RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
253 - Testo della trasmissione di giovedì 9 settembre 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Alla
mostra del cinema di Venezia, il tema del rapporto tra genitori e figli.
CHIESA E SOCIETA’:
Presentata ieri a Milano dal cardinale Tettamanzi la
seconda tappa del percorso diocesano triennale
Ordinato vescovo ieri a Napoli mons. Bruno Forte:
guiderà la diocesi di Chieti-Vasto
Centinaia di bambini e giovani misteriosamente
assassinati in Honduras
Il gesuita padre Sporschill riceve la medaglia
d’oro intitolata al filantropo Schweitzer
In Pakistan almeno 50 morti per un raid dell’aviazione di Islamabad contro presunte postazioni di militanti islamici affiliati ad Al Qaeda
In Israele il premier Sharon è intenzionato a proporre al
Paese un referendum sul ritiro da Gaza.
9 settembre 2004
COSTRUTTORI DI FAMIGLIE COME SANTUARI MARIANI
DOMESTICI,
SCHIERATI CONTRO L’ABORTO E LA CULTURA DELLA MORTE
CHE FERISCE IL MONDO: L’INVITO DEL PAPA AL MOVIMENTO INTERNAZIONALE DI SCHÖNSTATT,
RICEVUTO IN UDIENZA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Siate “fari luminosi” che
difendono la vita e la famiglia, in un mondo sul quale si allunga l’ombra di
“una crescente cultura di morte”. E’ la consegna che Giovanni Paolo II ha affidato
questa mattina ai duemila rappresentanti del Movimento internazionale
Schönstatt ricevuti in udienza. Fondato il 18 ottobre di novant’anni fa da
padre Josef Kentenich, un giovane professore della Società dei Pallottini, il
Movimento di Schönstatt – che prende il nome dalla frazione tedesca del comune
di Vallendar dove nacque - si sviluppò sulle fondamenta di una profonda spiritualità
mariana. Diffuso oggi in 40 Paesi - particolarmente in Germania, Argentina,
Brasile e Cile, ma con strutture anche in Italia - il Movimento unisce in sé
una federazione di comunità autonome ma unite dallo stesso carisma che vede impegnati
laici, famiglie, sacerdoti e religiose, con milioni di pellegrini che visitano
i piccoli santuari mariani custoditi da coloro che continuano l’opera di padre
Kentenich.
A loro, attraverso la
delegazione radunata oggi nel cortile del Palazzo apostolico di Castel
Gandolfo, il Papa ha chiesto di continuare, sull’esempio del loro fondatore, ad
impegnarsi contro la “crudele” pratica di morte dell’aborto e in favore della
crescita cristiana delle famiglie. Siano dei “santuari” domestici, ha auspicato
il Pontefice, guidati da Maria Madre ed educatrice. “La nostra Chiesa – ha
proseguito Giovanni Paolo II – ha bisogno di rinvigorire la vita religiosa e
l’attività apostolica. In questo impegno sono unite tra loro molte comunità
ecclesiali e movimenti spirituali svegliati, alla soglia del Terzo Millennio,
dallo Spirito di Dio. Sono una risposta provvidenziale alle molte e nuove sfide
del nostro tempo”.
Il Papa ha poi rivolto un
augurio per il nuovo Santuario dedicato a Maria Madre della Chiesa, che il
Movimento di Schönstatt sta costruendo a Roma insieme ad un Centro internazionale.
L’Ancilla Domini, ha concluso Giovanni Paolo II, “vi accompagni e vi guidi
nel vostro servizio ecclesiale per la Chiesa e renda sempre più trasparente il
volto della Mater ecclesiae nel corpo di Cristo”.
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IN UN
MESSAGGIO DEL PONTEFICE, CELEBRATI I CENTO ANNI DELL’INCORONAZIONE
DELLA
STATUA DI NOSTRA SIGNORA DELLA CONCEZIONE APARECIDA,
REGINA
DEL BRASILE. IL PAPA HA INVITATO LO STATO SUDAMERICANO
AD
APPROFONDIRE LA FEDE IN DIO, PERCHE’ EVITI I CONDIZIONAMENTI
DEL
SECOLARISMO E L’INGERENZA RELIGIOSA DELLE SETTE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Un
Brasile rafforzato nella propria identità cristiana, alzata come scudo contro i
pericoli del consumismo e del secolarismo e contro l’influenza negativa delle
sette religiose. In un messaggio all’arcivescovo di Aparecida, Raymund
Damasceno Assis, Giovanni Paolo II celebra - con uno sguardo sulla situazione
sociale dell’immenso Stato sudamericano - il centenario dell’incoronazione
della statua di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che esattamente
cento anni fa Papa Pio X nominava Regina del Brasile.
Ieri,
nel Santuario di Aparecida, è stata celebrata una Messa solenne, presieduta
dall’inviato speciale del Papa, il cardinale Araújo Sales, per ricordare il
secolo di una storia, iniziata ancor prima, nel 1717, quando la statuetta della
Madonna apparve tra le reti di alcuni pescatori. Col passare del tempo,
quell’immagine sacra è divenuta
un’icona della devozione mariana del Paese: il simbolo di una fede, scrive il
Papa, talvolta “imperfetta”, ma anche commovente nella sua sincerità, che
spinge alla ricerca di Dio attraverso il ricorso a Maria. Il Papa ha affidato
nuovamente il Brasile alla protezione di Nostra Signora della Concezione
Aparecida ed ha pregato perché in quella terra regni l’ospitalità, la
cordialità e la capacità di dialogo che sappia unire più che dividere.
ALTRE UDIENZE
Il Papa ha ricevuto oggi nel
Palazzo apostolico di Castel Gandolfo il ministro degli Esteri di Serbia e
Montenegro Vuk Drašković, con la consorte e seguito; successivamente ha
ricevuto alcuni presuli della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d' America
(Regione III), in visita "ad Limina”.
E’ URGENTE BANDIRE DAL MONDO LA GUERRA MA NELLO
STESSO TEMPO SERVONO FERMEZZA E DECISIONE NEL COMBATTERE GLI OPERATORI DI MORTE:
CONTINUANO A FAR RIFLETTERE LE PAROLE DEL PAPA NEL
MESSAGGIO ALL’INCONTRO
DI MILANO
PROMOSSO DALLA COMUNITA’ DI S. EGIDIO
- Il commento del cardinale Roberto Tucci -
“Mai più la guerra!”,
“perseverare nel dialogo”, “non cedere alla logica della violenza”: continuano
a far riflettere le parole di pace pronunciate dal Papa in questi giorni di
grave recrudescenza del terrorismo. Nello stesso tempo – ha detto Giovanni Paolo II - servono “fermezza e
decisione nel combattere gli operatori di morte”. Su questi concetti, ribaditi
ancora una volta dal Pontefice, ascoltiamo il commento del cardinale Roberto
Tucci, al microfono di Rosario Tronnolone:
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R. – La condanna della guerra,
di nuovo una condanna insistita, radicale, da parte del Papa, conferma che la
guerra non è il sistema per poter fronteggiare il terrorismo. E’ anche vero
però che ci vuole una lotta al terrorismo implacabile, senza remore, senza ‘se’
e ‘ma’. Quindi, il terrorismo va condannato in maniera assoluta e vanno usati
tutti i mezzi possibili, conformi al diritto internazionale e nel rispetto dei
diritti umani. Soprattutto insisterei sui mezzi non militari, anche se non
escludo in certi casi, metti per esempio si sappia dell’esistenza di un campo
di addestramento di terroristi, un’azione militare mirata in questo senso.
Bisogna stare attenti piuttosto a tutto quello che riguarda il bloccare i
finanziamenti, i canali di finanziamento del terrorismo; esercitare una
pressione anche economica, oltre che politica e diplomatica, su tutti gli Stati
arabi e gli Stati dei Paesi a maggioranza islamica non arabi. Devono sapere che
qualsiasi atto in favore del terrorismo viene a danneggiare il Paese. E poi la
collaborazione tra le intelligence: una maggiore collaborazione nel mondo dei
Paesi democratici, stando attenti – ribadisco – a non coinvolgere in questa condanna
e in questa lotta al terrorismo il mondo islamico nella sua interezza. E’ vero
che il mondo islamico tende, un po’ per omertà, per senso di unione alla stessa
religione, più facilmente, non dico a giustificare, ma ad attenuare la
condanna. Bisogna aiutare il grande mondo musulmano – sono più di un miliardo
di persone – a non sentirsi implicati in questa condanna, in questa lotta al
terrorismo, altrimenti avremo sempre più difficoltà, perché il terrorismo, che
è un fenomeno minoritario nel mondo islamico, possa trovare sempre più adepti
nel mondo musulmano.
D. – Il Papa mette in guardia
contro il diffondersi di una mentalità, secondo cui questo conflitto tra le
religioni, tra le civiltà, è quasi inevitabile. Il mondo sta abbandonando la
speranza che la pace sia possibile?
R. – Io direi che il libro di
Huntington sullo scontro tra le religioni non dice che sia inevitabile lo
scontro, ma dice che il pericolo c’è. Ecco, questo pericolo effettivamente
esiste. Però io credo non si debba parlare di uno scontro di civiltà, anche
perché il mondo religioso islamico comincia a smuoversi, a non essere più così
tetragono nella difesa del terrorismo, come era agli inizi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo "Il brutale ricatto del terrorismo".
Indonesia:
un potente ordigno esplode di fronte alla sede dell'Ambasciata d'Australia a
Jakarta. Nove morti ed oltre cento persone ferite.
In
evidenza l'Iraq con un articolo dal titolo "Il cuore del mondo è con le
volontarie rapite". Appelli anche dall'Islam per la liberazione di Simona
Torretta e Simona Pari.
Nelle
vaticane, il discorso del Papa al Movimento internazionale di Schonstatt: attraverso
la Croce e la Vergine Maria rendere le vostre case "santuari domestici
della Chiesa".
Nelle
estere, Medio Oriente: modificato da Sharon il tracciato del muro in Cisgiordania.
Nella
pagina culturale, un articolo di Claudio Toscani sull'opera di Giorgio Barberi
Squarotti intitolata "Il tragico cristiano".
Nelle
pagine italiane, in primo piano la vicenda delle due giovani rapite in Iraq. La
Farnesina attiva tutti i canali diplomatici per giungere al loro rilascio.
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9 settembre 2004
ITALIA CON IL FIATO
SOSPESO PER LA SORTE DELLE DUE VOLONTARIE RAPITE
IN IRAQ, MENTRE BAMBINI
E GENITORI IRACHENI MANIFESTANO
A BAGHDAD PER LA LORO
LIBERAZIONE.
A FALLUJA, RAID AEREI
AMERICANI CONTRO LA GUERRIGLIA
PROVOCANO VITTIME TRA I
CIVILI
- A cura di Alessandro Gisotti -
Paura, speranza, angoscia:
l’Italia segue, con il fiato sospeso, gli sviluppi del rapimento di Simona Pari
e Simona Torretta, le due volontarie italiane di “Un Ponte per…” prese in
ostaggio in Iraq assieme a due colleghi iracheni, martedì scorso. Intanto,
nelle ultime ore, si registrano nuove vittime in operazioni belliche,
soprattutto nella città di Falluja. La roccaforte della guerriglia irachena
sunnita ha subito nella notte pesanti bombardamenti da parte delle forze
americane. Purtroppo, ancora una volta, nei raid sono rimasti uccisi dei
civili, tra cui alcuni bambini, come ci riferisce Alessandro Gisotti:
Circa
30 morti e decine di feriti: è questo per ora il bilancio di violenti
bombardamenti effettuati nella notte dalle forze multinazionali contro la città
di Tal-Afar, a soli 75 chilometri dal
confine con la Siria, e in raid aerei
americani contro la città di Falluja, ad ovest della capitale irachena. Gli attacchi
su Falluja sono ripresi ieri sera dopo che lunedì sette marine erano stati
uccisi da un’autobomba. In un comunicato, l'esercito americano sostiene di aver
preso di mira un edificio frequentato da terroristi vicini al giordano al Zarqawi.
Proprio un gruppo che si autodefinisce guidato da al Zarqawi afferma oggi in un
sito islamico che quattro dei suoi combattenti sono stati uccisi durante i
bombardamenti americani. Sul fronte diplomatico, il presidente iracheno Ghazi
el Jawar, in visita oggi a Berlino, ha sollecitato la cancellazione del debito
per il suo Paese. La Giordania non chiuderà la propria ambasciata in Iraq nonostante le minacce
recapitate dalle Brigate Islamiche Hussein. Dal canto suo, la Corte
costituzionale della Costa Rica ha ordinato al governo di ritirare il Paese
dalla lista dei membri della coalizione che ha sostenuto la guerra
anglo-americana in Iraq. Intanto, continuano ad emergere gli orrori del regime
di Saddam Hussein: una fossa comune contenente decine di cadaveri di curdi è
stata scoperta vicino alla città nord irachena di Halabja. Il 16 marzo 1988,
l’aviazione del dittatore iracheno bombardò con armi chimiche la città curda di
Halabja uccidendo in pochi minuti 5.000 persone e provocando migliaia di feriti.
Torniamo alla
drammatica vicenda di Simona Pari e Simona Torretta, le operatrici umanitarie
di “Un Ponte per …” rapite in Iraq da un commando terrorista. Stamani, alcune
decine di bambini hanno manifestato a Baghdad chiedendo la loro liberazione. I
piccoli, accompagnati dai genitori, si sono radunati nella piazza del Paradiso,
nel centro della capitale irachena. Anche il segretario generale dell’Onu, Kofi
Annan, ha chiesto l’immediato rilascio delle volontarie. Il rapimento è stato
rivendicato da un gruppo che si proclama “Ansar al-Zawahiri”. Tuttavia, gli
esperti ritengono non attendibile la rivendicazione. Il governo italiano, dal
canto suo, ha inviato il sottosegretario agli Esteri, Boniver, in missione in
cinque Paesi arabi. Si moltiplicano, quindi, gli sforzi su più fronti per
ottenere il rilascio delle due volontarie. E ieri, Fabio Alberti, presidente
dell’Ong “Un Ponte per…” ha levato un accorato appello per la liberazione di
Simona Pari e Simona Torretta:
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Noi non
abbiamo altra risorsa per la liberazione degli operatori che quello che loro
stavano facendo e il sostegno del movimento internazionale”.
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Il rapimento delle
due operatrici umanitarie ha colpito profondamente il mondo delle organizzazioni
non governative italiane attive in Iraq. Tuttavia, il presidente
dell’associazioni delle Ong, Sergio Marelli, ha dichiarato oggi che “il
mondo del volontariato italiano non ha intenzione di lasciare l'Iraq”. Tra le
Ong maggiormente impegnate in favore della popolazione irachena c’è Intersos.
Antonella Palermo ha chiesto a Marco Buono, capo-missione per l’Iraq
dell’organizzazione umanitaria, quale possa essere la strategia perseguita dai
rapitori:
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R. – Sono convinto che sia una
mossa politica e che sia sicuramente indirizzata contro i cittadini italiani,
in primo luogo. Colpire il Paese e l’opinione pubblica italiana.
D. – Che idea ti sei fatto della
strategia dei rapimenti in Iraq?
R. – In Iraq in questo momento
c’è una situazione militare e una situazione di sviluppo civile. Il progetto
che sta marciando è quello verso le elezioni democratiche. Le prime elezioni
per la costituente sarebbero in programma a febbraio. L’obiettivo di questi
gruppi è quello di far deragliare questo processo. Questi gruppi non sono per
niente interessati ad un processo democratico, non hanno nessun interesse alle
elezioni. Il giorno in cui si andasse alle elezioni, scoprirebbero di essere
una minoranza, perché quella che io con un termine europeo chiamo “maggioranza
silenziosa” è la maggioranza della popolazione che semplicemente vuole un Iraq
nella pace e un Iraq prospero economicamente. Questi signori non sono
interessati a questo tipo di prospettiva. Colpire lo straniero, colpire le Ong
che stanno lavorando per pacificare il Paese, significa colpire quelli che
vogliono un Iraq democratico, che non è il loro obiettivo.
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Con il passare delle ore, cresce
l’angoscia per le famiglie delle due ragazze rapite. Momenti in cui i
famigliari trovano forza nella preghiera. Ai nostri microfoni, don Giuseppe
Bonini - per molti anni parroco della Chiesa San Girolamo di Rimini -
testimonia lo stato d’animo della famiglia di Simona Pari, dopo un incontro
nell’abitazione di Rimini:
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R. – L’ho trovata in un dolore
profondo ma molto composto. C’è una grande speranza. La signora gentilmente mi
ha detto: “Vogliamo alimentare la speranza anche con la preghiera”. Quindi,
nella Chiesa parrocchiale di San Gerolamo ci sarà un’ora di adorazione dalle
17.00 alle 18.00 e poi seguirà la Santa Messa. Che si preghi molto. Noi abbiamo
fiducia, per una ragazza che stava spendendo la sua vita nel dono totale di sé
per gli altri.
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GRAVE
ATTENTATO STAMANI IN INDONESIA:
UN’AUTOBOMBA
E’ ESPLOSA A JAKARTA NEI PRESSI DELL’AMBASCIATA AUSTRALIANA
CAUSANDO
LA MORTE DI ALMENO 8 PERSONE
- Intervista con Emanuele Giordana -
Una violenta esplosione ha
scosso questa mattina il centro della capitale indonesiana Jakarta. Nella
deflagrazione, avvenuta davanti all’ambasciata australiana, hanno perso la vita
almeno 8 persone, mentre altre 100 sono rimaste ferite. Tutto il personale
dell’ambasciata è stato evacuato. Sconosciuti al momento gli autori di quello
che – secondo il ministro degli Esteri di Canberra, Alexander Downer –
sembrerebbe “chiaramente un attacco contro l’Australia”. Il servizio di
Maurizio Pascucci:
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Una
colonna di fumo alta 50 metri, un’imponente struttura metallica e di recinzione
divelta, vetri rotti in edifici che distano 5 chilometri dall’ambasciata australiana.
Ma l’immagine puntualmente descritta da tutti i testimoni oculari in queste ore
è quella di una motocicletta in fiamme con sopra, accasciato, il corpo senza
vita dell’uomo che la guidava. Un attacco parzialmente atteso quello di oggi.
Solo la scorsa settimana, i ministeri degli Esteri di Stati Uniti e Australia
avevano consigliato ai propri cittadini di non recarsi a Jakarta. Le fonti di
intelligence sul luogo indicavano la possibilità di attentati negli alberghi
della capitale, dove si ritrovano gli occidentali. Oggi però a rimetterci non
sono stati gli impiegati dell’ambasciata australiana – solo alcuni presentano
ferite minori – ma comuni passanti e persone, che facevano la fila davanti al
portone della sede diplomatica. Il ministro degli Esteri australiano, Alexander
Downer, non ha avuto dubbi e ha definito l’accaduto “un attacco contro
l’Australia”. Downer è andato anche oltre, puntando il dito contro Jemaah
Islamiah, l’organizzazione radicale islamica che vanta presunti legami con Al
Qaeda e che rivendicò anche gli attentati di Bali nel 2002 e all’Hotel Marriott
di Jakarta, nell’agosto del 2003. Fino ad ora, però, le autorità indonesiane
non hanno fatto alcun riferimento ad eventuali rivendicazioni.
Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.
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Per la terza
volta in poco tempo – dopo la discoteca di Bali nell’ottobre 2002 e l’Hotel
Marriott di Jakarta, ad agosto 2003 – vengono dunque colpiti, in Indonesia,
obiettivi occidentali. L’Australia, in particolare, è ancora una volta nel
mirino del terrorismo. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di
Emanuele Giordana, esperto di Indonesia, dell’Agenzia di Stampa Lettera 22:
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R. – Gli
australiani sembrano sicuri del fatto che si tratti di un attacco diretto a
loro e organizzato dalla Jemaah Islamiah, che però è una nebulosa della
galassia islamica indonesiana, di cui
sappiamo poco. E’ stato un movimento largamente inquinato nel suo passato dai
servizi segreti indonesiani. E’ un attacco, comunque, che favorisce in questo
momento il primo ministro John Howard, uscito indebolito dalla vicenda irachena,
perché i laburisti gli hanno rivolto contro l’opinione pubblica in buona parte contraria
a questa guerra. Ma in questo momento ricava un appoggio perché la popolazione
indonesiana, ricordando la bomba di Bali del 2002 che uccise oltre 180
australiani, si sente probabilmente accerchiata.
D. – Questo attentato sembra
simile a quello dell’Hotel Marriott a Jakarta condotto nel 2003 da gruppi
legati ad Al Qaeda. Quindi, potrebbe esserci questo unico filo conduttore?
R. – Direi di sì, perché in
Indonesia non c’è una tradizione di martiri. La logica del kamikaze è
recentissima e comincia proprio con il Marriott che potrebbe essere continuata
con l’attentato di oggi. Quanto alla vicenda di Al Qaeda, in realtà si è
parlato molto spesso dei legami della Jemah Islamiah con Al Qaeda, ma sono
rapporti che non sono di fatto provati. L’unica testimonianza emersa durante i
processi di Bali era in realtà una voce riportata da un uomo della Jemah
Islamiah che diceva di aver saputo di un finanziamento di Al Qaeda alla Jemah
islamiah. Qui però non ci sono prove. L’unico testimone che effettivamente potrebbe
parlare è un presunto integralista arrestato un po’ di tempo fa, di cui però
non sappiamo molto. Sarebbe interessante conoscere che cosa quest’uomo,
presunto legame tra i gruppi locali ed Al Qaeda, potrebbe raccontare al
riguardo.
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Rammarico per le
vittime, rifiuto della violenza, denuncia dell’uso strumentale della religione:
sono alcuni dei contenuti di un comunicato dei vescovi indonesiani dopo
l’attentato all’ambasciata australiana a Jakarta. Il documento dei vescovi -
anticipato dall’Agenzia Fides - esprime il rammarico e il disappunto per
l’ulteriore atto di terrore che ha colpito la nazione indonesiana, e dichiara
la vicinanza e la solidarietà della Chiesa alle famiglie delle vittime.
TRADURRE LA BIBBIA
NELLA LINGUA DEI SEGNI PER I SORDI:
E’ IL PROGETTO DI UN GRUPPO ECUMENICO INTERNAZIONALE
- Intervista con don Gino Cortesi -
Si conclude oggi ad Assisi il
12° Meeting organizzato dal Gruppo Internazionale Ecumenico di lavoro per il
servizio pastorale dei sordi, dal tema: “La traduzione della Bibbia nella
lingua dei segni”: si tratta di un progetto che vede impegnati esperti
luterani, anglicani e cattolici. Il servizio di Monia Parente:
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Stimolati dall’urgenza pastorale
dell’annuncio della Parola del Signore ai non udenti, ricchi dell’eredità dei
primi grandi educatori come De L’Epée e Silvestri, ma soprattutto aperti
all’utilizzo delle nuove frontiere della tecnologia, biblisti, teologi ed
esperti della lingua dei segni, appartenenti alle varie Chiese cristiane si
interrogano sulla possibilità di tradurre la Bibbia nella lingua dei non udenti.
Don Gino Cortesi, membro del direttivo del Gruppo internazionale ecumenico di
lavoro per il servizio pastorale dei sordi, che ha promosso l’iniziativa, ci
parla del progetto:
“Ci stiamo orientando in questo modo: ogni nazione prenderà in consegna un libro particolare della
Scrittura, lo tradurrà nella lingua dei segni e ad un prossimo convegno verrà
confrontato; quindi verrà creata una Bibbia universale nella lingua dei segni
per tutti i non udenti, che credo possa essere interessante anche per gli udenti”.
Rivolto agli specialisti, ma
aperto a tutti, il Meeting è un momento di confronto tra le Chiese nel
servizio, nella carità e nel ministero verso fratelli considerati, fino a poco
più di un secolo fa, gli ultimi, perché esclusi dall’annuncio della Parola.
Oggi molti non udenti sono diventati ministri della Parola e, attualmente,
sette sono sacerdoti cattolici. Un bilancio sul lavoro fatto ma con lo sguardo
verso il futuro: ancora don Cortesi…
“Un confronto,
ma soprattutto guardando avanti. Negli ultimissimi tempi per i sordi c’è stato
davvero un grosso vantaggio che arriva dall’elettronica e dai mezzi tecnici.
Basti pensare che il telefono e la radio non sono accessibili ai sordi. Ma
prima con la televisione, poi con i computer, i dvd, anche per i sordi c’è oggi
molta possibilità di comunicare e di interagire. Quindi questi strumenti della
modernissima tecnologia noi li mettiamo a servizio di questa categoria. Ecco
allora la necessità di tradurre la Parola del Signore, la Bibbia, nella lingua
dei segni, perché questi mezzi tecnici la possono supportare. Stiamo anche
studiando con l’AIES (Associazione Italiana Educatori dei Sordi), la traduzione
simultanea della parola parlata in lingua dei segni e di questo si sta
occupando in particolare l’Università di Siena”.
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ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA,
IL TEMA DEL RAPPORTO TRA GENITORI E FIGLI
In
Concorso a Venezia “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio e “Piccoli Ladri” di Marziyeh
Meshkini. Due film che affrontano coraggiosamente il tema del rapporto genitori
e figli in situazioni di grande dolore ma anche irriducibile speranza. Il
servizio di Luca Pellegrini.
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Le
chiavi di casa sono quelle che Paolo conserva come un trofeo, simbolo di quella
autonomia e libertà che non potrà mai avere. Ha quindici anni, ma ne dimostra
molti di meno col suo corpo contorto. La mente va e viene, le sue reazioni sono
imprevedibili, così come la sua arguzia. Quando nacque, la mamma che lo metteva
al mondo moriva, il papà Gianni, interpretato con valore da Kim Rossi Stuart,
lo rifiutava. Ma ora? Da quell “ora” Gianni Amelio comincia la sua storia forte
e intensa, attesissima a Venezia. Gianni vede per la prima volta il ragazzino
disabile: lo accompagna a Berlino per una settimana di cure. Il loro rapporto è
altalenante, ma la situazione, lo si capisce, è dominata e condotta dal figlio,
non dal padre. Che subisce l’inevitabile metamorfosi: dall’insicurezza e paura
iniziali alla conoscenza e rispetto per una vita “diversa”. Amelio si ispira al
romanzo di Giuseppe Pontiggia “Nati due volte”, vera storia di un vero padre e
di un vero figlio disabile. Perché dire vero tre volte? Perché il problema del
film è proprio sulla questione della verità: Paolo è interpretato da Andrea
Rossi che davvero è così.
Ma fino
a dove si stende il confine tra recitazione e vita? Fino a che punto si
rispetta il dolore altrui immergendo in una dichiarata finzione tutto il mondo
che gravita attorno a questi genitori e figli? E quanto questo dolore non
diventa - parlando in termini di cinema, s’intende - funzionale all’ispirazione
di un facile senso di pietà che convoglia riconoscimenti e applausi?
Certamente, è un vademecum più che giusto quello che Amelio ci insegna,
soprattutto attraverso le paure e la testimonianza di Charlotte Rampling, anche
lei madre provata: chi è nudo davanti alla sofferenza, in questi casi, è il
genitore, non il figlio. E commuove e inchioda la terribile domanda interiore:
“Perché non muori?”, che questa mamma si fa guardando la figlia che a sua volta
la guarda con occhi disperati.
Disperazione,
mai rassegnazione, anche negli occhi di altri bambini che sono dei veri “Piccoli
ladri”, questo il titolo dell’elegante e avvincente film di Marziyeh Meshkini,
moglie e allieva di Mohsen Makhmalbaf. E’ ambientato nell’Afghanistan spaventosamente
segnato da venticinque anni di guerra. E’ struggente l’errare dei due
splendidi, piccoli protagonisti tra buoni e cattivi, uomini e bestie, soldati e
civili. Siamo oltre al neo-realismo (anche se viene funzionalmente citato
“Ladri di biciclette” di De Sica) perché è una realtà non ricostruita anche se
generata da una sceneggiatura. Siamo anche dalle parti del fiero, mai lacrimevole,
esempio di cinema iraniano che adotta storie popolari per raccontare e tramandare.
Se anche lo fa con manierismo, esso è diventato una nobile caratteristica e una
cifra indiscussa di valore stilistico. “Piccoli ladri” potrebbe aspirare ad un
meritato riconoscimento.
Da
Venezia, Luca Pellegrini per Radio Vaticana.
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9 settembre 2004
PRESENTATA IERI A MILANO LA
SECONDA TAPPA
DEL PERCORSO DIOCESANO TRIENNALE.
IL MONITO DEL CARDINALE
TETTAMANZI:
OCCORRE TORNARE AD “ABITARE” LA
DOMENICA
MILANO. = Occorre liberare la
messa della domenica da qualsiasi possibile “sciatteria e noia” e alzare “la
qualità della celebrazione eucaristica”, perché non bastano una bella chiesa,
dei ricchi paramenti e una buona musica per celebrare una messa che riesca a
“trasmettere il mistero” della fede. Con queste parole ieri il cardinale
Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha spiegato la seconda tappa del
percorso pastorale triennale diocesano, dedicata soprattutto all’Eucarestia
domenicale. L’iniziativa è stata lanciata lo scorso settembre, con il testo “Mi
sarete testimoni. Il volto missionario della Chiesa di Milano”. Nella vita
moderna, ha spiegato il porporato ambrosiano, il week-end unisce sabato e
domenica nel bisogno di evasione, più che nell’esigenza di riflessione:
“Allora, bisogna coordinare questi due momenti, vale a dire l’esigenza pur
legittima di evadere e quella di concentrarsi, di raccogliersi”. “Per questo –
ha aggiunto – la domenica deve riprendere il suo volto originario di riposo,
gioia e festa”. Obiettivo della seconda lettera presentata ieri, dunque, è
quello di “riscoprire, vivere, rendere più vigoroso il dinamismo missionario
proprio dell’Eucaristia e del Giorno del Signore”. E nel suo documento il cardinale
Tettamanzi indica “sentieri” e “strumenti”. La prima strada da percorre sarà
quella della cura della “qualità celebrativa dell’Eucaristia”, un’attenzione
affidata in primo luogo ai sacerdoti, ai quali è richiesta una preparazione
efficace. Nelle indicazioni del cardinale Tettamanzi, una seconda strada da non
trascurare è quella della formazione delle persone che occupano posti di
responsabilità nella vita della comunità, come i catechisti. Tra gli strumenti:
il cammino degli oratori e le indagini che verranno svolte sul territorio della
diocesi, sulla frequenza alla messa domenicale, sulla qualità della celebrazione
e sul modo in cui viene vissuta la domenica. (B.C.)
“NO AGLI ATTENTATI CONTRO LA VITA E LA FAMIGLIA”:
LO HA DETTO L’ARCIVESCOVO DI LAHORE, DURANTE IL
PELLEGRINAGGIO NAZIONALE
PAKISTANO AL SANTUARIO DI MARIAMABAD
MARIAMABAD.
= L’accoglienza e il rispetto come strumenti per una vera vita della famiglia e
la ferma condanna dell’aborto, definito “un omicidio verso esseri ancora non
nati”. Sono alcuni dei temi affrontati da mons. Lawrence John Saldanha,
arcivescovo di Lahore, durante la messa per il 55.mo pellegrinaggio nazionale
pakistano al Santuario mariano di Mariamabad. Citando il Vangelo, il presule ha
condannato il divorzio, ricordando che la Chiesa cattolica non permette di risposarsi
dopo una separazione legale. L’arcivescovo Saldanha ha chiesto, quindi, alle
coppie di accettarsi, rispettarsi e amarsi in modo reciproco. “Solo così – ha
detto – si può promuovere la vera vita familiare cristiana”. Mons. Saldanha ha
poi criticato la pratica dell’aborto. “Riconosciamo che la natalità molto alta
nel nostro Paese può essere un pericolo per la qualità della vita – ha
sottolineato il presule – ma la Chiesa è contraria al controllo delle nascite
proposto da organizzazioni per la pianificazione familiare”. L’arcivescovo di
Lahore ha, infine, condannato la vendita di organi umani e gli sprechi in
occasione dei matrimoni, ammonendo i fedeli sui pericoli e i danni di un
utilizzo incontrollato dei media in famiglia. “I film, la televisione e
internet possono comunicare ai più piccoli messaggi immorali sull’amore, il
matrimonio e la coppia. I genitori – ha concluso – hanno il compito di
controllare l’uso di questi mezzi di comunicazione nelle loro case”. (B.C.)
INOLTRATA
UNA RICHIESTA AL PARLAMENTO FILIPPINO PER APPROVARE
UNA LEGGE SUL SOSTEGNO DEI CONTRIBUENTI ALLA
CHIESA, SIMILE AL MODELLO
DIFFUSO IN ALCUNI PAESI
EUROPEI. IL DENARO RACCOLTO, HA SOTTOLINEATO
IL VESCOVO DI MANILA, VERREBBE UTILIZZATO
PER PROMUOVERE PROGRAMMI
DI SVILUPPO E ASSISTENZA SOCIALE
MANILA. = Un sostegno dei
contribuenti alla Chiesa attraverso il sistema di tassazione dello Stato: lo
chiede al Parlamento filippino l’arcivescovo di Manila, mons. Gaudencio B.
Rosales. Il presule ha esposto la sua idea durante una visita pastorale,
ricordando che provvedimenti legislativi di tal genere esistono già in Italia e
Germania e che essi aiutano la Chiesa a mandare avanti ospedali, scuole, centri
di assistenza, strutture di carità e di istruzione che offrono un servizio
all’intera società. Secondo l’arcivescovo di Manila, riferisce l’agenzia Fides,
se i politici filippini prendessero in considerazione la possibilità di
approvare una legge del genere, mostrerebbero apertura mentale e lungimiranza.
Il modello legislativo al quale l’arcivescovo Rosales si riferisce è quello di
lasciare al cittadino l’opzione di destinare ad una comunità religiosa
riconosciuta nel Paese una piccola percentuale delle tasse versate nelle casse
dello Stato. Il denaro raccolto, ha sottolineato mons. Rosales, non sarebbe
utilizzato per i benefici interni delle comunità, né per costruire edifici di
culto, ma per promuovere programmi di sviluppo e assistenza sociale. (B.C.)
ORDINATO VESCOVO IERI,
A NAPOLI, MONS. BRUNO FORTE.
MIGLIAIA I FEDELI
RIUNITI PER PARTECIPARE ALLA CELEBRAZIONE PRESIEDUTA
DAL CARDINALE
RATZINGER, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE
DELLA DOTTRINA DELLA FEDE
NAPOLI. = Oltre tremila fedeli
della diocesi di Napoli e di Chieti-Vasto si sono stretti ieri attorno a mons. Bruno
Forte, che ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Cinquantancinque anni,
napoletano, teologo di fama internazionale, mons. Bruno Forte è stato scelto
dal Papa lo scorso 26 giugno alla guida della Chiesa abruzzese. A presiedere il
rito è stato il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione della
Dottrina della Fede, nonché decano del collegio cardinalizio. Nel corso
dell’omelia, il porporato ha fatto riferimento a Sant’Agostino, ricordando che
il pastore deve stare accanto ai fedeli per “correggere, confortare, ascoltare
e consolare”. In un tempo di tanta disumanità, ha proseguito il cardinale
Ratzinger, occorre “percepire la Parola di Dio”, “uscire dalle vallate delle
controversie e andare in alto per respirare l’aria fresca della parola di Dio”.
Intenso il ringraziamento rivolto dal nuovo vescovo a Giovanni Paolo II, al
quale mons. Forte, nel corso della scorsa Quaresima, ha tenuto gli esercizi
spirituali, insieme ai membri della Curia Romana. “Il Papa mi ha commosso – ha
detto – anche la bolla di nomina è stata per me personalizzata. E’ un segno di
grande attenzione”. (B.C.)
CENTINAIA DI BAMBINI E GIOVANI MISTERIOSAMENTE
ASSASSINATI IN HONDURAS.
LA DENUNCIA DI ALCUNE ORGANIZZAZIONI ATTIVE NELLA
SALVAGUARDIA
DEI DIRITTI UMANI. QUASI NULLI I CASI RISOLTI CON
UNA CONDANNA
DEGLI
AUTORI MATERIALI DEGLI OMICIDI
TEGUCIGALPA. = Dal febbraio 2003 fino ad oggi almeno 700
bambini e minori di 23 anni sono stati vittime di assassini in Honduras. Lo
sostengono alcune associazioni locali e internazionali attive nella
salvaguardia dei diritti umani nel Paese centroamericano. Il fenomeno sembra
riguardare soprattutto giovani poveri, senza fissa dimora o appartenenti a
bande criminali. Quel che più insospettisce le organizzazioni dei diritti
umani, riferisce l’agenzia Misna, è che pressoché tutti i casi di omicidio
verificatisi sono rimasti impuniti, ad iniziare da quelli in cui si presume
siano coinvolti agenti di polizia. “Le autorità hanno l’obbligo di indagare su
questi omicidi di giovani, punire gli autori e proteggere i testimoni – si
legge in un comunicato di Amnesty International – è essenziale che l’Unità
speciale e la Procura generale possano contare su sufficienti risorse e
indipendenza per svolgere il loro compito e che il governo nomini giudici
speciali”. L’Unità speciale, “Unidad de Tratamientos de Muerte”, si è occupata
fino ad oggi di circa 400 casi di omicidio, rimettendo le prove di 88 di questi
nelle mani della Procura. Solo tre processi, tuttavia, si sono conclusi con una
condanna degli autori materiali. (B.C.)
LA
PIAGA DEI SUICIDI: OGNI 40 SECONDI NEL MONDO UN UOMO SI TOGLIE LA VITA.
LO RIFERISCE L’OMS IN
UN COMUNICATO RESO NOTO OGGI A GINEVRA
GINEVRA. = Ogni quaranta
secondi, da qualche parte del mondo, qualcuno sta mettendo fine alla propria
vita. Si tratta di una realtà drammatica, che ogni anno produce un milione di
vittime, più di quante ne causino il crimine e tutte le guerre messe insieme.
Lo riferisce oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che intende
ricordare alla comunità internazionale che il fenomeno dei suicidi, un
invisibile fantasma, rappresenta un problema sociale di prima grandezza. “Il suicidio
rappresenta circa la metà delle morti violente a livello mondiale – ha detto il
norvegese Lars Mehlum, dell’Associazione internazionale per la prevenzione dei
suicidi – ma si tratta di un problema che si potrebbe prevenire, se l’opinione
pubblica ed i governi mostrassero la volontà politica di affrontarlo”. Il documento
pubblicato a Ginevra dall’OMS dedica spazio anche prevenzione sociale, riconducendola
soprattutto alla solidità familiare e al giusto trattamento del malessere esistenziale
fin dalla giovane età. Il comunicato passa poi in rassegna alcune statistiche.
Si apprende, ad esempio, che se la fascia d’età più colpita è quella dei
sessantenni e che cresce il numero di giovani fra i 15 e i 29 anni che decidono
di mettere fine ai loro giorni. Passando all’analisi geografica del problema,
parziale per l’assenza di statistiche in molte parti del mondo, le aree più
colpite sono gli ex Paesi comunisti, con le Repubbliche baltiche (Lituania,
Lettonia, Estonia), Russia e Ungheria in testa. (B.C.)
IL
GESUITA PADRE SPORSCHILL RICEVE LA MEDAGLIA D’ORO INTITOLATA
AL FILANTROPO
SCHWEITZER. IL RICONOSCIMENTO E’ STATO ATTRIBUITO
PER
L’OPERA DI SOSTEGNO RESA IN FAVORE DEI BAMBINI DI STRADA DELLA ROMANIA
BASILEA.
= Un gesuita austriaco è stato insignito della medaglia d’oro intitolata al
filantropo tedesco Albert Schweitzer, assegnata annualmente dalla Fondazione
Johann Wolfgang von Goethe di Basilea. Si tratta di padre Georg Sporschill, fondatore
dell’associazione “Concordia” per i bambini di strada della Romania. Grazie
all’associazione fondata da padre Sporschill, a Bucarest e a Ploesti, oltre 400
giovani tra i 2 e i 25 anni, insieme con 170 educatori e pedagoghi, sono
alloggiati in 33 case e comunità per essere curati, istruiti ed aiutati a
diventare autonomi e a guarire dalle ferite del passato. Un ulteriore premio di
incoraggiamento è stato attribuito alla francese Hélène Juillard, per il suo
aiuto umanitario ai bambini dell’Asia, e all’Associazione francese “Les enfants
du soleil”, per il progetto di solidarietà avviato con la popolazione del
Guatemala. (B.C.)
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9
settembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Pakistan l’aviazione di
Islamabad ha bombardato stamani, nell’ovest del Paese, presunte basi di
militanti islamici. Il blitz è avvenuto mentre era in corso una
riunione tra taliban e integralisti islamici. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Decine di persone sono morte in
seguito ad un raid aereo dell’aviazione pachistana nella regione tribale del
sud Waziristan, al confine con l’Afghanistan. L’attacco, in base a quanto
riferito da fonti militari, avrebbe causato almeno 50 morti ma il bilancio
delle vittime sembra destinato a crescere. Tra queste ci sono diversi miliziani
ma anche alcuni civili. Obiettivo dell’azione, presunte postazioni di guerriglieri
affiliati all’organizzazione terroristica di Al Qaeda. Secondo le prime testimonianze
raccolte nella zona dei bombardamenti, l’aviazione pachistana avrebbe deciso di
scatenare l’offensiva mentre era in corso una riunione tra guerriglieri
talebani e militanti islamici. La conferma del blitz è arrivata anche da fonti
militari di Islamabad, che in un primo momento avevano solo dichiarato di aver
portato a termine attacchi aerei contro “alcuni obiettivi”. L’operazione
militare è stata condotta all’indomani dello scontro armato tra uomini della
sicurezza e guerriglieri fondamentalisti costato la vita a sei persone.
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Nuovi segni di distensione nei
rapporti tra India e Pakistan. I due Paesi asiatici hanno annunciato, ieri,
l’apertura dei propri confini ai rispettivi turisti. Programmati, inoltre,
nuovi incontri per promuovere il processo di pace.
In Ossezia, le autorità
hanno reso noto che 93 corpi recuperati tra le macerie della scuola di Beslan
non sono ancora stati identificati. Ed il capo del Centro medico per le emergenze
di Mosca, Sergei Goncharov, ha dichiarato che sono 356 i feriti ricoverati negli
ospedali a Rostov e nell’Ossezia del nord; tra questi 39 minori versano in
gravi condizioni. L’ultimo drammatico bilancio delle vittime, inoltre, è di 326
morti e sono almeno 160 i bambini rimasti uccisi nell’azione terroristica. Le
violenze non risparmiano nemmeno i più piccoli e “si è infranto un tabù”,
commenta Donata Lodi, portavoce di Unicef Italia al microfono di Fabio Colagrande:
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R. – E’ aumentato il numero di
bambini coinvolti nei conflitti armati come piccoli soldati. E’ cresciuto il
numero di minori vittime dei conflitti. E soprattutto è aumentato l’uso cinico
e spregiudicato, dei bambini da parte delle fazioni in lotta. Quello che è
accaduto a Beslan, fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile anche nella
più violenta delle guerre africane dove i bambini vengono uccisi, ma non in
modo così deliberato, mirato e programmato. O cambiamo direzione, o veramente
questa rottura del tabù, rappresentato dalla santità dell’infanzia, è qualcosa
che avrà conseguenze tragiche per l’umanità.
D. – Come si è potuto rompere
questo tabù?
R. – Sicuramente ha contribuito la diffusione dei conflitti locali
incontrollati. La fine della guerra fredda, purtroppo, non ha significato
l’inizio di quell’era di pace che tutti ci aspettavamo. Il mondo di oggi è
contrassegnato da un’ampia diffusione dei conflitti. E questa piaga,
paradossalmente, ha trovato territorio fertile anche nelle aree più
civilizzate. Pensiamo all’ex Jugoslavia, dove per la prima volta si è visto
sparare in modo deliberato sui bambini..
D. – Tra l’atro, lottare per
l’indipendenza - questo è il motivo del terrorismo ceceno - coinvolgendo dei
bambini, facendo delle vittime tra i bambini, non ha neanche senso perché non
porta a nessuna conquista dal punto di vista politico…
R. – Non porta a nessuna
conquista, crea soltanto un fossato di odio sempre più profondo e sempre più
difficile da colmare, perché poi su questo stato di conflitto si innestano spirali
di vendetta atroci. E’ necessario ripristinare l’inviolabilità dell’infanzia, e
questo richiede uno sforzo ed una mobilitazione dell’opinione pubblica di tutto
il mondo, dei leader religiosi, delle diverse etnie. I bambini devono
assolutamente essere tenuti al riparo dalle conseguenze dei conflitti.
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La Russia ieri ha
dichiarato di essere pronta a colpire le basi terroristiche in tutto il mondo.
Ma la collaborazione internazionale nella lotta al terrorismo difficilmente può
essere realizzata se si considera l’atteggiamento di Stati Uniti e Russia. Lo
sostiene il vice direttore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni russe,
Fulvio Scaglione, intervistato da Roberto Piermarini:
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R. – L’amministrazione Bush
cominciò, appena insediata, a criticare fortissimamente la Russia per il suo
comportamento in Cecenia. Poi venne l’11 settembre e queste critiche vennero
sepolte, perché ovviamente agli Stati Uniti serviva il maggior numero di
alleati per questa lotta contro il terrore. Putin, i cui uomini di governo –
insieme a lui - dicono che si tratta di un unico fronte dalla Palestina alla
Cecenia, dice questo ma poi manda contemporaneamente il messaggio che sulla Cecenia
nessuno deve intervenire, nessuno deve criticare e che la Russia deve essere
totalmente libera di fare, in segreto, ciò che a proposito della Cecenia
ritiene più opportuno. E’ chiaro che questi atteggiamenti sono delle mine alla
base di una cooperazione internazionale nella lotta contro il terrorismo e sono
mine posate da due leader che, entrambi, hanno da nascondere perlomeno alle
proprie opinioni pubbliche un fatto molto semplice: entrambi, uno in Iraq e
l’altro in Cecenia, hanno lanciato delle guerre preventive – chiamiamole pure
così – che non hanno dato neanche lontanamente i frutti sperati e che nell’uno
e nell’altro caso hanno incentivato il terrorismo al posto di reprimerlo.
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A San Pietroburgo la
polizia russa ha trovato esplosivi nascosti in un teatro chiuso per lavori di
riparazione. Lo ha riferito oggi il ministero dell’Interno in un comunicato
citato dall’agenzia Interfax. Secondo alcune ricostruzioni, risulta che armi ed
esplosivi fossero stati nascosti anche nel teatro Dubrovka di Mosca prima
dell’attentato compiuto nell’ottobre del 2002 da un commando ceceno. Lo stesso
potrebbe essere successo a Beslan anche se la versione secondo la quale gli esplosivi
sono stati occultati nell’istituto nel corso di lavori di manutenzione è stata
smentita dalla Procura generale russa.
In Medio Oriente ancora
violenti combattimenti questa mattina a nord della Striscia di Gaza per
un’incursione israeliana nel campo profughi di Jalabya. Sul piano politico,
intanto, il premier Sharon è intenzionato a proporre al Paese un referendum sul
ritiro da Gaza. Il servizio di Graziano
Motta:
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Le forze di sicurezza hanno
annunciato che in agosto sono stati sventati almeno 15 attentati terroristici.
Nei giorni scorsi un altro piano terroristico progettato in un caffè di Gerusalemme
è fallito per il pentimento del kamikaze, un giovane cuoco di Betlemme che ha
consegnato la cintura esplosiva e fatto arrestare il mandante, un esponente dei
Tanzim. Sul piano politico, il primo ministro Sharon ha approvato il nuovo
tracciato della controversa barriera di sicurezza e di separazione con la
Cisgiordania, più aderente alla linea di armistizio vigente fino al 1967, e
starebbe preparando l’indizione di un referendum popolare – sarebbe il primo in
Israele – sul ritiro di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza, che divide il
suo partito. Intanto, il ministro degli Esteri ha rinnovato le accuse alla
Siria di sostenere le organizzazioni terroristiche palestinesi, respingendo in
tal modo la disponibilità del presidente Assad, espressa al rappresentante
dell’Onu nella regione, di riprendere il dialogo di pace.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Gli Stati Uniti hanno presentato ieri al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite un nuovo progetto di risoluzione sulla difficile situazione nel Darfur, la regione sudanese da mesi in preda alla guerra civile. Nel documento si richiede l’ampliamento del mandato della forza di controllo dell’Unione Africana, minacciando sanzioni, in particolare nel settore petrolifero, contro il governo di Khartoum se non rispetterà le richieste della comunità internazionale.
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