RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
261 - Testo della trasmissione di venerdì 17 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
La ripresa economica mondiale resta fragile secondo
l’UNCTAD
Prosegue la 56.ma edizione
del Prix Italia in corso fino a domani a Catania
Almeno 13 morti per una nuova esplosione nel centro di Baghdad ed oltre 40 vittime per un raid aereo americano compiuto nella notte su Falluja. Dura replica di Bush a Kofi Annan che ha giudicato illegale l’intervento militare americano in Iraq
Il leder separatista ceceno, Shamil Basaiev, ha rivendicato l’azione terroristica compiuta in Ossezia del nord nella scuola di Beslan.
17 settembre 2004
IL PAPA INCONTRA 130 VESCOVI DI RECENTE NOMINA
E LI ESORTA A DARE UNA FORTE TESTIMONIANZA DI
SANTITA’:
DA QUESTO DIPENDE L’AUTOREVOLEZZA DI QUANTO
INSEGNAMO
Il cortile del Palazzo
apostolico ha ospitato stamane l’incontro del Papa con 130 vescovi di recente
nomina. I presuli sono giunti una settimana fa in pellegrinaggio alla Tomba di
Pietro da una ventina di Paesi in tutto il mondo, per partecipare poi al Seminario
di aggiornamento, promosso dalle Congregazioni per i vescovi e per le Chiese
orientali, che si è concluso oggi. Giovanni Paolo II li ha esortati a dare la
testimonianza di una vita santa: da questo infatti - ha detto - dipende
l’autorevolezza morale di quanto insegniamo. Il servizio di Roberta Gisotti.
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“Maestro, sacerdote e guida
della comunità cristiana”, il vescovo pone sempre al centro del suo ministero
Cristo, presente attraverso la Parola e l’Eucarestia”: lo ha ricordato Giovanni
Paolo II ai presuli novelli accompagnati dai prefetti dei due dicasteri
vaticani, i cardinali Giovanni Battista Re e Moussa Daoud, che “opportunamente”
- ha sottolineato il Papa – hanno raccolto “i pastori delle due grandi
tradizioni della Chiesa universale, quella d’Occidente e quella d’Oriente”,
offrendo l’occasione ai vescovi arrivati dall’Asia, dall’America, dall’Africa e
dall’Europa “di vivere giorni di intensa fraternità episcopale”, favorendo la
comunicazione e la comunione ecclesiale.
Il Santo Padre ha richiamato
l’attenzione dei vescovi sull’Anno dell’Eucaristia, che inizierà il prossimo 10
ottobre con l’apertura, a Guadalajara in Messico, del Congresso eucaristico
internazionale, “un occasione provvidenziale” - ha auspicato - per approfondire
la centralità del Sacramento eucaristico “nella vita e nell’attività di ogni
Chiesa particolare”. E proprio i vescovi - ha sottolineato Giovanni Paolo II -
hanno “il compito di vigilare sulla celebrazione dei Sacramenti e sul culto in
genere”, secondo “l’aspettativa dei
fedeli di avere una celebrazione dignitosa in cui nulla sia lasciato
all’improvvisazione o al caso.” Questo perché “la liturgia è la grande scuola
della vita cristiana, dove si adora, si ama, si conosce il Signore e si rinvigorisce
la volontà di seguire il Maestro”. Ed il Papa ha infine raccomandato ai vescovi
Novelli:
“Lo spirito di Dio che vi ha
santificato attraverso la consacrazione episcopale attende la vostra generosa
risposta quotidiana. La vostra santità non è un fatto solo personale, essa
ridonda sempre a beneficio dei fedeli, conferendo quella autorevolezza morale
da cui trae efficacia l’esercizio del ministero. A conferma di quanto noi
insegniamo vi deve essere la testimonianza della nostra vita”.
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GLI
ISTITUTI DI CREDITO NON SI LIMITINO AL PERSEGUIMENTO DEL MASSIMO PROFITTO MA
FACCIANO RIFERIMENTO ALLO SVILUPPO DELL’INTERA COMUNITA’:
COSI’ IL PAPA RICEVENDO I DIRIGENTI DEL GRUPPO
BANCARIO CAPITALIA
NEL SECONDO ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE
Le Banche e gli istituti di
credito non si limitino al
perseguimento del massimo profitto ma facciano sempre riferimento ai valori
superiori del vivere umano e al bene di tutta la comunità. E’ questo in sintesi
quanto ha detto stamane il Papa, ricevendo a Castel Gandolfo i dirigenti del
Gruppo Bancario Capitalia nel secondo anniversario di fondazione. Il servizio
di Sergio Centofanti.
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“Il complesso mondo del credito
- ha detto il Papa - sollecita la riflessione della Chiesa, per le numerose
implicanze etiche che lo riguardano”:
“Sarebbe
infatti decisamente insufficiente limitarsi al perseguimento del massimo profitto;
occorre invece far sempre riferimento ai valori superiori del vivere umano, se
si vuole essere di aiuto alla crescita vera ed al pieno sviluppo della
comunità”.
Il Papa, a questo proposito, ha
citato il grande economista cattolico Giuseppe Toniolo secondo il quale la
morale cristiana deve considerarsi “come il fattore più potente a suscitare nei
popoli le energie economiche e a garantirne i rapporti più regolari ed efficaci”.
Così, la presenza degli istituti di credito nella società “può divenire
strumento di vero progresso offrendo sostegno a tutte le valide iniziative di
singoli e gruppi”, che ricorrono a questi organismi “per le loro legittime
necessità di servizi finanziari ed economici”. Il Pontefice ha quindi auspicato
che l’attività degli istituti di credito sia sempre sostenuta da questa visione
superiore, così da contribuire al bene dell'intera comunità .
Dunque il Papa è tornato a
parlare del profitto, un tema affrontato più volte dalla dottrina sociale della
Chiesa. Nella sua enciclica Centesimus Annus, del 1991, Giovanni Paolo II
scrive che “la Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, come
indicatore del buon andamento dell'azienda: quando un'azienda produce profitto,
ciò significa che i fattori produttivi sono stati adeguatamente impiegati ed i
corrispettivi bisogni umani debitamente soddisfatti. Tuttavia, il profitto non
è l'unico indice delle condizioni dell'azienda. È possibile che i conti
economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il
patrimonio più prezioso dell'azienda, siano umiliati e offesi nella loro
dignità. Oltre ad essere moralmente inammissibile – leggiamo nella Centesimus
Annus - ciò non può non avere in prospettiva riflessi negativi anche per
l'efficienza economica dell'azienda. Scopo dell'impresa, infatti, non è
semplicemente la produzione del profitto, bensì l'esistenza stessa dell'impresa
come comunità di uomini che, in diverso modo, perseguono il
soddisfacimento dei loro fondamentali bisogni e costituiscono un particolare
gruppo al servizio dell'intera società. Il profitto – concludeva il Papa
nell’enciclica - è un regolatore della vita dell'azienda, ma non è l'unico; ad
esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali che,
a lungo periodo, sono almeno egualmente essenziali per la vita dell'impresa”.
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ALTRE UDIENZE
Il Santo Padre oggi ha ricevuto
in successive udienze il cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto della
Congregazione per le Chiese Orientali; mons. Alapati Lui Mata'eliga,
arcivescovo di Samoa-Apia (Samoa), e mons. John Quinn Weitzel, vescovo di
Samoa-pago Pago (Samoa Americana), in visita "ad Limina"; infine ha
ricevuto l’arcivescovo Gabriel Montalvo, nunzio apostolico negli Stati Uniti
d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli Stati Americani.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina la Russia: il leader radicale islamico ceceno Basayev rivendica
il feroce sequestro di Beslan.
Nelle
vaticane, il discorso del Papa ai Presuli consacrati di recente, partecipanti
all'Incontro promosso dalle Congregazioni per le Chiese Orientali e per i
Vescovi: con la consacrazione il successore degli Apostoli diventa - in modo
pieno - maestro, sacerdote e guida della comunità cristiana.
Una
pagina dedicata alla figura di san Giuseppe da Copertino nel IV centenario
della nascita.
Nelle
estere, in Iraq le violenze non danno tregua. A Baghdad si è consumata un'altra
strage in seguito all'esplosione di un'autobomba.
Nella
pagina culturale, un articolo di Franco Patruno in merito al film "Le
chiavi di casa" di Gianni Amelio, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia:
un poetico faccia a faccia tra il padre ed il figlio disabile.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della finanziaria.
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17
settembre 2004
IL CUSTODE DI TERRA SANTA OTTIMISTA SULLA
QUESTIONE DEI VISTI
PER I RELIGIOSI CATTOLICI IN
ISRAELE
- Intervista con padre Pierbattista Pizzaballa -
In
questi ultimi tempi si sono registrati “segnali di cambiamento” da parte
dell’amministrazione israeliana, ma “il processo burocratico è ancora farraginoso”.
Lo ha sottolineato ai nostri microfoni padre Pierbattista Pizzaballa, custode
di Terra Santa, parlando del regime dei visti d’ingresso in Israele per il
personale religioso della Chiesa Cattolica. L’importante questione è tornata in
primo piano dopo la visita in Vaticano del ministro dell’Interno israeliano,
Avraham Poraz. Incontrando lunedì Giovanni Paolo II e il cardinale segretario
di Stato, Angelo Sodano, Poraz ha, infatti, assicurato “di aver dato le istruzioni
necessarie per una soddisfacente soluzione” del problema. Ma sentiamo le parole
del francescano padre Pizzaballa, nell’intervista di Fabio Colagrande:
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R. – In questi ultimi due anni,
abbiamo avuto seri problemi con l’amministrazione israeliana a causa dei visti,
nel senso che improvvisamente, dopo 50 anni senza problemi, i nostri religiosi,
tutti i religiosi di tutte le Congregazioni, si sono visti negare il permesso
di ingresso o il permesso di residenza in Israele, anche quei religiosi che
sono qui da decenni. Questo ha creato molte difficoltà e molto sconcerto. Devo
dire, però, devo riconoscere, che in questi ultimi mesi si sono registrati
segnali di cambiamento da parte dell’amministrazione. Tutte le richieste sono
state prese nuovamente in considerazione e, anche se lentamente, i visti stanno
per essere concessi.
D. – Quindi avete concrete
speranze che dalle parole del ministro nasca un’inversione di tendenza?
R. – Il cammino, il processo
burocratico per arrivare ad ottenere i visti, è ancora un po’ farraginoso, ma
confido che si possa risolvere anche questo aspetto entro breve tempo.
D. – Questo problema, in qualche
modo, ha ulteriormente inasprito la fuga di cristiani dalla Terra Santa. Qual è
la situazione della comunità cristiana in questo momento?
R. – La comunità cristiana qui è
sempre più assottigliata, purtroppo. Siamo rimasti l’1,8 per cento della
popolazione locale, molto poco. Questa situazione politica, poi, sta creando
ulteriori problemi, nel senso che molte famiglie preferiscono lasciare il Paese
a causa della mancanza di prospettive anche economiche, la mancanza di
prospettive di pace politica ...
D. – Si insiste spesso sul ruolo
di mediazione che potrebbero avere i cristiani in Medio Oriente, in Palestina,
in Israele ... ma quale potrebbe essere questo ruolo, in concreto?
R. – In concreto, è difficile da
dire, perché la situazione è veramente molto complessa e ingarbugliata. Noi
cristiani abbiamo, a fondamento della nostra fede, il senso del perdono e della
riconciliazione. Credo che il contributo piccolo che possiamo dare, in questo momento,
sia quello di aiutare la popolazione locale, soprattutto il mondo islamico e il
mondo ebraico, ad incontrarsi, a sapere perdonare o, se si vuole usare un altro
termine, un’altra terminologia, ‘voltare pagina’. Se si guarda soltanto alle
proprie sofferenze, al proprio dolore, al sangue versato dal proprio popolo,
infatti, non riusciremo mai ad uscire da questa situazione.
D. – L’orrore di Beslan, i
rapimenti in Iraq, l’anniversario dell’11 settembre: sono tutti temi che hanno
occupato l’interesse internazionale; il Medio Oriente, invece, il conflitto
israelo-palestinese sembra passare in secondo piano. Eppure, più volte si è
detto che forse è la madre di tutte le crisi, in qualche modo. Lei è d’accordo?
R. – In un certo senso, sì. Io
sono convinto che quello che accade a Gerusalemme riguarda tutto il mondo,
rappresenta un po’ il cuore della vita del mondo. E’ vero che gli eventi
internazionali hanno posto un po’ in secondo piano il conflitto e la crisi che
vi è qui in Medio Oriente. Prima o poi, tuttavia, purtroppo, tornerà alla
ribalta. Generalmente è sempre per motivi tristi, ma spero che un giorno si
possa parlare di Medio Oriente anche in termini più positivi, per il dialogo
che ricomincia. Questo è il mio augurio.
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“LA REVISIONE DEL PROCESSO
DI NULLITÀ DEL MATRIMONIO”
AL CENTRO DEL SECONDO CORSO DI AGGIORNAMENTO
PER OPERATORI DI DIRITTO PRESSO I TRIBUNALI ECCLESIASTICI.
DOMANI A ROMA SI CHIUDERANNO I LAVORI
- Intervista con mons. Joaquín Llobell -
Si concluderà domani a Roma,
presso la Pontificia Università della Santa Croce, il secondo corso di
aggiornamento per gli operatori del diritto presso i Tribunali Ecclesiastici.
L’incontro, promosso dall’Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana, ha per
tema “La revisione del processo di nullità del matrimonio”. Al corso di
aggiornamento partecipano oltre 200 operatori, giudici, difensori del vincolo,
avvocati, provenienti da 33 Paesi europei, africani e americani. Ma quali sono
le principali disfunzioni riconducibili ai processi di nullità del vincolo
matrimoniale? Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Joaquín Llobell, ordinario
di diritto processuale canonico presso l’Università della Santa Croce, nonché
giudice della Corte di appello dello Stato della Città del Vaticano e membro
del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica.
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R. – Da una parte, la
disfunzione nei Paesi poveri, penso all’America Latina, penso all’Africa, penso
all’Asia. In questi Paesi non ci sono tribunali ecclesiastici e, quindi, se una
coppia di cattolici si trova in difficoltà, non ha la possibilità di ottenere
una dichiarazione di nullità, alla quale ha diritto. Una prima riforma, quindi,
sarebbe quella di riuscire a far sì che in ogni diocesi ci sia un tribunale che
possa offrire questo servizio pastorale ai fedeli. In altri Paesi, invece, la
situazione è opposta. Cosa intendo dire? Che i tribunali, con un’impostazione
che Giovanni Paolo II ha criticato molte volte, identificano il fallimento del
matrimonio con la nullità dello stesso. Ogni volta che il matrimonio fallisce,
si pensa che quel matrimonio sia fallito perché nullo. Un matrimonio può essere
difficile per una malattia. Pensiamo, ad esempio, ad una persona che si sposa e
l’anno successivo ha un incidente e diventa tetraplegico: il matrimonio di
quella persona è valido. Certo, la vita con un tetraplegico per tutta la vita è
difficile, ma questo non rende nullo il matrimonio. I coniugi dovranno percorrere
una via di sacrificio, di croce che ha un valore ai fini della salvezza eterna,
che alla fin fine è quello che conta. Invece, ci sono tribunali che pensano che
quando il matrimonio è fallito, bisogna dichiarare nullo quel matrimonio. Anche
lì, c’è da riformare quella mentalità.
D. – Che dire di tanti luoghi
comuni sulle nullità matrimoniali: basta pagare, e così via ...
R. – Per la verità, ci sono
stati alcuni casi di persone famose. Vale a dire che avvocati senza scrupoli
hanno detto a questi clienti facoltosi: ‘Io posso, ingannando i Tribunali della
Chiesa, far sì che questi tribunali dichiarino nullo il tuo matrimonio. Certo,
mi dovrai pagare un bel po’!’. Queste persone, che problemi di soldi non
avevano, dicevano: “Bè, io pur di poter celebrare un secondo matrimonio in
Chiesa, sono disposto a pagare quello che è necessario”, e quindi pagavano.
Soldi che andavano non alla Chiesa, non ai tribunali, ma all’avvocato e,quindi,
è vero che negli anni passati qualche volta ciò è avvenuto. Questo non possiamo
negarlo perché è vero. Tuttavia, non si può fare di tutta l’erba un fascio. In
secondo luogo, la Chiesa si è attivata per offrire ogni mezzo ai fedeli per
poter accertare la validità e la nullità del proprio matrimonio e quindi se una
persona vuole verificare se il proprio matrimonio è valido, la Chiesa si
impegna a farlo con due sentenze – perché sono necessarie due sentenze. In
Italia costa 700 euro. Se una persona non può pagare, la Chiesa lo fa gratis e
lo fa con la stessa dedizione e lo stesso impegno che riserva alla persona che
pagano.
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DIFENDERE
L’AMBIENTE, SENZA UCCIDERE L’UOMO:
DA
IERI IN RETE LA SFIDA DI SVIPOP
-
Intervista con Riccardo Cascioli -
L’uomo è una risorsa per
l’ambiente, non una minaccia. Con questa idea di fondo ha preso vita ieri il
sito www.svipop.org, diretto dal giornalista di
Avvenire Riccardo Cascioli. Svipop – acronimo che sta per Sviluppo e
Popolazione – si propone di combattere e confutare molte teorie false alla base
delle politiche attuali. Sentiamo lo stesso Riccardo Cascioli, al microfono di
Andrea Sarubbi:
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R. – È davvero in corso una
guerra contro l’uomo. Un esempio è dato dalla presentazione, in questi giorni,
del Rapporto Onu sullo stato della popolazione: i dati demografici reali
vengono chiaramente cancellati dall’ideologia, che vuole comunque il controllo
delle nascite e che considera “negativa” la presenza dell’uomo sulla terra.
D. – Svipop contrasta una
cultura dominante secondo cui tutti i problemi del mondo provengono dalla
sovrappopolazione. In realtà, non è vero…
R. – No. Sicuramente non è vero.
Oltretutto, vediamo che laddove c’è stato un calo rapidissimo della fertilità –
come è accaduto in questi anni, anche in alcuni Paesi in via di sviluppo –
questo non si traduce automaticamente in crescita economica e sviluppo: al contrario!
L’Africa, che ha avuto un notevole calo nella fertilità, ha conosciuto negli
ultimi anni un aumento della povertà pari al 43 per cento.
D. – Nel vostro primo
editoriale, c’è un’accusa piuttosto forte: voi affermate che gran parte degli
aiuti al Terzo Mondo finiscono per finanziare gli aborti. È vero?
R. – Sì, è vero. Perché grazie
al piano d’azione approvato al Cairo, si è inserito questo concetto – il
programma di “salute riproduttiva” – in tutti i programmi di aiuto allo sviluppo.
Ora, “salute riproduttiva” è un concetto che in realtà nasconde la volontà di
portare contraccezione e aborto libero ovunque. Così succede che, per esempio,
i fondi per gli aiuti allo sviluppo dell’Unione Europea hanno visto crescere a
dismisura la proporzione per i finanziamenti al programma di azione del Cairo,
che vanno tutti a sostenere il controllo delle nascite.
D. – A proposito di Europa, c’è
un articolo sull’eutanasia ai bambini in Olanda. Svipop accusa l’Olanda di
praticare una “selezione della razza” ...
R. – Direi non solo l’Olanda:
l’Olanda è l’esempio più avanzato, più esplicito, ma è chiaro che questa
tendenza eugenetica è fortemente presente nella nostra società. Oggi si nasconde
dietro a formule nuove ed accattivanti, come appunto quella della “salute riproduttiva”
della donna, ma in realtà la tendenza è sempre quella. Non per niente il movimento
femminista radicale, una certa corrente del movimento ambientalista e quello
per il controllo delle nascite hanno tutti la loro origine nelle società eugenetiche
anglosassoni di inizio Novecento.
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ATENE ANCORA CAPITALE DELLO SPORT MONDIALE.
INIZIANO OGGI LE PARAOLIMPIADI
PER ATLETI DISABILI
- Intervista con Luca Pancalli -
Riaprono
i battenti degli impianti sportivi che hanno ospitato le recenti Olimpiadi di
Atene 2004. Da oggi sino al 28 settembre nella capitale ellenica si
disputeranno le Paraolimpiadi, cioè i Giochi per atleti disabili. Un’occasione
per parlare attraverso lo sport anche delle difficoltà, che ancora in molte
società civili i portatori di handicap incontrano nella vita di tutti i giorni.
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luca Pancalli, presidente della Federazione
Italiana Sport Disabili, raggiunto telefonicamente ad Atene:
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R. – Certo, rispetto all’evento
olimpico, per noi gareggiare ad Atene non è un ritorno all’origine, perché le
Paraolimpiadi nacquero nel 1960 a Roma; comunque, ovviamente tutta la
delegazione sente un’emozione particolare nel poter vivere proprio ad Atene questi
giochi paraolimpici.
D. – Attraverso le
Paraolimpiadi, si vuole anche lanciare un messaggio importante alla società
civile, cioè quello di riuscire a rendere la vita più vivibile per i portatori
di handicap ...
R. – Beh, sì, al di là dello
sport, al di là dell’evento agonistico in senso stretto, ovviamente tutto il
movimento sportivo praticato dalle persone disabili – in Italia come nel mondo
– attraverso questo tipo di iniziative vuole anche far capire comunque che le
persone disabili sono persone, sono cittadini e come tali titolari di diritti e
il diritto allo sport è uno di questi. E ad essi devono essere riconosciute
pari opportunità. E questo non deve riflettersi soltanto ad Atene 2004, nei
Giochi paraolimpici, un grande evento con medaglie prestigiose e grande
agonismo, ma soprattutto sulle altre decine, decine e decine di migliaia di
ragazzi che praticano lo sport a livello amatoriale soltanto per occupare il
proprio tempo libero e divertirsi. E qualcuno di loro, magari, coltiva il sogno
paraolimpico.
D. – Ci sono grandi progressi
anche dal punto di vista strettamente sportivo, tecnico e dei risultati agonistici
...
R. – Sicuramente, il movimento
sportivo dei diversamente abili ha avuto soprattutto nell’ultimo quadriennio
una crescita esponenziale, sia da un punto di vista organizzativo: mi riferisco
soprattutto all’Italia, che ha visto la nascita e la trasformazione della
nostra Federazione in Comitato italiano paraolimpico, quindi una sorta proprio
di piccolo CONI dello sport praticato dalle persone disabili. Certo, io auspico
che Atene, al di là delle medaglie, a cui indubbiamente noi aspiriamo e per le
quali ci siamo preparati, possa portare anche un altro tipo di affermazioni:
ovvero il fatto di riuscire a diffondere sempre più e sempre meglio la pratica
sportiva tra le persone disabili in questo Paese. Cioè, a me piacerebbe che
queste Paraolimpiadi, al di là di quello che mi auguro di conquistare sul campo,
possano portare tanti altri giovani del nostro Paese ad avvicinarsi alla
pratica sportiva.
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17
settembre 2004
“LA CORRUZIONE E’ UN MALE TERRIBILE, LE CUI
CONSEGUENZE
COLPISCONO SPECIALMENTE I PIU’ POVERI”: QUESTO, IL
MONITO DELL’ARCIVESCOVO
DI
COCHABAMBA, MONS. TITO SOLARI, IN OCCASIONE DEL 194.MO ANNIVERSARIO
DELLA
FONDAZIONE DELLA CITTA’ BOLIVIANA
COCHABAMBA.= “I corrotti non
conoscono Dio e ignorano il suo messaggio d’amore”: così, l’arcivescovo di
Cochabamba in Bolivia, mons. Tito Solari, si è rivolto alla folla di fedeli
durante il Te Deum, in occasione del
194.mo anniversario della fondazione della città. “La corruzione è un male
terribile, le cui conseguenze colpiscono per lo più i poveri”, ha detto il
presule alla folla intervenuta. Tra i presenti, anche il presidente della
Repubblica, Carlos Mesa, accompagnato da alcuni ministri. “La lealtà, la
correttezza, il mutuo rispetto sono i frutti dell’amore incondizionato del
Signore agli uomini. Di contro, la corruzione è la negazione diretta del Suo
amore”, ha sottolineato mons. Solari, ribadendo che “se ci appropriamo di beni
che non ci appartengono, rubiamo al più povero, all’indifeso”. Secondo
l’arcivescovo di Cochabamba, la piaga della corruzione potrà essere arginata soltanto
con un cambiamento interiore fondato sull’educazione agli autentici valori
cristiani: “E’ l’unica strada per un cammino di progresso nel Terzo Millennio,
non c’è altro”. Il presule ha rilevato, infine, come il consumismo sfrenato, la
disoccupazione e la crisi della famiglia abbiano contribuito a generare un
clima di tensione a livello planetario: “Se interveniamo sulle cause, potremo
superare gli effetti. Oggi l’insicurezza si chiama terrorismo, nel nostro Paese
avrà altri nomi, ma la radice è la stessa ed è la scarsa considerazione delle fasce
più deboli”. (D.D.)
CRESCE LA PREOCCUPAZIONE DEGLI
ISTITUTI MISSIONARI DEL MOZAMBICO
PER GLI ULTIMI EPISODI DI
VIOLENZA AVVENUTI NEL PAESE:
METTONO A RISCHIO LA
PACE SIGLATA A ROMA NEL 1992
MAPUTO. = Puntare sul dialogo per rafforzare la
democrazia in Mozambico: è quanto afferma oggi il Consiglio permanente della
Conferenza degli istituti religiosi attivi nel Paese Africano (CIRM), a seguito
dei fatti di sangue avvenuti nelle ultime settimane nei pressi di Beira.
Secondo i missionari del CIRM, “questi ed altri episodi possono compromettere
il consolidamento della pace e del processo democratico decisi a Roma nel 1992,
al termine della guerra civile che ha scosso il popolo mozambicano”. Citando le
parole dell’Enciclica Sollecitudo Rei
Socialis di Giovanni Paolo II, inoltre, i firmatari del comunicato hanno sottolineato
che “la pace è indivisibile: o è qualcosa di tutti o di nessuno” ed hanno
espresso la propria solidarietà all’arcivescovo di Beira, Jaime Gonçalves, e
alla Conferenza episcopale del Mozabico. A metà di agosto anche la polizia
dello Stato africano aveva cercato di porre fine alle violenze in atto
chiedendo il disarmo alle guardie armate della Resistenza nazionale
mozambicana, RENAMO, ex movimento ribelle e oggi partito politico di opposizione.
(R.P.)
LA RIPRESA ECONOMICA MONDIALE RESTA FRAGILE,
NONOSTANTE LA CRESCITA
DEL 2,6% REGISTRATA NEL 2003 E IL BUON PRIMO
SEMESTRE DEL 2004.
E' QUANTO SOTTOLINEA IL RAPPORTO ANNUALE
DELL'UNCTAD,
LA CONFERENZA DELL'ONU SUL COMMERCIO E LO
SVILUPPO,
PUBBLICATO IERI A GINEVRA
- A cura di Roberta Moretti -
GINEVRA.
= Potrebbero rivelarsi “irrealistiche”, secondo gli esperti delle Nazioni
Unite, le previsioni ottimistiche per l'anno in corso e la speranza che la
ripresa si prolungherà oltre il 2004. A far sorgere dubbi in proposito,
sarebbero gli squilibri dell'economia mondiale e le incertezze sull'evoluzione
del prezzo del petrolio, dei tassi di cambio e della prosperità relativa negli
Stati Uniti. Nel 2004, la crescita nei Paesi industrializzati dovrebbe raggiungere
il 3,2%, quella nei Paesi in transizione, ovvero dell’Europa Orientale, il 6% e
nei Paesi in via di sviluppo il 5,8%. L'America Latina potrebbe registrare una
crescita del 4,3%, mentre in Africa la crescita non basterà a sconfiggere la
povertà. L'attuale ripresa sarebbe dovuta soprattutto all'economia americana e
alla rapida crescita nel Sud-Est, confermando l'importanza di politiche
budgetarie e monetarie volontaristiche. L'Unctad stima che per mantenere la
ripresa economica mondiale, senza aumentare il deficit degli Stati Uniti e accrescere
le tensioni sul dollaro, bisognerebbe consolidare la richiesta interna nelle
zone dell'euro e in Giappone. Tuttavia, se non saranno mantenuti tassi di
cambio competitivi, l'Europa corre il rischio di ritrovarsi nella trappola di
una crescita debole con un’alta disoccupazione”. Il rapporto si sofferma quindi
sull’espansione economica nel 2003, registrando come il tasso di crescita dei
Paesi in via di sviluppo e dei Paesi in transizione, che supera il 5%, sia
stato più rapido di quello dei Paesi industrializzati, pari al 2%.
INAUGURATO IERI IN SUDAFRICA IL PARLAMENTO
PANAFRICANO,
VOLUTO DALL’UNIONE AFRICANA PER DARE VOCE A TUTTI
I CITTADINI DEL CONTINENTE. “ORA DATECI LE RISORSE PER FARLO FUNZIONARE”, HA
ESCLAMATO
LA PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA, GERTRUDE MONGELLA,
DURANTE LA CERIMONIA DI APERTURA
MIDRAND.=
“È stato concepito per essere il Parlamento all’interno del quale le voci di tutti
gli africani vengano ascoltate”: con queste parole la presidente Gertrude
Mongella ha aperto ieri la seduta inaugurale del nuovo Parlamento Panafricano a
Midrand, nel nord-est del Sudafrica, dove il neo-nato organo dell’Unione
Africana (Ua) avrà per ora la sua sede. “Ciò che serve adesso – ha proseguito
la Mongella – è una seria promozione e un rafforzamento di questa istituzione,
garantendo le risorse adeguate per il suo funzionamento”. Il nuovo Parlamento
non potrà legiferare né decidere stanziamenti di bilancio e per i primi cinque
anni avrà soltanto un ruolo consultivo, in vista di una futura, ma non ancora
databile trasformazione in vero e proprio organo legislativo, eletto a
suffragio universale. Ogni delegazione nazionale, composta da cinque deputati,
deve comprendere almeno una donna e un membro dell’opposizione, nel tentativo
di garantire pluralità e diritto di rappresentanza anche alle componenti
politiche di minoranza all’interno dei singoli Paesi. Le aspettative sono molto
elevate e la giornata di ieri ha rappresentato, secondo molti osservatori, una
tappa storica per tutto il continente. Durante la cerimonia, a cui erano
presenti i rappresentanti di 46 dei 53 Paesi africani che hanno finora
ratificato il protocollo per la creazione del Parlamento, il presidente del
Sudafrica, Thabo Mbeki, si è rivolto ai deputati invitandoli a essere “campioni
senza paura” del popolo africano, per vedere nascere finalmente “un’Africa dal
volto umano”. (R.M.)
IN TV IMMAGINI VIOLENTE
OGNI 4 MINUTI DANNOSE PER LA SALUTE DELL’INDIVIDUO. LO AFFERMA uno studio
realizzato
con oltre 100 esperti.
Sotto processo Reality, tg e talk show.
A rischio soprattutto i bambini, MALATI ED ANZIANI
ROMA. = Ogni 4 minuti arrivano dalla tv immagini
violente e pericolose per la salute dell’individuo. E’ quanto emerge da uno
studio di Eta Meta Research realizzato attraverso il monitoraggio delle principali
reti nazionali e con oltre 100 esperti tra psicologi, medici e pedagogisti. Secondo l’indagine, infatti, il
piccolo schermo sarebbe sempre più un concentrato di aggressività proponendo
schegge di violenza fisica e verbale. Il tutto provocherebbe allo spettatore
ansia, stress, depressione e perfino
problemi al cuore. Le scene angoscianti, infatti, aumentano “lo stato emotivo,
l’adrenalina e la frequenza cardiaca. Una situazione che al cardiopatico può
causare attacchi di angina pectoris”:
commenta il Prof. Antonio Rebuzzi, responsabile dell’Unità Coronaria al
Policlinico Gemelli di Roma. In testa alla lista nera dei programmi messi
all’indice dagli intervistati, figurano i reality show che con sfide,
competizioni, prove e privazioni, contribuirebbero ad esaltare tensione ed
aggressività. Seguono poi i tg, con il loro linguaggio esasperato ed ansiogeno,
e i talk show infarciti di risse ed insulti.
Dall’indagine, inoltre, ritorna il consueto appello a prestare
attenzione al consumo di televisione da parte dei bambini: potrebbero
assuefarsi alle scene di violenza mostrate dalla tv al punto da esserne
affascinati e provare sentimenti di immedesimazione. Tra i soggetti a rischio
anche malati ed anziani. (R.P.)
PROSEGUE LA 56.MA EDIZIONE DEL PRIX ITALIA IN CORSO FINO A DOMANI A
CATANIA. L’IMPEGNO CIVILE, LA LOTTA PER I DIRITTI UMANI E I CONFLITTI ANTICHI E
NUOVI,
FRA I PRINCIPALI TEMI TRATTATI
DAI PRODOTTI RADIOTELEVISIVI E WEB IN CONCORSO
- A cura di Antonella
Palermo -
CATANIA.= Le 7 giurie internazionali
chiamate a valutare i prodotti radiotelevisivi e web presentati al Prix Italia
stanno selezionando in queste ore i finalisti. E’ il martirio come testimonianza
uno dei fili conduttori di molti programmi televisivi in concorso: dalla vita
del cardinale Iuliu Hossu che, imprigionato per 22 anni, non rinunciò mai alla
sua fede, all’attività e al sacrificio del medico Urbani che ha scoperto il
virus della Sars. Emittenti francesi, tedesche, britanniche, finlandesi si
confrontano con il tema della guerra: dai retroscena del genocidio rwandese al
conflitto in Iraq. La nuova Europa oppure la vita in carcere ritornano in molte
inchieste giornalistiche radiofoniche e si affiancano alle favole musicate o ai
ritratti di protagonisti della storia contemporanea. E mentre si attende la
sera di domani per la proclamazione dei vincitori, la Rai continua a presentare
i nuovi palinsesti dell’azienda. Agostino Saccà, direttore di Rai fiction, ha
appena finito di illustrare le fiction dell’autunno, gran parte delle quali
confluiranno nella rete ammiraglia, che continuerà a puntare proprio su questo
genere e soprattutto sul varietà. Rai2 tenterà invece una virata verso il
pubblico dei giovanissimi, con un’attenzione più spiccata alla famiglia, “senza
eccessi e volgarità”, come ha precisato il direttore Ferrario. Rai3 ribadisce
la linea tradizionale dell’inchiesta, del reportage, del documentario storico
culturale. Il Prix Italia non è comunque solo tv. Ieri si è parlato dei
pericoli di internet per l’infanzia. Don Fortunato Di Noto, presidente
dell’Associazione Meter, ha illustrato i dati agghiaccianti di quello che ha
definito come “uno dei più grandi olocausti silenziosi che si stanno consumando
sotto i nostri occhi”: la pedofilia online. 15 mila sono i siti pedopornografici
individuati finora. Molte le donne coinvolte come parte attiva in questo
sfruttamento, di mira anche i disabili, oppure i bimbi di soli 10 mesi di età.
“Bisogna educare al rispetto e alla relazione” ha precisato il presidente del
Tribunale dei minori di Milano, Silvia Pomodoro, per evitare che la violenza
veicolata dai media inquini le coscienze delle nuove generazioni.
ALESSANDRO
DE CAROLIS, REDATTORE DELLA RADIO VATICANA, SI E’ AGGIUDICATO
IL SECONDO PREMIO DEL CONCORSO
NAZIONALE “PAROLE IN CORSA”,
PROMOSSO DALLA AZIENDE DI
TRASPORTO PUBBLICO IN TUTTA ITALIA.
LA PREMIAZIONE SI E’
SVOLTA STAMANE IN CAMPIDOGLIO
ROMA. = “Mai dire mai”: è il titolo del racconto
del nostro collega della Radio Vaticana Alessandro De Carolis, che questa
mattina si è aggiudicato il secondo premio dell’originale Concorso letterario
nazionale “Parole in corsa”, promosso dalle Aziende di trasporto locale in
tutta Italia, con il patrocinio dell’ASSTRA. Il primo premio è andato a Paola
Luraschi, di Torino. La cerimonia di premiazione si è svolta questa mattina
nella Sala Cortona dei Musei capitolini in Campidoglio, alla presenza delle
autorità cittadine, e dell’attrice Pamela Villoresi, che ha dato lettura dei
racconti vincitori. In questa occasione è stato presentato il libro “Scrivere è
viaggiare”, edito da “Full colour sound”, che raccoglie 105 dei migliori racconti
selezionati nella prima fase del Concorso a livello locale, oltre a quattro
racconti di autori noti. La particolarità di questa iniziativa è stato di
sollecitare i viaggiatori a scrivere un racconto breve a tema libero, che
potesse essere letto interamente nel percorso di un mezzo pubblico. Il tempo trascorso
a bordo di un autobus, di un tram, di una metropolitana occasione dunque per
ritemprare la mente e lo spirito. (R.G.)
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17
settembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq il centro di Baghdad è stato devastato
da una nuova esplosione che ha provocato, nel quartiere commerciale di Rashid,
la morte di almeno tredici persone. Poco prima di questo attentato compiuto da
un kamikaze, la capitale è stata teatro anche di furiosi scontri tra forze americane
e ribelli iracheni nella zona di Haifa street, quartiere roccaforte della
guerriglia. A questa drammatica ondata di violenze si deve aggiungere, inoltre,
un raid dell’aviazione statunitense sulla città di Falluja. Ce ne parla Amedeo
Lomonaco:
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Un ennesimo attacco aereo è stato lanciato,
nella notte, dalle forze americane contro una base di miliziani del terrorista
giordano, Al Zarqawi. Il raid avrebbe provocato la morte di almeno 44 persone:
tra le vittime ci sarebbero anche diversi civili. Sul conflitto in Iraq non si
placano, intanto, le polemiche. Dopo le dichiarazioni del segretario generale
dell’Onu, Kofi Annan, secondo cui la guerra fu “illegale”, il presidente degli
Stati Uniti, George Bush, ha definito legittimo l’intervento militare perché
giustificato dalla risoluzione 1441 delle Nazioni Unite che riconosceva Saddam
Hussein come una minaccia. E proprio sul regime dell’ex rais un rapporto degli
ispettori statunitensi nel Paese arabo ha stabilito definitivamente che l’Iraq
di Saddam non aveva a disposizione alcuna arma di distruzione di massa. Ma
Saddam – prosegue il rapporto - aveva l’intenzione di produrre armi nel caso
fossero state sollevate le sanzioni dell’Onu. Da rimarcare, inoltre, che oggi
alcuni Paesi, tra i quali Francia e Belgio, hanno interrotto una procedura di
silenzio-assenso che avrebbe potuto varare un accordo sulla missione di addestramento
dell’esercito iracheno da parte della Nato.
Continua
ad essere sempre più intricato anche il capitolo relativo agli ostaggi. Il
sedicente ‘Esercito islamico’, gruppo responsabile del rapimento di due
giornalisti francesi, ha dichiarato in un comunicato di voler processare i due
reporter. Sulla vicenda delle due volontarie italiane sembra rafforzarsi
l’ipotesi, confermata dal leader curdo Talabani, del trasferimento a Falluja di
Simona Pari e di Simona Torretta. Sul sequestro di tre occidentali, avvenuto
ieri a Baghdad, le ambasciate degli Stati Uniti e della Gran Bretagna in Iraq
hanno confermato che si tratta di due americani e di un inglese, tutti e tre
dipendenti di una società di costruzioni degli Emirati arabi. A Tikrit è stato
ritrovato il cadavere di un uomo: si tratterebbe di un occidentale. Sono stati
infine rilasciati dai loro sequestratori un cittadino siriano e un autista
giordano.
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Il leader separatista
ceceno, Shamil Basaiev, ha rivendicato l’attentato alla stazione Rijskaia a
Mosca, l’esplosione in volo di due aerei civili ed il sequestro di centinaia di
persone nella scuola di Beslan. All’azione terroristica compiuta in Ossezia -
si legge in un comunicato pubblicato su un sito internet vicino agli indipendentisti
ceceni - hanno partecipato 33 mujahiddin, tra i quali 14 ceceni, 9 ingusci, 3
russi e 2 arabi. Il costo dell’azione - prosegue il documento - è stato di
circa 8 mila euro. Le autorità di Mosca stanno vagliando l’autenticità del
messaggio. Ma un attacco così efferato come quello nella scuola di Beslan ha
screditato a livello internazionale la causa cecena? Roberto Piermarini lo ha
chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto
dell’area ex sovietica:
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R. – E’ evidente che questa
strage di bambini ha gettato sulla causa cecena un’ombra nera che non può
aiutare il popolo ceceno, ma il problema della guerriglia non è in realtà
quello di farsi apprezzare dal comune cittadino occidentale. La guerriglia sostanzialmente
ha tre obiettivi: in primo luogo intende mostrare ai ceceni che è forte e che
quindi deve essere appoggiata. Secondo: far vedere a Mosca che esiste per
impressionare i russi. Terzo: la Cecenia è sempre stata abbandonata da tutti.
Dico Cecenia e non guerriglia cecena non a caso. Nessuno ha fatto mai nulla per
la Cecenia. Ora, la guerriglia cecena sa benissimo che, se vuole avere una
speranza non di vittoria ma di composizione reale del conflitto può contare
solo su un fatto: sull’intervento in questa guerra di una terza parte, che potrebbe
essere l’Onu, l’Unione Europea, che realizzi una sorta di interposizione in
grado di consentire un accordo. Ora, questa terza parte, nel ragionamento
evidentemente militaresco e distorto della guerriglia cecena, può essere
costretta ad intervenire solo in presenza di atti clamorosamente tragici e
crudeli.
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Sulla
questione russa delle riforme sulla sicurezza avanzate dal presidente Vladimir
Putin dopo la strage di Beslan, ha rotto il silenzio l’ex presidente Boris Eltsin. Eltsin ha lanciato un monito
al suo successore a non tradire la Costituzione post sovietica, votata con
referendum nel ’93, adottando riforme illiberali e antidemocratiche in chiave
antiterrorismo.
È stato
rivendicato dai Taleban il fallito attentato di ieri in Afghanistan al
presidente Hamid Karzai. Un razzo era stato lanciato contro l’elicottero che
stava trasportando il leader afgano a Gardez, nell’ambito di un tour
elettorale. E, in vista delle elezioni presidenziali del 9 ottobre prossimo,
gli Stati Uniti hanno deciso di potenziare le truppe già esistenti sul territorio
– circa 19 mila – con l’invio di altri 1000 soldati.
In
Medio Oriente sono ore di tensione sul fronte palestinese, dove prosegue il
malcontento di molte fazioni nei confronti di Arafat. Il generale Mohammed Al
Batrawi, capo dei servizi finanziari della polizia militare, è stato prima
rapito e successivamente rilasciato da un gruppo armato.
“Stiamo
lavorando per la rimozione parziale dell’embargo verso la Libia”. Lo ha
dichiarato il ministro dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu. Il ministro, che
il prossimo 26 settembre si recherà in Libia per incontrare il colonnello
Gheddafi, ha anche detto che, fino al 15 settembre, sono stati 42.317 gli
immigrati clandestini respinti o espulsi dall’Italia.
Si è
aperto ieri a Pechino il Congresso del Comitato Centrale del Partito Comunista
cinese. L’incontro a porte chiuse, raduna circa 300 membri e si concluderà
domenica prossima. Al centro dei lavori: il rafforzamento e le vie per rendere
efficiente il governo del Partito comunista sulla società cinese, forte di un miliardo
e 300 milioni di persone.
E’
sempre più pesante il bilancio delle vittime causate dall’uragano Ivan. Dopo
aver provocato, nei Caraibi almeno 70 morti, altre 22 persone hanno perso la
vita in seguito al passaggio di Ivan negli Stati Uniti. Il presidente
americano, George Bush, ha dichiarato Alabama, Mississippi e Louisiana aree
disastrate e ha annunciato che salterà gli impegni elettorali del fine settimana
per seguire in prima persona la situazione.
Voci
contrastanti giungono da Abuja, in Nigeria, dove si sono svolti i colloqui
sulla questione del Darfur. Secondo i movimenti ribelli i negoziati sono
falliti, mentre per il Sudan, sono stati sospesi fino al prossimo 10 ottobre.
Dall’Onu, intanto, giunge la notizia di un progetto di risoluzione che potrebbe
essere votato domani e che pone sanzioni petrolifere al Sudan se non sarà
ristabilita la sicurezza nella regione del Darfur.
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