RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 261 - Testo della trasmissione di venerdì 17 settembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa incontra 130 vescovi di recente nomina e li esorta a dare una forte testimonianza di santità: da questo dipende l’autorevolezza di quanto insegnamo

 

Gli istituti di credito non si limitino al perseguimento del massimo profitto ma facciano riferimento allo sviluppo dell’intera comunità: così il Papa ricevendo i dirigenti del gruppo bancario Capitalia nel 2° anniversario di fondazione.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Il custode di Terra Santa ottimista sulla questione dei visti per i religiosi cattolici in Israele: intervista con padre Pierbattista Pizzaballa

 

“La revisione del processo di nullità del matrimonio” al centro di un corso di aggiornamento a Roma per operatori di diritto presso i tribunali ecclesiastici: con noi mons. Joaquín Llobell

 

Difendere l’ambiente, senza uccidere l’uomo: da ieri in rete la sfida del nuovo sito Svipop. Il commento di Riccardo Cascioli

 

Atene ancora capitale dello sport mondiale. Iniziano oggi le Paraolimpiadi per atleti disabili: ce ne parla Luca Pancalli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

“La corruzione è un male terribile, le cui conseguenze colpiscono specialmente i più poveri”: il monito dell’arcivescovo di Cochabamba

 

Cresce la preoccupazione degli istituti missionari del Mozambico per gli ultimi episodi di violenza avvenuti nel Paese

 

La ripresa economica mondiale resta fragile secondo l’UNCTAD

 

Inaugurato ieri in Sudafrica il Parlamento panafricano, voluto dall’Unione Africana per dare voce a tutti i cittadini del continente

 

In tv immagini violente ogni 4 minuti dannose per la salute dell’individuo. Lo afferma uno studio realizzato con oltre 100 esperti

 

Prosegue la 56.ma edizione del Prix Italia in corso fino a domani a Catania

 

Alessandro De Carolis, redattore della Radio Vaticana, si è aggiudicato il secondo premio del Concorso nazionale “Parole in corsa”, promosso dalla aziende di trasporto pubblico in tutta Italia

 

24 ORE NEL MONDO:

Almeno 13 morti per una nuova esplosione nel centro di Baghdad ed oltre 40 vittime per un raid aereo americano compiuto nella notte su Falluja. Dura replica di Bush a Kofi Annan che ha giudicato illegale l’intervento militare americano in Iraq

 

Il leder separatista ceceno, Shamil Basaiev, ha rivendicato l’azione terroristica compiuta in Ossezia del nord nella scuola di Beslan.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 settembre 2004

 

 

IL PAPA INCONTRA 130 VESCOVI DI RECENTE NOMINA

 E LI ESORTA A DARE UNA FORTE TESTIMONIANZA DI SANTITA’:

DA QUESTO DIPENDE L’AUTOREVOLEZZA DI QUANTO INSEGNAMO

 

Il cortile del Palazzo apostolico ha ospitato stamane l’incontro del Papa con 130 vescovi di recente nomina. I presuli sono giunti una settimana fa in pellegrinaggio alla Tomba di Pietro da una ventina di Paesi in tutto il mondo, per partecipare poi al Seminario di aggiornamento, promosso dalle Congregazioni per i vescovi e per le Chiese orientali, che si è concluso oggi. Giovanni Paolo II li ha esortati a dare la testimonianza di una vita santa: da questo infatti - ha detto - dipende l’autorevolezza morale di quanto insegniamo. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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“Maestro, sacerdote e guida della comunità cristiana”, il vescovo pone sempre al centro del suo ministero Cristo, presente attraverso la Parola e l’Eucarestia”: lo ha ricordato Giovanni Paolo II ai presuli novelli accompagnati dai prefetti dei due dicasteri vaticani, i cardinali Giovanni Battista Re e Moussa Daoud, che “opportunamente” - ha sottolineato il Papa – hanno raccolto “i pastori delle due grandi tradizioni della Chiesa universale, quella d’Occidente e quella d’Oriente”, offrendo l’occasione ai vescovi arrivati dall’Asia, dall’America, dall’Africa e dall’Europa “di vivere giorni di intensa fraternità episcopale”, favorendo la comunicazione e la comunione ecclesiale.

 

Il Santo Padre ha richiamato l’attenzione dei vescovi sull’Anno dell’Eucaristia, che inizierà il prossimo 10 ottobre con l’apertura, a Guadalajara in Messico, del Congresso eucaristico internazionale, “un occasione provvidenziale” - ha auspicato - per approfondire la centralità del Sacramento eucaristico “nella vita e nell’attività di ogni Chiesa particolare”. E proprio i vescovi - ha sottolineato Giovanni Paolo II - hanno “il compito di vigilare sulla celebrazione dei Sacramenti e sul culto in genere”, secondo  “l’aspettativa dei fedeli di avere una celebrazione dignitosa in cui nulla sia lasciato all’improvvisazione o al caso.” Questo perché “la liturgia è la grande scuola della vita cristiana, dove si adora, si ama, si conosce il Signore e si rinvigorisce la volontà di seguire il Maestro”. Ed il Papa ha infine raccomandato ai vescovi Novelli:

 

“Lo spirito di Dio che vi ha santificato attraverso la consacrazione episcopale attende la vostra generosa risposta quotidiana. La vostra santità non è un fatto solo personale, essa ridonda sempre a beneficio dei fedeli, conferendo quella autorevolezza morale da cui trae efficacia l’esercizio del ministero. A conferma di quanto noi insegniamo vi deve essere la testimonianza della nostra vita”.

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 GLI ISTITUTI DI CREDITO NON SI LIMITINO AL PERSEGUIMENTO DEL MASSIMO PROFITTO MA FACCIANO RIFERIMENTO ALLO SVILUPPO DELL’INTERA COMUNITA’:

COSI’ IL PAPA RICEVENDO I DIRIGENTI DEL GRUPPO BANCARIO CAPITALIA

NEL SECONDO ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE

 

Le Banche e gli istituti di credito non  si limitino al perseguimento del massimo profitto ma facciano sempre riferimento ai valori superiori del vivere umano e al bene di tutta la comunità. E’ questo in sintesi quanto ha detto stamane il Papa, ricevendo a Castel Gandolfo i dirigenti del Gruppo Bancario Capitalia nel secondo anniversario di fondazione. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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“Il complesso mondo del credito - ha detto il Papa - sollecita la riflessione della Chiesa, per le numerose implicanze etiche che lo riguardano”:

 

“Sarebbe infatti decisamente insufficiente limitarsi al perseguimento del massimo profitto; occorre invece far sempre riferimento ai valori superiori del vivere umano, se si vuole essere di aiuto alla crescita vera ed al pieno sviluppo della comunità”.

 

Il Papa, a questo proposito, ha citato il grande economista cattolico Giuseppe Toniolo secondo il quale la morale cristiana deve considerarsi “come il fattore più potente a suscitare nei popoli le energie economiche e a garantirne i rapporti più regolari ed efficaci”. Così, la presenza degli istituti di credito nella società “può divenire strumento di vero progresso offrendo sostegno a tutte le valide iniziative di singoli e gruppi”, che ricorrono a questi organismi “per le loro legittime necessità di servizi finanziari ed economici”. Il Pontefice ha quindi auspicato che l’attività degli istituti di credito sia sempre sostenuta da questa visione superiore, così da contribuire al bene dell'intera comunità .

 

Dunque il Papa è tornato a parlare del profitto, un tema affrontato più volte dalla dottrina sociale della Chiesa. Nella sua enciclica Centesimus Annus, del 1991, Giovanni Paolo II scrive che “la Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, come indicatore del buon andamento dell'azienda: quando un'azienda produce profitto, ciò significa che i fattori produttivi sono stati adeguatamente impiegati ed i corrispettivi bisogni umani debitamente soddisfatti. Tuttavia, il profitto non è l'unico indice delle condizioni dell'azienda. È possibile che i conti economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell'azienda, siano umiliati e offesi nella loro dignità. Oltre ad essere moralmente inammissibile – leggiamo nella Centesimus Annus - ciò non può non avere in prospettiva riflessi negativi anche per l'efficienza economica dell'azienda. Scopo dell'impresa, infatti, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l'esistenza stessa dell'impresa come comunità di uomini che, in diverso modo, perseguono il soddisfacimento dei loro fondamentali bisogni e costituiscono un particolare gruppo al servizio dell'intera società. Il profitto – concludeva il Papa nell’enciclica - è un regolatore della vita dell'azienda, ma non è l'unico; ad esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali che, a lungo periodo, sono almeno egualmente essenziali per la vita dell'impresa”.

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ALTRE UDIENZE

 

Il Santo Padre oggi ha ricevuto in successive udienze il cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; mons. Alapati Lui Mata'eliga, arcivescovo di Samoa-Apia (Samoa), e mons. John Quinn Weitzel, vescovo di Samoa-pago Pago (Samoa Americana), in visita "ad Limina"; infine ha ricevuto l’arcivescovo Gabriel Montalvo, nunzio apostolico negli Stati Uniti d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli Stati Americani.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la Russia: il leader radicale islamico ceceno Basayev rivendica il feroce sequestro di Beslan.

 

Nelle vaticane, il discorso del Papa ai Presuli consacrati di recente, partecipanti all'Incontro promosso dalle Congregazioni per le Chiese Orientali e per i Vescovi: con la consacrazione il successore degli Apostoli diventa - in modo pieno - maestro, sacerdote e guida della comunità cristiana.

Una pagina dedicata alla figura di san Giuseppe da Copertino nel IV centenario della nascita.

 

Nelle estere, in Iraq le violenze non danno tregua. A Baghdad si è consumata un'altra strage in seguito all'esplosione di un'autobomba.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Patruno in merito al film "Le chiavi di casa" di Gianni Amelio, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia: un poetico faccia a faccia tra il padre ed il figlio disabile.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 settembre 2004

 

 

IL CUSTODE DI TERRA SANTA OTTIMISTA SULLA QUESTIONE DEI VISTI

PER I RELIGIOSI CATTOLICI IN ISRAELE

- Intervista con padre Pierbattista Pizzaballa -

 

In questi ultimi tempi si sono registrati “segnali di cambiamento” da parte dell’amministrazione israeliana, ma “il processo burocratico è ancora farraginoso”. Lo ha sottolineato ai nostri microfoni padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, parlando del regime dei visti d’ingresso in Israele per il personale religioso della Chiesa Cattolica. L’importante questione è tornata in primo piano dopo la visita in Vaticano del ministro dell’Interno israeliano, Avraham Poraz. Incontrando lunedì Giovanni Paolo II e il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, Poraz ha, infatti, assicurato “di aver dato le istruzioni necessarie per una soddisfacente soluzione” del problema. Ma sentiamo le parole del francescano padre Pizzaballa, nell’intervista di Fabio Colagrande:

 

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R. – In questi ultimi due anni, abbiamo avuto seri problemi con l’amministrazione israeliana a causa dei visti, nel senso che improvvisamente, dopo 50 anni senza problemi, i nostri religiosi, tutti i religiosi di tutte le Congregazioni, si sono visti negare il permesso di ingresso o il permesso di residenza in Israele, anche quei religiosi che sono qui da decenni. Questo ha creato molte difficoltà e molto sconcerto. Devo dire, però, devo riconoscere, che in questi ultimi mesi si sono registrati segnali di cambiamento da parte dell’amministrazione. Tutte le richieste sono state prese nuovamente in considerazione e, anche se lentamente, i visti stanno per essere concessi.

 

D. – Quindi avete concrete speranze che dalle parole del ministro nasca un’inversione di tendenza?

 

R. – Il cammino, il processo burocratico per arrivare ad ottenere i visti, è ancora un po’ farraginoso, ma confido che si possa risolvere anche questo aspetto entro breve tempo.

 

D. – Questo problema, in qualche modo, ha ulteriormente inasprito la fuga di cristiani dalla Terra Santa. Qual è la situazione della comunità cristiana in questo momento?

 

R. – La comunità cristiana qui è sempre più assottigliata, purtroppo. Siamo rimasti l’1,8 per cento della popolazione locale, molto poco. Questa situazione politica, poi, sta creando ulteriori problemi, nel senso che molte famiglie preferiscono lasciare il Paese a causa della mancanza di prospettive anche economiche, la mancanza di prospettive di pace politica ...

 

D. – Si insiste spesso sul ruolo di mediazione che potrebbero avere i cristiani in Medio Oriente, in Palestina, in Israele ... ma quale potrebbe essere questo ruolo, in concreto?

 

R. – In concreto, è difficile da dire, perché la situazione è veramente molto complessa e ingarbugliata. Noi cristiani abbiamo, a fondamento della nostra fede, il senso del perdono e della riconciliazione. Credo che il contributo piccolo che possiamo dare, in questo momento, sia quello di aiutare la popolazione locale, soprattutto il mondo islamico e il mondo ebraico, ad incontrarsi, a sapere perdonare o, se si vuole usare un altro termine, un’altra terminologia, ‘voltare pagina’. Se si guarda soltanto alle proprie sofferenze, al proprio dolore, al sangue versato dal proprio popolo, infatti, non riusciremo mai ad uscire da questa situazione.

 

D. – L’orrore di Beslan, i rapimenti in Iraq, l’anniversario dell’11 settembre: sono tutti temi che hanno occupato l’interesse internazionale; il Medio Oriente, invece, il conflitto israelo-palestinese sembra passare in secondo piano. Eppure, più volte si è detto che forse è la madre di tutte le crisi, in qualche modo. Lei è d’accordo?

 

R. – In un certo senso, sì. Io sono convinto che quello che accade a Gerusalemme riguarda tutto il mondo, rappresenta un po’ il cuore della vita del mondo. E’ vero che gli eventi internazionali hanno posto un po’ in secondo piano il conflitto e la crisi che vi è qui in Medio Oriente. Prima o poi, tuttavia, purtroppo, tornerà alla ribalta. Generalmente è sempre per motivi tristi, ma spero che un giorno si possa parlare di Medio Oriente anche in termini più positivi, per il dialogo che ricomincia. Questo è il mio augurio.

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“LA REVISIONE DEL PROCESSO DI NULLITÀ DEL MATRIMONIO”

AL CENTRO DEL SECONDO CORSO DI AGGIORNAMENTO

PER OPERATORI DI DIRITTO PRESSO I TRIBUNALI ECCLESIASTICI.

DOMANI A ROMA SI CHIUDERANNO I LAVORI

- Intervista con mons. Joaquín Llobell -

 

Si concluderà domani a Roma, presso la Pontificia Università della Santa Croce, il secondo corso di aggiornamento per gli operatori del diritto presso i Tribunali Ecclesiastici. L’incontro, promosso dall’Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana, ha per tema “La revisione del processo di nullità del matrimonio”. Al corso di aggiornamento partecipano oltre 200 operatori, giudici, difensori del vincolo, avvocati, provenienti da 33 Paesi europei, africani e americani. Ma quali sono le principali disfunzioni riconducibili ai processi di nullità del vincolo matrimoniale? Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Joaquín Llobell, ordinario di diritto processuale canonico presso l’Università della Santa Croce, nonché giudice della Corte di appello dello Stato della Città del Vaticano e membro del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica.

 

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R. – Da una parte, la disfunzione nei Paesi poveri, penso all’America Latina, penso all’Africa, penso all’Asia. In questi Paesi non ci sono tribunali ecclesiastici e, quindi, se una coppia di cattolici si trova in difficoltà, non ha la possibilità di ottenere una dichiarazione di nullità, alla quale ha diritto. Una prima riforma, quindi, sarebbe quella di riuscire a far sì che in ogni diocesi ci sia un tribunale che possa offrire questo servizio pastorale ai fedeli. In altri Paesi, invece, la situazione è opposta. Cosa intendo dire? Che i tribunali, con un’impostazione che Giovanni Paolo II ha criticato molte volte, identificano il fallimento del matrimonio con la nullità dello stesso. Ogni volta che il matrimonio fallisce, si pensa che quel matrimonio sia fallito perché nullo. Un matrimonio può essere difficile per una malattia. Pensiamo, ad esempio, ad una persona che si sposa e l’anno successivo ha un incidente e diventa tetraplegico: il matrimonio di quella persona è valido. Certo, la vita con un tetraplegico per tutta la vita è difficile, ma questo non rende nullo il matrimonio. I coniugi dovranno percorrere una via di sacrificio, di croce che ha un valore ai fini della salvezza eterna, che alla fin fine è quello che conta. Invece, ci sono tribunali che pensano che quando il matrimonio è fallito, bisogna dichiarare nullo quel matrimonio. Anche lì, c’è da riformare quella mentalità.

 

D. – Che dire di tanti luoghi comuni sulle nullità matrimoniali: basta pagare, e così via ...

 

R. – Per la verità, ci sono stati alcuni casi di persone famose. Vale a dire che avvocati senza scrupoli hanno detto a questi clienti facoltosi: ‘Io posso, ingannando i Tribunali della Chiesa, far sì che questi tribunali dichiarino nullo il tuo matrimonio. Certo, mi dovrai pagare un bel po’!’. Queste persone, che problemi di soldi non avevano, dicevano: “Bè, io pur di poter celebrare un secondo matrimonio in Chiesa, sono disposto a pagare quello che è necessario”, e quindi pagavano. Soldi che andavano non alla Chiesa, non ai tribunali, ma all’avvocato e,quindi, è vero che negli anni passati qualche volta ciò è avvenuto. Questo non possiamo negarlo perché è vero. Tuttavia, non si può fare di tutta l’erba un fascio. In secondo luogo, la Chiesa si è attivata per offrire ogni mezzo ai fedeli per poter accertare la validità e la nullità del proprio matrimonio e quindi se una persona vuole verificare se il proprio matrimonio è valido, la Chiesa si impegna a farlo con due sentenze – perché sono necessarie due sentenze. In Italia costa 700 euro. Se una persona non può pagare, la Chiesa lo fa gratis e lo fa con la stessa dedizione e lo stesso impegno che riserva alla persona che pagano.

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DIFENDERE L’AMBIENTE, SENZA UCCIDERE L’UOMO:

DA IERI IN RETE LA SFIDA DI SVIPOP

- Intervista con Riccardo Cascioli -

 

L’uomo è una risorsa per l’ambiente, non una minaccia. Con questa idea di fondo ha preso vita ieri il sito www.svipop.org, diretto dal giornalista di Avvenire Riccardo Cascioli. Svipop – acronimo che sta per Sviluppo e Popolazione – si propone di combattere e confutare molte teorie false alla base delle politiche attuali. Sentiamo lo stesso Riccardo Cascioli, al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. – È davvero in corso una guerra contro l’uomo. Un esempio è dato dalla presentazione, in questi giorni, del Rapporto Onu sullo stato della popolazione: i dati demografici reali vengono chiaramente cancellati dall’ideologia, che vuole comunque il controllo delle nascite e che considera “negativa” la presenza dell’uomo sulla terra.

 

D. – Svipop contrasta una cultura dominante secondo cui tutti i problemi del mondo provengono dalla sovrappopolazione. In realtà, non è vero…

 

R. – No. Sicuramente non è vero. Oltretutto, vediamo che laddove c’è stato un calo rapidissimo della fertilità – come è accaduto in questi anni, anche in alcuni Paesi in via di sviluppo – questo non si traduce automaticamente in crescita economica e sviluppo: al contrario! L’Africa, che ha avuto un notevole calo nella fertilità, ha conosciuto negli ultimi anni un aumento della povertà pari al 43 per cento.

 

D. – Nel vostro primo editoriale, c’è un’accusa piuttosto forte: voi affermate che gran parte degli aiuti al Terzo Mondo finiscono per finanziare gli aborti. È vero?

 

R. – Sì, è vero. Perché grazie al piano d’azione approvato al Cairo, si è inserito questo concetto – il programma di “salute riproduttiva” – in tutti i programmi di aiuto allo sviluppo. Ora, “salute riproduttiva” è un concetto che in realtà nasconde la volontà di portare contraccezione e aborto libero ovunque. Così succede che, per esempio, i fondi per gli aiuti allo sviluppo dell’Unione Europea hanno visto crescere a dismisura la proporzione per i finanziamenti al programma di azione del Cairo, che vanno tutti a sostenere il controllo delle nascite.

 

D. – A proposito di Europa, c’è un articolo sull’eutanasia ai bambini in Olanda. Svipop accusa l’Olanda di praticare una “selezione della razza” ...

 

R. – Direi non solo l’Olanda: l’Olanda è l’esempio più avanzato, più esplicito, ma è chiaro che questa tendenza eugenetica è fortemente presente nella nostra società. Oggi si nasconde dietro a formule nuove ed accattivanti, come appunto quella della “salute riproduttiva” della donna, ma in realtà la tendenza è sempre quella. Non per niente il movimento femminista radicale, una certa corrente del movimento ambientalista e quello per il controllo delle nascite hanno tutti la loro origine nelle società eugenetiche anglosassoni di inizio Novecento.

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ATENE ANCORA CAPITALE DELLO SPORT MONDIALE.

INIZIANO OGGI LE PARAOLIMPIADI PER ATLETI DISABILI

- Intervista con Luca Pancalli -

 

Riaprono i battenti degli impianti sportivi che hanno ospitato le recenti Olimpiadi di Atene 2004. Da oggi sino al 28 settembre nella capitale ellenica si disputeranno le Paraolimpiadi, cioè i Giochi per atleti disabili. Un’occasione per parlare attraverso lo sport anche delle difficoltà, che ancora in molte società civili i portatori di handicap incontrano nella vita di tutti i giorni. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luca Pancalli, presidente della Federazione Italiana Sport Disabili, raggiunto telefonicamente ad Atene:

 

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R. – Certo, rispetto all’evento olimpico, per noi gareggiare ad Atene non è un ritorno all’origine, perché le Paraolimpiadi nacquero nel 1960 a Roma; comunque, ovviamente tutta la delegazione sente un’emozione particolare nel poter vivere proprio ad Atene questi giochi paraolimpici.

 

D. – Attraverso le Paraolimpiadi, si vuole anche lanciare un messaggio importante alla società civile, cioè quello di riuscire a rendere la vita più vivibile per i portatori di handicap ...

 

R. – Beh, sì, al di là dello sport, al di là dell’evento agonistico in senso stretto, ovviamente tutto il movimento sportivo praticato dalle persone disabili – in Italia come nel mondo – attraverso questo tipo di iniziative vuole anche far capire comunque che le persone disabili sono persone, sono cittadini e come tali titolari di diritti e il diritto allo sport è uno di questi. E ad essi devono essere riconosciute pari opportunità. E questo non deve riflettersi soltanto ad Atene 2004, nei Giochi paraolimpici, un grande evento con medaglie prestigiose e grande agonismo, ma soprattutto sulle altre decine, decine e decine di migliaia di ragazzi che praticano lo sport a livello amatoriale soltanto per occupare il proprio tempo libero e divertirsi. E qualcuno di loro, magari, coltiva il sogno paraolimpico.

 

D. – Ci sono grandi progressi anche dal punto di vista strettamente sportivo, tecnico e dei risultati agonistici ...

 

R. – Sicuramente, il movimento sportivo dei diversamente abili ha avuto soprattutto nell’ultimo quadriennio una crescita esponenziale, sia da un punto di vista organizzativo: mi riferisco soprattutto all’Italia, che ha visto la nascita e la trasformazione della nostra Federazione in Comitato italiano paraolimpico, quindi una sorta proprio di piccolo CONI dello sport praticato dalle persone disabili. Certo, io auspico che Atene, al di là delle medaglie, a cui indubbiamente noi aspiriamo e per le quali ci siamo preparati, possa portare anche un altro tipo di affermazioni: ovvero il fatto di riuscire a diffondere sempre più e sempre meglio la pratica sportiva tra le persone disabili in questo Paese. Cioè, a me piacerebbe che queste Paraolimpiadi, al di là di quello che mi auguro di conquistare sul campo, possano portare tanti altri giovani del nostro Paese ad avvicinarsi alla pratica sportiva.

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CHIESA E SOCIETA’

17 settembre 2004

                                                                                       

“LA CORRUZIONE E’ UN MALE TERRIBILE, LE CUI CONSEGUENZE

COLPISCONO SPECIALMENTE I PIU’ POVERI”: QUESTO, IL MONITO DELL’ARCIVESCOVO

 DI COCHABAMBA, MONS. TITO SOLARI, IN OCCASIONE DEL 194.MO ANNIVERSARIO

 DELLA FONDAZIONE DELLA CITTA’ BOLIVIANA

 

COCHABAMBA.= “I corrotti non conoscono Dio e ignorano il suo messaggio d’amore”: così, l’arcivescovo di Cochabamba in Bolivia, mons. Tito Solari, si è rivolto alla folla di fedeli durante il Te Deum, in occasione del 194.mo anniversario della fondazione della città. “La corruzione è un male terribile, le cui conseguenze colpiscono per lo più i poveri”, ha detto il presule alla folla intervenuta. Tra i presenti, anche il presidente della Repubblica, Carlos Mesa, accompagnato da alcuni ministri. “La lealtà, la correttezza, il mutuo rispetto sono i frutti dell’amore incondizionato del Signore agli uomini. Di contro, la corruzione è la negazione diretta del Suo amore”, ha sottolineato mons. Solari, ribadendo che “se ci appropriamo di beni che non ci appartengono, rubiamo al più povero, all’indifeso”. Secondo l’arcivescovo di Cochabamba, la piaga della corruzione potrà essere arginata soltanto con un cambiamento interiore fondato sull’educazione agli autentici valori cristiani: “E’ l’unica strada per un cammino di progresso nel Terzo Millennio, non c’è altro”. Il presule ha rilevato, infine, come il consumismo sfrenato, la disoccupazione e la crisi della famiglia abbiano contribuito a generare un clima di tensione a livello planetario: “Se interveniamo sulle cause, potremo superare gli effetti. Oggi l’insicurezza si chiama terrorismo, nel nostro Paese avrà altri nomi, ma la radice è la stessa ed è la scarsa considerazione delle fasce più deboli”. (D.D.)

 

 

CRESCE LA PREOCCUPAZIONE DEGLI ISTITUTI MISSIONARI DEL MOZAMBICO

PER GLI ULTIMI EPISODI DI VIOLENZA AVVENUTI NEL PAESE:

METTONO A RISCHIO LA PACE SIGLATA A ROMA NEL 1992

 

MAPUTO. = Puntare sul dialogo per rafforzare la democrazia in Mozambico: è quanto afferma oggi il Consiglio permanente della Conferenza degli istituti religiosi attivi nel Paese Africano (CIRM), a seguito dei fatti di sangue avvenuti nelle ultime settimane nei pressi di Beira. Secondo i missionari del CIRM, “questi ed altri episodi possono compromettere il consolidamento della pace e del processo democratico decisi a Roma nel 1992, al termine della guerra civile che ha scosso il popolo mozambicano”. Citando le parole dell’Enciclica Sollecitudo Rei Socialis di Giovanni Paolo II, inoltre, i firmatari del comunicato hanno sottolineato che “la pace è indivisibile: o è qualcosa di tutti o di nessuno” ed hanno espresso la propria solidarietà all’arcivescovo di Beira, Jaime Gonçalves, e alla Conferenza episcopale del Mozabico. A metà di agosto anche la polizia dello Stato africano aveva cercato di porre fine alle violenze in atto chiedendo il disarmo alle guardie armate della Resistenza nazionale mozambicana, RENAMO, ex movimento ribelle e oggi partito politico di opposizione. (R.P.)

 

 

LA RIPRESA ECONOMICA MONDIALE RESTA FRAGILE, NONOSTANTE LA CRESCITA

DEL 2,6% REGISTRATA NEL 2003 E IL BUON PRIMO SEMESTRE DEL 2004.

E' QUANTO SOTTOLINEA IL RAPPORTO ANNUALE DELL'UNCTAD,

LA CONFERENZA DELL'ONU SUL COMMERCIO E LO SVILUPPO,

PUBBLICATO IERI A GINEVRA

- A cura di Roberta Moretti -

 

GINEVRA. = Potrebbero rivelarsi “irrealistiche”, secondo gli esperti delle Nazioni Unite, le previsioni ottimistiche per l'anno in corso e la speranza che la ripresa si prolungherà oltre il 2004. A far sorgere dubbi in proposito, sarebbero gli squilibri dell'economia mondiale e le incertezze sull'evoluzione del prezzo del petrolio, dei tassi di cambio e della prosperità relativa negli Stati Uniti. Nel 2004, la crescita nei Paesi industrializzati dovrebbe raggiungere il 3,2%, quella nei Paesi in transizione, ovvero dell’Europa Orientale, il 6% e nei Paesi in via di sviluppo il 5,8%. L'America Latina potrebbe registrare una crescita del 4,3%, mentre in Africa la crescita non basterà a sconfiggere la povertà. L'attuale ripresa sarebbe dovuta soprattutto all'economia americana e alla rapida crescita nel Sud-Est, confermando l'importanza di politiche budgetarie e monetarie volontaristiche. L'Unctad stima che per mantenere la ripresa economica mondiale, senza aumentare il deficit degli Stati Uniti e accrescere le tensioni sul dollaro, bisognerebbe consolidare la richiesta interna nelle zone dell'euro e in Giappone. Tuttavia, se non saranno mantenuti tassi di cambio competitivi, l'Europa corre il rischio di ritrovarsi nella trappola di una crescita debole con un’alta disoccupazione”. Il rapporto si sofferma quindi sull’espansione economica nel 2003, registrando come il tasso di crescita dei Paesi in via di sviluppo e dei Paesi in transizione, che supera il 5%, sia stato più rapido di quello dei Paesi industrializzati, pari al 2%.

 

 

INAUGURATO IERI IN SUDAFRICA IL PARLAMENTO PANAFRICANO,

VOLUTO DALL’UNIONE AFRICANA PER DARE VOCE A TUTTI I CITTADINI DEL CONTINENTE. “ORA DATECI LE RISORSE PER FARLO FUNZIONARE”, HA ESCLAMATO

LA PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA, GERTRUDE MONGELLA,

DURANTE LA CERIMONIA DI APERTURA

 

MIDRAND.= “È stato concepito per essere il Parlamento all’interno del quale le voci di tutti gli africani vengano ascoltate”: con queste parole la presidente Gertrude Mongella ha aperto ieri la seduta inaugurale del nuovo Parlamento Panafricano a Midrand, nel nord-est del Sudafrica, dove il neo-nato organo dell’Unione Africana (Ua) avrà per ora la sua sede. “Ciò che serve adesso – ha proseguito la Mongella – è una seria promozione e un rafforzamento di questa istituzione, garantendo le risorse adeguate per il suo funzionamento”. Il nuovo Parlamento non potrà legiferare né decidere stanziamenti di bilancio e per i primi cinque anni avrà soltanto un ruolo consultivo, in vista di una futura, ma non ancora databile trasformazione in vero e proprio organo legislativo, eletto a suffragio universale. Ogni delegazione nazionale, composta da cinque deputati, deve comprendere almeno una donna e un membro dell’opposizione, nel tentativo di garantire pluralità e diritto di rappresentanza anche alle componenti politiche di minoranza all’interno dei singoli Paesi. Le aspettative sono molto elevate e la giornata di ieri ha rappresentato, secondo molti osservatori, una tappa storica per tutto il continente. Durante la cerimonia, a cui erano presenti i rappresentanti di 46 dei 53 Paesi africani che hanno finora ratificato il protocollo per la creazione del Parlamento, il presidente del Sudafrica, Thabo Mbeki, si è rivolto ai deputati invitandoli a essere “campioni senza paura” del popolo africano, per vedere nascere finalmente “un’Africa dal volto umano”. (R.M.)

 

 

IN TV IMMAGINI VIOLENTE OGNI 4 MINUTI DANNOSE PER LA SALUTE DELL’INDIVIDUO. LO AFFERMA uno studio realizzato

con oltre 100 esperti. Sotto processo Reality, tg e talk show.

 A rischio soprattutto i bambini, MALATI ED ANZIANI

 

ROMA. = Ogni 4 minuti arrivano dalla tv immagini violente e pericolose per la salute dell’individuo. E’ quanto emerge da uno studio di Eta Meta Research realizzato attraverso il monitoraggio delle principali reti nazionali e con oltre 100 esperti tra psicologi, medici e  pedagogisti. Secondo l’indagine, infatti, il piccolo schermo sarebbe sempre più un concentrato di aggressività proponendo schegge di violenza fisica e verbale. Il tutto provocherebbe allo spettatore ansia, stress, depressione  e perfino problemi al cuore. Le scene angoscianti, infatti, aumentano “lo stato emotivo, l’adrenalina e la frequenza cardiaca. Una situazione che al cardiopatico può causare attacchi di angina pectoris”: commenta il Prof. Antonio Rebuzzi, responsabile dell’Unità Coronaria al Policlinico Gemelli di Roma. In testa alla lista nera dei programmi messi all’indice dagli intervistati, figurano i reality show che con sfide, competizioni, prove e privazioni, contribuirebbero ad esaltare tensione ed aggressività. Seguono poi i tg, con il loro linguaggio esasperato ed ansiogeno, e i talk show infarciti di risse ed insulti.  Dall’indagine, inoltre, ritorna il consueto appello a prestare attenzione al consumo di televisione da parte dei bambini: potrebbero assuefarsi alle scene di violenza mostrate dalla tv al punto da esserne affascinati e provare sentimenti di immedesimazione. Tra i soggetti a rischio anche malati ed anziani. (R.P.)

 

 

PROSEGUE LA 56.MA EDIZIONE DEL PRIX ITALIA IN CORSO FINO A DOMANI A CATANIA. L’IMPEGNO CIVILE, LA LOTTA PER I DIRITTI UMANI E I CONFLITTI ANTICHI E NUOVI,

 FRA I PRINCIPALI TEMI TRATTATI

 DAI PRODOTTI RADIOTELEVISIVI E WEB IN CONCORSO

- A cura di Antonella Palermo -

 

CATANIA.= Le 7 giurie internazionali chiamate a valutare i prodotti radiotelevisivi e web presentati al Prix Italia stanno selezionando in queste ore i finalisti. E’ il martirio come testimonianza uno dei fili conduttori di molti programmi televisivi in concorso: dalla vita del cardinale Iuliu Hossu che, imprigionato per 22 anni, non rinunciò mai alla sua fede, all’attività e al sacrificio del medico Urbani che ha scoperto il virus della Sars. Emittenti francesi, tedesche, britanniche, finlandesi si confrontano con il tema della guerra: dai retroscena del genocidio rwandese al conflitto in Iraq. La nuova Europa oppure la vita in carcere ritornano in molte inchieste giornalistiche radiofoniche e si affiancano alle favole musicate o ai ritratti di protagonisti della storia contemporanea. E mentre si attende la sera di domani per la proclamazione dei vincitori, la Rai continua a presentare i nuovi palinsesti dell’azienda. Agostino Saccà, direttore di Rai fiction, ha appena finito di illustrare le fiction dell’autunno, gran parte delle quali confluiranno nella rete ammiraglia, che continuerà a puntare proprio su questo genere e soprattutto sul varietà. Rai2 tenterà invece una virata verso il pubblico dei giovanissimi, con un’attenzione più spiccata alla famiglia, “senza eccessi e volgarità”, come ha precisato il direttore Ferrario. Rai3 ribadisce la linea tradizionale dell’inchiesta, del reportage, del documentario storico culturale. Il Prix Italia non è comunque solo tv. Ieri si è parlato dei pericoli di internet per l’infanzia. Don Fortunato Di Noto, presidente dell’Associazione Meter, ha illustrato i dati agghiaccianti di quello che ha definito come “uno dei più grandi olocausti silenziosi che si stanno consumando sotto i nostri occhi”: la pedofilia online. 15 mila sono i siti pedopornografici individuati finora. Molte le donne coinvolte come parte attiva in questo sfruttamento, di mira anche i disabili, oppure i bimbi di soli 10 mesi di età. “Bisogna educare al rispetto e alla relazione” ha precisato il presidente del Tribunale dei minori di Milano, Silvia Pomodoro, per evitare che la violenza veicolata dai media inquini le coscienze delle nuove generazioni.

 

 

ALESSANDRO DE CAROLIS, REDATTORE DELLA RADIO VATICANA, SI E’ AGGIUDICATO

IL SECONDO PREMIO DEL CONCORSO NAZIONALE “PAROLE IN CORSA”,

PROMOSSO DALLA AZIENDE DI TRASPORTO PUBBLICO IN TUTTA ITALIA.

LA PREMIAZIONE SI E’ SVOLTA STAMANE IN CAMPIDOGLIO

 

ROMA. = “Mai dire mai”: è il titolo del racconto del nostro collega della Radio Vaticana Alessandro De Carolis, che questa mattina si è aggiudicato il secondo premio dell’originale Concorso letterario nazionale “Parole in corsa”, promosso dalle Aziende di trasporto locale in tutta Italia, con il patrocinio dell’ASSTRA. Il primo premio è andato a Paola Luraschi, di Torino. La cerimonia di premiazione si è svolta questa mattina nella Sala Cortona dei Musei capitolini in Campidoglio, alla presenza delle autorità cittadine, e dell’attrice Pamela Villoresi, che ha dato lettura dei racconti vincitori. In questa occasione è stato presentato il libro “Scrivere è viaggiare”, edito da “Full colour sound”, che raccoglie 105 dei migliori racconti selezionati nella prima fase del Concorso a livello locale, oltre a quattro racconti di autori noti. La particolarità di questa iniziativa è stato di sollecitare i viaggiatori a scrivere un racconto breve a tema libero, che potesse essere letto interamente nel percorso di un mezzo pubblico. Il tempo trascorso a bordo di un autobus, di un tram, di una metropolitana occasione dunque per ritemprare la mente e lo spirito. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 settembre 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq il centro di Baghdad è stato devastato da una nuova esplosione che ha provocato, nel quartiere commerciale di Rashid, la morte di almeno tredici persone. Poco prima di questo attentato compiuto da un kamikaze, la capitale è stata teatro anche di furiosi scontri tra forze americane e ribelli iracheni nella zona di Haifa street, quartiere roccaforte della guerriglia. A questa drammatica ondata di violenze si deve aggiungere, inoltre, un raid dell’aviazione statunitense sulla città di Falluja. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:

 

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Un ennesimo attacco aereo è stato lanciato, nella notte, dalle forze americane contro una base di miliziani del terrorista giordano, Al Zarqawi. Il raid avrebbe provocato la morte di almeno 44 persone: tra le vittime ci sarebbero anche diversi civili. Sul conflitto in Iraq non si placano, intanto, le polemiche. Dopo le dichiarazioni del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, secondo cui la guerra fu “illegale”, il presidente degli Stati Uniti, George Bush, ha definito legittimo l’intervento militare perché giustificato dalla risoluzione 1441 delle Nazioni Unite che riconosceva Saddam Hussein come una minaccia. E proprio sul regime dell’ex rais un rapporto degli ispettori statunitensi nel Paese arabo ha stabilito definitivamente che l’Iraq di Saddam non aveva a disposizione alcuna arma di distruzione di massa. Ma Saddam – prosegue il rapporto - aveva l’intenzione di produrre armi nel caso fossero state sollevate le sanzioni dell’Onu. Da rimarcare, inoltre, che oggi alcuni Paesi, tra i quali Francia e Belgio, hanno interrotto una procedura di silenzio-assenso che avrebbe potuto varare un accordo sulla missione di addestramento dell’esercito iracheno da parte della Nato.

 

Continua ad essere sempre più intricato anche il capitolo relativo agli ostaggi. Il sedicente ‘Esercito islamico’, gruppo responsabile del rapimento di due giornalisti francesi, ha dichiarato in un comunicato di voler processare i due reporter. Sulla vicenda delle due volontarie italiane sembra rafforzarsi l’ipotesi, confermata dal leader curdo Talabani, del trasferimento a Falluja di Simona Pari e di Simona Torretta. Sul sequestro di tre occidentali, avvenuto ieri a Baghdad, le ambasciate degli Stati Uniti e della Gran Bretagna in Iraq hanno confermato che si tratta di due americani e di un inglese, tutti e tre dipendenti di una società di costruzioni degli Emirati arabi. A Tikrit è stato ritrovato il cadavere di un uomo: si tratterebbe di un occidentale. Sono stati infine rilasciati dai loro sequestratori un cittadino siriano e un autista giordano.

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Il leader separatista ceceno, Shamil Basaiev, ha rivendicato l’attentato alla stazione Rijskaia a Mosca, l’esplosione in volo di due aerei civili ed il sequestro di centinaia di persone nella scuola di Beslan. All’azione terroristica compiuta in Ossezia - si legge in un comunicato pubblicato su un sito internet vicino agli indipendentisti ceceni - hanno partecipato 33 mujahiddin, tra i quali 14 ceceni, 9 ingusci, 3 russi e 2 arabi. Il costo dell’azione - prosegue il documento - è stato di circa 8 mila euro. Le autorità di Mosca stanno vagliando l’autenticità del messaggio. Ma un attacco così efferato come quello nella scuola di Beslan ha screditato a livello internazionale la causa cecena? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto dell’area ex sovietica:

 

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R. – E’ evidente che questa strage di bambini ha gettato sulla causa cecena un’ombra nera che non può aiutare il popolo ceceno, ma il problema della guerriglia non è in realtà quello di farsi apprezzare dal comune cittadino occidentale. La guerriglia sostanzialmente ha tre obiettivi: in primo luogo intende mostrare ai ceceni che è forte e che quindi deve essere appoggiata. Secondo: far vedere a Mosca che esiste per impressionare i russi. Terzo: la Cecenia è sempre stata abbandonata da tutti. Dico Cecenia e non guerriglia cecena non a caso. Nessuno ha fatto mai nulla per la Cecenia. Ora, la guerriglia cecena sa benissimo che, se vuole avere una speranza non di vittoria ma di composizione reale del conflitto può contare solo su un fatto: sull’intervento in questa guerra di una terza parte, che potrebbe essere l’Onu, l’Unione Europea, che realizzi una sorta di interposizione in grado di consentire un accordo. Ora, questa terza parte, nel ragionamento evidentemente militaresco e distorto della guerriglia cecena, può essere costretta ad intervenire solo in presenza di atti clamorosamente tragici e crudeli.

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Sulla questione russa delle riforme sulla sicurezza avanzate dal presidente Vladimir Putin dopo la strage di Beslan, ha rotto il silenzio l’ex presidente  Boris Eltsin. Eltsin ha lanciato un monito al suo successore a non tradire la Costituzione post sovietica, votata con referendum nel ’93, adottando riforme illiberali e antidemocratiche in chiave antiterrorismo.

 

È stato rivendicato dai Taleban il fallito attentato di ieri in Afghanistan al presidente Hamid Karzai. Un razzo era stato lanciato contro l’elicottero che stava trasportando il leader afgano a Gardez, nell’ambito di un tour elettorale. E, in vista delle elezioni presidenziali del 9 ottobre prossimo, gli Stati Uniti hanno deciso di potenziare le truppe già esistenti sul territorio – circa 19 mila – con l’invio di altri 1000 soldati.

 

In Medio Oriente sono ore di tensione sul fronte palestinese, dove prosegue il malcontento di molte fazioni nei confronti di Arafat. Il generale Mohammed Al Batrawi, capo dei servizi finanziari della polizia militare, è stato prima rapito e successivamente rilasciato da un gruppo armato.

 

“Stiamo lavorando per la rimozione parziale dell’embargo verso la Libia”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu. Il ministro, che il prossimo 26 settembre si recherà in Libia per incontrare il colonnello Gheddafi, ha anche detto che, fino al 15 settembre, sono stati 42.317 gli immigrati clandestini respinti o espulsi dall’Italia.

 

Si è aperto ieri a Pechino il Congresso del Comitato Centrale del Partito Comunista cinese. L’incontro a porte chiuse, raduna circa 300 membri e si concluderà domenica prossima. Al centro dei lavori: il rafforzamento e le vie per rendere efficiente il governo del Partito comunista sulla società cinese, forte di un miliardo e 300 milioni di persone.

 

E’ sempre più pesante il bilancio delle vittime causate dall’uragano Ivan. Dopo aver provocato, nei Caraibi almeno 70 morti, altre 22 persone hanno perso la vita in seguito al passaggio di Ivan negli Stati Uniti. Il presidente americano, George Bush, ha dichiarato Alabama, Mississippi e Louisiana aree disastrate e ha annunciato che salterà gli impegni elettorali del fine settimana per seguire in prima persona la situazione.

 

Voci contrastanti giungono da Abuja, in Nigeria, dove si sono svolti i colloqui sulla questione del Darfur. Secondo i movimenti ribelli i negoziati sono falliti, mentre per il Sudan, sono stati sospesi fino al prossimo 10 ottobre. Dall’Onu, intanto, giunge la notizia di un progetto di risoluzione che potrebbe essere votato domani e che pone sanzioni petrolifere al Sudan se non sarà ristabilita la sicurezza nella regione del Darfur.

 

 

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