RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
262 - Testo della trasmissione di sabato 18 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il cardinale Etchegaray nominato inviato speciale del
Papa alle Settimane sociali di Francia
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
La
prossima settimana si svolgerà a Roma il Congresso degli abati benedettini
Ancora in alto mare i colloqui
di pace nello Sri Lanka
Andati in cenere in Bolivia milioni di ettari di
bosco
In Iraq, con le 28 vittime di oggi sale a 250 il bilancio dei morti dell’ultima settimana
Sventato questa notte a Mosca un attentato con due autobomba
Atteso nel pomeriggio il voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu per una nuova risoluzione sul Darfur.
18
settembre 2004
FORTE RICHIAMO DEL PAPA AL DIALOGO E AL NEGOZIATO
CONTRO
LA LOGICA DELLA GUERRA E DEL TERRORISMO, CHE INSANGUINA L’IRAQ,
IL
MEDIO ORIENTE E MOLTE ZONE DELLA TERRA. L’APPELLO DEL PONTEFICE
NEL DISCORSO
AL NUOVO AMBASCIATORE EGIZIANO PRESSO LA SANTA SEDE
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
Basta
con la guerra, il terrorismo e la violenza in Iraq, in Terra Santa e ovunque
nel mondo, perché essi producono solo odio, crudeltà e morte senza risolvere
alcunché. E’ invece la volontà del dialogo, primo fra tutti tra cristiani e
musulmani, a dover prevalere sulla logica dello scontro, con il sostegno delle
religioni, perché “tutti i popoli hanno diritto di vivere nella serenità e
nella pace”. Condensa e ribadisce tutti i concetti più volte ripetuti nel corso
di questi ultimi anni il discorso che questa mattina Giovanni Paolo II ha
rivolto al nuovo ambasciatore della Repubblica egiziana presso la Santa Sede,
la signora Nevine Simaika Halim, ricevuta a Castel Gandolfo per la
presentazione delle lettere credenziali. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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La
Terra Santa “sfigurata da un conflitto senza fine, che si nutre di odi e di reciproci
desideri di rivalsa”. L’Iraq, nel quale la “pace civile pare così difficile da
restaurare”. O gli altri Paesi del pianeta, “straziati dal terrorismo che
colpisce così crudelmente gli innocenti”. Tre esempi, tre diapositive che
dimostrano tutto “l’orrore” e “l’incapacità di risolvere i conflitti” da parte
della violenza. Di fronte alla inarrestabile sequenza di barbarie che popola la
cronaca quotidiana, il Papa ha levato l’ennesimo appello: “Chiamo una volta
ancora la Comunità internazionale alle sue responsabilità, per favorire il
ritorno alla ragione ed al negoziato, sola via d’uscita possibile ai conflitti
tra gli uomini, poiché tutti i popoli hanno diritto di vivere nella serenità e
la pace”. Il Pontefice ha evocato una volta di più “la necessità di costruire
una cultura della pace” “permettere una reale solidarietà tra gli uomini” e
schiudere “un futuro d’armonia tra le nazioni”.
Ma
l’auspicio di Giovanni Paolo II non si è fermato alle sole responsabilità degli
Stati, che pure – ha rimarcato – hanno “fra le prime responsabilità” quelle di
“garantire la pace, il benessere e la sicurezza dei cittadini”. Il suo appello
è tornato a sollecitare le religioni mondiali perché la loro forza educativa
formi le persone al rispetto dell’altro e, di contro, combatta e respinga “ogni
approccio settario”. E il dialogo interreligioso, ha continuato, sia
“proseguito e sviluppato particolarmente tra i cristiani e i musulmani”.
“Occorre – ha affermato il Papa - sviluppare una migliore conoscenza reciproca
delle tradizioni e delle mentalità delle due religioni, del loro ruolo nella
storia come loro responsabilità nel mondo contemporaneo, attraverso riunioni
tra i responsabili religiosi”, ma anche a livello di comunità e di villaggi.
Di rispetto, Giovanni Paolo II ha parlato anche riferendosi al diritto di
culto e di religione, “forma eminente – ha osservato – della libertà delle persone”.
Anche qui, un appello ai responsabili della società civile egiziana perché le
comunità cristiane presenti nello Stato africano, ha detto, “non debbano temere
alcuna forma di discriminazione o di violenza”. E ai cattolici egiziani, il
Pontefice ha rivolto un saluto caloroso, invitandoli a proseguire il dialogo
con i fratelli cristiani della Chiesa copta ortodossa e della chiesa
greco-ortodossa, “attualmente provata – ha aggiunto - dalla morte tragica di
suo pastore, Sua Beatitudine Petros VII, Patriarca di Alessandria e di tutta
l'Africa. Che abbiano la preoccupazione di collaborare, ogni volta che è
possibile, ad attività comuni al servizio dell'uomo”.
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SIATE AUDACI TESTIMONI DI CRISTO PER RESPINGERE LE INSIDIE DEL SECOLARISMO: LA RACCOMANDAZIONE DEL PAPA AI VESCOVI DELLE
ISOLE DEL PACIFICO
Siate audaci testimoni di Cristo: l’invito del Papa ad alcuni vescovi
della Conferenza episcopale del Pacifico (CEPAC), giunti delle province di
Samoa e Suva, in visita ad Limina Apostolorum, ricevuti stamane in Vaticano. Il
servizio di Roberta Gisotti:
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“Nessun sforzo deve essere risparmiato nel prendere efficaci iniziative
pastorali perché Dio sia meglio conosciuto ed amato”. Parole di incoraggiamento
che Giovanni Paolo II ha rivolto ai vescovi delle lontane Isole del
Pacifico. Famiglie e comunità – ha
detto loro – che nei vostri Paesi sono alla continua ricerca del significato
della loro vita, si aspettano di vedere la fede in azione. Questo comporta che
voi come maestri e messaggeri della Parola predichiate “con chiarezza e
precisione che la fede ha la forza di plasmare la cultura stessa penetrandola
fino al suo cuore.”
Nonostante la ricchezza e
vitalità della vita pastorale nelle loro Isole, i presuli del Pacifico hanno
espresso non poca preoccupazione per l’intrusione del secolarismo, in
particolare del consumismo, e l’espandersi degli aspetti più insidiosi dei
media, che trasmettono una visione deformata della vita, della famiglia, della
religione, della morale, che sconvolge i valori culturali tradizionali. Di
fronte a queste sfide – ha osservato il santo Padre - i popoli dell’Oceania
hanno preso maggior coscienza della necessità di rinnovare la loro fede in
Cristo. E in questo guardano con grande aspettativa ai loro vescovi, perché
siano “tenaci ministri della verità e audaci testimoni di Cristo”, da ciò
traendo ispirazione per “rigettare gli aspetti negativi delle nuove forme di
colonizzazione e abbracciare tutto ciò che genera una nuova vita nello
Spirito”. “Nel mezzo di cambiamenti
culturali che sono sovente fonte di divisione”, Giovanni Paolo II ha
raccomandato di fare comunione nella Chiesa, ed ha sollecitato i presuli del
Pacifico ad incontrare ed ascoltare con attenzione i propri collaboratori
sacerdoti, religiosi e religiose e catechisti e di avvicinare direttamente i
poveri, i malati, gli anziani offrendo l’esempio di una fede umile e di
servizio. Ultimo richiamo a seguire la formazione dei seminaristi e
l’aggiornamento dei preti perché venga consolidata la loro identità e personalità
sacerdotale.
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IL CARDINALE ETCHEGARAY
NOMINATO INVIATO SPECIALE DEL PAPA
ALLA SETTIMANE SOCIALI DI FRANCIA
Giovanni Paolo II ha nominato il cardinale Roger Etchegaray suo inviato
speciale alle Settimane sociali di Francia, che si svolgeranno nella città di
Lille dal 24 al 26 settembre prossimo sul tema: “L’Europa una società da
inventare”.
IL SEGRETARIO DI
STATO DELLA SANTA SEDE, CARDINALE ANGELO SODANO,
PARTITO OGGI PER NEW YORK: PRENDERA’ PARTE ALLA
RIUNIONE DELL’ONU
SULL'ESAME DI NUOVE FORME DI LOTTA CONTRO LA
FAME E LA POVERTÀ NEL MONDO, PROMOSSA
DAL PRESIDENTE DEL BRASILE D’INTESA CON KOFI ANNAN.
NEGLI
STATI UNITI, INOLTRE, IL CARDINALE SODANO RICEVERÀ
IL
PREMIO DELLA FONDAZIONE “PATH TO PEACE”
Il segretario di Stato della
Santa Sede, cardinale Angelo Sodano, è partito oggi per New York per
partecipare a una riunione dell'Organizzazione delle Nazioni unite sull'esame
di nuove forme di lotta contro la fame e la povertà nel mondo’. Come informa
una nota del portavoce vaticano Joaquín Navarro-Valls, si tratta di
un’iniziativa voluta dal presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva,
d'intesa con il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, e con vari capi di
Stato, di governo e di organizzazioni internazionali. Durante il soggiorno
negli Stati Uniti, inoltre, il cardinale Sodano riceverà il premio della
Fondazione “Path to Peace”, che mette in luce coloro che hanno lavorato per la
causa della pace. Il porporato terrà anche una conferenza presso l'Università
St. John di Brooklyn sul tema:Il lievito del Vangelo nella società
contemporanea.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il discorso
del Papa al nuovo ambasciatore della Repubblica Araba d’Egitto: facendo
particolare riferimento all’Iraq e alla Terra Santa il Papa richiama l’urgenza
di favorire il ritorno alla ragione e al negoziato, unica via di uscita possibile ai conflitti fra gli
uomini.
Sempre in prima una nota di
riflessione di Pierluigi Natalia dal titolo “Beslan: la Croce di Viktoria”: vi
si sottolinea che nella vicenda della ragazza che tenne stretto il Crocifisso
nelle tremende ore del feroce sequestro s’impone l’alto significato della forza
e del conforto che vengono dalla preghiera.
L’articolo di presentazione
dell’inviato Giampaolo Mattei sull’incontro a New York nel Palazzo dell’ONU –
cui partecipata il cardinale Angelo Sodano – dedicato all’iniziativa contro la
fame e la povertà”.
Nelle vaticane, nel discorso ai
presuli della Conferenza episcopale del pacifico, il Papa ha auspicato che
l’unità della Chiesa risplenda in tutti i suoi figli e cresca nella comunione
di fede, di speranza e di carità.
La lettera del Santo Padre al
cardinale Roger Etchegaray per la nomina ad Inviato speciale alle celebrazioni
del centenario delle “Settimane Sociali di Francia”
Nelle estere, riguardo all’Iraq
si sottolinea l’imperversare di sanguinose violenze in numerose città.
Nella pagina culturale, un
articolo di Cristoforo Bove dal titolo “Teresio Olivelli: un ribelle per
amore”. In una documentata biografia di Paolo Rizzi la vita e l’eroismo
cristiano del Servo di Dio vittima del nazismo.
Nelle pagine italiane, i temi
della finanziaria e dell’immigrazione.
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18
settembre 2004
CINA:
PROSSIME LE DIMISSIONI DA CAPO DELL’ESERCITO
DELL’EX
PRESIDENTE JANG ZEMIN
-
Intervista con Laura De Giorgi -
L’ex-presidente
cinese Jang Zemin ha presentato le sue dimissioni da capo dell’Esercito di
Liberazione Popolare, ultima alta carica che l’anziano leader manteneva. Ad
annunciarlo è un giornale di Hong Kong, citando fonti del parlamento di
Pechino. L’abbandono dell’incarico di Jang Zemin, 78 anni, sarebbe dovuto a
motivi di salute. Le dimissioni dovrebbero essere formalizzate nelle prossime
ore nella riunione del Comitato centrale comunista in corso da giovedì a
Pechino. Ma che cosa ha rappresentato la figura di Jang Zemin nella Cina degli
ultimi anni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Laura De Giorgi, esperta di
Storia della Cina dell’Università Ca’ Foscari di Venezia:
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R. – Jang Zemin è emerso al
potere subito dopo l’incidente di Tienanmen ed è sembrata una figura da
trascurare, per quanto fosse stato il segretario del Partito comunista a
Shangai, quindi una città molto importante in Cina. Nell’arco di questi dieci
anni si è dimostrato un leader, al di là di quanto le valutazioni iniziali
potessero presupporre, perché ha saputo gestire la crescita economica,
mantenendo però la stabilità sociale cinese. Uno dei suoi tentativi è stato
quello di cercare di allargare anche la rappresentatività del Partito comunista
cinese ai nuovi settori emergenti della società, come quello ad esempio degli
imprenditori. Quindi, nel complesso è sicuramente da valutare come un leader
molto più importante di quanto la sua personalità potesse far presupporre.
D. – Jang Zemin lascia la guida
di una Cina che è in fortissimo progresso economico. Chi lo sostituirà come
potrà gestire questa dicotomia difficile tra un regime comunista ed un Paese
che invece sembra orientato decisamente verso il liberismo economico?
R. – La leadership che viene
ereditata è in effetti figlia della sua stessa visione. E’ una leadership
tecnocratica, cresciuta nell’ambito della gestione di democratizzazione cinese,
democratizzazione economica, ed anche nell’ambito dell’organizzazione del
Partito. Finora, in questi ultimi due anni, il nuovo leader Hu Jintao, è rimasto abbastanza all’ombra
di Jang Zemin. E quindi non ci si è ancora resi ben conto di quali siano le
prospettive future. I problemi che sono sul tappeto sono molti, perché
sicuramente la crescita economica è molto elevata, molto rapida, con rischi di
problemi di “surriscaldamento” dell’economia e soprattutto di tenuta del
sistema creditizio. Rimane ancora in sospeso il grande problema della
corruzione che mina il consenso nei confronti del Partito comunista cinese. E
rimane il problema, che forse questa leadership vuole affrontare, del
disequilibrio tra le province esterne, quelle orientali più ricche, e le aree
povere nella Cina interna.
D. – Questo Paese è veramente
cambiato, così come noi riusciamo a vedere soltanto da quello che ci viene
proposto?
R. – Sì, è veramente cambiato.
E’ ovvio che il cambiamento spesso può essere diverso dal modo superficiale in
cui a volte viene o può essere presentato dai media o da un viaggio compiuto
per pochi giorni. L’idea di una Cina immobile è sicuramente da abbandonare. Il
cambiamento è stato più o meno rapido a seconda delle aree più o meno esposte
all’influenza internazionale e più o meno soggette alla crescita economica.
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“UN TABÙ DA ABBATTERE, UN CONO D’OMBRA DA
RIMUOVERE”:
COSÌ IL
MINISTRO KENYANO DELLA SANITÀ DEFINISCE LA PRATICA
DELLE
MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI, CHE COINVOLGE 130 MILIONI DI DONNE
NEL
MONDO. IL FENOMENO E’ AL CENTRO DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE
CHE SI
CHIUDE OGGI A NAIROBI
-
Intervista con Luciano Causa -
“Un
tabù da abbattere, un cono d’ombra da rimuovere”: così il ministro kenyano
della Sanità, Charity Ngilu, ha definito la pratica delle mutilazioni genitali
femminili, che ancora oggi coinvolge circa 130 milioni di donne in tutto il
mondo. Al fenomeno è dedicato il convegno internazionale che si chiude oggi a
Nairobi, dopo due giorni di confronto tra politici africani e società civile.
Andrea Sarubbi ha raggiunto telefonicamente, nella capitale del Kenya, Luciano
Causa, corrispondente dell’Ansa:
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R. – Ci sono state alcune
testimonianze incredibili, come quella della bimba somala di 12 anni che ha
aperto il convegno, che ha raccontato il suo dramma: una notte la stessa mamma
le disse “viene viene” e poi, schiacciata e tenuta per terra da tre donne, è
stata tagliata, come dicono loro. Urlava, urlava e urlava ma niente da fare.
Aveva solo 8 anni. Per questa bimba che lo racconta, per i suoi genitori che
hanno preso coscienza di questa pazzia al punto che hanno fondato una Ong che
adesso si batte contro questo, si tratta di un fenomeno di cui si conosce solo
la punta dell’iceberg. In realtà in tutta l’Africa, soprattutto quella
cosiddetta nera, e in larghissima parte dei Paesi arabi la mutilazione genitale
femminile tocca l’80-90 per cento delle donne. Si tratta cioè di fenomeno
assolutamente di massa, a dire poco.
D. – A livello politico cosa si
sta muovendo per arginare il fenomeno?
R. – Nel luglio del 2003, i capi
di Stato e di governo africani firmarono un documento molto significativo, il
cosiddetto Protocollo di Maputo, e molto liberale, considerando i livelli
africani ovviamente, verso le donne. Basta dire che al punto 5 prevede la
proibizione dell’infibulazione. Questo documento è passato all’unanimità,
probabilmente anche perché pressati dall’opinione pubblica internazionale etc.
etc. Per diventare ora legge continentale ha bisogno dell’approvazione di
almeno 15 Parlamenti: finora è stata approvata soltanto da tre parlamenti.
L’esigenza legale è fondamentale per dare possibilità di operazione e di
intervento sul sociale.
D. – Ci sono degli esempi
positivi di Paesi che stanno svolgendo un’operazione culturale e che stanno
spiegando alla gente le conseguenze di queste mutilazioni genitali?
R. – Sì, in questo senso è
partita in Egitto, circa un anno e mezzo fa, una campagna spinta dalla società
civile, che è andata molto bene. In Egitto, dove si parla del 90 per cento di
donne “tagliate”, questa percentuale sta oggi rapidamente scendendo, perché c’è
un bombardamento di spot televisivi, dove si spiega che non è un qualcosa di
religioso e dove alcuni importanti uomini religiosi musulmani lo affermano. Il
problema è insomma quello di un intervento sulla società.
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“COLPITI DALLA SOFFERENZA, VOI ATLETI RAPPRESENTATE IL MEGLIO DI TUTTI NOI”:
CON QUESTA PARTECIPAZIONE, IL PRESIDENTE DEL COMITATO PARAOLIMPICO
INTERNAZIONALE, IL
BRITANNICO PHIL CRAVEN, LUI STESSO DA 20 ANNI DISABILE
IN CARROZZELLA, HA APERTO
LA NOTTE SCORSA I 12.MI GIOCHI PARAOLIMPICI.
I PRIMI SI SVOLSERO A ROMA
60 ANNI FA CON 400 ATLETI
- Il servizio di Cesare
Rizzoli -
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I Giochi d’Atene battono già un
record: 136 Nazioni presenti, 3840 gli atleti, circa la metà i non vedenti, 19
le specialità in gara come per le Olimpiadi e un ugual numero di strutture. Le
Federazioni nazionali hanno tuttavia escluso dai giochi il pugilato ed il
sollevamento pesi. Anche il pubblico greco ha riempito, la notte scorsa, lo
Stadio Olimpico di Marussi, come in agosto per le Olimpiadi.
“Assistere a questi giochi è un
veicolo di grande civiltà e di educazione per i più piccoli”, ha detto il
presidente del Comitato internazionale dalla sua carrozzina. Nella notte, i
grandi applausi se li sono guadagnati la Grecia, Paese ospitante, poi l’Iraq,
con alcuni disabili dei recenti avvenimenti; la Gran Bretagna, la squadra più
numerosa; la Spagna e l’Italia con i suoi 70 atleti. Le due Coree sono sfilate
sotto un unico cartello con la dicitura Corea, ma con bandiere separate anche
se molto simili e con uno spazio che evidenziava la piccola squadra del Nord
dalla folta del Sud.
Il beniamino della serata
inaugurale è stato un tedesco di 39 anni, un pastore anglicano tre volte Oro
nel Ping Pong, nato invalido. Due atleti greci non vedenti hanno chiesto il
silenzio durante le gare per mantenere intatti i contatti via radio con
accompagnatori e guide. Il doping che aveva inaugurato i Giochi di agosto con
lo scandalo dei due atleti greci sottrattisi ai controlli, peserà sulle
Paraolimpiadi: 4 anni di squalifiche sono previsti per gli atleti trovati
positivi, ben il doppio di quanto era stato previsto nelle gare di agosto.
Da Atene, per Radio Vaticana,
Cesare Rizzoli.
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LA CAROVANA DELLA PACE, DOPO
AVER PERCORSO TUTTA L’ITALIA,
SI FERMERÀ DOMANI A NOLA, IN PROVINCIA DI NAPOLI.
L’INIZIATIVA DELLA FAMIGLIA MISSIONARIA COMBONIANA
IN COLLABORAZIONE
CON I “GIOVANI DELL’IMPEGNO MISSIONARIO”, AVVICINA
NORD E SUD D’ITALIA
E RICHIAMA L’ATTENZIONE SU PERCORSI DI RISOLUZIONE
DEI CONFLITTI INTERNAZIONALI ATTRAVERSO LA NON
VIOLENZA E LA PACE
La Carovana della Pace dopo aver
percorso tutta l’Italia si fermerà domani a Nola, in provincia di Napoli. Dalla
cittadina settentrionale di Limone sul Garda
sono partiti il 7 settembre tre gruppi, rinnovando l’iniziativa avviata
quattro anni fa dalla Famiglia Missionaria Comboniana in collaborazione con i
“Giovani dell’Impegno Missionario”. Ce ne parla, al microfono di Dorotea
Gambardella, uno dei ragazzi che vi hanno aderito, Marco Ragaini:
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R. – La “Carovana della pace” è
incominciata nel 2000 in occasione del “Giubileo degli oppressi”, una sezione
particolare durante l’anno del Giubileo per i più poveri e gli oppressi. Questa
edizione 2004 percorre l’Italia attraverso tre itinerari: uno che segue la
direttrice nord-ovest, l’altra nord-sud e il terzo lungo le strade del sud
Italia.
D. – Qual è l’obiettivo?
R. – Portare un messaggio di
pace e lo slogan, infatti, è “Vita piena per tutti, adesso e non domani”.
Vogliamo ricordare le guerre in corso, ma non solo quelle che sono sempre sui
giornali, anche quelle dimenticate, e le vittime non solo delle guerre, ma
anche quelle dell’ingiustizia, della fame, di malattie che sarebbero facilmente
curabili. Il secondo obiettivo è di incontrare nelle città le realtà
significative del mondo del volontariato, dell’associazionismo, della Chiesa
per scoprire i segni di speranza e di pace, che sono presenti in tutte le
città, e rilanciarli.
D. – Da che cosa nasce l’idea di
una carovana per la pace?
R. – Dall’idea che la pace non è
solo qualcosa che dobbiamo chiedere, ma qualcosa che richiede l’impegno
personale. Fisicamente, la carovana porta giovani del nord Italia a conoscere
le realtà del Sud e viceversa. E questa è anche una metafora di un
atteggiamento di vita che non vuole chiudersi in se stesso ma vuole portare
attenzione a tutte le persone, andando incontro. Credo che sia anche un segno
per la Chiesa: cioè, un’idea di Chiesa che non sta semplicemente sulla soglia
di casa ad aspettare, ma va incontro alle persone e riconosce nella diversità
una ricchezza.
D. – Le tematiche di cui vi
occupate sono diverse. Quest’anno, c’è anche l’attenzione al caso delle due
Simona rapite … In che modo ve ne occupate?
R. – Abbiamo promosso una
giornata di digiuno per chiedere la liberazione di queste ragazze, ma vogliamo
anche richiamare l’attenzione su percorsi di risoluzione dei conflitti
internazionali attraverso la non violenza e la pace.
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SI CHIUDE QUESTA SERA A CATANIA LA 56.MA EDIZIONE
DEL PRIX ITALIA.
SODDISFAZIONE
DELLE GIURIE PER COME L’ARTE È STATA ESPRESSA
IN
ALCUNI PROGRAMMI RADIOFONICI E TELEVISIVI E APPREZZAMENTO
PER I
PROGRAMMI CONTRO I SOPRUSI UMANI. ENTUSIASMO UNANIME
PER IL FILM SVEDESE DI BERGMAN “SARABAND”,
COPRODOTTO DA RAI FICTION
- Servizio di Antonella Palermo -
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I britannici riempiono il sacco.
Sono della BBC un documentario sulla vita e l’epoca di Luchino Visconti e un
programma musicale chiamato Eroica che dal Prix Italia fanno portare
oltre Manica un bel risultato, se lo si aggiunge alla vittoria di Channel Four
Television per un serial su una famiglia della classe operaia di Manchester. I
nordici dimostrano di essere protagonisti della qualità televisiva. A vincere
infatti anche Inchiodati sul fondo, un documentario danese sul sistema
europeo dei sussidi agricoli e sulle difficili condizioni di migliaia di
contadini del terzo mondo. Dell’Africa non ci si dimentica al Prix Italia: un
documentario sul genocidio rwandese ha vinto infatti il Premio Granarolo,
assegnato per le opere contro i soprusi umani. Giurie letteralmente conquistate
dal film dello svedese Bergman Saraband, un dramma contemporaneo sulla
lotta per il potere, la liberazione e la riconciliazione, che peraltro vedremo
tra breve sugli schermi Rai. Il canale francese TF1 ha ottenuto un premio per
il documentario musicale Change it!. Per i premi assegnati alle
trasmissioni radiofoniche, da segnalare la vittoria di un’emittente austriaca
che ha presentato La confessione, storia di una violenza domestica,
l’abuso di un padre nei confronti del figlio. Per i prodotti web interessante
l’assegnazione del premio ad un sito danese sull’affare malaria, una
malattia di cui muoiono tutti i giorni 3000 bambini. Una coppa speciale in
argento andrà alla serie di Luca De Mata I dieci comandamenti. Il coraggio
di amare. Anche l’Associazione Internazionale Cattolica di Comunicazione
Signis ha assegnato il suo Premio Speciale per la promozione dei valori umani.
Ha vinto il documentario canadese reality show, che in maniera
intelligente e attraente critica a tutto campo questo genere televisivo così
diffuso definendolo “tv-doping”. Le motivazioni del premio dal Presidente della
giuria Signis, il sacerdote mozambicano Bernardo Suate:
“Questo documentario lo abbiamo trovato di una qualità artistica molto
buona e poi critica un genere, appunto il reality show, che è abbastanza nuovo
anche se in crescita nel mondo televisivo. Abbiamo visto che il reality show ha
un impatto negativo nel pubblico, soprattutto nel mondo giovanile, in quanto
induce a credere che sia possibile diventare famosi e ricchi, in modo semplice
e facile. Pensiamo che il pubblico, soprattutto del mondo giovanile, guardando
questo documentario trovi degli spunti di riflessione. Noi lo abbiamo premiato
non soltanto per la qualità, ma soprattutto per questo impatto che può avere
nel pubblico e soprattutto nel pubblico giovanile: può aiutare a riflettere su
quello che la televisione rappresenta”.
Da Catania, per la Radio
Vaticana, Antonella Palermo.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 19 settembre, 25.ma
Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta la parabola
dell’amministratore disonesto in cui Gesù dice:
“Nessun
servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si
affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a
mammona”.
Su
queste parole il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Essendo
immagine di Dio, l’uomo è essenzialmente orientato al suo prototipo, che è il
Creatore stesso. Il legame tra l’uomo e Dio è l’amore di Dio. La sorgente, la
fonte è Dio. L’uomo, proprio grazie all’amore in cui è creato, può accogliere
Dio, riconoscerLo come tale e, così, definire se stesso. Riconoscendo Dio
Padre, riconosce se stesso come Figlio e ammettendo questa verità, l’uomo scopre
che in ciò è celato tutto il suo divenire, la sua creatività e soprattutto la
felicità della sua vita. La mentalità del peccato, invece, cerca di fargli
vedere che questa relazione lo rende schiavo. E’ la mentalità che lo vuole
convincere ad essere il protagonista e a non essere il “secondo”, a diventare
lui il gestore della propria vita e del mondo. Ma quando questo avviene, l’uomo
non è più figlio e diventa schiavo di quelle stesse cose che lui pensa di
possedere. L’uomo dal cuore puro ha un solo desiderio: amare Dio e trovarLo in
tutte le cose, altrimenti si disperde proprio in tutte le cose.
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18
settembre 2004
COLLABORARE PER IL RIMPATRIO DEI
PROFUGHI AFGANI PRESENTI IN PAKISTAN:
E’ LA RICHIESTA DELL’ALTO
COMMISSARIATO ONU PER I RIFUGIATI
ALLA CARITAS LOCALE.
DAL 2003, GRAZIE ALL’IMPEGNO
DELL’AGENZIA DELLE NAZIONI UNITE,
SONO STATI RIMPATRIATI PIU’ DI 2
MILIONI DI PROFUGHI
ISLAMABAD. = Nuova richiesta dell’Alto Commissariato
Onu per i rifugiati (UNHCR) alla Caritas del Pakistan per collaborare al
rimpatrio volontario dei profughi afghani presenti nel Paese. Immediata la
risposta dell’associazione cattolica, che ha incaricato la sede di Faisalabad
di condurre un’indagine sui rifugiati afghani nella regione. Dalle prime stime,
è emerso che più di 500 famiglie provenienti dall’Afghanistan si trovano in 10
aree della diocesi considerata. E secondo il segretario esecutivo, Anjum Gill,
almeno altre mille se ne scopriranno nelle zone ancora da ispezionare. Gill ha
anche sottolineato che la maggior parte dei profughi non vuole rimpatriare per
via della difficile situazione presente nel Paese d’origine. Molti, infatti, sono riusciti ad
ottenere illegalmente una carta d’identità pakistana grazie all’appoggio dei
politici locali e degli estremisti religiosi, che ne sfruttano povertà e
ignoranza per i propri fini. Il rapporto della Caritas ha, inoltre, messo in
luce la mancanza di sforzi del governo locale per identificare e quantificare i
profughi afghani in Pakistan. L’associazione cattolica operante a Faisalabad ha
chiesto, infine, ai benefattori stranieri nuovi fondi per fornire cibo, riparo
e documenti per il rimpatrio ai rifugiati. Secondo l’accordo stipulato nel
marzo 2003 tra Pakistan, Afghanistan e UNHCR, tutti i profughi afghani devono
rimpatriare volontariamente entro il 2006. Finora l’agenzia delle Nazioni Unite
che fornisce loro assistenza è
riuscita a farne tornare in patria più di due milioni. (R. P.)
LA PROSSIMA SETTIMANA SI
SVOLGERA’ A ROMA IL CONGRESSO
DEGLI ABATI BENEDETTINI.
ALL’INCONTRO DEL PIU’ ANTICO ORDINE MONASTICO DELL’OCCIDENTE PRENDERANNO PARTE
230 ABATI
ROMA. = Dal 21 al 29 settembre
prossimi Roma ospiterà 230 abati del più antico ordine monastico
dell’occidente, i Benedettini. Il Congresso degli Abati si tiene ogni quattro
anni per trattare le questioni riguardanti l’intera Confederazione Benedettina,
la gestione del Collegio e dell’Ateneo di Sant’Anselmo a Roma. All’incontro
sono stati invitati cinque rappresentanti di altre confessioni cristiane e 24
tra monache e suore benedettine. Oltre alle questioni di normale amministrazione,
verrà sviluppata la tematica della globalizzazione. Il professore Norbert
Walter della Deutsche Bank di Francoforte e Andrea Riccardi, fondatore della
Comunità di Sant'Egidio, sono gli interlocutori degli abati, che si aspettano
un’esposizione della tematica sia dal punto di vista secolare sia da quello
ecclesiale. Nei 438 monasteri sparsi in tutto il mondo (http://osb-international.info/), i
monaci benedettini si sono sempre adattati alle esigenze e alla cultura del
posto e ora, mantenendo sempre e comunque la continuità spirituale che gli è propria,
intendono studiare il fenomeno della globalizzazione. (B.C.)
SINGOLARE
INIZIATIVA PASTORALE IN COREA DEL SUD: FEDELI E MISSIONARI LOCALI SONO ANDATI
PORTA A PORTA PER ANNUNCIARE IL VANGELO. PIU’ DI 600 PERSONE INIZIANO IL
CATECUMENATO PER DIVENTARE CATTOLICI
SEOUL.
= Grazie all’intensa attività di evangelizzazione condotta dai fedeli e dai
missionari locali, oltre 600 catecumeni sono giunti nella parrocchia di
Taechon-dong a Suwon, località a sud di Seoul, in Corea del Nord. I catecumeni
hanno espresso il desiderio di convertirsi al cattolicesimo e verranno battezzati
la prossima Pasqua. Prima dovranno frequentare il catechismo. A maggio la
parrocchia di Taechon-dong ha iniziato un’efficace campagna missionaria, dal
titolo “Nuova famiglia per Dio”. “L’iniziativa è stata un successo – ha
sottolineato Theresa Kim Suk-kyong, presidente del Comitato delle piccole
comunità cristiane della parrocchia – anche perché ha rafforzato la coesione e
la fede dei parrocchiani”. Theresa Kim ha, inoltre, raccontato che nei tre mesi della campagna i
parrocchiani “hanno setacciato tutto il territorio e il vicinato, parlando con
la gente e distribuendo opuscoli informativi per strada e porta a porta”. Alla
fine hanno raccolto 1.200 schede di adesione. La missione deve essere rivolta
non solo ai “futuri fedeli”, ma anche a quelli “presenti”, ha spiegato padre
Matthias Kang Jeong-keun, parroco di Taechon-dong. “I cattolici – ha aggiunto –
si devono convincere dell’importanza dell’evangelizzazione, solo così essa
risulterà efficace sul prossimo”. I parrocchiani registrati nella chiesa di Taechon-dong
sono 4.865, ma solo 1.400 partecipano alla Messa domenicale. Secondo i dati
forniti dalla Conferenza episcopale della Corea, su una popolazione di
46.818.000 abitanti, i cattolici sono 4,4 milioni. (B.C.)
ANCORA IN ALTO MARE I COLLOQUI DI PACE NELLO SRI
LANKA.
LA MEDIAZIONE NORVEGESE NON HA SCIOLTO I NODI TRA
IL GOVERNO DI COLOMBO
E I RIBELLI DELLE TIGRI TAMIL
COLOMBO.
= Resta in stallo il processo di pace nello Sri Lanka. L’inviato scandinavo,
Erik Solheim, non è riuscito, infatti, a riavviare i colloqui nel Paese
asiatico. Giunto lo scorso 13 settembre nella grande isola immersa nell’Oceano
Indiano (da anni la Norvegia svolge un ruolo di mediazione nel ventennale
conflitto), non ha riscontrato aperture significative né da parte del governo
né da parte dei ribelli delle “Tigri per la liberazione della patria Tamil”
(Ltte). La presidente dello Sri Lanka, Chandrika Kumaratunga, ha espresso la
propria insoddisfazione per l’indecisione dimostrata dalle Tigri sulla ripresa
del processo di pace. La Kumaratunga, inoltre, ha lamentato violazioni del
cessate-il-fuoco firmato tra guerriglia e governo nel febbraio 2002. Da parte
sua, il capo dell’ala politica dell’Ltte, Thamilselvan, ha affermato che “i
mediatori norvegesi non hanno portato alcun messaggio costruttivo da parte del
governo dello Sri Lanka”. Solheim ha, inoltre, sottolineato di non essere stato
in grado di incontrare esponenti del Janatha Vimukthi Peramuna (Jvp), partito
marxista principale alleato della coalizione di governo e fermamente contrario
ai colloqui di pace con le Tigri. I ribelli combattono dal 1983 nel nord e
nell’est dell’ex-Ceylon in nome della minoranza etnica tamil, contro la
maggioranza cingalese e buddista, in un conflitto che ha causato oltre 60.000
morti. (B.C.)
LA
MAGGIORANZA NON HA MANTENUTO LE PROMESSE: CON QUESTE PAROLE LE ACLI COMMENTANO
LA BOCCIATURA DELLA PROPOSTA DI LEGGE “+DAI-VERSI”,
SULLA
DEDUCIBILITÀ FISCALE DELLE DONAZIONI ALLE ONLUS
ROMA. = Critica delle Associazioni Cristiane Lavoratori
Italiani (Acli) per la bocciatura della proposta di legge sulla deducibilità
fiscale delle donazioni alle onlus (“+Dai –Versi”), decisa nei giorni scorsi dalla Commissione bilancio della
Camera. “La maggioranza – commenta il presidente, Luigi Bobba – non ha
mantenuto le promesse e ha tradito le attese dell’associazionismo italiano”.
“E’ incredibile – prosegue Bobba – che una legge così importante, volta a
incentivare le donazioni e a promuovere azioni di solidarietà, non sia riuscita
ad ottenere il via libera dalla commissione per problemi di copertura
finanziaria”. “Quale miopia politica – si legge ancora nella nota – impedisce
di capire che investire sul non profit significa, per lo Stato, spendere meglio
e, alla fine, spendere meno? Solo l’Italia, tra i Paesi europei, si ostina a
non capirlo”. Ricordando che lo stesso presidente della Repubblica, Carlo
Azeglio Ciampi, aveva espresso il suo apprezzamento per la legge, le Acli concludono: “Siamo rimasti spiazzati da questa decisione
negativa presa dalla Commissione Bilancio, perché avevamo ricevuto nei mesi scorsi ripetute
conferme, garanzie e assicurazioni”. (B.C.)
PRENDE
IL VIA OGGI IN ITALIA LA PRIMA SETTIMANA DI PROMOZIONE DEI PRODOTTI
EQUOSOLIDALI NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE. L’INIZIATIVA, DAL TITOLO “IO FACCIO LA
SPESA GIUSTA”, INTENDE APRIRE UN NUOVO SCENARIO AI CONSUMATORI,
QUELLO
DEI PRODUTTORI DEL SUD DEL MONDO. COINVOLTI 3.000 PUNTI VENDITA
ROMA. = Una settimana per parlare di commercio equo, ma
soprattutto per fare la spesa con i prodotti solidali con il Sud del mondo: la
promuove Fairtrade TransFair Italia, marchio di certificazione dei prodotti
equosolidali. L’iniziativa prende il via oggi per concludersi il prossimo 25
settembre. La campagna “Io faccio la spesa giusta” si legge nel comunicato è
stata organizzata “per favorire la conoscenza del commercio equo da parte dei
consumatori e per informare sul significato importante che può assumere un
semplice gesto quotidiano come, appunto, fare la spesa”. Si tratta della prima
iniziativa in Italia di così vasta scala per sensibilizzare i consumatori a un
acquisto più consapevole, cui partecipa il 30 per cento dei supermercati e
ipermercati per un totale di 3.000 punti vendita su tutto il territorio
nazionale. Sono già molti – rende noto Fairtrade – i cittadini e le famiglie
che scelgono questi prodotti quando fanno la spesa: nel 2003 erano 12 milioni
di persone a conoscerli, in 7 milioni li hanno acquistati, con un trend di crescita del 40
per cento rispetto al 2002. “La campagna è solo alla prima edizione – ha dichiarato
Adriano Poletti, presidente del Consorzio Fairtrade TransFair Italia – negli
anni a venire vorremmo che diventasse un momento fisso per pensare a questo
semplice gesto che può cambiare la vita di migliaia di persone”. (B.C.)
ANDATI IN CENERE IN BOLIVIA MILIONI DI ETTARI DI
BOSCO.
IL MINISTERO DELLA DIFESA MOBILITA ANCHE
L’ESERCITO PER ARGINARE GLI INCENDI
CHE STANNO DEVASTANDO I DIPARTIMENTI DI BENI E DI
SANTA CRUZ
LA
PAZ. = Disastro ecologico in America Latina. Due milioni di ettari di bosco sono
andati letteralmente in fumo nel giro di appena un mese per gli incendi che
stanno distruggendo le selve boliviane, in particolare nei dipartimenti di Beni
e di Santa Cruz, a circa 140 chilometri dalla capitale La Paz. L’Istituto di
sovrintendenza agraria (Sirenare) ha reso noto che sono 718 i focolai ancora
attivi che continuano a propagarsi, favoriti dalla siccità e dal vento. Secondo
Federico Martinez, tecnico della Sirenare, dall’inizio del 2004 sono stati
ridotti in cenere complessivamente quattro milioni gli ettari di foresta, in
parte anche a causa dell’azione dei contadini che abbattono e bruciano alberi
per estendere le loro aree coltivabili, in vista della prossima stagione della
semina. In numerose località di Santa Cruz e Beni una fitta coltre di fumo
continua a ostacolare la visibilità, in parte sono gli effetti di incendi in
corso anche negli Stati brasiliani di Rondonia e Mato Grosso, confinanti con la
Bolivia. Per arginare l’emergenza, il ministero della Difesa ha mobilitato
anche l’esercito: 600 soldati nella provincia di Guarayos aiutano i vigili del
fuoco nella costruzione di trincee capaci di arginare le fiamme. (B.C.)
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18
settembre 2004
- A cura di Ignazio Ingrao -
La settimana che si sta concludendo è stata in Iraq una tra le più
sanguinose: con almeno 30 vittime di stamane sono almeno 250 i morti da domenica
scorsa. Intanto un nuovo appello per la liberazione delle due volontarie
italiane rapite a Baghdad è stato lanciato dal presidente dell'Unione delle
Comunità ed Organizzazioni islamiche in Italia. Il nostro servizio.
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Ancora silenzio dai rapitori di Simona Torretta e Simona Pari.
“Liberatele subito” è la richiesta del presidente dell'Unione delle Comunità
islamiche in Italia, mentre il viceministro degli Affari Esteri iracheno,
Hamid Al-Bayati, ricevuto questa
mattina a Roma dal ministro della Difesa Antonio Martino, ha confermato “il
massimo impegno” del governo iracheno per la liberazione delle due volontarie.
Nel frattempo, con un video trasmesso dalla tv satellitare al-Jazeera, il
gruppo terroristico che fa capo al fondamentalista giordano Al-Zarqaoui oggi ha
rivendicato il rapimento dei due ingegneri americani e del collega britannico
avvenuto giovedì scorso a Baghdad. I terroristi hanno minacciato di uccidere i
tre ostaggi, mostrati nel video, se entro 48 ore non verranno liberate tutte le
donne detenute nelle prigioni irachene. Intanto nel Paese si è consumata
un’altra giornata di sangue: 23 persone sono rimaste uccise e 53 ferite da
un’autobomba esplosa contro un centro di reclutamento della Guardia nazionale a
Kirkuk, nell'Iraq settentrionale, mentre un colpo di mortaio sparato da ignoti
contro una scuola di Baquba ha ferito 11 persone, due delle quali versano in
gravi condizioni. Tra gli altri episodi di violenza che si registrano oggi, c’è
l’uccisione a Mossul di cinque guardie del corpo di un alto funzionario del
ministero del petrolio, scampato a un’imboscata. Uomini armati hanno aperto il
fuoco contro tre autobus pieni di studenti sciiti a sud di Baghdad, uccidendo
un giovane e tre camionisti turchi sono stati sequestrati a nord della
capitale. Buone notizie invece sul fronte dei trasporti: per la prima volta
dopo quattordici anni la compagnia aerea irachena ha effettuato oggi un volo
internazionale senza passeggeri, lungo la tratta da Baghdad ad Amman, in Giordania.
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Sono a Falluja i combattimenti più intensi di queste ultime ore.
Sulla roccaforte sunnita, a 40 chilometri da Baghdad, proseguono senza sosta i
raid americani contro i miliziani. Ascoltiamo la testimonianza di Barbara
Schiavulli:
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“Uccidiamo solo
militanti”, dice l’esercito americano, ma viene smentito subito non solo dalla
gente ma dal ministero della Sanità iracheno, costretto a tenere il conto dei
morti: decine negli ultimi giorni, centinaia nelle ultime settimane. Secondo i
direttori degli ospedali della zona, traboccanti di feriti, tra le vittime ci
sono anche molte donne e bambini. Ieri gli imam, durante la preghiera del
venerdì, il giorno di riposo dei musulmani, hanno chiesto alla popolazione di
donare il sangue, mentre gli ulema, massima autorità spirituale sunnita,
avvertono gli americani che continuare a bombardare non aiuta neanche ad
instaurare le giuste relazioni che possano permettere un negoziato per il
rilascio di stranieri, spesso tenuti nascosti dai gruppi radicali islamici
proprio a Falluja.
Barbara Schiavulli da
Baghdad per la Radio Vaticana.
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Sventato questa notte a Mosca un attentato con due auto
imbottite di esplosivo. In un primo tempo si riteneva che l’obiettivo fosse il
presidente Putin ma, secondo altre fonti, l’attentato sarebbe stato diretto
contro la conferenza dei sindaci ospitata nella capitale russa. Sono in corso
le indagini e un uomo è stato fermato dalla polizia.
Elezioni
legislative domani in Kazhakistan, la vasta repubblica dell’Asia centrale
indipendente da Mosca dal 1991. Un solo leader, da allora: il presidente
Nazerbayev, che si presenta favorito anche a questa tornata elettorale e ha già
indicato sua figlia a succedergli. Otto milioni e mezzo di elettori sono attesi
al voto per il rinnovo della camera bassa del Parlamento. Fabrizio Vielmini,
giornalista di Limes, è ad Almahata per seguire il voto.
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Il
Kazhakistan è un enorme pezzo di ex Unione Sovietica che occupa una posizione
geo-politica senza uguali. Una sorta di subcontinente sospeso tra Russia e Cina
e il mondo musulmano. Oltre a costituire un ponte tra l’Europa e l’Asia, il
Paese ha un’importanza crescente sulla scena politica internazionale in qualità
di produttore di petrolio. E’ arduo attendersi grossi cambiamenti dalle
elezioni legislative di domani. Da 15 anni il Paese si trova sotto la ferrea
guida del presidente Nursultan Nazerbayev il quale, attraverso il controllo
totale delle strutture pubbliche statali, ha buon gioco nel determinare le
scelte degli elettori: uno stile definito di democrazia vigilata dalle stesse
autorità. Ciò nonostante, per la prima volta nella storia di questa giovane
repubblica, la campagna elettorale ha costituito il contesto in cui si è potuta
sviluppare una politica aperta fra gruppi di interesse e partiti. In questo
senso, la giornata elettorale di domani segna un importante momento di
transizione. Si è costituito un quadro di pluralismo che sicuramente continuerà
a influenzare la vita politica nazionale, anche dopo le elezioni. Tutto ciò
distingue nettamente il Kazhakistan dalla regione centro-asiatica in cui si
trova geograficamente immerso, regione, questa, caratterizzata sul piano politico
da repressioni e regimi dittatoriali. In tal modo, il Kazhakistan conferma la
componente europea della propria identità multiforme e continua a costituire
l’esempio più avanzato e riuscito di transizione dal sistema sovietico.
Da
Almahata, per la Radio Vaticana, Fabrizio Vielmini.
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E’ atteso per oggi pomeriggio a New York il voto sul
quarto progetto di risoluzione presentato dagli Stati Uniti per risolvere la
crisi del Darfur, la regione del Sudan occidentale al confine con il Ciad, dove
il conflitto etnico in corso da un anno e mezzo ha già provocato oltre 50 mila
morti e un milione di profughi. La bozza di risoluzione prevede pesanti
sanzioni a carico del governo di Kharthum se non collaborerà al negoziato di pace.
L’ostacolo all’adozione della nuova risoluzione è rappresentato dalla possibile
opposizione della Cina.
Sono
finiti nella tarda mattinata senza un accordo i negoziati per ripristinare le
istituzioni politiche nordirlandesi, svoltisi nel castello di Leeds, nel sud-
est dell'Inghilterra. Malgrado lo Sinn Fein abbia messo sul tavolo delle
trattative l'impegno dell'Ira a distruggere le sue armi, il tentativo di Tony
Blair di superare lo stallo che da due anni blocca il processo politico nella
provincia sembra sia naufragato per la richiesta dell'unionista Ian Paisley di
rinegoziare l'impianto di devolution creato dagli accordi di pace del 1998.
Allarme
nella Repubblica Dominicana per il passaggio dell'uragano Jeanne, che ha già
causato almeno due vittime e nove feriti, oltre a ingenti danni materiali. La
popolazione è stata invitata a rimanere
in casa e i pescatori a non uscire in mare. Intanto è salito ad almeno 38 morti
il bilancio dell'uragano Ivan, che ha flagellato le coste del sud degli Stati Uniti.
E'
salito ad almeno una sessantina di morti il bilancio dell'esplosione avvenuta
ieri in un villaggio nigeriano alla periferia nord di Lagos, dove un gruppo di
persone stava tentando di appropriarsi abusivamente del petrolio che zampillava
da un oleodotto manomesso. Il governo della Nigeria ha messo in atto una severa
campagna per cercare di porre fine a questi furti che ogni anno provocano
decine di morti.
Dopo una lunga trattativa nella notte è stato firmato
l’accordo tra l’Alitalia e i sindacati per il salvataggio della compagnia di
bandiera italiana. Il piano prevede esuberi per 900 unità e risparmi per 110
milioni di euro.
Fallito sequestro lampo nella notte a Treviglio in
provincia di Bergamo ai danni di un bambino di appena due anni. Quattro
egiziani hanno prelevato il piccolo dalla sua casa chiedendo al padre, un
imprenditore egiziano che da anni lavora nel bergamasco, un riscatto di
diecimila euro. Grazie all’intervento dei carabinieri i rapitori sono stati
arrestati e il bambino portato in salvo.
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