RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
255 - Testo della trasmissione di sabato 11 settembre 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Convegno
a Camaldoli su Gerusalemme: lettera del cardinale Carlo Maria Martini
In Iraq ucciso un
generale della guardia nazionale e sequestrata la famiglia di un colonnello.
Otto mesi di carcere ad un soldato dell’intelligence militare americana accusato di aver compiuto abusi sui prigionieri del
carcere di Abu Ghraib
Ad Hong Kong tre milioni
e duecento mila persone attese domani alle urne per rinnovare il consiglio
legislativo.
11
settembre 2004
“ASSICURO LA MIA VICINANZA AL POPOLO DEGLI STATI
UNITI E MI UNISCO A VOI
NELLA
PREGHIERA PER LA FINE DEL FLAGELLO DEL TERRORISMO
E PER L’AFFERMARSI DI UNA CIVILTÀ DELL’AMORE”:
COSI’ IL PAPA AI VESCOVI USA DELLE PROVINCE DI
PHILADELPHIA E NEWARK,
IN VISITA AD LIMINA A CASTEL GANDOLFO.
IL PAPA HA
PARLATO DI “GOVERNANCE” DELLA CHIESA E DI RINNOVAMENTO SPIRITUALE DOPO LA CRISI
DI FIDUCIA SEGUITA AGLI SCANDALI DI ABUSI SESSUALI
Nel terzo anniversario dell’11
settembre il Papa ha rivolto il suo pensiero al popolo americano pregando
perché finisca il terrorismo. Lo ha fatto nel saluto ai vescovi degli Stati
Uniti d’America delle province ecclesiastiche di Philadelphia e Newark,
ricevuti a Castel Gandolfo in visita ad Limina Apostolorum. Il Papa però ha
scelto di parlare soprattutto di “governance” della Chiesa. Il servizio di
Fausta Speranza:
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“Assicuro la mia vicinanza al
popolo degli Stati Uniti”. Queste le prime parole rivolte ai vescovi americani
dal Papa che aggiunge: “mi unisco a voi nella preghiera per la fine del
flagello del terrorismo e per l’affermarsi di una civiltà dell’amore”.
Dopo gli interventi dei giorni
scorsi relativi alla drammatica attualità, il Papa spiega che la sua
riflessione di oggi si concentra sul mandato dei successori degli Apostoli. E
afferma: i vescovi devono essere stimati non soltanto per l’autorità e il
“sacro potere” ma tra tutti devono riconoscersi per la loro vita autenticamente
apostolica e la loro testimonianza. Il Papa fa presente che molti dei vescovi
ricevuti hanno confessato la propria preoccupazione per la crisi di fiducia che
ha colpito la leadership della Chiesa negli Stati Uniti dopo i recenti scandali
di abusi sessuali. E’ una generale chiamata di responsabilità ad ogni livello e
per quanto riguarda i rapporti tra vescovi, sacerdoti e fiducia dei laici. E il
Papa invita gli uomini di Chiesa a radicare il “sacro potere, che
legittimamente esercitano,
nell’autorità morale di una vita completamente segnata dalla
consacrazione in Cristo e dalla missione”.
Il vescovo sia, dunque,
“testimone, maestro, modello di santità”. “L’esperienza – dice – mostra che
quando la priorità viene data ad una fermezza esteriore, lo slancio alla
personale conversione, al rinnovamento ecclesiale e allo zelo missionario può
perdersi e un falso senso di sicurezza può sopraggiungere.” “Il doloroso periodo di auto esame imposto
dai fatti degli ultimi due anni porterà frutto sul piano spirituale – avverte
Giovanni Paolo II – solo se richiama tutta la comunità cattolica in America ad
una comprensione approfondita dell’autentica natura e missione della Chiesa e
ad un più intenso impegno a riflettere in ogni aspetto della vita la luce di
Cristo.”
E il Papa usa un’espressione
forte per dirsi “convinto che oggi, come nei momenti più critici della sua
storia, la Chiesa troverà le risorse per un autentico rinnovamento nel
discernimento, nella visione, nello zelo dei vescovi”. La storia insegna –
aggiunge - che in passato la chiesa si è autenticamente rinnovata quando è
tornata alle sue origini purificando le sue istituzioni alla luce del Vangelo.
Ma il Papa si richiama al passato anche per ricordare che il fermo e saggio
esercizio dell’autorità apostolica, particolarmente in momenti di crisi, ha
reso la Chiesa in grado di preservare la sua integrità, indipendenza e fedeltà
al Vangelo. Con un altro richiamo all’ultimo sinodo, il Papa ricorda l’invito
emerso affinché ogni vescovo sviluppi uno stile pastorale sempre più aperto
alla collaborazione con tutti. “Se il vescovo rimane responsabile delle
decisioni che è chiamato a prendere nell’esercizio del suo governo pastorale,
la comunione ecclesiale presuppone la partecipazione di ogni categoria dei
fedeli a seconda delle loro responsabilità”.
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MARIA, MADRE
DELL’INTERO GENERE UMANO, POSSA INFONDERE NEL CUORE DI TUTTI
UN AMORE CAPACE DI APRIRE L’ANIMO ALLE SOFFERENZE
DEGLI ALTRI.
COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO AI PARTECIPANTI
DEL XVII COLLOQUIO INTERNAZIONALE DI MARIOLOGIA
- A cura di Barbara Castelli -
“Maria veglia sul mondo, dove i suoi figli, protesi verso la patria
beata, percorrono il cammino della fede fra non pochi pericoli e affanni”. Con
queste parole Giovanni Paolo II saluta i partecipanti al XVII Colloquio
Internazionale di Mariologia. All’incontro, che si chiuderà il prossimo 12
settembre a Rovigo, “eminenti studiosi di mariologia e tanti devoti di Maria”
rifletteranno sul tema “Lo sguardo di Maria sul mondo contemporaneo”. In un messaggio
inviato a mons. Lucio Soravito de Franceschi, vescovo di Adria-Rovigo, il Papa
tesse così una luminosa icona della Vergine Celeste, “madre dell’intero genere
umano”. “Gli occhi di Maria – si legge nel documento – fissano innanzitutto la
Santissima Trinità, nel mistero di ineffabile amore che unisce
indissolubilmente le tre Persone divine. Contemplando il Padre, il Verbo e lo
Spirito Santo, la Vergine si sente come proiettata verso l’umanità per
esercitare nei confronti di ogni essere umano la materna missione affidatale
dal Figlio crocifisso”.
Allo sguardo materno e amorevole
di Maria, dunque, “non sfugge nessuna situazione della Chiesa, di ogni singolo
fedele e dell’intera umanità”. Scrutare lo scenario contemporaneo, frastagliato
dall’odio e dall’egoismo, con gli occhi di Maria, che indica Gesù Crocifisso
come “l’unico Salvatore”, vuol dire scoprire quell’amore capace di “aprire
l’animo alle sofferenze degli altri e particolarmente a quanti sono in cerca di
risposte valide ai profondi interrogativi dell’esistenza”. “La Vergine Santa –
conclude il Papa nel messaggio – aiuti ciascuno a comprendere come testimoniare
nella vita quotidiana la propria fede in Cristo, e con quali mezzi operare
efficacemente per la diffusione del Vangelo, restando sempre docile alle
ispirazioni dello Spirito Santo e pronto a compiere la volontà del Signore”.
NUOVE
GRAVI VIOLAZIONI DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA IN CINA:
ARRESTATI
ALTRI SACERDOTI E FEDELI CATTOLICI. LA DENUNCIA DELLA SANTA SEDE
-
Intervista con il dottor Joaquín Navarro Valls -
La
Santa Sede denuncia nuove gravi violazioni della libertà di religione in Cina
dove, sarebbero stati arrestati altri sacerdoti e fedeli cattolici. Lo ha reso
noto poco fa il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquin Navarro Valls.
Ascoltiamolo al microfono di Sergio Centofanti:
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R. – Per
quello che riguarda questa repressione nei confronti dei cattolici, abbiamo
saputo che già nella prima settimana di agosto erano stati incarcerati il
vicario generale della diocesi di Baoding, p. Paolo Huo Junlong, che è stato
prelevato dalla polizia, insieme con altri 7 sacerdoti e 2 seminaristi. E’
un’azione che naturalmente non si capisce.
D. – Ci sono altri casi
analoghi?
R. – Purtroppo ci sono altri casi. I membri della
diocesi di Baoding, detenuti o privati della libertà, a questo punto, secondo
informazioni aggiornate, sono 23 e tra questi figurano il vescovo Giacomo SU
Zhimin e il suo ausiliare mons. Francesco AN Shuxin, che sono scomparsi -
rispettivamente - nei mesi di settembre 1997 e di marzo 1996 e sono detenuti
senza giudizio e in un luogo segreto. C’è poi una notizia molto triste che ci è
giunta: alla fine di agosto è deceduto in carcere il vescovo di Yantai, mons
Giovanni Gao Kexian, di 76 anni. La salma del presule è stata consegnata dalla
polizia ai suoi familiari. Bisogna anche dire che mons. Gao era incarcerato
dalla fine degli anni '90 e di lui non si avevano notizie da tempo.
D. –
Qual è l’atteggiamento della Santa Sede di fronte a queste notizie di ripressione?
R. - Non sono note le ragioni di tali misure
repressive, e questo è già gravissimo. Se le nuove notizie pervenute corrispondono
a verità, ci si troverebbe di fronte, ancora una volta, ad una grave violazione
della libertà di religione, che è un diritto fondamentale dell'uomo. La Santa
Sede si appella al rispetto di tale diritto, sancito dalla Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, e confida che tutte le menzionate persone –
quelle che sono state incarcerate - possano essere restituite quanto prima,
secondo giustizia e non chiediamo altro se non la giustizia, alla libertà e al
loro impegno pastorale a servizio delle rispettive comunità cattoliche.
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UDIENZE E NOMINE
Oltre ai presuli della Conferenza episcopale degli
Stati Uniti d'America (regione III), in visita “ad Limina Apostolorum”,
Giovanni Paolo II ha ricevuto oggi anche il cardinale Camillo Ruini, suo
vicario generale per la diocesi di Roma e presidente della Conferenza
episcopale italiana.
Il Papa ha nominato vescovo di
Tuxtla Gutiérrez (Messico) mons. Rogelio Cabrera López, finora vescovo di
Tapachula. Mons. Cabrera è nato il 24 gennaio 1951 a Santa Catalina, Stato di
Guanajuato e diocesi di Querétaro, ed è stato ordinato sacerdote il 17 novembre
1978. In seno alla Conferenza episcopale del Messico è membro del Consiglio della
Presidenza.
Inoltre,
il Papa ha nominato il prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica,
cardinale Zenon Grocholewski, suo Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive
del X Centenario del martirio di San Benedetto da Benevento e compagni,
evangelizzatori della Polonia. Le celebrazioni avranno luogo a Benevento il 13
e 14 novembre prossimo.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Il
titolo di apertura è "Abbia fine la piaga del terrorismo".
Nell'udienza
ad un gruppo di Vescovi statunitensi in visita "ad Limina" l'appello
di Giovanni Paolo II nel terzo anniversario degli attacchi terroristici agli
Usa.
Nel
contempo il Santo Padre ha sottolineato che in ogni momento cruciale della
Storia la Chiesa trova nello zelo di Vescovi santi le risorse per un autentico
rinnovamento.
Nelle
vaticane, un articolo di Giampaolo Mattei dal titolo "Un grido che sale
dal cuore della Croazia: 'Noi apparteniamo al Papa, il Papa appartiene a
noi' ": un popolo in festa fa grata memoria del decimo anniversario del
primo pellegrinaggio del Santo Padre.
Nelle
estere, Iraq: cresce l'ansia per la sorte delle "due Simone" allo
scadere dell'ultimatum imposto dai rapitori.
Stati
Uniti: il giorno del silenzio e della memoria in ricordo delle vittime dell'11
settembre.
Nella
pagina culturale, d'apertura un elzeviro di Mario Gabriele Giordano in merito
ai premi letterari. Il titolo del contributo è "La delusione delle Muse".
Un
articolo di Carlo Pedretti dal titolo "Leonardo e l'arte sacra":
considerazioni su un tema spesso evitato dagli interpreti del pensiero del
grande artista.
Nelle
pagine italiane, l'appello del Presidente della Repubblica per la liberazione
delle due italiane sequestrate in Iraq.
Nella
notte di Roma 80.000 fiaccole per le due giovani volontarie.
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11
settembre 2004
IL MONDO RICORDA OGGI
LE STRAGI DELL’11 SETTEMBRE 2001: AI NOSTRI MICROFONI, IL PROF. ALESSANDRO
BROGI E IL CARDINALE ACHILLE SILVESTRINI
- A cura di Barbara Castelli -
11 settembre 2001: il mondo si ferma dinanzi alle scioccanti immagini
dell’insensata carneficina perpetrata dai terroristi nel cuore di New York, contro
le Twin Towers, e al Pentagono di Washington. A tre anni di distanza, ancora
risuonano con vigore le parole di Giovanni Paolo II su quella sanguinosa azione
terroristica, “un giorno buio nella storia dell’umanità” e “un terribile
affronto alla dignità dell’uomo”. “Se anche la forza delle tenebre sembra
prevalere – disse il Papa, nel corso dell’udienza generale del 12 settembre –
il credente sa che il male e la morte non hanno l’ultima parola”. E poi la
fervida preghiera, affinché sul destino dell’uomo “non prevalga la spirale
dell’odio e della violenza”. L’epicentro delle commemorazioni sarà ancora una
volta Ground Zero, l’area di sei ettari e mezzo su cui sorgeva il World Trade
Center, dove, tra l’altro, saranno di nuovo letti tutti i 2.752 nomi delle
vittime dell’attacco. Altre celebrazioni si svolgeranno a Washington e a
Shanksville, in Pennsylvania, dove alle 9:45 del mattino di tre anni fa i
passeggeri del volo United 93 riuscirono a sopraffare i dirottatori, facendo
precipitare il loro aereo diretto su Washington, forse sul Campidoglio. Le
cerimonie di commemorazione guardano con preoccupazione anche alla difficile
situazione in Iraq e in genere all‘allarme terrorismo; questioni al centro
della campagna elettorale americana per le presidenziali del novembre prossimo,
per le quali i sondaggi hanno confermato l’inversione di rotta: Bush è nettamente
in testa sul democratico Kerry. La nota di Empedocle Mafia:
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C’è una
scossa che attraversa il corpo dell’America, tre anni dopo, che porta insieme i
segni del passato e i segni del futuro. Riemergono dolore e spavento, rabbia ed
incredulità di quel giorno dell’attacco all’America e non riescono ancora a
sedimentarsi in un senso del passato, perché assieme questi sentimenti si
proiettano su un evento di gran lunga meno traumatico come l’elezione del
prossimo presidente.
Il
Paese, che si prepara a scegliere il futuro, sembra incapace di staccarsi dalla
tragedia di tre anni fa. Certo, nel profondo, è diviso sulla crisi economica e
su quella sociale; sulla guerra in Iraq e sul grado di libertà, protette
all’interno. Ma nel giorno della commemorazione, non solo di tremila morti ma
anche della fine di un sogno di inviolabilità del suolo nazionale, gli
americani si ritrovano ancora quelli colpiti dalle due torri che crollano, dal
Pentagono violato, da quel campo della Pennsylvania dove fu fatto cadere un
aereo certamente destino a colpire il Congresso a Washington. Come se il tempo
si fosse fermato, come se il loro dolore fosse unico nel mondo.
L’America
si sente sotto assedio e reagisce con la tentazione di badare solo a sé,
ignorando il resto del mondo, tranne che per cercare, stanare e colpire quel
nemico senza volto e senza Stato che chiama terrorismo. E’ questa la prova più
drammatica che l’11 settembre 2001 ha davvero cambiato l’America rispetto a se
stessa.
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“I terroristi perderanno”: hanno
ribadito, intanto, ieri i due candidati alla Casa Bianca, George Bush e John
Kerry, e con loro il capo del Pentagono, Donald Rumsfeld. Il Dipartimento di
Stato statunitense, inoltre, ha pubblicato ieri un nuovo appello alla prudenza,
chiedendo agli americani nel mondo di rimanere vigilanti di fronte alla
“minaccia continua di atti terroristici, condotti anche con armi non
convenzionali, chimiche o batteriologice, contro cittadini ed interessi
statunitensi all’estero”. A 3 anni di
distanza dagli attentati dell’11 settembre, si può dire che sono cambiati gli
equilibri mondiali? Andrea Sarubbi lo ha chiesto ad Alessandro Brogi, docente
di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università dell’Arkansas:
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R. – Nell’arco dei tre anni,
praticamente, l’estensione dell’egemonia americani, sia in termini di
geopolitica sia in termini di opinione pubblica, si è estesa molto. Questo è
dimostrato anche dai recenti sviluppi in Russia: come Mosca, all’inizio così
titubante, si sia praticamente allineata alla posizione americana, viste anche
le sue vicende domestiche.
D. – Quindi, secondo lei,
paradossalmente l’America è uscita addirittura rafforzata dall’11 settembre?
R. – Sì. Da un punto di vista di
quello che si può chiamare strategia globale o grande strategia – come viene
spesso riferita negli Stati Uniti – c’è stata, soprattutto nella zona focale di
questa stessa strategia, ossia il Medio Oriente, un’erosione lenta del consenso
islamico. Se i gruppi terroristici, e soprattutto Al Qaeda, avevano come scopo
quello di creare una specie di impero governato dalla legge islamica – questo era
lo scopo strategico degli attacchi dell’11 settembre – in questo senso hanno
fallito. C’è stata, invece, un’erosione del consenso islamico: se si tiene
presente il caso della Libia o dell’Iran, che hanno cominciato a cooperare con
gli Stati, con degli ovvi limiti.
D. – Dall’11 settembre sono
venute due guerre: l’Afghanistan e l’Iraq. Secondo lei, Bush è pronto per la
terza o ha forse capito che non è questa la strada?
R. – La tendenza di Bush sarà –
sia che sia una seconda amministrazione, sia che siano gli ultimi tre mesi
della sua amministrazione – tendenzialmente più pacifica. La guerra, quindi,
non verrà estesa in altre zone del Medio Oriente. Questa linea è determinata
anche dall’opinione pubblica all’interno degli Stati Uniti. E’ lì, infatti, che
la strategia è stata più debole.
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Sull’anniversario dell’11
settembre ascoltiamo la riflessione del cardinale Achille Silvestrini, al
microfono di Sergio Centofanti:
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R. – Il primo grande attentato
terroristico diventa un po’ come il riferimento ideale e morale per condannare
il terrorismo, per unirsi contro il terrorismo. Nel dialogo con le fedi
religiose è necessario fare di tutto perché non ci sia più la contrapposizione,
non si strumentalizzi il nome di Dio per questo scatenarsi di odio. Ad un certo
punto il mondo si ritrova unito in un unico sentimento: ricordo e pietà per le
vittime e stigmatizzazione di queste tentazioni terribili.
D. – Il Papa in questi giorni ha
detto che servono fermezza e decisione nel combattere gli operatori di morte ma
nello stesso tempo ha rilanciato il suo appello: “Mai più la guerra, sconfitta
della ragione e dell’umanità”…
R. – Oggi non è più possibile
considerare la guerra come uno strumento di risoluzione delle controversie
internazionali. La guerra va bandita come tale, perché la guerra è negazione
della vita, distruzione. L’insegnamento che Giovanni Paolo II ha dato, con
tanta forza l’anno scorso, quando si preparava la guerra in Iraq, trova una
conferma: se questa guerra non ci fosse stata, oggi avremo probabilmente una
situazione meno aspra, meno dura, forse più recuperabile. Oggi ci troviamo
veramente in una situazione di difficoltà accresciuta, moltiplicata.
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DAL CONVEGNO DELLE ACLI IL MINISTRO PISANU
ANNUNCIA:
PRESTO ANCHE IN ITALIA UNA CONSULTA ISLAMICA
- Con noi, Luigi Bobba -
"Gli estremisti islamici in
Italia sono non più del 5% dei musulmani. Dobbiamo dare voce al restante
95%". Ne è convinto il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu che stamani è
intervenuto all'annuale convegno delle Acli in corso a Orvieto. Durante il
dibattito il presidente dell'Associazione, Luigi Bobba, ha rilanciato la sua
proposta di riforma fiscale, partendo dal quoziente familiare. Alessandro
Guarasci:
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Gli estremisti islamici, i possibili
terroristi in Italia sono una minoranza. Per il ministro dell'Interno Giuseppe
Pisanu bisogna quindi dare voce ai moderati per costruire insieme il processo
di integrazione. "I nostri interlocutori - dice Pisanu - sono gli
immigrati che vengono da noi nel rispetto delle regole per lavorare e vivere
pacificamente". Il ministro ha quindi ha annunciato la creazione a breve
di una Consulta Islamica che non potrà però essere un luogo di effettiva
rappresentanza dei musulmani in Italia, piuttosto un organismo di carattere
consultivo con "persone - ha precisato Pisanu - da me scelte e di sicura
fede democratica e provata lealtà istituzionale". Questa Consulta dovrà
affrontare tanti temi, dalla scuola, al mondo del lavoro, al tempo libero, al
tema cruciale degli imam che devono parlare italiano e dare garanzia assoluta
di rispetto dell'identità nazionale.
Dal responsabile del Viminale è
venuto inoltre un invito a non lasciare soli quei governi islamici moderati che
vogliono emarginare gli estremisti. Pisanu ha anche annunciato che sta per
emanare una circolare ai prefetti per promuovere gruppi multietnici e
multireligiosi. Anche per monsignor Vincenzo Paglia, vescovi di Terni, le
religioni possono dare un impulso al dialogo tra culture. Bisogna non avere indecisioni
nel combattere il terrorismo, ma non certo bombardando il mondo. Piuttosto è
necessario dare sempre più dar voce ai moderati. Ieri sera il presidente delle
Acli, Luigi Bobba, è tornato ad affrontare il tema degli aiuti alle famiglie,
partendo dall'introduzione del quoziente familiare.
“E’ vero che le famiglie paghino
le loro tasse in base alla loro composizione. Se una famiglia ha un reddito di
cento e sono cinque componenti, bisognerà tassare il reddito per venti; se una
famiglia ha un reddito di cento ed è uno solo, sarà tassato per cento. Se non
introduciamo anche questo criterio di equità orizzontale, difficilmente
riusciremo a fare una politica che sia a favore delle generazioni future”.
Per Bobba poi bisogna consentire
di votare a chi ha 16 anni. Un modo per dare voce ai giovani e costruire la
società del futuro.
Da Orvieto, Alessandro Guarasci,
Radio Vaticana.
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ATTRIBUITI ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
I RICONOSCIMENTI DELLE DUE GIURIE CATTOLICHE, IL
PREMIO “SIGNIS” (EX OCIC)
E QUELLO “SERGIO TRASATTI – VENEZIA CINEMA”
- Servizio di Luca Pellegrini -
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“Un film è
capace di intercettare i desideri dell’umano, l’esistenza concreta delle
persone. Anche coloro che sono impegnati a diffondere una cultura cinematografica,
proprio perché questa riguarda l’uomo, sono chiamati a interrogarsi sulle
domande poste dal credo religioso”. Queste parole del Cardinale Angelo Scola,
Patriarca di Venezia, sono state rivolte ai membri della giuria cattolica
Signis (ex Ocic), che hanno, alla luce di questa indicazione, determinato il
vincitore del Premio Signis di questa edizione della Mostra veneziana. Viene
annunciato per noi da Carlo Tagliabue, regista e giurato.
“Il premio è andato al film
svizzero, tra l’altro un’opera prima: “Tutto un inverno senza fuoco”, che è un
titolo che riguarda chiaramente la stagione ma è anche una metafora
dell’inverno dell’anima, segnata dalla sofferenza. Quindi, il fuoco va riacceso
e questa rivitalizzazione viene data soltanto attraverso la condivisione della
sofferenza. Quando i protagonisti vengono da mondi diversi e hanno in comune il
fatto di avere sofferto profondamente il mettere insieme e condividere la loro
sofferenza porta appunto ad una rinascita, e questo ci è sembrato un film da
premiare, sia per questo cammino in cui il dolore segna anche la nascita della
speranza, sia perché è un film girato in maniera esteticamente rigorosa. La
menzione speciale è stata data ad un film coreano, che aveva un titolo
altrettanto emblematico: “La casa vuota”. Dunque, la casa qui riguarda proprio
la persona, il vuoto dell’anima che viene colmato solo quando si incontra un
altro che ci fa uscire e ci rende liberi, come ha detto il regista”.
Il Premio “Sergio Trasatti –
Venezia Cinema” della Rivista del Cinematografo dell’Ente dello Spettacolo è
stato assegnato, invece, a “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio che, afferma la
motivazione, “affrontando con serrata capacità di sguardo l’esperienza di una
relazione con i disabili, consegna un’opera sincera e diretta”. La Cerimonia di
Premiazione dei Leoni e premi ufficiali si
terrà oggi pomeriggio nel rinato Teatro La Fenice.
Da Venezia, Luca Pellegrini per
Radio Vaticana.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 12 settembre, 24a Domenica del Tempo Ordinario, la
liturgia ci presenta le tre parabole della pecora smarrita, della dramma
perduta e del figlio prodigo. Ai farisei e agli scribi che mormorano perché lo
vedono mangiare con i peccatori, Gesù dice:
“Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore
convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di
conversione”.
Su queste parole ascoltiamo il commento del
teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Mentre i peccatori si avvicinano
a Cristo, i farisei e gli scribi brontolano proprio per il fatto che Cristo
accoglie i peccatori. Cristo è venuto per redimere l’umanità dal peccato e da
tutto ciò che ne deriva. Perciò i peccatori, consci del buio nel quale si
trovano e della morte che si impossessa di loro, cercano il Signore che è la
misericordia, la luce che fa vivere.
Cristo vede la durezza del cuore
di quelli che si ritengono giusti e che dunque non hanno bisogno del Salvatore
e perciò si sentono autorizzati ad osservarlo, criticarlo e a giudicarlo.
Perciò rivolgendosi a loro comincia a raccontare le parabole della pecora smarrita,
della dramma perduta, e del figliol prodigo, sperando che coglieranno la gioia
dell’amore di Dio Padre, che non vuole perdere nessuno. Ma chi è convinto di
essere giusto, di essere a posto non si commuove davanti all’amore del Padre ed
il suo cuore vive una specie di sclerosi, incapace di gioire con Colui che
spolvera tutta la terra per trovare l’ultima dramma perduta.
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11
settembre 2004
“AMARE GERUSALEMME COME
SIMBOLO DELLA CONVIVENZA TRA FEDI DIVERSE”:
E’
L’APPELLO CONTENUTO NELLA LETTERA INVIATA
DAL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI AI PARTECIPANTI
AL
CONVEGNO SULLA “CITTA’ SANTA” IN CORSO A CAMALDOLI
- A cura di Ignazio Ingrao -
camaldoli.= Gerusalemme da simbolo della paura deve diventare
simbolo della convivenza per tutti i credenti: è l’auspicio espresso dal
cardinale Carlo Maria Martini nella lettera inviata all’annuale convegno
organizzato a Camaldoli, in provincia di Arezzo, dalla rivista dei Dehoniani
“Il Regno”. Il cardinale Martini invita a “scrutare nelle nebbie e nelle
incertezze del presente”, davanti “a una quasi voluta strategia del caos”, per
scorgere la volontà di Dio per il bene del nostro popolo e di tutti i popoli.
Occorre “uno sguardo di fede” osserva il cardinale uno sguardo “che sappia
leggere dentro le vicende umane il mistero dell’amore di Dio che conduce a
salvezza un’umanità fragile e peccatrice, ma che la rende anche capace di
eroismo e di sacrificio”. Il porporato, che vive e studia nella “città santa”,
sottolinea “l’importanza unica” che essa riveste per ogni cristiano e per ogni
“cittadino del mondo”. Ma prosegue non si può “parlare di Gerusalemme senza
amarla” e senza provare “un affetto intenso” anche per il popolo ebraico.
Questo precisa “non significa distanza dagli altri popoli, in particolare dal
popolo palestinese, ma al contrario vicinanza e solidarietà” con tutti, rinunciando
a pronunciare facili giudizi e condanne preconcette. Il porporato invita i
cristiani ad “intercedere” per Gerusalemme, nel senso etimologico della parola,
cioè “camminare in mezzo, non inclinando né da una parte né dall’altra,
pregando ugualmente per tutti”. “Minareti e campanili – è l’auspicio espresso
dal cardinale – debbono diventare simboli di rispetto e di accoglienza per
tutti”. E il porporato testimonia gli sforzi e i piccoli, faticosi successi nel
dialogo interreligioso: “Ho incontrato israeliani colpiti da lutti nelle
proprie famiglie a causa della guerra - racconta il cardinale Martini - i quali
superando l’orrore per quanto è avvenuto hanno deciso di incontrarsi
regolarmente con famiglie palestinesi pure esse in lutto a causa della
violenza. Insieme lavorano, con la forza e l’autorevolezza che è data loro
anche dai loro morti, per un futuro di riconciliazione”. E commenta: “Tutti
coloro che lavorano in questo senso, spesso nel silenzio e nel nascondimento,
hanno capito che la pace ha un prezzo e che ciascuno deve cominciare a pagare
la propria parte”. Al convegno di Camaldoli è giunto anche il messaggio di
mons. Luis Sako, arcivescovo di Kirkuk dei Caldei, sulla difficile situazione
dei cristiani in Iraq. Il presule lancia un appello alla comunità
internazionale affinché i cristiani non siano costretti ad abbandonare il Paese
ma possano portare il proprio contributo alla riconciliazione e alla
ricostruzione dell’Iraq.
OGGI A
TRICHUR, LA CAPITALE DEL KERALA IN INDIA, SI TIENE UNA MANIFESTAZIONE
DI PROTESTA CONTRO L’INDIFFERENZA DELLE
AUTORITÀ PER LA MORTE DI PADRE
JOB
CHITTILLAPPILLY, ASSASSINATO IL 28 AGOSTO SCORSO,
MA, SECONDO ALCUNE FONTI, SAREBBE STATO
FINALMENTE ARRESTATO IL COLPEVOLE
mumbai. = Scendono in piazza i fedeli dell’arcidiocesi di
Trichur, nel Kerala, per chiedere alle autorità indiane maggiore impegno nella ricerca
dei colpevoli e dei mandanti dell’omicidio di padre Job Chittilappilly. Giovedì
scorso le autorità della diocesi di Irinjalakuda avevano chiuso tutti gli
istituti e manifestato per lo stesso motivo. E’ stato inoltre costituito un
comitato di 250 persone con lo scopo di ottenere un’indagine da parte del
Dipartimento investigativo centrale.
Padre Chittilappilly è stato assassinato lo scorso 28 agosto nella sua
parrocchia di Nostra Signora delle Grazie nel villaggio di Thuruthiparambu
nella città di Chalakudy. Il sacerdote è stato aggredito mentre era in casa a
recitare il Rosario. Secondo fonti dell’agenzia Misna la polizia avrebbe
finalmente arrestato il presunto colpevole. Si tratterebbe di un
esponente del Bjp (Bharatiya Janata Party), partito nazionalista induista.
L’arrestato si chiama Reghu Kamar, ha 25 anni e avrebbe già confessato
l’assassinio. Secondo le indagini preliminari, l’uomo avrebbe pugnalato a morte
il sacerdote cattolico perché temeva che potesse convincere gli indù a
convertirsi al cristianesimo e perché avrebbe “costituito un ostacolo al
rinnovamento” di un tempio induista situato sempre a Thuruthiparambu. Il
tempio, adiacente alla chiesa di Nostra Signora delle Grazie, era chiuso da
circa 20 anni, dopo l’uccisione del suo “sacerdote” indù e in base a una
credenza locale avrebbe potuto riprendere l’attività solo dopo il sacrificio di
un altro prete. Il Kerala è conosciuto anche come
“il Paese di Dio” per una forte presenza cristiana tra la popolazione (19%). Trichur
è la diocesi più antica della Chiesa siro-malabarica. Il
segretario generale della Conferenza episcopale indiana (Cbci), monsignor
Percival Fernandez, ha ricordato che “i cristiani in Kerala hanno vissuto in
pace e armonia per secoli e l’omicidio di padre Job è un tentativo di creare
tensione tra le comunità da parte di persone in malafede”. La Cbci ha infine
chiesto al governo del Kerala un’inchiesta a livello statale sul tragico
episodio. (I.I.)
RISPETTO DELL’INTEGRITA’ TERRITORIALE DELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA
DEL CONGO, PATTO DI NON AGGRESSIONE TRA TUTTI GLI
STATI DELLA REGIONE,
CREAZIONE
DI UN ESERCITO NAZIONALE UNIFICATO: queste
le PROPOSTE
PER RISOLVERE LA CRISI DEL PAESE CONTENUTE
IN UN MEMORANDUM DEI
VESCOVI CONGOLESI
KINSHASA.= “A nome della Conferenza episcopale nazionale del Congo salutiamo con gratitudine gli sforzi infaticabili operati da lei e dal suo governo per aiutare la classe politica del nostro Paese a trovare una soluzione pacifica, giusta e concreta alla crisi che attraversa da oltre 6 anni la Repubblica Democratica del Congo”. Così mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani e presidente dell’episcopato congolese ha salutato il capo di Stato sudafricano Thabo Mbeki, che si è recato in visita nella Repubblica Democratica del Congo. Il Sudafrica è da tempo impegnato in una difficile mediazione per riportare la pace nel Paese dell’Africa centrale. I vescovi congolesi hanno affidato a Thabo Mbeki un memorandum. “Gli avvenimenti politici degli ultimi mesi, caratterizzati da colpi di forza, la guerra di Bukavu, i massacri di Gatumba e la dissidenza di un’ala del ‘Rassemblement congolais pour la démocratie’ dimostrano, se ce ne fosse stato bisogno, come gli equilibri politici e sociali rimangano fragili”, ha scritto il presidente dell’Episcopato congolese. Il presule si è riferito in particolare alla situazione del Congo orientale, dove, negli ultimi mesi, dissidenti del RCD (il principale gruppo della guerriglia che ha aderito al processo di pace) hanno attaccato la città di Bukavu. Il 13 agosto, alcune centinaia di profughi congolesi sono stati uccisi a Gatumba, in Burundi, dove si erano rifugiati per timore di rappresaglie. Mons. Monsengwo ha ricordato inoltre che “la Conferenza episcopale ha sempre auspicato che la crisi politica nella RDC venisse risolta non dalla guerra e dalle armi ma dal dialogo, nel pieno rispetto del diritto nazionale e internazionale: diritto degli Stati (integrità territoriale e sovranità nazionale), diritto delle persone e diritti dei gruppi umani”. “La Conferenza episcopale nazionale del Congo - prosegue mons. Monsengwo - deplora e condanna la volontà di chi vuole in modo subdolo introdurre e consolidare nel Paese i semi dell’ideologia etnocentrista estranea alla cultura del nostro Paese, che conta 400 etnie. Sarebbe un peccato che la questione della nazionalità sia imprigionata in una problematica sulla minoranza etnica falsata da considerazioni di ordine politico”. Nel memorandum, si ricorda che la Chiesa auspica la creazione di un esercito nazionale unificato, la firma di un patto di non aggressione tra tutti gli Stati della regione e la previsione di sanzioni nei confronti di chi viola la Costituzione o commette crimini contro l’umanità. Nel 2005 nella Repubblica Democratica del Congo si terranno le elezioni legislative. (I.I.)
NUOVO APPELLO DELLA CARITAS
INTERNATIONALIS PER L’ANGOLA.
CHIESTI PIU’ DI 180 MILA DOLLARI
PER FAR FRONTE ALLA CRISI UMANITARIA
PRODOTTA DA 27 ANNI DI GUERRA
CIVILE. L’OBIETTIVO E’ AIUTARE
IL PAESE A RAGGIUNGERE L’AUTOSUFFICIENZA ECONOMICA
LUANDA.
= Nuovo appello della “Caritas Internationalis” per l’emergenza umanitaria in
Angola. La Caritas chiede più di 180 mila dollari per “Ways of progress”, un
programma della durata di 10 mesi a sostegno delle diocesi africane.
L’obiettivo è porre fine al disastro sociale ed economico prodotto da 27 anni
di guerra civile mettendo in luce la sofferenza del popolo angolano dimenticato
tra le numerose aree di conflitto e di crisi in Africa. Più di 100 mila
persone, infatti, versano in condizioni di forte insicurezza alimentare e
malnutrizione. A questo si aggiunge il problema dei rifugiati: dal cessate il
fuoco del 2002 quasi 4 milioni sono rientrati nelle regioni di origine. Di
questi il 70 per cento ha affrontato il viaggio di ritorno senza alcun sostegno
da parte delle autorità locali e delle organizzazioni umanitarie facendo i
conti con ponti distrutti, strade dissestate e mine inesplose ormai disseminate
ovunque. “Con un aiuto significativo a
quanti si ristabiliscono nelle terre libere dalle mine, il Paese potrà presto
rendere la propria agricoltura autosufficiente e perfino produrre eccedenze per
assicurarsi riserve di sementi e sicurezza alimentare per il futuro”, osserva
“Caritas Internationalis”, manifestando soddisfazione per l’aumento della
produzione agricola locale dalla firma degli accordi di pace del 2002. (R.P.)
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11
settembre 2004
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq un capitano della
polizia, impegnato nella lotta contro il terrorismo, è morto in seguito ad un
attacco contro la propria pattuglia a Samawa, città a 270 chilometri da
Baghdad. Le forze irachene sono state al centro anche di altri episodi di
violenza. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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A Baquba un colonnello della
guardia nazionale irachena, suo figlio e l’autista sono stati uccisi questa
mattina da quattro uomini armati. Nella città sunnita è stata sequestrata,
inoltre, la famiglia di un altro colonnello: i rapitori hanno preso in ostaggio
l’ufficiale, la moglie e i loro tre figli. Lo hanno reso noto oggi fonti di
polizia precisando che il sequestro è avvenuto mercoledì scorso. Episodi di
violenza si sono verificati anche a Baghdad dove ieri sono stati uccisi tre
libanesi in seguito ad un fallito tentativo di sequestro; un’autobomba,
inoltre, è esplosa senza provocare feriti davanti ad una chiesa avventista. E
sempre nella capitale si è aperto, stamani, il processo contro il soldato
dell’intelligence militare americana, Armin Cruz, accusato di aver compiuto
abusi sui prigionieri del carcere di Abu Ghraib. L’uomo, il primo agente dei
servizi segreti a finire sotto processo, si è dichiarato colpevole davanti ad
una Corte marziale ed è stato condannato ad otto mesi di carcere. Prosegue,
intanto, la mobilitazione per ottenere il rilascio delle due operatrici
umanitarie italiane sequestrate in Iraq. Una fiaccolata pacifica e silenziosa,
alle quale hanno partecipato almeno 80 mila persone ha attraversato ieri le
strade del centro di Roma. E nell’ambito della
missione volta a favorire il rilascio delle due italiane, il sottosegretario
agli Esteri, Margherita Boniver, è arrivata infine a Damasco dove ha incontrato
le responsabili dell’associazionismo femminile siriano.
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E questa sera è prevista
un’altra manifestazione: a scendere nelle piazze italiane saranno gli aderenti
all’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia con fiaccole
contro il terrorismo e a favore della pace. Il vero islam, ripetono i fedeli
musulmani in Italia, non predica la violenza. Appelli per un immediato rilascio
di Simona Pari e Simona Torretta sono stati rivolti dall’Unione islamica in
occidente, la più antica organizzazione musulmana in Europa, e dal Centro
islamico culturale di Roma. A Milano ha lanciato un appello anche il presidente
del Centro islamico del capoluogo lombardo, Ali Abù Shwàima. Ascoltiamolo al
microfono di Francesca Sabatinelli:
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R. – Noi condanniamo il
rapimento delle due volontarie italiane, oltre che perché contrario al pensiero
islamico e alla cultura islamica, perché colpisce due donne che sono portatrici
di pace e di sostegno per il popolo iracheno. Speriamo che Dio riesca a dare a
queste persone un po’ di umanità e di fede, se ce l’hanno la fede, affinché
liberino queste ragazze. Io voglio sottolineare che è necessario ricordare che
sono stati rapiti anche due iracheni e quindi non si deve distinguere tra
italiani o iracheni, quando cadono in mano di gente disumana. Dobbiamo
rivolgere un appello affinché vengano liberati tutti i sequestrati a
prescindere dalla loro nazionalità. Dobbiamo manifestare in tutte le piazze
contro il terrorismo e contro la guerra.
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Ad un mese dalle elezioni
presidenziali in Afghanistan, il presidente Hamid Karzai ha deciso di
sostituire un importante governatore locale e potente signore della guerra. Si
tratta di Ismail Khan, padrone assoluto della provincia di Herat, nominato
ministro dell’Industria e delle Miniere. Qualche giorno fa il portavoce di
Karzai, intervenendo sulla situazione della provincia di Herat, aveva
anticipato “un più ampio piano teso ad assicurare maggiore stabilità alla
regione sul lungo periodo”.
Un’autobomba è esplosa questa
mattina davanti ad una banca a Gedda, nell’ovest dell’Arabia Saudita. La
deflagrazione - ha riferito l’emittente Al Arabiya – ha causato il ferimento di
almeno una persona.
Un’altra cellula terroristica
sarebbe attiva in Indonesia e potrebbe presto colpire il Paese con un secondo
attentato. A lanciare l’allarme terrorismo è stato Mick Keelty, capo della
polizia australiana, citato dalla Bbc. L’Australia, intanto, ha stanziato 3,5
milioni di dollari per le indagini sull’attentato dinamitardo costato la vita a
nove persone e compiuto, giovedì scorso, contro la propria ambasciata a Giakarta.
Strage di Beslan: il ministro
degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha accusato il capo dei ribelli
indipendentisti ceceni, Shamil Basayev, di avere diretto personalmente il
sanguinoso assalto nella scuola.
Dopo tre giorni l’esercito
israeliano ha lasciato questa mattina il settore di Jabaliya, a nord della
striscia di Gaza. I soldati si sono ritirati ma alcuni blindati hanno preso
posizione ai bordi dei blocchi stradali di Erez. Ieri sono stati uccisi 3
palestinesi, tra i quali un ragazzo, e altri 50 sono stati feriti.
Tornata elettorale domani ad
Hong Kong per il rinnovo del Consiglio Legislativo. Più di tre milioni, su una
popolazione di circa sette milioni, le persone chiamate alle urne.
L’appuntamento nella ex colonia britannica rappresenta lo scrutinio più
importante dopo il suo ritorno sotto il controllo cinese.
Sono passati due anni dall’11
settembre 2001 quando morirono, in seguito agli attacchi terroristici al World
Trade Center, al Pentagono e nei cieli della Pennsylvania, circa 2800 persone.
Ma oltre agli Stati Uniti, c’è un altro Paese che oggi ricorda il suo 11
settembre. È il Cile, dove trent’anni fa – l’11 settembre del 1973 – i militari
guidati dal generale Augusto Pinochet hanno rovesciato con un golpe il
presidente Salvador Allende, rimasto ucciso negli scontri. Nel Paese sudamericano
sono state organizzate diverse cerimonie per ricordare la figura di Allende. La
vedova dell’ex capo di Stato cileno ha partecipato ad una celebrazione
religiosa all’interno del palazzo presidenziale, luogo dell’assassinio di suo
marito. Molte persone, inoltre, si sono radunate sotto la statua eretta in
onore di Allende, all’esterno della Moneda.
In Colombia, il governo ha
proposto all’Esercito di liberazione nazionale (Eln) la cessazione delle
ostilità e la liberazione delle persone sequestrate come “punto di partenza”
per riprendere il processo di pace da tempo interrotto. Come contropartita
l’esecutivo di Bogotà, che non chiederà la smobilitazione dell’organizzazione,
offre la liberazione di un certo numero di guerriglieri.
Continua ad aumentare il numero
delle vittime della furia dell’uragano Ivan che sta devastando i Caraibi e si
sta dirigendo verso la Florida. Secondo l’ultimo bilancio, sono 27 le persone
che hanno perso la vita. Negli Stati Uniti è stata disposta l’evacuazione delle
Florida Keys, le isole all’estremità meridionale dello Stato.
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