RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
264 - Testo della trasmissione di lunedì 20 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
‘La Croce di Gesù come
risposta di Dio allo scandalo del male nel mondo’: le parole del Papa ieri
all’Angelus commentate da mons. Cosmo
Francesco Ruppi e da Massimo Cacciari.
OGGI IN PRIMO PIANO
Alle elezioni regionali in Germania vince la
protesta: salgono neo-nazisti e post-comunisti. Puniti socialdemocratici e
cristiano-democratici. Il parere di Angelo
Paoluzi
CHIESA E SOCIETA’:
Prosegue a Roma il
Capitolo delle missionarie comboniane
Marcia per la pace sabato scorso a Nairobi, in
vista della Giornata mondiale per la pace
Iraq:
Saddam Hussein ha chiesto la grazia. Continuano le violenze: uccisi due
religiosi sunniti. La Croce Rossa resta nel Paese anche con il pericolo di
attentati e sequestri
Appello
del presidente Ciampi: bisogna dire “no” al disegno “diabolico” dei terroristi
che vogliono lo scontro di civiltà.
20 settembre 2004
LA CROCE DI GESU’ COME RISPOSTA DI DIO ALLO SCANDALO DEL
MALE NEL MONDO:
LE
PAROLE DEL PAPA IERI ALL’ANGELUS COMMENTATE DALL’ARCIVESCOVO DI LECCE,
COSMO
RUPPI, E DAL FILOSOFO MASSIMO CACCIARI
Il Papa ieri all’Angelus è
tornato a parlare dello “scandalo del Male” nel mondo. In particolare ha fatto
riferimento allo sconvolgente dilagare del terrorismo che turba ed inquieta le
coscienze, suscitando nei credenti la sofferta domanda che ricorre nei Salmi:
“Perché, Signore? Fino a quando?”. Di fronte al mistero del Male, Dio risponde
con la Croce del Figlio: “Nella morte di Gesù s’incontrano l’apparente trionfo
del Male e la vittoria definitiva del Bene; il momento più buio della storia e
la rivelazione della gloria divina”. Ma su
queste parole del Papa ascoltiamo il commento dell’arcivescovo di Lecce, Cosmo
Francesco Ruppi, intervistato da Sergio Centofanti:
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R. – Il problema che ha toccato
il Papa è il problema che la gente si pone continuamente. Perché il Male?
Perché il Signore non lo impedisce? Ritorniamo al grosso problema della libertà
dell’uomo. Il Signore non vuole il Male. Il Male esiste perché l’uomo è libero
di scegliere e deve scegliere il Bene. Non può, Iddio, bloccare il Male perché
distruggendo il Male distruggerebbe la libertà dell’uomo. Distruggendo la
libertà dell’uomo distrugge la Redenzione, distrugge la salvezza, distrugge
l’umanità.
D. – Il Papa ha detto che Dio ha
risposto a questo angoscioso interrogativo che si sprigiona appunto dallo
scandalo del Male, non con una spiegazione di principio ma con il sacrificio
del proprio Figlio sulla Croce ...
R. – ... e ci ha dato la
risposta migliore, perché sul piano del ragionamento non troveremo mai una
soluzione all’angoscioso problema della libertà e della prescienza di Dio. Ma
il Signore ha risposto offrendo il suo Figlio in riscatto del Male. Il Figlio
di Dio che sulla Croce muore, muore per la salvezza dell’uomo e per sconfiggere
il Male. Il Papa ha detto che il Male non si sconfigge con un teorema, ma si
sconfigge con la fede nel Cristo, nel Cristo crocifisso e risorto.
D. – Di fronte a quello che il
Papa ha detto – “lo sconvolgente dilagare del terrorismo” – che cosa si può
fare?
R. – Accrescere la fede e il
dialogo tra le religioni. Quando i cristiani avranno tanta fortezza di fede da
saper dialogare con gli altri, aiutare le altre religioni ad entrare nella
tolleranza, nella libertà, noi toglieremo la radice del terrorismo. Ma c’è
anche un’altra radice sulla quale io vorrei fermarmi un secondo, ed è la
povertà. Il terrorismo nasce anche da ambienti estremamente poveri: dove c’è
povertà, dove c’è miseria, lì c’è il terrorismo, lì c’è guerra. Diceva bene
Paolo VI: il modo migliore per sconfiggere la guerra e il terrorismo, è lo
sviluppo. E Giovanni Paolo II lo ha detto un milione di volte.
D. – Sempre all’Angelus il Papa
ha detto: la Croce di Cristo è per i credenti icona di speranza; il credente
dalla Croce trae conforto e coraggio ...
R. – Il Papa ha commentato la
parola che noi diciamo il Venerdì Santo: “Ave Crux, spes mea!”. La Croce è la
speranza, non soltanto del malato, del sofferente, ma anche di ogni cristiano.
Guardando la Croce e pensando alla sofferenza di Cristo, io mi sento rianimato
e mi sento incoraggiato a combattere contro il Male, contro la miseria, contro
la povertà.
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Ma come vede un “non
credente” il sacrificio di Cristo sulla Croce? Fabio Colagrande lo ha chiesto
al filosofo Massimo Cacciari:
**********
R. – Per me, è evidente che il
sacrificio di Cristo è il grande simbolo del venir meno di ogni sacralità nella
violenza. Dopo la Croce, nessuna violenza è più giustificata, ma ciò non
significa che non continui il Male e che non continui, appunto, una
ingiustificata violenza. Il grande valore della Croce sta proprio nel
delegittimare ogni pretesa da parte della violenza, di essere giusta. Tutta la
nostra civiltà occidentale si basa su quel segno di contraddizione, che è
appunto la morte di Dio e la sua gloria, il suo trionfo. E quindi, certo, tutta
la nostra civiltà, tutto il nostro pensiero si regge su questa contraddizione.
Però, appunto, ripeto, sarebbe del tutto fuorviante, del tutto sbagliato ritenere
che quel simbolo metta fine al Male. Mette fine ad ogni giustificazione del
Male, cioè ci rende completamente colpevoli laddove noi operiamo in modo
violento, laddove noi facciamo Male.
D. – Quindi, chiedersi dov’è Dio
di fronte agli orrori del terrorismo è una domanda sbagliata?
R. – Certamente sì. Da un punto
di vista teologico-filosofico, è una domanda perfettamente senza senso, perché –
appunto – Dio ci ha rivelato con il sacrificio del Figlio che il nostro essere
violenti non può avere alcuna giustificazione e che nessuna violenza può
salvare, nessuna violenza può redimere. Quindi, ha del tutto ‘massacrato’ i
fondamenti di legittimità e di giustificazione di coloro che operano
violentemente nella storia, con la pretesa di instaurare in questo secolo il
Regno della pace, il Regno di Dio, eccetera ... Ma, insomma, basta leggere
l’Apocalisse, no? La Gerusalemme celeste scende dal cielo e sono nuovi cieli e
nuove terre ...
D. – La Croce è icona di
speranza; per chi non crede, rimane un simbolo incomprensibile, irrazionale?
R. – No, assolutamente. E’ del
tutto chiaro, mi pare, che soltanto attraverso quel simbolo, in quel simbolo,
io posso capire – capire! – che sono del tutto colpevole del mio fare il Male.
E posso capire anche da non credente che non ce la farò mai da solo a guarire,
a salvarmi da questa radicale colpevolezza!
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UDIENZE
Il Papa ha ricevuto oggi nel
Palazzo Apostolico a Castel Gandolfo in successive udienze l’arcivescovo Ivan
Jurkovič, nunzio apostolico in Ucraina, e un gruppo di presuli della
Conferenza Episcopale della Colombia, in visita "ad Limina”, tra cui il
cardinale Pedro Rubiano Sáenz,
arcivescovo di Bogotá, con gli ausiliari, e mons.
Fabian Marulanda Lopez, vescovo emerito di Florencia, segretario generale
Conferenza Episcopale colombiana.
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“Il perché dell’uomo. La
risposta di Dio” è il titolo che apre la Prima Pagina in riferimento
all’Angelus Domini nel quale Giovanni Paolo II si fa carico dell’angoscia
dell’uomo del Terzo Millennio, sconvolto dal dilagare del terrorismo e
dall’apparente trionfo del male per richiamare l’unica fonte di speranza: la Croce
di Cristo, icona della vittoria definitiva del bene. A seguire, Iraq: la vita
del Paese segnata dall’orrore divenuto ordinario; Russia: scontri armati nel
Daghestan tra soldati e presunti terroristi.
Nelle pagine vaticane,
l’intervento dell’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per
la Dottrina della fede al Convegno pastorale Diocesano di Aversa.
Nelle
pagine estere, Cina: Jang Zemin lascia anche il comando dell’esercito, l’ultima
carica che aveva conservato; Irlanda del Nord: conclusi i negoziati senza
l’accordo per ripristinare le istituzioni autonome; Sudan: l’Onu approva la
risoluzione sul Darfur. Il Governo di Khartoum la contesta, ma s’impegna a
rispettarla. L’intervento della Santa Sede alla XLVII sessione della Conferenza
Internazionale dell’Educazione.
Nella
pagina culturale, un articolo sulla statua di “Santa Teresa de Jesus de los
Andes” dell’artista cileno Juan Eduardo Fernandez Cox che presto sarà collocata
in Vaticano.
Nelle
pagine italiane, i temi della finanziaria e del maltempo. A Napoli fedeli in
preghiera per le due volontarie rapite in Iraq.
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20
settembre 2004
ALLE ELEZIONI REGIONALI IN GERMANIA VINCE LA
PROTESTA: SALGONO NEO-NAZISTI
E
POST-COMUNISTI. PUNITI SOCIALDEMOCRATICI E CRISTIANO-DEMOCRATICI.
-
Intervista con Angelo Paoluzi -
Sei milioni di elettori tedeschi ieri al voto, per
rinnovare le amministrazioni locali di Sassonia e Brandeburgo. E dalle regioni
di Dresda e Potsdam, fino a 15 anni fa nella Germania dell’est, è uscito un
segnale forte contro il governo. Il servizio di Andrea Sarubbi:
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L’altra
faccia della Germania, quella della disoccupazione al 20 per cento e
dell’economia stagnante, ha votato contro Berlino. Contro il governo Schröder
ed i suoi recenti tagli allo Stato sociale, ma anche contro i cristiano
democratici, accusati di aver tradito le promesse fatte con la caduta del muro.
Non è casuale, dunque, la crescita dei postcomunisti, seconda forza politica in
entrambi i Länder: dietro la Cdu in Sassonia, dietro la Spd in Brandeburgo. Ma
più che i numeri e le percentuali – in entrambi i casi, si arriverà ad un
governo di ampia coalizione fra i due grandi partiti di centro – fanno notizia
i flussi elettorali: i voti persi dai partiti di Schröder e Schüssel sono
finiti anche molto a destra, premiando la politica anti-immigrazione delle due
forze neonaziste: clamorosa, in Sassonia, l’affermazione della Npd, fino
all’anno scorso fuorilegge: con oltre il 9 per cento è entrata, dopo 36 anni,
nel Parlamento regionale. Situazione simile in Brandeburgo, dove la Dvu si è
confermata sopra la soglia di sbarramento, arrivando al 6 per cento. La
comunità ebraica lancia l’allarme, i leader degli altri partiti abbandonano i
dibattiti televisivi per protesta. E Berlino, da ieri, ha un problema in più.
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Secondo gli
analisti, l’inaspettata vittoria di due forze neonaziste, al 9 per cento in
Sassonia ed al 6 in Brandeburgo, è da considerarsi un voto di protesta contro
le riforme del governo di Berlino, che non hanno saputo arginare la disoccupazione.
Ad Angelo Paoluzi, già direttore del
quotidiano Avvenire ed esperto di questioni tedesche, Lucas Duran ha chiesto se
questa ascesa degli schieramenti neonazisti sia davvero preoccupante:
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R. – Ci dobbiamo sempre
preoccupare quando fette così consistenti dell’eletto-rato danno dei voti che,
a destra e a sinistra, escono fuori dalla logica della democrazia: sempre ci
dobbiamo preoccupare. Comunque, personalmente, ritengo che, al di là di ciò che
qualche commentatore un po’ preoccupato ha scritto, ritengo che la Germania sia
sufficientemente vaccinata contro qualche demone totalitario. Sulla propria
pelle sono passati 12 anni di nazismo, una parte della Germania sulla propria
pelle ha avuto 40 anni di comunismo ... oggi come oggi l’opinione pubblica è
convintamente democratica.
D. – Tra l’altro, poi, stiamo
parlando di regioni dell’ex-Germania Est, quindi anche a livello economico c’è
un grave problema ...
R. – Certo, certo che ci sono
dei gravi problemi. Tra l’altro, di fronte alle riforme che il governo Schröder
sta prospettando ed ha approvato – ha approvato insieme ai democristiani in
Parlamento! – c’è uno scontento, anche perché in Germania orientale i
disoccupati sono il doppio rispetto a quelli della Germania occidentale, fra
l’altro con una fuga di cervelli calcolata in pochi anni sul milione, milione e
mezzo, e questo impoverisce la struttura sociale. Ovviamente, dove c’è una
struttura sociale impoverita, c’è meno cultura e dove c’è meno cultura il virus
di destra prolifera; e anche quello di sinistra.
D. – Vedendolo invece con gli
occhi dei grandi partiti – la Cdu, i cristiano-democratici, e Spd, i
socialdemocratici – come si possono valutare, dalla loro prospettiva, queste
elezioni?
R. – Bè, ecco, diciamo che la
sorpresa viene dalla Cdu che era in ripresa alle ultime regionali, altrove, e
che invece in queste altre due regioni ha avuto un crollo notevole,
specialmente poi – sorprendente! – in Sassonia. In questo senso, i
socialdemocratici, nonostante l’offensiva antigovernativa della destra e
l’offensiva antisocialista del Psd, dei comunisti, ha tenuto abbastanza bene.
Ma quello che preoccupa è che probabilmente il governo non riuscirà a
recuperare l’opinione pubblica. Sta facendo una serie di riforme, alcune
necessarie, altre meno, il cui torto è quello di non essere state – forse – bene
spiegate. Oltretutto, dopo che il governo socialdemocratico di Schröder, negli
anni precedenti, ha favorito le industrie permettendo loro, attraverso
incentivi di andarsene dal Paese.
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RICORRE OGGI LA
MEMORIA LITURGICA DEI 103 MARTIRI COREANI
CHE IL PAPA CANONIZZO’ VENTI ANNI FA
- Intervista con padre Francesco Bernardi -
Ricorre oggi la
memoria liturgica di Sant’Andrea Kim, Paolo Chong e degli altri martiri
coreani. Sono 103 testimoni del Vangelo, in gran parte laici, che portarono la
fede in Corea all’inizio del XIX secolo e furono uccisi nel corso di persecuzioni
durate oltre trent’anni. Il Papa li ha canonizzati nel 1984 a Seoul dinanzi a
due milioni di persone. Ascoltiamo il servizio di Ignazio Ingrao.
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“Una
comunità unica nella storia della Chiesa per il fatto che è stata fondata interamente
dai laici”. Giovanni Paolo II venti anni fa a Seoul descriveva così la
straordinaria esperienza della Chiesa coreana, sopravvissuta senza vescovi né sacerdoti
a tre decenni di persecuzioni. Furono martirizzati più di 10 mila cristiani e
“anche oggi il loro spirito immortale – disse il Papa in Corea – sostiene i
cristiani della Chiesa del Silenzio nel Nord di questo Paese, tragicamente
diviso”. Abbiamo chiesto a padre Francesco Bernardi, missionario della
consolata, cosa resta oggi in Corea del Sud del seme gettato da questi martiri.
R. –
Questa presenza di eroismo si vive, si sente e si apprezza ancora oggi. Io ricordo
quando anni fa mi trovavo a Seoul e sono voluto andare anch’io a pregare presso
il luogo che ricorda i martiri coreani, che tra l’altro è un bellissimo
giardino che facilita la riflessione. Vedevo che non ero solo e che c’erano
altre persone: coreani, credenti ed anche non credenti. Vedevo suore, vedevo
giovani che si soffermavano a leggere ed anche a meditare.
D. - Qual è oggi il ruolo dei
laici nella Chiesa coreana?
R. – Noi missionari della
Consolata siamo presenti in Corea. Siamo circa 13 e siamo presenti dal 1988. La
prima impressione che abbiamo avuto è che non possiamo prescindere dai laici. E
parlando dei laici direi che non possiamo prescindere dal ruolo delle laiche.
Se potessi usare una battuta, direi che la Chiesa cattolica della Corea è una
Chiesa fondata sulle donne, proprio per l’apporto specifico che le donne danno
alla vita della Chiesa. Quindi, il ruolo dei laici è un ruolo non soltanto
organizzativo, ma è anche un ruolo di pungolo, un ruolo di apertura, un ruolo
che stimola i loro sacerdoti ad un maggior impegno, ad una visione anche più
pastorale dell’annuncio del Vangelo.
D. - Come è la situazione della
Chiesa cattolica in Corea del Nord?
R. – Non ci sono tante
informazioni. Rari testimoni, che sono potuti andare in quel Paese, dicono che
c’è in corso un processo di liberalizzazione. Si è sviluppata una maggiore
libertà religiosa, incominciata negli anni ’80 con, ad esempio, l’inaugurazione
di nuovi templi buddisti, chiese cristiane, tra cui anche quella cattolica di
Chang Chung. Vi sono monaci benedettini che lavorano già all’interno del Paese,
godendo della stima dei funzionari nord coreani. Questo va tenuto presente e va
ricordato. Ma siamo a livelli ancora molto iniziali.
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20
settembre 2004
IL SEGRETARIO DI STATO
VATICANO, CARDINALE ANGELO SODANO,
INSIGNITO DEL PREMIO “PATH TO PEACE 2004”, PER L’IMPEGNO
PROFUSO
PER LA CAUSA DELLA PACE. LA CERIMONIA OGGI A NEW
YORK
NEW YORK. = Il cardinale
segretario di Stato vaticano, Angelo Sodano, riceverà oggi a New York il Premio
“Path to Peace 2004”, assegnato annualmente dalla Fondazione omonima. Il Consiglio
della Fondazione ha deciso l’attribuzione all’unanimità, desiderando
sottolineare l’impegno del porporato per la causa della pace, sia negli anni
del servizio diplomatico – da ricordare in particolare l’opera di mediazione
tra Argentina e Cile per il contenzioso della zona australe – sia nell’attuale
incarico di segretario di Stato e primo collaboratore del Santo Padre nel
governo della Chiesa universale. L’altro riconoscimento della Fondazione – il
Premio “Servitor Pacis” – verrà attribuito a titolo postumo all’arcivescovo
Michael Courtney, assassinato il 29 dicembre 2003 nei pressi di Bujumbura, in
Burundi, dove svolgeva il ministero di nunzio apostolico. Istituita nel 1991,
su iniziativa del cardinale Renato Raffaele Martino, la Fondazione collabora con
la Missione di Osservazione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite
nella diffusione del magistero e dell’operato della Chiesa Cattolica a favore
della pace. (B.C.)
“NON SERVE UN’AREA NEUTRALE PER IL RILASCIO
DEGLI OSTAGGI
IN MANO ALLE FARC”: COSI’ IL CARDINALE RUBIANO
SÁENZ,
RINNOVANDO LA VOLONTA’ DELLA CHIESA DI AIUTARE IL
PROCESSO DI PACE IN COLOMBIA.
I NEGOZIATI IN STALLO DAL FEBBRAIO 2003
BOGOTA’.
= “Non c’è bisogno di una zona smilitarizzata grande quanto un dipartimento.
Basta stabilire dei luoghi, con le garanzie minime di sicurezza”. Con queste
parole il cardinale colombiano Pedro Rubiano Sáenz, arcivescovo di Bogotà, ha
commentato la richiesta della guerriglia delle Forze armate rivoluzionarie
della Colombia (Farc) di creare una nuova “zona neutrale” per consentire lo
scambio di prigionieri. Secondo il presidente della Conferenza episcopale colombiana,
l’eventuale “accordo umanitario” con le Farc affinché liberino i loro ostaggi
non richiede necessariamente il ritiro delle truppe da un vasto territorio come
quello che hanno indicato i guerriglieri, ipotizzando l’evacuazione
dell’esercito dai comuni di San Vicente del Caguán e Cartagena del Chairá
(dipartimento meridionale di Caquetá), per una superficie di circa 31.000
chilometri quadrati. Il cardinale Rubiano Sáenz ha, inoltre, ribadito l’impegno
di mediazione della Chiesa colombiana a favore di una soluzione politica del
conflitto, in particolare per ottenere il rilascio di tutti i sequestrati, “per
il loro bene e quello delle loro famiglie, che tanto hanno sofferto”. “La
Chiesa farà tutto il possibile per portare avanti questo tema – ha detto – non
possiamo in alcun modo smettere di prestare questo servizio umanitario di
costruzione della pace”. “Credo che possiamo facilitare l’incontro tra le parti
e avviare un dialogo serio e costruttivo – ha concluso – che apra strade di
speranza per questa pace”. Il dialogo tra il governo di Bogotà e le FARC è
formalmente interrotto dal febbraio del 2003, quando è fallito definitivamente
il negoziato portato avanti con l’amministrazione dell’allora presidente Andrés
Pastrana. (B.C.)
DOMENICA 26 SETTEMBRE ALLE ORE 16.00 SARÀ
INAUGURATO A ROMA
IL PRIMO LUOGO DI CULTO PER GLI
ZINGARI IN ITALIA: UNO SPAZIO SACRO
NEI PRESSI DEL SANTUARIO DEL DIVINO AMORE DEDICATO AL BEATO ZEFFIRINO
ROMA. = Alla celebrazione
presieduta dal Vicegerente di Roma, l’arcivescovo Luigi Moretti, parteciperanno
la comunità cattolica Rom e Sinti, rappresentanti di quelle ortodossa e
musulmana e gli operatori pastorali della missione cattolica Rom e Sinti e
della Caritas diocesana. Si tratta del primo luogo di culto in Italia, ed
uno dei pochi al mondo, specificamente dedicato alla cura pastorale dei nomadi,
di confessione cattolica, e si trova in uno dei Santuari più cari alla devozione
dei romani, il Santuario della Madonna del Divino Amore. Lì sorgerà una “cappella
a cielo aperto” dedicata a Zefirino, primo martire gitano proclamato beato il 4
maggio 1997 da Giovanni Paolo II. L’inaugurazione avviene nell’anniversario della
visita di Paolo VI alla tendopoli internazione degli zingari di Pomezia, avvenuta
il 26 settembre 1965, durante la quale celebrò la santa Messa per nomadi e
gitani venuti da ogni parte d'Europa. Il programma della cerimonia prevede alle
ore 15.00 una processione dei partecipanti dal Santuario antico verso la nuova
cappella. Alle ore 16.00 la Messa presieduta da mons. Luigi Moretti nella quale
è inserito il rito di dedicazione dell’altare, e inoltre lo scoprimento di una
statua bronzea del Beato Zeffirino, opera dello scultore rom abruzzese Bruno
Morelli e la benedizione del cippo in memoria degli zingari vittime delle
stragi naziste.
UN
PROGRAMMA DENSO DI TEMI PER LA RIUNIONE
DEL CONSIGLIO EPISCOPALE
PERMANENTE DELLA CEI.
L’INCONTRO SI APRE OGGI CON LA
PROLUSIONE DEL CARDINALE RUINI
ROMA. = Prende il via oggi a
Roma la riunione del Consiglio episcopale permanente della Conferenza
episcopale italiana. L’incontro si apre nel pomeriggio, presso la sede della
CEI, con la prolusione del cardinale presidente Camillo Ruini. I vescovi si
soffermeranno sui criteri per la redazione del documento preparatorio al IV
Convegno ecclesiale nazionale, in programma a Verona dal 16 al 20 ottobre 2006,
e sulle prospettive della pastorale carceraria. L’agenda, inoltre, comprende
alcune informazioni sul documento “Orientamenti e norme per i seminari
italiani”, l’iter di avvicinamento al 24.mo Congresso Eucaristico Nazionale,
previsto a Bari dal 21 al 29 maggio 2005, l’esame della “Lettera ai laici”
elaborata dalla Commissione Episcopale per il Laicato. L’approfondimento della
“pastorale d’insieme” di servizio ai migranti e l’approvazione del Messaggio
dedicato alla 27.ma Giornata per la Vita completano il programma della sessione
del Consiglio. (B.C.)
PROSEGUE
A ROMA IL CAPITOLO DELLE MISSIONARIE COMBONIANE.
AL CENTRO DEI LAVORI, CHE SI CONCLUDERANNO IL
PROSSIMO 30 SETTEMBRE, L’IMPORTANZA DEL DIALOGO E DEL PERDONO
ROMA.
= “Evangelizzare oggi, in un mondo globalizzato, significa favorire la crescita
dei valori del Regno e riumanizzare una società che sta perdendo i suoi valori
più profondi”. E’ quanto sottolineano, in un comunicato, le suore missionarie
comboniane, riunite a Roma per il loro XVIII Capitolo generale. L’incontro, apertosi
lo scorso 22 agosto, proseguirà fino al 30 settembre, sul tema “Donne del
Vangelo per la missione ad gentes”. “In questa settimana – si legge ancora nel
comunicato – il Capitolo si esprime con forza enucleando i temi principali
dell’evangelizzazione, all’interno delle due grandi sfide della Riconciliazione
e del Dialogo”. “Le tante schiavitù d’oggi – sottolinea – si fanno richiami ad
una Riconciliazione che deve partire dal nostro cuore, dalla disponibilità
della vittima a perdonare, come ci sprona il Vangelo, perché tutti abbiano vita
e vita in abbondanza; il dialogo a tutti i livelli, specialmente quello
interculturale ed interreligioso, diventa l’altra grande sfida per noi
Comboniane sulle orme del Fondatore, e la nostra natura multiculturale ci
sprona a tessere dialoghi di pace che trasformano la diversità in ricchezza.”
Un’attenzione particolare, infine, verrà data al tema della formazione,
affrontato, precisa il comunicato, “con l’intervento di padre Amedeo Cencini,
che tratta la vita consacrata in questo tempo di ‘transizione’ come una vita
che si sta aprendo alla novità dello Spirito, verso un futuro ancora
sconosciuto ma colmo di speranza”. “E’ proprio il cammino verso un’autenticità
– conclude il documento – che, facendosi trasparenza della passione per Dio, diventa
il punto focale di una vita religiosa rinnovata, ed anche il perno della riflessione
Capitolare.” La settimana conclusiva del Capitolo avrà il suo culmine in una
celebrazione eucaristica in San Pietro, per ricordare il 140° anniversario del
“Piano per la Rigenerazione dell’Africa” di Daniele Comboni. (B.C.)
IL COMPITO MISSIONARIO DELLA CHIESA, IL CAMMINO
ECUMENICO,
LA QUESTIONE DELL’EMIGRAZIONE E LA GMG DI COLONIA
2005 SONO I TEMI AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA PLENARIA D’AUTUNNO
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA. L’INCONTRO SI
CHIUDERA’ IL PROSSIMO 23 SETTEMBRE
FULDA. = La Conferenza
episcopale tedesca apre oggi a Fulda i lavori dell’assemblea plenaria
d’autunno. Nell’agenda figura in primo piano una nuova riflessione sulla
missione nel mondo, introdotta dal cardinale presidente Karl Lehmann nella sua
prolusione dal titolo “Ritorno alla vita per tutti”. Il tema verrà poi
sviluppato con la diffusione di un documento base dal titolo “Fra tutte le
genti la sua salvezza. La missione della Chiesa universale”. Un contributo per
una maggiore diffusione del tema della missione è venuto anche dalla lettera
pastorale congiunta dell’Episcopato tedesco, “Il compito missionario della
Chiesa”, stilata in occasione del 1.250º anniversario della morte di San
Bonifacio, l’apostolo dei tedeschi. Il cammino ecumenico, la questione della
difesa del giorno festivo, l’emigrazione, lo stato di preparazione della
Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia 2005 costituiscono altre questioni
in programma. Nell’ambito dei lavori verranno anche presentati due documenti
dell’Episcopato: “La catechesi in un mondo in mutamento“ e “Promuovere
l’integrazione – forgiare la convivenza“. Il prossimo 24 settembre il
presidente della Conferenza, il cardinale Karl Lehmann, vescovo di
Mainz/Magonza, riceverà il “Premio Winfried per la concordia e la pace tra i
popoli”. (B.C.)
“TUTTI POSSONO AVERE LA
PACE, SE CI SI AMA GLI UNI CON GLI ALTRI”:
COSI’ IL VICE PRESIDENTE DEL KENIA AWORI, RIVOLTO AI
PARTECIPANTI ALLA MARCIA PER LA PACE DI NAIROBI,
IN VISTA DELLA GIORNATA MONDIALE PER LA PACE
NAIROBI. = “Tutti possono avere la pace, se ci si ama gli
uni con gli altri”: questo, l’appello del vicepresidente del Kenia, Moody Awori
– “zio Moody”, come lì tutti lo chiamano – durante la marcia per la pace che si
è svolta sabato scorso nella capitale del Paese, Nairobi, in vista della
Giornata Mondiale per la Pace, che si celebrerà domani, 21 settembre. Tra gli
striscioni e gli slogan principali: “Pace subito!” e “Cerchiamo la pace con le
nostre azioni quotidiane!”, ma anche molti “Basta alla corruzione!”, con
riferimento a una delle piaghe che affliggono il Kenya, come l’Africa intera.
La manifestazione – tra 2 mila e 3 mila i partecipanti – è stata organizzata da
Africa Peace Point, Koinonia, ed Amani, Ong italiana che da anni è il
referente, estremamente attivo, di Koinonia. Hanno partecipato all’iniziativa,
anche Radio Waumini, l’unica radio cattolica del Kenya, e la parrocchia del
Cristo Re di Kibera. L’Africa è ancora piagata dalle guerre civili in Sudan,
nella Repubblica Democratica del Congo, nel Nord Uganda e in Burundi, a cui si
aggiungono la Costa d’Avorio, l’Angola, la Liberia e la Sierra Leone, dove i
conflitti si sono conclusi da poco. Nel 1994 il continente ha visto un
genocidio come quello del Rwanda e, dal 1998 al 2000, una terribile guerra tra
Etiopia ed Eritrea, che ha provocato oltre 200 mila morti. La Giornata Mondiale
per la Pace è stata stabilita da una risoluzione delle Nazioni Unite nel 1981
ed è stata celebrata per la prima volta nel settembre 1982. (R.M.)
MORTA
ELISA SPRINGER, SCRITTRICE EBREA SOPRAVVISSUTA AI CAMPI
DI STERMINIO NAZISTI DI
AUSCHWITZ, BERGEN BELSEN E THEREZIN.
L’86.ENNE ERA AMMALATA DA TEMPO
MANDURIA. = E’ morta
ieri a Matera, all’età di 86 anni, la scrittrice ebrea Elisa Springer, una
delle ultime protagoniste della Shoah, sopravvissuta ad Auschwitz e altri lager
nazisti, come Bergen Belsen e Therezin. La donna viveva a Mandria, in provincia
di Taranto, dove ha trascorso buona parte della sua esistenza. Dopo la
liberazione, infatti, nel maggio del 1945, dal campo di concentramento di Terezin,
nella Repubblica Ceca, sposò un uomo di Manduria dal quale ebbe un figlio. Dopo
aver dovuto tenere nascosta per decenni la sua vicenda di ebrea perseguitata,
scrisse, con l’aiuto del figlio medico, la sua autobiografia: “Il silenzio dei
vivi”, pubblicato nel 1997. A quest’ultimo volume è seguito “L’eco del
silenzio-La shoah raccontata ai giovani”. Per mezzo secolo Elisa Springer
cancellò i ricordi legati ad Auschwitz, Bergen Belsen e Terezin, poi, invece,
si decise a parlarne nei libri e in un continuo viaggio per incontri e
conferenze in tutta Italia, nell’intento di diffondere il suo messaggio di pace
contro gli orrori della guerra. Era da tempo ammalata di tumore. (B.C.)
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20
settembre 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
Ennesima
giornata di violenze in Iraq. Due esponenti della comunità sunnita sono stati
uccisi nella capitale. Intanto, La Croce Rossa Italiana ha annunciato che
resterà nel Paese, nonostante le notizie dei giorni scorsi che indicavano il
personale dell’organizzazione quale eventuale obiettivo di sequestri. Ce ne parla
in studio Dorotea Gambardella:
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L’imam
Hazem al-Zaidi, membro del comitato degli ulema musulmani, era stato
sequestrato ieri sera vicino alla moschea di al-Sajad, nel sobborgo sciita di
Sadr City, assieme a due correligionari. Questi ultimi sono stati liberati
mentre il corpo dello sceicco è stato ritrovato stamani dinanzi alla moschea.
Dopo qualche ora, un portavoce dell’organizzazione sunnita ha fatto sapere
dell’uccisione a Baghdad anche di un secondo religioso sunnita.
A
Bajii, 200 km a nord della capitale, un civile iracheno è morto, mentre sua
moglie e suo figlio sono rimasti feriti in modo grave, nella deflagrazione di
una bomba, piazzata probabilmente per colpire un convoglio statunitense,
diretto alla vicina base aerea. Sempre a Bajii, sono stati ritrovati i corpi di
due iracheni, che lavoravano per la stessa base. Ad est di Baghdad, un ordigno
posto lungo una strada è esploso, stamani, per fortuna senza causare vittime.
Ad Hilla, assassinato un capitano della polizia locale.
Nella città sunnita di Falluja, almeno tre persone sono rimaste uccise in raid
aerei statunitensi contro postazioni ribelli. Intanto, il premier ad interim
dell’Iraq, Iyad Allawi, ha rivelato in un’intervista di aver ricevuto una
domanda di grazia da parte dell’ex dittatore Saddam Hussein. Nella medesima
intervista ha fatto sapere di essere scampato a quattro tentativi di attentato
da quando, il 28 giugno scorso, è stato nominato alla guida del governo.
In
merito al rapimento delle due volontarie italiane a Baghdad, un nuovo appello
per il loro rilascio è stato lanciato oggi, dal presidente della Repubblica
italiana, Carlo Azeglio Ciampi, che ha parlato a Roma in occasione
dell’inaugurazione del nuovo anno scolastico. Il capo dello Stato ha ribadito
la necessità di una lotta senza quartiere contro il terrorismo, ma senza
assecondarne “il disegno diabolico che è quello di far precipitare l'umanità in
uno scontro tra civiltà e religioni”. Infine, mentre
sta per scadere l'ultimatum che riguarda i due americani ed il britannico
rapiti a Baghdad da una formazione legata al terrorista giordano al Zarqawi, il
leader radicale sciita Moqtada al Sadr ha chiesto il
rilascio dei 18 membri della Guardia Nazionale sequestrati ieri da un gruppo
armato denominato “Brigate di Mohamed Ben Abdallah”.
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Oltre
che in Iraq, le violenze non si placano neppure in Afghanistan, a tre settimane
dalle elezioni del 9 ottobre. Nella provincia meridionale di Zabul, i
guerriglieri talebani hanno catturato in un’imboscata tre militari
dell’esercito di Kabul e li hanno poi decapitati. L’attacco è stato rivendicato
da una fazione estremista. Le forze americane hanno invece ucciso un sospetto
miliziano durante uno scontro a fuoco nel distretto di Dai Chopan.
Medio Oriente. Il gruppo
terroristico palestinese Hamas ha minacciato vendetta per l’uccisione mirata,
avvenuta ieri, di uno dei comandanti della sua ala militare, Khaled Abu
Salmieh, membro delle Brigate di Ezzedin al-Qassam. Sempre a Gaza, oggi, un
palestinese è morto sotto il fuoco dei militari israeliani. Sul piano politico,
il ministro della Sicurezza dello Stato ebraico, Gideon Ezra, ha convocato i
dirigenti del movimento dei coloni, contrari al ritiro israeliano da Gaza e dal
nord della Cisgiordania. Scopo dell’incontro è impedire che la protesta dei
coloni degeneri nella violenza. Ieri, intanto, il premier dello Stato ebraico,
Sharon, ha minacciato di distruggere le zone palestinesi abitate, in caso di
attacco contro le truppe israeliane durante il ritiro dalla striscia di Gaza.
L’Indonesia oggi al bivio, nelle prime elezioni
presidenziali a suffragio popolare della sua storia. In queste ore sono in
corso le operazioni di scrutinio. È ancora troppo presto per i risultati
definitivi, ma la tendenza confermerebbe la netta sconfitta del capo di Stato
in carica, Megawati Sukarnoputri, a vantaggio dell’ex generale Yudhoyono. Maurizio Pascucci:
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Il ballottaggio di oggi segue il
primo turno delle presidenziali in cui nessuno dei candidati era riuscito ad
aggiudicarsi la maggioranza assoluta. Allora, era stato Bambang Yudhoyono ad accaparrarsi più
voti, il 33,5 per cento, contro il 26,6 per cento ottenuto dalla presidente
uscente, Megawati Sukarnoputri. Quest’ultima ha battuto di poco il generale
Viranto, candidato del Golkar, il partito dell’ex dittatore Suharto. Da allora
Yudhoyono è puntualmente emerso come il favorito nei sondaggi. Secondo i suoi
detrattori, però, il passato militare di Yudhoyono, anche a Timor Est, dovrebbe
precludergli la possibilità di guidare un Paese nel quale i militari non dovrebbero
più avere lo stesso peso che in passato. Ma lo stesso generale chiede che gli
venga concessa l’opportunità di guidare un Paese democratico.
“OF COURSE, I
TRY …”
Chiaramente io provo a
rispettare la democrazia, i diritti dell’uomo e le altre cose adottate nei
Paesi democratici, ma naturalmente devo ammettere il mio retroterra militare.
In fondo nel mondo ci sono molti generali che alla fine sono diventati
presidenti e che rispettano la democrazia e gli altri valori abbracciati dalla
comunità nel suo complesso.
Yudhoyono appare essere anche
candidato preferito da molti Paesi occidentali per le sue promesse di battersi
contro il terrorismo in Indonesia.
“OF COURSE …”
Naturalmente – dice Yudhoyono –
attraverso i leader religiosi devo incoraggiare la gente ad essere musulmani
moderati, ad essere persone moderate. Dobbiamo evitare che la nostra gente
venga sedotta dai terroristi.
Le elezioni in Indonesia si
tengono a 10 giorni dall’attentato davanti all’ambasciata australiana di
Jakarta, che ha ucciso 10 persone e che ha riproposto la lotta al terrorismo
come elemento primario nella campagna elettorale del Paese.
Maurizio Pascucci, per la Radio
Vaticana.
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Le
elezioni di ieri in Kazakhstan non hanno rispettato gli standard internazionali
e non possono definirsi “conformi alle regole democratiche”. Lo hanno detto stamattina
gli osservatori dell’OSCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione
in Europa. Inoltre, secondo l’opposizione si sarebbero verificate manipolazioni
nel voto elettronico: per questo motivo il ministro dell’Informazione si è dimesso. Stando ai dati non ancora definitivi, comunque, il
Partito Madrepatria di Nazarbayev ha ottenuto il 43 per cento dei voti mentre
al principale gruppo di opposizione è andato il 17 per cento dei consensi. Ma
quali irregolarità denuncia l’OSCE? Roberto Piermarini lo ha chiesto
all’osservatore dell’Organismo in Kazakhstan, Fabrizio Vielmini:
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R. - L’OSCE insiste sul fatto
che le elezioni si sono svolte in un’atmosfera generale abbastanza caotica
causata, in primo luogo, dall’introduzione del sistema di voto elettronico. Il
punto è che solo all’ultimo minuto la Commissione elettorale centrale ha deciso
che nei seggi, dove erano state adottate delle nuove apparecchiature informatiche,
le votazioni avrebbero potuto svolgersi contemporaneamente sia col sistema
elettronico che con le normali schede cartacee. Questa decisione ha contribuito
alla confusione generale del processo e ad avvolgere l’attività stessa della
Commissione elettorale in un alone di opacità al quale si riferisce
l’opposizione, in primo luogo, per contestare i risultati e il processo
elettorale in sé.
D. – Ecco, che cosa dice
l’opposizione?
R. – Secondo una serie di prove,
che membri dell’opposizione avrebbero raccolto nella maggior parte dei seggi
elettorali, ci sono stati innumerevoli tentativi di ridurre il risultato
elettorale ottenuto dal principale Partito dell’opposizione o di distogliere la
percentuale di voto, in particolare, dei seggi uninominali che sono la
maggioranza dei seggi del Parlamento del Kazakhstan. Queste prove sono state
raccolte con l’intenzione di presentare una serie di denunce penali contro le
autorità locali e regionali, ritenute responsabili delle violazioni che
sarebbero avvenute.
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Nuova sconfitta in un’elezione
regionale per l’estrema destra austriaca guidata da Joerg Haider. Nel
Vorarlberg, regione al confine con la Germania e la Svizzera, lo schieramento è
crollato dal 27,41 per cento del ‘99 al 12,97 per cento. Con il 55 percento dei
consensi, il partito popolare, di orientamento conservatore, ha riconquistato
invece la sua tradizionale maggioranza assoluta, persa cinque anni fa.
Si sono svolte ieri,
in Serbia, le elezioni municipali: a Belgrado, è in testa il candidato
del Partito democratico, Nenad Bogdanovic, che con il 33,1 per cento dei voti
ha superato di poco Alexander Vucic, candidato del Partito radicale, attestatosi
al 29,2 per cento dei consensi. I due andranno al ballottaggio. Nettamente
sconfitto il candidato dello schieramento democratico serbo, del premier Vojislav
Kostunica, che ha ottenuto il 14,7 per cento dei consensi.
Nuove
ispezioni nelle due Coree, accertamenti sulle possibili minacce dei Paesi arabi
ad Israele. Sono alcuni tra i temi in agenda nella Conferenza generale
dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che si apre oggi a
Vienna. Ma il nodo più difficile da sciogliere sembra quello dell’Iran: il
presidente Khatami ha ribadito di non voler sospendere l’arricchimento
dell’uranio, accusando le “grandi potenze” di “retorica”, di “ambizioni
egemoniche” e di “appoggio ad Israele”.
Pesante il bilancio
delle vittime ad Haiti dopo il passaggio della tempesta tropicale Jeanne
sull’isola. Sono almeno 75 i morti e 150 i dispersi. Allagate, inoltre, strade
e coltivazioni, numerosi i tetti delle case scoperchiati. Gonaives, sulla costa
nord-occidentale, la città più colpita.
“I guerriglieri del nord Uganda
sono decimati, a corto di uomini e di armamenti, e pensano solo a fuggire”.
Così il presidente Museveni ha commentato l’ultima offensiva delle Forze
armate, che nel fine settimana hanno ucciso 25 ribelli dell’Esercito di resistenza
del signore e ne hanno catturati 7 durante combattimenti nel sud Sudan.
L’agenzia Misna riferisce di un possibile negoziato tra le due parti: nei
giorni scorsi il governo di Kampala avrebbe rifiutato una proposta di tregua.
La Commissione europea ritiene
di non poter avviare negoziati con la Turchia sull’adesione all’UE, a meno che
Ankara non attui una riforma del proprio codice penale. È quanto ha affermato,
oggi a Bruxelles, un portavoce del commissario europeo all’allargamento, Gunter
Verheugen.
Italia.
E’ iniziato intorno alle 11.30 il vertice dell’Ulivo. Tanti gli argomenti
all’ordine del giorno: ce ne parla Alessandro Guarasci:
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L’obiettivo
del vertice è far nascere la federazione di 'Uniti nell'Ulivo' che, sui temi di
Europa, politica estera e istituzioni, assumerà decisioni comuni e a
maggioranza. Da domani in Parlamento la federazione dovrebbe quindi parlare con
una sola voce, affidando i propri interventi ad un portavoce unico. Tra gli
altri temi sul tappeto oggetto di discussione, dalle divisioni interne sulla
fecondazione (con i Ds pro-referendum e la Margherita percorsa da differenti
posizioni), all’Iraq e al programma di governo da costruire con tutta
l'alleanza di centrosinistra. Ieri Romano Prodi ha detto che sarebbe contrario
a fare le primarie con il sistema proporzionale. Si discuterà anche su quale
atteggiamento tenere in vista del cammino parlamentare della riforma della
seconda parte della Costituzione, che tra l’altro introduce il Senato federale.
Il leader della Margherita, Francesco Rutelli, ha precisato che se le proposte
del centro sinistra non verranno prese in considerazione c'è una sola strada
per l'opposizione. “E' quella che ci porterà al referendum per sconfiggere il
disegno della devolution - ha detto Rutelli - e di una sconquassata
organizzazione degli organi costituzionali previsti dal centrodestra”.
“Vogliamo federare non i moderati - ha chiarito il leader dei Ds Piero Fassino
- ma i riformisti. Vogliamo costruire un soggetto federativo che non annulli le
identità dei partiti, ma le faccia incontrare in un progetto comune”.
Alessandro
Guarasci, Radio Vaticana
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Genocidio,
istigazione al genocidio e crimini contro l'umanità: questi i principali capi
d'accusa a carico del sacerdote cattolico Athanase Seromba, il cui processo è
iniziato oggi dinanzi al Tribunale Internazionale di Arusha, in Tanzania. La
corte è chiamata a giudicare i principali responsabili del genocidio che
sconvolse il Rwanda 10 anni fa: 800 mila persone massacrate in meno di tre mesi.
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