RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
265 - Testo della trasmissione di mercoledì 22 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
La Santa Sede parteciperà alle “Giornate europee del patrimonio” domenica 26 settembre.
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
A tre anni dalla scomparsa,
il padre Giovanni Giorgianni è stato ricordato oggi da parenti, amici e
colleghi con una
Messa nella cappella della Radio Vaticana.
In Iraq almeno 11 morti
per l’esplosione di una bomba a Baghdad. Dopo la decapitazione del secondo ostaggio
statunitense si teme adesso per la sorte del civile inglese
All’ONU nuovo confronto fra Kofi Annan e George Bush.
22
settembre 2004
LA CROCE DI CRISTO
STRAPPA L’UMANITA’ DALLE STRADE DEL MALE.
COSI’ IL PAPA OGGI ALL’UDIENZA GENERALE.
GIOVANNI PAOLO II INVITA I CRISTIANI A SEGUIRE
L’ESEMPIO DI GESU’
CHE HA PERDONATO COLORO CHE LO HANNO CROCIFISSO
Imitare Cristo che oltraggiato
non chiedeva vendetta. E’ l’esortazione del Papa ai fedeli oggi all’udienza
generale in Piazza San Pietro. Al centro della catechesi odierna il tema della
Passione volontaria di Cristo, come è trattato nel brano innico della prima
lettera di San Pietro. La Croce di Gesù - dice Giovanni Paolo II – toglie
l’umanità dalle strade del male e la riporta al progetto di Dio. Il servizio di
Sergio Centofanti.
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Cristo è solidale con l’umanità
sofferente – ha detto il Papa: ci è accanto e condivide il dolore dell’uomo.
Anzi ha portato il nostro male, il peso dei nostri peccati per cancellarli:
“Questa
sua solidarietà con noi diventa radicalmente trasformatrice, liberatrice, espiatrice,
salvifica”.
Giovanni Paolo II pone l’accento
sull’atteggiamento di Gesù “che s’avvia verso la strada aspra della passione,
senza opporsi all’ingiustizia e alla violenza, senza recriminazioni e sfoghi,
ma consegnando se stesso e la sua dolorosa vicenda a colui che giudica con
giustizia”. Non si tratta – ha specificato il Pontefice - di “una cieca e
passiva rassegnazione”, ma di “una fiducia coraggiosa, destinata a essere di
esempio a tutti i discepoli che percorreranno la via oscura della prova e della
persecuzione”. Dunque no alla vendetta come spiegava Sant’Ireneo di Lione:
“Cristo …era colpito ma non restituiva i colpi … non minacciava e mentre
soffriva una violenza tirannica, pregava il Padre di perdonare coloro che lo avevano
crocifisso”. Il Papa riprende quindi l’immagine del profeta Isaia che vede una
umanità sperduta, come un gregge sbandato: ognuno segue la sua strada. “Il
Cristo paziente … che non ha commesso peccato” si “è addossato i nostri dolori
… è stato trafitto per i nostri delitti”:
“E
così la nostra povera umanità viene strappata dalle strade deviate e perverse
del male e riportata alla «giustizia», cioè al bel progetto di Dio. L’ultima
frase dell’inno è particolarmente commovente. Recita: «Dalle sue piaghe siamo
stati guariti». Qui vediamo quale caro prezzo Cristo abbia pagato per
procurarci la guarigione!”.
Il Papa esorta infine i
cristiani ad imitare Gesù, non rispondendo al male con il male ma restando
fedeli all’ideale evangelico dell’amore e del perdono nella vita di ogni
giorno.
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RINNOVATO E
URGENTE APPELLO DELLA SANTA SEDE PER RIDURRE LA FAME
E LA POVERTA’ NEL MONDO. “DOBBIAMO MOLTIPLICARE
GLI SFORZI
–
HA SOTTOLINEATO IL CARDINALE
SODANO A NEW YORK –
PER SRADICARE QUESTO FLAGELLO DAL MONDO”
Un nuovo appello a tutti i Paesi
sviluppati “per aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo allo 0,7 per cento del
Prodotto Interno Lordo”, tanto da consentire di finanziare in maniera adeguata
le iniziative contro la fame e la povertà nel mondo, è stato lanciato lunedì
dal segretario di Stato vaticano, cardinale Angelo Sodano. L’occasione è stata
l’incontro sulle nuove forme di lotta contro la fame e la povertà nel mondo,
organizzato a New York presso la sede delle Nazioni Unite. Ricordando l’impegno
umanitario della Santa Sede su questo fronte, il porporato ha sottolineato come
il problema sia molto vasto. “La lotta contro la fame, e direi anche contro la
sete – ha detto – va oltre le sole emergenze: questa lotta deve affrontare una
serie di fattori complessi come, ad esempio, la necessità di investire nel
capitale umano delle popolazioni locali, sollecitare il trasferimento delle
tecnologie appropriate e garantire equità nel commercio internazionale”. Ma
quanto sono concrete le prospettive di ridurre la fame nel mondo? Paolo Mastrolilli
lo ha chiesto allo stesso cardinale Sodano:
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R. – Esistono molte prospettive,
soprattutto oggi. Ovviamente, ciò dipende dall’impegno di tutti. Ricordo tante
riunioni internazionali nelle quali è stato trattato questo argomento. Vedo,
tuttavia, che è facile prendere impegni, ma poi è difficile mantenerli. Però,
non dobbiamo rassegnarci a questo scandalo mondiale. E’ un vero scandalo che
l’umanità non riesca a venire incontro a chi ha fame. Gli affamati non possono
attendere. Qui all’ONU nel 2000 tutti i capi di Stato hanno aderito alla
Dichiarazione del Millennio, in cui tutti si sono impegnati in quei tre grandi
fini: la promozione della pace, la lotta contro la fame e l’eliminazione delle
gravi malattie, soprattutto dell’AIDS. Bisogna, quindi, lavorare per
raggiungere tale fine. Da qualunque parte vengano le proposte, sono proposte
umanitarie per le quali ho portato la benedizione del Papa.
D. – Qual è il suo giudizio
sulla situazione in Iraq?
R. – Il giudizio sull’Iraq è
abbastanza complesso. Si sa bene che i pareri sull’attuale situazione sono
molti e contrastanti. Su una cosa, però, dovremmo concordare tutti: adesso
dobbiamo rimboccarci le maniche ed aiutare quelle popolazioni a vivere in pace
ed a riconciliarsi tra loro, ricordando anche ciò che dice sovente il Papa:
“Senza perdono non c’è pace”. Sono popolazioni che hanno già sofferto troppo, e
quindi la sfida attuale penso sia quella della riconciliazione. Per questo
lavorano i cristiani che sono in Iraq, per questo lavorano con i vescovi. Là è
la patria del Patriarca Abramo che da Ur dei Caldei iniziò la sua grande avventura.
Lui, come Padre delle tre grandi religioni monoteiste – Ebraismo, Cristianesimo
e Islam – ci può aiutare a riconoscerci tutti figli dello stesso Padre che sta
nei Cieli.
D. – Dal Sudan al Medio Oriente,
la pace è minacciata o manca in molte regioni del mondo. Quali sono secondo la
Santa Sede le emergenze più gravi da affrontare e cosa dovrebbero fare le
potenze internazionali per risolvere tali sfide?
R. – Vi sono tante minacce alla
pace: penso alla situazione del Darfur, situazione veramente penosa. Si parla
in questo ultimo anno e mezzo di un milione di profughi e di migliaia di
persone che muoiono ogni giorno ... mi sembra che adesso la comunità
internazionale si stia muovendo, anche il Papa ha mandato là un suo Inviato,
l’arcivescovo Paul Cordes, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Poi,
certo, lei mi parla di guerre: come dimenticare la Terra Santa, sempre
sconvolta da tanti conflitti? E poi, pensiamo al cuore dell’Africa, soprattutto
al Nord dell’Uganda. Dobbiamo continuare ad essere costruttori di pace, ce n’è
bisogno più che mai.
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UDIENZE
Il Papa ha ricevuto oggi
l’arcivescovo Mario Roberto Cassari, nunzio apostolico in Costa d’Avorio,
Niger, Burkina Faso.
LA
SANTA SEDE PARTECIPERA’ ALLE “GIORNATE EUROPEE DEL PATRIMONIO”,
CHE SI CELEBRERANNO IL 26 SETTEMBRE PROSSIMO
La Santa Sede parteciperà anche
quest'anno alla celebrazione delle "Giornate Europee del Patrimonio":
una manifestazione promossa dal Consiglio d'Europa, che gode attualmente
dell'adesione di oltre 40 paesi del Continente. La giornata verrà celebrata
domenica 26 settembre, e avrà come tema:"I patrimoni venuti da lontano, i
patrimoni venuti dall'altro". All’elaborazione del programma hanno collaborato
la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, i Musei Vaticani,
la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. Tra le varie iniziative in
campo: l’accesso gratuito ai Musei Vaticani per l'intera giornata. Nell’ambito della struttura museale vaticana, nel
Museo missionario-etnologico, attualmente in corso di ristrutturazione, verrà
eccezionalmente aperta la Sezione asiatica, con una piccola e selezionata
esposizione dal titolo: “Il museo missionario-etnologico aperto per restauro:
uno sguardo alle porte dell’Asia”. Previsto, inoltre, l’accesso gratuito
a tutte le Catacombe di Roma. Nella stessa giornata del 26 settembre, prevista
l’inaugurazione della mostra didattica “Alle origini dell'Eucaristia” presso le
Catacombe di S. Calisto. Ricordiamo che l’accesso gratuito ai Musei Vaticani
verrà inoltre replicato lunedì 27 settembre, quando verrà invece celebrata la
Giornata Mondiale del Turismo.
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“Fermare
ogni violenza. Di fronte al dilagare del terrorismo occorre individuare
strumenti efficaci” è il titolo di apertura della Prima Pagina in riferimento
alle barbare uccisioni di ostaggi in Iraq. All’udienza generale la catechesi di
Giovanni Paolo II sul cantico della prima Lettera di San Pietro 2, 21-24.
Conclusa la visita del cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, negli
Stati Uniti d’America. Nell’articolo di Andrea Riccardi una riflessione sulle parole
pronunciate dal Papa nell’Angelus di domenica 19 settembre. ONU: negli
interventi alla 59° Assemblea duro contrasto di posizioni tra Kofi Annan e
Bush.
Nelle
pagine vaticane: a San Severo uno studio dell’Ufficio Diocesano di evangelizzazione
e catechesi.
Nelle
pagine estere. Haiti: stanziati dall’UE aiuti per fronteggiare l’immane catastrofe
provocata dall’uragano “Jeanne”. Bosnia ed Erzegovina: tornati a casa un
milione di profughi. Somalia: duri scontri a Chisimayo. Sudan: nuove e gravi accuse
dell’Onu a Khartoum per le persistenti minacce che incombono sui profughi.
Nella
pagina culturale, un libro che raccoglie una lunga intervista a Biagio Agnes su
cinquant’anni di televisione in Italia. Per la Pagina Monografica: a cinque
secoli dalla morte del voivoda romeno Stefano il Grande.
Nelle
pagine italiane, crolla una palazzina nello Spezzino: tre morti e un ferito
grave; a seguire, i temi della Finanziaria, delle riforme e dell’economia.
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22
settembre 2004
OLTRE 700 MORTI AD HAITI PER IL PASSAGGIO
DELLA TEMPESTA TROPICALE JEANNE.
ONU, CROCE ROSSA, ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ
E I GOVERNI DI DIVERSI PAESI SONO GIÀ AL LAVORO
PER AIUTARE LO STATO CARAIBICO
- Intervista con padre Jean Desinord -
Sta assumendo proporzioni
catastrofiche il tragico bilancio delle alluvioni ad Haiti, causate dal
passaggio della tempesta tropicale Jeanne, che ora si dirige verso Bahamas e
Florida. L’ultimo bilancio, fornito dalla Croce Rossa e dalla missione delle
Nazioni Unite sull’isola caraibica, parla di 709 morti, centinaia di feriti e
di migliaia di persone senzatetto. Ma le cifre potrebbero ancora crescere. Il
servizio di Maurizio Salvi:
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A pochi mesi da una catastrofe
simile, che causò quasi duemila morti, la crudeltà delle intemperie è tornata
ad abbattersi su Haiti con il nome di Jeanne: non un tornado, bensì una
tempesta tropicale che nella vicina Repubblica dominicana ha causato soltanto
25 morti. Il fenomeno atmosferico ha colpito duramente il territorio haitiano,
per l’effetto moltiplicatore rappresentato qui dall’intenso processo di
deforestazione che priva il Paese caraibico di qualsiasi difesa naturale. E a
mano a mano che avanzano nelle regioni più colpite, dentro e intorno alla città
di Gonaives le squadre di soccorso ed i membri della forza di pace dell’ONU
presenti sull’isola si rendono conto delle dimensioni della devastazione e del
numero di vittime abbandonate nel fango. Senza denaro e senza mezzi, il presidente
haitiano Boniface Alexandre ha rivolto un appello alla comunità internazionale
durante il suo intervento a New York, davanti all’Assemblea generale dell’ONU.
Molti Paesi hanno cominciato ad inviare generi di prima necessità e soprattutto
acqua. Oltre alle vittime, infine, sono decine di migliaia i sinistrati,
ospitati in strutture di fortuna di ogni tipo. E di fronte a questa emergenza,
a Gonaives la cattedrale è stata trasformata in un enorme rifugio che accoglie
centinaia di senzatetto.
Maurizio Salvi per la Radio
Vaticana.
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La Comunità
internazionale si sta dunque mobilitando per aiutare la popolazione di Haiti.
ONU, Croce Rossa, Organizzazione Mondiale della Sanità e varie Ong sono già al
lavoro, mentre dai vari governi sono stati decisi i primi stanziamenti: finora
hanno risposto Stati Uniti, Commissione europea, Germania, Francia, Spagna,
Svizzera ed Argentina. Intanto, la missione delle Nazioni Unite ha smentito che
l’isola di La Tortue, a nord di Haiti, sia stata sommersa dalle acque in seguito
al passaggio dell'uragano Jeanne, come ipotizzato in un primo momento. Ma com’è
adesso la situazione? Lucas Duran lo ha chiesto a padre Jean Desinord, direttore
di Radio Soleil, l’emittente dell’arcidiocesi della capitale, Port-au-Prince:
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R. – Le ultime notizie non sono
buone. Da venerdì Haiti è sott’acqua. Ci sono due località – Gonaives e
Port-de-Paix – che sono particolarmente colpite.
D. – Qual è il morale della
popolazione?
R. – Il morale è molto basso.
Veramente molto basso. Non solo per queste città, dove si è verificata
l’inondazione, ma in tutto il Paese. La situazione economica di Haiti, oggi, è
molto difficile. Si deve pagare tutto. Anche se la gente volesse compiere gesti
di solidarietà con chi è stato colpito, è molto difficile. Quindi, oggi è molto
importante che la comunità internazionale porti il suo aiuto.
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LA MISSIONE EVANGELIZZATRICE
DELLA CHIESA,
LA PROMOZIONE DEL DIALOGO TRA LE GENTI E LA GMG
2005 A COLONIA:
SONO ALCUNI DEI TEMI AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA
PLENARIA D’AUTUNNO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA
- Intervista con il cardinale Karl Lehmann -
Si chiude
domani a Fulda, in Germania, l’Assemblea plenaria d’autunno della Conferenza
episcopale tedesca. Diversi i temi al centro dei lavori, che si sono aperti
lunedì: il cammino ecumenico, la questione della difesa del giorno festivo,
l’emigrazione e lo stato di preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù
di Colonia 2005. Su questo incontro il collega della redazione tedesca, Jürgen
Erbacher, ha raccolto il commento del cardinale Karl Lehmann, vescovo di Mainz
e presidente della Conferenza episcopale tedesca:
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R. – L’argomento principale di
quest’anno è la missione. La missione della Chiesa, specialmente a livello
universale. Poi, ci sono anche altre questioni, ad esempio, la catechesi in un
mondo che cambia. C’è, inoltre, da considerare un problema molto importante: in
Germania abbiamo circa mezzo milione di persone che non hanno permesso di
soggiorno, eppure vivono tra di noi, senza alcun diritto riconosciuto. La
Chiesa deve preoccupasi di questa gente.
D. – Lei ha detto che il tema
centrale è la missione …
R. – Negli ultimi decenni
l’attività missionaria della Chiesa si è sensibilmente ridotta. Da un lato, i
cristiani hanno un po’ perso la coscienza di questa missione, non hanno
abbastanza sensibilità nei riguardi della verità nel cristianesimo. Dall’altra
parte, c’è anche l’aspetto dell’aiuto allo sviluppo: ognuno si deve rendere
conto della necessità di aiutare le popolazioni in via di sviluppo. Ecco perché
il pensiero missionario deve rinnovarsi.
D. – Nell’agosto 2005, si
celebrerà la Giornata mondiale della gioventù a Colonia. A che punto sono i
preparativi, a dieci mesi dal grande evento?
R. – Credo che in questi giorni
sarà pubblicato il programma degli eventi più importanti. Sono partiti anche
gli inviti alla partecipazione a tutti i Länder. A partire dall’autunno,
infine, dovremo intensificare l’opera spirituale, con l’approfondimento di
diversi argomenti.
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CONSEGNATO IERI A PARIGI IL PREMIO UNESCO PER LA
PACE
AL
CARDINALE ETCHEGARAY E AL MUFTI DI BOSNIA ERZEGOVINA CERIC.
AI NOSTRI MICROFONI IL PORPORATO FRANCESE:
“SONO FELICE DI CONDIVIDERE QUESTO PREMIO CON UN
MUSULMANO”
Si è svolta ieri a Parigi la
cerimonia di consegna del premio dell’UNESCO “Felix Houphouet-Boigny per la
ricerca della pace 2003” al cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del
Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e al Gran Muftì di Bosnia Erzegovina,
Mustafà Ceric. Nella motivazione, letta dal presidente della giuria Henry
Kissinger, si sottolinea l’impegno dei due premiati nella diffusione del
dialogo tra le religioni, della tolleranza e della pace. Sul significato di
questo riconoscimento ascoltiamo il cardinale Etchegaray, intervistato da
Gabrielle de Jasay:
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JE
ME SENS A LA FOIS FIER ET AUSSI …
Mi sento fiero e nello stesso
tempo piccolo. Fiero perché si tratta di un premio prestigioso che sono felice
di condividere con un musulmano, un grande operatore di pace, il Gran Muftì di
Bosnia-Erzegovina, con il quale mi sono incontrato durante la guerra dei
Balcani e poi anche a Londra e a Davos. Allo stesso tempo mi sento molto
piccolo perché, come ho potuto costatare nell’esperienza maturata nelle
missioni affidatemi dal Santo Padre in numerosi punti caldi della terra, ci
troviamo di fronte al mistero dell’uomo. Infatti, dopo aver fatto tutto quello
che ci sembra possibile a favore della pace, dobbiamo fare i conti con
l’imponderabile segreto della coscienza. Neanche Dio può nulla davanti alla
coscienza dell’uomo che è libero. In definitiva è la coscienza che ha l’ultima
parola. Essa è più forte di tutte le ideologie, di tutte le strategie e persino
di tutte le religioni.
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LA VITA DI SAN GIOVANNI BOSCO IN UNA FICTION IN ONDA
QUESTA SERA E
DOMANI
SERA SU RAI UNO.
- Intervista con Flavio Insinna, Lina Sastri e
Lodovico Gasparini -
La Rai inaugura questa sera la
sua stagione di fiction storiche. E lo fa con “Don Bosco”, una coproduzione
italo-anglo-tedesca firmata anche dalla Lux Vide e diretta da Lodovico
Gasparini. Sul teleschermo le fasi salienti della vita di don Giovanni Bosco:
dalle umili origini alla scelta del sacerdozio, dall'impatto con la realtà dei
ragazzi affamati e sbandati alla creazione del primo oratorio e della casa
madre della congregazione dei Salesiani, fino alle accuse di sovversione. Don
Giovanni Bosco è interpretato da Flavio Insinna, che al microfono di Antonella
Palermo racconta le sue emozioni e le sue difficoltà nell’interpretare un
personaggio così straordinario:
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R. - Più che l’attore,
all’inizio, ha tremato l’uomo, perché man mano che leggi sai di andare ad
incontrare una persona straordinaria. Io ho cercato di leggere il più possibile
su Don Bosco, nonostante la bibliografia che lo riguarda sia enorme. Ha
realizzato sogni straordinari. Più leggevo e più, come dire, una parte di me
diceva: “Non sono in grado …”. Pian piano cerchi di farti girare dentro le cose
che credi almeno di cominciare ad individuare; quindi devi pensare ad un bambino
orfano ma che sogni di diventare il padre di migliaia di orfani, amico di Dio,
nello stesso tempo servo di Dio, che, in mezzo a problemi di sconfinata
vastità, miseria, fame, morte e dolore, riesce a trovare la forza di dire:
“Serviamo il Signore in allegria … con gioia!, ma non con la spensieratezza
della superficialità”. Negli oratori, quando lui si scatenava con i ragazzi,
c’era un’allegria che faceva tremare la terra.
D. – Lina Sastri, come si è
accostata a questo ruolo di madre di don Bosco?
R. – Con molta umiltà, provando
a mettermi nei panni di una persona molto più anziana di me, perché poi ho
fatto prima la madre di don Bosco bambino e poi di don Bosco adulto. Umiltà
come madre, come le madri sono, pronte a dare con carità aiuto e basta.
D. – Quali sono gli altri
caratteri della personalità di questo personaggio?
R. – Concretezza, fede e umiltà.
D. – Cosa ha imparato da questo
ruolo?
R. – A esserci senza voler
esserci per forza.
D. – Lodovico Gasparini, regista
di questa fiction, da che cosa si è fatto ispirare maggiormente?
R. – Sicuramente dai suoi
scritti, dalle memorie e da tantissime altre cose che sono state realizzate
sulla sua figura. Quello che mi ha convinto a fare questo progetto – ci lavoro
praticamente da un anno – è stata la sua estrema modernità. Se ci fossero oggi
tanti don Bosco, con lo stesso spirito, la stessa tenacia, con la stessa
generosità, altruismo e spirito di sacrificio soprattutto, si potrebbe fare
molto di più di quello che si fa; perché si occupa degli ultimi e penso che mai
come oggi ce ne sia bisogno.
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LA PROSA ITALIANA
RIUNITA A GENOVA
PER DISCUTERE SUL FUTURO DEL TEATRO PUBBLICO IN
ITALIA
- Intervista con Luca De Fusco -
L’Associazione Nazionale Teatri
d’Arte Drammatica ha presentato un “libro bianco” dedicato ai più recenti
risultati in tema di spettatori, incassi e lavori dei sedici Teatri Stabili
italiani. Il servizio di Luca Pellegrini:
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Dal Friuli alla Sicilia, dal
Piemonte alle Marche, i teatri pubblici italiani, tra i quali vanno ricordati
il Piccolo di Milano e il Biondo di Palermo, con i 179 spettacoli prodotti o
ripresi nel 2003 ed i molti progetti della prossima stagione, confermano la
loro missione tesa alla valorizzazione del patrimonio teatrale ed alla ricerca
di nuovi autori. Convenuti a Genova tutti i Direttori Artistici dei sedici teatri,
hanno discusso sul loro futuro e presentato un recentissimo studio, il cui contenuto
viene illustrato da Luca De Fusco, presidente dell’ANTAD.
R. - Innanzitutto bisogna fare
giustizia su una serie di luoghi comuni che si sono andati man mano
stratificando sui teatri pubblici italiani. Per esempio, si dice di noi che i
teatri stabili sono chiusi nei loro bunker e scambiano tra loro gli spettacoli
indiscriminatamente, impedendo al resto del teatro di agire. Scopriamo, invece,
da questi dati che su 552 compagnie ospitate da tutti i teatri pubblici
nell’anno 2003, soltanto 123 sono dei teatri stabili pubblici e 429 sono
privati. Quindi, con questo dimostriamo il contrario, e cioè che i teatri
stabili pubblici non sono solo la spina dorsale del teatro italiano, perché la
stragrande parte del teatro di qualità, la stragrande parte del teatro dei
grandi registi, è prodotto dai teatri stabili, ma anche che la nostra rete di
ospitalità, i nostri teatri come luoghi fisici, sono il sostegno della maggior
parte delle compagnie private di peso di questo Paese e che senza di noi avrebbero
difficoltà a sopravvivere.
D. - “Crisi” è la parola che
incombe anche sul panorama dell’attività teatrale italiana. Può essere
finanziaria o culturale …
R. - Per me
esistono tutte e due, ma sono di portata molto diversa. La crisi economica del
teatro italiano, e dei teatri stabili in particolare, è gravissima, non tanto
per gli ipotetici e minacciati, e poi ogni volta scongiurati, tagli al fondo
unico dello spettacolo, ma perché soprattutto i teatri stabili si vedono
penalizzati dai Comuni, dai loro stessi soci, che vedendosi trasferiti meno risorse
dallo Stato, tagliano proprio sulla cultura. Sulla crisi culturale abbiamo
tenuto un interessante seminario tra i direttori dei teatri pubblici e Luca
Ronconi e Maurizio Scaparro per interrogarci su dove deve procedere, dove deve
andare il teatro pubblico nei prossimi decenni. Certo, la società italiana è
molto diversa da quella degli anni ’60, dove i teatri si affermarono. E’ una
società più frammentaria. Può essere che noi abbiamo meno capacità di
rappresentarla di quanto non ne avessero i grandi maestri - Strehler, Grassi,
Chiesa, etc. - ma certo è che comunque il teatro rimane essenziale per la vita
della comunità. Lo è di più, per altre comunità, come quella tedesca, quella
francese e quella inglese. Ma abbiamo comunque fatto un lavoro di grande recupero.
Il nostro teatro è di gran lunga migliore ora che 100 anni fa. Ha fatto grandi
passi avanti. Se abbiamo dei momenti di crisi, dobbiamo scuoterci, proseguire
il cammino, perché anche in questo l’Italia deve diventare più europea.
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22
settembre 2004
UFFICIALMENTE
RESTITUITO ALLA CHIESA CATTOLICA DALLE AUTORITA’ VIETNAMITE
IL SEMINARIO MINORE DI HO CHI MINH-VILLE,
CONFISCATO DAL REGIME COMUNISTA NEL 1975 E CONVERTITO IN ISTITUTO DI RAGIONERIA
HO CHI MINH CITY. = Le autorità vietnamite hanno
ufficialmente restituito alla Chiesa cattolica il vecchio seminario minore di
Saigon - oggi Ho Chi Minh-Ville - confiscato dal regime comunista dopo la
riunificazione del Vietnam nel 1975 e convertito in una scuola di ragioneria.
La struttura, situata accanto al seminario maggiore di San Giuseppe, è stata
nel frattempo restaurata e farà posto ad un Centro culturale cattolico destinato
principalmente alla formazione pastorale dei sacerdoti, religiosi e laici. La
cerimonia della restituzione si è svolta lunedì scorso alla presenza delle
autorità civili e religiose dell’arcidiocesi. I nuovi locali sono stati
benedetti dall’arcivescovo di Ho Chi Minh-Ville, il cardinale Jean Baptiste
Pham Minh, che ha sottolineato come i tempi per la restituzione fossero ormai
maturi, perché la Chiesa vietnamita ha oggi più che mai bisogno di un personale
religioso e laico professionalmente preparato alle nuove sfide pastorali e
sociali che la attendono nel Paese. Oltre a fungere da istituto di formazione,
il nuovo centro ospiterà anche un museo sulla storia dell’evangelizzazione del
Vietnam dalle origini fino ai nostri giorni e una biblioteca cui potranno
attingere tutti i cattolici del Paese. (L.Z.)
LA RAPIDA ATTUAZIONE A SCOPO POLITICO
DELLE PIÙ SEVERE LEGGI ISLAMICHE
NELLA NIGERIA DEL NORD COMPORTA UN INTENSIFICARSI DELLE
VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI.
QUESTA, LA DENUNCIA DELL’ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA,
HUMAN RIGHTS WATCH,
IN UN RAPPORTO DI 111 PAGINE PRESENTATO IERI
- A cura di Roberta Moretti -
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LAGOS. = I diritti umani in
Nigeria sono apertamente violati dall’introduzione e dall’applicazione, negli
ultimi 4 anni, dei codici basati sulla sharia, la legge islamica così
come interpretata da alcune scuole di pensiero e in particolare da quella di
Maliki, dominante nei 12 Paesi settentrionali del grande Stato africano. Questa,
la denuncia dell’organizzazione non governativa Human Rights Watch, in un
rapporto di 111 pagine presentato ieri. Una popolazione “grossolanamente divisa
tra cristiani e musulmani”, quella Nigeriana, secondo HRW, “nel momento della
lotta politica per il potere e nella competizione per il benessere”. La mancanza
di assistenza legale, le testimonianze estorte con la tortura e l'inadeguato
addestramento dei giudici delle corti musulmane sono elementi costanti della sharia
nel Paese africano, che è stata “potenziata a fini politici”, causando “abusi e
violazioni, in particolare per le donne”. La discriminazione, quale fattore
culturale prima che giuridico, è evidente nei casi di condanna alla lapidazione
per zina, ossia adulterio o rapporto sessuale consensuale al di fuori
del matrimonio. Ma ancora, le donne sono vittime in tutto il Paese di pratiche
quali il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali, la discriminazione
sociale e professionale, la violenza da parte delle forze di sicurezza, la
violenza domestica e il traffico schiavistico.
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DRAMMATICA VICENDA PER UN POLITICO CRISTIANO
RESIDENTE NELLA REGIONE PAKISTANA DEL PUNJAB:
RAPITO,
TORTURATO E MINACCIATO DI MORTE PER DUE VOLTE DOPO AVER DENUNCIATO PER
CORRUZIONE UN AMMINISTRATORE MUSULMANO,
IL CRISTIANO E’ STATO ANCHE ACCUSATO INGIUSTAMENTE
DI BLASFEMIA
LAHORE.
= Il politico cristiano Yousaf Naz, residente nella regione pakistana del
Punjab, è stato rapito, torturato e minacciato di morte per due volte dopo aver
denunciato per corruzione un amministratore musulmano. I fatti sono avvenuti nei
mesi scorsi, ma solo di recente Yousaf si è rivolto a organizzazioni non governative
per far conoscere la sua situazione. A febbraio, il politico aveva presentato
una richiesta per i fondi economici destinati alla comunità cristiana, ma mai
consegnati. Si è scoperto allora che i fondi erano stati usati dal presidente
della Consiglio distrettuale, il musulmano Raja Ifthikar Shahzad, appoggiato
dalla polizia locale. La notizia è stata resa pubblica, insieme ad altri casi
di corruzione di Raja. Dopo 2 giorni, Yousaf viene rapito da 4 uomini armati,
che lo picchiano e gli distruggono il negozio. Le forze dell’ordine, informate
del fatto, non hanno preso però alcun provvedimento. Ad aprile la stampa locale
ha riportato in modo dettagliato i casi di corruzione di Raja e il Consiglio ne
ha condannato l’operato, dando ragione a Yousaf. Raja – insieme ad estremisti
religiosi locali – ha reagito accusando Yousaf di blasfemia, senza però
riuscire a farlo incriminare. Di nuovo il politico cristiano viene rapito il 26
maggio insieme a suo fratello, Sakeel Shehraz: portati a 200 miglia dalla loro
casa, sono minacciati di morte alla presenza di Raja. I due, comunque, sono
riusciti a scappare, perdendo però tutti i propri beni. Anche in questo caso,
Yousaf ha sporto denuncia alle autorità locali, senza ricevere risposta. Ong e
gruppi per la difesa della libertà religiosa si sono rivolti al presidente
Musharaf per chiedere l’avvio di indagini sui fatti e per assicurare protezione
a Yousaf e ai suoi familiari. In Pakistan vige una legge, introdotta nel 1986,
che prevede l’ergastolo per chi offende il Corano e la pena capitale per diffamazioni
contro Maometto. La norma continua però ad essere utilizzata come mezzo per
regolare questioni private. Di recente è stata parzialmente corretta, punendo
con la morte chi sostiene accuse di blasfemia false. Anche nella nuova
versione, comunque, la legge prevede la pena capitale per i diffamatori
dell’Islam. (R.M.)
“SOLO IL
DIALOGO TRA LE PARTI PUO’ PORTARE A UNA PACE GIUSTA E DUREVOLE PER LE
POPOLAZIONI DEL DARFUR”.
QUESTO
L’INCORAGGIAMENTO DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO IN UN COMUNICATO DIFFUSO IERI,
IN SEGUITO ALLA SOSPENSIONE DEI COLLOQUI DI ADDIS ABEBA E ABUJA PER STABILIRE
LA PACE NELLA REGIONE SUDANESE
ROMA. = “Solo il dialogo tra le parti può portare a
una pace giusta e durevole per le popolazioni del Darfur”: lo afferma in un
comunicato la Comunità di Sant’Egidio che, avendo partecipato in qualità di
osservatore ai colloqui di pace di Addis Abeba e di Abuja, si augura che l’attuale
sospensione non pregiudichi il prosieguo della trattativa e, pur conoscendo le
difficoltà insite nel processo di pace, incoraggia le parti a riprendere appena
possibile i colloqui. Il comunicato sottolinea che “durante la prima sessione
negoziale sono stati fatti alcuni passi avanti per permettere il libero accesso
da parte delle agenzie umanitarie a tutto il Darfur”. La Comunità ha espresso
“il suo sostegno all’iniziativa dell’Unione Africana e la disponibilità a ogni
ulteriore intervento per facilitare la ripresa degli incontri”, sollecitando
“la massima attenzione e l’intervento della comunità internazionale e in primo
luogo delle Nazioni Unite”. “E proprio alla condizione delle vittime, dei
profughi e dei rifugiati è rivolta in primo luogo l’attenzione della Comunità
di Sant’Egidio in questi mesi, con l’invio di convogli di aiuti al campo di Farchana
in Ciad”, conclude il comunicato. La regione sudanese del Darfur è scenario da
molti anni di una guerra che ha causato decine di migliaia di morti e più di
600 mila sfollati negli Stati confinanti. (R.M.)
A
TRE ANNI DALLA SCOMPARSA, IL PADRE GIOVANNI GIORGIANNI E’ STATO RICORDATO OGGI
DA PARENTI, AMICI E COLLEGHI CON UNA MESSA NELLA CAPPELLA DELLA RADIO VATICANA. UNA CERIMONIA INTENSA DI RICORDI E DI
COMMOZIONE
- A cura di Franca Salerno -
CITTA’ DEL VATICANO.
= Con una Messa nella cappella della Radio Vaticana, celebrata dal direttore
dei Programmi, padre Federico Lombardi e dai PP. Bernard Holl (S.J.) e Vito
Magno (R.C.I.), è stato ricordato il padre Giovanni Giorgianni, scrittore e
giornalista, già responsabile di Orizzonti Cristiani. Padre Lombardi ha posto
in evidenza che “la partenza del padre Giovanni dalla comunità della Radio Vaticana
e da questo mondo non ha intaccato il suo ricordo che è vivo nella memoria
e le sue parole continuano a donare a tutti gioia, conforto e serenità”.
Presenti le rappresentanze dei vari settori della Radio vaticana, i parenti,
gli amici, fra cui il prof. Dario Spallone che lo ha assistito con fraterna
amicizia. All’Omelia, padre Lombardi ha chiesto a Marco Cardinali, nuovo
responsabile di Orizzonti Cristiani, di leggere una preghiera scritta dal padre
Giorgianni sui Discepoli di Emmaus, di cui si era letto il Vangelo. Commovente
l’attestato di affetto che al termine della celebrazione eucaristica hanno
voluto rendere alcuni dei presenti, con parole vibranti di commozione. “Padre
Giorgianni era un uomo che sorrideva – ha riferito Luciano D’Andrea - non
vorrebbe lacrime, ma gioia”. “Padre Giovanni – ha aggiunto Fatima Picardi - mi
ha donato luce come il più affettuoso dei padri”. “E’ stato un maestro nella
professione e nella vita”, ha concluso Silverio Peretti. Padre Giorgianni era
un uomo di profonda fede e sacerdote di grande spiritualità; nella sua vita ha
messo a servizio dell’evangelizzazione le sue doti di convincente comunicatore.
Autori di libri e testi radiofonici, possedeva una sensibilità spirituale,
dalla quale si era immediatamente coinvolti. Le sue opere hanno ricevuto numerosi
riconoscimenti nazionali.
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22 settembre 2004
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Baghdad ed un sito internet legato all’estremismo
islamico continuano ad essere infestati dai semi dell’odio e della violenza. La
capitale irachena è stata scossa, questa mattina, da un ennesimo attentato
avvenuto in un’affollata zona commerciale del quartiere di Al Jamia.
L’esplosione di una autobomba, nei pressi di un centro di reclutamento della
Guardia nazionale irachena, ha causato, secondo quanto riferito da fonti
ospedaliere, la morte di almeno 11 persone. Nel quartiere di Sadr City sono
rimasti uccisi, inoltre, quindici iracheni in seguito a furiosi scontri
scoppiati, nelle ultime ore, tra miliziani sciiti e soldati americani. E su
internet è stata annunciata una nuova barbara esecuzione. Il nostro servizio:
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Il gruppo del terrorista giordano, Abu Musab al
Zarqawi, ha dichiarato ieri sera di aver ucciso anche il secondo dei tre
ostaggi occidentali rapiti giovedì scorso a Baghdad. Si tratta dell’americano
Jack Hensley, che proprio oggi avrebbe compiuto 49 anni. Le autorità non
sono ancora in grado di confermare l’attendibilità del messaggio ma il ministero dell’Interno iracheno
ha reso noto che un corpo decapitato è stato rinvenuto in un quartiere occidentale della capitale. Il
corpo è stato successivamente consegnato all’ambasciata degli Stati Uniti dove
è in corso il processo di identificazione. I rapitori hanno lanciato, inoltre, un nuovo
ultimatum di 24 ore minacciando di uccidere anche il terzo prigioniero, il
britannico Kenneth Bigley, se non saranno rilasciate le donne detenute nelle carceri di Abu Ghraib e Umm
Qasr. Le uniche irachene prigioniere in
questi penitenziari sarebbero due scienziate. Il ministro iracheno della
Giustizia ha annunciato che potrebbe essere presto rilasciata Rihab Taha, conosciuta
come “dottoressa Germe” ed esperta di armi biologiche al servizio del deposto
regime di Saddam Hussein. Il ministro ha aggiunto che la decisione non è
legata alle richieste dei sequestratori. E’ stata
invece esclusa, per il momento, la liberazione dell’altra donna detenuta, la scienziata Houda Saleh Mehdi
Amash, soprannominata dottoressa Antrace, che rappresenterebbe ancora una minaccia
per la sicurezza nazionale irachena. Sulla vicenda delle due italiane
sequestrate in Iraq, Simona Pari e Simona Torretta, sembra aprirsi infine
qualche spiraglio. Fonti di intelligence parlano di un “canale” individuato
nelle ultime ore che potrebbe rivelarsi “valido”.
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L’Afghanistan, dopo un ventennio di devastazioni, è sulla strada del
recupero ma “ha bisogno della collaborazione internazionale”. Lo ha detto il
presidente afgano Hamid Karzai che il prossimo 9 ottobre andrà all’esame degli
elettori. Sul terreno, il Paese asiatico continua ad essere colpito dalle
violenze: fonti militari americane hanno reso noto che lunedì scorso tre
soldati statunitensi sono stati uccisi in seguito a combattimenti avvenuti
nella provincia orientale di Paktia. Intanto, almeno 10 afgani sono stati
liberati, su richiesta di Kabul, dalla prigione statunitense di Guantanamo,
nell’isola di Cuba.
Le complesse situazioni in Iraq e in Afghanistan sono state ieri al
centro del dibattito a New York: la 59.ma Assemblea generale dell’Onu ha visto
un nuovo confronto fra il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan,
ed il presidente degli Stati Uniti, George Bush. Il servizio, da New York, di
Paolo Mastrolilli:
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Il Palazzo di Vetro, ieri, è
diventato il teatro di un nuovo confronto tra il presidente Bush ed il
segretario generale dell’ONU Annan durante i discorsi per l’apertura
dell’Assemblea generale. Nel giorno in cui un sito islamico ha annunciato
l’uccisione del secondo ostaggio americano in Iraq, il capo della Casa Bianca
ha difeso la guerra anche dalle accuse del suo sfidante democratico John Kerry,
dicendo che una coalizione di Nazioni ha fatto rispettare le giuste richieste
del mondo a Baghdad. Bush ha rivendicato gli interventi in Afghanistan e in
Iraq come operazioni necessarie per contrastare la minaccia terroristica che si
è manifestata ancora in Russia nel massacro di Beslan. Il presidente ha
avvertito che gli attentati aumenteranno in vista delle elezioni a Kabul e a
Baghdad. Ha aggiunto che queste difficoltà non devono scuotere la convinzione
che il futuro dei due Paesi sarà un futuro di libertà. Il capo della Casa
Bianca ha detto che l’Afghanistan e l’Iraq saranno un modello per tutto il
Medio Oriente, sollecitando i membri dell’ONU a fare di più per aiutarli, e ha
chiesto ad Israele di congelare gli insediamenti e di terminare l’umiliazione
dei palestinesi. Prima di lui aveva parlato Annan che solo qualche giorno fa
aveva definito “illegale” la guerra in Iraq. Il segretario generale ha detto
che il “diritto” è a rischio in tutto il mondo: dal Sudan all’Uganda, dal Medio
Oriente alla Cecenia vengono calpestate le leggi fondamentali sul rispetto
delle vite innocenti dei civili e soprattutto dei bambini. Sull’Iraq, ha
criticato tanto gli atti di terrorismo quando gli abusi commessi dagli americani
nel carcere di Abu Ghraib, e quindi ha lanciato un ammonimento: “Nessuno è al
di sopra della legge”.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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In Libano i servizi di sicurezza italiani hanno
sventato un attentato all’ambasciata italiana a Beirut organizzato da una
cellula salafita libanese. Gli attentatori avevano intenzione di far esplodere
un’autobomba con 300 chili di esplosivo guidata da un kamikaze. I terroristi,
secondo quanto si apprende da fonti libanesi, avevano già organizzato sopralluoghi,
filmato immagini e acquistato parte dell’esplosivo necessario per l’attentato.
Restiamo in Libano. Il piano di ritiro di
circa tre mila soldati siriani da Beirut ed il loro dispiegamento lungo il
confine con la Siria non convince il governo israeliano. Il premier dello Stato
ebraico, Ariel Sharon, ha espresso scetticismo, infatti, per il riposizionamento
delle truppe siriane presenti in Libano con oltre 20 mila soldati.
“L’iniziativa – ha dichiarato Sharon – non comporta alcun reale cambiamento
della politica di Damasco”. Il primo ministro ha anche definito
prematuro un rilancio dei negoziati di pace con la Siria, aggiungendo che il
governo di Damasco deve ancora dare prova di “serietà”. Sulla situazione nei
Territori, Sharon ha ribadito, intanto, la volontà di sottoporre il piano di
ritiro da Gaza all’esame del Parlamento, al massimo entro i primi di novembre,
ed ha aggiunto che, “al momento opportuno, Arafat avrà quello che merita”.
I 25 Paesi dell’Unione Europea hanno deciso oggi di revocare l’embargo
nei confronti della Libia. La decisione, che cancella tutte le restrizioni
militari ed economiche e le sanzioni imposte al governo di Tripoli da 12 Stati
europei nel 1986, sarà ratificata dai ministri degli Esteri dell’UE nella
riunione del prossimo 11 ottobre a Lussemburgo.
Riprendere
senza condizioni i negoziati a 6 (Stati Uniti, Cina, Russia, le due Coree e Giappone)
sulla crisi nucleare. È l’invito lanciato alla Corea del nord da Giappone e
Corea del sud, al termine di un incontro a Tokyo fra i loro rappresentanti
diplomatici. “Non c’è fretta”, ha ribadito comunque il presidente sudcoreano,
Roh Moo Hyun: “L’importante – ha detto - è che si arrivi ad una soluzione,
anche dopo le elezioni presidenziali in America”.
A spoglio delle schede non ancora ultimato,
l’ex generale Yudhoyono è già al lavoro per formare il nuovo governo indonesiano.
Lo scrutinio – arrivato al 75 per cento delle schede – gli attribuisce,
infatti, un vantaggio difficilmente colmabile dalla presidente in carica,
Megawati Sukarnoputri. Proprio al candidato vicepresidente di Megawati,
l’islamico moderato Hasyim Muzadi, Yudhoyono ha offerto a sorpresa il ministero
delle Religioni, ricevendo però un rifiuto. Il nuovo esecutivo entrerà in
carica il prossimo 20 ottobre.
Incidente ferroviario in Italia. Sulla linea Potenza-Foggia è
deragliato, questa mattina, un treno provocando la morte di due persone.
È Valerio Onida il nuovo presidente della Corte Costituzionale
italiana. Sessantotto anni, milanese, professore di diritto costituzionale, è
il 28.mo presidente della Consulta, e succede a Gustavo Zagrebelsky. Nominato
giudice costituzionale dal Parlamento nel 1996, Onida resterà in carica fino al
30 gennaio 2005.
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