fondamento della sicurezza, della salute, della cultura e del benessere”. “Abbiamo bisogno di deputati che sappiano accelerare lo sviluppo economico con leggi adeguate – dichiarano i vescovi sloveni nel documento – ma allo stesso tempo preoccuparsi anche dei più poveri e dei più deboli”. Dinanzi alle urne, ammettono, la scelta non è sempre facile, ma i cristiani, dopo un'attenta riflessione, non possono che far cadere la propria preferenza su quanti riconoscono “il grande significato dei valori di fede nella società e, ancor più, il senso della nostra eredità cristiana”. “In un mondo di violenza e terrorismo crescente – conclude la nota – abbiamo bisogno di sicurezza e convivenza pacifica. Dobbiamo avere anche il cuore aperto per gli altri cittadini del mondo, che soffrono a causa delle ingiustizie e della povertà”. (B.C.)

 

 

UN FORTE APPELLO ALLA PACE GIUNGE DA SAN GIOVANNI ROTONDO, CHE OGGI CELEBRA LA MEMORIA DI SAN PIO DA PIETRELCINA. IN MIGLIAIA HANNO PARTECIPATO

QUESTA MATTINA ALLA SANTA MESSA E IERI ALLA VEGLIA

- A cura di Andrea Sarubbi -

 

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SAN GIOVANNI ROTONDO. = Iraq, Sudan, Israele, Palestina: le ferite della terra sulla tomba del frate con le stigmate. Su quel granito nero, sotto il convento dei cappuccini, quattro bandiere di Paesi in conflitto per ricordare i fallimenti della storia ed implorare la pace. Filo-conduttore della lunga veglia di ieri sera: amore, giustizia, perdono. Risuonano nella Liturgia di accoglienza le parole di Giovanni Paolo II seguite, tra i vespri e l’adorazione eucaristica, da quelle di Giovanni XXIII nella Pacem in Terris. “Dona Signore la pace!” cantano in 20 mila, arrivati da tutta Italia e si impegnano a prendersene cura, ma è la Via Crucis finale, sul Monte Castellato, il momento più toccante, con l’intreccio drammatico tra il calvario di Cristo e le sofferenze di oggi. Prima stazione: il Darfur; seconda: le Torri Gemelle. E poi un cammino di sangue attraverso le vittime dei lager e delle dittature, i desaparecidos argentini, la caccia al nucleare, gli attacchi alla vita, fino all’Iraq, alla Terra Santa, ai bambini di Beslan. E’ proprio un gruppo di loro coetanei a portare la Croce nell’ultima stazione, quella della città dei giusti. Una preghiera, ed insieme una speranza per un mondo ancora troppo lontano dal sogno di Dio.

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CLAMOROSA CONVERSIONE DI MASSA DAL CRISTIANESIMO ALL’INDUISMO IN ORISSA,

STATO DELL’INDIA ORIENTALE. IL CONSIGLIO GLOBALE DEI CRISTIANI INDIANI

CHIEDE UN’INCHIESTA SULLA VICENDA

- A cura di Roberta Moretti -

 

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SARAT. = Settantacinque tribali che si erano convertiti al cristianesimo sono tornati alla religione originaria, l’induismo, con una cerimonia avvenuta domenica scorsa nel villaggio di Sarat, nello Stato indiano dell’Orissa, con un rito di massa organizzato dal movimento culturale-religioso fondamentalista “Vishwa Hindu Parishad”. Secondo fonti indiane, buona parte dei neo-convertiti proveniva da Jamboni, il villaggio dove nel 1999 il missionario battista australiano, Graham Staines, fu bruciato vivo con i suoi due bambini, da un gruppo guidato dall’estremista indù Ravindra Pal. Per contestare la recente conversione di massa, il Consiglio globale dei cristiani indiani, organizzazione di laici cristiani con sede a Bangalore, ha scritto una lettera alla Commissione nazionale per le minoranze, sostenendo che il “Vishwa Hindu Parishad” non avrebbe rispettato la legge sulla libertà di religione dell’Orissa. Il movimento fondamentalista non avrebbe, infatti, notificato alle autorità distrettuali le conversioni prima del rito di massa. Scopo del movimento induista, sarebbe “eliminare la cristianità da Orissa attraverso il terrore”, secondo l’organizzazione cristiana, che ha sollecitato l’apertura di un’inchiesta sulla vicenda, oltre a chiedere alle autorità dello Stato maggiore protezione per le minoranze religiose. Nell’agosto scorso, l’Orissa è stata teatro di un ennesimo attacco contro i cristiani: una chiesa cattolica nella città di Raikia è stata presa d’assalto da una folla che ha danneggiato e bruciato diversi oggetti sacri.

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NOMINATO IL NUOVO PRESIDENTE DELL’UNIONE DEI CATTOLICI DI TUTTA L’INDIA.

SI TRATTA DEL GIORNALISTA JOHN DAYAL. TRA LE PRIORITA’ DEL SUO MANDATO:

LA CAUSA DEI FUORI CASTA, DEI TRIBALI E DEI POVERI

  

MUMBAI. = Il giornalista e attivista cattolico John Dayal è il nuovo presidente dell’Unione dei cattolici di tutta l’India (AICU), la maggiore associazione laica cristiana indiana che rappresenta i circa 16 milioni di fedeli del Paese. E’ stato eletto il 19 settembre scorso, succedendo a Maria Omelia Menezes, la prima donna a ricoprire questo incarico nell’associazione. Insieme al defunto arcivescovo Alan De Lastic, Dayal, attualmente anche segretario generale del Consiglio Cristiano di tutta l’India, ha contribuito a fondare il Forum dei cristiani uniti per i diritti umani, che per primo ha denunciato la persecuzione dei cristiani da parte dei movimenti fondamentalisti in Gujarat e altri Stati indiani. Nel suo primo discorso da presidente, Dayal ha affermato che l’Aicu sosterrà la causa dei dalit (i fuori-casta dell’abolito sistema castale indiano, n.d.r.), dei tribali e dei poveri, non solo di quelli cristiani, in collaborazione con i vescovi, le altre Chiese e con tutte le organizzazioni della società civile impegnate nella difesa dei diritti umani. “Lotteremo contro la xenofobia e il fondamentalismo”, ha dichiarato, dicendosi preoccupato per le perduranti violenze e vessazioni contro la comunità cristiana negli Stati indiani governati dal partito nazionalista indù “Baratiya Janata Party”. Egli ha, inoltre, espresso apprezzamento per i passi positivi compiuti dal nuovo governo del premier Manmohan Singh per contrastare il settarismo e l’intolleranza religiosa in India, esortando le autorità politiche ed ecclesiastiche a un più incisivo impegno a favore dei più poveri e dei dalit. (L.Z.)

 

 

UNA NUOVA STATUA ORNERA’ A BREVE L’ESTERNO DELLA BASILICA VATICANA.

SI TRATTA DI SANTA TERESA DELLE ANDE. L’OPERA DELL’ARTISTA FERNANDEZ COX

E’ UNA DONO DEL CILE PER GIOVANNI PAOLO II

 

CITTA’ DEL VATICANO. = Dal prossimo 6 ottobre, l’esterno della Basilica Vaticana sarà ornata con un’altra statua, quella di Santa Teresa de Jesus de los Andes, una giovane carmelitana morta nel 1920, la prima cilena ad essere elevata agli onori degli altari. L’opera, realizzata della scultore cileno Juan Eduardo Fernandez Cox, è stata plasmata da un blocco di marmo di Carrara. La statua è giunta oggi in un container, per essere collocata in una nicchia già preparata e restaurata dagli uomini della Fabbrica di San Pietro. Al suo fianco sinistro si trovano già altre sante, in particolare le due patrone d’Europa: santa Caterina da Siena e santa Brigida di Svezia. E un’altra statua arriverà a breve, quella di Edith Stein, altra patrona d’Europa. La statua di santa Teresa delle Ande è un dono del Cile al Papa e al Vaticano e nasce da un’iniziativa dell’ambasciatore del Cile presso la Santa Sede, Maximo Pacheco. L’opera verrà scoperta e benedetta mercoledì 6 ottobre da Giovanni Paolo II. Per l’occasione saranno presenti, tra gli altri: il presidente della Conferenza episcopale cilena e presidente del CELAM, cardinale Francisco Javier Errazuriz Ossa, e il ministro degli Esteri cileno, Maria Soledad Alvear Valenzuela. Prima della cerimonia di inaugurazione il segretario di Stato vaticano, cardinale Angelo Sodano, celebrerà una Santa Messa nella cripta della Basilica di San Pietro. La statua di Cox (nato in Cile 65 anni fa) è alta cinque metri e mezzo, compreso il piedistallo, ed è stata ricavata da un unico blocco di marmo di 60 tonnellate. (B.C.)

 

 

RESTA FORTE IL LEGAME TRA L’URBE E LA RELIGIONE.

SECONDO UN SONDAGGIO CONDOTTO DALLA FONDAZIONE ROMA EUROPEA,

OLTRE IL 74 PER CENTO DEI ROMANI SI SENTE VICINO A DIO

  

ROMA. = Il 74,2 per cento dei romani si sente vicino a Dio. E’ quanto emerge da un sondaggio presentato ieri nella capitale e realizzato dalla Fondazione Roma Europea e dall’Istituto Piepoli. Su un campione di 504 intervistati, il 61,4 per cento ritiene che le cose andrebbero peggio nel mondo se non ci fosse alcuna religione. Il 77 per cento degli intervistati, che si ritiene cattolico, ha dichiarato, per il 25 per cento, di recarsi a messa una volta a settimana e di rivolgersi a Dio attraverso la preghiera nel 76,8 per cento dei casi. Il 54,4 per cento degli intervistati, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, invece, afferma di non recarsi mai in luoghi di culto. “Dai dati emersi – ha commentato Giuseppe De Rita, presidente della Fondazione e del Censis – Roma risulta una città cattolica, cioè c’è un’identità di pensiero tra l’essere romani e l’essere cattolici”. (B.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

23 settembre 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Un gruppo che si definisce “Sostenitori di al Zawahri”, in un messaggio su un sito web, ha dichiarato che le due operatrici umanitarie, Simona Pari e Simona Torretta, sono state decapitate per punire – si legge nel testo – “le atrocità commesse dalle forze italiane contro il popolo iracheno nella città di Nassiriya”. Nel comunicato viene anticipata, inoltre, la pubblicazione di un video che confermerebbe la morte delle due italiane. Un secondo drammatico annuncio è stato diffuso anche da un altro gruppo estremista islamico che ha affermato, con un messaggio pubblicato questa notte su Internet, di aver ucciso le due volontarie. Nel documento si afferma che le due giovani sono state uccise perché il governo del premier Silvio Berlusconi non ha accolto la richiesta di ritirare i propri soldati dal Paese. Forti dubbi sull’attendibilità dei due comunicati. Il nostro servizio:

 

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“Il governo italiano si è attivato in tutte le direzioni e al momento non è stato trovato alcun riscontro che confermi queste notizie. Si invita perciò alla massima cautela e responsabilità”. Con queste parole Palazzo Chigi mantiene prudenza su entrambi i messaggi che annunciano la morte delle due cittadine italiane. La speranza che quanto pubblicato su internet non sia vero è anche alimentata da alcune constatazioni: il sito che ospita il primo messaggio è raramente usato dai gruppi fondamentalisti e nel testo i nomi delle due volontarie italiane non sono mai citati esplicitamente. “Il moltiplicarsi dei comunicati – si legge inoltre in una nota di Palazzo Chigi - induce a pensare che ci si trovi di fronte a un probabile quadro di terrorismo mediatico”. Per il Consiglio degli Ulema sunniti, inoltre, Simona Torretta e Simona Pari sono ancora vive e nelle mani di una banda che non ha niente a che fare con la guerriglia.

 

Sempre sul fronte ostaggi si deve aggiungere che questa mattina sono stati sequestrati altri due autisti di cui si ignora, al momento, la nazionalità. Il ministro degli Esteri britannico, Jack Straw, ha escluso inoltre qualsiasi possibilità di trattativa con il gruppo che tiene in ostaggio l’inglese Kenneth Bigley, rapito insieme a due americani uccisi, nei giorni scorsi, dai sequestratori. Ieri il prigioniero ha lanciato uno straziante appello al premier Tony Blair in un video accompagnato da un altro drammatico filmato che documenta l’uccisione del secondo ostaggio statunitense. Sul terreno l’esercito americano ha sferrato, nella notte, un attacco aereo sulla città di Samarra provocando la morte di almeno 3 persone. Il primo ministro iracheno Iyad Allawi ha dichiarato infine, contrariamente a quanto annunciato ieri da un portavoce del ministero della Giustizia, che l’Iraq non intende rilasciare per il momento Rihab Taha, esperta di armi biologiche e conosciuta come “Dottoressa Germe”.

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E gli sviluppi in Iraq sono seguiti anche al Palazzo di Vetro di New York, dove è in corso la 59.ma assemblea generale dell’Onu. Proprio le violenze in Iraq, il terrorismo e il Medio Oriente sono stati i temi discussi nella giornata di ieri. Dal Palazzo di Vetro, Paolo Mastrolilli:

 

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A margine dei lavori si sono incontrati il segretario generale Kofi Annan, il segretario di Stato americano Colin Powell, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e quello olandese Ben Bot, in rappresentanza dell’Unione Europea. E’ stato così ricomposto il quartetto che aveva proposto la Road Map per rilanciare il processo di pace tra israeliani e palestinesi. Alla fine del Vertice è stato pubblicato un comunicato pessimista, secondo cui la situazione sul terreno resta estremamente difficile e non sono stati compiuti progressi. Il presidente pakistano Musharraf, invece, ha avvertito che una cortina di ferro sta calando tra il mondo islamico e quello occidentale. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini ha incontrato Powell, i colleghi europei e quelli del G8, ed oggi interverrà all’Assemblea generale sollevando anche il problema del Consiglio di Sicurezza. Annan ha nominato una Commissione per studiare la riforma che a dicembre dovrebbe presentare il suo Rapporto. Germania e Giappone rivendicano un seggio permanente nel Consiglio e hanno tenuto un Vertice con India e Brasile, Paesi che ambiscono allo stesso posto per rilanciare la loro candidatura. L’Italia è contraria a questo progetto perché va contro i propri interessi nazionali: manca l’obiettivo di aumentare la partecipazione democratica e allontana l’ipotesi di creare in futuro un seggio europeo.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Resta alta la tensione in Medio Oriente. Tre membri di un commando palestinese e tre militari israeliani hanno perso la vita questa mattina a Morag, nel sud della striscia di Gaza, nel corso di una aspra battaglia. L’attacco, rivendicato dalla Jihad islamica e da due gruppi legati a al Fatah, si registra all’indomani di un attentato suicida compiuto a Gerusalemme da un’adolescente palestinese, costato la vita a due agenti israeliani. Subito dopo gli scontri, artificieri dell’esercito israeliano hanno fatto esplodere presso la colonia di Netzarim, nella Striscia di Gaza, un edificio disabitato, utilizzato in passato da militanti palestinesi per organizzare attentati. Almeno nove israeliani, invece, sono rimasti feriti dall’esplo-sione di un razzo palestinese di tipo Qassam nel centro della cittadina israeliana di Sderot. Il premier palestinese, Abu Ala, intanto, ha ribadito oggi di essere pronto a incontrare il suo omologo israeliano, Ariel Sharon, con il cui governo, ha assicurato, “i contatti non si sono mai interrotti”.

 

Dopo aver evacuato le loro posizioni a sud di Beirut, unità militari siriane, hanno riguadagnato oggi all’alba il territorio siriano. Lo si è appreso dalla polizia libanese. E' la prima volta da quando, martedì scorso, è iniziato il ridispiegamento delle truppe di Damasco, che viene segnalato il rientro di soldati e veicoli siriani in territorio nazionale.

 

La Turchia adotterà “il più presto possibile” un nuovo codice penale. Lo ha assicurato il primo ministro turco Tayyp Recep Erdogan, oggi a Bruxelles per incontri con i vertici dell’Unione Europea dedicati al possibile ingresso di Ankara al fianco dei Venticinque. Soltanto la scorsa settimana il Parlamento turco aveva inaspettatamente deciso di rinviare tale riforma, considerata da Bruxelles come un requisito essenziale per l’entrata in Europa. Dopo le rassicurazioni di Erdogan, per il commissario europeo all'allargamento Verheugen non sussistono più ostacoli per cominciare i negoziati di adesione. Il presidente della Commissione, Romano Prodi, ha detto che il rapporto sullo stato di avanzamento delle riforme in Turchia “sarà obbiettivo e equo”. Secondo fonti comunitarie, nel nuovo Codice penale che il Parlamento turco si appresta ad adottare, l’adulterio non sarà considerato reato. Ma qual è la questione principale ancora aperta? Giada Aquilino lo ha chiesto alla professoressa Federiga Bindi, responsabile dell’ufficio europeo dell’Università di Roma-Tor Vergata:

 

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R. – C’è innanzitutto da affrontare e assicurare la questione del rispetto dei diritti umani, che al momento è stata solo parzialmente risolta.

 

D. – Qual è la situazione dei diritti umani in Turchia, secondo l’Unione Europea?

 

R. – A parte il problema irrisolto delle minoranze presenti sul territorio, ci sono quelli relativi alle condizioni di detenzione nelle prigioni, della pena di morte - che è stata sospesa ma non abolita - dei diritti alle donne. Quindi, la situazione è ancora molto indietro rispetto ai Paesi dell’Unione Europea.

 

D. – Quanto è determinante la riforma del codice penale turco per i rapporti con l’Europa?

 

R. – Dal punto di vista specificamente giuridico, non è rilevante. Dal punto di vista politico invece lo è molto. Perché l’UE ha posto come clausola fondamentale, per l’ingresso in Europa, quella dei diritti umani. Ed il diritto penale turco, in questo momento, ancora non rispetta quelle che per noi sono considerate le salvaguardie minime. Non ci sarebbero quindi le condizioni per entrare se alcuni principi del diritto penale di Ankara andassero a ledere dei diritti umani.

 

D. – Ma perché l’ingresso di Ankara nell’Unione è importante per l’Europa?

 

R. – Per assicurarsi che ci sia un esempio di Paese musulmano democratico, che possa servire da faro al Medio Oriente. E per limitare in un certo senso le tendenze turche a diventare leader della regione mediorientale, prendendo magari una deriva autoritaria.

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