RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
259 - Testo della trasmissione di mercoledì 15 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Grazie ad Amref
alcuni ragazzi di strada di Nairobi diventano attori di teatro: con noi John
Muiruri
CHIESA E SOCIETA’:
La
Chiesa colombiana favorevole ad un faccia a faccia fra governo e Farc
Invito
del vescovo di Portsmouth ai cattolici di Inghilterra e Galles ad annunciare il
Vangelo
Sempre
drammatica la situazione nella regione sudanese del Darfur
Identificati in Indonesia gli autori dell’attacco contro una
Chiesa cattolica.
In
Iraq almeno 10 morti a Ramadi per scontri tra forze americane e guerriglia.
15 settembre 2004
LA STORIA E’ AFFIDATA
ALLA LIBERTA’ UMANA CHE GENERA BENE E MALE.
MA DIO E’ IL SIGNORE DELLA STORIA E LA CONDUCE VERSO LA META FINALE:
IL SUO REGNO DI PACE E AMORE. COSI’ GIOVANNI PAOLO II OGGI
ALL’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO.
Il SANTO PADRE NELL’ODIERNA MEMORIA DELLA BEATA VERGINE ADDOLORATA
INVITA I FEDELI A TROVARE IN LEI SOSTEGNO NELLE DIFFICOLTA’
- Intervista con padre
Stefano De Fiores -
La storia è affidata alla libertà
umana che genera bene e male. Ma Dio è il Signore della storia e attraverso
misteriosi disegni la conduce verso la meta finale: il suo Regno di pace e di
felicità. Questo in sintesi il contenuto della catechesi del Papa questa
mattina durante l’udienza generale in Piazza san Pietro. Al centro della
meditazione un cantico dell’Apocalisse. Alla fine dell’udienza Giovanni Paolo
II nell’odierna memoria della Beata
Vergine Addolorata ha invitato tutti a trovare nella Madre di
Gesù sostegno e conforto nei momenti difficili. Il servizio di Sergio
Centofanti.
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Il
Papa ha proseguito oggi la sua catechesi sulla liturgia dei vespri,
soffermandosi sul contenuto del cantico dell’Apocalisse al capitolo 19: nel
cielo la folla immensa dei santi loda
Dio in un canto corale di gioia e di festa. Recitando questo cantico –
ha detto Giovanni Paolo II – “la Chiesa sulla terra si unisce con i giusti che
già contemplano il volto di Dio”. “Si stabilisce così un canale di comunicazione
tra storia ed eternità”. La preghiera diventa contemplazione “dell’oceano di
luce e di amore che è Dio”, fede certa nel “Signore dell’universo e della storia”:
“Questa è certo affidata alla libertà umana che
genera bene e male, ma ha il suo ultimo suggello nelle scelte della provvidenza
divina”.
Così
“pur tra le tempeste, le lacerazioni, le devastazioni compiute dal male,
dall’uomo e da Satana” la storia è
condotta attraverso i misteriosi ma
efficaci disegni di Dio, alla “meta definitiva”:
quella “dell’incontro nuziale tra l’Agnello che è Cristo e la sposa purificata
e trasfigurata che è l’umanità redenta”. “Le nozze dell’Agnello” - spiega il
Papa - stanno a significare l’intimità tra creatura e Creatore, una profonda
unione “nell’amore, nella gioia e nella pace della salvezza”: è quanto si
realizza nel Regno di Dio, dove il male non avrà più accesso. Finché siamo
pellegrini sulla terra - ha affermato il Pontefice - cantiamo la lode a Dio
“come consolazione per essere fortificati lungo la via; … percorrendo questa
via faticosa, tendiamo a quella patria dove ci sarà il riposo, dove scomparse
tutte le faccende che ci impegnano adesso non resterà altro che” la lode a Dio.
E alla fine dell’udienza Giovanni Paolo II ha ricordato l’odierna memoria della
Beata Vergine Maria Addolorata, che con fede è rimasta presso la Croce di Gesù:
“Il mio augurio è che possiate trovare in
lei conforto e sostegno per superare ogni ostacolo nella vostra quotidiana
esistenza”.
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Per la
Chiesa universale, come ricordato dal Papa, il 15
settembre è il giorno della Vergine Addolorata. Ma forse è meno noto che,
all’origine di questa festa liturgica, vi è un’antica motivazione
politico-religiosa. Fu Papa Pio VII che introdusse la celebrazione dei dolori
di Maria, in ricordo delle sofferenze inflitte da Napoleone alla Chiesa. La
devozione popolare verso la compartecipazione della Madonna alle sofferenze
salvifiche di Cristo nacque però ancor prima, grazie soprattutto all’apostolato
dei Serviti e dei Passionisti. Una devozione tuttora ampia e sentita, come
conferma il mariologo padre Stefano De Fiores, intervistato da Alessandro De
Carolis:
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R. – Lo è perché il popolo si
identifica in Maria e trova in lei l’espressione del suo dolore. Un dolore, però,
che è salvifico, che non è disperato. Un dolore che, nonostante la durezza di
questa sofferenza, è mitigato dalla fede nella risurrezione. Perché Maria
precede gli altri nella fede: avendo sentito che Gesù dopo tre giorni sarebbe
risuscitato, lei ha conservato nel cuore questa fede e l’ha mantenuta per tutta
la Chiesa, il Sabato Santo.
D. – San Bernardo usa
un’espressione precisa: parla di “martirio dello spirito” della Vergine...
R. – Certamente, c’è questo
martirio, perché la parola di Simeone a Maria è molto chiara: Gesù è un segno
di contraddizione. Ci sarà un’opposizione contro di Lui. E tu stessa, dice a
Maria, avrai l’anima trafitta da una spada. In altre parole, Maria è dalla
parte di Gesù, soffre con lui, quindi senz’altro Maria ha partecipato nello
spirito - con un martirio quindi di tipo spirituale – alle sofferenze di Gesù,
che ha avuto, attraverso la crocifissione, un martirio non solo spirituale ma
anche fisico. Però, va anche detta una cosa: non sempre la vita di Maria è
stata un martirio, perché ha avuto anche momenti di gioia, momenti di
contemplazione...
D. – Dunque, anche sotto la
Croce quel dolore infinito assume poi il volto della pietà, dell’amore?
R. – Stranamente, il Vangelo di
Giovanni non ci dice che Maria soffriva ai piedi della Croce, tanto che
Sant’Ambrogio dice “stantem lego, flentem non lego”: leggo che sta sotto la
Croce, ma non leggo che piange. Certamente quella fu l’ora in cui doveva
avverarsi nel modo sommo questa opposizione verso Gesù e, di riflesso, la profezia
della spada per il cuore di Maria: quindi la sofferenza ci fu realmente. Detto
questo, però, aggiungo che non dobbiamo cedere al “dolorismo”: il dolorismo non
è il cristianesimo. Il cristianesimo consiste in quello che ha fatto Gesù, a
cui si è unita anche Maria: e cioè nel trasformare anche il dolore più acerbo,
il dolore più ignominioso, in spazio di salvezza. Quel dolore salvifico di cui
tante volte ha parlato il Santo Padre, e di cui Maria è un’icona viva. Questo è
il Vangelo della sofferenza: la lieta notizia che anche la solitudine, anche i
momenti più terribili che può attraversare la psiche umana, possono essere
trasformati in atti di fede, di speranza e di amore.
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato nunzio
apostolico in Bielorussia mons. Martin
Vidovic, officiale della Segreteria di Stato, elevandolo in pari tempo alla
sede titolare di Nona, con dignità di arcivescovo. Nato a Vidonje, nella Contea di Dubrovnik‑Neretva, in Croazia,
il 15 luglio nel 1953, mons. Vidovic è stato ordinato
sacerdote il 28 maggio 1989. Ha lavorato come giornalista nel programma croato
della Radio Vaticana, dal 1983 al 1994. Tra le lingue conosciute: l’italiano,
il russo, il francese, lo spagnolo e il tedesco.
Il Papa ha quindi accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Luziânia in Brasile, presentata da mons. Agostinho
Stefan Januszewicz, in conformità al Canone 401 § 2 del Codice di Diritto
Canonico. Gli succede mons. Afonso Fioreze, dei Passionisti, finora
vescovo coadiutore della medesima diocesi.
Infine
il Santo Padre ha accettato la rinuncia all'ufficio di ausiliari dell'Ordinariato
Militare per gli Stati Uniti d'America presentata da mons. Joseph Madera e da mons. Francis X. Roque per raggiunti limiti di età.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo "Il terrorismo non si vince con la forza delle
armi": presentato un rapporto all'apertura della 59 Assemblea generale
delle Nazioni Unite.
Nelle
vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.
Una
pagina con le Lettere pastorali di vescovi italiani.
Nelle
estere, in evidenza l'Iraq con un articolo dal titolo "Ancora sangue lungo
il faticoso cammino di ricostruzione"; dieci morti, nella città di Ramadi,
negli scontri fra le forze statunitensi e la guerriglia irachena.
Nella
pagina culturale, un articolo di Luciana Frapiselli sull'inaugurazione - il 26
settembre - del restauro dell'antica chiesa romana di san Lazzaro dei Lebbrosi
sulla via Trionfale.
Università
di Parma: Laurea "ad honorem" in Medicina e Chirurgia a Biagio Agnes.
Nelle
pagine italiane, in primo piano l'articolo dal titolo "Non si spegne la
speranza di salvare le due volontarie in Iraq"; terminata la missione del
Ministro degli esteri Frattini nella regione del Golfo.
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15
settembre 2004
IL CONFRONTO TRA SANTA SEDE E STATO D’ISRAELE
SULLE QUESTIONI DEI VISTI D’INGRESSO E DEL
TRATTAMENTO FISCALE
DA RISERVARE ALLE ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE
- Interviste con p. David Jaeger e il ministro
israeliano Avraham Poraz -
Il regime dei visti d’ingresso in
Israele per il personale religioso della Chiesa Cattolica e la definizione
dell’accordo per un regime fiscale relativo alle istituzioni ecclesiastiche presenti
nello Stato ebraico sono le questioni principali affrontate nell’incontro
avvenuto ieri in Vaticano tra il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano,
e il ministro dell’Interno israeliano, Avraham Poraz. Ma quel è la situazione
attuale in merito alle due questioni? Ci risponde padre David Jaeger, esperto
giurista della Custodia di Terra Santa, intervistato dalla collega del Programma
inglese, Tracey McClure:
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R. – In qualità di giurista,
quello che mi disturba di più in tutta questa questione dei visti di ingresso e
di soggiorno è la segretezza delle norme adoperate, seguite dal personale
governativo, nel ricevere, valutare, concedere o rifiutare i permessi di
ingresso o di soggiorno per il personale ecclesiastico. Credo che lo Stato di diritto
richiederebbe la pubblicazione ufficiale delle norme sostanziali e procedurali,
perché tutti le conoscano e possano usarle nei contatti con il governo.
D. – Le tasse sulla proprietà
sono una delle cose di cui si è parlato…
R. – E’ chiaro che la Chiesa non ha mai goduto e non ha mai preteso le esenzioni
fiscali, rispetto ad opere, stabilimenti commerciali eventualmente di proprietà
della Chiesa, se ce ne sono in Israele. Questo non è mai stato un problema. Del
resto, però, la Chiesa, per le istituzioni a carattere religioso e caritativo,
ha avuto da sempre l’esenzione dall’imposta sulle proprietà. Ora, tutte queste
esenzioni sono state consolidate in una legge del 1938. Meno di due anni fa,
mentre erano in corso le trattative per fare entrare in vigore questa legge, il
governo israeliano l’ha fatta modificare in modo da ridurre drasticamente le
storiche esenzioni per la Chiesa, unilateralmente, prima ancora di negoziare il
relativo accordo.
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Sulle stesse questioni, ecco la
posizione dello Stato di Israele, espressa dal ministro dell’Interno, Poraz,
sempre al microfono di Tracey McClure:
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R. – I PROMISED THAT OUR MINISTRY WILL FACILITATE ALL
THE PROCEDURES ...
Io ho promesso che il nostro ministero faciliterà tutte le procedure per
permettere ai religiosi cattolici di recarsi in Terra Santa. Ho spiegato anche
che alcune persone vengono da Paesi che hanno rapporti ostili con Israele.
Purtroppo, non siamo in pace con i nostri vicini e quindi siamo costretti a controllare
attentamente chiunque venga da Paesi come Libano, Siria o Giordania. Abbiamo
anche raggiunto l’accordo per cui in alcuni casi sarà il Vaticano stesso a
garantire per alcune persone in modo che noi possiamo essere sicuri e tranquilli
che queste persone non ci creeranno problemi.
D. – Quali altri argomenti sono stati affrontati?
R. – THE SECOND ISSUE WAS THE ISSUE OF LOCAL TAXATION.
...
Il secondo tema
all’ordine del giorno è stato quello delle imposte. L’accordo di fondo consiste
nel fatto che ogni attività commerciale come negozi, alberghi, hotel o simili
dovranno pagare le tasse. Ovviamente le chiese stesse, come luoghi di culto,
saranno esentate da ogni imposta. Le scuole non dovranno pagare niente. Per
quanto riguarda i monasteri, pagheranno per i servizi resi dal comune come le
fognature, la fornitura elettrica, dell’acqua, la manutenzione ordinaria
eccetera: ma questa non è un’imposta, è solamente la copertura delle spese.
D. – Quale orientamento le piacerebbe che
prendessero i rapporti tra Israele e Santa Sede?
R. – WELL, IT IS VERY IMPORTANT TO IMPROVE THE
RELATIONS. ...
E’ importantissimo migliorare i rapporti esistenti. Sappiamo che la Santa
Sede segue con grande interesse le vicende della Terra Santa. Israele e i Luoghi
santi non sono un ‘posto qualsiasi’. E’ nostro scopo e dovere garantire
l’accesso a tutti e rendere possibile qualsiasi attività. Ovviamente, abbiamo
grossi problemi di sicurezza: se Betlemme è sotto assedio, sarà un problema
raggiungerla. Ma il mio scopo è garantire a tutte le Chiese e a tutte le fedi
religiose che vivono in Gerusalemme di muoversi ed agire nella maniera più libera
possibile.
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RAPPORTO DELL’ONU SULLA POPOLAZIONE
A 10 ANNI DALLA CONFERENZA
MONDIALE DEL CAIRO:
SFIDE ENORMI ANCORA DA
AFFRONTARE E QUESTIONI IRRISOLTE
SUI TEMI DELLA
PIANIFICAZIONE FAMILIARE E DELLA SALUTE RIPRODUTTIVA
Presentato stamane in una conferenza stampa a Roma il rapporto su “Lo
stato della popolazione nel mondo 2004”, curato dal Fondo delle Nazioni Unite
per la popolazione (Unfpa). Luci ed ombre in questo studio, e polemiche
irrisolte, come ci riferisce Roberta Gisotti:
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10 anni fa la Conferenza
mondiale della popolazione al Cairo impegnava 179 Paesi a sottoscrivere impegni
ambiziosi per promuovere lo sviluppo economico e rallentare la crescita
demografica. Gli obiettivi fissati erano: dimezzare il numero dei più poveri;
ridurre di 3/4 la mortalità materna e di 2/3 quella infantile; garantire a
tutti servizi per la salute sessuale e riproduttiva; fermare l’epidemia di
Aids; assicurare l’uguaglianza tra i sessi. Tutto ciò entro il 2015. “Ma le
sfide erano - e permangono – enormi”, dichiara oggi il Fondo dell’Onu per la
popolazione nel suo Rapporto 2004, dove presenta i risultati di un censimento
su ciò che è stato fatto nei Paesi del Nord e del Sud. Ne hanno parlato stamane
nella conferenza stampa, tra gli altri, il prof. Antonio Golini, demografo
dell’Università di Roma e la dott. ssa Mari Simonen, dell’Agenzia dell’Onu, che
ha curato la verifica del Programma d’azione del Cairo. E proprio lei ha
denunciato che il maggior impedimento è stato il venire meno dei finanziamenti
promessi: solo il 50 per cento da parte dei Paesi più ricchi del Nord. Altri
ostacoli si sono rivelati i pregiudizi sulle donne e la mancata risposta ai
bisogni dei più poveri ed anche la dovuta attenzione agli adolescenti, mai cosi
numerosi nella storia dell’umanità, 1 miliardo e 300 milioni.
Per quanto riguarda la
popolazione totale del Pianeta oggi siamo a quota 6 miliardi e 400 milioni e le
proiezioni al 2050 - sebbene ritoccate al ribasso - indicano un aumento fino a
8 miliardi e 900 milioni, per cui ben 50 Paesi più poveri triplicheranno la
loro popolazione. Il prof. Golini ha lamentato che nel Rapporto paradossalmente
il dato demografico appare sottovalutato, a favore di una lettura tutta
incentrata sui diritti individuali, ed ha pure osservato che le accese
polemiche sorte al Cairo – che ricordiamo opposero anche la Santa Sede
all’Unfpa - sui temi della salute riproduttiva, e quindi anche dell’aborto, ed
anche della pianificazione familiare e dell’educazione sessuale degli
adolescenti sono al momento solo apparentemente sopite ma non risolte.
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GRAZIE AD AMREF ALCUNI RAGAZZI DI STRADA DI
NAIROBI
- Intervista con John Muiruri -
Fino a due anni fa a Nairobi, in
Kenya, i ragazzi di strada erano considerati “Chokora”, cioè spazzatura. Oggi,
grazie all’aiuto dell’organizzazione umanitaria Amref, Fondazione africana per
la medicina e la ricerca, e con la collaborazione del regista teatrale Marco Baliani,
alcuni di loro sono diventati attori. Il loro spettacolo teatrale “Pinocchio
nero” è arrivato in questi giorni in Italia, ed è stato presentato a Roma e a
Palermo. Ma qual è la situazione dei minori a Nairobi? Marina Tomarro ha
sentito John Muiruri, responsabile del progetto “Children in Need” per
Amref:
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R. – (parole in portoghese)
Ci sono tanti ragazzi di strada
a Nairobi; sono tanti per tre motivi. Il primo è che l’AIDS causa tanti orfani;
il secondo è che dove le famiglie sono povere, i ragazzi non trovano da
mangiare a casa. Il terzo motivo è che ci sono anche genitori che non stanno
bene, e allora i ragazzi scappano.
D. – In che modo l’Amref cerca
di aiutare questi ragazzi ad uscire dalla strada e dalla loro condizione?
R. – (parole in portoghese)
Il teatro è uno dei tanti mezzi
per questi ragazzi. Li aiutiamo anche con un sostegno finanziario: quelli che
vogliono tornare a scuola, quelli che non sono mai andati a scuola ... aiutiamo
anche i genitori con qualche piccolo progetto, affinché il ragazzo fuggito a
causa della povertà, possa tornare a casa. Cerchiamo di aiutarli anche
rendendoli consapevoli del pericolo dell’AIDS.
D. – Ascoltiamo l’esperienza di
Namsum Chabò, uno dei ragazzi protagonisti dello spettacolo:
R. – (parole in portoghese)
A casa mia, poteva succedere che
per due-tre sere non ci fosse nulla da mangiare. Allora, io sono scappato, sono
andato a vivere con altri ragazzi sulla strada, intorno ai mercati di Nairobi.
Poi, ho cominciato anche a fumare un po’ di droga. Un giorno è venuto Nicolas,
ci ha radunati, ci ha portati al centro di Amref, dove c’erano molte persone
bianche; tra queste c’era Marco Baliani che ci ha proposto quest’attività del
teatro.
D. – Cosa farai da grande?
R. – (parole in portoghese)
Sono consapevole che il teatro
mi fa progredire; già il fatto di essere venuto in Italia è un piccolo passo.
Non ho genitori, ho tre fratelli minori, sono sicuro che con il teatro aiuterò
me stesso e anche i miei fratelli.
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PROSEGUE A BOSE IL XII CONVEGNO ECUMENICO
INTERNAZIONALE
DI SPIRITUALITA’ ORTODOSSA
- Intervista con l’archimandrita Ignazio
Sotiriadis -
Si concluderà il prossimo 18
settembre a Bose, in Piemonte, il XII Convegno Ecumenico Internazionale di
Spiritualità Ortodossa, organizzato dal Patriarcato di Mosca e di Costantinopoli
e dalla Comunità monastica di Bose. L’incontro è articolato in due sessioni: “Sant'Atanasio
e il Monte Athos” e “La preghiera di Gesù nella spiritualità russa del
XIX secolo”. Al convegno partecipano metropoliti, vescovi e monaci delle
Chiese ortodosse, della Chiesa cattolica e delle Chiese della Riforma, insieme
con specialisti e ricercatori. Ma quale spiritualità specifica viene dal Monte
Athos? Giovanni Peduto ha rivolto la domanda all’archimandrita Ignazio
Sotiriadis, rappresentante della Chiesa di Grecia:
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R. – La spiritualità del Monte
Athos è fedeltà alla tradizione ininterrotta della Chiesa, rinuncia al mondo
per amore verso Cristo, dedizione alla preghiera e alla ascesi incessanti. In
un mondo tentato oggi fortemente dall’arroganza della tecnologia e della
globalizzazione, il Monte Athos rappresenta un richiamo alle origini, alle
radici cristiane ed un invito a ritornare ad esse.
D. – La preghiera cristiana in
Oriente: quali sono le sue caratteristiche?
R. – La preghiera viene sempre
accompagnata dal digiuno nei giorni prestabiliti dalla Chiesa e dal servizio
verso i fratelli più bisognosi, come richiesto d’altronde dal Vangelo.
Indispensabile è la lettura dei Padri della Chiesa, la confessione e la partecipazione
all’Eucaristia.
D. – Oggi la vita è sempre più
frenetica e rumorosa, come pregare?
R. – Bisogna pregare col cuore,
pregare incessantemente, ovunque, per amore di Cristo e dei fratelli. Occorre
creare spazi di silenzio nel rumore del mondo, per non perdere di vista
l’eternità e la salvezza.
D. – Questi incontri di Bose
avvicinano Oriente ed Occidente cristiano. Come vede lei il dialogo ecumenico?
R. – Gli incontri di Bose
rappresentano un vero ponte tra Oriente e Occidente. Sono una testimonianza
della nostra fraternità, la fraternità dei cristiani, e rappresentano una collaborazione
forse insignificante ma sincera e dinamica con lo Spirito Santo verso la futura
riunificazione della Chiesa di Cristo. Nel dialogo ecumenico, a mio parere, sono
necessari meno diplomatici e più persone genuine. La nostra collaborazione in
un’Europa che non riconosce più le sue radici cristiane e la sua eredità
evangelica è indispensabile, e tutti noi cristiani dobbiamo essere più
coraggiosi nel pregare e nell’agire.
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NEI GIORNI SCORSI LA
CITTA’ SPAGNOLA DI CORDOBA
HA CELEBRATO L’VIII CENTENARIO
DELLA MORTE DI MAIMONIDE, IL FILOSOFO EBREO DELLA TOLLERANZA
- Intervista con il prof. Mauro Perani -
Dopo otto secoli di storia, è
quanto mai attuale il pensiero del filosofo ebreo Maimonide, che nella sua
opera, la “Guida degli smarriti”, parlava di tolleranza davanti alle guerre di
religione. A 800 anni dalla morte, proprio per riscoprirne la figura, Cordoba,
città natale del filosofo, ha dedicato a Maimonide un interessante congresso.
Per saperne di più, Roberta Moretti ha intervistato il professor Mauro Perani,
docente di ebraico e storia dell’ebraismo all’Università di Bologna, che ha
partecipato all’incontro:
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R. – Maimonide è
arrivato a teorizzare proprio la positività delle altre due grandi religioni
monoteiste. Questo spirito di tolleranza penso sia un esempio attualissimo per
noi, di fronte ad un emergere di tendenze di intolleranza nelle religioni,
soprattutto nell’Islam e in alcuni settori del giudaismo ultra-ortodosso.
D. – L’insegnamento di
Maimonide, dunque, andrebbe riscoperto e riattualizzato?
R. – In un mondo laicizzato, il
cui Dio è ormai oggi il business, ci sono tanti denominatori comuni al
Giudaismo, al Cristianesimo e all’Islam, su cui noi dobbiamo fare leva, prendendo
esempio da Maimonide. Quando una religione scivola nell’intolleranza, si
snatura in maniera veramente radicale. Esiste, infatti, un Islam che non è
terroristico ed esiste un Islam che ha dei grandi valori condivisibili con il
Cristianesimo e con l’Ebraismo. Quindi bisogna assolutamente cercare di evitare
di sbandierare lo scontro di civiltà e di religioni. E’ dimostrato storicamente
che questa evoluzione del concetto di Jihad, nel senso con cui oggi chiamiamo
Jihad il terrorismo arabo, è un fenomeno assolutamente recente, di natura
politica, che è nato alla fine dell’800, nella penisola arabica. Queste cose si
dovrebbero sapere.
D. – Maimonide non si occupò
soltanto di filosofia…
R. – Non è stato solo filosofo,
ma è stato anche medico e ha scritto delle opere di medicina. Maimonide ha
riscoperto il senso dell’uomo che soffre anche attraverso la sua opera di
medico.
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15
settembre 2004
LA CHIESA COLOMBIANA
FAVOREVOLE AD UN FACCIA A FACCIA FRA GOVERNO E FARC.
AL CENTRO DELLE
TRATTATIVE, LA LIBERAZIONE DI ALCUNE DECINE DI OSTAGGI
DA DIVERSI ANNI IN MANO
ALLA GUERRIGLIA
BOGOTA’.
= La Chiesa colombiana è favorevole
ad un confronto diretto sul delicato tema dello scambio di prigionieri tra il
governo del presidente, Alvaro Uribe, e le Forze Armate Rivoluzionarie della
Colombia (Farc). Lo ha sottolienato ieri l’arcivescovo di Bogotà, cardinale
Pedro Rubiano Sáenz. Da tempo impegnato nell’ardua impresa di rendere possibile
un accordo che permetta la liberazione di molte decine di ostaggi in mano alla
guerriglia, il porporato ha spiegato che “in un dialogo faccia a faccia è
possibile rendersi conto meglio se le parti stanno dicendo la verità”. Per
quanto concerne, invece, il cammino di riconciliazione fra il governo e
l’Esercito di liberazione della Colombia (Eln), il presidente della Conferenza
episcopale colombiana, ha osservato che “fa ben sperare che la seconda
guerriglia di sinistra del Paese abbia risposto prontamente all’offerta
governativa”. Nel Paese latinoamericano, comunque, la tensione resta alta. La
polizia colombiana, infatti, ha rinvenuto ieri i corpi senza vita dell’ex
governatore dello stato di Meta, Carlos Sabogal, della deputata regionale Nubia
Sanchez e dell’ex candidato all’incarico di sindaco di una città della zona,
Eusse Rondon. Tutte e tre le vittime appartenevano al Partito Liberale al
governo. Ancora sconosciute le cause del triplice omicidio. (B.C.)
LONDRA.
= “Tutti i membri della comunità cattolica devono attivamente partecipare al
lavoro di evangelizzazione, presentandosi come fedeli di Gesù Cristo e della
sua Chiesa”. E’ l’invito di mons. Roger Francis Crispian Hollis, vescovo di
Portsmouth, rivolto ai cattolici di Inghilterra e Galles prima della chiusura
ufficiale della Home Mission Sunday, un’iniziativa lanciata dal Case (Agenzia
cattolica di supporto all’evangelizzazione), l’organismo istituito all’inizio
dell’anno dai vescovi inglesi e gallesi, che supporta tanto la Chiesa locale, quanto quella nazionale.
“Non credo esista altra scelta: se siamo fedeli, allora dobbiamo annunciare il
Vangelo e farlo con tutte le nostre forze. E’ un impegno a cui è chiamato
ciascun battezzato”. “Così come ha fatto Gesù con i suoi discepoli – ha sottolineato
il presule – anche noi dobbiamo proclamare la Buona Novella, e nessun posto è
importante, per centrare tale obiettivo, come il luogo dove abitualmente
viviamo”. Tema scelto per l’edizione 2004 della Home Mission Sunday è
“Amministratori del Vangelo”. “Se non siamo direttamente coinvolti nella
missione – ha continuato mons. Crispian Hollis – siamo fuori dal piano che Cristo
ha disegnato per la sua Chiesa. Se non partecipiamo, non siamo quella Chiesa
che Gesù stesso intende”. “Vorrei precisare – ha concluso il vescovo di
Portsmouth – che non è importante solo l’attivismo, ma anche la preghiera e
l’aiuto economico”. Per la campagna sono stati inviati a ciascuna parrocchia
dell’Inghilterra e del Galles pacchi contenenti materiale informativo, ausili
liturgici e supporti al servizio di evangelizzazione. “La Home Mission è una
priorità per la Chiesa – ha ribadito il cardinale Cormac Murphy-O’Connor,
arcivescovo di Westminster – ciascuno deve sentirsi direttamente impegnato in
una causa che gli stessi vescovi reputano strategica e vitale”. (D.D.)
NO AI CONTRACCETTIVI PER IL CONTROLLO DELLE
NASCITE:
E’ LA POSIZIONE DELLA CHIESA
NELLE FILIPPINE,
MENTRE NEL PAESE SI DIBATTE SULL’ADOZIONE DELLA
“LEGGE SUI 2 FIGLI”.
LA POVERTA’ DEL PAESE, SOSTIENE MONS. CRUZ, E’
INDIVIDUABILE
NELLA CATTIVA GESTIONE ECONOMICA E NON NEL TASSO
DEMOGRAFICO
MANILA.
= I contraccettivi sono “un primo passo” verso “l’omicidio di un essere non nato”
e sono “strumenti che favoriscono l’aborto”. E’ la forte presa di posizione di
mons. Oscar V. Cruz, arcivescovo di Lingayen-Dagupan, mentre nelle Filippine si
discute una legge per il controllo delle nascite. I sostenitori della pianificazione
familiare indicano nei contraccettivi un metodo di controllo demografico,
mentre il presule sostiene che “più contraccettivi vengono utilizzati, maggiore
è il numero degli aborti”. A conferma di questa teoria mons. Cruz porta un
esempio eloquente: “La dichiarazione del governo americano sul controllo delle
nascite cita contemporaneamente i contraccettivi e l’aborto”. Il motivo è
chiaro: si tratta di due opzioni pratiche di uno stesso principio-guida: “Chi
ha ideato e scritto quel documento – dice il presule – è abbastanza esperto per
sapere che una cosa rimanda all’altra: quando il contraccettivo non funziona,
la soluzione è l’aborto”. Il problema della crescita demografica è molto
dibattuto in questi mesi nelle Filippine. Di recente, infatti, il deputato
Edcel Lagman ha presentato in Parlamento la “Legge sulla salute riproduttiva”,
conosciuta come “Legge sui 2 figli”. La norma promuove il controllo demografico
spingendo le coppie a non avere più di 2 figli. La Chiesa filippina è così
scesa subito in campo contro la normativa, giudicando la “Legge sui 2 figli”
“un velato sistema coercitivo” contro la libertà di coscienza delle famiglie.
Mons. Cruz e l’intera Chiesa filippina, inoltre, sottolineano che il
motivo della povertà nel Paese non è il tasso demografico, come invece dichiara
la “Legge sui 2 figli”. La miseria di molti filippini, conclude mons. Cruz, è
causata dalla cattiva gestione dell’economia nazionale. (B.C.)
CRISI NEI COLLOQUI DI
PACE PER IL DARFUR
MENTRE IL MINISTRO DEGLI ESTERI SUDANESE, MUSTAFA OSMAN ISMAIL,
HA RIGETTATO LA BOZZA DI
RISOLUZIONE DELLE NAZIONI UNITE
KHARTOUM. = Indagare sulla
situazione attuale nel Darfur e verificare i problemi del rispetto dei diritti
umani. Sono gli obiettivi della visita in Sudan di una delegazione di Amnesty
International, giunta ieri a Khartoum. Prima di recarsi nella martoriata
regione sudanese, la delegazione ha avuto incontri con il ministro della
Giustizia, Ali Mohamed Osman Yassin, quello degli Affari Umanitari, Ibrahim
Mahmud Hamed e quello degli Interni, Abdel Rahim Hussein. Nel Darfur, comunque,
la situazione resta drammatica. Secondo quanto ha riferito l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, infatti, ogni mese muoiono tra i 6.000 ed i 10.000 profughi.
Moltissime tra le vittime sono i bambini, spesso per malattie che potrebbero
essere facilmente evitate o curate. Intanto ieri, ad Abuja, capitale della
Nigeria, i colloqui negoziali tra governo di Khartoum e gruppi ribelli –
condotti sotto l’egida dell’Unione Africana – non sono neanche ripresi. Il
dibattito procede ormai da tre settimane stancamente, senza raggiungere
traguardi concreti. Contemporaneamente, fonti Onu lanciano un appello per lo
stanziamento di 200 milioni di dollari, per evitare che la catastrofe
umanitaria assuma proporzioni maggiori. Politicamente, tuttavia, le Nazioni
Unite si dibattono tra veti: gli Stati Uniti, dopo aver bollato la tragedia del
Darfur come “genocidio” e aver presentato una risoluzione dura, in cui si
parlava esplicitamente di embargo, si accinge ora a presentarne una più
sfumata. La Cina, infatti, membro permanente del Consiglio di Sicurezza, aveva
chiaramente lasciato intendere che avrebbe opposto il suo veto. E la tragedia
così continua. Negli ultimi 18 mesi in Darfur si sono registrati circa 50.000
morti, villaggi incendiati, donne stuprate, bimbi resi schiavi, quasi sempre
opera dei miliziani arabi, musulmani, che colpiscono le popolazioni indigene,
nere ed in larga misura animista. (B.C)
IDENTIFICATI IN INDONESIA GLI AUTORI DELL’ATTACCO
IL BARBARO GESTO SI E’ VERIFICATO LO SCORSO 9
GIUGNO NEL JAVA CENTRALE
JAKARTA. = La polizia indonesiana ha identificato i quattro
presunti responsabili dell’attacco dinamitardo contro la chiesa cattolica di
St. Joseph, avvenuto lo scorso 9 giugno a Yogyakarta (Java centrale). Le forze
dell’ordine hanno arrestato i quattro giovani a fine luglio, ma solo ora sono
stati resi noti i nomi: Ina Yudha, Agung Widodo, Adita Agus e Aljupri Isnangun.
Gli assalitori, riferisce l’agenzia Asianews, hanno lanciato una bomba molotov
contro la chiesa, distruggendone il cancello d’ingresso e la staccionata ma senza
fortunatamente causare vittime. Sigit Sudharmanto, capo della polizia del
distretto di Sleman, ha riferito che due dei quattro arrestati, che “vivevano
nelle vicinanze della parrocchia di St Joseph”, “sono esperti nel fabbricare
ordigni rudimentali”. Nelle loro abitazioni, infatti, la polizia ha rinvenuto
diverse armi illegali. Sudharmanto, tuttavia, non ha commentato la possibilità
che dietro l’attacco si nascondano moventi politici. Lo scorso anno una
cappella cattolica nel villaggio di Sayegan, sempre nel distretto di Sleman, ha
subito un attacco dello stesso tipo. Anche se la maggior parte della
popolazione – l’84,7 per cento su 212 milioni di abitanti – è musulmana, in Indonesia
l’Islam non è la religione ufficiale. I cristiani rappresentano l’8 per
cento della popolazione – 3 per cento cattolici e 5 per cento protestanti. La
costituzione prevede la libertà religiosa. (B.C.)
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15
settembre 2004
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In
Iraq dieci persone sono rimaste uccise in seguito a violenti scontri avvenuti
stamani tra ribelli iracheni e truppe statunitensi nella città sunnita di
Ramadi. E a Suwayrah, nei pressi di Baghdad, l’esplosione di una bomba ha
causato la morte di almeno due persone. La polizia irachena ha riferito inoltre
che, nel nord del Paese, sono stati trovati i corpi decapitati di tre uomini
arabi. Proseguono intanto gli sforzi per ottenere la liberazione dei 4
volontari dell’associazione “Un ponte per” rapiti nel Paese arabo. Ce ne parla
Amedeo Lomonaco:
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Questa
mattina centinaia di persone hanno marciato nel centro di Baghdad chiedendo la
liberazione di Simona Pari, Simona Torretta e di altri due collaboratori tenuti
in ostaggio. Il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi, si è rivolto,
inoltre, direttamente ai sequestratori invocando con forza il rilascio delle
due ragazze. E dall’aula del
Parlamento il leader dei Ds, Massimo D'Alema, ha lanciato un appello al governo
iracheno e alle forze della coalizione affinché si sospendano i bombardamenti
che “non aiutano a trovare un clima adatto per il negoziato teso a salvare le
persone tenute in prigionia”. A chiedere la liberazione delle due operatrici
anche Radi Al Ayashi, ritenuto il leader della cellula di ‘Al Ansar’ che ha
reclutato, tra Italia e Germania, decine di giovani combattenti. “Nel nome di
Allah, nel nome dell’onnipotente unico Dio - scrive - liberate le due ragazze
italiane. Il loro rapimento non è una cosa ammissibile nell’Islam”. Sul fronte
ostaggi, da rimarcare anche che una società di Amman per la quale lavora un
giordano, recentemente sequestrato della guerriglia, ha deciso di lasciare
l’Iraq per salvare la vita dell’uomo. E l’Australia ha inviato inoltre, nel
Paese arabo, una squadra speciale per liberare due guardie di sicurezza
australiane rapite da un gruppo di estremisti che hanno rivendicato il
rapimento con un comunicato. Ma sull’attendibilità di questo messaggio ci sono
ancora molti dubbi. Sul versante politico, il presidente dell’Iraq, Ghazi Al
Yawar, incontrando ieri a Bruxelles il segretario della Nato, Jaap De Hoop Scheffer,
ha chiesto un maggiore impegno dell’Alleanza Atlantica nell’addestramento
dell’esercito iracheno. Al Yawar ha successivamente avuto un colloquio con
l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Esteri, Javier Solana. Il
politico spagnolo gli ha assicurato il sostegno dell’Europa per un Iraq
“sicuro, unito e prospero”. Le forze statunitensi
hanno rilasciato, infine, 750 iracheni detenuti nella famigerata prigione di
Abu Ghraib, teatro degli episodi di maltrattamenti e torture denunciati nei
mesi scorsi.
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Retata
antiterrorismo in Spagna. A Barcellona, la polizia ha arrestato nella notte 10
persone, la maggior parte delle quali di nazionalità pakistana, per presunti
legami con le cellule fondamentaliste islamiche. Nelle ispezioni non sono state
trovate armi, ha spiegato la polizia, ritenendo che non ci siano legami fra gli
attivisti arrestati stanotte e gli attentati dell’11 marzo.
In Medio
Oriente sono stati uccisi sei attivisti palestinesi nel corso di un’incursione
dell’esercito israeliano a Nablus, nel nord della Cisgiordania. Nell’azione è
stata uccisa anche una bambina di undici anni. A Jenin un altro raid delle
unità speciali dello Stato ebraico ha causato la morte di quattro palestinesi
appartenenti alle Brigate dei martiri di Al Aqsa.
In
Ossezia del Nord, dopo la chiusura nei giorni scorsi delle scuole di Beslan in
seguito al tragico attentato costato la vita ad almeno 339 persone, i bambini
della cittadina osseta sono tornati oggi tra i banchi. Intanto, il segretario
di Stato americano, Colin Powell ha affermato che le
riforme annunciate in Russia dopo la strage di Beslan “sollevano inquietudini”.
Il timore, espresso dall’amministrazione americana, è che il Cremlino abbia intrapreso
una via troppo autoritaria nella gestione degli affari interni. Il ministro
degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha risposto a queste critiche sottolineando
che il processo in corso rientra nel quadro della costituzione.
Sarà impossibile tenere entro la
fine di settembre il quarto round dei negoziati a sei sul programma nucleare
della Corea del nord. Lo ha dichiarato il viceministro degli esteri russo
Aleksandr Alekseiev, capo della delegazione inviata da Mosca per le trattative. Il viceministro ha anche
sottolineato che la Russia “non ha ragione di dubitare” della versione data da
Pyongyang sulla forte esplosione che aveva fatto pensare la scorsa settimana a
un test nucleare, e che la Corea del nord ha attribuito invece ai lavori per un
impianto idroelettrico.
L’introduzione
della democrazia in Cina è, per ora, da escludere. Lo ha detto oggi il presidente
della Repubblica popolare, Hu Jintao, spiegando che “copiare
indiscriminatamente il sistema occidentale porterebbe il Paese in un vicolo
cieco”. Hu Jintao, che è anche leader del Partito
Comunista, ha sottolineato inoltre l’importanza della funzione di controllo
dell’Assemblea del popolo, di cui oggi ricorre il 50.mo anniversario della fondazione,
sull’operato del governo di Pechino.
E’ allarme rosso, negli Stati
Uniti, per l’imminente arrivo sulle coste sud-orientali dell’uragano Ivan che
potrebbe investire, in particolare, New Orleans. Il sindaco della città, Ray
Nagin, continua a lanciare appelli alla cittadinanza, circa un milione e mezzo
di persone, perché abbandoni l’abitato. Intervenendo sui drammatici effetti del
cambiamento climatico per il pianeta, il premier britannico Tony Blair, ha
sottolineato, intanto, la necessità di una nuova “rivoluzione industriale ambientale”.
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