RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 255 - Testo della trasmissione di sabato 11 settembre 2004

 

Sommario

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Assicuro la mia vicinanza al popolo degli Stati Uniti e mi unisco a voi nella preghiera per la fine del flagello del terrorismo e per l’affermarsi di una civiltà dell’amore”: così il Papa ai vescovi Usa delle province di Philadelphia e Newark, in visita ad Limina a Castel Gandolfo

 

Maria, Madre dell’intero genere umano, possa infondere nel cuore di tutti un amore capace di aprire l’animo alle sofferenze degli altri. Così il Pontefice nel messaggio ai partecipanti del XVII Colloquio internazionale di Mariologia in corso a Rovigo

 

La Santa Sede denuncia nuove gravi violazioni della libertà di religione in Cina: arrestati in agosto altri sacerdoti e fedeli cattolici. Intervista con Joaquin Navarro Valls.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Il mondo ricorda oggi le stragi dell’11 settembre 2001: con noi Empedocle Maffia, Alessandro Brogi e il cardinale Achille Silvestrini

 

Dal Convegno delle Acli il ministro Pisanu annuncia: presto anche in Italia una consulta islamica. Ai nostri microfoni Luigi Bobba

 

Attribuiti alla Mostra del Cinema di Venezia i riconoscimenti delle due giurie cattoliche, il premio “Signis” e quello “Sergio Trasatti – Venezia cinema”: il commento di Carlo Tagliabue.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Convegno a Camaldoli su Gerusalemme: lettera del cardinale Carlo Maria Martini

 

Oggi a Trichur, la capitale del Kerala in India, si tiene una manifestazione di protesta contro l’indifferenza delle autorità per la morte di padre Job Chittillappilly

 

Rispetto dell’integrità territoriale della Repubblica Democratica del Congo, patto di non aggressione tra tutti gli stati della regione, creazione di un esercito nazionale unificato: queste le proposte dei vescovi congolesi per risolvere la crisi del Paese

 

Nuovo appello della Caritas Internationalis per l’Angola. Chiesti più di 180 mila dollari per far fronte alla crisi umanitaria causata da 27 anni di conflitto civile

 

24 ORE NEL MONDO:

 In Iraq ucciso un generale della guardia nazionale e sequestrata la famiglia di un colonnello. Otto mesi di carcere ad un soldato dell’intelligence militare americana accusato di aver compiuto abusi sui prigionieri del carcere di Abu Ghraib

 

Ad Hong Kong tre milioni e duecento mila persone attese domani alle urne per rinnovare il consiglio legislativo.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 settembre 2004

 

 

“ASSICURO LA MIA VICINANZA AL POPOLO DEGLI STATI UNITI E MI UNISCO A VOI

 NELLA PREGHIERA PER LA FINE DEL FLAGELLO DEL TERRORISMO

E PER L’AFFERMARSI DI UNA CIVILTÀ DELL’AMORE”:

COSI’ IL PAPA AI VESCOVI USA DELLE PROVINCE DI PHILADELPHIA E NEWARK, 

IN VISITA AD LIMINA A CASTEL GANDOLFO.

 IL PAPA HA PARLATO DI “GOVERNANCE” DELLA CHIESA E DI RINNOVAMENTO SPIRITUALE DOPO LA CRISI DI FIDUCIA SEGUITA AGLI SCANDALI DI ABUSI SESSUALI

 

Nel terzo anniversario dell’11 settembre il Papa ha rivolto il suo pensiero al popolo americano pregando perché finisca il terrorismo. Lo ha fatto nel saluto ai vescovi degli Stati Uniti d’America delle province ecclesiastiche di Philadelphia e Newark, ricevuti a Castel Gandolfo in visita ad Limina Apostolorum. Il Papa però ha scelto di parlare soprattutto di “governance” della Chiesa. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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“Assicuro la mia vicinanza al popolo degli Stati Uniti”. Queste le prime parole rivolte ai vescovi americani dal Papa che aggiunge: “mi unisco a voi nella preghiera per la fine del flagello del terrorismo e per l’affermarsi di una civiltà dell’amore”.

 

Dopo gli interventi dei giorni scorsi relativi alla drammatica attualità, il Papa spiega che la sua riflessione di oggi si concentra sul mandato dei successori degli Apostoli. E afferma: i vescovi devono essere stimati non soltanto per l’autorità e il “sacro potere” ma tra tutti devono riconoscersi per la loro vita autenticamente apostolica e la loro testimonianza. Il Papa fa presente che molti dei vescovi ricevuti hanno confessato la propria preoccupazione per la crisi di fiducia che ha colpito la leadership della Chiesa negli Stati Uniti dopo i recenti scandali di abusi sessuali. E’ una generale chiamata di responsabilità ad ogni livello e per quanto riguarda i rapporti tra vescovi, sacerdoti e fiducia dei laici. E il Papa invita gli uomini di Chiesa a radicare il “sacro potere, che legittimamente esercitano,  nell’autorità morale di una vita completamente segnata dalla consacrazione in Cristo e dalla missione”.

 

Il vescovo sia, dunque, “testimone, maestro, modello di santità”. “L’esperienza – dice – mostra che quando la priorità viene data ad una fermezza esteriore, lo slancio alla personale conversione, al rinnovamento ecclesiale e allo zelo missionario può perdersi e un falso senso di sicurezza può sopraggiungere.”  “Il doloroso periodo di auto esame imposto dai fatti degli ultimi due anni porterà frutto sul piano spirituale – avverte Giovanni Paolo II – solo se richiama tutta la comunità cattolica in America ad una comprensione approfondita dell’autentica natura e missione della Chiesa e ad un più intenso impegno a riflettere in ogni aspetto della vita la luce di Cristo.”

 

E il Papa usa un’espressione forte per dirsi “convinto che oggi, come nei momenti più critici della sua storia, la Chiesa troverà le risorse per un autentico rinnovamento nel discernimento, nella visione, nello zelo dei vescovi”. La storia insegna – aggiunge - che in passato la chiesa si è autenticamente rinnovata quando è tornata alle sue origini purificando le sue istituzioni alla luce del Vangelo. Ma il Papa si richiama al passato anche per ricordare che il fermo e saggio esercizio dell’autorità apostolica, particolarmente in momenti di crisi, ha reso la Chiesa in grado di preservare la sua integrità, indipendenza e fedeltà al Vangelo. Con un altro richiamo all’ultimo sinodo, il Papa ricorda l’invito emerso affinché ogni vescovo sviluppi uno stile pastorale sempre più aperto alla collaborazione con tutti. “Se il vescovo rimane responsabile delle decisioni che è chiamato a prendere nell’esercizio del suo governo pastorale, la comunione ecclesiale presuppone la partecipazione di ogni categoria dei fedeli a seconda delle loro responsabilità”. 

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MARIA, MADRE DELL’INTERO GENERE UMANO, POSSA INFONDERE NEL CUORE DI TUTTI

UN AMORE CAPACE DI APRIRE L’ANIMO ALLE SOFFERENZE DEGLI ALTRI.

COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO AI PARTECIPANTI

DEL XVII COLLOQUIO INTERNAZIONALE DI MARIOLOGIA

- A cura di Barbara Castelli -

 

“Maria veglia sul mondo, dove i suoi figli, protesi verso la patria beata, percorrono il cammino della fede fra non pochi pericoli e affanni”. Con queste parole Giovanni Paolo II saluta i partecipanti al XVII Colloquio Internazionale di Mariologia. All’incontro, che si chiuderà il prossimo 12 settembre a Rovigo, “eminenti studiosi di mariologia e tanti devoti di Maria” rifletteranno sul tema “Lo sguardo di Maria sul mondo contemporaneo”. In un messaggio inviato a mons. Lucio Soravito de Franceschi, vescovo di Adria-Rovigo, il Papa tesse così una luminosa icona della Vergine Celeste, “madre dell’intero genere umano”. “Gli occhi di Maria – si legge nel documento – fissano innanzitutto la Santissima Trinità, nel mistero di ineffabile amore che unisce indissolubilmente le tre Persone divine. Contemplando il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo, la Vergine si sente come proiettata verso l’umanità per esercitare nei confronti di ogni essere umano la materna missione affidatale dal Figlio crocifisso”.

 

Allo sguardo materno e amorevole di Maria, dunque, “non sfugge nessuna situazione della Chiesa, di ogni singolo fedele e dell’intera umanità”. Scrutare lo scenario contemporaneo, frastagliato dall’odio e dall’egoismo, con gli occhi di Maria, che indica Gesù Crocifisso come “l’unico Salvatore”, vuol dire scoprire quell’amore capace di “aprire l’animo alle sofferenze degli altri e particolarmente a quanti sono in cerca di risposte valide ai profondi interrogativi dell’esistenza”. “La Vergine Santa – conclude il Papa nel messaggio – aiuti ciascuno a comprendere come testimoniare nella vita quotidiana la propria fede in Cristo, e con quali mezzi operare efficacemente per la diffusione del Vangelo, restando sempre docile alle ispirazioni dello Spirito Santo e pronto a compiere la volontà del Signore”.

 

 

NUOVE GRAVI VIOLAZIONI DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA IN CINA:

ARRESTATI ALTRI SACERDOTI E FEDELI CATTOLICI. LA DENUNCIA DELLA SANTA SEDE

- Intervista con il dottor Joaquín Navarro Valls -

 

La Santa Sede denuncia nuove gravi violazioni della libertà di religione in Cina dove, sarebbero stati arrestati altri sacerdoti e fedeli cattolici. Lo ha reso noto poco fa il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquin Navarro Valls. Ascoltiamolo al microfono di Sergio Centofanti:

 

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R. – Per quello che riguarda questa repressione nei confronti dei cattolici, abbiamo saputo che già nella prima settimana di agosto erano stati incarcerati il vicario generale della diocesi di Baoding, p. Paolo Huo Junlong, che è stato prelevato dalla polizia, insieme con altri 7 sacerdoti e 2 seminaristi. E’ un’azione che naturalmente non si capisce.

 

D. – Ci sono altri casi analoghi?

 

R. – Purtroppo ci sono altri casi. I membri della diocesi di Baoding, detenuti o privati della libertà, a questo punto, secondo informazioni aggiornate, sono 23 e tra questi figurano il vescovo Giacomo SU Zhimin e il suo ausiliare mons. Francesco AN Shuxin, che sono scomparsi - rispettivamente - nei mesi di settembre 1997 e di marzo 1996 e sono detenuti senza giudizio e in un luogo segreto. C’è poi una notizia molto triste che ci è giunta: alla fine di agosto è deceduto in carcere il vescovo di Yantai, mons Giovanni Gao Kexian, di 76 anni. La salma del presule è stata consegnata dalla polizia ai suoi familiari. Bisogna anche dire che mons. Gao era incarcerato dalla fine degli anni '90 e di lui non si avevano notizie da tempo.

 

D. – Qual è l’atteggiamento della Santa Sede di fronte a queste notizie di ripressione?

 

R. - Non sono note le ragioni di tali misure repressive, e questo è già gravissimo. Se le nuove notizie pervenute corrispondono a verità, ci si troverebbe di fronte, ancora una volta, ad una grave violazione della libertà di religione, che è un diritto fondamentale dell'uomo. La Santa Sede si appella al rispetto di tale diritto, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e confida che tutte le menzionate persone – quelle che sono state incarcerate - possano essere restituite quanto prima, secondo giustizia e non chiediamo altro se non la giustizia, alla libertà e al loro impegno pastorale a servizio delle rispettive comunità cattoliche.       

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UDIENZE E NOMINE

 

Oltre ai presuli della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d'America (regione III), in visita “ad Limina Apostolorum”, Giovanni Paolo II ha ricevuto oggi anche il cardinale Camillo Ruini, suo vicario generale per la diocesi di Roma e presidente della Conferenza episcopale italiana.

 

Il Papa ha nominato vescovo di Tuxtla Gutiérrez (Messico) mons. Rogelio Cabrera López, finora vescovo di Tapachula. Mons. Cabrera è nato il 24 gennaio 1951 a Santa Catalina, Stato di Guanajuato e diocesi di Querétaro, ed è stato ordinato sacerdote il 17 novembre 1978. In seno alla Conferenza episcopale del Messico è membro del Consiglio della Presidenza.

Inoltre, il Papa ha nominato il prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, cardinale Zenon Grocholewski, suo Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive del X Centenario del martirio di San Benedetto da Benevento e compagni, evangelizzatori della Polonia. Le celebrazioni avranno luogo a Benevento il 13 e 14 novembre prossimo.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Il titolo di apertura è "Abbia fine la piaga del terrorismo".

Nell'udienza ad un gruppo di Vescovi statunitensi in visita "ad Limina" l'appello di Giovanni Paolo II nel terzo anniversario degli attacchi terroristici agli Usa.

Nel contempo il Santo Padre ha sottolineato che in ogni momento cruciale della Storia la Chiesa trova nello zelo di Vescovi santi le risorse per un autentico rinnovamento.

 

Nelle vaticane, un articolo di Giampaolo Mattei dal titolo "Un grido che sale dal cuore della Croazia: 'Noi apparteniamo al Papa, il Papa appartiene a noi' ": un popolo in festa fa grata memoria del decimo anniversario del primo pellegrinaggio del Santo Padre. 

 

Nelle estere, Iraq: cresce l'ansia per la sorte delle "due Simone" allo scadere dell'ultimatum imposto dai rapitori.

Stati Uniti: il giorno del silenzio e della memoria in ricordo delle vittime dell'11 settembre.

 

Nella pagina culturale, d'apertura un elzeviro di Mario Gabriele Giordano in merito ai premi letterari. Il titolo del contributo è "La delusione delle Muse".

Un articolo di Carlo Pedretti dal titolo "Leonardo e l'arte sacra": considerazioni su un tema spesso evitato dagli interpreti del pensiero del grande artista.

 

Nelle pagine italiane, l'appello del Presidente della Repubblica per la liberazione delle due italiane sequestrate in Iraq.

Nella notte di Roma 80.000 fiaccole per le due giovani volontarie.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 settembre 2004

 

 

IL MONDO RICORDA OGGI LE STRAGI DELL’11 SETTEMBRE 2001: AI NOSTRI MICROFONI, IL PROF. ALESSANDRO BROGI E IL CARDINALE ACHILLE SILVESTRINI

- A cura di Barbara Castelli -

 

11 settembre 2001: il mondo si ferma dinanzi alle scioccanti immagini dell’insensata carneficina perpetrata dai terroristi nel cuore di New York, contro le Twin Towers, e al Pentagono di Washington. A tre anni di distanza, ancora risuonano con vigore le parole di Giovanni Paolo II su quella sanguinosa azione terroristica, “un giorno buio nella storia dell’umanità” e “un terribile affronto alla dignità dell’uomo”. “Se anche la forza delle tenebre sembra prevalere – disse il Papa, nel corso dell’udienza generale del 12 settembre – il credente sa che il male e la morte non hanno l’ultima parola”. E poi la fervida preghiera, affinché sul destino dell’uomo “non prevalga la spirale dell’odio e della violenza”. L’epicentro delle commemorazioni sarà ancora una volta Ground Zero, l’area di sei ettari e mezzo su cui sorgeva il World Trade Center, dove, tra l’altro, saranno di nuovo letti tutti i 2.752 nomi delle vittime dell’attacco. Altre celebrazioni si svolgeranno a Washington e a Shanksville, in Pennsylvania, dove alle 9:45 del mattino di tre anni fa i passeggeri del volo United 93 riuscirono a sopraffare i dirottatori, facendo precipitare il loro aereo diretto su Washington, forse sul Campidoglio. Le cerimonie di commemorazione guardano con preoccupazione anche alla difficile situazione in Iraq e in genere all‘allarme terrorismo; questioni al centro della campagna elettorale americana per le presidenziali del novembre prossimo, per le quali i sondaggi hanno confermato l’inversione di rotta: Bush è nettamente in testa sul democratico Kerry. La nota di Empedocle Mafia:

 

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C’è una scossa che attraversa il corpo dell’America, tre anni dopo, che porta insieme i segni del passato e i segni del futuro. Riemergono dolore e spavento, rabbia ed incredulità di quel giorno dell’attacco all’America e non riescono ancora a sedimentarsi in un senso del passato, perché assieme questi sentimenti si proiettano su un evento di gran lunga meno traumatico come l’elezione del prossimo presidente.

 

Il Paese, che si prepara a scegliere il futuro, sembra incapace di staccarsi dalla tragedia di tre anni fa. Certo, nel profondo, è diviso sulla crisi economica e su quella sociale; sulla guerra in Iraq e sul grado di libertà, protette all’interno. Ma nel giorno della commemorazione, non solo di tremila morti ma anche della fine di un sogno di inviolabilità del suolo nazionale, gli americani si ritrovano ancora quelli colpiti dalle due torri che crollano, dal Pentagono violato, da quel campo della Pennsylvania dove fu fatto cadere un aereo certamente destino a colpire il Congresso a Washington. Come se il tempo si fosse fermato, come se il loro dolore fosse unico nel mondo.

 

L’America si sente sotto assedio e reagisce con la tentazione di badare solo a sé, ignorando il resto del mondo, tranne che per cercare, stanare e colpire quel nemico senza volto e senza Stato che chiama terrorismo. E’ questa la prova più drammatica che l’11 settembre 2001 ha davvero cambiato l’America rispetto a se stessa.

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“I terroristi perderanno”: hanno ribadito, intanto, ieri i due candidati alla Casa Bianca, George Bush e John Kerry, e con loro il capo del Pentagono, Donald Rumsfeld. Il Dipartimento di Stato statunitense, inoltre, ha pubblicato ieri un nuovo appello alla prudenza, chiedendo agli americani nel mondo di rimanere vigilanti di fronte alla “minaccia continua di atti terroristici, condotti anche con armi non convenzionali, chimiche o batteriologice, contro cittadini ed interessi statunitensi all’estero”.  A 3 anni di distanza dagli attentati dell’11 settembre, si può dire che sono cambiati gli equilibri mondiali? Andrea Sarubbi lo ha chiesto ad Alessandro Brogi, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università dell’Arkansas:

 

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R. – Nell’arco dei tre anni, praticamente, l’estensione dell’egemonia americani, sia in termini di geopolitica sia in termini di opinione pubblica, si è estesa molto. Questo è dimostrato anche dai recenti sviluppi in Russia: come Mosca, all’inizio così titubante, si sia praticamente allineata alla posizione americana, viste anche le sue vicende domestiche.

 

D. – Quindi, secondo lei, paradossalmente l’America è uscita addirittura rafforzata dall’11 settembre?

 

R. – Sì. Da un punto di vista di quello che si può chiamare strategia globale o grande strategia – come viene spesso riferita negli Stati Uniti – c’è stata, soprattutto nella zona focale di questa stessa strategia, ossia il Medio Oriente, un’erosione lenta del consenso islamico. Se i gruppi terroristici, e soprattutto Al Qaeda, avevano come scopo quello di creare una specie di impero governato dalla legge islamica – questo era lo scopo strategico degli attacchi dell’11 settembre – in questo senso hanno fallito. C’è stata, invece, un’erosione del consenso islamico: se si tiene presente il caso della Libia o dell’Iran, che hanno cominciato a cooperare con gli Stati, con degli ovvi limiti.

 

D. – Dall’11 settembre sono venute due guerre: l’Afghanistan e l’Iraq. Secondo lei, Bush è pronto per la terza o ha forse capito che non è questa la strada?

 

R. – La tendenza di Bush sarà – sia che sia una seconda amministrazione, sia che siano gli ultimi tre mesi della sua amministrazione – tendenzialmente più pacifica. La guerra, quindi, non verrà estesa in altre zone del Medio Oriente. Questa linea è determinata anche dall’opinione pubblica all’interno degli Stati Uniti. E’ lì, infatti, che la strategia è stata più debole.

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Sull’anniversario dell’11 settembre ascoltiamo la riflessione del cardinale Achille Silvestrini, al microfono di Sergio Centofanti:

 

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R. – Il primo grande attentato terroristico diventa un po’ come il riferimento ideale e morale per condannare il terrorismo, per unirsi contro il terrorismo. Nel dialogo con le fedi religiose è necessario fare di tutto perché non ci sia più la contrapposizione, non si strumentalizzi il nome di Dio per questo scatenarsi di odio. Ad un certo punto il mondo si ritrova unito in un unico sentimento: ricordo e pietà per le vittime e stigmatizzazione di queste tentazioni terribili.

 

D. – Il Papa in questi giorni ha detto che servono fermezza e decisione nel combattere gli operatori di morte ma nello stesso tempo ha rilanciato il suo appello: “Mai più la guerra, sconfitta della ragione e dell’umanità”…

 

R. – Oggi non è più possibile considerare la guerra come uno strumento di risoluzione delle controversie internazionali. La guerra va bandita come tale, perché la guerra è negazione della vita, distruzione. L’insegnamento che Giovanni Paolo II ha dato, con tanta forza l’anno scorso, quando si preparava la guerra in Iraq, trova una conferma: se questa guerra non ci fosse stata, oggi avremo probabilmente una situazione meno aspra, meno dura, forse più recuperabile. Oggi ci troviamo veramente in una situazione di difficoltà accresciuta, moltiplicata.

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DAL CONVEGNO DELLE ACLI IL MINISTRO PISANU ANNUNCIA:

PRESTO ANCHE IN ITALIA UNA CONSULTA ISLAMICA

- Con noi, Luigi Bobba -

 

"Gli estremisti islamici in Italia sono non più del 5% dei musulmani. Dobbiamo dare voce al restante 95%". Ne è convinto il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu che stamani è intervenuto all'annuale convegno delle Acli in corso a Orvieto. Durante il dibattito il presidente dell'Associazione, Luigi Bobba, ha rilanciato la sua proposta di riforma fiscale, partendo dal quoziente familiare. Alessandro Guarasci:

 

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Gli estremisti islamici, i possibili terroristi in Italia sono una minoranza. Per il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu bisogna quindi dare voce ai moderati per costruire insieme il processo di integrazione. "I nostri interlocutori - dice Pisanu - sono gli immigrati che vengono da noi nel rispetto delle regole per lavorare e vivere pacificamente". Il ministro ha quindi ha annunciato la creazione a breve di una Consulta Islamica che non potrà però essere un luogo di effettiva rappresentanza dei musulmani in Italia, piuttosto un organismo di carattere consultivo con "persone - ha precisato Pisanu - da me scelte e di sicura fede democratica e provata lealtà istituzionale". Questa Consulta dovrà affrontare tanti temi, dalla scuola, al mondo del lavoro, al tempo libero, al tema cruciale degli imam che devono parlare italiano e dare garanzia assoluta di rispetto dell'identità nazionale.

 

Dal responsabile del Viminale è venuto inoltre un invito a non lasciare soli quei governi islamici moderati che vogliono emarginare gli estremisti. Pisanu ha anche annunciato che sta per emanare una circolare ai prefetti per promuovere gruppi multietnici e multireligiosi. Anche per monsignor Vincenzo Paglia, vescovi di Terni, le religioni possono dare un impulso al dialogo tra culture. Bisogna non avere indecisioni nel combattere il terrorismo, ma non certo bombardando il mondo. Piuttosto è necessario dare sempre più dar voce ai moderati. Ieri sera il presidente delle Acli, Luigi Bobba, è tornato ad affrontare il tema degli aiuti alle famiglie, partendo dall'introduzione del quoziente familiare.

 

“E’ vero che le famiglie paghino le loro tasse in base alla loro composizione. Se una famiglia ha un reddito di cento e sono cinque componenti, bisognerà tassare il reddito per venti; se una famiglia ha un reddito di cento ed è uno solo, sarà tassato per cento. Se non introduciamo anche questo criterio di equità orizzontale, difficilmente riusciremo a fare una politica che sia a favore delle generazioni future”.

 

Per Bobba poi bisogna consentire di votare a chi ha 16 anni. Un modo per dare voce ai giovani e costruire la società del futuro. 

 

Da Orvieto, Alessandro Guarasci, Radio Vaticana.  

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ATTRIBUITI ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

I RICONOSCIMENTI DELLE DUE GIURIE CATTOLICHE, IL PREMIO “SIGNIS” (EX OCIC)

E QUELLO “SERGIO TRASATTI – VENEZIA CINEMA”

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

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“Un film è capace di intercettare i desideri dell’umano, l’esistenza concreta delle persone. Anche coloro che sono impegnati a diffondere una cultura cinematografica, proprio perché questa riguarda l’uomo, sono chiamati a interrogarsi sulle domande poste dal credo religioso”. Queste parole del Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, sono state rivolte ai membri della giuria cattolica Signis (ex Ocic), che hanno, alla luce di questa indicazione, determinato il vincitore del Premio Signis di questa edizione della Mostra veneziana. Viene annunciato per noi da Carlo Tagliabue, regista e giurato.

 

“Il premio è andato al film svizzero, tra l’altro un’opera prima: “Tutto un inverno senza fuoco”, che è un titolo che riguarda chiaramente la stagione ma è anche una metafora dell’inverno dell’anima, segnata dalla sofferenza. Quindi, il fuoco va riacceso e questa rivitalizzazione viene data soltanto attraverso la condivisione della sofferenza. Quando i protagonisti vengono da mondi diversi e hanno in comune il fatto di avere sofferto profondamente il mettere insieme e condividere la loro sofferenza porta appunto ad una rinascita, e questo ci è sembrato un film da premiare, sia per questo cammino in cui il dolore segna anche la nascita della speranza, sia perché è un film girato in maniera esteticamente rigorosa. La menzione speciale è stata data ad un film coreano, che aveva un titolo altrettanto emblematico: “La casa vuota”. Dunque, la casa qui riguarda proprio la persona, il vuoto dell’anima che viene colmato solo quando si incontra un altro che ci fa uscire e ci rende liberi, come ha detto il regista”.

 

Il Premio “Sergio Trasatti – Venezia Cinema” della Rivista del Cinematografo dell’Ente dello Spettacolo è stato assegnato, invece, a “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio che, afferma la motivazione, “affrontando con serrata capacità di sguardo l’esperienza di una relazione con i disabili, consegna un’opera sincera e diretta”. La Cerimonia di Premiazione dei Leoni e premi ufficiali si  terrà oggi pomeriggio nel rinato Teatro La Fenice.

 

Da Venezia, Luca Pellegrini per Radio Vaticana.

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                          IL VANGELO DI DOMANI

 

Domani, 12 settembre, 24a Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci presenta le tre parabole della pecora smarrita, della dramma perduta e del figlio prodigo. Ai farisei e agli scribi che mormorano perché lo vedono mangiare con i peccatori,  Gesù dice:

 

“Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. 

 

Su queste parole ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Mentre i peccatori si avvicinano a Cristo, i farisei e gli scribi brontolano proprio per il fatto che Cristo accoglie i peccatori. Cristo è venuto per redimere l’umanità dal peccato e da tutto ciò che ne deriva. Perciò i peccatori, consci del buio nel quale si trovano e della morte che si impossessa di loro, cercano il Signore che è la misericordia, la luce che fa vivere.

 

Cristo vede la durezza del cuore di quelli che si ritengono giusti e che dunque non hanno bisogno del Salvatore e perciò si sentono autorizzati ad osservarlo, criticarlo e a giudicarlo. Perciò rivolgendosi a loro comincia a raccontare le parabole della pecora smarrita, della dramma perduta, e del figliol prodigo, sperando che coglieranno la gioia dell’amore di Dio Padre, che non vuole perdere nessuno. Ma chi è convinto di essere giusto, di essere a posto non si commuove davanti all’amore del Padre ed il suo cuore vive una specie di sclerosi, incapace di gioire con Colui che spolvera tutta la terra per trovare l’ultima dramma perduta.

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CHIESA E SOCIETA’

11 settembre 2004

 

 

“AMARE GERUSALEMME COME SIMBOLO DELLA CONVIVENZA TRA FEDI DIVERSE”:

 E’ L’APPELLO CONTENUTO NELLA LETTERA INVIATA

DAL CARDINALE CARLO MARIA  MARTINI AI PARTECIPANTI

 AL CONVEGNO SULLA “CITTA’ SANTA” IN CORSO A CAMALDOLI

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

camaldoli.= Gerusalemme da simbolo della paura deve diventare simbolo della convivenza per tutti i credenti: è l’auspicio espresso dal cardinale Carlo Maria Martini nella lettera inviata all’annuale convegno organizzato a Camaldoli, in provincia di Arezzo, dalla rivista dei Dehoniani “Il Regno”. Il cardinale Martini invita a “scrutare nelle nebbie e nelle incertezze del presente”, davanti “a una quasi voluta strategia del caos”, per scorgere la volontà di Dio per il bene del nostro popolo e di tutti i popoli. Occorre “uno sguardo di fede” osserva il cardinale uno sguardo “che sappia leggere dentro le vicende umane il mistero dell’amore di Dio che conduce a salvezza un’umanità fragile e peccatrice, ma che la rende anche capace di eroismo e di sacrificio”. Il porporato, che vive e studia nella “città santa”, sottolinea “l’importanza unica” che essa riveste per ogni cristiano e per ogni “cittadino del mondo”. Ma prosegue non si può “parlare di Gerusalemme senza amarla” e senza provare “un affetto intenso” anche per il popolo ebraico. Questo precisa “non significa distanza dagli altri popoli, in particolare dal popolo palestinese, ma al contrario vicinanza e solidarietà” con tutti, rinunciando a pronunciare facili giudizi e condanne preconcette. Il porporato invita i cristiani ad “intercedere” per Gerusalemme, nel senso etimologico della parola, cioè “camminare in mezzo, non inclinando né da una parte né dall’altra, pregando ugualmente per tutti”. “Minareti e campanili – è l’auspicio espresso dal cardinale – debbono diventare simboli di rispetto e di accoglienza per tutti”. E il porporato testimonia gli sforzi e i piccoli, faticosi successi nel dialogo interreligioso: “Ho incontrato israeliani colpiti da lutti nelle proprie famiglie a causa della guerra - racconta il cardinale Martini - i quali superando l’orrore per quanto è avvenuto hanno deciso di incontrarsi regolarmente con famiglie palestinesi pure esse in lutto a causa della violenza. Insieme lavorano, con la forza e l’autorevolezza che è data loro anche dai loro morti, per un futuro di riconciliazione”. E commenta: “Tutti coloro che lavorano in questo senso, spesso nel silenzio e nel nascondimento, hanno capito che la pace ha un prezzo e che ciascuno deve cominciare a pagare la propria parte”. Al convegno di Camaldoli è giunto anche il messaggio di mons. Luis Sako, arcivescovo di Kirkuk dei Caldei, sulla difficile situazione dei cristiani in Iraq. Il presule lancia un appello alla comunità internazionale affinché i cristiani non siano costretti ad abbandonare il Paese ma possano portare il proprio contributo alla riconciliazione e alla ricostruzione dell’Iraq.

 

 

OGGI A TRICHUR, LA CAPITALE DEL KERALA IN INDIA, SI TIENE UNA MANIFESTAZIONE

 DI PROTESTA CONTRO L’INDIFFERENZA DELLE AUTORITÀ PER LA MORTE DI PADRE

JOB CHITTILLAPPILLY, ASSASSINATO IL 28 AGOSTO SCORSO,

 MA, SECONDO ALCUNE FONTI, SAREBBE STATO FINALMENTE ARRESTATO IL COLPEVOLE

 

mumbai. = Scendono in piazza i fedeli dell’arcidiocesi di Trichur, nel Kerala, per chiedere alle autorità indiane maggiore impegno nella ricerca dei colpevoli e dei mandanti dell’omicidio di padre Job Chittilappilly. Giovedì scorso le autorità della diocesi di Irinjalakuda avevano chiuso tutti gli istituti e manifestato per lo stesso motivo. E’ stato inoltre costituito un comitato di 250 persone con lo scopo di ottenere un’indagine da parte del Dipartimento investigativo centrale.  Padre Chittilappilly è stato assassinato lo scorso 28 agosto nella sua parrocchia di Nostra Signora delle Grazie nel villaggio di Thuruthiparambu nella città di Chalakudy. Il sacerdote è stato aggredito mentre era in casa a recitare il Rosario. Secondo fonti dell’agenzia Misna la polizia avrebbe finalmente arrestato il presunto colpevole. Si tratterebbe di un esponente del Bjp (Bharatiya Janata Party), partito nazionalista induista. L’arrestato si chiama Reghu Kamar, ha 25 anni e avrebbe già confessato l’assassinio. Secondo le indagini preliminari, l’uomo avrebbe pugnalato a morte il sacerdote cattolico perché temeva che potesse convincere gli indù a convertirsi al cristianesimo e perché avrebbe “costituito un ostacolo al rinnovamento” di un tempio induista situato sempre a Thuruthiparambu. Il tempio, adiacente alla chiesa di Nostra Signora delle Grazie, era chiuso da circa 20 anni, dopo l’uccisione del suo “sacerdote” indù e in base a una credenza locale avrebbe potuto riprendere l’attività solo dopo il sacrificio di un altro prete. Il Kerala è conosciuto anche come “il Paese di Dio” per una forte presenza cristiana tra la popolazione (19%). Trichur è la diocesi più antica della Chiesa siro-malabarica. Il segretario generale della Conferenza episcopale indiana (Cbci), monsignor Percival Fernandez, ha ricordato che “i cristiani in Kerala hanno vissuto in pace e armonia per secoli e l’omicidio di padre Job è un tentativo di creare tensione tra le comunità da parte di persone in malafede”. La Cbci ha infine chiesto al governo del Kerala un’inchiesta a livello statale sul tragico episodio. (I.I.)

 

 

RISPETTO DELL’INTEGRITA’ TERRITORIALE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA

DEL CONGO, PATTO DI NON AGGRESSIONE TRA TUTTI GLI STATI DELLA REGIONE,

 CREAZIONE DI UN ESERCITO NAZIONALE UNIFICATO: queste le PROPOSTE

 PER RISOLVERE LA CRISI DEL PAESE CONTENUTE

IN UN MEMORANDUM DEI VESCOVI CONGOLESI

 

KINSHASA.= “A nome della Conferenza episcopale nazionale del Congo salutiamo con gratitudine gli sforzi infaticabili operati da lei e dal suo governo per aiutare la classe politica del nostro Paese a trovare una soluzione pacifica, giusta e concreta alla crisi che attraversa da oltre 6 anni la Repubblica Democratica del Congo”. Così mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani e presidente dell’episcopato congolese ha salutato il capo di Stato sudafricano Thabo Mbeki, che si è recato in visita nella Repubblica Democratica del Congo. Il Sudafrica è da tempo impegnato in una difficile mediazione per riportare la pace nel Paese dell’Africa centrale. I vescovi congolesi hanno affidato a Thabo Mbeki un memorandum. “Gli avvenimenti politici degli ultimi mesi, caratterizzati da colpi di forza, la guerra di Bukavu, i massacri di Gatumba e la dissidenza di un’ala del ‘Rassemblement congolais pour la démocratie’ dimostrano, se ce ne fosse stato bisogno, come gli equilibri politici e sociali rimangano fragili”, ha scritto il presidente dell’Episcopato congolese. Il presule si è riferito in particolare alla situazione del Congo orientale, dove, negli ultimi mesi, dissidenti del RCD (il principale gruppo della guerriglia che ha aderito al processo di pace) hanno attaccato la città di Bukavu. Il 13 agosto, alcune centinaia di profughi congolesi sono stati uccisi a Gatumba, in Burundi, dove si erano rifugiati per timore di rappresaglie. Mons. Monsengwo ha ricordato inoltre che “la Conferenza episcopale ha sempre auspicato che la crisi politica nella RDC venisse risolta non dalla guerra e dalle armi ma dal dialogo, nel pieno rispetto del diritto nazionale e internazionale: diritto degli Stati (integrità territoriale e sovranità nazionale), diritto delle persone e diritti dei gruppi umani”. “La Conferenza episcopale nazionale del Congo - prosegue mons. Monsengwo - deplora e condanna la volontà di chi vuole in modo subdolo introdurre e consolidare nel Paese i semi dell’ideologia etnocentrista estranea alla cultura del nostro Paese, che conta 400 etnie. Sarebbe un peccato che la questione della nazionalità sia imprigionata in una problematica sulla minoranza etnica falsata da considerazioni di ordine politico”. Nel memorandum, si ricorda che la Chiesa auspica la creazione di un esercito nazionale unificato, la firma di un patto di non aggressione tra tutti gli Stati della regione e la previsione di  sanzioni nei confronti di chi viola la Costituzione o commette crimini contro l’umanità. Nel 2005 nella Repubblica Democratica del Congo si terranno le elezioni legislative. (I.I.)

 

 

NUOVO APPELLO DELLA CARITAS INTERNATIONALIS PER L’ANGOLA.

CHIESTI PIU’ DI 180 MILA DOLLARI PER FAR FRONTE ALLA CRISI UMANITARIA

PRODOTTA DA 27 ANNI DI GUERRA CIVILE. L’OBIETTIVO E’ AIUTARE

 IL PAESE A RAGGIUNGERE L’AUTOSUFFICIENZA ECONOMICA

 

LUANDA. = Nuovo appello della “Caritas Internationalis” per l’emergenza umanitaria in Angola. La Caritas chiede più di 180 mila dollari per “Ways of progress”, un programma della durata di 10 mesi a sostegno delle diocesi africane. L’obiettivo è porre fine al disastro sociale ed economico prodotto da 27 anni di guerra civile mettendo in luce la sofferenza del popolo angolano dimenticato tra le numerose aree di conflitto e di crisi in Africa. Più di 100 mila persone, infatti, versano in condizioni di forte insicurezza alimentare e malnutrizione. A questo si aggiunge il problema dei rifugiati: dal cessate il fuoco del 2002 quasi 4 milioni sono rientrati nelle regioni di origine. Di questi il 70 per cento ha affrontato il viaggio di ritorno senza alcun sostegno da parte delle autorità locali e delle organizzazioni umanitarie facendo i conti con ponti distrutti, strade dissestate e mine inesplose ormai disseminate ovunque.  “Con un aiuto significativo a quanti si ristabiliscono nelle terre libere dalle mine, il Paese potrà presto rendere la propria agricoltura autosufficiente e perfino produrre eccedenze per assicurarsi riserve di sementi e sicurezza alimentare per il futuro”, osserva “Caritas Internationalis”, manifestando soddisfazione per l’aumento della produzione agricola locale dalla firma degli accordi di pace del 2002. (R.P.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

11 settembre 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

In Iraq un capitano della polizia, impegnato nella lotta contro il terrorismo, è morto in seguito ad un attacco contro la propria pattuglia a Samawa, città a 270 chilometri da Baghdad. Le forze irachene sono state al centro anche di altri episodi di violenza. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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A Baquba un colonnello della guardia nazionale irachena, suo figlio e l’autista sono stati uccisi questa mattina da quattro uomini armati. Nella città sunnita è stata sequestrata, inoltre, la famiglia di un altro colonnello: i rapitori hanno preso in ostaggio l’ufficiale, la moglie e i loro tre figli. Lo hanno reso noto oggi fonti di polizia precisando che il sequestro è avvenuto mercoledì scorso. Episodi di violenza si sono verificati anche a Baghdad dove ieri sono stati uccisi tre libanesi in seguito ad un fallito tentativo di sequestro; un’autobomba, inoltre, è esplosa senza provocare feriti davanti ad una chiesa avventista. E sempre nella capitale si è aperto, stamani, il processo contro il soldato dell’intelligence militare americana, Armin Cruz, accusato di aver compiuto abusi sui prigionieri del carcere di Abu Ghraib. L’uomo, il primo agente dei servizi segreti a finire sotto processo, si è dichiarato colpevole davanti ad una Corte marziale ed è stato condannato ad otto mesi di carcere. Prosegue, intanto, la mobilitazione per ottenere il rilascio delle due operatrici umanitarie italiane sequestrate in Iraq. Una fiaccolata pacifica e silenziosa, alle quale hanno partecipato almeno 80 mila persone ha attraversato ieri le strade del centro di Roma. E nell’ambito della missione volta a favorire il rilascio delle due italiane, il sottosegretario agli Esteri, Margherita Boniver, è arrivata infine a Damasco dove ha incontrato le responsabili dell’associazionismo femminile siriano.

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E questa sera è prevista un’altra manifestazione: a scendere nelle piazze italiane saranno gli aderenti all’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia con fiaccole contro il terrorismo e a favore della pace. Il vero islam, ripetono i fedeli musulmani in Italia, non predica la violenza. Appelli per un immediato rilascio di Simona Pari e Simona Torretta sono stati rivolti dall’Unione islamica in occidente, la più antica organizzazione musulmana in Europa, e dal Centro islamico culturale di Roma. A Milano ha lanciato un appello anche il presidente del Centro islamico del capoluogo lombardo, Ali Abù Shwàima. Ascoltiamolo al microfono di Francesca Sabatinelli:

 

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R. – Noi condanniamo il rapimento delle due volontarie italiane, oltre che perché contrario al pensiero islamico e alla cultura islamica, perché colpisce due donne che sono portatrici di pace e di sostegno per il popolo iracheno. Speriamo che Dio riesca a dare a queste persone un po’ di umanità e di fede, se ce l’hanno la fede, affinché liberino queste ragazze. Io voglio sottolineare che è necessario ricordare che sono stati rapiti anche due iracheni e quindi non si deve distinguere tra italiani o iracheni, quando cadono in mano di gente disumana. Dobbiamo rivolgere un appello affinché vengano liberati tutti i sequestrati a prescindere dalla loro nazionalità. Dobbiamo manifestare in tutte le piazze contro il terrorismo e contro la guerra.

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Ad un mese dalle elezioni presidenziali in Afghanistan, il presidente Hamid Karzai ha deciso di sostituire un importante governatore locale e potente signore della guerra. Si tratta di Ismail Khan, padrone assoluto della provincia di Herat, nominato ministro dell’Industria e delle Miniere. Qualche giorno fa il portavoce di Karzai, intervenendo sulla situazione della provincia di Herat, aveva anticipato “un più ampio piano teso ad assicurare maggiore stabilità alla regione sul lungo periodo”.

 

Un’autobomba è esplosa questa mattina davanti ad una banca a Gedda, nell’ovest dell’Arabia Saudita. La deflagrazione - ha riferito l’emittente Al Arabiya – ha causato il ferimento di almeno una persona.

 

Un’altra cellula terroristica sarebbe attiva in Indonesia e potrebbe presto colpire il Paese con un secondo attentato. A lanciare l’allarme terrorismo è stato Mick Keelty, capo della polizia australiana, citato dalla Bbc. L’Australia, intanto, ha stanziato 3,5 milioni di dollari per le indagini sull’attentato dinamitardo costato la vita a nove persone e compiuto, giovedì scorso, contro la propria ambasciata a Giakarta.

 

Strage di Beslan: il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha accusato il capo dei ribelli indipendentisti ceceni, Shamil Basayev, di avere diretto personalmente il sanguinoso assalto nella scuola.

 

Dopo tre giorni l’esercito israeliano ha lasciato questa mattina il settore di Jabaliya, a nord della striscia di Gaza. I soldati si sono ritirati ma alcuni blindati hanno preso posizione ai bordi dei blocchi stradali di Erez. Ieri sono stati uccisi 3 palestinesi, tra i quali un ragazzo, e altri 50 sono stati feriti.

 

Tornata elettorale domani ad Hong Kong per il rinnovo del Consiglio Legislativo. Più di tre milioni, su una popolazione di circa sette milioni, le persone chiamate alle urne. L’appuntamento nella ex colonia britannica rappresenta lo scrutinio più importante dopo il suo ritorno sotto il controllo cinese.

 

Sono passati due anni dall’11 settembre 2001 quando morirono, in seguito agli attacchi terroristici al World Trade Center, al Pentagono e nei cieli della Pennsylvania, circa 2800 persone. Ma oltre agli Stati Uniti, c’è un altro Paese che oggi ricorda il suo 11 settembre. È il Cile, dove trent’anni fa – l’11 settembre del 1973 – i militari guidati dal generale Augusto Pinochet hanno rovesciato con un golpe il presidente Salvador Allende, rimasto ucciso negli scontri. Nel Paese sudamericano sono state organizzate diverse cerimonie per ricordare la figura di Allende. La vedova dell’ex capo di Stato cileno ha partecipato ad una celebrazione religiosa all’interno del palazzo presidenziale, luogo dell’assassinio di suo marito. Molte persone, inoltre, si sono radunate sotto la statua eretta in onore di Allende, all’esterno della Moneda.

 

In Colombia, il governo ha proposto all’Esercito di liberazione nazionale (Eln) la cessazione delle ostilità e la liberazione delle persone sequestrate come “punto di partenza” per riprendere il processo di pace da tempo interrotto. Come contropartita l’esecutivo di Bogotà, che non chiederà la smobilitazione dell’organizzazione, offre la liberazione di un certo numero di guerriglieri.

 

Continua ad aumentare il numero delle vittime della furia dell’uragano Ivan che sta devastando i Caraibi e si sta dirigendo verso la Florida. Secondo l’ultimo bilancio, sono 27 le persone che hanno perso la vita. Negli Stati Uniti è stata disposta l’evacuazione delle Florida Keys, le isole all’estremità meridionale dello Stato.

 

 

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