RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 258 - Testo della trasmissione di martedì 14 settembre 2004

 

Sommario

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Pontefice riceve il ministro dell’Interno israeliano Avraham Poraz. Il rappresentante dello Stato ebraico, a colloquio con il cardinale Sodano, assicura una soddisfacente soluzione per la questione dei visti d’ingresso in Israele per i religiosi cattolici

 

“Siate testimoni della misericordia di Dio in ogni situazione”: così il Papa nel messaggio per il 3° centenario di fondazione della Congregazione del Divino Amore

 

Il forte invito ieri di Giovanni Paolo II ai cristiani perché annuncino con passione Cristo al mondo: il commento di Mario Marazziti

 

Esce oggi in libreria il volume intitolato “Le poesie giovanili di Karol Wojtyla” pubblicato dalle Edizioni Studium: con noi il prof. Paolo Martino.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Oggi 14 settembre, la Chiesa celebra la festa dell’Esaltazione della Santa Croce: intervista con padre Tito Zecca

 

Colombia: la marcia degli indios per chiedere il rispetto dei loro diritti. Ai nostri microfoni Francesco Martone

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il Rwanda ha bisogno di tempo per costruire un vero futuro di pace. Così il vescovo di Nyundo, parlando dell’impegno della Chiesa nel processo di riconciliazione

 

I vescovi messicani esprimono viva preoccupazione per la distribuzione libera della pillola abortiva in tutte le farmacie del Paese

 

Conferenza stampa questa mattina dell’arcivescovo di Bologna, mons. Caffarra, a margine dell’incontro annuale dei sacerdoti

 

Nelle Filippine compie 20 anni Silsilah, un Movimento che opera assiduamente nel dialogo tra le persone di diversa confessione religiosa

 

Da 6000 a 10.000 morti al mese nei campi profughi del Darfur: lo riferisce l’ultimo studio dell’Oms sulla situazione nella tormentata regione sudanese

 

24 ORE NEL MONDO:

Ennesima strage in Iraq: almeno 47 morti per un’esplosione avvenuta in un affollato mercato del centro di Baghdad

 

Il Consiglio di difesa del governo israeliano ha approvato il piano per il risarcimento dei coloni che saranno evacuati dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania

 

Dopo il massacro di Beslan, riforma radicale in Russia dei servizi di sicurezza e delle amministrazioni locali

 

L’uragano Ivan si è allontanato dalle coste di Cuba ed è diretto verso la penisola messicana dello Yucatan.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 settembre 2004

 

 

IL PAPA RICEVE IL MINISTRO DELL’INTERNO ISRAELIANO AVRAHAM PORAZ.

IL RAPPRESENTANTE DELLO STATO EBRAICO A COLLOQUIO

ANCHE CON IL CARDINALE SODANO, ASSICURA UNA SODDISFACENTE SOLUZIONE

 PER LA QUESTIONE DEI VISTI D’INGRESSO IN ISRAELE PER I RELIGIOSI CATTOLICI

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto stamane nel Palazzo Apostolico a Castel Gandolfo il Ministro dell'Interno d'Israele, Avraham Poraz, accompagnato dall'ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oded Ben-Hur.

 

In precedenza – come rende noto la Sala Stampa vaticana - il ministro aveva incontrato il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano e l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati. Il cardinale Sodano, “ricordato che le posizioni della Santa Sede sulla pace, sul conflitto israelo-palestinese e, in generale, sulla situazione in Medio Oriente erano ben note al governo israeliano” - avendo avuto modo di illustrarle anche personalmente nel corso delle ultime visite in Vaticano del Capo dello Stato d'Israele e del ministro degli Esteri – “ha proposto che l'incontro si concentrasse sulle questioni di competenza del ministro”.

 

Nel corso del colloquio si è, dunque, parlato in particolare “del regime dei visti d'ingresso in Israele per il personale religioso della Chiesa Cattolica”: su tale questione il Ministro israeliano “ha assicurato di aver dato le istruzioni necessarie per una soddisfacente soluzione”. E’ stato quindi esaminato anche “lo stato di avanzamento delle trattative, in corso a Gerusalemme, per la realizzazione di un accordo che definisca il regime fiscale delle istituzioni ecclesiastiche in Israele”. Nel corso dell’incontro si è fatto riferimento al Fundamental Agreement del 1993 e al Legal Personality Agreement del 1997.

 

 

“SIATE TESTIMONI DELLA MISERICORDIA DI DIO IN OGNI SITUAZIONE”:

COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO PER IL III CENTENARIO DI FONDAZIONE

DELLA CONGREGAZIONE DEL DIVINO AMORE

- A cura di Sergio Centofanti -

 

“Siate testimoni della misericordia di Dio in ogni situazione”. E’ quanto scrive Giovanni Paolo II in un messaggio in occasione del III centenario della Congregazione del Divino Amore, fondata il 13 settembre 1705 dal cardinale Marco Antonio Barbarigo.

Giovanni Paolo II invita in particolare le religiose a coltivare “lo spirito di accoglienza”, aprendosi “ai bisogni degli altri per diffondere il buon profumo della carità e contribuire all’attuarsi di quella ‘Divina storia per amore’ a cui amava far riferimento il Fondatore” dell’Istituto. Il cardinale Barbarigo – scrive il Papa – già tre secoli fa era impegnato “nella promozione sociale della donna”.  Così le Suore del Divino Amore sono chiamate anche “oggi ad aiutare le donne in difficoltà a riscoprire la loro dignità secondo il progetto di Dio e la loro vocazione all’amore. Riconoscere il giusto ruolo della donna nella società – ha aggiunto il Papa – contribuisce a tutelare i valori della famiglia, della vita e della pace”. “Non cessate ha concluso Giovanni Paolo II -  di promuovere un’autentica spiritualità di comunione, che tragga ispirazione e sostegno dal mistero sublime della SS. Trinità. A quella Fonte divina attingete il calore della carità che siete chiamate a trasmettere attraverso le varie attività … di catechesi, di formazione negli oratori giovanili, nelle scuole professionali … di assistenza nelle case-famiglia per donne sole con figli e nei centri di accoglienza e ascolto per persone deboli ed emarginate”. Le Suore del Divino Amore sono oltre 120 con 16 case.

 

 

L’IMPERATIVO PER OGNI CREDENTE DI PARLARE OVUNQUE DI CRISTO,

 RACCOGLIENDO LA SFIDA SENZA SCORAGGIARSI,

IN UN MONDO CHE MANIFESTA UNA GRAVE CRISI DI SENSO

- Intervista con Mario Marazziti -

 

Parlare di Cristo in ogni ambiente e circostanza: “un dovere che nessun credente può ignorare” : lo ha ribadito ieri Giovanni Paolo II, ricevendo i vescovi neozelandesi. Il Papa sprona ad uscire dall’intimismo e da una fede vissuta soltanto all’interno della propria comunità, questo per contrastare la “crisi di senso” che sembra permeare il mondo, mondo che ha urgente “bisogno – ha sottolineato il Santo Padre - del messaggio liberante di Cristo”. Allora come raccogliere concretamente questo appello, pensando anche all’attualità internazionale che sconcerta e spaventa. Roberta Gisotti lo ha chiesto al dott. Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio.

 

**********

R. – E’ un invito a fare del Vangelo il pilastro della propria vita. Quindi non solo le parole del Vangelo, ma l’essenza e l’essenza del Vangelo è il rapporto con Gesù, il rapporto anche con Gesù debole, amico dei poveri, Gesù disarmato, Gesù che vive senza nemici in un mondo dove la paura oggi sembra dominante e dove la tentazione di creare dei nemici e di vedere ovunque delle persone di cui diffidare, di fare di persone che non si conoscono dei capri espiatori è una forte tentazione.

 

D. - Giovanni Paolo II denuncia una società permeata da un esagerato indivi-dualismo, che sta sperimentando le tragiche conseguenze dell’eclissi del senso di Dio. Difficile però non scoraggiarsi rispetto all’ondata montante di negatività…..

 

R. – Io non credo che per i cristiani e per un cristiano come Giovanni Paolo II il problema sia scoraggiarsi o non scoraggiarsi. Non è il problema della sfida tra pessimismo ed ottimismo, tra illusione e disillusione. Quello a cui chiama Giovanni Paolo II – e non certo da oggi – è vivere un cristianesimo adulto, un cristianesimo che si assume con forza la responsabilità di questo tempo. Ogni generazione ha avuto le sue difficoltà nel vivere il proprio tempo e nel convertire se stessa e se stessi proprio alla speranza, all’amore, alla comprensione dell’altro che c’è nel Vangelo. Giovanni Paolo II, che ha sempre avuto a cuore il problema di come essere cristiani anche nel mondo occidentale ed anche in un mondo del benessere, richiama oggi al senso e non ai surrogati. Questa è la sfida di sempre, è la sfida di essere santi, è la sfida di essere vicini a Gesù, è la sfida a non accontentarsi meno che di assomigliare un po’ più a Gesù e alla sua misericordia. 

 

D. - Il Papa stigmatizza infine “una visione della vita che cerca il piacere e il successo piuttosto che il bene e la saggezza”, che aggiungiamo noi viene accreditata con enfasi da massima parte dei media….

 

R. – I modelli dominanti, non c’è dubbio, sono i modelli che enfatizzano forza, potere, successo, denaro e consumo. Noi viviamo immersi dentro questo modello ed è inutile nascondercelo. Il problema è non esserne schiacciati: rimettere al centro la preghiera, che significa costruire ogni giorno un rapporto personale con Gesù. Io credo che in questo modo i cristiani possano essere cristiani critici e cristiani seri che si pongono, con simpatia, i problemi del mondo, senza essere per questo disperati.

**********

 

 

I SONETTI E LE BALLATE DI KAROL WOJTYLA, COMPOSTI ALLA VIGILIA DELLA GUERRA,

RACCOLTI E PUBBLICATI IN ITALIANO NELL’ANTOLOGIA “LE POESIE GIOVANILI”,

CURATA DA MARTA BURGHARDT, DOCENTE ALLA LUMSA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

E’ da oggi in libreria una nuova produzione letteraria di Giovanni Paolo II. Si tratta delle sue “Poesie giovanili”, raccolte nel volume omonimo pubblicato dalla Edizioni Studium, in collaborazione con la Lumsa, la Libera Università  Maria SS. Assunta. L’antologia è stata curata e tradotta per la prima volta in italiano dalla prof.ssa Marta Burghardt, docente di linguistica alla Lumsa, dopo anni di ricerche e di studi, allo scopo - si legge nell’Introduzione – di “ricostruire il contenuto e il pensiero di Karol Wojtyla”. Sul contenuto del libro, che presenta di ogni componimento il testo polacco a fronte, ascoltiamo il servizio di Alessandro De Carolis.

 

**********

Un “trovatore slavo”, appena ventenne, con le mani da operaio sporche della polvere della cava di pietra dove lavora, e l’ingegno fertile che sa comporre versi densi di spiritualità e di amore per il proprio Paese, la Polonia, attesa di lì a poco, con l’invasione dell’esercito tedesco, dalla stagione della paura e del sangue. Nascono a Cracovia, tra la primavera e l’estate del 1939, la maggior parte delle “Poesie giovanili” di Karol Wojtyla, finora – tranne qualche rara eccezione – sconosciute al pubblico italiano. Nel volume, corredato dall’epistolario dell’epoca, in più parti il giovane autore fa la sua dichiarazione d’intenti artistica. Con un spirito che rivista in chiave romantica i palpiti patriottici che lo pervadono davanti al profilarsi degli scenari di guerra, Karol Wojtyla ha ben chiaro il ruolo del Poeta, che sente il suo ruolo, talento personale e insieme dono divino: “Io non sono un cavaliere della spada, ma come artista vorrei costruire il Suo teatro e la poesia, con l’entusiasmo e l’estasi, con tutta la mia anima slava, con tutto il mio zelo e l’amore”, scrive in una lettera a Mieczysław Kotlarczyk, suo professore ai tempi del ginnasio.

 

In questa frase ci sono tutti gli elementi che verranno distillati dalla voce interiore, dalle rime e dalle cadenze dei suoi 17 Sonetti, delle ballate dallo stile classicheggiante, dove senso epico e vigore spirituale celebrano fasti e drammi del passato polacco, nei quali si coglie in filigrana il dolore per gli ultimi eventi bellici, ma anche la speranza. Quali sono dunque le caratteristiche di questi versi rimasti nascosti per 50 anni, ritenuti in un primo tempo dallo stesso autore “artisticamente immaturi”? Il parere del prof. Paolo Martino, docente di Glottologia e Linguistica alla Lumsa:

 

R. – Dal punto di vista letterario si inseriscono nel clima letterario dell’epoca. C’è una forma di simbolismo ed ermetismo e proprio per questo sono di difficile lettura. Sono dei versi densi, nei quali si mescola una ispirazione cristiana con uno spirito slavo. E’ la “slavia” con tutta la sua tradizione culturale che viene rivissuta alla luce di questa prospettiva cristiana. In più si aggiunge come tematica di fondo la classicità, la classicità greco-latina. Lo splendore del mondo classico rivive, trasformato, in queste poesie.

 

Non è questa la sede per un’analisi approfondita dell’opera poetica del giovane Karol Wojtyla. Una cosa colpisce però leggendo i suoi versi, che i suoi contemporanei giudicarono poco comprensibili: un limpido senso di premonizione. Il giovane operaio e studente, in modo imponderabile, presagisce qualcosa del futuro che l’attende. O meglio, i presentimenti contenuti nei suoi versi - come si legge nell’antologia - “si realizzano pienamente nella persona che li ha scritti”. Come dimostra questo passaggio, tratto dal “Convivio”, quando il poeta dialoga con l’Onnipotente:

 

“Vorrei attraverso maggesi portare la Tua eredità paterna,

che questa voce sia accolta dappertutto fra le genti!”

 

O, in modo ancor più netto, nell’incipit del Sonetto 14.mo, quando l’autore contempla il volo libero di un pellicano:

 

“[…] Occorre un’anima così, che getti ai piedi sofferenti che prenda il calice [del Vino

e vada a dissetare coloro che anelano al Pane e al Sangue del Signore.

Occorre un’anima così, che getti ai piedi sofferenti dei neri crocifissi dei

[martiri il bocciolo della fiaccola,

che confessi il dolore del mondo, districhi il peso della disgrazia

e allunghi la mano verso l’Amore dalle mani crocifisse […]”

 

Quell’anima si forgia già da quelle metriche e si prepara al destino straordinario che ancora non conosce. Lo fa mai con pessimismo, ma con la fiducia riposta in alto, che le permette di “vedere”, oltre l’orizzonte scuro del suo tempo, una strada di pace:

 

“So che il secolo richiede spirito di contraddizione e volontà,

per poter fiorire nell’arbusto, nell’Amore e nella Libertà,

so che richiede dei canti che calmino il dolore,

e intreccino una ghirlanda di fiordaliso – melodia mite

                                                              (Convivio, vv. 101-104)

**********

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Santo Padre ha ricevuto oggi a Castel Gandolfo alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Pacifico, in visita "ad Limina”.

 

Sempre oggi il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Sassari mons.  Paolo Mario Virgilio Atzei, dell’Ordine Francescano dei  Frati Minori  Conventuali, finora vescovo di Tempio-Ampurias.           Mons.  Atzei è nato a Mantova il 21 febbraio 1942 ed è stato ordinato sacerdote il 18 dicembre 1966. Dal 1985  al 1993 ha esercitato l’ufficio di ministro provinciale dei Frati Minori Conventuali in Sardegna. È stato assistente di Azione Cattolica e membro della segreteria del Concilio Plenario Sardo. Ha ricevuto  la consacrazione episcopale il 28 marzo 1993. Dal 1995 è membro della Commissione Episcopale della CEI per il clero e la vita consacrata.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'Iraq: a Baghdad, causata da un'autobomba, si è consumata un'altra strage.

 

Nelle vaticane, il messaggio di Giovanni Paolo II alla Superiora generale delle Suore del Divino Amore, in occasione del terzo centenario di fondazione. 

Una pagina, a cura di Giampaolo Mattei, ad un mese dalla visita di Giovanni Paolo II a Lourdes.

 

Nelle estere, Russia: Beslan straziata riapre le sue scuole; faticoso sforzo di superare l'orrore e di riaffermare i diritti della normalità.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Giovanni Velocci sul primo volume dell'epistolario di sant'Alfonso M. de Liguori.

Nell'"Osservatore libri" un approfondito contributo di Marco Testi in merito al volume "Il pellegrino appassionato" di Paolo Italia che offre un ritratto letterario dell'artista Alberto Savinio.

 

Nelle pagine italiane, volontarie rapite in Iraq: si spera nella diplomazia; altri significativi appelli dal mondo musulmano.

 

=======ooo=======

 

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

14 settembre 2004

 

 

OGGI 14 SETTEMBRE, LA CHIESA CELEBRA LA FESTA

DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

- Intervista  con padre Tito Zecca -

 

Oggi, 14 settembre, la Chiesa celebra la festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Giovanni Peduto ne ha parlato con il sacerdote passionista, padre Tito Zecca, professore di teologia spirituale alla Lateranense. Il carisma dei Padri Passionisti, fondati da San Paolo della Croce, è per l’appunto incentrato sulla mistica della Croce. Ma come e quando è nata questa festa? 

 

**********

R. – Questa festa è nata dopo la scoperta della Santa Croce, fatta da Sant’Elena nei pressi del Monte Calvario a Gerusalemme. Questo rinvenimento fu un segno di gioia per tutta la cristianità e da allora questa scoperta è stata vista, sentita avvertita, celebrata come una Pasqua.

 

D. – Nella società odierna è una festa che si comprende sempre meno…

 

R. - Purtroppo sì, perché la Croce in genere non viene molto compresa. Basti pensare al dibattito sul tenere o no il crocifisso nelle aule pubbliche, nei tribunali, nelle scuole. Però, paradossalmente, queste discussioni di tipo giuridico fanno anche capire che la nostra civiltà è basata sulla Croce di Cristo.

 

D. – Cosa si può dire per farla capire di più?

 

R. – Prima di tutto la buona testimonianza che la Croce è albero di vita ed è manifestazione dell’amore di Dio.  Non è qualche cosa di “orrorifico” da imporre agli altri, ma Dio ha tanto amato il mondo dare il suo Figlio unigenito e ce lo ha dato sulla Croce.

 

D. – Cosa vuol dire Gesù quando ci invita a portare la nostra croce ogni giorno?

 

R. – Significa vivere la sua volontà, realizzare per noi quello che Lui stesso ha compiuto: fare la volontà di Dio e quindi salvarci redimendo noi stessi e il mondo. Questo significa portare la propria croce.

 

D. – Il cristiano è chiamato ad una testimonianza gioiosa del Vangelo. C’è a volte il rischio di una fede cosiddetta dolorista?

 

R. – Forse in passato molto di più, adesso un po’ di meno perché realmente la comprensione della manifestazione amorosa di Dio attraverso la Croce non è più vista in modo doloristico. Del resto lo diceva anche Sant’Ambrogio: noi facciamo il segno della Croce sulla nostra fronte, sul nostro cuore, sulle nostre spalle. Sulla nostra fronte perché dobbiamo sempre confessare Gesù Cristo, sul nostro cuore perché dobbiamo sempre amarlo, sulle nostre spalle perché dobbiamo sempre lavorare per Lui. Quindi il lavoro se comporta anche fatica, sofferenza ben venga, ma il tutto è sempre illuminato e sostenuto dall’amore.

 

D. – Padre Tito, vuol dirci qualcosa sulla sua esperienza personale della Croce?

 

R. – La mia esperienza personale è portare me stesso, accettare me stesso, accettandomi così come sono, proiettandomi nel miglioramento, nel crescere verso l’amore di Dio. Significa questo portare la mia croce attraverso le sofferenze fisiche, le incomprensioni, la fatica di ogni giorno, il rischio dell’apostolato, tutto quello che comporta una vita sacerdotale di testimonianza. La mia croce la porto insieme con Gesù, ma è Lui che sostiene la mia.

**********

 

 

COLOMBIA: RINVIATA AD OGGI LA GRANDE MARCIA DEGLI INDIOS

PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI

- Intervista con Francesco Martone -

 

La presenza dei paramilitari di destra lungo i 100 chilometri del percorso della Carretera Panamericana, da Santander de Quilichao a Cali, ha fatto rinviare ad oggi la grande marcia degli indios che vivono nella valle del Cauca, prevista ieri in Colombia. Le comunità indigene chiedono la difesa dell’autonomia territoriale ed il rispetto dei diritti umani. Forte anche la protesta contro la politica neoliberista del presidente Uribe. Quali altri motivi dietro questa iniziativa popolare? Giancarlo La Vella al parlamentare italiano Francesco Martone, segretario della Commissione Diritti Umani del Senato:

 

**********

R. - Leggendo l’appello per la marcia è evidente un punto, e cioè che i movimenti indigeni hanno aperto una coalizione più allargata con gli altri movimenti sociali e contadini. Quindi, anzitutto c’è un allargamento della base politica. Questo è un elemento molto importante, poiché oggi i popoli indigeni sono altrettanto vulnerabili che le altre popolazioni contadine, schiacciate da una parte dalla scelta di guerra totale del governo Uribe, dall’altra dall’attività dei paramilitari e della guerriglia. Nello stesso appello della marcia si fa riferimento non soltanto al governo Uribe, che sta anche rivedendo la Costituzione del ’91 in termini peggiorativi per quanto riguarda i diritti dei popoli indigeni, ma si fa anche appello alle forze della guerriglia, perché vengano rispettati l’integrità fisica dei popoli indigeni, il loro territorio, e venga eseguito anche il diritto umanitario per quanto riguarda le operazioni militari.

 

D. – Di fatto c’è il rischio che questa iniziativa degli indios venga poi osteggiata anche violentemente dalle altre forze politiche del Paese?

 

R. – Certo, continuano a sussistere tutta una serie di rischi, di tensioni e di conflitti a livello locale, che certamente dimostrano non soltanto l’inefficacia politica, ma anche il contrasto che la politica di Uribe ha nei confronti dei diritti umani delle popolazioni locali.

 

D. – Senatore Martone, la Colombia è uno dei Paesi più violenti al mondo. Come fare secondo lei per riprendere in qualche modo la via del dialogo, se non addirittura della pacificazione?

 

R. – Anzitutto, seguire una linea politica. Il governo precedente, Pastrana, aveva cercato di creare un’apertura diplomatica e di interlocuzione. Linea, questa, prontamente rinnegata poi dal governo Uribe. Secondo, poi, cercare di tutelare e proteggere le classi più vulnerabili, ma soprattutto avviare all’interno dei Paesi un processo di riconciliazione che non può passare che attraverso la ricerca della verità, il risarcimento dei danni provocati da questi 40 anni di conflitto, e che può essere senz’altro appoggiato anche dalla comunità internazionale. Purtroppo oggi la linea scelta da Uribe, sotto la falsa spoglia della guerra al narcotraffico, della lotta al terrorismo, di fatto allontana questa ipotesi di soluzione negoziale, diplomatica e non violenta.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

14 settembre 2004

 

IL RWANDA HA BISOGNO DI TEMPO PER COSTRUIRE UN VERO FUTURO DI PACE.

COSI’ IL VESCOVO DI NYUNDO, PARLANDO DELL’IMPEGNO DELLA CHIESA

NEL PROCESSO DI RICONCILIAZIONE

 

KIGALI. = “La riconciliazione nazionale è una sfida per tutti i rwandesi e la Chiesa offre il suo contributo”. E’ ha quanto ha dichiarato all’agenzia Fides mons. Alexis Habiyambere, vescovo di Nyundo e presidente della Conferenza Episcopale rwandese. A 10 anni dal genocidio che ha provocato almeno 1 milione di vittime, il Paese africano sogna, dunque, un futuro di pace. “Dieci anni sono ancora troppo pochi per una piena riconciliazione e una vera ricostruzione del tessuto sociale – ha sottolineato il presule – ma questo non ci scoraggia e anzi ci sprona ad agire per la pace”. “Bisogna essere pazienti – ha aggiunto – e dare tempo al tempo, pensando al futuro delle nuove generazioni”. In questo processo di normalizzazione, la Chiesa cattolica ritiene un impegno fondamentale, attraverso molteplici attività, superare le divisioni che hanno portato al crimine del genocidio. “Esiste poi – ha concluso il presidente della Conferenza Episcopale del Rwanda - la dimensione regionale del nostro impegno di pace. I vescovi di Rwanda, Burundi, Repubblica Democratica del Congo, infatti, si riuniscono regolarmente nell’ambito dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Centrale (Aceac) e offrono il contributo della Chiesa per risolvere i conflitti che affliggono la regione dei Grandi Laghi”. (B.C.)

 

 

LE AUTORITA’ NON NASCONDANO LA VERITA’ SULLA PILLOLA ABORTIVA.

I VESCOVI MESSICANI ESPRIMONO VIVA PREOCCUPAZIONE

PER LA DISTRIBUZIONE LIBERA DEL FARMACO IN TUTTE LE FARMACIE DEL PAESE

 

CITTA’ DEL MESSICO. = I vescovi messicani chiedono alle autorità di informare la popolazione sulle controindicazioni della pillola abortiva, dopo la concessione della libera distribuzione in tutte le farmacie del Paese. “Di fronte ad una società che offre ampio spazio al pluralismo delle idee – spiega il vescovo di Matehuala e presidente della Commissione episcopale per la pastorale familiare, mons. Rodrigo Aguilar Martínez – si perde il senso della verità. Ne è testimonianza il fatto che non c’è informazione sugli effetti negativi che genera il farmaco”. “Tenuto conto delle indagini scientifiche, in particolare quelle che indicano le pericolosità della pillola – aggiunge il presule – non si spiega perché non vengano comunicati alla cittadinanza i rischi che si incorrono in caso di assunzione e si nasconda la verità”. “E’ un dialogo tra sordi e le istituzioni si rifiutano di rendere pubblici i risultati della scienza, secondo cui l’anticoncezionale di emergenza è abortivo e pericoloso”: evidenzia mons. Aguilar. Poi un appello ai giovani: “Promuovete la nobiltà della sessualità, intesa come frutto dell’amore all’interno del matrimonio” e una conferma: “La Chiesa cattolica rimarrà sulle sue posizioni e non cambierà idea sulla pillola del giorno dopo”. Il vescovo di Aguascalientes, mons. Ramón Godínez Flores, segnala, infine, che “proseguirà il confronto con i vertici della sanità per evitare la commercializzazione del contraccettivo”. “Per due ragioni – specifica – la prima perché mina l’unità familiare e la seconda perché provoca la morte dei nascituri”. (D.D.)

 

 

CONFERENZA STAMPA QUESTA MATTINA DELL’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA,

 A MARGINE DELL’INCONTRO ANNUALE DEI SACERDOTI.

NELL’OCCASIONE L’ARCIVESCOVO CAFFARRA HA ANNUNCIATO,

 PER VENERDI’ IN CATTEDRALE, UN MOMENTO DI PREGHIERA

CON GLI STUDENTI DELLA CITTA’ PER I BAMBINI MORTI IN OSSEZIA

- A cura di Stefano Andrini -

 

**********

BOLOGNA. = Orientare il ministero pastorale alla ri–generazione del soggetto cristiano. È questa la finalità della prima nota di mons. Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, presentata alla tre-giorni del clero.L’atteggiamento fondamentale che intendiamo dare al nostro ministero – ricorda l’arcivescovo nel documento – è anche la risposta ad una sfida culturale senza precedenti: prendersi cura di ciò che di più prezioso esiste in questo universo – la persona umana – dentro ad una cultura che largamente ha smarrito la consapevolezza di questa dignità. Mons. Caffarra indica poi i tre principali luoghi dove la rigenerazione del soggetto cristiano deve avvenire: la famiglia, la parrocchia, la scuola. “Esiste in molte famiglie, osserva, una sorta di ‘scoraggiamento’: educare oggi non è difficile, sta diventando impossibile, sembrano pensare molti genitori. Per questo, è necessario rifondare il patto educativo con la Chiesa”. “Penso alla parrocchia – afferma mons. Caffarra – come al luogo in cui è stato dato all’uomo e alla donna di essere reintegrati, ricollocati dentro ad una esperienza di comunione, di affezione vera”. Che è poi il significato più profondo dell’espressione che la parrocchia è una comunità. Per quanto riguarda la scuola, c’è una diffusa “domanda educativa”, dalla cui risposta la scuola non può sentirsi estranea. In questo contesto, aggiunge l’arcivescovo, la “neutralità” della comunità cristiana nei confronti del sistema scolastico sarebbe un errore imperdonabile. Un esempio: l’insegnamento della religione cattolica che deve diventare sempre di più la comunicazione di una dimensione costituiva dell’identità del nostro popolo, perché lo è della nostra cultura. Ma l’interesse nei confronti dell’istituzione scolastica statale da parte della comunità cristiana non può fermarsi qui: deve realizzarsi, conclude l’arcivescovo, come una corresponsabilità nella proposta educativa, secondo una autentica concezione di laicità, la quale consente che nella scuola dello Stato anche l’ipotesi educativa cristiana, al pari di altre, sia ugualmente libera di proporsi.

**********

 

 

NELLE FILIPPINE COMPIE 20 ANNI SILSILAH,

UN MOVIMENTO CHE OPERA ASSIDUAMENTE

NEL DIALOGO TRA LE PERSONE DI DIVERSA CONFESSIONE RELIGIOSA.

SIGNIFICATIVE ANCHE LE INIZIATIVE PER I GIOVANI

 

MANILA. = Buon compleanno Silsilah. Ha compiuto 20 anni, infatti, uno dei più importanti movimenti per la pace delle Filippine, che promuove una più profonda conoscenza e migliori rapporti tra persone di credo diverso. Secondo la parola araba che significa “catena”, esso unisce varie popolazioni del Paese ed è un’organizzazione che concretamente prepara il terreno per trovare la via della pace a Mindanao. All’inizio, ricorda al microfono di Asianwes il fondatore, padre Sebastiano D’Ambra del PIME, “era il mio modo di condividere l’esperienza di dialogo e di pace con i miei amici cristiani e musulmani. Ciò richiedeva coraggio, determinazione, fede e speranza”. Il primo seme del movimento, in realtà, è stato piantato nel 1977, quando padre D’Ambra fu inviato in missione a Siocon, in Zamboanga del Norte, a Mindanao. “E’ stato lì – sottolinea che ho sperimentato il conflitto e la divisione tra musulmani e cristiani. E’ stato lì che è nato nel mio cuore il grande desiderio di divenire un ponte di pace”. Il momento più difficile nella vita di Silsilah fu il 20 maggio 1992, quando padre Salvatore Carzedda, cofondatore del movimento, fu ucciso. Per padre D’ambra, comunque, il lavoro doveva andare avanti: “gli ostacoli nella vita sono sempre occasione per rafforzare l’impegno, la convinzione e la missione”. Dopo venti anni i membri di Silsilah sono diverse centinaia. Silsilah ha anche contribuito a istituire una comunità di donne cristiane, laiche, fondata nel 1987 a Zamboanga City, che vive un carisma basato sulle beatitudini e una spiritualità di ‘vita nel dialogo’. Con i giovani ha dato vita al “Media for Dialogue and Peace”. (B.C.)

 

 

10.000 MORTI AL MESE NEI CAMPI PROFUGHI DEL DARFUR:

LO RIFERIESCE L’ULTIMO STUDIO DELL’OMS

SULLA SITUAZIONE NELLA TORMENTATA REGIONE SUDANESE.

I BAMBINI I PRIMI A PAGARE LE CONSEGUENZE DI QUESTA DRAMMATICA REALTA’

 

GINEVRA. = Nei campi di raccolta di profughi della tormentata regione sudanese del Darfur, nonostante gli aiuti internazionali, muoiono fino a diecimila persone al mese, molte delle quali bambini, a causa di malattie o per violenze umane. E’ quanto riferisce uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), pubblicato ieri a Ginevra. Ogni mese tra 6.000 e 10.000 persone continuano a morire nel Darfur, mentre il tasso “normale” di mortalità per una popolazione di una regione povera dell’Africa è di circa 1500 al mese. Oltre alla diarrea, i decessi sono causati da febbre, polmonite, violenza e ferite. “I risultati di questa inchiesta – ha affermato David Tabarro dell’Oms – sono fonte di grave preoccupazione e di tristezza per noi. Sono molto alti, sono tassi che si registrano nel corso di una grave crisi umanitaria. Dobbiamo fare di più”. I dati sono frutti di un’inchiesta condotta dall’Oms tra metà giugno e metà agosto, presso circa 9 mila persone. I risultati, tuttavia, non sono completi. A causa dell’insicurezza nella regione, infatti, gli esperti dell’Oms non hanno potuto recarsi ovunque. (B.C.)

  

 

=======ooo=======

 

24 ORE NEL MONDO

14 settembre 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Ancora una strage in Iraq: una forte esplosione ha scosso, stamani, il centro di Baghdad. Secondo il ministero della Sanità iracheno la deflagrazione ha causato la morte di almeno 47 persone. Su questo ennesimo episodio di violenza ci riferisce Amedeo Lomonaco:

 

**********

L’esplosione ha investito un affollato mercato e aveva come obiettivo un vicino commissariato di polizia, utilizzato come centro di arruolamento. L’attentato è avvenuto nella centrale zona di Haifa Street, già teatro domenica scorsa di furiosi combattimenti tra soldati americani e guerriglieri. Resta ancora da chiarire se la deflagrazione sia stata provocata da un’autobomba o da un colpo di mortaio. Baghdad è stata anche teatro, poco fa, di una nuova esplosione ma su questo episodio, al momento, non ci sono ulteriori informazioni. In Iraq, dove uomini armati hanno ucciso tredici poliziotti in un attacco compiuto a Baquba, il drammatico capitolo relativo ai sequestri si arricchisce, intanto, di rilevanti sviluppi. Sul rapimento di Simona Pari e di Simona Torretta e di due volontari iracheni, il ministro italiano degli Esteri Franco Frattini, che oggi è arrivato ad Abu Dhabi per proseguire la propria missione diplomatica nel Golfo Persico, ha detto di aver “ricevuto un importante contributo informativo sulla vicenda”. L'Australia ha attivato, inoltre, un piano approvato dal Comitato di sicurezza nazionale, per affrontare il presunto sequestro di due cittadini australiani rapiti, secondo quanto riferito ieri da un’organizzazione islamica, insieme a due asiatici a nord di Baghdad. Agghiaccianti immagini sono state poi pubblicate su un sito internet dove è stato diffuso il drammatico video dell’uccisione di un camionista turco assassinato lo scorso mese di agosto. Ed in seguito alla sempre più intricata situazione dei due giornalisti francesi tenuti in ostaggio nel Paese arabo dal sedicente ‘Esercito islamico’, sono state annullate le previste visite del presidente iracheno, Al Yawar, a Strasburgo al Parlamento europeo e a Parigi. Un portavoce del ministero degli Esteri di Ottawa ha annunciato che è stato liberato un reporter canadese, preso in ostaggio cinque giorni fa da un gruppo di estremisti islamici. La Turchia, infine, si è dichiarata pronta a cessare la collaborazione con gli Stati Uniti se le truppe americane non fermeranno gli attacchi contro la città irachena di Tal Afar, a maggioranza turcomanna.

**********

 

E della situazione in Iraq ieri si è parlato anche a Madrid, nel vertice tra il premier spagnolo Rodriguez Zapatero, il presidente francese Jacques Chirac ed il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder. I tre leader hanno sottolineato che è nata “un’Europa nuova”. Da Madrid, il servizio di Monica Uriel:

 

**********

Zapatero ha rotto così l’alleanza di Madrid con gli Stati Uniti durante gli otto anni di governo Aznar. La nuova politica di Zapatero, ha detto Jacques Chirac, permette alla Spagna di tornare nel cuore delle decisioni politiche europee. Senza il governo socialista spagnolo – ha sottolineato Gerard Schroeder – non si sarebbe giunti alla decisione sulla Costituzione europea. Il vertice della Moncloa verte sul cambiamento della politica estera spagnola, avvenuto con la vittoria di Zapatero, il quale, appena arrivato alla Moncloa, ordinò il ritiro delle truppe dall’Iraq. Adesso i tre Paesi hanno posizioni sull’Iraq quasi allineate. Chirac ha detto che “l’Iraq è ormai un vaso di Pandora che non riusciamo a chiudere”. Sul terrorismo tutti e tre hanno ammesso che è una minaccia globale che non risparmia nessuno e che solo la solidarietà e la cooperazione internazionale possono permettere di affrontarlo. Madrid, Parigi, Berlino sono d’accordo anche su una rapida ratifica della Costituzione europea. “Avete davanti a voi tre europeisti ferventi”,  ha detto Zapatero.

 

Da Madrid, Monica Uriel.

**********

 

Due razzi hanno colpito la base delle forze di sicurezza pachistane a Wana, nel Sud Waziristan, uccidendo un soldato e ferendone altri 3. Lo riferiscono fonti anonime dell’intelligence di Islamabad. Negli ultimi giorni la regione, che è al confine con l’Afghanistan, è stata teatro di violenti scontri tra le autorità pakistane e miliziani islamici legati ad Al Qaeda.

 

In Medio Oriente, il Consiglio di difesa del governo israeliano ha approvato, stamani, il piano per il risarcimento dei coloni che saranno evacuati dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania settentrionale. Dopo l’odierna decisione, il piano sarà sottoposto al voto , il prossimo mese, del Consiglio dei Ministri e il 3 novembre del Parlamento. Il premier dello Stato ebraico Ariel Sharon ha intanto dichiarato, in un’intervista rilasciata al quotidiano israeliano ‘Yediot Aharonot’, che “il presidente palestinese Yasser Arafat verrà espulso dai Territori”.

 

Dopo l’ondata terroristica culminata nella strage di Beslan, il presidente russo Putin rafforza i propri poteri. Le riforme annunciate ieri – che prevedono la nomina di un inviato per il Caucaso del nord e la designazione di tutti i leader delle 89 amministrazioni locali – hanno provocato un’accesa discussione, e lo stesso Gorbaciov, ex capo del Cremlino, le ha definite “incostituzionali”. Su questa “ricostruzione radicale”, come lo stesso Putin l’ha definita, Andrea Sarubbi ha raccolto il commento di Sergio Canciani, corrispondente del Tg1 a Mosca:

 

**********

R. – Si potrebbe dire, a prima vista, che se questo si realizzasse potrebbe portare la Russia a quel sistema che viene definito “democratura”, cioè democrazia non compiuta con un tocco ancora di dittatura. C’è il timore di una specie di autogolpe. Una nuova Costituzione che limiti, soprattutto, non tanto i diritti dei singoli quanto i diritti delle realtà locali e della cosiddetta società civile. C’è anche da dire, però, che se Putin vuole una riforma della Costituzione, gli alleati del suo partito alla Duma raggiungono i due terzi dei voti necessari e cioè la maggioranza assoluta.

 

D. – Tu credi che questo accentramento di poteri da parte di Putin possa aiutarlo veramente a risolvere il problema della Cecenia?

 

R. – Putin è già molto potente e può manovrare molte cose e sono diversi i timoni che può tenere in mano, da solo, con la sua autorevolezza sia di capo di Stato, sia di comandante supremo delle forze armate. E’ anche forte del sostegno dell’opinione pubblica. Che possa poi arrivare ad una normalizzazione della Cecenia in tempi brevi, questo è discutibile. Ha tentato già tante volte e non c’è mai riuscito, nonostante abbia fatto eleggere suoi uomini nella repubblica caucasica. Il problema è che in Cecenia si combattono anche guerre tribali. Ci sono conflitti aperti tra criminali comuni e tra gente molto corrotta. La corruzione è un altro problema che Putin dovrà risolvere.

**********

 

In Giappone un uomo, che nel 2001 ha ucciso otto alunni di una scuola elementare è stato impiccato. Con lui un altro detenuto, anch’egli condannato a morte, ha subito la stessa sorte. L’ultima impiccagione, nel Paese asiatico, risale al 12 settembre 2003. La pena di morte, secondo i sondaggi di opinione commissionati dal governo, riceve i consensi dell’80 per cento della popolazione, ma negli ultimi anni il numero dei favorevoli alle esecuzioni capitali sta lentamente calando, soprattutto di fronte alla possibilità di un effettivo inasprimento della condanna all’ergastolo.

 

In Indonesia, il presidente Megawati Sukarnoputri ha annunciato lo stato di “massima allerta” nel Paese in vista della fase finale della campagna elettorale per il secondo turno delle votazioni presidenziali, previste il prossimo 20 settembre. A contendersi la più alta carica, il generale Yudhoyono, ex ministro della Difesa, ed il capo di Stato uscente Megawati.

 

Il presidente cubano, Fidel Castro, non è più nell’occhio del ciclone. Il “leader maximo”, che aveva rifiutato l’offerta di aiuti dagli Stati Uniti, può tirare un sospiro di sollievo: il temutissimo uragano Ivan, che ha già causato la morte di almeno 50 persone ed ingenti danni materiali nei Caraibi, ha cambiato rotta e si è allontanato dalle coste cubane. Ivan si sta ora dirigendo verso il Messico e nello Yucatan le autorità locali hanno deciso l’evacuazione di almeno 10 mila persone.

 

 

=======ooo=======