RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
251 - Testo della trasmissione di martedì 7 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Bombardato dall’esercito
israeliano un campo di addestramento militare di gruppi palestinesi nella
Striscia di Gaza: uccisi almeno 15 miliziani
La Turchia
dovrebbe assicurare meglio i diritti culturali della minoranza curda. Lo
sostiene il commissario dell’Unione Europea per
l’allargamento, Guenther Verheugen
7 settembre 2004
UN ESEMPIO LUMINOSO DI MEDICO E
DI SACERDOTE:
IL RICORDO DEL NUOVO BEATO, PERE TARRÉS I CLARET,
NELL’UDIENZA DEL PAPA
AI PELLEGRINI CATALANI RICEVUTI A CASTEL GANDOLFO
- A cura di Alessandro De Carolis -
Un modello di
vita nella testimonianza della fede e nella condotta professionale, come medico
e come sacerdote. Questo fu Pere Tarrés i Claret per i 45 anni della sua vita,
spesa senza pause per gli infermi e per le anime e troppo presto stroncata
dalla malattia. Ai 600 pellegrini spagnoli ricevuti in udienza questa mattina a
Castel Gandolfo – presenti domenica scorsa nella Piana di Montorso per la
beatificazione di Pere Tarrés i Claret - Giovanni Paolo II ha ricordato ancora
una volta i tratti distintivi dell’uomo che “fece della medicina un apostolato
sacerdotale e del sacerdozio un servizio alla medicina”, secondo la definizione
di Gerardo Manresa, insigne medico spagnolo. E come un “esempio per i medici”
lo ha descritto il Pontefice:
“Perché amava
l’infermo come persona, aiutandolo a curare o sopportare il dolore. Allo stesso
modo, come uomo dal cuore indiviso e per il suo impegno instancabile riguardo
ai fedeli e ai diversi tipi di apostolato che gli furono affidati, è un modello
per i sacerdoti di oggi”.
Animato da una
profonda devozione a Maria, il Beato catalano - ha aggiunto Giovanni Paolo II –
resta pure “un luminoso esempio per quanti, pur in mezzo a molte difficoltà, consacrano
la loro vita alla causa del Regno di Dio, attraverso il servizio generoso ai
fratelli più bisognosi”.
PROCLAMARE LA FORZA LIBERATRICE DELLA MISERICORDIA DI DIO
IN UNA SOCIETA’ CHE STA PERDENDO SEMPRE DI PIU’
IL SENSO DEL PECCATO:
E’ L’INVITO DEL PAPA IN UN MESSAGGIO PER L’ANNO SPECIALE
IN MEMORIA DI SAN GERARDO MAIELLA
Proclamate
“la forza liberatrice e sanante della misericordia divina” di fronte a “un
diffuso affievolirsi del senso del peccato”. E’ l’invito lanciato dal Papa in
un messaggio per l’“Anno Gerardino” che la Congregazione del San-tissimo
Redentore si appresta a celebrare. L’occasione nasce da due anniversari: il
centenario della canonizzazione (11 dicembre 1904) e il 250.mo della morte di
san Gerardo Maiella (16 ottobre 1755), discepolo di Sant’Alfonso Maria de’
Liguori, fondatore dei Redentoristi. Il servizio di Sergio Centofanti:
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Giovanni
Paolo II invita ad imitare san Gerardo Maiella che nel 1700 ha speso la sua
vita per i più poveri e i peccatori. La sua lotta era nello stesso tempo contro
la miseria materiale e quella spirituale. San Gerardo era sempre in cerca della
pecora smarrita, senza stancarsi né scoraggiarsi. “Per i peccatori … non risparmiava
energie, preghiere, penitenze. Il suo amore – scrive il Papa – non gli
permetteva di restare indifferente” di fronte alle loro scelte. E “soprattutto
gli stava a cuore che tutti si avvicinassero … al sacramento della
Riconciliazione”. Oggi invece – sottolinea Giovanni Paolo II – “un diffuso
affievolirsi del senso del peccato” e, di conseguenza, dell’importanza della
Confessione permea la società. Per questo sempre di più il mondo “attende che
siano testimoniate con franchezza la verità, la sapienza e la potenza della
Croce”: occorre porre in luce “la drammaticità del peccato” e “la forza
liberatrice e sanante della misericordia divina”. Il Papa, dunque, esorta i
sacerdoti ad essere sempre sensibili verso i peccatori e pronti ad accoglierli
nel sacramento della Riconciliazione con l’amorevolezza di un padre e la
saggezza del medico.
Il
Pontefice ricorda quindi che San Gerardo nutriva un’attenzione particolare
anche verso la vita nascente e verso le madri in attesa e per questo ancora
oggi viene invocato come speciale Protettore delle gestanti. Si tratta di un
“incoraggiamento ad amare, difendere e servire sempre la vita umana”, secondo
il Papa, soprattutto di fronte al diffondersi di una cultura della morte “che
spinge larghi strati dell'opinione pubblica a giustificare alcuni delitti
contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e, su tale
presupposto, ne pretende la legittimazione da parte dello Stato”.
Giovanni
Paolo II infine tratteggia due caratteristiche della santità di San Gerardo: il
suo “sì” gioioso e fiducioso alla volontà divina, sorretto da una co-stante
preghiera, e il fatto che “pur senza aver compiuto particolari studi … aveva
penetrato il mistero del Regno dei cieli e lo irradiava con semplicità a coloro
che lo avvicinavano”. Insomma San Gerardo – conclude il Papa – “è uno dei
piccoli, in cui Dio ha fatto risplendere la potenza della sua misericordia”.
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DOMANI LA CHIESA FESTEGGIA
LA NATIVITA’ DI MARIA: DAI VANGELI APOCRIFI,
IL RACCONTO DI UN EVENTO
CENTRALE PER IL MAGISTERO DELLA CHIESA
E PER LA PIETA’ POPOLARE
- Intervista con mons.
Ignazio Sanna -
“Un angelo del Signore le apparve, dicendole: 'Anna, Anna! Il Signore ha
esaudito la tua preghiera; tu concepirai e partorirai. Si parlerà in tutta la
terra della tua discendenza'”. C’è una forte eco del brano evangelico
dell’Annun-ciazione a Maria in questo passo del Protovangelo di Giacomo, testo
apocrifo che racconta la Natività della Vergine Maria e dei tormenti che la
precedettero, legati alla sterilità della madre di Maria, Anna. Domani, la
Chiesa celebra questo importante avvenimento, tradizionalmente fissato all’8
settembre. Un evento che – nonostante la sua rilevanza dottrinale – non sembra
però godere, presso la devozione popolare, della stessa attenzione riservata ad
altre solennità mariane. Alessandro De Carolis ne ha parlato con mons. Ignazio
Sanna, pro-rettore della Pontificia Università Lateranense e membro della
Commissione teologica internazionale:
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R. –
Nell’annuario diocesano di quest’anno ci sono 630 chiese, di cui 161 sono dedicate
a Maria. Mi pare che questo fatto faccia vedere come realmente Maria sia la
Madre della Chiesa e metta in evidenza come la Chiesa, allora, non sia un
qualcosa di burocratico, ma sia una comunione di persone. Penso che questo sia
importantissimo nell’evidenziare il ruolo di Maria nella devozione popolare. E
quindi la Natività è l’inizio di questo flusso, di questa corrente di devozione
a Maria nel cuore dei cristiani e dei fedeli.
D. –
La Natività di Maria è raccontata nel proto-vangelo di Giacomo. In questo caso,
è un testo apocrifo che permette di integrare – per così dire – i Vangeli
canonici di un avvenimento che poi sarà centrale per lo stesso Magistero della
Chiesa. Come mai?
R. –
In effetti, i Vangeli canonici non hanno molti riferimenti così chiari a Maria,
e quindi anche negli apocrifi o altri testi, aggiungono elementi per capire
questa ricchissima personalità di Maria, e sotto questo punto di vista sono
utili per aiutare i fedeli a trovare modi con i quali si prega o si venera
Maria con tutte le invocazioni che noi possiamo formulare.
D. –
Alla Natività di Maria è legato il dogma dell’Immacolata Concezione che il Papa
ha ricordato di recente a Lourdes. Questa festa, dunque, è anche un’occasione per
riflettere su questa importante virtù mariana …
R. –
Sì. Il dogma come tale è stato definito molto tardi, ma la coscienza dei fedeli
l’aveva in qualche modo già acquisito;e questo fa vedere come nel cuore dei
fedeli ci siano dei sentimenti che esprimono l’autenticità e la verità della
devozione a Maria, anche se poi questi sentimenti vengono ufficializzati in un
secondo momento. Io penso che richiamare il dogma dell’Immacolata Concezione
oggi abbia una grande attualità per il senso del rispetto della vita, perché in
ogni vita c’è una presenza del mistero stesso di Dio.
D. –
Il 25 dicembre viene al mondo Gesù, principe della Pace. Che cosa dice la nascita
di Maria al mondo di oggi, ai primi giorni di questo secolo, così pieni di drammi?
R. –
Penso che riproponga il senso di Gesù come Salvatore. Oggi uno dei sentimenti
più dominanti è la paura, l’insicurezza per cui penso che uno dei messaggi certamente
attuali sia quello di testimoniare Gesù come colui che dà una speranza all’uomo
oltre ogni paura, oltre ogni incertezza ed insicurezza.
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ANNUNCIARE IL VANGELO AL MONDO:
COMPITO DI OGNI CRISTIANO.
COSÌ IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE IN OCCASIONE
DI UN SEMINARIO A ROMA PER OLTRE 100 VESCOVI
E’
urgente che oggi, di fronte all’affievolirsi dell’animazione missionaria, ogni
cristiano senta sempre di più la missione di annunciare Gesù Cristo. Questo, il
messaggio del cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli, all’apertura di un seminario di aggiornamento in
corso da ieri a Roma, a cui partecipano più di 100 vescovi di recente
consacrazione, di lingua francese, spagnola e portoghese. Il servizio di
Roberta Moretti:
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Un
discorso sulla natura missionaria della Chiesa, quello del cardinale Sepe ai vescovi
di tutto il mondo. Il suo intento è raccontare le origini, lo sviluppo e le
competenze della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli nella Missio
Ad Gentes. “Ogni membro del popolo di Dio – dice il porporato – deve
sentire la missione di annunciare Gesù Cristo come parte fondamentale della sua
vita cristiana”, e questo è vero “in modo speciale” per ogni vescovo, che è
“per sua natura sacramentale, un missionario”. Dunque, è “urgente” provvedere a
dare nuova vitalità all’animazione missionaria, che il Santo Padre ha osservato
affievolirsi negli ultimi tempi, e creare nei Paesi di missione “un clero
autoctono, nel rispetto della loro cultura e dei loro costumi”.
Il
cardinale, trattando del problema della “prima evangelizzazione”, invita i
vescovi ad affrontare eventuali difficoltà di natura politica, sociale ed
economica, sospinti dalla forza dello Spirito “anche là dove ci sono pericoli
di persecuzione e di morte”. Altro impegno chiave della Congregazione, la
formazione permanente del clero, ma anche di laici e catechisti, che devono
avere un’adeguata base “dottrinale, metodologica, ma soprattutto, umana,
spirituale e pastorale”. Inoltre, è necessario un impegno comune nel campo
dell’inculturazione e del dialogo interreligioso: “La fede cristiana –
sottolinea il porporato – non può identificarsi con nessuna cultura
particolare”. Infine, la questione dei nazionalismi e dei tribalismi che,
anteposti all’appartenenza alla Chiesa, “Corpo mistico di Cristo”, portano a
negare gli insegnamenti fondamentali del Vangelo. Intensa, l’attività della Congregazione,
da cui dipendono più di 700 seminari, circa 50 mila scuole, 1600 ospedali, 6
mila dispensari, 770 lebbrosari e 10 mila centri caritativi e sociali.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto
questa mattina, in successive udienze, il Cardinale Crescenzio Sepe, prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e dieci presuli della
Conferenza episcopale degli Stati Uniti d'America (Regione III), in Visita ad
Limina.
Negli Stati
Uniti, il Papa ha nominato ausiliare dell'arcidiocesi di Los Angeles il sacerdote
mons. Alexander Salazar, del clero della medesima arcidiocesi, finora parroco
della Saint Theresa of Avila Parish, a Los Angeles, e vicecancelliere dell’arcidiocesi.
Originario della Costa Rica, il
neopresule, 53 anni, ha frequentato l’Università della California e
l’Immaculate Heart College di Los Angeles, dove ha conseguito un Bachelor of
Arts in Bi-Lingual Studies. Mons. Salazar ha poi insegnato per 11 anni
presso la Saint Albert the Great Grammar School, di Compton. Più volte parroco,
mons. Salazar è cappellano di
Sua Santità dal 9 agosto 2003.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo "Beslan seppellisce i suoi figli".
Celebrati
i funerali di oltre duecento delle vittime del feroce sequestro, in Ossezia del
Nord, concluso con una strage.
Nelle
vaticane, il saluto del Papa ai pellegrini giunti dalla Spagna per la beatificazione
di Pietro Tarres i Claret, un modello di santità per i medici e per i sacerdoti
di oggi.
Nel
Messaggio alla Congregazione del SS.mo Redentore, Giovanni Paolo II ha esortato
a rinnovare l'impegno personale e comunitario nel rispondere con prontezza e
creatività alle sfide attuali dell'evangelizzazione.
Un
articolo sulla celebrazione ad Avellino - presieduta dal Cardinale Giovanni Battista
Re - del decennale della costruzione della parrocchia di Maria SS.ma di Montevergine.
Nelle
estere, Iraq: più di quaranta morti, a Sadr City, negli scontri fra ribelli e
forze statunitensi.
Nella
pagina culturale, un contributo di Franco Patruno in ricordo dell'artista
Antonio Corpora: nella sua pittura i segni di un passaggio epocale.
Per
l'"Osservatore libri" un articolo di Biagio Buonomo su una raccolta
di diciotto saggi di Paolo Siniscalco intitolata "Il senso della storia".
Nelle
pagine italiane, in primo piano l'articolo dal titolo "I Fori Imperiali
s'illuminano per le vittime innocenti di Beslan": decine di migliaia di
persone, molti i bambini, hanno partecipato a Roma alla fiaccolata contro il
terrorismo.
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7
settembre 2004
CRUENTA BATTAGLIA A BAGHDAD NELLE ULTIME 24 ORE:
DECINE
DI MORTI TRA GUERRIGLIERI SCIITI E SOLDATI
AMERICANI.
IL CANDIDATO DEMOCRATICO ALLA CASA BIANCA, KERRY, ATTACCA DURAMENTE
IL
PRESIDENTE BUSH SULLA GESTIONE DELLA CRISI IRACHENA
- Intervista con mons. Shlemon Warduni -
In Iraq si registra un’escalation di violenza, nelle ultime 24 ore, con
decine di morti tra guerriglieri iracheni e soldati americani. Proprio poche
ore fa, il ministro della Sanità iracheno ha affermato che, da ieri, quaranta
persone sono morte e altre 172 ferite in scontri nell’area sciita di Sadr City
a Baghdad fra forze americane e miliziani sciiti. In studio, Alessandro
Gisotti:
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E’
lotta senza quartiere a Baghdad dove si contano decine di morti tra i
guerriglieri sciiti e almeno tre soldati americani uccisi in diversi attacchi
nella capitale irachena. Sempre a Baghdad, un’autobomba è esplosa stamani al passaggio del convoglio del governatore
della città, Ali Al-Haidri. L’uomo è rimasto illeso. A Mossul, è stato, invece,
assassinato da ignoti a colpi di arma da fuoco il figlio del governatore della
provincia settentrionale irachena di Ninive. Sempre a Mossul, un soldato
americano è rimasto ucciso in seguito all’esplosione di una bomba. Sono,
dunque, ore segnate da violenti scontri in tutto il Paese. Solo ieri, a Falluja, era stato sferrato un attacco
ad un convoglio americano, con sette marine morti, il più cruento per le forze
statunitensi in Iraq negli ultimi mesi. Gli ultimi attacchi sono stati
rivendicati da Al-Zarqawi, terrorista legato ad Al Qaeda. Dal canto suo, il
candidato Democratico alla Casa Bianca, John F. Kerry, ha definito la guerra
all'Iraq “il più catastrofico” errore compiuto dal presidente Bush. Kerry ha
inoltre dichiarato che qualora fosse eletto presidente porterebbe a casa le
truppe americane entro la fine del suo mandato. Intanto, i sequestratori dei due
giornalisti francesi hanno rilanciato un ennesimo ultimatum di 48 ore,
avanzando nuove richieste per la loro liberazione, tra cui il pagamento di un
riscatto di cinque milioni di dollari. Sul fronte diplomatico, il governo nipponico ha annunciato che il
Giappone ospiterà a Tokyo, il 13 e 14 ottobre prossimi, una nuova conferenza
dei donatori per la ricostruzione dell’Iraq. L’appuntamento mira ad ottenere un
maggiore impegno internazionale nel rispetto di quanto stabilito alla conferenza
di Madrid nell’ottobre 2003. In quell'occasione furono promessi aiuti complessivi
per 33 miliardi di dollari.
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Dunque, in Iraq la situazione sul
terreno permane quanto mai instabile, con il susseguirsi di attentati e
violenti scontri. Tuttavia, come indica la prossima conferenza dei donatori a
Tokyo, si tenta anche di voltare pagina ed intraprendere il percorso della ricostruzione
del Paese. Ma qual è la via migliore per raggiungere la pace in Iraq? Francesca
Sabatinelli lo ha chiesto a mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di
Baghdad, intervenuto a Milano all’incontro su “Uomini e religioni” promosso da
Sant’Egidio:
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R. –
Prima che si svolgano le elezioni, è necessario che il popolo sia veramente
preparato: non è possibile che si svolgano elezioni sotto le armi, dopo 35-40
anni di dittatura! Queste elezioni saranno certamente difficili!
D. –
Se per le elezioni ci vuole un clima pacificato, però, quali sarebbero le condizioni
per arrivarci?
R. – Per me, sarebbe bello sostenere questo governo provvisorio. Questo
già sarebbe un primo passo verso una risoluzione dei problemi. Aiutare, cioè,
il governo provvisorio a fare qualcosa, poi si vedrà. Se non si comincia in
qualche modo come si farà a cambiare le cose?
D. –
In tutto questo, quindi, le religioni in Iraq quale contributo possono dare?
R. -
Potranno fare a loro volta un passo ed è quello di predisporre gli animi dimostrando
che noi vogliamo il bene della nostra nazione. Per questo, dobbiamo cooperare
al bene, fare tutto quanto è in nostro potere affinché queste elezioni si svolgano
nella correttezza ed in un clima di pace e sicurezza.
D. –
Una domanda sulla situazione dei civili iracheni ...
R. –
Una questione della quale non si parla mai è quella del rapimento dei cittadini
iracheni: sono centinaia, migliaia le persone che sono state rapite e per le
quali è stato chiesto un riscatto. Chiedono 20 mila, 30 mila dollari ... Questa
per gli iracheni è una grande tragedia e, come dicevo, nessuno ne parla. Noi
chiediamo che gli alleati ci aiutino perché questi fatti non accadano!
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CON
''GLI ASSASSINI DI BAMBINI'' NON SI TRATTA:
DURA
LA REPLICA DI PUTIN AI CRITICI OCCIDENTALI
CHE LO
INVITANO A UN NEGOZIATO POLITICO CON
L'INDIPENDENTISMO CECENO.
INTANTO
IL PRESIDENTE DI TURNO UE, BALKENENDE, AFFERMA:
“SIAMO
UNITI NELLA LOTTA AL TERRORISMO” E INVITA I RUSSI A LAVORARE INSIEME
- A cura di Fausta Speranza -
Con ''gli assassini di bambini''
non si tratta. E' dura la replica del presidente russo Vladimir Putin ai
critici occidentali che lo invitano a un negoziato politico con l'indipendentismo
ceceno sullo sfondo della strage alla Scuola numero 1 di Beslan, in Ossezia del
Nord. La sua voce si è fatta sentire in queste ore mentre la Russia vive il
secondo giorno di lutto nazionale, e nella cittadina osseta proseguono i
funerali della vittime e si cerca di far luce sul bilancio del bagno di sangue,
stimato attualmente attorno ai 400 morti. Sul fronte delle indagini, nuove
rivelazioni sono state attribuite da fonti investigative all'unico presunto
terrorista arrestato, il ceceno Nur Pasha Kulayev, il quale fin da ieri aveva
ammesso dinanzi alle telecamere della tv russa di aver fatto parte del commando
di sequestratori (32 persone, stando agli ultimi dati ufficiali) e di aver agito su ordine di Shamil Basaiev e
Aslan Maskhadov, leader militare e politico della guerriglia islamico-indipendentista
cecena.
Altre confessioni rese note oggi
confermerebbero la presenza di 'arabi' nella banda. Intanto, nel dolore
prosegue la sepoltura dei morti, mentre il bilancio ufficiale delle vittime
appare tuttora provvisorio. I morti
censiti dalle autorità sono 335 (per la metà bambini), quelli contati in
obitorio sono 394, ma 120 persone non sono ancora identificate. Sono inoltre
200 i nomi della lista di ex ostaggi di cui i familiari non sono riusciti ancora
a trovare traccia: la polizia ha cominciato a raccogliere fotografie per capire
se essi siano tra i morti non identificati, tra i feriti o chissà dove.
Ma i tragici fatti di Beslan cambieranno qualcosa nel braccio di ferro
tra Russia e Ceceni? Fabio Colagrande lo ha chiesto all’ex ambasciatore Sergio
Romano, editorialista del Corriere della Sera:
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R. – Sappiamo che i ceceni sono
usciti moralmente sconfitti da questa vicenda. Per ceceni intendo, in questo
caso,naturalmente, i gruppi di resistenza, di guerriglia, di terrorismo che
stanno combattendo contro la Russia. Ma sappiamo anche che il progetto politico
di Putin per la normalizzazione della Cecenia pare ormai fallito. Putin aveva
tentato di dare alla Repubblica una certa autonomia installando al potere
naturalmente uomini vicini a Mosca, ma con una costituzione che
garantiva,oltretutto, una certa,come dire, solidità finanziaria: i proventi del
petrolio sarebbero rimasti in buona parte sul posto, ma questo progetto è
fallito. I ribelli hanno dimostrato di poter montare, nel giro delle ultime
settimane un numero straordinariamente alto di attacchi terroristici. E allora
a questo punto la situazione mi sembra destinata a restare per parecchio tempo in una posizione di stallo. La Russia
continuerà a perseguire la stessa politica, ma non so con quale possibilità di
successo, e i ceceni dal canto loro, vedono la loro rivolta fortemente screditata.
D. – Non è anche la
dimostrazione che l’uso delle armi, e l’uso che Putin ha fatto delle armi
contro la Cecenia è sicuramente uno strumento inefficace contro il terrorismo?
R. – Ma, le armi, certamente, in molte circostanze,
non risolvono i problemi e qualche volta, addirittura, li creano. Non dobbiamo
dimenticare come tutto questo è accaduto. La Cecenia nel 1996 aveva conquistato
una forma d’indipendenza; negli anni seguenti avrebbe potuto consolidare lo
Stato, creare le sue istituzioni: insomma mettersi in condizione di conquistare
i consensi della Comunità Internazionale, la simpatia del mondo che l’avrebbe a
quel punto protetta da un certo imperialismo russo,ma in quegli anni la Cecenia
è invece precipitata in una specie di politica criminale, o criminalità della
politica. Insomma è stato molto difficile, per i russi, vivere con uno Stato ai
loro confini meridionali che era diventato una specie di focolaio di traffici
illegali e di faide politiche, con forti contaminazioni a quel punto del radicalismo
musulmano. Ci furono degli attentati, sappiamo che questi attentati, secondo alcuni,
furono creati a bella posta per giustificare l’intervento russo. A me sembra
che per gli attentati, dato ciò che è accaduto dopo, possono essere considerati
effettivamente di matrice cecena, e Putin decise di intervenire.
D. – La polizia russa ha fermato
in questi giorni un tentativo di assalto ad un villaggio inguscio, organizzato
da un gruppo di cittadini osseti inferociti proprio per quanto accaduto a
Beslan. Può quanto accaduto nella scuola dell’Ossezia del nord ricreare un
conflitto che si può estendere a tutto il Caucaso?
R. – Gli ingusceti e gli osseti
hanno vecchie ruggini che ormai durano da generazioni e generazioni. Quando gli
ingusceti tornarono dall’esilio a cui erano stati condannati da Stalin, quando
tornarono nei loro villaggi trovarono che le loro case erano state occupate
dagli osseti con il beneplacito di Mosca: già non li amavano prima, si figuri
quali sono stati i loro rapporti da allora. Quindi c’è un rapporto dialettico
di grande ostilità fra ceceni e russi e a fianco c’è un sottorapporto, per così
dire di ostilità ingusceto-osseta. E quando i due, come è accaduto negli scorsi
giorni, confluiscono in uno stesso punto focale, in uno stesso territorio, la
carica esplosiva è rilevante.
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''Abitanti di Beslan, siamo in
lutto con voi''. E' il messaggio inviato oggi dal primo ministro olandese Peter
Balkenende, presidente di turno dell'UE aprendo un dibattito sui valori
europei. ''Siamo uniti nella condanna del terrorismo, nessuna causa politica
può giustificare il terrorismo'' - ha aggiunto - invitando poi i russi ''a
lavorare insieme”. Balkenende ha voluto evidentemente ribadire la posizione
della presidenza olandese dopo che il governo di Mosca aveva reagito duramente
alle dichiarazioni del ministro degli esteri Ben Bot il quale, dopo la strage
nella scuola di Beslan, oltre ad esprimere le condoglianze e la condanna per
l'attacco dei terroristi, aveva chiesto chiarimenti sulla tragica conclusione
del sequestro dei bambini. Ieri lo stesso Bot ha inviato una lettera al suo collega
russo Sergei Lavrov per cercare di chiarire quello che ha definito ''un
malinteso''.
UNA PROCESSIONE DI PACE CONCLUDERA’ QUESTA SERA
L’INCONTRO INTERRELIGIOSO DI MILANO
PROMOSSO DALLA COMUNITAI DI SANT’EGIDIO
- Intervista con Andrea
Riccardi -
Una grande cerimonia in Piazza Duomo, preceduta dalla
preghiera e dalla processione di pace di tutti gli esponenti religiosi,
concluderà stasera a Milano il 18mo incontro Uomini e Religioni. Sarà il
messaggio finale a trarre le conclusioni di questi tre giorni di lavori tra
esponenti religiosi e della cultura di tutto il mondo, uniti nella ricerca del
“coraggio di un nuovo umanesimo”, e soprattutto nella ricerca di dialogo per
sconfiggere il terrorismo. Da Milano, Francesca Sabatinelli:
*********
Le religioni devono strappare la maschera religiosa dalla
faccia dei terroristi, mostrarli per quello che sono veramente: nichilisti che
disprezzano tutti i valori e gli ideali dell’umanità. Il cardinale Walter
Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, richiama
i credenti al loro ruolo per disarmare il terrore, lo fa durante una delle
intense tavole rotonde di questa ultima giornata di Uomini e Religioni. Al suo
fianco un musulmano, un ebreo e un induista.
La fine del bipolarismo, dice il porporato, ha reso
possibile il terrorismo, come aveva già indicato ieri il cardinale Renato
Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace: dal crollo
dell’Unione Sovietica, con l’esplosione di una nuova miriade di conflitti, il
terrorismo conduce una guerra al di fuori di tutti i canoni politici e
giuridici, la guerra entra nella quotidianità, e non è più possibile
nascondersi nelle proprie case. Il nuovo flagello e la nuova sfida per
l’umanità è il terrorismo, ripetono i due porporati, che non può essere
giustificato dall’ingiu-stizia sociale. Le religioni, dice il cardinale Kasper,
devono opporsi al richiamo del legame tra terrorismo e religione, alla loro
strumentalizzazione e al sospetto, soprattutto verso le tre religioni
monoteiste, di intolleranza. Come si combatte il terrorismo? Con interventi
militari e di polizia, spiega, le democrazie devono difendere la loro libertà,
a costo del sacrificio di vite umane, ma, avverte, senza mai dimenticare i
diritti umani fondamentali, senza utilizzare lo strumento delle torture, senza
guerre preventive. E poi un no alle uccisioni mirate. Le religioni si devono
svegliare, sollecita il cardinale, resistere alla violenza terrorista. Si
rivolge all’Islam: prenda distanza chiara e pubblica dal terrorismo. Lo scontro
tra civiltà, sottolinea ancora, si può evitare solo con un’unità di dialogo
delle culture e delle religioni che condanni il conflitto fisico e che non tema
il confronto spirituale. E’ l’unica via alla pace nel mondo, a quella pace che
oggi non si conosce in molte parti del globo, come il Medio Oriente e l’ Iraq,
luoghi devastati dalla violenza, al centro dell’attenzione di questi tre
giorni. E proprio da chi qui a Milano rappresenta quelle terre, come i leader
sciiti e sunniti iracheni, è arrivato un monito: il fanatismo religioso è
pericolosissimo per tutti, credenti e non.
Da Milano, Francesca Sabatinelli, Radio Vaticana.
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Sull’incontro
ovviamente ha avuto un fortissimo impatto la tragedia vissuta in questi giorni
a Beslan. Ascoltiamo quali riflessioni ha fatto, al microfono di Francesca
Sabatinellli, il co-fondatore e presidente della Comunità di Sant’Egidio, Andrea
Riccardi:
**********
R. – La tragedia di Beslan ci fa
riflettere molto. Siamo arrivati ad un punto di crudeltà incredibile. Perché si
è arrivati a questo? Perché quella guerra si è incancrenita fino a questo
punto? Fosse la causa migliore del mondo, ne esce rovinata dall’uso del terrorismo.
Io penso che davanti ad una tragedia come questa, l’Incontro di Milano tra le
religioni ha avuto un momento di dubbio e anche un sussulto. C’è bisogno di un
nuovo umanesimo, c’è bisogno di un nuovo impegno per la pace, c’è bisogno di un
nuovo impegno contro la violenza e il terrorismo.
D. – Il rabbino capo di Israele,
ieri, ha lanciato la proposta di un anno delle religioni ...
R. – Io ho letto la proposta
interessantissima del rabbino capo di ritrovarsi insieme per discutere i grandi
problemi a Gerusalemme. Ad ogni modo, io penso che ci sia questa esigenza di
una consultazione delle religioni, di un coinvolgimento mutuo ... e quindi gli
uomini di religione, i capi religiosi sono chiamati a guardare anche al di
fuori delle loro comunità, non per trascurare le loro comunità, ma per capire
che il nostro mondo è un mondo complesso e vario. Io, a istituzionalizzare
l’ONU delle religioni ho sempre avuto delle perplessità, anche perché non tutte
le religioni sono facilmente rappresentabili; ho la sensazione che la classe
politica a tutti i livelli internazionali – non sto parlando di quella
italiano, o solo di quella italiano – ci sia una crisi politica. Voglio dire
che oggi la gente si tiene lontana dalla politica, oggi scarseggiano i grandi
leader. In questo senso, i leader religiosi con il loro messaggio di sapienza
hanno una loro funzione ma naturalmente non si possono sostituire ai leader
politici. Le istituzioni civili e politiche, nazionali e internazionali – penso
all’ONU, penso all’Europa, all’Unione Africana eccetera – sono importantissime,
perché non si vive insieme solo nell’abbraccio, ma si vive insieme nelle istituzioni,
e nelle istituzioni bisogna portare questo spirito!
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SODDISFAZIONE
E POLEMICHE PER IL TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI OMBELICALI CHE HA SALVATO UN BAMBINO DI 5 ANNI, GRAZIE ALLA DONAZIONE DI DUE SORELLE
NATE
CON TECNICHE DI FECONDAZIONE ARTIFICIALE VIETATE IN ITALIA.
MONS.
ELIO SGRECCIA CRITICA IL RICORSO ALLA SELEZIONE DEGLI EMBRIONI
-
Intervista con il prof. Franco Locatelli, il
ministro Girolamo Sirchia
e
mons. Elio Sgreccia -
Grande
soddisfazione ma anche polemiche all’indomani dell’annuncio del primo trapianto
al mondo, riuscito, di cellule staminali ombelicali per salvare, Luca, un
bambino di 5 anni dalla Talassemia. L'intervento, eseguito in Italia dal
reparto di oncologia pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia in
collaborazione con il Policlinico di Milano, è stato possibile grazie al sangue
placentare di due sorelle nate con tecniche di inseminazione assistita vietate
in Italia. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
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E’ grazie al trapianto di
cellule staminali adulte, per l’esattezza quelle ombelicali – per la scienza
Emopoietiche – di due sorelle nate ad aprile, che Luca, bambino italiano di
cinque anni, ha sconfitto definitivamente l’incubo della talassemia, patologia
a volte mortale, oggi curabile prevalentemente con il trapianto del midollo
osseo. Franco Locatelli, direttore di onco-ematologia pediatrica del San Matteo
di Pavia, che ieri a Milano ha presentato i risultati dell’intervento:
R. – Per la prima volta, in
Italia, si sono impiegate cellule staminali emopoietiche che erano state
preventivamente moltiplicate in laboratorio, e questo è molto importante perché,
l’abbondanza di materiale ottenuto, consente di ipotizzare il trapianto di
sangue placentare oggi impiegato prevalentemente in pazienti pediatrici, anche
per soggetti adulti.
Partendo dal caso di Pavia, i
radicali hanno criticato la legge italiana che vieta la sperimentazione su
cellule staminali embrionali. Il ministro della salute, Girolamo Sirchia, conferma
però che i risultati concreti sono stati ottenuti solo da cellule staminali
adulte:
R. – Ho più
volte sottolineato che fino ad oggi gli unici risultati clinici ottenuti sono
quelli con le cellule staminali adulte, ottenute dal cordone ombelicale, quelle
presenti nel sangue periferico, quelle presenti nei tessuti degli uomini già
nati insomma. I dati, i fatti dimostrano questo!
Pur rimanendo un successo, l’intervento di Pavia
sta sollevando forti polemiche poiché, per escludere che la talassemia si
trasmettesse anche alle sorelle di Luca, da cui è stato prelevato il sangue
placentare, i genitori si sono recati in Turchia sottoponendosi a tecniche di
fecondazione assistita con conseguente selezione degli embrioni, tecnica vietata
in Italia. Mons. Elio Sreccia, vicepresidente della Pontificia Accademia per la
vita:
R. – Il trapianto è un successo, conferma una linea che è stata espressa
anche dalla Santa Sede nei suoi documenti come incoraggiamento della ricerca.
Il fatto negativo, che non era stato detto alla stampa, e che non possiamo approvare,
è il ricorso alla fecondazione artificiale e la selezione degli embrioni al
fine di avere certamente e con sicurezza un embrione non affetto da talassemia,
senza aspettare che naturalmente possa nascere un altro figlio non malato.
Questa procedura selettiva embrionale non è prevista dalla legge, ma non è
prevista dalla morale, soprattutto!
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TEMI FORTI E DENUNCE ATTUALI
AL FESTIVAL DI VENEZIA:
LA MATERNITÀ NEGATA, L’INFANZIA VIOLATA E LE DONNE
OFFESE
- Servizio di Luca Pellegrini -
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Adulti
che negano la vita; infanzia negata dagli adulti. E’ il giorno dei bambini traditi
e degli adulti traditori, a Venezia. Non susciterà troppo scandalo il film
atteso come tale dell’americano Todd Solondz, “Palindromi”, che già con
“Happiness” aveva fatto parlare molto di sé. Un palindromo è quel tipo di nome
e frase che, mantenendo lo stesso significato, può leggersi da destra a
sinistra e viceversa. Per questo la giovane protagonista dodicenne si chiama
Aviva, per questo la storia che racconta in prima persona può scorrere
dall’inizio alla fine, come noi l’abbiamo vista, e dalla fine all’inizio. Per
questo Solondz stesso consiglia di non tentare la strada del capire tutto ma
del lasciarsi andare al flusso. Per questo Aviva, un solo personaggio, è molti
attori: due donne, quattro ragazze, un ragazzo e una bambina di sei anni. Cosa
vuole Aviva a dodici anni? Vuole un figlio. E’ determinata ad essere madre, ad
assumersi questa responsabilità. Ci riesce, senza sapere che cosa significhi.
Ma lo scontro fisico e l’impermeabilità dei genitori sul piano della messinscena
sociale la spingono, contro voglia, ad abortire. Intendiamoci: il film, che ha
il solo pregio di infilare dialoghi surreali e divertenti, non vuole essere un
atto di difesa o di accusa, ma lo svilupparsi satirico della fuga di Aviva
dalla famiglia verso l’incognita offerta dalla esaltata provincia americana,
nella quale il nome di Dio e la forza del fucile sono le due facce di un’unica,
degenerata realtà.
Quella che
riporta in primo piano anche il film della regista finlandese Pirjo Honkasalo,
“I tre stati della melancolia”, un film non politico, ma testimonianza della
infinita tristezza sofferta dalle vittime dell’odio: siamo prima in Russia e
poi a Grozny per seguire gli immani drammi dei bambini-soldati e dei
bambini-orfani. Si impara a sparare, si nega la vita. La stessa vita che è
negata alle ragazze russe vittime della tratta delle bianche nel film
dell’israeliano Amos Gitai, “La terra promessa”, che denuncia un fenomeno
spaventoso ove i carnefici sono indifferentemente ebrei e palestinesi. Un
accordo subdolo e drammatico, non quello che il mondo attende da questi due
popoli.
Da Venezia, Luca Pellegrini per
Radio Vaticana.
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7 settembre 2004
IL PATRIARCA SFEIR PREOCCUPATO PER I CAMBI OPERATI
ALLA COSTITUZIONE LIBANESE.
LO SCORSO VENERDI’ IL PARLAMENTO DI BEIRUT HA
ADOTTATO UN EMENDAMENTO
PER PROROGARE LA CARICA DEL PRESIDENTE LAHOUD
BEIRUT.
= “Tutti sanno che il Libano ha estremo bisogno di mantenere la sua legittimità
internazionale, a causa delle difficoltà sociali e politiche che ci affliggono.
Noi speriamo solo che il popolo libanese non abbia a soffrire delle conseguenze
negative di quanto è accaduto”. E’ la riflessione del patriarca maronita Nasrallah
Pierre Sfeir, dopo l’adozione dell’emendamento costituzionale che permette al
presidente Emile Lahoud di continuare a governare per altri 3 anni. La
decisione, presa venerdì scorso su pressione siriana e ignorando le indicazioni
del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, è stata criticata anche da molte
personalità religiose e partiti locali. Il gruppo di parlamentari cristiani del
Qornet Shehwan è stato fra i più critici. Radunandosi a Diman sabato scorso,
hanno chiesto a Lahoud di “tornare indietro da questo orribile errore”.
Incontrandosi con il gruppo del Qornet Shehwan, il cardinale Sfeir ha ribadito
il tema dell’unità, mettendo in guardia contro le divisioni. “Siamo stati
costretti a parlare con forza e ad alta voce riguardo ai nostri problemi
economici, politici e sociali – ha aggiunto Sfeir, accennando all’interferenza
siriana sulla situazione libanese – dicendo in modo chiaro quali siano le cause
reali che stanno dietro a tutte le nostre difficoltà”. Altri gruppi in Libano,
soprattutto gli Hezbollah, hanno espresso, invece, tutta la solidarietà verso
Lahoud e la decisione siriana. In un discorso tenuto sabato, il segretario
generale degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha difeso la presenza delle truppe
siriane definendola “una necessità libanese”. (B.C.)
LA CRISI DELL’ISTITUZIONE DEL MATRIMONIO AL CENTRO
DEL CONGRESSO NAZIONALE DI DIRITTO CANONICO.
L’INCONTRO, CHE HA PRESO IL VIA IERI AD ASTI,
VEDE LA PARTECIPAZIONE DI ESPERTI,
GIURISTI E PRELATI
ASTI. =
“Se ne va dell’amore coniugale, del matrimonio e di ciò che consegue, ne va
dell’evento centrale della fede”. Così ieri il patriarca di Venezia, cardinale
Angelo Scola, nella relazione introduttiva al Congresso nazionale di diritto
canonico, che vede riuniti ad Asti oltre 100 esperti, giuristi e prelati. La
crisi dell’istituzione del matrimonio è il tema centrale dell’incontro che si è
aperto ieri sera con una celebrazione eucaristica nella collegiata di San
Secondo, presieduta dal segretario di Stato Vaticano, cardinale Angelo Sodano.
Secondo le statistiche, dagli anni ‘70 in poi si è registrato un progressivo
calo dei matrimoni e un aumento dell’età degli sposi. Il cardinale Scola ha
così sottolineato come il matrimonio oggi sia insidiato anche dal clima di “androginismo
culturale”, che tende a superare le differenze sessuali. Ma - ha aggiunto -
“fattori inscindibili del mistero nuziale” sono la differenza sessuale, l’amore
e la procreazione. Secondo Lucia Musso, avvocato della Rota Romana e
organizzatrice dell’incontro, si assiste anche a un nuovo fenomeno: l’esigenza,
da parte di numerose persone di riaccostarsi alla Chiesa, cercando di regolarizzare
la propria posizione dopo un fallimento matrimoniale. Le sentenze di annullamento
- ha aggiunto - sono in gran maggioranza dovute a due cause: l’esclusione della
procreazione e la non accettazione del principio dell’indissolubilità del
vincolo. Oggi ad Asti si parla degli aspetti sociologici e psicologici del
matrimonio; domani dei fondamenti giuridici di quello cristiano; giovedì,
infine, degli aspetti giuridici. (B.C.)
“È NOSTRO DOVERE CHIEDERE UN RITIRO IMMEDIATO
DI LEGGI
INGIUSTE E REPRESSIVE”:
COSI’ IN
UN COMUNICATO LE CHIESE CRISTIANE DELLO ZIMBABWE,
DENUNCIANO GLI ATTACCHI DELLO STATO
HARARE. =
“Notiamo con grande preoccupazione i recenti attacchi contro le rappresentanze,
i componenti e le organizzazioni delle Chiese cristiane nello Zimbabwe da parte
dei mezzi di comunicazione statali e di rappresentanti dello Stato”. E’ la
denuncia contenuta nel comunicato della Commissione Cattolica per la Giustizia
e la Pace. “Le critiche ingiustificate e piene di odio nei confronti
dell’arcivescovo di Bulawayo, mons. Pius Alick Ncube – si legge nel documento –
e gli sforzi per dividere e diffamare legittime istituzioni ecclesiastiche (la
Commissione Cattolica per la Giustizia e la Pace, l’arcidiocesi cattolica di Harare
e la Chiesa Evangelica dello Zimbabwe) dimostrano un disprezzo e una cultura
dell’intolleranza che ben si inseriscano nella presente demonizzazione delle
organizzazione della società civile e delle Chiese da parte del governo dello
Zimbabwe”. Il comunicato ricorda, quindi, che “le Chiese cristiane dello Zimbabwe
sono sempre state la voce profetica e la coscienza della nazione” e ribadisce
la solidarietà dei firmatari nei confronti del nuovo arcivescovo di Harare,
mons. Robert Ndlovu, pesantemente criticato dal presidente Robert Mugabe.
Il giorno del suo insediamento, il 21 agosto scorso, nel corso dell’omelia, il
cardinale Ndlovu ha ricordato il ruolo della Chiesa nel promuovere e difendere
i diritti umani, quali il diritto alla vita e la libertà di parola e associazione.
Il presidente Mugabe ha subito attaccato l’arcivescovo, accusando la Chiesa di
“immischiarsi nella politica”. “Quando i rappresentanti o i membri della Chiesa
alzano la loro voce per ricordare profeticamente il rispetto dei diritti dati
da Dio al popolo dello Zimbabwe – replicano le Chiese nel comunicato – si
tratta dell’espressione della vocazione profonda della Chiesa e della comunità cristiana”.
“Accusare la Chiesa di immischiarsi nella politica – conclude – dimostra la mancanza
di ogni comprensione del ruolo e del compito assegnato da Dio alla Chiesa”.
(B.C.)
FINITI IN PRIGIONE NEL LAOS
QUATTRO CRISTIANI
PER NON AVER RINUNCIATO ALLA PROPRIA FEDE.
LA DENUNCIA DI UN GRUPPO LAOTIANO IN ESILIO A PARIGI
PARIGI.
= Quattro cristiani laotiani sono finiti in prigione dopo aver rifiutato di rinunciare alla
loro fede. L’arresto è parte di
una campagna più vasta del regime
comunista
contro le comunità religiose, denunciata in questi giorni da un gruppo laotiano
in esilio a Parigi. Il “Movimento Lao per i diritti dell’uomo” (Mldu) -
riferisce l’agenzia Asianews - ha accusato il governo di Vientiane di portare
avanti “una campagna di repressione” contro i cristiani del distretto di Kasy.
Il Mldu chiede al governo laotiano di “liberare tutti i cristiani detenuti” e
di permettere l’entrata nel Paese di osservatori internazionali, che possano
verificare la situazione dei diritti umani in Laos. Il Mdlu ha, inoltre,
rivelato che dall’11 agosto nella provincia di Savannaketh ai cristiani è
proibito di radunarsi in casa per la preghiera. La campagna per costringere i
cristiani a rinunciare alla loro fede è attuata anche nel distretto di Nam Bak,
vicino a Luang Prabang. Dal 1975 in Laos il potere è in mano al Pathet Lao, il
partito comunista laotiano, che ha espulso tutti i missionari stranieri e ha
perseguitato le religioni. Dal ‘91 è in vigore una “democrazia centralizzata”,
guidata dal Partito rivoluzionario del popolo laotiano. Sebbene negli ultimi
anni vi sia stata un’apertura economica, vi è un grande controllo della società
e delle religioni. Verso i cristiani, poi, vi è una vera e propria campagna per
sradicarli dal Paese come “seguaci di una religione straniera”. Su una
popolazione di quasi sei milioni di persone, il 48,8% sono buddisti; il 41,6%
animisti; mentre i cattolici e i protestanti sono un po’ più di 100 mila e
rappresentano circa il 2% della popolazione. (B.C.)
PRIMA FESTA UFFICIALE DOMENICA PER LA BEATA MADRE
TERESA.
NUMEROSE E SENTITE LE CELEBRAZIONI
A CALCUTTA E NELLE 719 CASE
DELLE MISSIONARIE DELLA CARITA’ NEL MONDO
CALCUTTA.
= Le suore Missionarie della Carità di tutto il mondo hanno festeggiato domenica
la loro fondatrice, la beata Teresa di Calcutta. La liturgia cattolica non prevede
la celebrazione di feste di santi nella giornata di domenica, ma l’arcidiocesi
di Calcutta e le 719 case delle missionarie hanno ricevuto il permesso dal
Vaticano. “Era difficile spiegare alla gente che non si poteva ricordare la
morte di madre Teresa di domenica”: ha raccontato suor Lynn Mascarenhas, vice
postulatrice per la canonizzazione di madre Teresa. A Calcutta, sede della casa
generalizia e base della missione della beata, la festività è stata
particolarmente sentita. Le celebrazioni domenicali hanno seguito una novena di
preghiera, iniziata il 26 agosto, giorno della nascita di madre Teresa.
Centinaia di persone hanno cantato e pregato davanti alla statua della beata
nella casa generalizia, dove si trova anche la sua tomba. Dopo la messa i
fedeli si sono raccolti intorno alla tomba di marmo bianco, dove hanno
deposto fiori, candele e incensi profumati. Membri dell’All India Minority
Forum, rappresentanti le comunità cristiane, indù, musulmana e sikh, hanno
pregato per la pace. Fino al 13 settembre, giorno della sepoltura della beata,
le suore offriranno pasti ai poveri. Madre Teresa nasce nel 1910 a Skopje, in
Macedonia. Arriva in India nel 1929. Nel 1950 fonda la Congregazione delle missionarie
della Carità. Muore a Calcutta il 5 settembre 1997. Il 19 ottobre 2003 è
proclamata beata. Alla canonizzazione manca ancora la certificazione di un
miracolo avvenuto tramite sua intercessione. (B.C.)
“COSTRUIAMO LA PACE, LAVORIAMO PER LA RICONCILIAZIONE”:
RICORDANDO LE PAROLE
DEL PAPA, LA CARITAS ITALIANA INVITA TUTTI
A RICERCARE LE RADICI
PROFONDE DELLA CRISI NEL CAUCASO,
A POCHI GIORNI DALLA
STRAGE DI BESLAN
ROMA. =
La tragedia di Beslan non è che l’ultimo anello di una catena di sangue e di
morte nel complicato scenario del Caucaso. E’ la denuncia della Caritas Italiana
a pochi giorni dalla vicenda della scuola osseta, che ha sconvolto l’opinione
pubblica e mondiale rafforzato l’incubo del terrorismo. “Ceceni,
ingusceti, osseti, georgiani, daghestani, azeri, armeni e altre popolazioni
meno note: in ciascun Paese – si legge
in un comunicato – vi è un conflitto e ogni conflitto è legato all’altro,
principalmente da ragioni politiche ed economiche”. “Il problema va affrontato
alle sue radici – spiega la Caritas – perché una piaga troppo ampia che ha
bisogno di un grande lavoro di recupero prima politico e poi sociale, di dimensioni
ancora non sperimentate, né dalla politica europea e internazionale, né dalle
agenzie di intervento umanitario”. La Caritas Italiana da tempo collabora con
le Caritas della regione che, tra grandi difficoltà, cercano di alleviare le
sofferenze delle popolazioni locali, ma anche di sensibilizzare le comunità e
l’opinione pubblica. In Cecenia si mantengono aperti centri di alimentazione
per i bambini e le donne sole. L’insicurezza è totale e per questo gli
operatori entrano il mattino a Grozny ma rientrano prima del calare della notte
in aree protette. “È urgente unirsi contro ogni terrorismo – conclude la Caritas
Italiana nel comunicato, e raccogliere denaro per le famiglie delle vittime. Le
religioni non devono essere utilizzate come pretesto di divisioni, ma siano
fermento di comunione”. (B.C.)
TERMINATA IERI L’AGITAZIONE
NELLE MINIERE DI DIAMANTI DEL BOTSWANA.
CENTINAIA DI SCIOPERANTI SONO STATI LICENZIATI
GABORONE.
= Dopo due settimane è terminato ieri nel Botswana uno sciopero che ha
coinvolto alcune delle più grandi miniere di diamanti del Paese africano. Oltre
400 lavoratori licenziati durante l’astensione non sono stati riassunti, mentre
alcuni leader sindacali sono stati incriminati per oltraggio alla corte. Lo
sciopero è iniziato lo scorso 23 agosto per chiedere aumenti salariali nelle
miniere della “Debswana Diamond Co.”, una joint venture tra la De Beers, società
leader nel settore della produzione diamantifera, e il governo del Botswana. Si
è trattato della prima agitazione avvenuta nell’industria diamantifera del
Paese negli ultimi 21 anni. Da ieri gli addetti, in tutto 6.500, sono tornati
al lavoro tranne i circa 400 licenziati per sciopero illegale. Il presidente
dell’Unione sindacale dei minatori del Botswana, Jack Thlagale è stato accusato
insieme con altri sindacalisti di oltraggio alla corte, e lo sciopero è stato
dichiarato illegale. Thlagale ha precisato che i lavoratori hanno accettato il
rientro in miniera per consentire la ripresa delle trattative tra azienda e
sindacati. Il mese scorso la “Debswana”, riferisce l’agenzia Misna, aveva proposto
un aumento del 10% della paga mensile e un 10 per cento in più di bonus
annuale, mentre il sindacato chiedeva il 13% di maggiorazione sul salario e il
15% in più di bonus. Secondo la De Beers, il Botswana ha prodotto nel 2003
diamanti per un valore di 2,2 miliardi di dollari. (B.C.)
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7
settembre 2004
-
A cura di Amedeo Lomonaco -
Elicotteri
e carri armati israeliani hanno bombardato questa notte, nella striscia di
Gaza, un campo di addestramento militare di gruppi armati palestinesi. Il
nostro servizio:
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Il raid
israeliano ha provocato la morte di almeno 15 miliziani, appartenenti soprattutto
al movimento fondamentalista islamico ‘Hamas’. Al momento dell’incursione era
in corso un’esercitazione alla quale stavano partecipando decine di attivisti
delle Brigate Ezzedin Al Qassam, il braccio armato di Hamas, ma anche militanti
della Jihad islamica e delle Brigate dei martiri di Al Aqsa. L’attacco ha preso
di mira un campo di calcio intitolato allo sceicco Ahmed Yassin, il fondatore e
leader spirituale di Hamas assassinato nel mese di marzo. Decine di migliaia di
palestinesi hanno partecipato stamani nella moschea principale di Gaza alle
esequie delle vittime. Fonti israeliane hanno riferito, inoltre, che nelle ore
successive all’operazione diversi colpi di mortaio sono stati sparati, senza
provocare vittime, da postazioni palestinesi contro il sud dello Stato ebraico.
E per limitare la libertà di spostamento dei militanti palestinesi, l’esercito
israeliano ha diviso in tre parti la striscia di Gaza e ha alzato lo stato di
allerta. La Jihad islamica e Hamas hanno dichiarato di voler vendicare i
miliziani uccisi nel raid. L’azione israeliana, condotta dopo i due attentati kamikaze
di martedì scorso a Beer Sheva che avevano provocato la morte di sedici persone,
è stata duramente condannata anche dall’Autorità nazionale palestinese. Il
ministro degli Esteri, Nabil Shaat, ha definito l’azione un “attacco
terroristico delle forze di occupazione israeliane”, accusando lo Stato ebraico
di sabotare gli sforzi tesi a ristabilire la calma.
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In Libano, quattro ministri hanno presentato le
loro dimissioni per protestare contro un controverso emendamento costituzionale
che proroga di altri tre anni il mandato del presidente Emile Lahoud, che scade
il prossimo 24 novembre.
Il premier britannico, Tony Blair, ha detto poco
fa, in una conferenza, che la guerra contro il terrorismo può essere vinta. La
dichiarazione del primo ministro segue la recente affermazione del presidente
americano, George Bush, che in un’intervista alla televisione Nbc aveva invece
sottolineato come non si possa completamente eliminare il terrorismo.
In Afghanistan, il ministro della Giustizia, Abdul
Rahim Karimi, ha preso la decisione di rilasciare almeno 750 prigionieri di
guerra talebani dal carcere di Pol-i-Charki di Kabul. La motivazione ufficiale
è umanitaria e legale. I prigionieri che attendono il rilascio sono stati
catturati durante la campagna militare americana “Enduring Freedom” del 2001
sui campi di battaglia di Mazar-i-Sharif e Kunduz.
La
Turchia dovrebbe assicurare meglio i diritti culturali della minoranza curda: è
una delle affermazioni del commissario dell’Unione Europea per l’allargamento,
Guenther Verheugen che si trova in Turchia. Il contesto e l’obiettivo della sua
visita nel servizio di Fausta Speranza:
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Compiere
sforzi per indurre a tornare nei villaggi le popolazioni curde emigrate nel
periodo della lotta armata del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan di
Abdullah Ocalan: è un invito preciso quello che il commissario europeo ha
lanciato da Tuzla, un villaggio a maggioranza curda, che fu quasi spopolato in
conseguenza delle opposte vessazioni dei guerriglieri separatisti del Pkk e dei
militari turchi. Verheugen sta compiendo una visita sopralluogo in
Turchia, voluta in funzione del rapporto annuale della Commissione sui progressi
compiuti dal Paese nel suo cammino di adeguamento ai criteri posti da Bruxelles
come condizione per l'inizio del negoziato di adesione. Ci sono vari ritardi
nell'applicazione delle riforme in Turchia – ha sottolineato ieri lo stesso
Verheugen ad Ankara, aggiungendo però che ciò non dovrebbe comportare un rinvio
della decisione sull’inizio del negoziato: a decidere dovrebbe essere il
Consiglio europeo di dicembre. Nella serata di ieri Verheugen si è spostato da
Ankara a Diyarbakir, centro della zona orientale a maggioranza curda della
Turchia dove ha incontrato il sindaco della città, il governatore della provincia
e la nota ex deputata Leyla Zana, scarcerata di recente dopo avere scontato in
prigione gran parte di una condanna a 15 anni per fiancheggiamento
dell’organizzazione separatista curda
Pkk.
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Emergenza
maltempo in Cina: è salito ad almeno cento morti il
bilancio delle recenti inondazioni che hanno colpito
l’area sud occidentale del Paese. Le piogge torrenziali hanno provocato anche l’evacuazione di 130 mila persone. Le
autorità hanno lanciato, intanto, l’allarme per la gigantesca diga delle Tre Gole, sul fiume Yangtze, che è messa a rischio
dalle alluvioni. Nella provincia di Sichuan sono stati inviati più di cinquemila soldati e marinai per collaborare ai soccorsi.
Ridotto a
tempesta tropicale, l’uragano Frances è tornato ad abbattersi sulla Florida colpendo
l’arco nord ovest che si affaccia sul Golfo del Messico. Intanto, si contano i
disastri provocati dal primo passaggio di Frances. Le vittime accertate sono
salite a cinque ed i danni potrebbero toccare i 15 miliardi di dollari.
Il violento tifone ‘Songda’ ha
colpito stamani l’isola giapponese di Kyushu dopo aver imperversato, nei giorni
scorsi, sull’arcipelago meridionale di Okinawa. La furia del ciclone non ha
risparmiato nemmeno uno dei due alberi di paulonia sopravvissuti al bombardamento
atomico di Hiroshima nel 1945 e da allora conservati, come preziosa testimonianza,
a fianco del Museo commemorativo della bomba nel parco della pace. In base alle
stime fornite dalla polizia, il tornado ha provocato finora il ferimento di
almeno 63 persone.
In Vietnam il virus della
cosiddetta influenza dei polli ha ucciso un ragazzo di 14 anni. Lo ha detto
oggi una fonte governativa vietnamita, aggiungendo che non è chiaro se il ragazzo
sia stato infettato dallo stesso ceppo del virus che l’anno scorso, nel Paese
asiatico, ha causato la morte di 19 persone.
Prosegue
al Tribunale penale internazionale dell’Aja il processo contro l’ex presidente
jugoslavo Slobodan Milosevic, accusato di genocidio, crimini di guerra e contro
l’umanità. Oggi ha deposto il primo testimone a carico della difesa dell’ex
uomo forte di Belgrado. Si tratta di Smilija Avramov, ex professore e
consigliere di Milosevic.
La
Corte suprema di giustizia cilena ha respinto l’istanza di ricusazione presentata
alla Corte d’appello dai difensori di Augusto Pinochet. E’ stato anche
stabilito che il magistrato può proseguire le indagini sul presunto
coinvolgimento dell’ex dittatore nell’operazione Condor, il piano orchestrato
da diverse dittature sudamericane negli anni ‘70 e ‘80 per eliminare i loro
oppositori.
L’intervento alle coronarie
dell’ex presidente statunitense, Bill Clinton, durato circa sei ore, è stato
completato “con successo”. Lo hanno riferito i medici del Presbyterian Hospital
di New York, dove l’ex capo della Casa Bianca ha subito ieri un quadruplo
by-pass. Alcune arterie coronariche di Clinton – ha detto il dottor Schwarz,
capo della cardiologia – risultavano ostruite “anche al 90 per cento”.
In
Italia, scontro tra i vertici Alitalia e i sindacati sul piano di risanamento
proposto dalla compagnia aerea di bandiera che prevede il taglio di 5000 posti
di lavoro e la riorganizzazione dell’azienda in due sottocompagnie.
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