RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
252 - Testo della trasmissione di mercoledì 8 settembre 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Con spirito di devozione e amore si celebra oggi la
festa della Natività della Beata Vergine Maria
Morto
in Sudafrica il pastore Beyers Naude, da decenni impegnato nella lotta contro
il razzismo
Premio
Balzan per la Comunità di Sant'Egidio.
La
Russia pronta a colpire basi terroristiche in tutto il mondo. Ieri 130 mila
persone hanno manifestato a Mosca contro il terrorismo
Il
primo ministro palestinese, Abu Ala, ha minacciato di dimettersi in seguito ad
un nuovo scontro con il presidente Yasser Arafat
8
settembre 2004
ALL’UDIENZA GENERALE IL GRIDO DI DOLORE DEL PAPA
PER I BAMBINI UCCISI E
OLTRAGGIATI NEL MONDO:
DALLE VITTIME DELLA
TRAGEDIA DI BESLAN ALL’IRAQ, APPELLO DEL PONTEFICE
PER LA DIFESA DEI PIU’
PICCOLI,
PER LA SALVEZZA DELLE DUE
VOLONTARIE ITALIANE
RAPITE A BAGHDAD, PER LA
PACE E LA GIUSTIZIA NEL MONDO
- Servizio di Alessandro
De Carolis -
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Un grido di dolore, forte, che non può lasciare indifferente nessuno,
straziante nella sua compostezza. Un grido per piangere tutte le piccole
vittime delle grandi tragedie del mondo: i bambini uccisi dalla violenza degli
adulti, quelli mandati a combattere come i soldati che non sono, innocenti e
maltrattati, inermi e umiliati, costretti alla fame, abbandonati, uccisi. Loro,
“ricchezza del mondo”, depredati della dignità e del futuro. Con un tremito di
commozione, oggi certamente più forte della fatica, Giovanni Paolo II ha
stretto in un abbraccio l’infanzia oltraggiata di ogni angolo del pianeta, nel
suo discorso all’udienza generale in Aula Paolo VI, tenuto davanti a oltre
settemila pellegrini. Uno sguardo di pietà del Pastore universale ad
abbracciare le zone divenute un infinito crogiolo di brutalità. Dai piccoli
caduti nel “barbaro sequestro e tragicamente trucidati” nella scuola di Beslan,
in Ossezia, alle due volontarie italiane rapite ieri in Iraq, per le quali il
Papa ha invocato il rispetto dei sequestratori e la restituzione alle famiglie,
unendo a questo appello quello per la tutela dei bambini, per le famiglie di
chi li ha persi, per la pace e la giustizia del mondo.
Il Pontefice ha iniziato il suo breve intervento parlando dell’odierna
festa della Natività di Maria Bambina. Guardando a lei, si è chiesto, “come non
pensare ai tanti piccoli inermi di Beslan”, trucidati laddove si va per
crescere e per scoprire il mondo? “Si trovavano all’interno di una scuola – ha
osservato - luogo in cui si apprendono
i valori che danno senso alla storia, alla cultura e alla civiltà dei popoli:
il rispetto reciproco, la solidarietà, la giustizia e la pace”. Ma così non è
stato:
“Tra quelle mura essi hanno invece sperimentato l’oltraggio, l’odio e la
morte”.
Conseguenze “nefaste”, ha affermato il Pontefice, “di un crudele
fanatismo e di un insano disprezzo della persona umana”. Un paradosso lacerante,
che ha spinto il Papa a ricordare “tutti i bimbi innocenti che, in ogni parte
della terra, sono vittime della violenza degli adulti”. Un elenco drammatico,
quello scandito da Giovanni Paolo II: “Bambini costretti ad impugnare le armi
ed educati ad odiare ed uccidere; bambini indotti a mendicare nelle strade,
sfruttati per facili guadagni; bambini maltrattati e umiliati dalla prepotenza
e dai soprusi dei grandi; bambini abbandonati a se stessi, privati del calore
della famiglia e di una prospettiva di futuro; bambini che muoiono di fame,
bambini uccisi nei tanti conflitti in varie regioni del mondo”.
“E’ un alto grido di dolore dell’infanzia offesa nella sua dignità. Esso
non può, non deve lasciare indifferente nessuno”.
Davanti alla culla di Maria Bambina, ha proseguito il Pontefice,
“prendiamo rinnovata coscienza del dovere che tutti abbiamo di tutelare e difendere
queste fragili creature e di costruire per loro un futuro di pace”:
“Preghiamo insieme perché siano create per loro le condizioni di
un’esistenza serena e sicura”.
E poi cinque intenzioni di preghiera: per i bimbi di Beslan, per le
famiglie straziate perché trovino la forza del perdono, perché Dio “pieghi la
durezza del cuore” di chi colpisce i più piccoli, per le giovani volontarie in
Iraq, “perché siano tutte trattate con rispetto e restituite presto incolumi
all’affetto dei loro cari”, e infine per la giustizia e la pace nel mondo:
perché, ha detto il Papa, il Signore illumini le menti di quanti sono
soggiogati dalla funesta suggestione della violenza ed apra i cuori di tutti al
dialogo e alla riconciliazione, per costruire un futuro di speranza e di pace”.
“La violenza sugli altri è un vicolo cieco che non ha sbocco sul futuro”.
Tra i saluti oggi pronunciati in dieci lingue, Giovanni Paolo II ha avuto
un pensiero di particolare affetto, tra gli altri, per i seminaristi di Trento,
presenti all’udienza. “Vi esorto – ha detto – a lasciarvi sempre illuminare da
Cristo, sorgente della nostra gioia”.
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MAI PIU’ LA GUERRA,
SCONFITTA DELLA RAGIONE E DELL’UMANITA’:
E’ IL MESSAGGIO DEL PAPA AL 18.MO INCONTRO “UOMINI
E RELIGIONI”,
PROMOSSO DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO, CHE SI E’
CONCLUSO IERI A MILANO
- Intervista con mons. Vincenzo Paglia -
“Venga presto … un sussulto
spirituale e culturale che porti gli uomini a bandire la guerra. Sì, mai più la
guerra!”. E’ il passaggio principale del messaggio di Giovanni Paolo II letto
ieri sera in Piazza Duomo, a Milano, durante la cerimonia conclusiva del 18°
incontro “Uomini e Religioni” organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. “Con
la guerra – scrive il Pontefice – tutto diventa possibile, anche quello che non
ha logica alcuna”. Di qui l’appello a “non cedere alla logica della violenza,
della vendetta e dell’odio” ma anzi a “perseverare nel dialogo”. Il servizio
della nostra inviata a Milano, Francesca Sabatinelli:
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“Mai più la guerra”, “sconfitta
della ragione e dell’umanità”: il messaggio di Giovanni Paolo II è risuonato di
fronte ai leader religiosi di tutto il mondo all’immensa platea che ha gremito
Piazza Duomo. Forti le sue parole: La pace è sempre possibile; il conflitto tra
mondi non è “un inevitabile lascito della storia”. “La violenza genera sempre
violenza, la guerra spalanca le porte all’abisso del male”. A questo bisogna
opporre la pace che – e Milano lo dimostra – passa sempre per il dialogo, unico
mezzo per “spezzare quella catena mortale che imprigiona e insanguina troppe
parti del pianeta”.
Per rendere solida la pace,
rafforzare le istituzioni internazionali, promuovere la riconciliazione serve –
dice il Papa – lo “spirito di Assisi”, annualmente riproposto da Sant’Egidio.
Di fronte alle notizie di violenze, di attentati, di operazioni militari,
nonostante “l’impressione di una progressiva assuefazione all’uso della
violenza e allo spargimento di sangue innocente”, il Papa ha chiesto che non si
abbandoni la speranza di pace. Tra qualche giorno – ha ricordato – sarà l’11
settembre: tre anni fa, “portò la morte nel cuore degli Stati Uniti”. Da
allora, “il terrorismo sembra aumentare le sue minacce di distruzione”: per
questo servono “fermezza e decisione nel combattere gli operatori di morte.
Allo stesso tempo, tuttavia, è necessario adoperarsi in ogni modo per sradicare
quanto può favorire l’affermarsi di questa deriva del terrore: in particolare
la miseria, la disperazione e il vuoto dei cuori”.
Il pensiero del Papa è andato
all’Africa, all’amato popolo iracheno. Ed è proprio in Iraq, a chiusura di
questo appuntamento, che si è rivolto lo sguardo di tutti, dove ieri sono stati
rapiti due iracheni e due italiane. A chiederne la liberazione immediata e
senza condizioni è stata la delegazione irachena presente a Milano: “Tali atti
– è stato il loro appello – danneggiano l’interesse dell’Iraq e servono solo ai
nemici del popolo iracheno”.
Di fronte a scenari così
dolorosi, non bisogna cedere al pessimismo – è stato il richiamo di Andrea
Riccardi nel suo intervento finale - né farsi dominare dalla paura. Qui, uomini
e donne di diverse religioni hanno testimoniato che la parola ‘pace’ non è un sogno,
né un’ennesima ingenuità, ma la più grande aspirazione concreta di milioni di
donne e uomini. Da Milano, dunque, è sorta l’invocazione di pace e il tempo del
coraggio di un nuovo umanesimo, che aiuti a dominare la paura. La violenza è
una sconfitta per tutti: è con il dialogo che si costruisce la pace. Il cammino
di Sant’Egidio continua, non è intimidito dalla violenza e dal terrorismo: tra
un anno a Lione, in Francia, il nuovo appuntamento.
Da Milano, Francesca
Sabatinelli, Radio Vaticana.
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Ma quali sono state le novità di
questo 18.mo incontro interreligioso organizzato da Sant’Egidio? Francesca
Sabatinelli lo ha chiesto al vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia, che è stato
tra i fondatori di questa Comunità ecclesiale:
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R. - Quest’anno abbiamo trovato nei tanti responsabili religiosi che sono
venuti una maggiore coscienza delle responsabilità che le religioni hanno
all’inizio di questo millennio. Persino nel mondo islamico, non voglio dire per
la prima volta ma certamente in un modo molto più evidente, sono venute
personalità che sanno dialogare con la cultura dell’Occidente, con la sua
complessità. Non è stato più solo un Islam chiuso in se stesso, ma è stato un
Islam che comincia ad aprire un dialogo vero. Per quanto riguarda il mondo
ebraico è venuto il rabbino capo di Israele, sono venuti molti rabbini, il che
sta ad indicare il bisogno che loro hanno di continuare a stringere un rapporto
con le altre religioni, in particolare con la Chiesa cattolica, rapporto che
essi sentono – dobbiamo dirlo – particolarmente vivo. Per passare ad un altro
campo c’è stata la presenza della Chiesa ortodossa russa molto numerosa. Non c’
dubbio che sia un segno di un nuovo rapporto.
D. – Delegazione russa corredata
di un messaggio del patriarca Alessio II…
R. – Certamente anche questo. Un
messaggio, peraltro, molto sostanzioso e ciò sottolinea quanto, in questi
ultimi tempi, il tessuto che con pazienza era stato elaborato in questi anni ha
mostrato i suoi frutti. Questo che cosa
mi fa dire? Che il dialogo dell’amore è la via dell’ecumenismo. I dibattiti teologici
non svegliano nessuno. L’amore sveglia.
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RINUNCE E NOMINE
Giovanni
Paolo II ha nominato nunzio apostolico in Niger l’arcivescovo Mario Roberto
Cassari, finora nunzio apostolico in Costa d'Avorio e in Burkina Faso.
Il Papa ha
accolto la rinunzia, presentata per raggiunti limiti d'età, dall’arcivescovo
Pier Giacomo De Nicolò, nunzio apostolico in Svizzera ed in Liechtenstein. Al
suo posto, ha nominato l’arcivescovo Francesco Canalini, finora nunzio
apostolico in Australia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Il
titolo che apre la prima pagina è "Un alto grido di dolore dell'infanzia
offesa nella sua dignità".
All'udienza generale
la paterna e vibrante preghiera di Giovanni Paolo II per i bambini di Beslan,
per tutte le piccole vittime innocenti della violenza e per la pace nel mondo.
L'accorata
preghiera del Santo Padre per le tante persone rapite in Iraq, in particolare
per le due volontarie italiane.
Sempre
in prima il dettagliato resoconto della drammatica vicenda del sequestro delle
due giovani avvenuto a Baghdad.
Il
titolo all'articolo è "Donne di pace ostaggi di guerra".
Nelle
vaticane, nel Messaggio al cardinale Kasper, - in occasione del XVIII Incontro
internazionale "Uomini e Religioni" promosso dalla Comunità di
Sant'Egidio" - il Papa ha sottolineato con forza che c'è bisogno del
coraggio di globalizzare la solidarietà e la pace e, al contempo, ha ricordato
che la guerra è sempre una sconfitta della ragione e dell'umanità.
L'omelia
del Cardinale Angelo Sodano durante la Santa Messa per il Millenario della nascita
del santo Patrono di Acqui.
Nelle
estere, Sudan, Darfur: l'Onu denuncia ulteriori violenze.
Nella
pagina culturale, per la rubrica "Oggi", un articolo di Massimo
Carrara dal titolo "Francesca e Filippo: un inno alla vita". La mamma
colpita da una forma tumorale che ha scelto di far nascere il bambino che
portava in grembo.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il rapimento, in Iraq, delle due giovani
italiane.
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8
settembre 2004
VERTICE DI GOVERNO E OPPOSIZIONI PER IL RILASCIO
DELLE DUE DONNE ITALIANE RAPITE
IN IRAQ,
DOVE QUESTA MATTINA UN VICEGOVERNATORE
E’ STATO SEQUESTRATO MENTRE IN UN AGGUATO SONO
MORTE DUE PERSONE
-
Con noi Alberto Negri, Abdallah Kabakebbji e Simona Pari in una recente intervista
-
L'opposizione, ferma restando la
sua contrarietà all'intervento militare in Iraq, ribadisce la volontà di
salvare i due ostaggi italiani e per questo, offre piena disponibilità a collaborare
con il governo. E' questo il senso della posizione espressa dal centrosinistra
al termine della riunione, in fine settimana, con il governo a Palazzo Chigi.
Ma per parlare della mobilitazione delle forze politiche in Italia dopo il
rapimento ieri di Simona Torretta e Simona Pari e per avere aggiornamenti su
quanto accade in Iraq, il servizio di Fausta Speranza:
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Il rapimento delle due volontarie italiane potrebbe essere stato
portato a termine da ''un gruppo composito di Baathisti ex fedeli del regime di
Saddam Hussein con infiltrazioni di sunniti''. E’ quanto ha detto il ministro
dell'interno Pisanu, secondo la dichiarazione del responsabile esteri dei
Verdi, Bonelli, al termine dell'incontro a Palazzo Chigi tra governo e
opposizioni. C’è poi l’annuncio del governo: sono stati aperti canali con il Qatar,
con gli Emirati arabi uniti e con il Kuwait ed è stata chiesta un’iniziativa ad
Al Jazeera perché nella comunicazione su questa vicenda si sottolinei il lato
umanitario delle donne rapite''. Da parte sua, il vicepresidente del Consiglio,
Fini, ha sottolineato che ''i terroristi colpendo la cooperazione vogliono
bloccare la ricostruzione dell'Iraq e la transizione verso la democrazia del
Paese''.
Le opposizioni hanno poi chiesto
al governo di ''evitare nelle dichiarazioni di suoi esponenti qualsiasi
riferimento a contrapposizioni di civiltà'' e la richiesta sembra abbia riscosso
''un consenso unanime” nel governo.
Inoltre è stato ribadito che la trattativa compete al governo stesso,
che l'opposizione collabora e che il luogo in cui questa collaborazione si
esplica è il Parlamento''. L'esponente dei Verdi ha poi chiesto che il governo
si faccia promotore con Usa e Gran Bretagna per un 'cessate il fuoco' in tutto
l'Iraq.
Le due donne italiane sono state
portate via ieri pomeriggio dall’ufficio della loro ONG a Baghdad insieme con
una donna e un uomo iracheni. E va detto che questa mattina in Iraq è stato
sequestrato da uomini armati il vice governatore della provincia sunnita di
Anbar, mentre due persone sono rimaste uccise e tre ferite nel nord dell'Iraq
in due tentati omicidi di due responsabili iracheni, i quali invece sono
rimasti illesi. Inoltre, ci sono scontri a Falluja. E di fronte agli ultimi
fatti, poco fa il coordinatore delle ONG presenti in Iraq ha fatto sapere che
le organizzazioni si apprestano a ritirare tutto il personale.
Solidarietà all’Italia è stata
espressa dalla Francia che è alle prese con la vicenda dei suoi due giornalisti
rapiti il 20 agosto dalla stessa banda che ha catturato e ucciso Enzo Baldoni.
E per fare il punto sulla situazione, vertice in tarda mattinata oggi anche a
Palazzo Matignon.
Disappunto è stato espresso da
tutti, a livello nazionale e internazionale, insieme con la sorpresa per il
rapimento pianificato e non improvvisato e, dunque, per l’azione voluta proprio
contro operatori umanitari e per di più donne. Le due rapite sono impegnate, la
prima da molti anni, l’altra da meno tempo, nell’assistenza della popolazione
irachena nell’ambito dell’Organizzazione non governativa “Un ponte per…”.
Nell’intervista di Roberto Piermarini, ascoltiamo Alberto Negri, inviato
speciale del Sole 24Ore:
R. – Prima di tutto bisogna
sottolineare che Simona Pari e Simona Torretta forse erano le uniche, ultime
due donne che erano rimaste a Baghdad ad operare nel settore umanitario,
settore che peraltro aveva ridotto di molto nelle Ong italiane ma anche in
quelle straniere il personale operante sul territorio. Tra l’altro l’attività è
soprattutto con gli iracheni che rimangono anche loro coinvolti in questa
ondata di sequestri. Ondata che comunque a me pare oggi sia fine a se stessa,
cioè coinvolga tutte le persone di tutte le categorie.
''E' il primo dei nostri
attacchi contro l'Italia'': così, su un sito internet, il rapimento sembra
rivendicato da un gruppo che si firma ''Ansar El Zawahri'' (I partigiani di El
Zawahri). Nella rivendicazione giudicata inattendibile da molti esperti si
legge anche: ''Noi minacciamo il governo Berlusconi di altri attacchi dolorosi
come quelli che abbiamo inflitto alla Russia, grazie a Dio e grazie ai fratelli
mujahiddin nel Caucaso''. E di fronte a
rivendicazioni come queste in nome di Allah, Fabio Colagrande ha chiesto quale
sia la reazione di un credente come Abdallah Kabakebbji, delegato per il
dialogo interreligioso dei “Giovani musulmani d’Italia”:
“Ai miei occhi appaiono come
delle mistificazioni, come delle bestemmie. Non posso pensare
assolutamente che possa essere utilizzato il nome di Dio per fare rapimenti,
esecuzioni, eccidi. Il mio sdegno parte soprattutto dal fatto che viene calpestata
la dignità della vita umana, qualcosa che viene conservato al massimo nella mia
religione, nei miei insegnamenti religiosi. E questo in ogni parte del mondo:
non fa differenza tra un musulmano occidentale e uno orientale. Ma la
religione, purtroppo, è uno strumento molto forte che spesso viene utilizzato
anche per questi scopi politici. Non vogliamo più parlare di fratelli che
sbagliano, ma vogliamo dire effettivamente che c’è una fuoriuscita netta dagli
insegnamenti del Corano”.
Dal mondo musulmano sono venuti
molti appelli per la liberazione delle due donne italiane: tra questi quello di
due ONG e dell’Associazione donne musulmane d’Italia. Ci sono poi le
dichiarazioni a livello istituzionale: il presidente della Commissione europea,
Prodi, ha chiesto il rilascio anche dei due iracheni rapiti con le italiane e
ha sottolineato come “non può esistere alcuna giustificazione per azioni così
disumane'' contro persone che cercano di “realizzare i programmi umanitari, a
partire da quelli dell'Unione Europea”. E si è pronunciato anche il responsabile
della politica estera e di sicurezza dell'UE, Solana.
Resta da dire che una conferenza
stampa per spiegare al mondo chi sono le due volontarie rapite in Iraq sarà
tenuta nel primo pomeriggio da responsabili dell'ONG cui appartengono Simona
Pari e Simona Torretta, ''Un ponte per…'', e dal comitato ''Fermiamo la
guerra'', l'organismo che ha organizzato le mobilitazioni pacifiste degli
ultimi due anni.
Noi scegliamo di rimandare in
onda una testimonianza della stessa Simona Pari, raggiunta telefonicamente
tempo fa a Baghdad da Andrea Sarubbi:
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R. - La stessa popolazione è
spaventata, perché si tratta di attacchi che coinvolgono civili.
D. –
Come la Croce Rossa anche un “Ponte per…” ha deciso di restare in Iraq, nonostante
gli attentati, perché?
R. – Noi abbiamo deciso di
rimanere perché il nostro compito è non solo portare aiuti, ma lavorare con la
popolazione irachena, con cui siamo a stretto contatto. Per cui non abbassiamo
assolutamente la soglia di attenzione, però abbiamo dei progetti iniziati, dei
progetti che stanno iniziando, e quello che vogliamo fare è rimanere qua.
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- Intervista con don
Aldo Martini -
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R. –
Senza istruzione e senza cultura, l’uomo è un essere dimezzato; una persona che
non è in grado di leggere e scrivere, è una persona che non può conoscere i
propri diritti e doveri né sa farseli rispettare. Si tratta di una persona
destinata per forza ad essere emarginata.
D. – L’analfabetismo si associa
quasi endemicamente alla povertà?
R. – Vanno insieme e direi che è
un po’ come il cane che si morde la coda. Una famiglia che non ha la
possibilità di dare il minimo di istruzione ai figli non può trasmettere un sapere
e questi figli quando crescono e, a loro volta, avranno altri figli che vanno
ad ingrossare le file dell’analfabetismo, della povertà e dello sfruttamento.
Noi puntiamo, ad esempio, molto sulla formazione e l’istruzione della donna: se
la donna, che è la chiave e l’anello portante di tutta la catena della solidarietà
umana, è un anello fragile e debole, allora tutto il resto della catena viene a
mancare.
D. - Quali sono le regioni del
mondo dove la piaga dell’analfabetismo è più profonda e cosa sta facendo la
comunità internazionale per sanarla a partire dall’esperienza dell’OPAM?
R. – I Paesi che sono più
colpiti dalla piaga dell’analfabetismo sono anche i Paesi più poveri ed anche i
più destabilizzati e in guerra: abbiamo tutta la zona dell’Africa
sub-sahariana. Ci sono poi grandi sacche di analfabetismo in Paesi come
l’India, che per certi versi sono all’avanguardia e sono molto sviluppati, ma
hanno poi regioni intere dove l’analfabetismo arriva a livelli spaventosi. Cosa
fa la comunità internazionale? Purtroppo, dobbiamo dire che sulla carta ci sono
molte buone intenzioni e molti proclami; l’ONU e l’UNESCO hanno fatto degli
sforzi ed anche degli sforzi – questo si deve dire – intelligenti. Non sempre
però c’è la rispondenza da parte di molti Paesi: il caso tipo è l’Uganda, dove
l’accesso alla scuola è aperto a tutti ed è stato liberalizzato, ma dove poi,
mancando i maestri, vengono promossi insegnanti sul campo ragazzi che hanno
fatto fino alla terza media e magari con risultati assolutamente inaccettabili;
oppure perché i soldi dati per questi nobili scopi e nobile cause, vengono poi
dirottati per altre strade e vengono impiegati magari per armamenti ed altro.
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POVERTÀ,
DISOCCUPAZIONE E DISUGUAGLIANZE:
DA
OGGI, A OUAGADOUGOU,
L’AFRICA
DI FRONTE ALLE SFIDE DI SEMPRE
-
Intervista con padre Giuseppe Caramazza -
Povertà,
disuguaglianze e disoccupazione in Africa sono al centro di un vertice
straordinario che si è aperto stamattina a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso.
Vi partecipano fino a domani una ventina di leader dei Paesi membri dell’Unione
Africana, con l’obiettivo di cercare risposte a problemi apparentemente
cronici. Ma cosa è cambiato, in questo campo, con l’arrivo della globalizzazione?
Andrea Sarubbi lo ha chiesto a padre Giuseppe Caramazza, missionario comboniano,
direttore dell’agenzia di stampa New People a Nairobi, in Kenya:
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R. – Senz’altro c’è stato un cambiamento anche positivo. Non bisogna vedere
la globalizzazione solo in maniera negativa. In molti Paesi africani la globalizzazione
ha voluto dire trasferire tecnologie e attività commerciali nel sud del mondo.
Chiaramente, però, dall’altra parte, ci sono anche degli aspetti negativi. Per
un certo numero di persone che trovano un impiego, ce ne sono altre che perdono
totalmente il loro impiego. Sto pensando, ad esempio, nella regione dell’Africa
orientale, a quante persone hanno perso il loro impiego nel campo
dell’agricoltura. L’arrivo di nuove tecnologie, di nuovi macchinari, infatti,
ha fatto vedere come servissero meno lavoratori per ottenere lo stesso
risultato.
D. – Nel vertice di Ouagadougou
si parla anche del problema delle disuguaglianze in Africa. Da quando lei è
missionario nel continente che evoluzione c’è stata?
R. – Secondo me le cose sono
cambiate non sempre per il meglio. Ci sono dei ricchi che sono diventati più
ricchi, ma i poveri sono aumentati di numero. In alcuni Stati i poveri hanno
anche avuto un miglioramento della vita. Qui in Uganda, in Tanzania, in Kenya
si vede un livello di vita più elevato, però è pur sempre vero che il numero
dei poveri è aumentato e i servizi di base sono di fatto diminuiti.
D. – L’invio di alcuni
contingenti di pace sta facendo capire quale potrà essere l’importanza
dell’Unione Africana in campo militare. In campo economico, secondo lei, può
fare qualcosa questa Unione?
R. – L’Unione Africana può fare
qualcosa perché può mettere insieme delle capacità che esistono in Africa, sia
a livello manageriale che a livello industriale, pratico, della tecnica.
Occorre però molto tempo. Non è possibile che in pochi anni l’Unione Africana
sappia incidere veramente sulla vita degli africani.
D. – Padre Caramazza, se le
chiedessero perché l’Africa è povera, lei cosa direbbe?
R. – Io direi che l’Africa non è
povera, è uno dei continenti più ricchi che esistano. Mentre la povertà che si
trova tra le persone che vivono in Africa è dovuta a scelte politiche, sia a
livello internazionale che a livello nazionale. E dunque bisogna, come società
in generale, aiutare l’Africa ad uscire da questa dipendenza dall’Occidente e
dipendenza nei mercati.
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MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA: PREMIO BRESSON AL REGISTA WIM WENDERS PER IL CONTENUTO SPIRITUALE E
MEDITATIVO DEI SUOI FILM:
- Intervista con mons. John Foley e Wim Wenders -
“Il cinema è un valido strumento
per la diffusione di valori e di cultura”. Così l’arcivescovo John Foley, che
ha consegnato questa mattina, nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia,
il Premio Robert Bresson 2004 al regista tedesco Wim Wenders, riconoscimento
istituito dall’Ente dello Spettacolo insieme ai Pontifici Consigli delle Comunicazioni
Sociali e della Cultura. “Nel suo cinema - ha affermato Mons. Foley – troviamo
molti momenti meditativi di alta spiritualità sul senso della vita, del male,
della morte, dell’al di là”. Da Venezia Luca Pellegrini.
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E’ la giornata in cui la Chiesa
si fa presente alla Mostra del Cinema di Venezia testimoniando attenzione al
mondo del cinema e volontà di dialogo. E’ arrivato, infatti, al Lido mons. John
Patrick Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali
per consegnare a Wim Wenders il Premio Robert Bresson 2004 dell’Ente dello
Spettacolo. Il regista tedesco, che presenterà domani in concorso la sua ultima
opera, “La terra dell’abbondanza”, un’intensa riflessione sull’America del dopo
11 settembre, ha ricevuto il riconoscimento, assegnato in collaborazione col
Pontificio Consiglio della Cultura, nello stand della Rivista del Cinematografo
affollata di personalità e di giornalisti. E’ lo stesso mons. Foley che ci
spiega quali sono le ragioni della presenza della Santa Sede a Venezia e della
consegna a Wenders di un Premio che vuole mettere in evidenza l’impegnativo
cammino che un’artista compie alla ricerca del significato spirituale della
vita:
“Prima di tutto, è importante
che la Chiesa partecipi ad una Mostra come questa di Venezia; poi, è importante
anche riconoscere il ruolo del registi nel cinema, perché loro possono toccare
il cuore della gente. Il cinema non è soltanto un divertimento ma potrebbe
essere anche una fonte di riflessione. Penso che Wim Wenders abbia assolto a
questo compito nei suoi film: ha cercato di creare un’occasione per riflettere.
Lui ha ottenuto la laurea in teologia all’Università di Friburgo, in Svizzera:
quindi, lui stesso ha una formazione teologica importante e questo ha influito
profondamente sul suo lavoro. Quindi, è stato un onore essere presenti con lui
qui oggi e di consegnare il Premio Bresson proprio a lui”.
Ed ora sentiamo una
dichiarazione del regista Wim Wenders:
I’M VERY HAPPY TO RECEIVE THIS AWARD NAMED AFTER
ROBERT BRESSON. ...
“Sono
veramente contento di questo premio, intitolato a Robert Bresson. Lui è un
grande esempio per tutti coloro che oggi sono impegnati a fare film, perché in
modo radicale ha sempre portato nella sua vita le sue convinzioni; ha vissuto
in maniera molto modesta per tutta la sua vita. I suoi film sono stati prodotti
con mezzi poveri e credo che la povertà sia uno degli ‘strumenti’ per vivere il
cristianesimo. Mi sento profondamente ispirato dalla sua opera e da questo
premio che porta il suo nome. Grazie!”.
Sono stati, infine, presentati
gli Atti del Convegno internazionale “Cristo nel Cinema. Un canone
cinematografico”.
Da Venezia, Luca Pellegrini per
Radio Vaticana.
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8
settembre 2004
SIENA DEDICA PARTICOLARE ATTENZIONE AI BAMBINI
TINDARI.= Numerose e variegate
le celebrazioni per l’odierna festa della Natività della Beata Vergine Maria.
Tra i cinquanta e i sessantamila pellegrini si sono recati a Tindari, in
Sicilia, per le tradizionali solennità religiose della città mariana, che
quest’anno celebra il 25.esimo anniversario della Dedicazione del Santuario.
Ieri sera si è svolta la consueta processione, guidata dal vescovo di Patti, Ignazio
Zambito. E’ stato, invece, mons. Paolo Romero, nunzio apostolico in Italia, a
presiedere oggi il solenne pontificale. La visita del rappresentante del Papa
ha rinverdito le emozioni vissute in occasione del pellegrinaggio di Giovanni
Paolo II, il 12 giugno del 1988. “A te, madre degli uomini – ha detto in
quell’occasione il Papa – affido la Chiesa di Patti, con i suoi generosi
impegni, le sue cristiane aspirazioni, i suoi timori, le sue speranze. Non
lasciarle mancare la luce della vera sapienza. Guidala nella ricerca della
libertà, della giustizia per tutti, della santità”. Molto sentita la ricorrenza
della Natività della Madonna anche nell’arcidiocesi di Spoleto-Norcia. In due
santuari sono previste celebrazioni e solenni, quello della Madonna di Loreto e
quello della Madonna della Stella. Nell’Archicenobio di Monte Oliveto Maggiore
(Siena), oggi pomeriggio, il Patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola,
dopo la recita del Vespro, porrà tutti i bambini presenti sotto la protezione
materna di Maria. Un atto di affidamento che non può non ricordare i piccoli
morti della scuola osseta di Beslan. La Chiesa della Basilicata poi ha
festeggiato, in forma solenne, la sua Patrona e Regina: la Madonna Nera di
Viggiano (Potenza). Quest’anno, in particolare, è stato dedicato al 150.esimo
anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. (B.C.)
LEON.= I gruppi integralisti,
che inoltre praticano il satanismo ottengono con troppa facilità il permesso di
iscriversi nel registro ufficiale delle associazioni religiose. E’ la denuncia
del numero uno dei vescovi messicani, mons. José Guadalupe Martin Rábago, che
torna così sulla nota pubblicata dal settimanale della diocesi di León riguardo
il riconoscimento da parte della Segob (Segreteria del Governo) della setta
denominata “Santa Morte”. L’escamotage usato dai suoi adepti per ottenere
l’iscrizione al registro sarebbe stato il cambio di nome, tanto è vero che
nell’elenco ufficiale la setta satanica compare come Chiesa cattolica
tradizionalista messicana-statunitense. Da qui l’appello del presidente della
Cem all’organismo preposto, affinché “vengano stabiliti criteri precisi e
avviate opportune verifiche prima e dopo la registrazione”. “Si accettano le
richieste di adesione – ha sottolineato mons. Martin Rabago – con eccessiva
superficialità”. “Stando anche alle testimonianze di tante famiglie, esistono
gruppi dediti al satanismo che adescano i ragazzi e li violentano
psicologicamente”. Il presule ha precisato, inoltre, che “la Chiesa non vuole
assolutamente cercare di limitare la libertà religiosa nel Paese, bensì
chiamare la Segob ad una maggiore accortezza nel selezionare le domande di
iscrizione. Fino al 20 luglio scorso erano 6247 le chiese presenti in Messico,
la maggior parte cristiane. (D.D.)
SI SVOLGERA’ A
VIENNA, TRA IL 24 E IL 26 SETTEMBRE PROSSIMI,
L’INCONTRO EUROPEO
DEI DELEGATI NAZIONALI DELLA PASTORALE
UNIVERSITARIA.
OLTRE MILLE IN EUROPA I CAPPELLANI UNIVERSITARI
CITTA’ DEL VATICANO.= In un
mondo “caratterizzato dalla globalizzazione, dal multiculturalismo e dal
confronto con il mondo islamico e dalle sette”, la pastorale universitaria è
“annuncio e proposta del Vangelo alle nuove generazioni e al mondo della
cultura, ma anche formazione culturale, professionale ed etica d’ispirazione
cristiana”. In questa prospettiva, tra il 24 e il 26 settembre prossimi, i
delegati europei della pastorale universitaria si incontreranno a Vienna, nella
consapevolezza che gli studenti universitari e gli atenei svolgono un ruolo essenziale
e strategico nella costruzione della nuova Europa. Al centro dei lavori dei
delegati nazionali della pastorale nelle università, l’elaborazione e la
proposta di un corpo di lineamenta, che siano approvate dalle 34
Conferenze episcopali europee e applicate e condivise dalle cappellanie di
tutti gli atenei del nostro continente. I sacerdoti che si dedicano alla
pastorale universitaria in Europa sono oltre mille. “Disporre di lineamenta
comuni – si legge nel comunicato del Consiglio delle conferenze episcopali
europee (CCEE) – è imposto anche dalla straordinaria mobilità degli studenti
universitari, che grazie ai progetti Erasmus, Socrates, Tempus ed altri, ogni
anno frequentano atenei all’estero, all’interno dell’Unione Europea”. Altri
temi in discussione: il sistema e la missione dei collegi universitari, la
Giornata europea delle università, in programma per il 5 marzo 2005 a Roma, e
la promozione della partecipazione degli universitari alla Giornata mondiale
della gioventù a Colonia, dal 16 al 21 agosto 2005”. (B.C.)
“MARIA E LA FAMIGLIA
CRISTIANA”: E’ IL TEMA CHE HA ACCOMPAGNATO
IL 55.MO PELLEGRINAGGIO MARIANO NAZIONALE IN
PAKISTAN.
MIGLIAIA I FEDELI RIUNITI A MARIAMABAD
MARIAMABAD.=
Mariamabad, la Lourdes del Pakistan, è stata nuovamente invasa da centinaia di
migliaia di fedeli. Il villaggio, infatti, è stato meta del 55.mo
pellegrinaggio mariano nazionale, che ha avuto per tema “Maria e la famiglia cristiana”.
L’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence John Saldanha, ha presieduto il pellegrinaggio.
Nell’occasione, il presule ha voluto propagandare una nuova edizione di
audiocassette e di CD in lingua locali con numerosi inni mariani. “Maria è una
speranza per tutti – ha sottolineato in un messaggio il sacerdote domenicano,
Naveed Akther – e la Santa Famiglia un modello per i cristiani. L’amore
della Madonna e l’obbedienza di Giuseppe sono importanti punti di riferimento.
Una famiglia, che prega insieme, rimane unita”. Mariamabad è visitata ogni anno
da un milione di pellegrini, anche musulmani. Il villaggio si estende su una
superficie di 835 ettari, ad una ottantina di km dalla capitale del Punjab, Lahore.
(A.M.)
MORTO
IN SUDAFRICA IL PASTORE BEYERS NAUDE, DA DECENNI IMPEGNATO
NELLA
LOTTA CONTRO IL RAZZISMO. IL RICORDO DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE
CATTOLICA SUDAFRICANA
PRETORIA.= “Un attivista indefesso contro l’apartheid, un
pastore compassionevole, un uomo dal coraggio eroico, un promotore dell’unità
dei cristiani, una persona di profonda fede e una leggenda del suo tempo”. Con
queste parole la Conferenza episcopale cattolica sudafricana (Sacbc) ha
ricordato Christian Frederick Beyers Naude, il pastore sudafricano bianco morto
lunedì scorso all’età di 89 anni e divenuto negli ultimi decenni una delle voci
più importanti contro la segregazione razziale. I presuli hanno sottolineato il
percorso di vita del pastore Beyers Naude, che “realizzò l’intrinseca natura
malefica del sistema dell’apartheid, ruppe con la Chiesa riformata olandese e
lottò senza posa contro l’ingiustizia, venendo osteggiato e sperimentando
sofferenze”. “È diventato un emarginato tra gli afrikaner (discendenti dei
colonizzatori olandesi e francesi) – disse di lui Mandela nel 1995, in
occasione del suo 80.mo compleanno – tra molti bianchi e nella Chiesa che lui
amava, ma questo è il prezzo che devono pagare i profeti”. (B.C.)
PREMIO BALZAN PER LA COMUNITA’ DI SANT'EGIDIO.
IL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO RESO PER IL PROGETTO
“DREAM”,
PER LA LOTTA ALL’AIDS IN MOZAMBICO
MILANO.= “Per l’impegno nel
rilanciare nel mondo la convivenza pacifica tra gruppi di etnia diversa e nel
promuovere, indipendentemente dal credo religioso, l’azione umanitaria, di pace
e di fratellanza fra i popoli”. E’ la motivazione con la quale la Fondazione
Balzan ha assegnato ieri alla Comunità di Sant’Egidio il suo premio per la pace
e la fratellanza tra i popoli. La Fondazione Balzan, voluta dall’erede di
Eugenio Balzan, amministratore del Corriere della Sera d'inizio secolo, ha in
particolare voluto premiare il lavoro svolto da Sant’Egidio con il programma
“Dream”. Dal marzo 2002, il progetto consente a malati di Aids e donne
sieropositive in gravidanza di accedere gratuitamente in Mozambico alla cura
dell’infezione. “Dream” unisce prevenzione e terapia, in accordo con le
autorità di Maputo e con la speranza di diventare un modello per tutta
l’Africa. L’obiettivo principale è la prevenzione della trasmissione del virus
Hiv dalla madre al bambino, nonché la creazione di strutture idonee a
introdurre la terapia antiretrovirale nel Paese. Nell’albo d’oro del premio
della Fondazione Balzan, che viene assegnato con cadenza non inferiore ai tre
anni e che vale un assegno di un milione e 300 mila euro, figurano anche la
Croce Rossa, madre Teresa di Calcutta e Papa Giovanni XXIII. (B.C.)
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8
settembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Il presidente russo, Vladimir Putin, insiste nella
linea dura e respinge gli appelli giunti dal mondo occidentale perché scelga la
via del dialogo nella politica cecena: “non chiedetemi di trattare con questa
gente”, ha dichiarato Putin che ieri sera ha pregato davanti a un’icona nella
chiesa della Santa Trinità a Mosca, accendendo quattro candele in memoria delle
vittime di Beslan. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il commando
dei responsabili della strage – ha detto stamani il procuratore generale russo
Vladimir Ustinov incontrando Putin – era composto da 31 terroristi ed almeno
dodici corpi sono stati identificati. L’ultimo bilancio delle vittime - ha
aggiunto il procuratore - è di 326 morti ed almeno 318 ex ostaggi sono
ricoverati negli ospedali osseti. La Russia – ha inoltre affermato il generale
Iouri Balouievski - è pronta ad attaccare basi terroristiche in tutto il mondo.
Gli inquirenti proseguono, intanto, nell’analisi della confessione del presunto
terrorista 24.enne Nur Pashi Kulayev che ha sottolineato come l’azione compiuta
a Beslan sia stata pianificata dai due leader separatisti ceceni, Shamil
Basayev e Aslan Maskhadov. Il portavoce di quest’ultimo ha negato qualsiasi
responsabilità condannando l’uso della forza contro persone inermi. Ma i
servizi segreti russi, che in Cecenia hanno arrestato due sospette ‘vedove
nere’ di 16 e 34 anni, rimarcano l’esistenza di un saldo collegamento tra il
sequestro della scuola osseta e la guerriglia cecena. Per arrivare alla cattura
di Basayev e Maskhadov l’intelligence di Mosca ha messo sui due leader
separatisti una taglia di trecento milioni di rubli, oltre 10 milioni di
dollari, garantendo anonimato e protezione a chiunque sia in grado di fornire
informazioni utili. Ed una dura condanna contro il terrorismo è stata ribadita
ieri a Mosca da almeno 130 mila persone che hanno sfilato sotto le cupole
colorate di San Basilio, a due passi dalla Piazza Rossa. Sull’orrore di Beslan
la televisione russa ‘Ntv’ ha trasmesso, infine, un drammatico
video girato nella scuola dal commando di terroristi. Nel filmato si vedono
centinaia di persone radunate nella palestra ed alcuni sequestratori che si
muovono mentre posizionano e preparano ordigni esplosivi tra gli sguardi di
bambini terrorizzati.
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In Medio
Oriente, il premier dell’Autorità palestinese, Abu Ala, ha di nuovo rassegnato le dimissioni per
protestare contro l’atteggiamento del presidente Arafat che, di fatto, non gli
permetterebbe di esercitare le proprie funzioni di primo ministro. In Israele,
intanto, il premier Ariel Sharon si appresta ad esaminare con i responsabili
militari il nuovo tracciato del muro che divide lo Stato ebraico dalla
Cisgiordania. Sul terreno, l’esplosione di un’autobomba al valico di Baka
el-Gharbia, 50 chilometri a nord di Tel Aviv, ha provocato la morte
dell’attentatore suicida.
Il presidente
bielorusso, Alexandr Lukashenko, ha indetto un referendum il prossimo 17
ottobre, in coincidenza con le elezioni legislative, per ottenere il nulla osta
ad un suo terzo mandato alla guida del Paese. Lukashenko chiederà ai suoi
connazionali che sia modificata la Carta Costituzionale nella parte in cui si
vieta ad un presidente di restare in carica per oltre due mandati.
In Afghanistan è cominciata, ieri, la
campagna elettorale in vista delle presidenziali del prossimo nove ottobre. I
18 candidati, tra i quali l’attuale presidente Hamid Karzai, avranno un mese di
tempo per presentare i loro programmi. Sulla consultazione gravano molte
incognite: la minaccia più insidiosa è rappresentata dalla scarsa partecipazione
degli elettori alla campagna elettorale.
Le forze di sicurezza pachistane hanno
arrestato un cittadino saudita sospettato di legami con Al Qaeda. Lo hanno
riferito funzionari dei servizi di intelligence di Islamabad precisando che
l’arresto è il risultato di un’estesa operazione compiuta nelle zone tribali
dell’ovest del Paese.
Lotta al
terrorismo in Gran Bretagna. Quattro uomini sono stati fermati ieri a
Southampton, nel sud ovest del Paese. Lo ha riferito la polizia, senza fornire
ulteriori dettagli. In Gran Bretagna sono stati fermati oltre 600 sospetti
terroristi dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 a New York e a Washington.
Gli Stati
Uniti presenteranno oggi al Consiglio di sicurezza dell’Onu una nuova proposta
di risoluzione per affrontare la crisi del Darfur e per rinnovare le pressioni
sul governo del Sudan, affinché intervenga per mettere fine alle sofferenze
della popolazione locale. L’Onu, intanto, ha denunciato nuovi attacchi dei
miliziani arabi Janjaweed nella martoriata regione del Sudan occidentale. Sul
fronte politico, il governo sudanese ha arrestato un certo numero di esponenti
dell’opposizione islamica accusati di “sovversione”.
Sono 24 i morti accertati, 700 i feriti
e 15 le persone che ancora risultano disperse in Giappone dopo l’arrivo del
tifone Songda, che ieri ha colpito la parte sudoccidentale del Paese. Questa
mattina Songda ha investito la prefettura settentrionale di Hokkaido con
raffiche di vento fino a 108 chilometri orari.
Otto persone sono rimaste uccise e
altre tre ferite in Vietnam ieri, in due esplosioni distinte di ordigni
risalenti alla guerra terminata quasi trent’anni fa. L’esercito americano
sostiene di aver impiegato fino a 15 milioni di tonnellate di bombe, mine e
altre munizioni durante il conflitto in Vietnam, terminato nel 1975. Il dieci
per cento di questo arsenale sarebbe rimasto inesploso.
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