RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 253 - Testo della trasmissione di giovedì 9 settembre 2004

 

Sommario

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Costruttori di famiglie come santuari mariani domestici, schierati contro l’aborto e la cultura della morte che ferisce il mondo: l’invito del Papa al Movimento internazionale di Schönstatt, ricevuto in udienza

 

In un messaggio del Pontefice, celebrati i cento anni dell’incoronazione della statua di Nostra Signora della Concezione Aparecida, regina del Brasile

 

E’ urgente bandire dal mondo la guerra ma nello stesso tempo servono fermezza e decisione nel combattere gli operatori di morte: continuano a far riflettere le parole del Santo Padre nel messaggio all’incontro di Milano promosso dalla Comunità di S. Egidio: il commento del cardinale Roberto Tucci.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Italia con il fiato sospeso per la sorte delle due volontarie rapite in Iraq, mentre bambini e genitori iracheni manifestano a Baghdad per la loro liberazione. A Falluja, raid aerei americani contro la guerriglia provocano vittime tra i civili: ai nostri microfoni Fabio Alberti, Marco Buono e don Giuseppe Bonini

 

Un grave attentato ha colpito stamani l’Indonesia quando un’autobomba è esplosa a Jakarta nei pressi dell’ambasciata australiana causando la morte di almeno 8 persone: intervista con Emanuele Giordana

 

Tradurre la Bibbia nella lingua dei segni per i sordi: è il progetto di un gruppo ecumenico internazionale: con noi don Gino Cortesi

 

Alla mostra del cinema di Venezia, il tema del rapporto tra genitori e figli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Presentata ieri a Milano dal cardinale Tettamanzi la seconda tappa del percorso diocesano triennale

 

“No agli attentati contro la vita e la famiglia”: così l’arcivescovo di Lahore, durante il pellegrinaggio nazionale pakistano al santuario di Mariamabad

 

Inoltrata una richiesta al Parlamento filippino per approvare una legge sul sostegno dei contribuenti alla Chiesa, sul modello diffuso in alcuni Paesi europei

 

Ordinato vescovo ieri a Napoli mons. Bruno Forte: guiderà la diocesi di Chieti-Vasto

 

Centinaia di bambini e giovani misteriosamente assassinati in Honduras

 

La piaga dei suicidi: ogni 40 secondi nel mondo un uomo si toglie la vita. Lo riferisce l’OMS in un comunicato reso noto oggi a Ginevra

 

Il gesuita padre Sporschill riceve la medaglia d’oro intitolata al filantropo Schweitzer

 

24 ORE NEL MONDO:

In Pakistan almeno 50 morti per un raid dell’aviazione di Islamabad contro presunte postazioni di militanti islamici affiliati ad Al Qaeda

 

In Israele il premier Sharon è intenzionato a proporre al Paese un referendum sul ritiro da Gaza.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 settembre 2004

 

COSTRUTTORI DI FAMIGLIE COME SANTUARI MARIANI DOMESTICI,

SCHIERATI CONTRO L’ABORTO E LA CULTURA DELLA MORTE CHE FERISCE IL MONDO: L’INVITO DEL PAPA AL MOVIMENTO INTERNAZIONALE DI SCHÖNSTATT,

RICEVUTO IN UDIENZA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Siate “fari luminosi” che difendono la vita e la famiglia, in un mondo sul quale si allunga l’ombra di “una crescente cultura di morte”. E’ la consegna che Giovanni Paolo II ha affidato questa mattina ai duemila rappresentanti del Movimento internazionale Schönstatt ricevuti in udienza. Fondato il 18 ottobre di novant’anni fa da padre Josef Kentenich, un giovane professore della Società dei Pallottini, il Movimento di Schönstatt – che prende il nome dalla frazione tedesca del comune di Vallendar dove nacque - si sviluppò sulle fondamenta di una profonda spiritualità mariana. Diffuso oggi in 40 Paesi - particolarmente in Germania, Argentina, Brasile e Cile, ma con strutture anche in Italia - il Movimento unisce in sé una federazione di comunità autonome ma unite dallo stesso carisma che vede impegnati laici, famiglie, sacerdoti e religiose, con milioni di pellegrini che visitano i piccoli santuari mariani custoditi da coloro che continuano l’opera di padre Kentenich.

 

A loro, attraverso la delegazione radunata oggi nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, il Papa ha chiesto di continuare, sull’esempio del loro fondatore, ad impegnarsi contro la “crudele” pratica di morte dell’aborto e in favore della crescita cristiana delle famiglie. Siano dei “santuari” domestici, ha auspicato il Pontefice, guidati da Maria Madre ed educatrice. “La nostra Chiesa – ha proseguito Giovanni Paolo II – ha bisogno di rinvigorire la vita religiosa e l’attività apostolica. In questo impegno sono unite tra loro molte comunità ecclesiali e movimenti spirituali svegliati, alla soglia del Terzo Millennio, dallo Spirito di Dio. Sono una risposta provvidenziale alle molte e nuove sfide del nostro tempo”.

 

Il Papa ha poi rivolto un augurio per il nuovo Santuario dedicato a Maria Madre della Chiesa, che il Movimento di Schönstatt sta costruendo a Roma insieme ad un Centro internazionale. L’Ancilla Domini, ha concluso Giovanni Paolo II, “vi accompagni e vi guidi nel vostro servizio ecclesiale per la Chiesa e renda sempre più trasparente il volto della Mater ecclesiae nel corpo di Cristo”.

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IN UN MESSAGGIO DEL PONTEFICE, CELEBRATI I CENTO ANNI DELL’INCORONAZIONE

DELLA STATUA DI NOSTRA SIGNORA DELLA CONCEZIONE APARECIDA,

REGINA DEL BRASILE. IL PAPA HA INVITATO LO STATO SUDAMERICANO

AD APPROFONDIRE LA FEDE IN DIO, PERCHE’ EVITI I CONDIZIONAMENTI

DEL SECOLARISMO E L’INGERENZA RELIGIOSA DELLE SETTE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un Brasile rafforzato nella propria identità cristiana, alzata come scudo contro i pericoli del consumismo e del secolarismo e contro l’influenza negativa delle sette religiose. In un messaggio all’arcivescovo di Aparecida, Raymund Damasceno Assis, Giovanni Paolo II celebra - con uno sguardo sulla situazione sociale dell’immenso Stato sudamericano - il centenario dell’incoronazione della statua di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che esattamente cento anni fa Papa Pio X nominava Regina del Brasile.

 

Ieri, nel Santuario di Aparecida, è stata celebrata una Messa solenne, presieduta dall’inviato speciale del Papa, il cardinale Araújo Sales, per ricordare il secolo di una storia, iniziata ancor prima, nel 1717, quando la statuetta della Madonna apparve tra le reti di alcuni pescatori. Col passare del tempo, quell’immagine sacra  è divenuta un’icona della devozione mariana del Paese: il simbolo di una fede, scrive il Papa, talvolta “imperfetta”, ma anche commovente nella sua sincerità, che spinge alla ricerca di Dio attraverso il ricorso a Maria. Il Papa ha affidato nuovamente il Brasile alla protezione di Nostra Signora della Concezione Aparecida ed ha pregato perché in quella terra regni l’ospitalità, la cordialità e la capacità di dialogo che sappia unire più che dividere.

 

 

ALTRE UDIENZE

 

Il Papa ha ricevuto oggi nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo il ministro degli Esteri di Serbia e Montenegro Vuk Drašković, con la consorte e seguito; successivamente ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d' America (Regione III), in visita "ad Limina”.

 

 

E’ URGENTE BANDIRE DAL MONDO LA GUERRA MA NELLO STESSO TEMPO SERVONO FERMEZZA E DECISIONE NEL COMBATTERE GLI OPERATORI DI MORTE:

CONTINUANO A FAR RIFLETTERE LE PAROLE DEL PAPA NEL MESSAGGIO ALL’INCONTRO

 DI MILANO PROMOSSO DALLA COMUNITA’ DI S. EGIDIO

- Il commento del cardinale Roberto Tucci -

 

“Mai più la guerra!”, “perseverare nel dialogo”, “non cedere alla logica della violenza”: continuano a far riflettere le parole di pace pronunciate dal Papa in questi giorni di grave recrudescenza del terrorismo. Nello stesso tempo – ha detto  Giovanni Paolo II - servono “fermezza e decisione nel combattere gli operatori di morte”. Su questi concetti, ribaditi ancora una volta dal Pontefice, ascoltiamo il commento del cardinale Roberto Tucci, al microfono di Rosario Tronnolone:

 

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R. – La condanna della guerra, di nuovo una condanna insistita, radicale, da parte del Papa, conferma che la guerra non è il sistema per poter fronteggiare il terrorismo. E’ anche vero però che ci vuole una lotta al terrorismo implacabile, senza remore, senza ‘se’ e ‘ma’. Quindi, il terrorismo va condannato in maniera assoluta e vanno usati tutti i mezzi possibili, conformi al diritto internazionale e nel rispetto dei diritti umani. Soprattutto insisterei sui mezzi non militari, anche se non escludo in certi casi, metti per esempio si sappia dell’esistenza di un campo di addestramento di terroristi, un’azione militare mirata in questo senso. Bisogna stare attenti piuttosto a tutto quello che riguarda il bloccare i finanziamenti, i canali di finanziamento del terrorismo; esercitare una pressione anche economica, oltre che politica e diplomatica, su tutti gli Stati arabi e gli Stati dei Paesi a maggioranza islamica non arabi. Devono sapere che qualsiasi atto in favore del terrorismo viene a danneggiare il Paese. E poi la collaborazione tra le intelligence: una maggiore collaborazione nel mondo dei Paesi democratici, stando attenti – ribadisco – a non coinvolgere in questa condanna e in questa lotta al terrorismo il mondo islamico nella sua interezza. E’ vero che il mondo islamico tende, un po’ per omertà, per senso di unione alla stessa religione, più facilmente, non dico a giustificare, ma ad attenuare la condanna. Bisogna aiutare il grande mondo musulmano – sono più di un miliardo di persone – a non sentirsi implicati in questa condanna, in questa lotta al terrorismo, altrimenti avremo sempre più difficoltà, perché il terrorismo, che è un fenomeno minoritario nel mondo islamico, possa trovare sempre più adepti nel mondo musulmano.

 

D. – Il Papa mette in guardia contro il diffondersi di una mentalità, secondo cui questo conflitto tra le religioni, tra le civiltà, è quasi inevitabile. Il mondo sta abbandonando la speranza che la pace sia possibile?

 

R. – Io direi che il libro di Huntington sullo scontro tra le religioni non dice che sia inevitabile lo scontro, ma dice che il pericolo c’è. Ecco, questo pericolo effettivamente esiste. Però io credo non si debba parlare di uno scontro di civiltà, anche perché il mondo religioso islamico comincia a smuoversi, a non essere più così tetragono nella difesa del terrorismo, come era agli inizi.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Il brutale ricatto del terrorismo".

Indonesia: un potente ordigno esplode di fronte alla sede dell'Ambasciata d'Australia a Jakarta. Nove morti ed oltre cento persone ferite. 

In evidenza l'Iraq con un articolo dal titolo "Il cuore del mondo è con le volontarie rapite". Appelli anche dall'Islam per la liberazione di Simona Torretta e Simona Pari.

 

Nelle vaticane, il discorso del Papa al Movimento internazionale di Schonstatt: attraverso la Croce e la Vergine Maria rendere le vostre case "santuari domestici della Chiesa".

 

Nelle estere, Medio Oriente: modificato da Sharon il tracciato del muro in Cisgiordania.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Claudio Toscani sull'opera di Giorgio Barberi Squarotti intitolata "Il tragico cristiano".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la vicenda delle due giovani rapite in Iraq. La Farnesina attiva tutti i canali diplomatici per giungere al loro rilascio.

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 settembre 2004

 

 

ITALIA CON IL FIATO SOSPESO PER LA SORTE DELLE DUE VOLONTARIE RAPITE

IN IRAQ, MENTRE BAMBINI E GENITORI IRACHENI MANIFESTANO

A BAGHDAD PER LA LORO LIBERAZIONE.

A FALLUJA, RAID AEREI AMERICANI CONTRO LA GUERRIGLIA

PROVOCANO VITTIME TRA I CIVILI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Paura, speranza, angoscia: l’Italia segue, con il fiato sospeso, gli sviluppi del rapimento di Simona Pari e Simona Torretta, le due volontarie italiane di “Un Ponte per…” prese in ostaggio in Iraq assieme a due colleghi iracheni, martedì scorso. Intanto, nelle ultime ore, si registrano nuove vittime in operazioni belliche, soprattutto nella città di Falluja. La roccaforte della guerriglia irachena sunnita ha subito nella notte pesanti bombardamenti da parte delle forze americane. Purtroppo, ancora una volta, nei raid sono rimasti uccisi dei civili, tra cui alcuni bambini, come ci riferisce Alessandro Gisotti:

 

Circa 30 morti e decine di feriti: è questo per ora il bilancio di violenti bombardamenti effettuati nella notte dalle forze multinazionali contro la città di   Tal-Afar, a soli 75 chilometri dal confine con la  Siria, e in raid aerei americani contro la città di Falluja, ad ovest della capitale irachena. Gli attacchi su Falluja sono ripresi ieri sera dopo che lunedì sette marine erano stati uccisi da un’autobomba. In un comunicato, l'esercito americano sostiene di aver preso di mira un edificio frequentato da terroristi vicini al giordano al Zarqawi. Proprio un gruppo che si autodefinisce guidato da al Zarqawi afferma oggi in un sito islamico che quattro dei suoi combattenti sono stati uccisi durante i bombardamenti americani. Sul fronte diplomatico, il presidente iracheno Ghazi el Jawar, in visita oggi a Berlino, ha sollecitato la cancellazione del debito per il suo Paese. La Giordania non chiuderà la propria  ambasciata in Iraq nonostante le minacce recapitate dalle Brigate Islamiche Hussein. Dal canto suo, la Corte costituzionale della Costa Rica ha ordinato al governo di ritirare il Paese dalla lista dei membri della coalizione che ha sostenuto la guerra anglo-americana in Iraq. Intanto, continuano ad emergere gli orrori del regime di Saddam Hussein: una fossa comune contenente decine di cadaveri di curdi è stata scoperta vicino alla città nord irachena di Halabja. Il 16 marzo 1988, l’aviazione del dittatore iracheno bombardò con armi chimiche la città curda di Halabja uccidendo in pochi minuti 5.000 persone e provocando migliaia di feriti. 

 

Torniamo alla drammatica vicenda di Simona Pari e Simona Torretta, le operatrici umanitarie di “Un Ponte per …” rapite in Iraq da un commando terrorista. Stamani, alcune decine di bambini hanno manifestato a Baghdad chiedendo la loro liberazione. I piccoli, accompagnati dai genitori, si sono radunati nella piazza del Paradiso, nel centro della capitale irachena. Anche il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha chiesto l’immediato rilascio delle volontarie. Il rapimento è stato rivendicato da un gruppo che si proclama “Ansar al-Zawahiri”. Tuttavia, gli esperti ritengono non attendibile la rivendicazione. Il governo italiano, dal canto suo, ha inviato il sottosegretario agli Esteri, Boniver, in missione in cinque Paesi arabi. Si moltiplicano, quindi, gli sforzi su più fronti per ottenere il rilascio delle due volontarie. E ieri, Fabio Alberti, presidente dell’Ong “Un Ponte per…” ha levato un accorato appello per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta:

 

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Noi non abbiamo altra risorsa per la liberazione degli operatori che quello che loro stavano facendo e il sostegno del movimento internazionale”.

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Il rapimento delle due operatrici umanitarie ha colpito profondamente il mondo delle organizzazioni non governative italiane attive in Iraq. Tuttavia, il presidente dell’associazioni delle Ong, Sergio Marelli, ha dichiarato oggi che “il mondo del volontariato italiano non ha intenzione di lasciare l'Iraq”. Tra le Ong maggiormente impegnate in favore della popolazione irachena c’è Intersos. Antonella Palermo ha chiesto a Marco Buono, capo-missione per l’Iraq dell’organizzazione umanitaria, quale possa essere la strategia perseguita dai rapitori:

 

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R. – Sono convinto che sia una mossa politica e che sia sicuramente indirizzata contro i cittadini italiani, in primo luogo. Colpire il Paese e l’opinione pubblica italiana.

 

D. – Che idea ti sei fatto della strategia dei rapimenti in Iraq?

 

R. – In Iraq in questo momento c’è una situazione militare e una situazione di sviluppo civile. Il progetto che sta marciando è quello verso le elezioni democratiche. Le prime elezioni per la costituente sarebbero in programma a febbraio. L’obiettivo di questi gruppi è quello di far deragliare questo processo. Questi gruppi non sono per niente interessati ad un processo democratico, non hanno nessun interesse alle elezioni. Il giorno in cui si andasse alle elezioni, scoprirebbero di essere una minoranza, perché quella che io con un termine europeo chiamo “maggioranza silenziosa” è la maggioranza della popolazione che semplicemente vuole un Iraq nella pace e un Iraq prospero economicamente. Questi signori non sono interessati a questo tipo di prospettiva. Colpire lo straniero, colpire le Ong che stanno lavorando per pacificare il Paese, significa colpire quelli che vogliono un Iraq democratico, che non è il loro obiettivo.

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Con il passare delle ore, cresce l’angoscia per le famiglie delle due ragazze rapite. Momenti in cui i famigliari trovano forza nella preghiera. Ai nostri microfoni, don Giuseppe Bonini - per molti anni parroco della Chiesa San Girolamo di Rimini - testimonia lo stato d’animo della famiglia di Simona Pari, dopo un incontro nell’abitazione di Rimini:

 

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R. – L’ho trovata in un dolore profondo ma molto composto. C’è una grande speranza. La signora gentilmente mi ha detto: “Vogliamo alimentare la speranza anche con la preghiera”. Quindi, nella Chiesa parrocchiale di San Gerolamo ci sarà un’ora di adorazione dalle 17.00 alle 18.00 e poi seguirà la Santa Messa. Che si preghi molto. Noi abbiamo fiducia, per una ragazza che stava spendendo la sua vita nel dono totale di sé per gli altri.

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GRAVE ATTENTATO STAMANI IN INDONESIA:

UN’AUTOBOMBA E’ ESPLOSA A JAKARTA NEI PRESSI DELL’AMBASCIATA AUSTRALIANA

CAUSANDO LA MORTE DI ALMENO 8 PERSONE

- Intervista con Emanuele Giordana -

 

Una violenta esplosione ha scosso questa mattina il centro della capitale indonesiana Jakarta. Nella deflagrazione, avvenuta davanti all’ambasciata australiana, hanno perso la vita almeno 8 persone, mentre altre 100 sono rimaste ferite. Tutto il personale dell’ambasciata è stato evacuato. Sconosciuti al momento gli autori di quello che – secondo il ministro degli Esteri di Canberra, Alexander Downer – sembrerebbe “chiaramente un attacco contro l’Australia”. Il servizio di Maurizio Pascucci:

 

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         Una colonna di fumo alta 50 metri, un’imponente struttura metallica e di recinzione divelta, vetri rotti in edifici che distano 5 chilometri dall’ambasciata australiana. Ma l’immagine puntualmente descritta da tutti i testimoni oculari in queste ore è quella di una motocicletta in fiamme con sopra, accasciato, il corpo senza vita dell’uomo che la guidava. Un attacco parzialmente atteso quello di oggi. Solo la scorsa settimana, i ministeri degli Esteri di Stati Uniti e Australia avevano consigliato ai propri cittadini di non recarsi a Jakarta. Le fonti di intelligence sul luogo indicavano la possibilità di attentati negli alberghi della capitale, dove si ritrovano gli occidentali. Oggi però a rimetterci non sono stati gli impiegati dell’ambasciata australiana – solo alcuni presentano ferite minori – ma comuni passanti e persone, che facevano la fila davanti al portone della sede diplomatica. Il ministro degli Esteri australiano, Alexander Downer, non ha avuto dubbi e ha definito l’accaduto “un attacco contro l’Australia”. Downer è andato anche oltre, puntando il dito contro Jemaah Islamiah, l’organizzazione radicale islamica che vanta presunti legami con Al Qaeda e che rivendicò anche gli attentati di Bali nel 2002 e all’Hotel Marriott di Jakarta, nell’agosto del 2003. Fino ad ora, però, le autorità indonesiane non hanno fatto alcun riferimento ad eventuali rivendicazioni.


Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.

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Per la terza volta in poco tempo – dopo la discoteca di Bali nell’ottobre 2002 e l’Hotel Marriott di Jakarta, ad agosto 2003 – vengono dunque colpiti, in Indonesia, obiettivi occidentali. L’Australia, in particolare, è ancora una volta nel mirino del terrorismo. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Emanuele Giordana, esperto di Indonesia, dell’Agenzia di Stampa Lettera 22:

 

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R. – Gli australiani sembrano sicuri del fatto che si tratti di un attacco diretto a loro e organizzato dalla Jemaah Islamiah, che però è una nebulosa della galassia   islamica indonesiana, di cui sappiamo poco. E’ stato un movimento largamente inquinato nel suo passato dai servizi segreti indonesiani. E’ un attacco, comunque, che favorisce in questo momento il primo ministro John Howard, uscito indebolito dalla vicenda irachena, perché i laburisti gli hanno rivolto contro l’opinione pubblica in buona parte contraria a questa guerra. Ma in questo momento ricava un appoggio perché la popolazione indonesiana, ricordando la bomba di Bali del 2002 che uccise oltre 180 australiani, si sente probabilmente accerchiata.

 

D. – Questo attentato sembra simile a quello dell’Hotel Marriott a Jakarta condotto nel 2003 da gruppi legati ad Al Qaeda. Quindi, potrebbe esserci questo unico filo conduttore?

 

R. – Direi di sì, perché in Indonesia non c’è una tradizione di martiri. La logica del kamikaze è recentissima e comincia proprio con il Marriott che potrebbe essere continuata con l’attentato di oggi. Quanto alla vicenda di Al Qaeda, in realtà si è parlato molto spesso dei legami della Jemah Islamiah con Al Qaeda, ma sono rapporti che non sono di fatto provati. L’unica testimonianza emersa durante i processi di Bali era in realtà una voce riportata da un uomo della Jemah Islamiah che diceva di aver saputo di un finanziamento di Al Qaeda alla Jemah islamiah. Qui però non ci sono prove. L’unico testimone che effettivamente potrebbe parlare è un presunto integralista arrestato un po’ di tempo fa, di cui però non sappiamo molto. Sarebbe interessante conoscere che cosa quest’uomo, presunto legame tra i gruppi locali ed Al Qaeda, potrebbe raccontare al riguardo.

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Rammarico per le vittime, rifiuto della violenza, denuncia dell’uso strumentale della religione: sono alcuni dei contenuti di un comunicato dei vescovi indonesiani dopo l’attentato all’ambasciata australiana a Jakarta. Il documento dei vescovi - anticipato dall’Agenzia Fides - esprime il rammarico e il disappunto per l’ulteriore atto di terrore che ha colpito la nazione indonesiana, e dichiara la vicinanza e la solidarietà della Chiesa alle famiglie delle vittime.

 

 

TRADURRE LA BIBBIA NELLA LINGUA DEI SEGNI PER I SORDI:

E’ IL PROGETTO DI UN GRUPPO  ECUMENICO INTERNAZIONALE

- Intervista con don Gino Cortesi -

 

Si conclude oggi ad Assisi il 12° Meeting organizzato dal Gruppo Internazionale Ecumenico di lavoro per il servizio pastorale dei sordi, dal tema: “La traduzione della Bibbia nella lingua dei segni”: si tratta di un progetto che vede impegnati esperti luterani, anglicani e cattolici. Il servizio di Monia Parente:

 

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Stimolati dall’urgenza pastorale dell’annuncio della Parola del Signore ai non udenti, ricchi dell’eredità dei primi grandi educatori come De L’Epée e Silvestri, ma soprattutto aperti all’utilizzo delle nuove frontiere della tecnologia, biblisti, teologi ed esperti della lingua dei segni, appartenenti alle varie Chiese cristiane si interrogano sulla possibilità di tradurre la Bibbia nella lingua dei non udenti. Don Gino Cortesi, membro del direttivo del Gruppo internazionale ecumenico di lavoro per il servizio pastorale dei sordi, che ha promosso l’iniziativa, ci parla del progetto:

 

“Ci stiamo orientando in questo modo: ogni nazione prenderà  in consegna un libro particolare della Scrittura, lo tradurrà nella lingua dei segni e ad un prossimo convegno verrà confrontato; quindi verrà creata una Bibbia universale nella lingua dei segni per tutti i non udenti, che credo possa essere interessante anche per gli udenti”.

 

Rivolto agli specialisti, ma aperto a tutti, il Meeting è un momento di confronto tra le Chiese nel servizio, nella carità e nel ministero verso fratelli considerati, fino a poco più di un secolo fa, gli ultimi, perché esclusi dall’annuncio della Parola. Oggi molti non udenti sono diventati ministri della Parola e, attualmente, sette sono sacerdoti cattolici. Un bilancio sul lavoro fatto ma con lo sguardo verso il futuro: ancora don Cortesi…

 

“Un confronto, ma soprattutto guardando avanti. Negli ultimissimi tempi per i sordi c’è stato davvero un grosso vantaggio che arriva dall’elettronica e dai mezzi tecnici. Basti pensare che il telefono e la radio non sono accessibili ai sordi. Ma prima con la televisione, poi con i computer, i dvd, anche per i sordi c’è oggi molta possibilità di comunicare e di interagire. Quindi questi strumenti della modernissima tecnologia noi li mettiamo a servizio di questa categoria. Ecco allora la necessità di tradurre la Parola del Signore, la Bibbia, nella lingua dei segni, perché questi mezzi tecnici la possono supportare. Stiamo anche studiando con l’AIES (Associazione Italiana Educatori dei Sordi), la traduzione simultanea della parola parlata in lingua dei segni e di questo si sta occupando in particolare l’Università di Siena”.

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ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA,

IL TEMA DEL RAPPORTO TRA GENITORI E FIGLI

 

In Concorso a Venezia “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio e “Piccoli Ladri” di Marziyeh Meshkini. Due film che affrontano coraggiosamente il tema del rapporto genitori e figli in situazioni di grande dolore ma anche irriducibile speranza. Il servizio di Luca Pellegrini.

 

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Le chiavi di casa sono quelle che Paolo conserva come un trofeo, simbolo di quella autonomia e libertà che non potrà mai avere. Ha quindici anni, ma ne dimostra molti di meno col suo corpo contorto. La mente va e viene, le sue reazioni sono imprevedibili, così come la sua arguzia. Quando nacque, la mamma che lo metteva al mondo moriva, il papà Gianni, interpretato con valore da Kim Rossi Stuart, lo rifiutava. Ma ora? Da quell “ora” Gianni Amelio comincia la sua storia forte e intensa, attesissima a Venezia. Gianni vede per la prima volta il ragazzino disabile: lo accompagna a Berlino per una settimana di cure. Il loro rapporto è altalenante, ma la situazione, lo si capisce, è dominata e condotta dal figlio, non dal padre. Che subisce l’inevitabile metamorfosi: dall’insicurezza e paura iniziali alla conoscenza e rispetto per una vita “diversa”. Amelio si ispira al romanzo di Giuseppe Pontiggia “Nati due volte”, vera storia di un vero padre e di un vero figlio disabile. Perché dire vero tre volte? Perché il problema del film è proprio sulla questione della verità: Paolo è interpretato da Andrea Rossi che davvero è così.

 

Ma fino a dove si stende il confine tra recitazione e vita? Fino a che punto si rispetta il dolore altrui immergendo in una dichiarata finzione tutto il mondo che gravita attorno a questi genitori e figli? E quanto questo dolore non diventa - parlando in termini di cinema, s’intende - funzionale all’ispirazione di un facile senso di pietà che convoglia riconoscimenti e applausi? Certamente, è un vademecum più che giusto quello che Amelio ci insegna, soprattutto attraverso le paure e la testimonianza di Charlotte Rampling, anche lei madre provata: chi è nudo davanti alla sofferenza, in questi casi, è il genitore, non il figlio. E commuove e inchioda la terribile domanda interiore: “Perché non muori?”, che questa mamma si fa guardando la figlia che a sua volta la guarda con occhi disperati.

 

Disperazione, mai rassegnazione, anche negli occhi di altri bambini che sono dei veri “Piccoli ladri”, questo il titolo dell’elegante e avvincente film di Marziyeh Meshkini, moglie e allieva di Mohsen Makhmalbaf. E’ ambientato nell’Afghanistan spaventosamente segnato da venticinque anni di guerra. E’ struggente l’errare dei due splendidi, piccoli protagonisti tra buoni e cattivi, uomini e bestie, soldati e civili. Siamo oltre al neo-realismo (anche se viene funzionalmente citato “Ladri di biciclette” di De Sica) perché è una realtà non ricostruita anche se generata da una sceneggiatura. Siamo anche dalle parti del fiero, mai lacrimevole, esempio di cinema iraniano che adotta storie popolari per raccontare e tramandare. Se anche lo fa con manierismo, esso è diventato una nobile caratteristica e una cifra indiscussa di valore stilistico. “Piccoli ladri” potrebbe aspirare ad un meritato riconoscimento.

 

Da Venezia, Luca Pellegrini per Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

9 settembre 2004

 

PRESENTATA IERI A MILANO LA SECONDA TAPPA

DEL PERCORSO DIOCESANO TRIENNALE.

IL MONITO DEL CARDINALE TETTAMANZI:

OCCORRE TORNARE AD “ABITARE” LA DOMENICA

 

MILANO. = Occorre liberare la messa della domenica da qualsiasi possibile “sciatteria e noia” e alzare “la qualità della celebrazione eucaristica”, perché non bastano una bella chiesa, dei ricchi paramenti e una buona musica per celebrare una messa che riesca a “trasmettere il mistero” della fede. Con queste parole ieri il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha spiegato la seconda tappa del percorso pastorale triennale diocesano, dedicata soprattutto all’Eucarestia domenicale. L’iniziativa è stata lanciata lo scorso settembre, con il testo “Mi sarete testimoni. Il volto missionario della Chiesa di Milano”. Nella vita moderna, ha spiegato il porporato ambrosiano, il week-end unisce sabato e domenica nel bisogno di evasione, più che nell’esigenza di riflessione: “Allora, bisogna coordinare questi due momenti, vale a dire l’esigenza pur legittima di evadere e quella di concentrarsi, di raccogliersi”. “Per questo – ha aggiunto – la domenica deve riprendere il suo volto originario di riposo, gioia e festa”. Obiettivo della seconda lettera presentata ieri, dunque, è quello di “riscoprire, vivere, rendere più vigoroso il dinamismo missionario proprio dell’Eucaristia e del Giorno del Signore”. E nel suo documento il cardinale Tettamanzi indica “sentieri” e “strumenti”. La prima strada da percorre sarà quella della cura della “qualità celebrativa dell’Eucaristia”, un’attenzione affidata in primo luogo ai sacerdoti, ai quali è richiesta una preparazione efficace. Nelle indicazioni del cardinale Tettamanzi, una seconda strada da non trascurare è quella della formazione delle persone che occupano posti di responsabilità nella vita della comunità, come i catechisti. Tra gli strumenti: il cammino degli oratori e le indagini che verranno svolte sul territorio della diocesi, sulla frequenza alla messa domenicale, sulla qualità della celebrazione e sul modo in cui viene vissuta la domenica. (B.C.)

 

 

“NO AGLI ATTENTATI CONTRO LA VITA E LA FAMIGLIA”:

LO HA DETTO L’ARCIVESCOVO DI LAHORE, DURANTE IL PELLEGRINAGGIO NAZIONALE

PAKISTANO AL SANTUARIO DI MARIAMABAD

 

MARIAMABAD. = L’accoglienza e il rispetto come strumenti per una vera vita della famiglia e la ferma condanna dell’aborto, definito “un omicidio verso esseri ancora non nati”. Sono alcuni dei temi affrontati da mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore, durante la messa per il 55.mo pellegrinaggio nazionale pakistano al Santuario mariano di Mariamabad. Citando il Vangelo, il presule ha condannato il divorzio, ricordando che la Chiesa cattolica non permette di risposarsi dopo una separazione legale. L’arcivescovo Saldanha ha chiesto, quindi, alle coppie di accettarsi, rispettarsi e amarsi in modo reciproco. “Solo così – ha detto – si può promuovere la vera vita familiare cristiana”. Mons. Saldanha ha poi criticato la pratica dell’aborto. “Riconosciamo che la natalità molto alta nel nostro Paese può essere un pericolo per la qualità della vita – ha sottolineato il presule – ma la Chiesa è contraria al controllo delle nascite proposto da organizzazioni per la pianificazione familiare”. L’arcivescovo di Lahore ha, infine, condannato la vendita di organi umani e gli sprechi in occasione dei matrimoni, ammonendo i fedeli sui pericoli e i danni di un utilizzo incontrollato dei media in famiglia. “I film, la televisione e internet possono comunicare ai più piccoli messaggi immorali sull’amore, il matrimonio e la coppia. I genitori – ha concluso – hanno il compito di controllare l’uso di questi mezzi di comunicazione nelle loro case”. (B.C.)

 

 

INOLTRATA UNA RICHIESTA AL PARLAMENTO FILIPPINO PER APPROVARE

 UNA LEGGE SUL SOSTEGNO DEI CONTRIBUENTI ALLA CHIESA, SIMILE AL MODELLO

DIFFUSO IN ALCUNI PAESI EUROPEI. IL DENARO RACCOLTO, HA SOTTOLINEATO

 IL VESCOVO DI MANILA, VERREBBE UTILIZZATO

PER PROMUOVERE PROGRAMMI DI SVILUPPO E ASSISTENZA SOCIALE

 

MANILA. = Un sostegno dei contribuenti alla Chiesa attraverso il sistema di tassazione dello Stato: lo chiede al Parlamento filippino l’arcivescovo di Manila, mons. Gaudencio B. Rosales. Il presule ha esposto la sua idea durante una visita pastorale, ricordando che provvedimenti legislativi di tal genere esistono già in Italia e Germania e che essi aiutano la Chiesa a mandare avanti ospedali, scuole, centri di assistenza, strutture di carità e di istruzione che offrono un servizio all’intera società. Secondo l’arcivescovo di Manila, riferisce l’agenzia Fides, se i politici filippini prendessero in considerazione la possibilità di approvare una legge del genere, mostrerebbero apertura mentale e lungimiranza. Il modello legislativo al quale l’arcivescovo Rosales si riferisce è quello di lasciare al cittadino l’opzione di destinare ad una comunità religiosa riconosciuta nel Paese una piccola percentuale delle tasse versate nelle casse dello Stato. Il denaro raccolto, ha sottolineato mons. Rosales, non sarebbe utilizzato per i benefici interni delle comunità, né per costruire edifici di culto, ma per promuovere programmi di sviluppo e assistenza sociale. (B.C.)

 

 

ORDINATO VESCOVO IERI, A NAPOLI, MONS. BRUNO FORTE.

MIGLIAIA I FEDELI RIUNITI PER PARTECIPARE ALLA CELEBRAZIONE PRESIEDUTA

DAL CARDINALE RATZINGER, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE

 DELLA DOTTRINA DELLA FEDE

 

NAPOLI. = Oltre tremila fedeli della diocesi di Napoli e di Chieti-Vasto si sono stretti ieri attorno a mons. Bruno Forte, che ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Cinquantancinque anni, napoletano, teologo di fama internazionale, mons. Bruno Forte è stato scelto dal Papa lo scorso 26 giugno alla guida della Chiesa abruzzese. A presiedere il rito è stato il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, nonché decano del collegio cardinalizio. Nel corso dell’omelia, il porporato ha fatto riferimento a Sant’Agostino, ricordando che il pastore deve stare accanto ai fedeli per “correggere, confortare, ascoltare e consolare”. In un tempo di tanta disumanità, ha proseguito il cardinale Ratzinger, occorre “percepire la Parola di Dio”, “uscire dalle vallate delle controversie e andare in alto per respirare l’aria fresca della parola di Dio”. Intenso il ringraziamento rivolto dal nuovo vescovo a Giovanni Paolo II, al quale mons. Forte, nel corso della scorsa Quaresima, ha tenuto gli esercizi spirituali, insieme ai membri della Curia Romana. “Il Papa mi ha commosso – ha detto – anche la bolla di nomina è stata per me personalizzata. E’ un segno di grande attenzione”. (B.C.)

 

 

CENTINAIA DI BAMBINI E GIOVANI MISTERIOSAMENTE ASSASSINATI IN HONDURAS.

LA DENUNCIA DI ALCUNE ORGANIZZAZIONI ATTIVE NELLA SALVAGUARDIA

DEI DIRITTI UMANI. QUASI NULLI I CASI RISOLTI CON UNA CONDANNA

 DEGLI AUTORI MATERIALI DEGLI OMICIDI

 

TEGUCIGALPA. = Dal febbraio 2003 fino ad oggi almeno 700 bambini e minori di 23 anni sono stati vittime di assassini in Honduras. Lo sostengono alcune associazioni locali e internazionali attive nella salvaguardia dei diritti umani nel Paese centroamericano. Il fenomeno sembra riguardare soprattutto giovani poveri, senza fissa dimora o appartenenti a bande criminali. Quel che più insospettisce le organizzazioni dei diritti umani, riferisce l’agenzia Misna, è che pressoché tutti i casi di omicidio verificatisi sono rimasti impuniti, ad iniziare da quelli in cui si presume siano coinvolti agenti di polizia. “Le autorità hanno l’obbligo di indagare su questi omicidi di giovani, punire gli autori e proteggere i testimoni – si legge in un comunicato di Amnesty International – è essenziale che l’Unità speciale e la Procura generale possano contare su sufficienti risorse e indipendenza per svolgere il loro compito e che il governo nomini giudici speciali”. L’Unità speciale, “Unidad de Tratamientos de Muerte”, si è occupata fino ad oggi di circa 400 casi di omicidio, rimettendo le prove di 88 di questi nelle mani della Procura. Solo tre processi, tuttavia, si sono conclusi con una condanna degli autori materiali. (B.C.)

 

                                                    

LA PIAGA DEI SUICIDI: OGNI 40 SECONDI NEL MONDO UN UOMO SI TOGLIE LA VITA.

LO RIFERISCE L’OMS IN UN COMUNICATO RESO NOTO OGGI A GINEVRA

 

GINEVRA. = Ogni quaranta secondi, da qualche parte del mondo, qualcuno sta mettendo fine alla propria vita. Si tratta di una realtà drammatica, che ogni anno produce un milione di vittime, più di quante ne causino il crimine e tutte le guerre messe insieme. Lo riferisce oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che intende ricordare alla comunità internazionale che il fenomeno dei suicidi, un invisibile fantasma, rappresenta un problema sociale di prima grandezza. “Il suicidio rappresenta circa la metà delle morti violente a livello mondiale – ha detto il norvegese Lars Mehlum, dell’Associazione internazionale per la prevenzione dei suicidi – ma si tratta di un problema che si potrebbe prevenire, se l’opinione pubblica ed i governi mostrassero la volontà politica di affrontarlo”. Il documento pubblicato a Ginevra dall’OMS dedica spazio anche prevenzione sociale, riconducendola soprattutto alla solidità familiare e al giusto trattamento del malessere esistenziale fin dalla giovane età. Il comunicato passa poi in rassegna alcune statistiche. Si apprende, ad esempio, che se la fascia d’età più colpita è quella dei sessantenni e che cresce il numero di giovani fra i 15 e i 29 anni che decidono di mettere fine ai loro giorni. Passando all’analisi geografica del problema, parziale per l’assenza di statistiche in molte parti del mondo, le aree più colpite sono gli ex Paesi comunisti, con le Repubbliche baltiche (Lituania, Lettonia, Estonia), Russia e Ungheria in testa. (B.C.)

 

 

IL GESUITA PADRE SPORSCHILL RICEVE LA MEDAGLIA D’ORO INTITOLATA

AL FILANTROPO SCHWEITZER. IL RICONOSCIMENTO E’ STATO ATTRIBUITO

PER L’OPERA DI SOSTEGNO RESA IN FAVORE DEI BAMBINI DI STRADA DELLA ROMANIA

 

BASILEA. = Un gesuita austriaco è stato insignito della medaglia d’oro intitolata al filantropo tedesco Albert Schweitzer, assegnata annualmente dalla Fondazione Johann Wolfgang von Goethe di Basilea. Si tratta di padre Georg Sporschill, fondatore dell’associazione “Concordia” per i bambini di strada della Romania. Grazie all’associazione fondata da padre Sporschill, a Bucarest e a Ploesti, oltre 400 giovani tra i 2 e i 25 anni, insieme con 170 educatori e pedagoghi, sono alloggiati in 33 case e comunità per essere curati, istruiti ed aiutati a diventare autonomi e a guarire dalle ferite del passato. Un ulteriore premio di incoraggiamento è stato attribuito alla francese Hélène Juillard, per il suo aiuto umanitario ai bambini dell’Asia, e all’Associazione francese “Les enfants du soleil”, per il progetto di solidarietà avviato con la popolazione del Guatemala. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 settembre 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Pakistan l’aviazione di Islamabad ha bombardato stamani, nell’ovest del Paese, presunte basi di militanti islamici. Il blitz è avvenuto mentre era in corso una riunione tra taliban e integralisti islamici. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Decine di persone sono morte in seguito ad un raid aereo dell’aviazione pachistana nella regione tribale del sud Waziristan, al confine con l’Afghanistan. L’attacco, in base a quanto riferito da fonti militari, avrebbe causato almeno 50 morti ma il bilancio delle vittime sembra destinato a crescere. Tra queste ci sono diversi miliziani ma anche alcuni civili. Obiettivo dell’azione, presunte postazioni di guerriglieri affiliati all’organizzazione terroristica di Al Qaeda. Secondo le prime testimonianze raccolte nella zona dei bombardamenti, l’aviazione pachistana avrebbe deciso di scatenare l’offensiva mentre era in corso una riunione tra guerriglieri talebani e militanti islamici. La conferma del blitz è arrivata anche da fonti militari di Islamabad, che in un primo momento avevano solo dichiarato di aver portato a termine attacchi aerei contro “alcuni obiettivi”. L’operazione militare è stata condotta all’indomani dello scontro armato tra uomini della sicurezza e guerriglieri fondamentalisti costato la vita a sei persone.

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Nuovi segni di distensione nei rapporti tra India e Pakistan. I due Paesi asiatici hanno annunciato, ieri, l’apertura dei propri confini ai rispettivi turisti. Programmati, inoltre, nuovi incontri per promuovere il processo di pace.

 

In Ossezia, le autorità hanno reso noto che 93 corpi recuperati tra le macerie della scuola di Beslan non sono ancora stati identificati. Ed il capo del Centro medico per le emergenze di Mosca, Sergei Goncharov, ha dichiarato che sono 356 i feriti ricoverati negli ospedali a Rostov e nell’Ossezia del nord; tra questi 39 minori versano in gravi condizioni. L’ultimo drammatico bilancio delle vittime, inoltre, è di 326 morti e sono almeno 160 i bambini rimasti uccisi nell’azione terroristica. Le violenze non risparmiano nemmeno i più piccoli e “si è infranto un tabù”, commenta Donata Lodi, portavoce di Unicef Italia al microfono di Fabio Colagrande:

 

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R. – E’ aumentato il numero di bambini coinvolti nei conflitti armati come piccoli soldati. E’ cresciuto il numero di minori vittime dei conflitti. E soprattutto è aumentato l’uso cinico e spregiudicato, dei bambini da parte delle fazioni in lotta. Quello che è accaduto a Beslan, fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile anche nella più violenta delle guerre africane dove i bambini vengono uccisi, ma non in modo così deliberato, mirato e programmato. O cambiamo direzione, o veramente questa rottura del tabù, rappresentato dalla santità dell’infanzia, è qualcosa che avrà conseguenze tragiche per l’umanità.

 

D. – Come si è potuto rompere questo tabù?

 

R. – Sicuramente ha contribuito la diffusione dei conflitti locali incontrollati. La fine della guerra fredda, purtroppo, non ha significato l’inizio di quell’era di pace che tutti ci aspettavamo. Il mondo di oggi è contrassegnato da un’ampia diffusione dei conflitti. E questa piaga, paradossalmente, ha trovato territorio fertile anche nelle aree più civilizzate. Pensiamo all’ex Jugoslavia, dove per la prima volta si è visto sparare in modo deliberato sui bambini..

 

D. – Tra l’atro, lottare per l’indipendenza - questo è il motivo del terrorismo ceceno - coinvolgendo dei bambini, facendo delle vittime tra i bambini, non ha neanche senso perché non porta a nessuna conquista dal punto di vista politico…

 

R. – Non porta a nessuna conquista, crea soltanto un fossato di odio sempre più profondo e sempre più difficile da colmare, perché poi su questo stato di conflitto si innestano spirali di vendetta atroci. E’ necessario ripristinare l’inviolabilità dell’infanzia, e questo richiede uno sforzo ed una mobilitazione dell’opinione pubblica di tutto il mondo, dei leader religiosi, delle diverse etnie. I bambini devono assolutamente essere tenuti al riparo dalle conseguenze dei conflitti.

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La Russia ieri ha dichiarato di essere pronta a colpire le basi terroristiche in tutto il mondo. Ma la collaborazione internazionale nella lotta al terrorismo difficilmente può essere realizzata se si considera l’atteggiamento di Stati Uniti e Russia. Lo sostiene il vice direttore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni russe, Fulvio Scaglione, intervistato da Roberto Piermarini:

 

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R. – L’amministrazione Bush cominciò, appena insediata, a criticare fortissimamente la Russia per il suo comportamento in Cecenia. Poi venne l’11 settembre e queste critiche vennero sepolte, perché ovviamente agli Stati Uniti serviva il maggior numero di alleati per questa lotta contro il terrore. Putin, i cui uomini di governo – insieme a lui - dicono che si tratta di un unico fronte dalla Palestina alla Cecenia, dice questo ma poi manda contemporaneamente il messaggio che sulla Cecenia nessuno deve intervenire, nessuno deve criticare e che la Russia deve essere totalmente libera di fare, in segreto, ciò che a proposito della Cecenia ritiene più opportuno. E’ chiaro che questi atteggiamenti sono delle mine alla base di una cooperazione internazionale nella lotta contro il terrorismo e sono mine posate da due leader che, entrambi, hanno da nascondere perlomeno alle proprie opinioni pubbliche un fatto molto semplice: entrambi, uno in Iraq e l’altro in Cecenia, hanno lanciato delle guerre preventive – chiamiamole pure così – che non hanno dato neanche lontanamente i frutti sperati e che nell’uno e nell’altro caso hanno incentivato il terrorismo al posto di reprimerlo.

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A San Pietroburgo la polizia russa ha trovato esplosivi nascosti in un teatro chiuso per lavori di riparazione. Lo ha riferito oggi il ministero dell’Interno in un comunicato citato dall’agenzia Interfax. Secondo alcune ricostruzioni, risulta che armi ed esplosivi fossero stati nascosti anche nel teatro Dubrovka di Mosca prima dell’attentato compiuto nell’ottobre del 2002 da un commando ceceno. Lo stesso potrebbe essere successo a Beslan anche se la versione secondo la quale gli esplosivi sono stati occultati nell’istituto nel corso di lavori di manutenzione è stata smentita dalla Procura generale russa.

 

In Medio Oriente ancora violenti combattimenti questa mattina a nord della Striscia di Gaza per un’incursione israeliana nel campo profughi di Jalabya. Sul piano politico, intanto, il premier Sharon è intenzionato a proporre al Paese un referendum sul ritiro da Gaza.  Il servizio di Graziano Motta:

 

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Le forze di sicurezza hanno annunciato che in agosto sono stati sventati almeno 15 attentati terroristici. Nei giorni scorsi un altro piano terroristico progettato in un caffè di Gerusalemme è fallito per il pentimento del kamikaze, un giovane cuoco di Betlemme che ha consegnato la cintura esplosiva e fatto arrestare il mandante, un esponente dei Tanzim. Sul piano politico, il primo ministro Sharon ha approvato il nuovo tracciato della controversa barriera di sicurezza e di separazione con la Cisgiordania, più aderente alla linea di armistizio vigente fino al 1967, e starebbe preparando l’indizione di un referendum popolare – sarebbe il primo in Israele – sul ritiro di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza, che divide il suo partito. Intanto, il ministro degli Esteri ha rinnovato le accuse alla Siria di sostenere le organizzazioni terroristiche palestinesi, respingendo in tal modo la disponibilità del presidente Assad, espressa al rappresentante dell’Onu nella regione, di riprendere il dialogo di pace.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Gli Stati Uniti hanno presentato ieri al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite un nuovo progetto di risoluzione sulla difficile situazione nel Darfur, la regione sudanese da mesi in preda alla guerra civile. Nel documento si richiede l’ampliamento del mandato della forza di controllo dell’Unione Africana, minacciando sanzioni, in particolare nel settore petrolifero, contro il governo di Khartoum se non rispetterà le richieste della comunità internazionale.

 

 

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