RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 262 - Testo della trasmissione di sabato 18 settembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Forte richiamo del Papa al dialogo e al negoziato contro la logica della guerra e del terrorismo. L’appello nel discorso al nuovo ambasciatore egiziano presso la Santa Sede

 

Siate audaci testimoni di Cristo per respingere le insidie del secolarismo: la raccomandazione del Santo Padre ai vescovi delle Isole del Pacifico

 

Il cardinale Etchegaray nominato inviato speciale del Papa alle Settimane sociali di Francia

 

Il segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, partirà per la riunione dell’Onu a New York su nuove forme di lotta contro la fame e la povertà nel mondo. Negli Stati Uniti, inoltre, riceverà il premio della fondazione “Path to peace”.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Cina: prossime le dimissioni da capo dell’esercito dell’ex presidente Jang Zemin: intervista con Laura De Giorgi

 

 “Un tabù da abbattere, un cono d’ombra da rimuovere”: così il ministro kenyano della sanità definisce la pratica delle mutilazioni genitali femminili, al Convegno internazionale che si chiude oggi a Nairobi: con noi Luciano Causa

 

Il presidente del Comitato paraolimpico internazionale ha aperto la notte scorsa i 12.mi Giochi paraolimpici

 

La Carovana della Pace, dopo aver percorso tutta l’Italia, si fermerà domani in provincia di Napoli. Sull’iniziativa della famiglia missionaria comboniana la testimonianza di un ragazzo

 

Si chiude stasera a Catania la 56.ma edizione del Prix Italia: ai nostri microfoni il sacerdote Bernardo Suate

 

CHIESA E SOCIETA’:

Collaborare per il rimpatrio dei profughi afghani presenti in Pakistan: è la richiesta dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati alla Caritas locale

 

La prossima settimana si svolgerà a Roma il Congresso degli abati benedettini

 

Singolare iniziativa pastorale in Corea del Sud. Fedeli e missionari locali sono andati porta a porta per annunciare il Vangelo

 

Ancora in alto mare i colloqui di pace nello Sri Lanka

 

La maggioranza non ha mantenuto le promesse: con queste parole le Acli commentano la bocciatura della proposta di legge “+dai-versi”, sulla deducibilità fiscale delle donazioni alle Onlus

 

Prende il via oggi in Italia la prima settimana di promozione dei prodotti equosolidali nella grande distribuzione.

 

Andati in cenere in Bolivia milioni di ettari di bosco

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, con le 28 vittime di oggi sale a 250 il bilancio dei morti dell’ultima settimana

 

Sventato questa notte a Mosca un attentato con due autobomba

 

Atteso nel pomeriggio il voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu per una nuova risoluzione sul  Darfur.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 settembre 2004

 

 

FORTE RICHIAMO DEL PAPA AL DIALOGO E AL NEGOZIATO

CONTRO LA LOGICA DELLA GUERRA E DEL TERRORISMO, CHE INSANGUINA L’IRAQ,

IL MEDIO ORIENTE E MOLTE ZONE DELLA TERRA. L’APPELLO DEL PONTEFICE

NEL DISCORSO AL NUOVO AMBASCIATORE EGIZIANO PRESSO LA SANTA SEDE

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Basta con la guerra, il terrorismo e la violenza in Iraq, in Terra Santa e ovunque nel mondo, perché essi producono solo odio, crudeltà e morte senza risolvere alcunché. E’ invece la volontà del dialogo, primo fra tutti tra cristiani e musulmani, a dover prevalere sulla logica dello scontro, con il sostegno delle religioni, perché “tutti i popoli hanno diritto di vivere nella serenità e nella pace”. Condensa e ribadisce tutti i concetti più volte ripetuti nel corso di questi ultimi anni il discorso che questa mattina Giovanni Paolo II ha rivolto al nuovo ambasciatore della Repubblica egiziana presso la Santa Sede, la signora Nevine Simaika Halim, ricevuta a Castel Gandolfo per la presentazione delle lettere credenziali. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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La Terra Santa “sfigurata da un conflitto senza fine, che si nutre di odi e di reciproci desideri di rivalsa”. L’Iraq, nel quale la “pace civile pare così difficile da restaurare”. O gli altri Paesi del pianeta, “straziati dal terrorismo che colpisce così crudelmente gli innocenti”. Tre esempi, tre diapositive che dimostrano tutto “l’orrore” e “l’incapacità di risolvere i conflitti” da parte della violenza. Di fronte alla inarrestabile sequenza di barbarie che popola la cronaca quotidiana, il Papa ha levato l’ennesimo appello: “Chiamo una volta ancora la Comunità internazionale alle sue responsabilità, per favorire il ritorno alla ragione ed al negoziato, sola via d’uscita possibile ai conflitti tra gli uomini, poiché tutti i popoli hanno diritto di vivere nella serenità e la pace”. Il Pontefice ha evocato una volta di più “la necessità di costruire una cultura della pace” “permettere una reale solidarietà tra gli uomini” e schiudere “un futuro d’armonia tra le nazioni”.

 

Ma l’auspicio di Giovanni Paolo II non si è fermato alle sole responsabilità degli Stati, che pure – ha rimarcato – hanno “fra le prime responsabilità” quelle di “garantire la pace, il benessere e la sicurezza dei cittadini”. Il suo appello è tornato a sollecitare le religioni mondiali perché la loro forza educativa formi le persone al rispetto dell’altro e, di contro, combatta e respinga “ogni approccio settario”. E il dialogo interreligioso, ha continuato, sia “proseguito e sviluppato particolarmente tra i cristiani e i musulmani”. “Occorre – ha affermato il Papa - sviluppare una migliore conoscenza reciproca delle tradizioni e delle mentalità delle due religioni, del loro ruolo nella storia come loro responsabilità nel mondo contemporaneo, attraverso riunioni tra i responsabili religiosi”, ma anche a livello di comunità e di villaggi.

 

Di rispetto, Giovanni Paolo II ha parlato anche riferendosi al diritto di culto e di religione, “forma eminente – ha osservato – della libertà delle persone”. Anche qui, un appello ai responsabili della società civile egiziana perché le comunità cristiane presenti nello Stato africano, ha detto, “non debbano temere alcuna forma di discriminazione o di violenza”. E ai cattolici egiziani, il Pontefice ha rivolto un saluto caloroso, invitandoli a proseguire il dialogo con i fratelli cristiani della Chiesa copta ortodossa e della chiesa greco-ortodossa, “attualmente provata – ha aggiunto - dalla morte tragica di suo pastore, Sua Beatitudine Petros VII, Patriarca di Alessandria e di tutta l'Africa. Che abbiano la preoccupazione di collaborare, ogni volta che è possibile, ad attività comuni al servizio dell'uomo”.

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SIATE AUDACI TESTIMONI DI CRISTO PER RESPINGERE LE INSIDIE DEL SECOLARISMO:  LA RACCOMANDAZIONE DEL PAPA AI VESCOVI DELLE ISOLE DEL PACIFICO

 

Siate audaci testimoni di Cristo: l’invito del Papa ad alcuni vescovi della Conferenza episcopale del Pacifico (CEPAC), giunti delle province di Samoa e Suva, in visita ad Limina Apostolorum, ricevuti stamane in Vaticano. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Nessun sforzo deve essere risparmiato nel prendere efficaci iniziative pastorali perché Dio sia meglio conosciuto ed amato”. Parole di incoraggiamento che Giovanni Paolo II ha rivolto ai vescovi delle lontane Isole del Pacifico.  Famiglie e comunità – ha detto loro – che nei vostri Paesi sono alla continua ricerca del significato della loro vita, si aspettano di vedere la fede in azione. Questo comporta che voi come maestri e messaggeri della Parola predichiate “con chiarezza e precisione che la fede ha la forza di plasmare la cultura stessa penetrandola fino al suo cuore.”

 

Nonostante la ricchezza e vitalità della vita pastorale nelle loro Isole, i presuli del Pacifico hanno espresso non poca preoccupazione per l’intrusione del secolarismo, in particolare del consumismo, e l’espandersi degli aspetti più insidiosi dei media, che trasmettono una visione deformata della vita, della famiglia, della religione, della morale, che sconvolge i valori culturali tradizionali. Di fronte a queste sfide – ha osservato il santo Padre - i popoli dell’Oceania hanno preso maggior coscienza della necessità di rinnovare la loro fede in Cristo. E in questo guardano con grande aspettativa ai loro vescovi, perché siano “tenaci ministri della verità e audaci testimoni di Cristo”, da ciò traendo ispirazione per “rigettare gli aspetti negativi delle nuove forme di colonizzazione e abbracciare tutto ciò che genera una nuova vita nello Spirito”.  “Nel mezzo di cambiamenti culturali che sono sovente fonte di divisione”, Giovanni Paolo II ha raccomandato di fare comunione nella Chiesa, ed ha sollecitato i presuli del Pacifico ad incontrare ed ascoltare con attenzione i propri collaboratori sacerdoti, religiosi e religiose e catechisti e di avvicinare direttamente i poveri, i malati, gli anziani offrendo l’esempio di una fede umile e di servizio. Ultimo richiamo a seguire la formazione dei seminaristi e l’aggiornamento dei preti perché venga consolidata la loro identità e personalità sacerdotale.

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IL CARDINALE ETCHEGARAY NOMINATO INVIATO SPECIALE DEL PAPA

ALLA SETTIMANE SOCIALI DI FRANCIA

 

Giovanni Paolo II ha nominato il cardinale Roger Etchegaray suo inviato speciale alle Settimane sociali di Francia, che si svolgeranno nella città di Lille dal 24 al 26 settembre prossimo sul tema: “L’Europa una società da inventare”.

 

 

IL SEGRETARIO DI  STATO DELLA SANTA SEDE, CARDINALE ANGELO SODANO,

PARTITO OGGI PER NEW YORK: PRENDERA’ PARTE ALLA RIUNIONE DELL’ONU

SULL'ESAME DI NUOVE FORME DI LOTTA CONTRO LA FAME  E LA POVERTÀ NEL MONDO, PROMOSSA DAL PRESIDENTE DEL BRASILE D’INTESA CON KOFI ANNAN.

NEGLI STATI UNITI, INOLTRE, IL CARDINALE SODANO RICEVERÀ

IL PREMIO DELLA FONDAZIONE “PATH TO PEACE”

 

Il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Angelo Sodano, è partito oggi per New York per partecipare a una riunione dell'Organizzazione delle Nazioni unite sull'esame di nuove forme di lotta contro la fame e la povertà nel mondo’. Come informa una nota del portavoce vaticano Joaquín Navarro-Valls, si tratta di un’iniziativa voluta dal presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva, d'intesa con il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, e con vari capi di Stato, di governo e di organizzazioni internazionali. Durante il soggiorno negli Stati Uniti, inoltre, il cardinale Sodano riceverà il premio della Fondazione “Path to Peace”, che mette in luce coloro che hanno lavorato per la causa della pace. Il porporato terrà anche una conferenza presso l'Università St. John di Brooklyn sul tema:Il lievito del Vangelo nella società contemporanea.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il discorso del Papa al nuovo ambasciatore della Repubblica Araba d’Egitto: facendo particolare riferimento all’Iraq e alla Terra Santa il Papa richiama l’urgenza di favorire il ritorno alla ragione e al negoziato, unica via di  uscita possibile ai conflitti fra gli uomini.

Sempre in prima una nota di riflessione di Pierluigi Natalia dal titolo “Beslan: la Croce di Viktoria”: vi si sottolinea che nella vicenda della ragazza che tenne stretto il Crocifisso nelle tremende ore del feroce sequestro s’impone l’alto significato della forza e del conforto che vengono dalla preghiera.

L’articolo di presentazione dell’inviato Giampaolo Mattei sull’incontro a New York nel Palazzo dell’ONU – cui partecipata il cardinale Angelo Sodano – dedicato all’iniziativa contro la fame e la povertà”.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai presuli della Conferenza episcopale del pacifico, il Papa ha auspicato che l’unità della Chiesa risplenda in tutti i suoi figli e cresca nella comunione di fede, di speranza e di carità.

La lettera del Santo Padre al cardinale Roger Etchegaray per la nomina ad Inviato speciale alle celebrazioni del centenario delle “Settimane Sociali di Francia”

 

Nelle estere, riguardo all’Iraq si sottolinea l’imperversare di sanguinose violenze in numerose città.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Cristoforo Bove dal titolo “Teresio Olivelli: un ribelle per amore”. In una documentata biografia di Paolo Rizzi la vita e l’eroismo cristiano del Servo di Dio vittima del nazismo.

 

Nelle pagine italiane, i temi della finanziaria e dell’immigrazione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 settembre 2004

 

 

CINA: PROSSIME LE DIMISSIONI DA CAPO DELL’ESERCITO

DELL’EX PRESIDENTE JANG ZEMIN

- Intervista con Laura De Giorgi -

 

L’ex-presidente cinese Jang Zemin ha presentato le sue dimissioni da capo dell’Esercito di Liberazione Popolare, ultima alta carica che l’anziano leader manteneva. Ad annunciarlo è un giornale di Hong Kong, citando fonti del parlamento di Pechino. L’abbandono dell’incarico di Jang Zemin, 78 anni, sarebbe dovuto a motivi di salute. Le dimissioni dovrebbero essere formalizzate nelle prossime ore nella riunione del Comitato centrale comunista in corso da giovedì a Pechino. Ma che cosa ha rappresentato la figura di Jang Zemin nella Cina degli ultimi anni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Laura De Giorgi, esperta di Storia della Cina dell’Università Ca’ Foscari di Venezia:

 

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R. – Jang Zemin è emerso al potere subito dopo l’incidente di Tienanmen ed è sembrata una figura da trascurare, per quanto fosse stato il segretario del Partito comunista a Shangai, quindi una città molto importante in Cina. Nell’arco di questi dieci anni si è dimostrato un leader, al di là di quanto le valutazioni iniziali potessero presupporre, perché ha saputo gestire la crescita economica, mantenendo però la stabilità sociale cinese. Uno dei suoi tentativi è stato quello di cercare di allargare anche la rappresentatività del Partito comunista cinese ai nuovi settori emergenti della società, come quello ad esempio degli imprenditori. Quindi, nel complesso è sicuramente da valutare come un leader molto più importante di quanto la sua personalità potesse far presupporre.

 

D. – Jang Zemin lascia la guida di una Cina che è in fortissimo progresso economico. Chi lo sostituirà come potrà gestire questa dicotomia difficile tra un regime comunista ed un Paese che invece sembra orientato decisamente verso il liberismo economico?

 

R. – La leadership che viene ereditata è in effetti figlia della sua stessa visione. E’ una leadership tecnocratica, cresciuta nell’ambito della gestione di democratizzazione cinese, democratizzazione economica, ed anche nell’ambito dell’organizzazione del Partito. Finora, in questi ultimi due anni, il nuovo leader Hu Jintao, è rimasto abbastanza all’ombra di Jang Zemin. E quindi non ci si è ancora resi ben conto di quali siano le prospettive future. I problemi che sono sul tappeto sono molti, perché sicuramente la crescita economica è molto elevata, molto rapida, con rischi di problemi di “surriscaldamento” dell’economia e soprattutto di tenuta del sistema creditizio. Rimane ancora in sospeso il grande problema della corruzione che mina il consenso nei confronti del Partito comunista cinese. E rimane il problema, che forse questa leadership vuole affrontare, del disequilibrio tra le province esterne, quelle orientali più ricche, e le aree povere nella Cina interna.

 

D. – Questo Paese è veramente cambiato, così come noi riusciamo a vedere soltanto da quello che ci viene proposto? 

 

R. – Sì, è veramente cambiato. E’ ovvio che il cambiamento spesso può essere diverso dal modo superficiale in cui a volte viene o può essere presentato dai media o da un viaggio compiuto per pochi giorni. L’idea di una Cina immobile è sicuramente da abbandonare. Il cambiamento è stato più o meno rapido a seconda delle aree più o meno esposte all’influenza internazionale e più o meno soggette alla crescita economica.

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“UN TABÙ DA ABBATTERE, UN CONO D’OMBRA DA RIMUOVERE”:

COSÌ IL MINISTRO KENYANO DELLA SANITÀ DEFINISCE LA PRATICA

DELLE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI, CHE COINVOLGE 130 MILIONI DI DONNE

NEL MONDO. IL FENOMENO E’ AL CENTRO DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE

CHE SI CHIUDE OGGI A NAIROBI

- Intervista con Luciano Causa -

 

“Un tabù da abbattere, un cono d’ombra da rimuovere”: così il ministro kenyano della Sanità, Charity Ngilu, ha definito la pratica delle mutilazioni genitali femminili, che ancora oggi coinvolge circa 130 milioni di donne in tutto il mondo. Al fenomeno è dedicato il convegno internazionale che si chiude oggi a Nairobi, dopo due giorni di confronto tra politici africani e società civile. Andrea Sarubbi ha raggiunto telefonicamente, nella capitale del Kenya, Luciano Causa, corrispondente dell’Ansa:

 

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R. – Ci sono state alcune testimonianze incredibili, come quella della bimba somala di 12 anni che ha aperto il convegno, che ha raccontato il suo dramma: una notte la stessa mamma le disse “viene viene” e poi, schiacciata e tenuta per terra da tre donne, è stata tagliata, come dicono loro. Urlava, urlava e urlava ma niente da fare. Aveva solo 8 anni. Per questa bimba che lo racconta, per i suoi genitori che hanno preso coscienza di questa pazzia al punto che hanno fondato una Ong che adesso si batte contro questo, si tratta di un fenomeno di cui si conosce solo la punta dell’iceberg. In realtà in tutta l’Africa, soprattutto quella cosiddetta nera, e in larghissima parte dei Paesi arabi la mutilazione genitale femminile tocca l’80-90 per cento delle donne. Si tratta cioè di fenomeno assolutamente di massa, a dire poco.

 

D. – A livello politico cosa si sta muovendo per arginare il fenomeno?

 

R. – Nel luglio del 2003, i capi di Stato e di governo africani firmarono un documento molto significativo, il cosiddetto Protocollo di Maputo, e molto liberale, considerando i livelli africani ovviamente, verso le donne. Basta dire che al punto 5 prevede la proibizione dell’infibulazione. Questo documento è passato all’unanimità, probabilmente anche perché pressati dall’opinione pubblica internazionale etc. etc. Per diventare ora legge continentale ha bisogno dell’approvazione di almeno 15 Parlamenti: finora è stata approvata soltanto da tre parlamenti. L’esigenza legale è fondamentale per dare possibilità di operazione e di intervento sul sociale. 

 

D. – Ci sono degli esempi positivi di Paesi che stanno svolgendo un’operazione culturale e che stanno spiegando alla gente le conseguenze di queste mutilazioni genitali?

 

R. – Sì, in questo senso è partita in Egitto, circa un anno e mezzo fa, una campagna spinta dalla società civile, che è andata molto bene. In Egitto, dove si parla del 90 per cento di donne “tagliate”, questa percentuale sta oggi rapidamente scendendo, perché c’è un bombardamento di spot televisivi, dove si spiega che non è un qualcosa di religioso e dove alcuni importanti uomini religiosi musulmani lo affermano. Il problema è insomma quello di un intervento sulla società.

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“COLPITI DALLA SOFFERENZA, VOI ATLETI RAPPRESENTATE IL MEGLIO DI TUTTI NOI”: CON QUESTA PARTECIPAZIONE, IL PRESIDENTE DEL COMITATO PARAOLIMPICO

INTERNAZIONALE, IL BRITANNICO PHIL CRAVEN, LUI STESSO DA 20 ANNI DISABILE

IN CARROZZELLA, HA APERTO LA NOTTE SCORSA I 12.MI GIOCHI PARAOLIMPICI.

I PRIMI SI SVOLSERO A ROMA 60 ANNI FA CON 400 ATLETI

- Il servizio di Cesare Rizzoli -

 

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I Giochi d’Atene battono già un record: 136 Nazioni presenti, 3840 gli atleti, circa la metà i non vedenti, 19 le specialità in gara come per le Olimpiadi e un ugual numero di strutture. Le Federazioni nazionali hanno tuttavia escluso dai giochi il pugilato ed il sollevamento pesi. Anche il pubblico greco ha riempito, la notte scorsa, lo Stadio Olimpico di Marussi, come in agosto per le Olimpiadi.

 

“Assistere a questi giochi è un veicolo di grande civiltà e di educazione per i più piccoli”, ha detto il presidente del Comitato internazionale dalla sua carrozzina. Nella notte, i grandi applausi se li sono guadagnati la Grecia, Paese ospitante, poi l’Iraq, con alcuni disabili dei recenti avvenimenti; la Gran Bretagna, la squadra più numerosa; la Spagna e l’Italia con i suoi 70 atleti. Le due Coree sono sfilate sotto un unico cartello con la dicitura Corea, ma con bandiere separate anche se molto simili e con uno spazio che evidenziava la piccola squadra del Nord dalla folta del Sud.

 

Il beniamino della serata inaugurale è stato un tedesco di 39 anni, un pastore anglicano tre volte Oro nel Ping Pong, nato invalido. Due atleti greci non vedenti hanno chiesto il silenzio durante le gare per mantenere intatti i contatti via radio con accompagnatori e guide. Il doping che aveva inaugurato i Giochi di agosto con lo scandalo dei due atleti greci sottrattisi ai controlli, peserà sulle Paraolimpiadi: 4 anni di squalifiche sono previsti per gli atleti trovati positivi, ben il doppio di quanto era stato previsto nelle gare di agosto.

 

Da Atene, per Radio Vaticana, Cesare Rizzoli.

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LA CAROVANA DELLA PACE, DOPO AVER PERCORSO TUTTA L’ITALIA,

SI FERMERÀ DOMANI A NOLA, IN PROVINCIA DI NAPOLI.

L’INIZIATIVA DELLA FAMIGLIA MISSIONARIA COMBONIANA IN COLLABORAZIONE

CON I “GIOVANI DELL’IMPEGNO MISSIONARIO”, AVVICINA NORD E SUD D’ITALIA

E RICHIAMA L’ATTENZIONE SU  PERCORSI DI RISOLUZIONE

DEI CONFLITTI INTERNAZIONALI ATTRAVERSO LA NON VIOLENZA E LA PACE

 

La Carovana della Pace dopo aver percorso tutta l’Italia si fermerà domani a Nola, in provincia di Napoli. Dalla cittadina settentrionale di Limone sul Garda  sono partiti il 7 settembre tre gruppi, rinnovando l’iniziativa avviata quattro anni fa dalla Famiglia Missionaria Comboniana in collaborazione con i “Giovani dell’Impegno Missionario”. Ce ne parla, al microfono di Dorotea Gambardella, uno dei ragazzi che vi hanno aderito, Marco Ragaini:

 

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R. – La “Carovana della pace” è incominciata nel 2000 in occasione del “Giubileo degli oppressi”, una sezione particolare durante l’anno del Giubileo per i più poveri e gli oppressi. Questa edizione 2004 percorre l’Italia attraverso tre itinerari: uno che segue la direttrice nord-ovest, l’altra nord-sud e il terzo lungo le strade del sud Italia.

 

D. – Qual è l’obiettivo?

 

R. – Portare un messaggio di pace e lo slogan, infatti, è “Vita piena per tutti, adesso e non domani”. Vogliamo ricordare le guerre in corso, ma non solo quelle che sono sempre sui giornali, anche quelle dimenticate, e le vittime non solo delle guerre, ma anche quelle dell’ingiustizia, della fame, di malattie che sarebbero facilmente curabili. Il secondo obiettivo è di incontrare nelle città le realtà significative del mondo del volontariato, dell’associazionismo, della Chiesa per scoprire i segni di speranza e di pace, che sono presenti in tutte le città, e rilanciarli.

 

D. – Da che cosa nasce l’idea di una carovana per la pace?

 

R. – Dall’idea che la pace non è solo qualcosa che dobbiamo chiedere, ma qualcosa che richiede l’impegno personale. Fisicamente, la carovana porta giovani del nord Italia a conoscere le realtà del Sud e viceversa. E questa è anche una metafora di un atteggiamento di vita che non vuole chiudersi in se stesso ma vuole portare attenzione a tutte le persone, andando incontro. Credo che sia anche un segno per la Chiesa: cioè, un’idea di Chiesa che non sta semplicemente sulla soglia di casa ad aspettare, ma va incontro alle persone e riconosce nella diversità una ricchezza.

 

D. – Le tematiche di cui vi occupate sono diverse. Quest’anno, c’è anche l’attenzione al caso delle due Simona rapite … In che modo ve ne occupate?

 

R. – Abbiamo promosso una giornata di digiuno per chiedere la liberazione di queste ragazze, ma vogliamo anche richiamare l’attenzione su percorsi di risoluzione dei conflitti internazionali attraverso la non violenza e la pace.

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SI CHIUDE QUESTA SERA A CATANIA LA 56.MA EDIZIONE DEL PRIX ITALIA.

SODDISFAZIONE DELLE GIURIE PER COME L’ARTE È STATA ESPRESSA

IN ALCUNI PROGRAMMI RADIOFONICI E TELEVISIVI E APPREZZAMENTO

PER I PROGRAMMI CONTRO I SOPRUSI UMANI. ENTUSIASMO UNANIME

 PER IL FILM SVEDESE DI BERGMAN “SARABAND”, COPRODOTTO DA RAI FICTION

- Servizio di Antonella Palermo -

 

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I britannici riempiono il sacco. Sono della BBC un documentario sulla vita e l’epoca di Luchino Visconti e un programma musicale chiamato Eroica che dal Prix Italia fanno portare oltre Manica un bel risultato, se lo si aggiunge alla vittoria di Channel Four Television per un serial su una famiglia della classe operaia di Manchester. I nordici dimostrano di essere protagonisti della qualità televisiva. A vincere infatti anche Inchiodati sul fondo, un documentario danese sul sistema europeo dei sussidi agricoli e sulle difficili condizioni di migliaia di contadini del terzo mondo. Dell’Africa non ci si dimentica al Prix Italia: un documentario sul genocidio rwandese ha vinto infatti il Premio Granarolo, assegnato per le opere contro i soprusi umani. Giurie letteralmente conquistate dal film dello svedese Bergman Saraband, un dramma contemporaneo sulla lotta per il potere, la liberazione e la riconciliazione, che peraltro vedremo tra breve sugli schermi Rai. Il canale francese TF1 ha ottenuto un premio per il documentario musicale Change it!. Per i premi assegnati alle trasmissioni radiofoniche, da segnalare la vittoria di un’emittente austriaca che ha presentato La confessione, storia di una violenza domestica, l’abuso di un padre nei confronti del figlio. Per i prodotti web interessante l’assegnazione del premio ad un sito danese sull’affare malaria, una malattia di cui muoiono tutti i giorni 3000 bambini. Una coppa speciale in argento andrà alla serie di Luca De Mata I dieci comandamenti. Il coraggio di amare. Anche l’Associazione Internazionale Cattolica di Comunicazione Signis ha assegnato il suo Premio Speciale per la promozione dei valori umani. Ha vinto il documentario canadese reality show, che in maniera intelligente e attraente critica a tutto campo questo genere televisivo così diffuso definendolo “tv-doping”. Le motivazioni del premio dal Presidente della giuria Signis, il sacerdote mozambicano Bernardo Suate:

 

“Questo documentario lo abbiamo trovato di una qualità artistica molto buona e poi critica un genere, appunto il reality show, che è abbastanza nuovo anche se in crescita nel mondo televisivo. Abbiamo visto che il reality show ha un impatto negativo nel pubblico, soprattutto nel mondo giovanile, in quanto induce a credere che sia possibile diventare famosi e ricchi, in modo semplice e facile. Pensiamo che il pubblico, soprattutto del mondo giovanile, guardando questo documentario trovi degli spunti di riflessione. Noi lo abbiamo premiato non soltanto per la qualità, ma soprattutto per questo impatto che può avere nel pubblico e soprattutto nel pubblico giovanile: può aiutare a riflettere su quello che la televisione rappresenta”.

 

Da Catania, per la Radio Vaticana, Antonella Palermo.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 19 settembre, 25.ma Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta la parabola dell’amministratore disonesto in cui Gesù dice:

 

“Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona”.

 

Su queste parole il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Essendo immagine di Dio, l’uomo è essenzialmente orientato al suo prototipo, che è il Creatore stesso. Il legame tra l’uomo e Dio è l’amore di Dio. La sorgente, la fonte è Dio. L’uomo, proprio grazie all’amore in cui è creato, può accogliere Dio, riconoscerLo come tale e, così, definire se stesso. Riconoscendo Dio Padre, riconosce se stesso come Figlio e ammettendo questa verità, l’uomo scopre che in ciò è celato tutto il suo divenire, la sua creatività e soprattutto la felicità della sua vita. La mentalità del peccato, invece, cerca di fargli vedere che questa relazione lo rende schiavo. E’ la mentalità che lo vuole convincere ad essere il protagonista e a non essere il “secondo”, a diventare lui il gestore della propria vita e del mondo. Ma quando questo avviene, l’uomo non è più figlio e diventa schiavo di quelle stesse cose che lui pensa di possedere. L’uomo dal cuore puro ha un solo desiderio: amare Dio e trovarLo in tutte le cose, altrimenti si disperde proprio in tutte le cose.

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CHIESA E SOCIETA’

18 settembre 2004

 

 

COLLABORARE PER IL RIMPATRIO DEI PROFUGHI AFGANI PRESENTI IN PAKISTAN:

E’ LA RICHIESTA DELL’ALTO COMMISSARIATO ONU PER I RIFUGIATI

ALLA CARITAS LOCALE.

DAL 2003, GRAZIE ALL’IMPEGNO DELL’AGENZIA DELLE NAZIONI UNITE,

SONO STATI RIMPATRIATI PIU’ DI 2 MILIONI DI PROFUGHI

 

ISLAMABAD. = Nuova richiesta dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR) alla Caritas del Pakistan per collaborare al rimpatrio volontario dei profughi afghani presenti nel Paese. Immediata la risposta dell’associazione cattolica, che ha incaricato la sede di Faisalabad di condurre un’indagine sui rifugiati afghani nella regione. Dalle prime stime, è emerso che più di 500 famiglie provenienti dall’Afghanistan si trovano in 10 aree della diocesi considerata. E secondo il segretario esecutivo, Anjum Gill, almeno altre mille se ne scopriranno nelle zone ancora da ispezionare. Gill ha anche sottolineato che la maggior parte dei profughi non vuole rimpatriare per via della difficile situazione presente nel Paese d’origine. Molti, infatti, sono riusciti ad ottenere illegalmente una carta d’identità pakistana grazie all’appoggio dei politici locali e degli estremisti religiosi, che ne sfruttano povertà e ignoranza per i propri fini. Il rapporto della Caritas ha, inoltre, messo in luce la mancanza di sforzi del governo locale per identificare e quantificare i profughi afghani in Pakistan. L’associazione cattolica operante a Faisalabad ha chiesto, infine, ai benefattori stranieri nuovi fondi per fornire cibo, riparo e documenti per il rimpatrio ai rifugiati. Secondo l’accordo stipulato nel marzo 2003 tra Pakistan, Afghanistan e UNHCR, tutti i profughi afghani devono rimpatriare volontariamente entro il 2006. Finora l’agenzia delle Nazioni Unite che fornisce loro assistenza è riuscita a farne tornare in patria più di due milioni. (R. P.)

 

 

LA PROSSIMA SETTIMANA SI SVOLGERA’ A ROMA IL CONGRESSO

DEGLI ABATI BENEDETTINI. ALL’INCONTRO DEL PIU’ ANTICO ORDINE MONASTICO DELL’OCCIDENTE PRENDERANNO PARTE 230 ABATI

 

ROMA. = Dal 21 al 29 settembre prossimi Roma ospiterà 230 abati del più antico ordine monastico dell’occidente, i Benedettini. Il Congresso degli Abati si tiene ogni quattro anni per trattare le questioni riguardanti l’intera Confederazione Benedettina, la gestione del Collegio e dell’Ateneo di Sant’Anselmo a Roma. All’incontro sono stati invitati cinque rappresentanti di altre confessioni cristiane e 24 tra monache e suore benedettine. Oltre alle questioni di normale amministrazione, verrà sviluppata la tematica della globalizzazione. Il professore Norbert Walter della Deutsche Bank di Francoforte e Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, sono gli interlocutori degli abati, che si aspettano un’esposizione della tematica sia dal punto di vista secolare sia da quello ecclesiale. Nei 438 monasteri sparsi in tutto il mondo (http://osb-international.info/), i monaci benedettini si sono sempre adattati alle esigenze e alla cultura del posto e ora, mantenendo sempre e comunque la continuità spirituale che gli è propria, intendono studiare il fenomeno della globalizzazione. (B.C.)

 

 

SINGOLARE INIZIATIVA PASTORALE IN COREA DEL SUD: FEDELI E MISSIONARI LOCALI SONO ANDATI PORTA A PORTA PER ANNUNCIARE IL VANGELO. PIU’ DI 600 PERSONE INIZIANO IL CATECUMENATO PER DIVENTARE CATTOLICI

 

SEOUL. = Grazie all’intensa attività di evangelizzazione condotta dai fedeli e dai missionari locali, oltre 600 catecumeni sono giunti nella parrocchia di Taechon-dong a Suwon, località a sud di Seoul, in Corea del Nord. I catecumeni hanno espresso il desiderio di convertirsi al cattolicesimo e verranno battezzati la prossima Pasqua. Prima dovranno frequentare il catechismo. A maggio la parrocchia di Taechon-dong ha iniziato un’efficace campagna missionaria, dal titolo “Nuova famiglia per Dio”. “L’iniziativa è stata un successo – ha sottolineato Theresa Kim Suk-kyong, presidente del Comitato delle piccole comunità cristiane della parrocchia – anche perché ha rafforzato la coesione e la fede dei parrocchiani”. Theresa Kim ha, inoltre, raccontato  che nei tre mesi della campagna i parrocchiani “hanno setacciato tutto il territorio e il vicinato, parlando con la gente e distribuendo opuscoli informativi per strada e porta a porta”. Alla fine hanno raccolto 1.200 schede di adesione. La missione deve essere rivolta non solo ai “futuri fedeli”, ma anche a quelli “presenti”, ha spiegato padre Matthias Kang Jeong-keun, parroco di Taechon-dong. “I cattolici – ha aggiunto – si devono convincere dell’importanza dell’evangelizzazione, solo così essa risulterà efficace sul prossimo”. I parrocchiani registrati nella chiesa di Taechon-dong sono 4.865, ma solo 1.400 partecipano alla Messa domenicale. Secondo i dati forniti dalla Conferenza episcopale della Corea, su una popolazione di 46.818.000 abitanti, i cattolici sono 4,4 milioni. (B.C.)

 

 

ANCORA IN ALTO MARE I COLLOQUI DI PACE NELLO SRI LANKA.

LA MEDIAZIONE NORVEGESE NON HA SCIOLTO I NODI TRA IL GOVERNO DI COLOMBO

E I RIBELLI DELLE TIGRI TAMIL

 

COLOMBO. = Resta in stallo il processo di pace nello Sri Lanka. L’inviato scandinavo, Erik Solheim, non è riuscito, infatti, a riavviare i colloqui nel Paese asiatico. Giunto lo scorso 13 settembre nella grande isola immersa nell’Oceano Indiano (da anni la Norvegia svolge un ruolo di mediazione nel ventennale conflitto), non ha riscontrato aperture significative né da parte del governo né da parte dei ribelli delle “Tigri per la liberazione della patria Tamil” (Ltte). La presidente dello Sri Lanka, Chandrika Kumaratunga, ha espresso la propria insoddisfazione per l’indecisione dimostrata dalle Tigri sulla ripresa del processo di pace. La Kumaratunga, inoltre, ha lamentato violazioni del cessate-il-fuoco firmato tra guerriglia e governo nel febbraio 2002. Da parte sua, il capo dell’ala politica dell’Ltte, Thamilselvan, ha affermato che “i mediatori norvegesi non hanno portato alcun messaggio costruttivo da parte del governo dello Sri Lanka”. Solheim ha, inoltre, sottolineato di non essere stato in grado di incontrare esponenti del Janatha Vimukthi Peramuna (Jvp), partito marxista principale alleato della coalizione di governo e fermamente contrario ai colloqui di pace con le Tigri. I ribelli combattono dal 1983 nel nord e nell’est dell’ex-Ceylon in nome della minoranza etnica tamil, contro la maggioranza cingalese e buddista, in un conflitto che ha causato oltre 60.000 morti. (B.C.)

 

 

LA MAGGIORANZA NON HA MANTENUTO LE PROMESSE: CON QUESTE PAROLE LE ACLI COMMENTANO LA BOCCIATURA DELLA PROPOSTA DI LEGGE “+DAI-VERSI”,

SULLA DEDUCIBILITÀ FISCALE DELLE DONAZIONI ALLE ONLUS

 

ROMA. = Critica delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (Acli) per la bocciatura della proposta di legge sulla deducibilità fiscale delle donazioni alle onlus (“+Dai –Versi”), decisa nei giorni scorsi dalla Commissione bilancio della Camera. “La maggioranza – commenta il presidente, Luigi Bobba – non ha mantenuto le promesse e ha tradito le attese dell’associazionismo italiano”. “E’ incredibile – prosegue Bobba – che una legge così importante, volta a incentivare le donazioni e a promuovere azioni di solidarietà, non sia riuscita ad ottenere il via libera dalla commissione per problemi di copertura finanziaria”. “Quale miopia politica – si legge ancora nella nota – impedisce di capire che investire sul non profit significa, per lo Stato, spendere meglio e, alla fine, spendere meno? Solo l’Italia, tra i Paesi europei, si ostina a non capirlo”. Ricordando che lo stesso presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, aveva espresso il suo apprezzamento per la legge, le Acli concludono: “Siamo rimasti spiazzati da questa decisione negativa presa dalla Commissione Bilancio, perché avevamo ricevuto nei mesi scorsi ripetute conferme, garanzie e assicurazioni”. (B.C.)

 

 

PRENDE IL VIA OGGI IN ITALIA LA PRIMA SETTIMANA DI PROMOZIONE DEI PRODOTTI EQUOSOLIDALI NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE. L’INIZIATIVA, DAL TITOLO “IO FACCIO LA SPESA GIUSTA”, INTENDE APRIRE UN NUOVO SCENARIO AI CONSUMATORI,

QUELLO DEI PRODUTTORI DEL SUD DEL MONDO. COINVOLTI 3.000 PUNTI VENDITA

 

ROMA. = Una settimana per parlare di commercio equo, ma soprattutto per fare la spesa con i prodotti solidali con il Sud del mondo: la promuove Fairtrade TransFair Italia, marchio di certificazione dei prodotti equosolidali. L’iniziativa prende il via oggi per concludersi il prossimo 25 settembre. La campagna “Io faccio la spesa giusta” si legge nel comunicato è stata organizzata “per favorire la conoscenza del commercio equo da parte dei consumatori e per informare sul significato importante che può assumere un semplice gesto quotidiano come, appunto, fare la spesa”. Si tratta della prima iniziativa in Italia di così vasta scala per sensibilizzare i consumatori a un acquisto più consapevole, cui partecipa il 30 per cento dei supermercati e ipermercati per un totale di 3.000 punti vendita su tutto il territorio nazionale. Sono già molti – rende noto Fairtrade – i cittadini e le famiglie che scelgono questi prodotti quando fanno la spesa: nel 2003 erano 12 milioni di persone a conoscerli, in 7 milioni li hanno acquistati, con un trend di crescita del 40 per cento rispetto al 2002. “La campagna è solo alla prima edizione – ha dichiarato Adriano Poletti, presidente del Consorzio Fairtrade TransFair Italia – negli anni a venire vorremmo che diventasse un momento fisso per pensare a questo semplice gesto che può cambiare la vita di migliaia di persone”. (B.C.)

 

 

ANDATI IN CENERE IN BOLIVIA MILIONI DI ETTARI DI BOSCO.

IL MINISTERO DELLA DIFESA MOBILITA ANCHE L’ESERCITO PER ARGINARE GLI INCENDI

CHE STANNO DEVASTANDO I DIPARTIMENTI DI BENI E DI SANTA CRUZ

 

LA PAZ. = Disastro ecologico in America Latina. Due milioni di ettari di bosco sono andati letteralmente in fumo nel giro di appena un mese per gli incendi che stanno distruggendo le selve boliviane, in particolare nei dipartimenti di Beni e di Santa Cruz, a circa 140 chilometri dalla capitale La Paz. L’Istituto di sovrintendenza agraria (Sirenare) ha reso noto che sono 718 i focolai ancora attivi che continuano a propagarsi, favoriti dalla siccità e dal vento. Secondo Federico Martinez, tecnico della Sirenare, dall’inizio del 2004 sono stati ridotti in cenere complessivamente quattro milioni gli ettari di foresta, in parte anche a causa dell’azione dei contadini che abbattono e bruciano alberi per estendere le loro aree coltivabili, in vista della prossima stagione della semina. In numerose località di Santa Cruz e Beni una fitta coltre di fumo continua a ostacolare la visibilità, in parte sono gli effetti di incendi in corso anche negli Stati brasiliani di Rondonia e Mato Grosso, confinanti con la Bolivia. Per arginare l’emergenza, il ministero della Difesa ha mobilitato anche l’esercito: 600 soldati nella provincia di Guarayos aiutano i vigili del fuoco nella costruzione di trincee capaci di arginare le fiamme. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 settembre 2004

 

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

La settimana che si sta concludendo è stata in Iraq una tra le più sanguinose: con almeno 30 vittime di stamane sono almeno 250 i morti da domenica scorsa. Intanto un nuovo appello per la liberazione delle due volontarie italiane rapite a Baghdad è stato lanciato dal presidente dell'Unione delle Comunità ed Organizzazioni islamiche in Italia. Il nostro servizio.

 

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Ancora silenzio dai rapitori di Simona Torretta e Simona Pari. “Liberatele subito” è la richiesta del presidente dell'Unione delle Comunità islamiche in Italia, mentre il viceministro degli Affari Esteri iracheno, Hamid  Al-Bayati, ricevuto questa mattina a Roma dal ministro della Difesa Antonio Martino, ha confermato “il massimo impegno” del governo iracheno per la liberazione delle due volontarie. Nel frattempo, con un video trasmesso dalla tv satellitare al-Jazeera, il gruppo terroristico che fa capo al fondamentalista giordano Al-Zarqaoui oggi ha rivendicato il rapimento dei due ingegneri americani e del collega britannico avvenuto giovedì scorso a Baghdad. I terroristi hanno minacciato di uccidere i tre ostaggi, mostrati nel video, se entro 48 ore non verranno liberate tutte le donne detenute nelle prigioni irachene. Intanto nel Paese si è consumata un’altra giornata di sangue: 23 persone sono rimaste uccise e 53 ferite da un’autobomba esplosa contro un centro di reclutamento della Guardia nazionale a Kirkuk, nell'Iraq settentrionale, mentre un colpo di mortaio sparato da ignoti contro una scuola di Baquba ha ferito 11 persone, due delle quali versano in gravi condizioni. Tra gli altri episodi di violenza che si registrano oggi, c’è l’uccisione a Mossul di cinque guardie del corpo di un alto funzionario del ministero del petrolio, scampato a un’imboscata. Uomini armati hanno aperto il fuoco contro tre autobus pieni di studenti sciiti a sud di Baghdad, uccidendo un giovane e tre camionisti turchi sono stati sequestrati a nord della capitale. Buone notizie invece sul fronte dei trasporti: per la prima volta dopo quattordici anni la compagnia aerea irachena ha effettuato oggi un volo internazionale senza passeggeri, lungo la tratta da Baghdad ad Amman, in Giordania.

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Sono a Falluja i combattimenti più intensi di queste ultime ore. Sulla roccaforte sunnita, a 40 chilometri da Baghdad, proseguono senza sosta i raid americani contro i miliziani. Ascoltiamo la testimonianza di Barbara Schiavulli:

 

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“Uccidiamo solo militanti”, dice l’esercito americano, ma viene smentito subito non solo dalla gente ma dal ministero della Sanità iracheno, costretto a tenere il conto dei morti: decine negli ultimi giorni, centinaia nelle ultime settimane. Secondo i direttori degli ospedali della zona, traboccanti di feriti, tra le vittime ci sono anche molte donne e bambini. Ieri gli imam, durante la preghiera del venerdì, il giorno di riposo dei musulmani, hanno chiesto alla popolazione di donare il sangue, mentre gli ulema, massima autorità spirituale sunnita, avvertono gli americani che continuare a bombardare non aiuta neanche ad instaurare le giuste relazioni che possano permettere un negoziato per il rilascio di stranieri, spesso tenuti nascosti dai gruppi radicali islamici proprio a Falluja.

 

Barbara Schiavulli da Baghdad per la Radio Vaticana.

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Sventato questa notte a Mosca un attentato con due auto imbottite di esplosivo. In un primo tempo si riteneva che l’obiettivo fosse il presidente Putin ma, secondo altre fonti, l’attentato sarebbe stato diretto contro la conferenza dei sindaci ospitata nella capitale russa. Sono in corso le indagini e un uomo è stato fermato dalla polizia.

 

Elezioni legislative domani in Kazhakistan, la vasta repubblica dell’Asia centrale indipendente da Mosca dal 1991. Un solo leader, da allora: il presidente Nazerbayev, che si presenta favorito anche a questa tornata elettorale e ha già indicato sua figlia a succedergli. Otto milioni e mezzo di elettori sono attesi al voto per il rinnovo della camera bassa del Parlamento. Fabrizio Vielmini, giornalista di Limes, è ad Almahata per seguire il voto.

 

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Il Kazhakistan è un enorme pezzo di ex Unione Sovietica che occupa una posizione geo-politica senza uguali. Una sorta di subcontinente sospeso tra Russia e Cina e il mondo musulmano. Oltre a costituire un ponte tra l’Europa e l’Asia, il Paese ha un’importanza crescente sulla scena politica internazionale in qualità di produttore di petrolio. E’ arduo attendersi grossi cambiamenti dalle elezioni legislative di domani. Da 15 anni il Paese si trova sotto la ferrea guida del presidente Nursultan Nazerbayev il quale, attraverso il controllo totale delle strutture pubbliche statali, ha buon gioco nel determinare le scelte degli elettori: uno stile definito di democrazia vigilata dalle stesse autorità. Ciò nonostante, per la prima volta nella storia di questa giovane repubblica, la campagna elettorale ha costituito il contesto in cui si è potuta sviluppare una politica aperta fra gruppi di interesse e partiti. In questo senso, la giornata elettorale di domani segna un importante momento di transizione. Si è costituito un quadro di pluralismo che sicuramente continuerà a influenzare la vita politica nazionale, anche dopo le elezioni. Tutto ciò distingue nettamente il Kazhakistan dalla regione centro-asiatica in cui si trova geograficamente immerso, regione, questa, caratterizzata sul piano politico da repressioni e regimi dittatoriali. In tal modo, il Kazhakistan conferma la componente europea della propria identità multiforme e continua a costituire l’esempio più avanzato e riuscito di transizione dal sistema sovietico.

 

Da Almahata, per la Radio Vaticana, Fabrizio Vielmini.

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E’ atteso per oggi pomeriggio a New York il voto sul quarto progetto di risoluzione presentato dagli Stati Uniti per risolvere la crisi del Darfur, la regione del Sudan occidentale al confine con il Ciad, dove il conflitto etnico in corso da un anno e mezzo ha già provocato oltre 50 mila morti e un milione di profughi. La bozza di risoluzione prevede pesanti sanzioni a carico del governo di Kharthum se non collaborerà al negoziato di pace. L’ostacolo all’adozione della nuova risoluzione è rappresentato dalla possibile opposizione della Cina.

 

Sono finiti nella tarda mattinata senza un accordo i negoziati per ripristinare le istituzioni politiche nordirlandesi, svoltisi nel castello di Leeds, nel sud- est dell'Inghilterra. Malgrado lo Sinn Fein abbia messo sul tavolo delle trattative l'impegno dell'Ira a distruggere le sue armi, il tentativo di Tony Blair di superare lo stallo che da due anni blocca il processo politico nella provincia sembra sia naufragato per la richiesta dell'unionista Ian Paisley di rinegoziare l'impianto di devolution creato dagli accordi di pace del 1998.

 

Allarme nella Repubblica Dominicana per il passaggio dell'uragano Jeanne, che ha già causato almeno due vittime e nove feriti, oltre a ingenti danni materiali. La popolazione è stata invitata a  rimanere in casa e i pescatori a non uscire in mare. Intanto è salito ad almeno 38 morti il bilancio dell'uragano Ivan, che ha flagellato le coste del sud degli  Stati Uniti.

 

E' salito ad almeno una sessantina di morti il bilancio dell'esplosione avvenuta ieri in un villaggio nigeriano alla periferia nord di Lagos, dove un gruppo di persone stava tentando di appropriarsi abusivamente del petrolio che zampillava da un oleodotto manomesso. Il governo della Nigeria ha messo in atto una severa campagna per cercare di porre fine a questi furti che ogni anno provocano decine di morti.

 

Dopo una lunga trattativa nella notte è stato firmato l’accordo tra l’Alitalia e i sindacati per il salvataggio della compagnia di bandiera italiana. Il piano prevede esuberi per 900  unità e  risparmi per 110 milioni di euro.

 

Fallito sequestro lampo nella notte a Treviglio in provincia di Bergamo ai danni di un bambino di appena due anni. Quattro egiziani hanno prelevato il piccolo dalla sua casa chiedendo al padre, un imprenditore egiziano che da anni lavora nel bergamasco, un riscatto di diecimila euro. Grazie all’intervento dei carabinieri i rapitori sono stati arrestati e il bambino portato in salvo.

 

 

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