RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
256 - Testo della trasmissione di domenica 12 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Oltre
100 le vittime degli scontri a Port Harcourt, in Nigeria
Nuovo ultimatum per le due volontarie italiane
rapite in Iraq: violenti scontri con morti e feriti al centro di Baghdad
Il programma nucleare iraniano di nuovo all’esame
dell’ONU
12 settembre 2004
VEGLI MARIA SULL’UMANITA’ IN QUEST’ORA
SEGNATA DA
SCONVOLGENTI ESPLOSIONI DI VIOLENZA:
COSI’ IL PAPA OGGI ALL’ANGELUS A CASTEL GANDOLFO
Il Papa ha invitato oggi i cristiani
ad essere testimoni del Vangelo per ridare speranza al mondo in cerca di pace.
Durante l’Angelus nel cortile del Palazzo Apostolico, alla presenza di alcune
centinaia di fedeli, è quindi tornato a pregare Maria, perché “vegli
sull’umanità in quest’ora segnata da sconvolgenti esplosioni di violenza.” Il
servizio di Sergio Centofanti.
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Secondo un’antica
tradizione si celebra oggi la festa del Nome di Maria. “Legato
indissolubilmente a quello di Gesù - ha detto Giovanni Paolo II - questo nome è
per i cristiani il più dolce, perché a tutti ricorda la Madre comune. A Lei
Gesù morente ci ha tutti affidati come figli”.
“Vegli Maria sull’umanità in quest’ora segnata da
sconvolgenti esplosioni di violenza. Vegli specialmente sulle nuove generazioni,
desiderose di costruire un futuro di speranza per tutti”.
Il Papa ha sottolineato di aver
colto “questa viva aspirazione ad un mondo di giustizia e di pace anche nei
ragazzi, nei giovani e negli adulti dell’Azione Cattolica Italiana” che ha
incontrato domenica scorsa a Loreto in occasione del loro pellegrinaggio
nazionale, culminato nella proclamazione di tre nuovi Beati: Alberto Marvelli,
Pina Suriano e Pietro Tarrés i Claret.
Ricordando la loro
testimonianza, Giovanni Paolo II ha richiamato le tre consegne che a Loreto ha
affidato all’Azione Cattolica: “la ‘contemplazione’ per camminare sulla strada
della santità; la ‘comunione’ per promuovere la spiritualità dell’unità; la
‘missione’ per essere fermento evangelico in ogni luogo”.
“La Madonna - ha continuato -
aiuti l’Azione Cattolica a proseguire con entusiasmo nel proprio impegno di
testimonianza apostolica, operando sempre in stretto legame con la Gerarchia, e
partecipando in modo responsabile alla pastorale parrocchiale e diocesana”.
La Chiesa - ha aggiunto - conta
sull’attiva presenza dell’Azione Cattolica e sulla sua fedele dedizione alla
grande causa del Regno di Cristo. E all’Azione Cattolica – ha concluso il Papa
– “guardo con grande fiducia anch’io e ne incoraggio tutti i membri ad essere
generosi testimoni del lieto annuncio evangelico, per ridare speranza
all’odierna società in cerca di pace”.
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12
settembre 2004
PROFONDO
CORDOGLIO IN TUTTA LA CRISTIANITA’
PER LA
SCOMPARSA DEL PATRIARCA ORTODOSSO DI ALESSANDRIA D’EGITTO
PIETRO VII, MORTO IERI IN UN INCIDENTE D’ELICOTTERO CON ALTRE 16 PERSONE
- Intervista col metropolita Gennadios Zervos -
Profondo cordoglio in
tutto il mondo cristiano per la tragica scomparsa ieri del Patriarca ortodosso
di Alessandria d’Egitto e di tutta l’Africa, Pietro VII, morto insieme ad altre
16 persone in un incidente di elicottero.
Il velivolo, che stava
portando il Patriarca da Atene al Monte Athos, è precipitato, per cause ancora
ignote, nel Mare Egeo. Nato a Cipro, il Patriarca Pietro VII aveva 55 anni ed
era salito nel 1997 alla sede Patriarcale di Alessandria, considerata nella
Chiesa ortodossa la seconda per autorità spirituale dopo quella di
Costantinopoli.
Ma ascoltiamo la testimonianza del Metropolita d’Italia
del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli
Gennadios Zervos, che ha avuto rapporti molto stretti con il Patriarca
Pietro VII:
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E’ veramente un grande dolore
per il mondo ortodosso ed una grande perdita per la Chiesa ortodossa. Il
Patriarca Pietro VII aveva veramente una grande personalità ed è stato sempre
sostenitore dei messaggi cristiani sulla pace, sulla giustizia, sulla libertà e
sui diritti umani. E’ stato un grande collaboratore di Sua Santità il Patriarca
Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, riguardo all’unità dei cristiani.
Ammirava i messaggi di Sua Santità Giovanni Paolo II ed i suoi sforzi per il
raggiungimento dell’unità dei cristiani. E’ stato veramente un grande apostolo
dell’unità dei cristiani. E’ stato particolarmente un uomo caritatevole; ha
istituito molte scuole, molti ospedali e molti ospizi per l’assistenza e la
cura degli anziani. Lui ha fatto molto dal punto di vista dell’amore sociale.
Era una persona di squisita semplicità, umiltà e cordialità umana. Per noi è
una grande perdita ed è da ieri che stiamo pregando per la sua anima e per le
altre persone, che sono morte.
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IERI NEGLI STATI UNITI È STATO IL GIORNO DELLA
MEMORIA E DEL SILENZIO
NEL TERZO ANNIVERSARIO DEGLI ATTENTATI DELL’11
SETTEMBRE.
IL
PRESIDENTE BUSH AVVERTE: LA GUERRA CONTRO IL TERRORISMO CONTINUA
- Commento del l cardinale Paul
Poupard -
Ieri, nel terzo anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001,
negli Stati Uniti è stato il giorno del silenzio e della memoria. Anche i toni
della campagna elettorale per le presidenziali di novembre sono stati, per un
giorno, meno accesi. “Siamo in guerra contro il terrorismo e ci fermeremo solo
quando gli assassini del nostro popolo saranno stati sistemati”, ha dichiarato
il presidente Bush in diretta televisiva dalla Casa Bianca. Il centro delle
commemorazioni è stato Ground Zero, a New York, dove si sono riuniti i parenti
delle vittime e dove l’anno prossimo inizierà la costruzione della “Freedom
Tower” con il memoriale ai caduti dell’11 settembre. Il servizio di Elena
Molinari:
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La cerimonia è stata la stessa
dello scorso anno, ma non per questo meno toccante. Il primo minuto di silenzio
a Ground Zero, in mattinata, è scattato alle 8.46, il momento esatto in cui tre
anni fa il primo degli aerei dirottati colpì il World Trade Center. Sono seguiti
altri tre minuti di raccoglimento: uno per ognuno dei tre schianti contro le
due torri ed ognuno dei devastanti crolli. Prima e dopo i familiari dei 2749 - uomini,
donne e bambini di ogni nazionalità che perirono nell’attacco - hanno ascoltato
la litanica lettura dei nomi delle vittime.
Intanto al Pentagono venivano
ricordate le 184 persone uccise dallo schianto del volo dell’American Airlines
77 e a Shanksville, in Pennsylvania, le 44 persone che cercarono invano di
ristrappare ai dirottatori il controllo del volo 93 della United.
Quella limpida mattina di
settembre non è più una presenza costante nella memoria dei newyorkesi, ma è
facile rievocarne lo shock e l’orrore. Anche se da tempo gli abitanti della
metropoli sono tornati alla loro vita di sempre, di quelle ore resta, comunque,
la diffusa consapevolezza che i terroristi possono attaccare di nuovo e in
qualsiasi momento. Lo ha ricordato lo stesso presidente americano che, nello
Studio Ovale, a Washington, ha detto alla nazione che “l’America non è ancora
al sicuro. La missione del nostro Paese nel mondo – ha aggiunto Bush – è di
sconfiggere il terrorismo”.
Elena Molinari, per la Radio
Vaticana.
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“L’11 settembre rappresenta
l’inizio di una nuova fase di crudeltà e disumanità”: il terrorismo ha
trasformato “uomini e donne in animali feroci, incapaci di qualsiasi segno di
umanità”. Parole forti, pronunciate ieri dal cardinale Paul Poupard a Roma
durante l’incontro in Campidoglio per la Giornata dell’Interdipendenza. Il
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha detto che di fronte a
tanta barbarie la nostra umanità sembra regredita di millenni. Tuttavia – ha
aggiunto – “non possiamo abituarci a vivere questa perdita del senso
dell’esistenza umana”: dobbiamo invece “sconfiggere il male, impegnarci tutti
in una riscossa collettiva, in un impegno di speranza”. Ma ascoltiamo lo stesso
cardinale Poupard intervistato da Fabio
Colagrande:
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D. - Eminenza, a tre anni dagli attentati dell’11 settembre 2001 gli
attacchi terroristici si sono moltiplicati in molte parti del mondo. Perché le
strategie adottate si sono rivelate sbagliate?
R. - In questi ultimi tra anni abbiamo assistito ad una vera e propria
escalation di violenza. Si ha l'impressione che sia stata accesa una miccia che
dà fuoco ad eventi sempre più tragici. Bisogna spezzare questa catena. La
semplice risposta armata ad un'azione di violenza non basta, anzi rafforza questo
drammatico dinamismo, questa spirale di morte. Le apparenti prove di forza si
rivelano, in realtà, situazioni di debolezza, che fomentano l'odio e la paura.
Non si può combattere la violenza e il terrorismo con i suoi stessi metodi,
bisogna adottare strategie realmente alternative, che facciano il vuoto attorno
a coloro che tentano di terrorizzare i popoli del mondo e le democrazie che li
governano. Bisogna intervenire nelle aree più critiche per fare in modo che
l'ideologia della violenza non possa attecchire e trovare proseliti. Questo
significa intervenire per colmare disuguaglianze e ingiustizie, per restituire
dignità e un tenore di vita accettabile a milioni di uomini e donne che vivono
ai limiti della sopravvivenza, bisogna soprattutto favorire e promuovere una
cultura del dialogo, della riconciliazione, del servizio reciproco, della
interdipendenza, presupposti essenziali della pace.
D. - Nel recente messaggio alla
Comunità di Sant'Egidio il Papa sottolinea che si è diffusa una mentalità per
cui il conflitto tra civiltà è considerato inevitabile. Come è possibile
combattere questa cultura?
R. - Innanzitutto
smascherando la strategia di chi vuole sostenere e avvalorare questa tesi. Una
strategia che mira esplicitamente ad uno scontro di culture e religioni diverse
per creare la situazione più adatta alle proprie pretese egemoniche. A questa
visione distorta e falsa bisogna, con coraggio e lucidità, opporre una cultura,
una visione delle cose, che non demonizza il pluralismo e la diversità, ma in
cui si accoglie l'altro, pur diverso da me, con rispetto, in un incontro che è
una opportunità di arricchimento reciproco.
D. - Il Papa ha parlato anche
della forza della preghiera. Come può servire questo strumento 'debole' contro
la violenza dei terroristi?
R. - Per i credenti, di ogni
religione, quello della preghiera è il momento più alto, più importante e
profondo. E' il momento in cui ci si mette nelle mani di Dio e ci si affida a
lui. Penso poi a tanti uomini e donne, ai martiri di ieri come di oggi, che nel
momento più tragico e cruciale della loro esistenza hanno pregato, e nella
preghiera hanno trovato il senso e la luce di tutta l'esistenza. Dobbiamo anche
noi tornare a pregare con insistenza perché Dio conceda alla nostra povera umanità
il dono della pace.
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FIRMATA OGGI A ROMA LA
CARTA EUROPEA PER L’INTERDIPENDENZA
PER COSTRUIRE UN MONDO DI PACE E SENZA PIU’
FRONTIERE
Costruire un mondo dove violenze
e terrorismo siano sconfitti e dove per le persone non ci siano più frontiere.
Con questo scopo è stata firmata oggi a Roma, alla fine di un convegno, la
Carta Europea per le politiche dell’interdipenzenza. Tra gli intervenuti tanti esponenti
del mondo civile, di movimenti religiosi e delle più svariate associazioni,
arrivati nella capitale per celebrare la II Giornata dell’Interdipendenza. Il
servizio di Alessandro Guarasci:
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Chi è arrivato oggi a Roma per
la II Giornata dell’Interdipendenza lo ha fatto perché crede che i popoli, le
persone e gli Stati possano davvero essere più uniti. Nella Carta europea si
afferma, prima di tutto, che è indispensabile sradicare il terrorismo e questo
lo si può fare attraverso la costruzione di salde reti sociali e linguistiche,
così da favorire il dialogo. L’obiettivo è far sì anche che la Giornata
dell’Interdipendenza sia celebrata ogni anno in ogni comune. Ne consegue che in
Europa le persone e le merci dovranno circolare liberamente, come è necessario
rafforzare il diritto di asilo e dare il voto agli stranieri.
Ma l’interdipendenza è anche
abbattere il divario economico tra nord e sud del mondo: se ogni cittadino
europeo versasse in media 400 euro l’anno, potrebbe raddoppiare il reddito di
un cittadino del terzo mondo. Altro nodo cruciale il diritto alla salute: per
sradicare l’AIDS basterebbe da parte di Europa, Stati Uniti e del resto dei
Paesi industrializzati lo stanziamento di 3 miliardi di euro nel biennio
2004-2005. Infine le risorse energetiche. Nella Carta si chiede che vengano sviluppate
fonti di energia alternativa, come l’eolica o la fotovoltaica, per non far dipendere
il mondo dal petrolio.
Nel suo messaggio il presidente
della Commissione Europea, Romano Prodi, afferma che “i tempi ci chiedono di
essere lungimiranti, di superare le divisioni che in passato hanno separato i
popoli”. Il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ribadisce che l’interdipendenza è
l’altra faccia della globalizzione:
“L’ultimo rapporto sullo sviluppo umano dice che per 26 Paesi,
soprattutto Paesi africani, la ricchezza è diminuita invece di crescere”.
Serve quindi rafforzare gli
organismi – vedi l’ONU – che governano il Pianeta. Per Chiara Lubich,
fondatrice del Movimento dei Focolari, interdipendenza ha un significato ben preciso:
far prevalere il dialogo rispetto all’egemonia.
Alessandro Guarasci, Radio
Vaticana.
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OGGI A BOSE L’APERTURA DEL
CONVEGNO ECUMENICO INTERNAZIONALE
DI SPIRITUALITA’ ORTODOSSA
- Intervista col priore di Bose Enzo Bianchi -
Prima giornata oggi al
monastero di Bose del XII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità
ortodossa, organizzato dai Patriarcati di Costantinopoli e di Mosca e dalla Comunità
monastica di Bose. I lavori del Convegno saranno articolati in due sessioni:
‘Sant’Atanasio ed il Monte Athos’, e ‘La Preghiera di Gesù nella spiritualità
russa del XIX secolo’. Dunque, il dialogo tra occidente ed oriente cristiano
continua. Giovanni Peduto ne ha parlato col priore di Bose Enzo Bianchi:
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R. – Sì, il dialogo continua
nonostante le difficoltà che a volte appaiono, magari, anche più grandi di
quello che sono in realtà. Certamente non è facile, dopo secoli che le Chiese
d’Oriente e d’Occidente non hanno avuto un dialogo o un confronto. Si deve
tener conto anche del fatto che non c’è sempre una contemporaneità, ma tuttavia
il dialogo continua e mi sembra che le autorità delle Chiese vogliono tutte che
l’ecumenismo sia una prassi normale che fa parte del loro vissuto ecclesiale.
D. – Cosa si potrebbe fare per
favorire l’avvicinamento?
R. – Sono convinto che dobbiamo
conoscerci di più fino a vivere insieme. La nostra speranza, che già si è in
parte realizzata qui a Bose, è che vivano insieme monaci cattolici e monaci
ortodossi. Soltanto in una vita insieme, in cui ci si conosce, ci si impara a
rispettare, in cui si vede la volontà della fedeltà a Cristo, al Vangelo, gli
uni degli altri, sarà possibile avviare delle strade che non siano più di
diffidenza e che non siano sempre schiacciate dal peso del ricordo del passato,
delle ostilità, delle concorrenze di quanto certamente ci ha diviso.
D. – Cosa è la Preghiera di Gesù
nella spiritualità russa del XIX secolo e cosa vuol dire esichìa?
R. – Esichìa vuol dire
soprattutto quiete, pace, quella pace che viene da Dio, quella pace che viene
da una vita spirituale di unificazione nel cuore del credente cristiano e, certamente,
uno strumento per questa pace della tradizione orientale è stata questa
semplice Preghiera di Gesù, l’invocazione del nome di Gesù: “Signore Gesù
Cristo, Figlio del Dio vivente, abbi pietà di me peccatore”; questa preghiera è
fiorita in tutto l’Oriente a partire dal V-VI secolo, ma ha avuto, soprattutto
all’interno della spiritualità russa, un grande risveglio ed una grande
epifania nel XIX secolo. Noi vogliamo conoscere, approfondire questa
spiritualità che, tra l’altro, oggi è anche conosciuta e praticata qualche
volta nell’Occidente cattolico. Non è più una preghiera estranea. Si respira a
due polmoni davvero, in certi luoghi ed in certi ambienti, soprattutto nella
tradizione monastica.
D. – Il Papa più volte ha detto
che oggi abbiamo più che mai bisogno di fare silenzio, ma come pregare nelle
nostre rumorose città occidentali?
R. – Credo che i modi siano
tanti. Certamente noi dobbiamo riprendere il silenzio, anzi, oserei dire fare
una pratica profetica del silenzio in mille maniere sia nei rapporti, sia nella
stessa vita della Chiesa e poi, come creazione di un ambiente in cui è
possibile ascoltare la parola di Dio, pregare. In verità, io penso alla
preghiera che può essere fatta attraverso la Lectio divina, come più
volte ha raccomandato Giovanni Paolo II, ma anche ad una semplice preghiera che
si può fare sul metrò, in tram, in autobus, in mezzo alla gente, quasi a
spander fra loro la benedizione con la preghiera di Gesù, dicendo semplicemente,
nel cuore: “Signore Gesù, Figlio del Dio vivente, abbia pietà di me peccatore;
abbi pietà di questi uomini miei fratelli”. Io credo che noi potremmo spandere
la benedizione nel mondo se fossimo autentici ministri di preghiera in mezzo
agli uomini.
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CONCLUSO A CASTEL GANDOLFO IL
CONVEGNO
SULL’ECONOMIA DI COMUNIONE PROMOSSO DAI FOCOLARI
- Intervista con il prof. Luigino Bruni -
Si è concluso oggi a Castel
Gandolfo il convegno sui “Nuovi orizzonti dell’economia di comunione”, promosso
dal Movimento dei Focolari. Al Centro Mariapoli è stata illustrata l’esperienza
dei poli imprenditoriali che sorgono in Brasile, Argentina e quello nascente in
Italia, a Loppiano nei pressi di Firenze. Sono stati definiti “laboratorio di
una economia nuova, punto di riferimento per gli imprenditori che intendono
aderire al progetto di Economia di comunione, che prevede, tra l’altro, la
destinazione sociale degli utili. Nell’occasione è stato avviato anche il
dialogo con i fautori dell’ economia
sociale indiana: così è stata
presentata un’esperienza di microcredito a favore dei villaggi indiani
più poveri.
Ma che cos’è l’economia di
comunione? Carla Cotignoli ne ha
parlato con il prof. Luigino Bruni, docente di economia politica alla Bocconi
di Milano, presente al convegno:
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R. – Oggi, il dibattito è tra
due grandi alternative. C’è chi dice: ‘Il mercato è buono di per sé, con la
libertà economica arriveranno le altre libertà, i diritti’. Quindi, la
soluzione a tutti i problemi del mondo sarebbe: sviluppare i mercati, ‘laissez-faire’,
‘laissez-passer’ – come dicevano nell’Ottocento. Dall’altra parte, c’è chi
dice: ‘No: tutto ciò che è mercato è cattivo, perché il mercato distrugge i
legami sociali, dove arriva il mercato si ritira il buono dei rapporti umani;
quindi, bisogna limitare, controllare il mercato perché – appunto – distrugge
il civile’. Bene, tra queste due visioni, noi abbiamo una nostra proposta, che
non nasce a tavolino, da studiosi, ma nasce dalla vita, nasce da un carisma, il
carisma dell’unità, e che è un’attività economica a più dimensioni. Cioè non
affermiamo: ‘L’economia è buona sempre e comunque’. E’ buona se, al suo
interno, dà spazio a più principi, e non solo al profitto. Dà spazio alla
condivisione, dà spazio al diritto, alla fraternità, al dono. Allora non sarà
un’economia che distrugge il civile, ma sarà un’economia, arricchita,
trasformata dal di dentro. Parlare di comunione in economia, significa già pensare
l’economia come qualcos’altro rispetto al semplice tornaconto, al semplice
interesse personale, al profitto.
D. – Al convegno hanno preso la
parola anche esponenti dell’Università Ghandiana del Tamil Nadu, di Coimbatore.
Ecco: è un dialogo originale questo, a livello economico, tra un’università di
ispirazione ghandiana, indù, e un progetto e un movimento economico che ha
radici nel cristianesimo…
R. – Qual è la base comune? La
base è che noi siamo convinti che la comunione non sia una sovrastruttura che
si aggiunge all’essere umano, ma è la vocazione originaria. E’ una vocazione
che ogni essere umano – sia esso indiano, africano, europeo, orientale o occidentale
– ha iscritto nel suo DNA. E’ su questa base che è possibile incontrarsi,
perché si sente che si parla un linguaggio comune. Questa vocazione originaria
e profonda alla comunione, era anche
l’intuizione di Gandhi. Quando Gandhi proponeva un’economia della sobrietà,
un’economia essenziale, come dice il suo famoso motto: ‘la terra ha abbastanza
per i bisogni umani, non ha abbastanza per l’avarizia umana’, è in fondo l’idea
di un’economia della sobrietà. Questa comunione in economia funziona ed è un
progetto che affascina ed è sostenibile quando non è solo un progetto di
benefattori che fanno qualcosa per i poveri, ma quando – come è realmente –
diventa un’esperienza dove tutti condividono una cultura della sobrietà, una
cultura della fraternità.
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AL VIA OGGI A CATANIA LA
56.MA EDIZIONE DEL PRIX ITALIA,
IL PIU’ ANTICO PREMIO RADIOTELEVISIVO INTERNAZIONALE
- Intervista con
Alessandro Feroldi -
Con un concerto sinfonico al
teatro greco di Taormina si inugurerà questa sera la 56ma edizione del Prix
Italia, creato dalla Rai nel 1948, il più antico premio radiotelevisivo internazionale.
Quest’anno il concorso avrà luogo a Catania fino a sabato 18 settembre. A
parlarcene Antonella Palermo.
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Per il
terzo anno consecutivo è la Sicilia ad ospitare il Prix Italia, una manifestazione
che, oltre a premiare la qualità dei prodotti radiotelevisivi e on-line è anche
l’occasione per presentare alcune delle novità del palinsesto delle tre reti
Rai. In gara 211 programmi da oltre 42 organismi radiotelevisivi e web di tutti
i continenti. Il Premio si articola in 6 concorsi televisivi, 6 radiofonici e 3
per le realizzazioni web. Saranno 7 le giurie internazionali composte da
registi, produttori, studiosi di comunicazione. Alessandro Feroldi, segretario
generale del Premio.
“La tradizionale forza d’urto, enorme, del mezzo radiofonico, del mezzo televisivo,
qui è considerata nel suo carisma. La radio ha la velocità della simultaneità,
la televisione è una storia ben raccontata e ben filmata. La televisione che
viene in concorso al Prix Italia è la vecchia televisione, cioè un racconto,
una storia. L’anno scorso ha vinto un programma della Bbc, secondo me
straordinario, un musical sull’Achille Lauro, con lo stile con cui lo possono
fare gli inglesi, e non era
irriverente. Ecco, il Prix Italia è questo”.
Nel 50.mo anno di vita della
televisione, a Catania si verificherà lo stato di salute dell’emittenza
italiana. Se ne parlerà nel corso della presentazione del libro-intervista
“Tv-qualità” realizzato dal direttore del Tg2 Mauro Mazza con Biagio Agnes, già
direttore Rai.
Uno dei momenti più attesi
dell’intera settimana è la tavola rotonda prevista a chiusura della
manifestazione dedicata al rapporto media-terrorismo, in cui verranno presentati
i risultati di una ricerca condotta dall’università di Milano e dalla
University of Westmister di Londra. Anche quest’anno l’Associazione cattolica
mondiale per la comunicazione assegnerà il Premio
Speciale Signis al programma televisivo che meglio contribuisca alla promozione
dei valori umani. Dal Quirinale arriverà un Premio speciale. E’ pronta una
coppa d’argento da parte del presidente della Repubblica Ciampi come
riconoscimento al programma che meglio abbia trattato le problematiche sociali
e dei minori. In questo caso la giuria sarà composta soltanto da donne
giornaliste. Come accade da alcuni anni al Prix Italia si affianca il Premio
“Comunicazione per la vita”: 25 mila euro che l’azienda agroalimentare Granarolo
offre al programma televisivo che meglio abbia descritto le situazioni di
emergenza nel mondo, i soprusi umani e le catastrofi naturali.
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SI E’ CONCLUSA A VENEZIA, CON L’ASSEGNAZIONE DEI
PREMI,
LA 61.MA MOSTRA DEL CINEMA:
“IL SEGRETO DI VERA DRAKE” DELL’INGLESE MIKE LEIGH VINCE IL LEONE D’ORO
-
Servizio di Luca Pellegrini -
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La
giuria veneziana ha dato prova di autonomia e d’indipendenza dai poteri forti
della politica e della cultura cinematografica e mediatica, scegliendo di
premiare doppiamente due titoli dati sì in dirittura d'arrivo, ossia "Il
segreto di Vera Drake" di Mike Leigh con il Leone d'oro e "Mare
dentro" di Alejandro Amenábar con quello d'Argento, ma al seguito dell'applaudito
e quasi certo della vittoria "Le chiavi di casa" di Gianni Amelio,
che, invece, torna a casa a mani vuote. Ciò non toglie che
l'encomiabile opera di Amelio, che affronta con abilità e
intelligenza, anche se personalmente con qualche riserva, il difficile problema
del rapporto tra un padre e il figlio disabile, possa trovare quella meritata
soddisfazione di pubblico che non ha avuto tra i giurati di questo Concorso n.
61.
Difficili
problematiche e temi forti anche per i due titoli
premiati, ossia l'aborto e l'eutanasia, scelta ribadita anche dall'aver
assegnato la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile e maschile
ai loro due protagonisti, ossia rispettivamente alla stupenda Imelda
Staunton nel ruolo di Vera e all'assai più scontato Javier Bardem in
quello di Ramón.
La
prima, già lo sappiamo, è una signora che nella Londra del 1950 pratica
aborti clandestini a donne poverissime e disperate. Ma Leigh tratta
la dolente e terribile storia di Vera, paurosamente allibita davanti al suo
operato dettato da un misto di ignoranza e di ingenuità, con pudico
distacco e assoluto rigore. Per questo, pur nelle inevitabili
riflessioni etiche che innesca, il regista è capace di non offendere il
credente e portarlo, anzi, ad una maggiore presa di coscienza. Mentre
un film problematico e per alcuni aspetti inaccettabile risulta quello
di Amenábar con la vera storia di un tetraplegico suicida: una visione
della sofferenza e della fede che, qui sì, risulta antitetica e offensiva per
chi pensa in modo diverso e in modo diverso vive il mistero, insondabile, del
dolore, della morte e dell'eternità.
Applausi
meritatissimi al gioiello del coreano Kim Ki-duk, "La casa vuota",
che riceve il premio per la migliore regia e si afferma come uno dei più
straordinari e geniali talenti di oggi. Incomprensibile la scelta di assegnare
il Premio "Marcello Mastroianni" ai giovani emergenti ai
due italiani Tommaso Ramenghi e Marco Luisi di "Lavorare con lentezza"
di Guido Chiesa, una soluzione che, dicono, essere stata di urgente
ripiego. Premi assegnati nel corso di un’impacciata e triste serata di gala,
ravvivata solo dalla bellezza di Sofia Loren e dallo humor di Stanley Donen,
regista americano di musical che ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera.
Da
Venezia, Luca Pellegrini per Radio Vaticana
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12
settembre 2004
L’URAGANO IVAN DEVASTA I
CARAIBI:
HA GIA’ COLPITO L’ISOLA DI GRENADA E LA GIAMAICA
E SI STA
DIRIGENDO SU CUBA E LA FLORIDA
L’AVANA. = La forza distruttiva
dell’uragano Ivan non si arresta. Sarebbero già 50 le vittime nei Caraibi a
causa del forte vento che soffia a 250 chilometri orari e che ha raggiunto
forza 5, il livello massimo della scala Saffir-Simpson. Ingenti i danni,
l’isola di Grenada è stata devastata all’85% e la Giamaica, nella giornata di
venerdì, è stata colpita con raffiche di vento a oltre 200 chilometri orari e
ondate alte 8 metri con tetti divelti, alberi sradicati, strade allagate e
pantani di fango ovunque. Secondo fonti locali, sono almeno 5 le vittime di
Ivan in Giamaica. Ieri intanto è scattato l’allarme anche a Cuba, dove le prime
avvisaglie dell’uragano si sono manifestate sulle coste orientali dell’isola.
Le autorità hanno provveduto a far evacuare all’Avana la popolazione a rischio
e tutti i turisti sui “cayos” e a Trinidad, nel sud del Paese, mentre a
Varadero sono circa 13000 i turisti rimasti bloccati. Anche gli abitanti della
Florida, già colpiti nelle ultime settimane dai due altri uragani Charley e
Frances, si stanno preparando all’impatto con Ivan, sebbene sia previsto un
calo di intensità dei venti, calcolata in circa 200 chilometri orari pari ad
una forza 4. Stato di allerta anche per le autorità messicane, poiché non è
escluso un cambiamento di rotta dell’uragano che avanza con una velocità di 20
chilometri l’ora spazzando con i suoi forti venti zone circolari di 500
chilometri di diametro. ( F.S.)
OLTRE 100 LE VITTIME DEGLI SCONTRI A PORT HARCOURT,
NELLO STATO DI RIVERS, IN
NIGERIA
PORT HARCOURT. = Sono oltre 100 i morti e più di
6000 gli sfollati a Port Harcourt, nello Stato di Rivers, uno dei maggiori
centri della produzione di petrolio nigeriana nel sudest del Paese africano, a
causa delle violenze scoppiate da circa un mese tra bande armate e conseguenti
interventi da parte delle forze di sicurezza. A renderlo noto, il Comitato per
la difesa dei diritti umani (CDHR) che ha sede a Lagos, spiegando che gli
scontri coinvolgono almeno due milizie armate del posto, con legami politici,
che si autofinanziano sottraendo il petrolio agli oleodotti locali per poi rivenderlo,
contendendosi così il controllo della zona. La Nigeria è il principale
produttore di petrolio in Africa, con 2,5 milioni di barili al giorno nel
territorio del Delta del Niger. Secondo il CDHR, l’aggravarsi
delle condizioni di sicurezza a Port Harcourt potrebbe mettere in crisi il
governo dello Stato di Rivers, guidato da Peter Odili e dal suo Partito
Democratico del Popolo, che secondo fonti ufficiali, ha ricevuto nelle elezioni
dell’anno scorso il 98% dei voti. Intanto la scorsa settimana le autorità
federali hanno preso ulteriori provvedimenti inviando pattuglie di rinforzo per
vigilare sulla città che conta circa 3 milioni di abitanti. (F.S.)
CONTINUA
L’ONDATA DI SBARCHI SULLE COSTE MERIDIONALI ITALIANE.
GIUNTI
QUESTA MATTINA NEL SIRACUSANO E NEL PORTO DI LAMPEDUSA
ALTRE IMBARCAZIONI CHE TRASPORTANO CLANDESTINI
- A
cura di Francesca Smacchia -
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SIRACUSA.
= Giornata record ieri per gli sbarchi di clandestini: sono 486 le persone provenienti
dall’Africa approdate in tarda serata a Lampedusa e trasferite al centro di accoglienza
dell’isola, ormai stracolmo. La situazione, infatti, nel centro resta
difficile, a causa dell’elevato numero di persone: sono circa 900 i clandestini
che sono ospitati sull’isola. E non si arresta l’ondata di arrivi sulle coste
meridionali italiane: 784 gli immigrati approdati con vecchi barconi sulle
coste siciliane, con tre sbarchi, nelle ultime nove ore. Intanto sono giunti a
Marzanemi, sulla costa meridionale della Sicilia in provincia di Siracusa, 129
extracomunitari tra i quali donne e bambini mentre a Lampedusa altri 169
clandestini sono stati intercettati dalle motovedette della Guardia costiera.
Sempre in mattinata, unità della Marina militare tunisina e motovedette della
Guardia costiera sono intervenute per bloccare un gommone su cui viaggiavano 5
clandestini diretti a Pantelleria, che è stato poi fatto rientrare in Tunisia.
(F.S.)
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IN MOSTRA IN PERU’, LA BIBBIA PIU’ PICCOLA DEL
MONDO:
LA
PRINCIPALE ATTRAZIONE DELLA MANIFESTAZIONE EXPOBIBILIA
2004
CHE SI TIENE A LIMA.
IN PROGRAMMA ANCHE L’ESPOSIZIONE DI FOTOGRAFIE E
TRADUZIONI
DEL TESTO SACRO IN LINGUE E DIALETTI PERUVIANI
LIMA. = E’ in assoluto la Bibbia
più piccola del mondo: solo quattro centimetri per sei. E’ stata stampata in
Indonesia e viene esposta a Lima, in Peru’, nell’ambito della manifestazione
“ExpoBibilia 2004”. L’iniziativa si tiene nell’ambito del “Mese della Bibbia”,
organizzato presso la sede della Associazione cristiana dei giovani (Ymca). In
questa cornice sono esposte al pubblico anche fotografie e traduzioni del testo
sacro nelle diverse lingue e dialetti delle comunità indigene peruviane, nonché
il fac-simile della prima traduzione in spagnolo della Sacra Scrittura. Fino
alla fine di settembre, inoltre, sono previste conferenze, giochi per
l’infanzia e concorsi per le scuole. (R.P.)
E’ IL CAMMINO DI SANTIAGO IL
VINCITORE
DEL PREMIO PRINCIPE DELLE ASTURIE
DE LA CONCORDIA 2004.
RAPPRESENTA IL SIMBOLO DELLA CONVIVENZA E DEL
LEGAME
TRA GLI UOMINI COSTRUTTORI DELL’ATTUALE
EUROPA
MADRID. = E’ stato assegnato al Cammino di Santiago
il Premio Principe delle Asturie de la Concordia 2004 in quanto “simbolo di
fraternità e formatore di una coscienza europea attraverso i secoli”. Nel corso
della proclamazione, che si è tenuta ieri nella spagnola Oviedo, il capo del
governo asturiano , Vicente Alvarez Areces, ha spiegato: “Il Cammino è il luogo
di pellegrinaggio e di incontro tra persone e popoli, un simbolo di convivenza
e di legame tra uomini che hanno costruito l’attuale Europa”. Sul nesso con il
Vecchio Continente ha insistito anche l’arcivescovo di Santiago, Mons. Julian
Barrio. Il Premio è stato ritirato dai vertici di tutte le comunità autonome
interessate dalla rotta giacobea e si unisce ad una lunga serie di riconoscimenti. Già nel 1993 l’UNESCO aveva
definito il Cammino Patrimonio culturale dell’umanità, mentre due anni dopo era
arrivata la consacrazione ufficiale del Consiglio Europeo che lo aveva
proclamato Primo itinerario culturale d’ Europa. (R. P.)
12
settembre 2004
- A cura di Ignazio
Ingrao -
Un nuovo ultimatum per
la liberazione delle volontarie italiane rapite in Iraq è stato lanciato
stamattina via Internet dall'Organizzazione per la Jihad islamica. I terroristi
danno al governo italiano 24 ore di tempo per ritirare le truppe prima di
uccidere gli ostaggi. Le autorità stanno valutando l’attendibilità di questo
messaggio. Intanto stamattina a Baghdad una violenta esplosione e scontri in
centro città sono costati la vita a più di venti persone. Il nostro servizio:
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La capitale irachena si è
svegliata questa mattina all’alba col fragore degli scontri tra le truppe
statunitensi e i miliziani lungo la via Haifa che attraversa il centro della
città. L’offensiva è stata lanciata dagli americani per riprendere il controllo
dei quartieri in mano alla guerriglia. Il bilancio provvisorio degli scontri,
durati diverse ore, è pesantissimo: si parla di almeno 19 morti e 77 feriti.
Tra le vittime c’è anche un giornalista palestinese inviato dall’emittente
televisiva al-Arabiya, colpito mentre filmava l’esultanza della folla intorno
ad un blindato americano distrutto. Due agenti di polizia e un bambino di 12
anni sono poi rimasti uccisi dallo scoppio di un’autobomba nella parte
occidentale di Baghdad. E altri due bambini sono stati feriti a Balad, a nord
della capitale, durante un raid americano. E’ fallito invece un attacco
kamikaze contro il carcere di Abu Ghraib. Buone notizie arrivano dal fronte dei
rapimenti, con la liberazione, da parte della polizia, di sette ostaggi di
nazionalità turca, irachena e di paesi arabi, sequestrati la notte scorsa. E un
altro ostaggio iracheno è stato liberato anche a nord della capitale. Mentre
nuove minacce sono giunte al premier Allawi con un messaggio audio trasmesso
via Internet e attribuito al terrorista giordano al-Zarqawi, sul quale pesa una
taglia di 25 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti.
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Sette morti negli
scontri con la polizia a Herat in Afghanistan dove una folla di manifestanti
questa mattina ha attaccato e dato alle fiamme gli uffici delle Nazioni
Unite. Centinaia di persone hanno
protestato contro la rimozione del signore della guerra afghano Ismail Khan da
governatore della provincia, decisa dal presidente Hamid Karzai.
“Siamo testimoni di una campagna dell’estrema destra che incita
alla guerra civile”: è l’allarme lanciato dal primo ministro Israeliano Ariel
Sharon mentre i coloni si apprestano a manifestare a Gerusalemme contro il
piano di ritiro dalla striscia di Gaza. Secondo il piano Sharon, entro il
settembre 2005 dovrebbero essere smantellate 21 colonie ed evacuati 8 mila
civili.
Il
programma nucleare iraniano torna all’esame dell’Onu. Da domani si riunisce a
Vienna l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che su richiesta degli
Stati Uniti potrebbe decidere di rinviare la questione al Consiglio di
sicurezza, per eventuali sanzioni. Anche Francia, Gran Bretagna e Germania
sollecitano un intervento della comunità internazionale. Ma il governo di
Teheran rifiuta di accettare qualunque restrizione al suo programma nucleare e
definisce un “problema marginale” la costruzione di nuovi impianti per
l’arricchimento dell’uranio. Ma quali sono i motivi di questo atteggiamento
dell’Iran? Andrea Sarubbi lo ha chiesto all’iraniano Ahmad Rafat, già segretario
della stampa estera in Italia:
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R. - C’è una forte resistenza, non tanto dalla parte
politica, ma dalla parte dei Pasdaran, le guardie della rivoluzione, che sono
fermamente convinti che l’Iran si debba dotare al più presto di un’arma
nucleare e non lo nascondono. Mentre il governo parla di energia ad uso civile,
molti leader Pasdaran, i militari, fanno pensare che l’Iran sia sotto minaccia
dei Paesi vicini, soprattutto Israele, dotati di armi nucleari. Pertanto
l’unica forma per difendere il Paese è dotarsi di un’arma nucleare per essere
alla pari.
D. - Questa scelta del nucleare è legata ai Pasdaran o è
una scelta condivisa?
R. - Il sogno nucleare è un sogno iraniano, precedente alla
rivoluzione. Già ai tempi dello scià, negli anni ’70, l’Iran iniziò a costruire
la prima centrale, che poi fu distrutta dagli iracheni durante la guerra. E in
Iran le ultime inchieste fatte tra la popolazione, da organismi indipendenti,
dimostra che la maggioranza degli iraniani crede ed è fermamente convinta che
l’Iran debba avere l’arma nucleare, perché si trova in una regione, dove un Paese
confinante, il Pakistan, ce l’ha, dove un Paese molto vicino, Israele, ce l’ha,
ed anche l’India. Quindi, l’Iran si sente minacciato e pensa che l’unica forma
per avere diritto a sedersi al tavolo dei grandi sia quella di dotarsi di armi
nucleari.
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Affluenza record alle
urne ad Hong Kong, dove si vota per il rinnovo del consiglio legislativo. A
metà giornata avevano già votato oltre il 60% degli aventi diritto, contro il
43% delle precedenti elezioni. Nell’ex colonia britannica, tornata nel 1997
sotto la sovranità della Cina, sono stati chiamati al voto 3 milioni e 200 mila
elettori, su una popolazione di quasi sette milioni di abitanti. I 60 membri
del Parlamento resteranno in carica fino al 2008: la metà sono eletti dai
cittadini, gli altri sono nominati dalle organizzazioni economiche e professionali.
Smentite le voci su un possibile test nucleare compiuto dalla Corea del
Nord che sarebbe avvenuto tre giorni fa al confine con la Cina. L’allarme per
una gigantesca esplosione con la formazione di un fungo atomico era stato
lanciato nella notte tra ieri e oggi dall'agenzia di stampa sudcoreana
“Yohnap”. Ma lo stesso governo di Seoul ha escluso che l’esplosione fosse
legata ad un esperimento nucleare.
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