RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 245 - Testo della trasmissione di mercoledì 1 settembre 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Dolore e la preoccupazione del Papa per gli attacchi terroristici in Israele e Russia, e per la guerra in Iraq. E l’appello perché cessi ovunque la violenza: all’udienza generale dedicata ai falsi miti della ricchezza, del potere, del successo

 

La Chiesa ha bisogno dell’Azione Cattolica: è il messaggio del Papa inviato in apertura, ieri sera, del Congresso internazionale dell’associazione a Loreto. Il 5 settembre la beatificazione di Alberto Marvelli: intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri.

           

OGGI IN PRIMO PIANO

Iraq, Medio Oriente, Caucaso: dietro l’etichetta del terrorismo islamico, interessi diversi e scenari complessi: il commento di Guido Olimpio

 

Ferma condanna, tra gli altri, della Federazione italiana medici pediatri alla decisione delle autorità olandesi di permettere l’eutanasia sui bambini: con noi Pier Luigi Tucci e Manuel Castello

 

In tema di migrazioni un’analisi del punto di vista di chi abbandona un Paese: la testimonianza da Haiti: intervista con Richard Gerard

 

Tra qualche ora, l’inaugurazione a Venezia della 61.ma Mostra internazionale d’arte cinematografica.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Chiesa cattolica indiana in lutto per l’assassinio di padre Job, sacerdote dello Stato del Kerala

 

Domani, cento metri per la pace a Loreto: l’evento è promosso dall’Azione Cattolica in occasione del pellegrinaggio del Papa al Santuario mariano

 

Portare la Parola di Dio nelle carceri di massima sicurezza kenyane: è la toccante iniziativa delle Figlie di San Paolo di Nairobi

 

Contro la piaga delle locuste, i Paesi dell’Africa occidentale mobilitano l’esercito

 

In Brasile sgominata banda dedita al traffico di schiave: decine di ragazze venivano inviate in Spagna e costrette a prostituirsi

 

24 ORE NEL MONDO:

 La Russia con il fiato sospeso per la sorte delle 400 persone, studenti, insegnanti e genitori, sequestrati da un commando kamikaze ceceno in Ossezia del Nord. Ieri una donna esplosa davanti ad una stazione della metropolitana di Mosca: 10 i morti

 

In Iraq, scossa dalla violenza la cerimonia di insediamento del Parlamento; tornati in libertà 8 ostaggi, nessuna novità per i due francesi. Il massacro di ieri dei 12 nepalesi accende la tensione a Katmandu

 

Israele torna ad insistere sulla costruzione del muro, dopo il duplice attentato di ieri a Beer Sheva

 

La Convention repubblicana ha designato ufficialmente George Bush candidato alle presidenziali.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 settembre 2004

 

 

IL DOLORE E LA PREOCCUPAZIONE DEL PAPA PER GLI ATTACCHI TERRORISTICI

 IN ISRAELE E RUSSIA, E PER LA GUERRA IN IRAQ. E L’APPELLO PERCHÉ CESSI OVUNQUE LA VIOLENZA: ALL’UDIENZA GENERALE DEDICATA

AI FALSI MITI DELLA RICCHEZZA, DEL POTERE, DEL SUCCESSO

 

Dolore e preoccupazione ha espresso stamane Giovanni Paolo II per gli attacchi terroristici in Israele e Russia, e per la guerra che persiste in Iraq e la sorte dei due giornalisti francesi: ha rivolto un appello per loro e perché cessi ovunque la violenza. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Rivolgo un pressante appello affinché cessi ovunque il ricorso alla violenza, sempre indegna di ogni buona causa, e perché i due giornalisti francesi siano trattati con umanità e restituiti incolumi, quanto prima, ai loro cari”. Così il Papa in un messaggio al termine dell’udienza generale, questa mattina nell’Aula Paolo VI, in Vaticano. “Con grande dolore e preoccupazione – ha detto - ho appreso le nuove gravi notizie riguardanti gli attentati terroristici in Israele e in Russia, dove hanno trovato la morte numerose persone, vittime indifese ed innocenti. Anche nel tormentato Iraq – ha aggiunto - non si spezza la catena di cieca violenza che impedisce un pronto ritorno al convivere civile. Alla esecrazione per la barbara esecuzione dei 12 cittadini nepalesi si accompagna la trepidazione per la sorte dei due giornalisti francesi ancora ostaggi dei loro rapitori. Il Santo Padre ha poi ricordato che “ricorre oggi, l° settembre, l’anniversario dell’invasione della Polonia e dell’inizio della seconda guerra mondiale, che seminò di lutti l’Europa e altri continenti. “Ripensando a quei giorni, in questo momento di gravi e diffuse tensioni, - ha detto - invochiamo da Dio, Padre di tutti gli uomini, il dono prezioso della pace.”

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L’udienza del Papa aveva avuto come tema la fede e i falsi miti: “il Dio vivente e l’idolo inerte”. La catechesi è partita dal commento al Salmo 113B, “Lode al vero Dio”. Ce ne parla Roberta Gisotti:

 

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“L’idolatria è una tentazione di tutta l’umanità in ogni terra e in ogni tempo”: è il monito di Giovanni Paolo II, che ha ripreso le parole del Salmista che contrappone “al vero Dio adorato da Israele”, “gli idoli delle genti”. Ma cos’è l’idolo? “E’ una cosa inanimata, nata dalle mani dell’uomo, fredda statua, priva di vita.” Il Salmista la tratteggia “ironicamente” come del tutto inutile, perché ha bocca muta, occhi ciechi, orecchi sordi, narici insensibili agli odori, mani inerti, piedi paralizzati, gola che non emette suoni. E’ una critica spietata agli idoli e poi ancora un “augurio sarcastico” del Salmista: “Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida.” Il messaggio è radicale: “Chi adora gli idoli della ricchezza, del potere, del successo – ha sottolineato il Santo Padre - perde la sua dignità di persona umana”. Come diceva il profeta Isaia, “I fabbricatori di idoli sono tutti vanità e le loro opere preziose non giovano a nulla; ma i loro devoti non vedono né capiscono affatto e perciò saranno coperti di vergogna”. Mentre “i fedeli del Signore sanno di avere nel Dio, potenza di amore e di salvezza, il loro aiuto e il loro scudo”.

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LA CHIESA HA BISOGNO DELL’AZIONE CATTOLICA: E’ IL MESSAGGIO DEL PAPA

INVIATO IN APERTURA, IERI SERA, DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE A LORETO. SI CONCLUDERA’  IL 5 SETTEMBRE PROSSIMO

CON LA  BEATIFICAZIONE DI ALBERTO MARVELLI

                             - Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -     

 

“Oggi mi preme ripetere ancora una volta: la Chiesa ha bisogno dell’Azione Cattolica”. Con queste parole di Giovanni Paolo II, contenute in un messaggio, si è aperto ieri sera il Congresso internazionale dell’associazione promosso dal Forum internazionale di Azione Cattolica in collaborazione con il Pontificio Consiglio per i Laici. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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“La Chiesa ha bisogno dell’Azione Cattolica che deve avere il coraggio del futuro”: è un forte incoraggiamento, quello che il Papa rivolge nel suo messaggio all’Associazione ecclesiale che Giovanni Paolo II incontrerà domenica 5 settembre a Loreto. Il Papa constata come l’incoraggiamento da lui rivolto ormai due anni fa, appunto di avere il coraggio del futuro, scelto come tema del Congresso, sia stato adottato come impegno. Un atteggiamento – spiega poi – che non nasce da una scelta volontaristica, ma prende consistenza e slancio dalla memoria del dono prezioso che è stata fin dalla sua nascita l’Azione Cattolica, forza aggregativa, strutturante e propulsiva di quella corrente contemporanea di promozione del laicato che trovò solenne conferma nel Concilio Vaticano II.

 

Grazie ad Azione Cattolica, generazioni di fedeli hanno raggiunto la piena consapevolezza della propria co-responsabilità nella costruzione della Chiesa. Ma la memoria – sollecita anche il Papa – non deve ridursi ad un nostalgico ripiegamento sul passato. E’ il momento per quel rilancio di cui rendono testimonianza le multiformi realtà dell’associazione. L’Azione Cattolica è sempre stata e dev’essere fucina di formazione di fedeli, impegnati in prima fila nella difesa del dono sacro della vita, nella salvaguardia della dignità della persona umana, nella realizzazione della libertà educativa, nella promozione del vero significato del matrimonio e della famiglia, nell’esercizio della carità verso i più bisognosi, nella ricerca della pace e della giustizia e nell’applicazione dei principi di sussidiarietà e di solidarietà alle diverse realtà sociali interagenti tra loro.

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Il raduno a Loreto dell'Azione Cattolica Italiana, che ha preso il via ieri sera con il messaggio del Papa, prosegue con una tre giorni di momenti di festa e di condivisione di esperienze, di incontri di riflessione e di formazione.  Il raduno nel Santuario lauretano si iscrive nell'itinerario di rinnovamento dell'associazione, avviato con la ridefinizione dello Statuto e proseguito con l'adozione di un nuovo progetto formativo che a Loreto sarà consegnato ai presidenti parrocchiali. Icona del cosiddetto "anno della fede" che l'AC ha vissuto in preparazione all’appuntamento di Loreto è stata l'effigie della Virgo Lauretana che ha visitato negli ultimi mesi le diocesi e associazioni locali di tutte le regioni italiane. Il pellegrinaggio sarà concluso proprio da Giovanni Paolo II che, domenica 5, presiederà, nella Piana di Montorso, la beatificazione di tre "figli" dell'AC: Pietro Tarrés, Alberto Marvelli e Pina Suriano.

 

Diverse le prospettive e gli spunti rispetto a tutti gli appuntamenti precedenti, ma resta lo spirito dell’Azione cattolica al quale aveva aderito il giovane riminese Alberto Marvelli. Della sua figura, ma innanzitutto del significato della scelta del Papa di tornare al Santuario della Santa Casa, Giovanni Peduto ha parlato con l’arcivescovo prelato di Loreto, mons. Angelo Comastri:

 

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R. – E’ la quinta volta che il Papa torna a Loreto, ma ogni volta che torna il Papa è una novità, è un dono straordinario. Per me personalmente, il ritorno del Papa a Loreto è un regalo della Madonna. Un regalo di Maria ai pellegrini che vengono a Loreto e riconoscono nel Papa il grande devoto di Maria. E’ l’uomo, affascinato dalla bellezza di Maria, che ha rientusiasmato il popolo cristiano nella devozione verso la Madre del Signore, riportando la devozione a Maria alle radici bibliche. E questo è un grande dono che il Papa ha fatto alla Chiesa.

 

D. – Quale luce, per la Chiesa, viene da Loreto?

 

R. – Loreto è il Santuario del ‘sì’ di Maria. Le povere pietre, che formano la Santa Casa di Loreto, non sono altro che la memoria del ‘sì’ più impegnativo di tutta la storia. Il ‘sì’ che ha aperto a Dio una strada dentro la nostra storia. Visitare Loreto vuol dire riascoltare quel ‘sì’, in qualche modo, respirare l’‘Eccomi’ di Maria, per imparare da Maria lo stile del ‘sì’ e per imparare da Maria la fedeltà al ‘sì’. Loreto sta tutto in questo mistero. Un ‘sì’ che ha cambiato la storia, un ‘sì’ che ha bisogno di essere imparato, ancora oggi, per poter cambiare la storia di oggi.

 

D. – Chi era Alberto Marvelli, che il Papa ha definito l’‘ingegnere manovale della carità’?

 

R. – Era un giovane riminese, esattamente un ingegnere. Un giovane che, raggiunta la laurea in ingegneria, durante la seconda guerra mondiale mise in atto una rete di carità impressionante. E due cose sono belle in questo giovane: prima di tutto era un giovane e come giovane si è fatto santo. In questa maniera Marvelli ci ricorda che la giovinezza non è l’età della spensieratezza, né l’età del tempo da bruciare e da buttar via, non è l’età dei capricci e dei divertimenti. La giovinezza è il tempo più bello nel quale si può fare il bene. San Filippo Neri diceva ai giovani dei suoi tempi: “Beati voi giovani che avete tanto tempo per fare del bene!”. Alberto Marvelli l’aveva capito e ricorda ai giovani proprio questa verità. Seconda cosa, era un giovane cristiano impegnato in politica ed in politica ha lasciato un segno di pulizia, di trasparenza, di dignità, di correttezza, che è un grande messaggio per i politici di oggi. Si può essere in politica e si può essere santi. Anche questo è un grandissimo messaggio che viene dalla vita di Alberto Marvelli.

 

D. – In particolare, ai giovani di oggi, quale testimonianza ha lasciato Alberto Marvelli?

 

R. – Alberto Marvelli parla tantissimo ai giovani d’oggi. Io ricordo un incontro di poco tempo fa. Avevo fatto una conferenza sulla responsabilità educativa dei genitori, in un paese qui delle Marche. Terminata la mia riflessione ci fu un po’ di dibattito, un po’ di approfondimento, poi ci salutammo con i genitori. Uscendo dalla sala dell’incontro mi avvicina un papà di 50-55 anni, penso, non di più, fuori della chiesa e mi dice: “Vede, io faccio il giornalaio. Ho un figlio quasi trentenne. Tutti i venerdì, sabato e domenica li passa nei divertimenti, tutta la notte. Poi ritorna alle 5, o alle 6 del mattino. Io vado ad aprire l’edicola, mio figlio mi passa davanti e mi fa, ormai da tanti anni, ‘Buongiorno papà’, ed io gli faccio con tristezza ‘buona notte figlio mio’”. Io lo guardo e non commento. Quell’uomo mi dice: “Padre, le sembra vita, questa?”. Allora io prendo la parola e dico: “Questa non è vita. Questo è morire da vivi”. Alberto Marvelli ricorda ai giovani che la giovinezza si può vivere in maniera completamente diversa e, vivendola come l’ha vissuta lui, la giovinezza è bella e rende felici.

 

D. – Qual è il senso di questo pellegrinaggio nazionale dell’Azione Cattolica Italiana a Loreto?

 

R. – L’Azione Cattolica è una grande associazione di laici cristiani. La potremmo definire una casa dove tanti battezzati hanno imparato a vivere il Battesimo. Una casa dove tanti battezzati hanno imparato a vivere la santità nella loro professione. Oggi, noi ci troviamo in un momento particolare: la società si sta scristianizzando, ci sono tante aggressioni ai valori cristiani che sono stati l’eredità preziosa della società italiana. Oggi c’è bisogno di nuovo, di laici missionari, di laici che nella vita quotidiana profumino di Vangelo e rientusiasmino la gente a vivere il Vangelo. L’Azione Cattolica torna a Loreto per prendere da Maria la nota della missione, per uscire dalla casa di Nazareth e andare nelle strade del mondo a cantare il Vangelo, come ha fatto Maria.

 

D. – Oggi, tanti cristiani vivono la propria fede in modo individuale. Cosa vuol dire essere cristiani in un’associazione, in un movimento, in una comunità?

 

R. – La fede va vissuta in chiave personale, questo sì, ma non individuale. Personale vuol dire che io rispondo personalmente delle mie scelte, delle mie azioni, di quello che io faccio. Ma io, la fede, la devo vivere insieme agli altri. La fede mi fa comunità, mi chiama ad essere comunità, mi convoca per fare la comunità. Non per nulla, Ecclesia, o Eclesìa, in greco, vuol dire convocazione. La Chiesa è una convocazione e si è convocati insieme, perché entrare nel mondo della fede vuol dire rifiutare l’egoismo, perché l’egoismo è l’opposto di Dio. Allora, la fede si deve vivere personalmente ma insieme agli altri, facendo comunità, perché facendo comunità noi siamo insieme una fotografia di Dio, che è il più grande mistero di comunione che ci possa essere.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Il pressante appello di Giovanni Paolo II - all'udienza generale - affinché cessi ovunque il ricorso alla violenza apre la prima pagina.

Il dolore e la preoccupazione per gli attentati terroristici in Israele e in Russia, e per il tormento dell'Iraq dove è impedito il ritorno al convivere civile. La richiesta di liberare i giornalisti francesi tenuti in ostaggio - La preghiera per la pace nell'anniversario dell'invasione della Polonia.

Sempre in prima, la notizia del barbaro assassinio, in India, di un sacerdote cattolico.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

La Lettera del Papa al Cardinale Eugenio de Araujo Sales per la nomina a suo Inviato Speciale alle celebrazioni per il centesimo anniversario dell'incoronazione di N.S. Aparecida.

Un articolo sulla Santa Messa a vent'anni dalla nomina del prof. Mario Agnes a direttore de "L'Osservatore Romano"

 

Nelle estere, Russia: bambini in ostaggio del terrore. Commando sequestra 400 persone in una scuola in Ossezia del Nord.  

In Nepal orrore e sdegno per la strage dei connazionali perpetrata in Iraq.

Un articolo di Gaetano Vallini dedicato all'apertura del Congresso internazionale dell'Azione Cattolica a Roma.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Paolo Miccoli dal titolo "Heidegger interprete della vita religiosa": la lettura di Agostino del filosofo tedesco.  

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del lavoro.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 settembre 2004

 

 

IRAQ, MEDIO ORIENTE, CAUCASO:

DIETRO L’ETICHETTA DEL TERRORISMO ISLAMICO,

INTERESSI DIVERSI E SCENARI COMPLESSI

- Intervista con Guido Olimpio -

 

Iraq, Medio Oriente, Caucaso: tre scenari sconvolti nel giro di poche ore dalla violenza. Una serie di azioni, avvenute quasi in contemporanea, che hanno provocato numerose vittime civili. Definirle ‘terrorismo islamico’, come verrebbe istintivo fare, significherebbe limitarsi ad un’analisi superficiale. In Iraq, ad esempio, gli attentati falliti contro Ahmed Chalabi, ex leader del Congresso nazionale, nascondono interessi diversi. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Guido Olimpio, esperto del Corriere della Sera:

 

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R. – Chalabi è un personaggio controverso. Era l’uomo degli americani prima della guerra e fino alla conquista di Baghdad. Poi, lentamente, gli americani hanno preso le distanze, quando si è scoperto che Chalabi aveva raccontato cose non vere sulle armi di distruzione di massa e sui legami tra Al Qaeda e Saddam: tutte quelle motivazioni, cioè, cui Washington era ricorsa per giustificare la guerra. Ma le ragioni di questi attentati contro di lui sono anche altre: Chalabi aveva una sua milizia, che ha ancora in parte, e l’ha utilizzata per regolare diversi conti con i suoi avversari interni. È possibile, dunque, che gruppi della resistenza islamica vogliano ucciderlo, così come anche dei sunniti, in quanto lui è sciita. I suoi nemici sono tantissimi.

 

D. – Terrorismo ieri anche in Israele, proprio nel giorno in cui Sharon aveva annunciato il piano di ritiro da Gaza. Secondo te è una coincidenza?

 

R. – Può trattarsi di una coincidenza, ma può anche esserci stata una preparazione: è possibile, cioè, che questi kamikaze fossero in attesa di un ordine. Chiaramente, gli attentati di ieri hanno la loro radice in Hamas, che voleva vendicarsi per l’uccisione di Rantissi e dello sceicco Yassin. Ci aveva già provato diverse volte, senza riuscirci. Noi diamo sempre notizia degli attentati riusciti, ma negli ultimi due o tre mesi ci sono state decine di tentativi. Questa volta, ce l’hanno fatta.

 

D. – Israele ha già detto che reagirà. C’è quindi da aspettarsi che il conflitto si allarghi ulteriormente?

 

R. – C’è da attendersi una risposta. E’ indicativo quello che hanno detto le fonti israeliane stamattina: ritengono che Hamas vada colpita sia all’interno dei Territori che all’esterno. C’è stato un riferimento esplicito a Damasco, accusata di ospitare la struttura esterna di Hamas, da cui partono molti ordini. Da circa un anno, questa guerra non ha più confini e va oltre quelli palestinesi ed israeliani.

 

D. – Passiamo al Caucaso: stamattina la scuola in Ossezia, ieri la metropolitana di Mosca, a pochi giorni dai due Tupolev. C’era da attendersi un peggioramento così netto della situazione?

 

R. – Diciamo che era previsto e prevedibile. I capi della guerriglia cecena e l’ala più dura avevano minacciato operazioni di questo tipo: ogni cittadino russo doveva essere considerato un obiettivo legittimo, perché i russi, a loro volta, colpiscono i cittadini ceceni. Un’operazione, quindi, largamente attesa. C’era stato già un raid in giugno in Inguscezia, in cui l’esercito russo aveva dimostrato di essere scarsamente preparato. Sicuramente, esistono anche delle spinte dell’ala internazionalista, che noi generalmente chiamiamo Al Qaeda, ma che in realtà è un insieme di gruppi che si ispirano alla jihad internazionale e che in questa fase rappresentano un punto di forza del separatismo ceceno. Ecco quindi che questa spinta da un lato e dall’altro la coincidenza con le elezioni hanno portato a questi attacchi. Ritengo, poi che l’attacco di oggi alla scuola in Ossezia sia veramente molto grave.

 

D. – È facile racchiudere tutti questi attentati dietro l’etichetta ‘terrorismo islamico’. Tu credi che esista un legame tra tutte queste azioni terroristiche?

 

R. – Un legame operativo non esiste assolutamente. Non c’è, perché è difficile che ci sia. C’è, però, certamente una “comunione di intenti”, anche se gli obiettivi sono diversi. Moti di questi attentatori e di queste organizzazioni ritengono che l’unico mezzo sia la lotta armata, da portare avanti anche con i kamikaze e con gli attacchi ai civili. Ognuno ha poi la sua agenda: Hamas ha la sua, relativa ad Israele ed ai palestinesi; i ceceni la loro, e via dicendo. Certamente oggi, con Internet e con la circolazione delle notizie attraverso le tv satellitari, è abbastanza facile “coordinare” questi attacchi. Ma non ritengo che esista un “grande vecchio”: Osama Bin Laden vorrebbe esserlo, ed in parte c’è anche riuscito, ma adesso è tutto affidato alle varie crisi regionali.

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FERMA CONDANNA, TRA GLI ALTRI, DELLA FEDERAZIONE ITALIANA MEDICI PEDIATRI

ALLA DECISIONE DELLE AUTORITÀ OLANDESI DI PERMETTERE L’EUTANASIA

 SUI BAMBINI

- Intervista con Pier Luigi Tucci e Manuel Castello -

 

Sgomento nel mondo scientifico per la decisione delle autorità olandesi di autorizzare una clinica universitaria alla pratica dell'eutanasia su bambini con età inferiore a dodici anni se colpiti da “malattie incurabili che provocano sofferenze intollerabili”. Netto il dissenso manifestato della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi. l’Osservatorio sui Diritti dei Minori chiede al Parlamento europeo l’impegno a far recedere l'Olanda dalla decisione presa. Il servizio è di Massimiliano Menichetti.

 

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La morte “non è la panacea per tutti i mali fisici: la scienza è già in grado di evitare la sofferenza”. Così il Movimento italiano genitori entra nel dibattito sull’eutanasia, dopo la decisione della giustizia olandese di permettere l’induzione della morte in casi di bambini al di sotto dei dodici anni colpiti da patologie incurabili. Sulla stessa linea Pier Luigi Tucci presidente della Federazione italiana medici pediatri:

 

R. – Credo che ci siano alcune osservazioni riguardanti, primo, il problema di estendere ad un minore una prassi che è già di per sé discutibile in un adulto. Poi, io mi preoccupo anche dal punto di vista  del pediatra, perché in qualche modo tocca la radice di quello che è l’essenza della professione, lo statuto stesso della pediatria, cioè dell’essere al servizio della vita del nascituro, del neonato e del bambino fino all’età adolescenziale e adulta.

 

D. – Sì, ma spesso chi sostiene l’eutanasia sottolinea che la sofferenza è inaccettabile ...

 

R. – E’ vero che, in aggiunta al problema della sofferenza dell’adulto, la sofferenza del bambino ha dei risvolti ancor più difficili da giustificare. Ciò non toglie che lo scopo del medico è quello di aiutare a lenire queste sofferenze aiutando la famiglia a ritrovare quei valori di fondo dell’esistenza e della vita.

 

Il parlamento olandese é stato il primo al mondo ad approvare la legalizzazione, molto contestata, dell’eutanasia, con una legge promulgata nell’aprile del 2002. Fino ad oggi tutti i malati incurabili a partire dai 12 anni di età potevano ricorrervi, adesso il protocollo d’intesa tra la magistratura e l’università, pur ammantandosi di garanzie mediche, abbatte anche questa soglia. Ascoltiamo al proposito Manuel Castello, Direttore dell’Istituto di Clinica Pediatrica dell’Università “La Sapienza” di Roma e presidente dell’Accademia internazionale di pediatria:

 

R. – Io credo che non si possa disporre della vita. Lo dico da un punto di vista cristiano. Se poi, invece, si parla da un punto di vista scientifico, basta un solo caso in cui si sarebbe potuto pensare che una persona avrebbe potuto morire e invece non è morta... Ci sono casi per i quali noi non avremmo avuto più alcuna speranza, pensavamo che quel bambino sarebbe morto e invece è ancora vivo!

 

D. – Qual è il dovere di un pediatra?

 

R. – Il dovere di un pediatra è assistere amorevolmente tutti i bambini, specialmente quelli che si vede stanno terminando la loro vita. Ma questo non significa che si debba accelerarne la morte.

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IN TEMA DI MIGRAZIONI UN’ANALISI DEL PUNTO DI VISTA DI CHI ABBANDONA UN PAESE: LA TESTIMONIANZA DA HAITI

- Intervista con Richard Gerard -

 

Mentre si parla molto del fenomeno migrazione, in particolare in relazione all’arrivo in Paesi europei, allarghiamo l’orizzonte con un’analisi del punto di vista di chi abbandona un Paese come Haiti. Giovanni Peduto ha intervistato Richard Gerard, un giovane di Haiti. Ha 28 anni, studia a Roma presso l’Istituto teologico scalabrinaino, è prossimo alla licenza in Teologia fondamentale e sarà sacerdote scalabriniano. Ascoltiamo la sua testimonianza sulla situazione ad Haiti oggi.

 

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R. – E’ una situazione molto preoccupante. Abbiamo vissuto ultimamente, all’inizio del 2004, un momento molto brutto. Purtroppo, nonostante che il presidente sia stato eletto democraticamente, il popolo non è rimasto soddisfatto del lavoro fatto. Quindi, la situazione è molto precaria. Stiamo vivendo un periodo di transizione. Abbiamo, infatti, un presidente ed un primo ministro provvisori. Quindi ci troviamo in un processo verso la normalizzazione. Speriamo che, prossimamente, con l’intervento dell’Onu ad Haiti, le cose si aggiustino per il meglio.

 

D. – Ci sono flussi migratori ad Haiti e dove si dirigono?

 

R. – Sì, ci sono e si dirigono soprattutto verso la Repubblica Dominicana e gli Stati Uniti. La gente va lì, perché la Repubblica Dominicana è molto vicina ad Haiti. Si tratta della stessa isola divisa in due parti, che la gente attraversa più facilmente. Si dirigono anche negli Stati Uniti, perché lì c’è lavoro. Quindi, la gente cerca sempre con tutti i mezzi di andare negli Usa per il lavoro. C’è anche il Canada. Ma lì vanno soprattutto gli intellettuali di Haiti.

 

D. – Quindi c’è un impoverimento intellettuale del tuo Paese?

 

R. – Questa è una grande preoccupazione. Non essendoci le strutture ad Haiti, questa gente cerca altrove di sviluppare la sua capacità intellettuale.

 

D. – E’ facile lasciare Haiti e dirigersi altrove?

 

R. – Per alcuni è facile, soprattutto per quelli che hanno i soldi e possono pagarsi il viaggio. Per altri non lo è e cercano di farlo attraverso le navi, per esempio per andare verso gli Stati Uniti. Una volta arrivati lì, però, non vengono accolti da nessuno. Per questo, non è facile per la gente povera andare negli Stati Uniti o nella Repubblica Dominicana.

 

D. – Perché la gente lascia il tuo Paese?

 

R. – Innanzitutto per la povertà. E’ uno dei Paesi più poveri del mondo e in America è il più povero. La gente cerca una vita migliore altrove. Non ci sono poi strutture. Ad esempio per i nostri giovani non c’è possibilità per un futuro migliore. La gente, quindi, per tutti questi motivi cerca altrove una vita migliore.

 

D. – A cosa vorrai dedicarti in particolare una volta diventato sacerdote?

 

R. – Io faccio parte della Congregazione dei missionari di San Carlo, gli scalabriniani, quindi la nostra missione è rivolta agli immigrati. Il mio lavoro sarà rivolto agli immigrati, alla mia gente praticamente, perché faccio parte di questa categoria di gente. Sono contento di dedicarmi definitivamente ai migranti.

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TRA QUALCHE ORA, L’INAUGURAZIONE A VENEZIA

 DELLA 61.MA MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA.

DOPO L’IMMANCABILE PASSERELLA DEI DIVI IL PRIMO FILM PROTAGONISTA

FUORI CONCORSO E’ “THE TERMINAL” DI STEVEN SPIELBERG

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

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Quando, in un aeroporto internazionale, ci si avvicina al fatidico sportello, quello del controllo passaporti, un dubbio ti assale, una crisi d’identità, il sentirsi straniero in terra straniera, in balia del potere, della burocrazia, nell’attesa di un fatidico “welcome”. E’ la sensazione più forte ed autentica che Steven Spielberg, prima di tuffarsi nelle acque dolci della commedia, condensa nelle prime immagini di “The Terminal”, il film prescelto per l’inaugurazione, nel tardo pomeriggio di oggi, di questa 61.ma Mostra Internazionale d’arte cinematografica.

 

La si comprende bene, questa sensazione, in tempi di terrorismo e di diffidenza, soprattutto in un paese, l’America, che si sente assediato. Fa capolino, dunque, ancora una volta, il dramma contemporaneo del ‘dopo-torri’, mentre si immagina che Tom Hanks, straordinario Viktor Navorski che parla una lingua sconosciuta e si muove alla Jacques Tati, arrivi da un immaginario paese dell’Est europeo a New York (per motivi che saranno svelati alla fine, e sono commoventi) e rimanga bloccato nell’area internazionale. La sua nazione, infatti, a causa di un sanguinario golpe, è sparita dalla cartina geografica, con abolizione delle relazioni diplomatiche e dei collegamenti. Fondato su un vero caso accaduto anni fa ad un iraniano bloccato al Charles De Gaulle di Parigi per anni, lo ‘straniero’ sperimenta la necessità della sopravvivenza non più su di un’isola deserta (come accadeva a Hanks in “Cast Away”) ma nel crogiuolo di razze e culture del “terminal”.

 

Ci sono istanti di piacevole tenerezza ed altri di drammatica denuncia, quando Viktor deve fronteggiare l’ottusità del sistema, quando l’uomo sembra  fatto per le leggi, e non viceversa. Fa piacere che la solidarietà si metta in moto, oltrepassando barriere altrimenti oggi invalicabili, per sopperire le primarie esigenze di un innocente stritolato da un sistema assurdo. E soprattutto che questo messaggio arrivi da un Paese che parrebbe aver imboccato vie più belligeranti. Nel frattempo nascono un’impossibile storia d’amore con la hostess Catherine Zeta-Jones ed altrettante impossibili storie che la fantasia di Spielberg partorisce assecondando il suo lato più fantasy.

 

Tributo all’Italia, invece, per la prima opera della rinata ‘sezione mezzanotte’: si tratta di un film giovane, crudo e ben diretto da Eugenio Cappuccio, tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Lolli, “Volevo soltanto dormirle addosso”. Nella Milano degli affari, abulica, spietata e distratta, il rampante Marco Pressi (l’attore Giorgio Pasotti, approdato giustamente al cinema dopo un buon lancio televisivo) assume l’incarico spiacevole e crudele di un “eliminatore”: sfrondare di 25 “unità” la multinazionale alla quale dedica, praticamente, la vita. Per scoprire, alla fine, che la vita è assai più importante della multinazionale.

 

Infine, in “Throw down” di Johnnie To, judo, scommesse clandestine e alcool in Cina, nel surreale di un film cantonese fuori concorso che tenta di portare il manga animato nella realtà.

 

Da Venezia, Luca Pellegrini, per Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

1 settembre 2004

 

 

LA CHIESA CATTOLICA INDIANA IN LUTTO PER L’ASSASSINIO

DI PADRE JOB, SACERDOTE DELLO STATO DEL KERALA. PER LA POLIZIA,

SI E’ TRATTATO DI UN’ESECUZIONE IN PIENA REGOLA.

AI FUNERALI, LA COMMOZIONE DEI FEDELI

 

NEW DELHI.= La comunità cattolica del Kerala, Stato dell’India sudoccidentale, è sotto shock per il brutale assassinio di padre Job Chittilappilly, 71 anni, ucciso la mattina del 28 agosto nella sua residenza della parrocchia di Nostra Signora delle Grazie, nella città di Thuruthiparambu. Secondo le prime indagini compiute dalla polizia – riferisce l’agenzia Fides - padre Job è stato trovato morto alle prime ore del mattino, ucciso da diverse ferite da taglio. Il movente del delitto resta ancora incerto ma, secondo gli inquirenti, la dinamica dell’assassinio fa pensare a un’esecuzione in piena regola. Nulla è stato toccato o prelevato dalla casa del sacerdote, che per 45 anni ha svolto servizio pastorale nella comunità cattolica di rito siro-malabarese, fortemente radicata in Kerala. Mons. James Pazhayattil, vescovo di Irinjalakuda, ha spiegato all’agenzia Fides: “Padre Job stava recitando il Rosario, prima della Santa Messa che avrebbe dovuto celebrare alle 6,30, quando è stato aggredito e ucciso a coltellate. La nostra comunità diocesana è profondamente scossa da questo evento. Non sappiamo chi possa averlo ucciso”.
Secondo fonti della Chiesa locale, il sacerdote aveva ricevuto tempo fa alcune telefonate intimidatorie che lo minacciavano di morte se egli non avesse smesso quella che definiamo l’attività di proselitismo. Il sacerdote usava visitare anche famiglie Indù, dalle quali era accolto volentieri. Padre Job è stato sepolto presso la Chiesa di Sant’Antonio a Moorkanadu, sua parrocchia di nascita. Al rito delle esequie, celebrate da mons. James Pazhayattil, hanno partecipato numerosi sacerdoti, religiosi e fedeli, alla presenza di personalità civili e politiche. L’episodio è l’ultimo di una catena di aggressioni contro persone e luoghi cristiani, denunciate di recente dai vescovi indiani. (A.G.)

 

 

DOMANI, CENTO METRI PER LA PACE A LORETO: L’EVENTO E’ PROMOSSO DALL’AZIONE CATTOLICA IN OCCASIONE DEL PELLEGRINAGGIO DEL PAPA AL SANTUARIO MARIANO.

AL MOMENTO SPORTIVO SI LEGANO MOMENTI DI PREGHIERA E UNA RACCOLTA

FONDI PER LE POPOLAZIONI DELL’IRAQ E DELLA PALESTINA

 

LORETO.= In perfetta sintonia con lo spirito delle Olimpiadi appena concluse, un nuovo evento sportivo per promuovere la pace. 4.500 sono i chilometri che uniscono Loreto, Betlemme e Baghdad. Domani, 45.000 persone percorreranno 100 metri ognuna fino a raggiungere insieme simbolicamente questi 4.500 chilometri. I partecipanti correranno questa distanza presso il Santuario mariano di Loreto per lanciare al mondo un messaggio di pace, unendo idealmente queste tre città attraverso una staffetta. Si tratta di una delle attività che fanno parte del programma del pellegrinaggio di Azione Cattolica che culminerà con la presenza di Giovanni Paolo II il 5 settembre a Loreto. “L’idea è quella di portare un intenso messaggio di pace al mondo intero”, hanno affermato in un comunicato gli organizzatori. La staffetta verrà corsa su una pista a quattro corsie preparata nella piazza antistante il Santuario di Loreto. Per 60 ore si alterneranno nella staffetta giovani, adulti, disabili, sportivi, personaggi del mondo della musica, della politica e rappresentanti ecclesiali, compresi diversi vescovi. L’iniziativa, che prevede momenti di preghiera e contemplazione, ha il patrocinio dell’Ufficio Nazionale della Cei per la Pastorale del Tempo Libero, del Turismo e dello Sport, e del Centro Sportivo Italiano. I “100 metri per la pace” prevedono momenti di preghiera giornalieri, come la preghiera mariana “Akathistos” di rito orientale, suppliche e adorazione eucaristica dalle 3.00 alle 5.00 di mattina. La corsa comincerà giovedì e terminerà domenica. Verrà anche organizzata una raccolta di fondi per due iniziative di pace: un progetto sportivo ad Ain Arik in Palestina e “Una casa per l’Iraq”, come segno di solidarietà verso questo Paese. (A.G.)

 

 

PORTARE LA PAROLA DI DIO NELLE CARCERI DI MASSIMA SICUREZZA KENYANE:

E’ LA TOCCANTE INIZIATIVA DELLE FIGLIE DI SAN PAOLO DI NAIROBI,

CHE HANNO INCONTRATO CENTINAIA DI DETENUTI

 

NAIROBI.= Le Figlie di San Paolo di Nairobi sono riuscite ad entrare nel carcere di massima sicurezza “Kamiti” per far arrivare a 4000 prigionieri la Parola di Dio. Accordatesi con il cappellano – riferisce l’agenzia Fides - le suore hanno attraversato i vari cancelli di sicurezza insieme al nunzio apostolico, mons. Giovanni Tonucci. I carcerati, preparati precedentemente dai catechisti e dal cappellano, hanno fatto ala al loro passaggio accogliendo festosamente la visita con canti e danze. Il nunzio ha potuto celebrare l’Eucaristia animata dagli stessi detenuti. Nel grande cortile dove erano raccolti, i carcerati hanno potuto anche rivolgere alcune domande: molte sono state le richieste di spiegazioni, tutte appropriate e motivate, cui il nunzio ha cercato di rispondere. Tra le richieste espresse anche quella dell’abolizione della pena di morte e quella di avere giornali e riviste per sapere cosa succede nel mondo. A tutti è stata rivolta una parola di fede e molti hanno espresso la loro riconoscenza per questa visita inaspettata. Le suore hanno distribuito Bibbie in inglese e swahili e a tutti, prigionieri e guardie carcerarie, è stato consegnato un libretto con alcune riflessioni spirituali. (A.G.)

 

 

CONTRO LA PIAGA DELLE LOCUSTE, I PAESI DELL’AFRICA OCCIDENTALE

MOBILITANO L’ESERCITO. SECONDO LA FAO, NELLA SOLA MAURITANIA, GLI SCIAMI

DI INSETTI HANNO DISTRUTTO OLTRE UN MILIONE DI ETTARI DI TERRA ARABILE

 

DAKAR.= I Paesi dell'Africa occidentale hanno deciso di utilizzare l'esercito per fronteggiare la peggiore invasione di locuste degli ultimi 15 anni. La decisione è stata presa ieri dai rappresentanti di una dozzina di Paesi della regione che, riuniti a Dakar, si sono accordati sulla creazione di quattro-cinque basi operative militari (Senegal, Mali, Mauritania e Niger) incaricate di gestire l'emergenza e combattere gli sciami dei voraci insetti. Il presidente senegalese, Abdoulaye Wade, ha sottolineato la necessità di mobilitare l'esercito. “Questa è una vera guerra" ha ribadito più volte - per coordinare e condurre operazioni di fumigazione nelle aree a rischio. Il Paese maggiormente colpito dall'invasione di locuste, secondo l'ultimo rapporto della Fao, resta la Mauritania, dove gli sciami hanno distrutto oltre un milione di ettari di terra arabile. Gli esperti concordano nel sostenere che l'eccezionale invasione di quest'anno stia minacciando seriamente le attività agricole di molti Paesi africani, anche perché coincide con la stagione della semina. (A.G.)

 

 

IN BRASILE SGOMINATA BANDA DEDITA AL TRAFFICO DI SCHIAVE: DECINE

DI RAGAZZE VENIVANO INVIATE IN SPAGNA E COSTRETTE A PROSTITUIRSI

 

BRASILIA.= La polizia brasiliana ha sgominato in questi giorni una banda internazionale di traffico di donne, che aveva inviato almeno 56 brasiliane in Spagna negli ultimi cinque mesi. Una decina di persone sono state arrestate nell'ambito dell'operazione “Andaluz” a Rio de Janeiro e in altri due Stati brasiliani. La polizia ha inoltre liberato 7 donne in stato di schiavitù, che la banda intendeva imbarcare per la Spagna nei prossimi giorni. Adesso l’Interpol e le autorità spagnole cercheranno di rintracciare le malcapitate, che si trovano già in Europa e che, secondo le prime confessioni degli arrestati, sono ridotte in stato di schiavitù e costrette ad esercitare la prostituzione in alcune città spagnole. Uno degli arrestati ha ammesso che riceveva 200 euro per ogni ragazza che inviava in Spagna. Gli inquirenti hanno trovato  ricevute per almeno 56 biglietti aerei a nome di donne negli ultimi cinque mesi. (A.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 settembre 2004

 

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

La Russia nel mirino dei terroristi. Un commando kamikaze ha assaltato questa mattina una scuola nella regione autonoma caucasica dell’Ossezia del Nord, prendendo in ostaggio centinaia di persone tra studenti, insegnanti e genitori. I terroristi minacciano di far esplodere l’edificio, se le forze federali non si ritireranno dalla Cecenia e se non verranno liberati guerriglieri islamico-separatisti arrestati nel giugno scorso, e minacciano di uccidere 50 bambini per ogni guerrigliero che venisse ucciso dalle forze speciali che circondano l’istituto; 20 bambini per ogni guerrigliero  ferito. Il comandante dei ribelli separatisti ceceni, Aslan Mashkadov, ha subito preso le distanze dall’assalto alla scuola di Beslan, mentre secondo l’agenzia Intar-Tass, 15 degli scolari sono stati rimessi in libertà. Ma le notizie sono confuse e non è stato chiarito se facciano parte dei 50 ragazzi riusciti a scappare nel corso della mattinata. L’azione segue di poche ore l’ennesimo attentato, compiuto ieri sera da una donna kamikaze nel centro di Mosca, vicino alla stazione Rizhskaia, che ha provocato 11 morti e 51 feriti. Ed arriva ad una settimana dalla doppia esplosione in volo simultanea dei 2 Tupolev, costata la vita a 89 persone, causata anch’essa da donne suicide. Il servizio di Giuseppe d’Amato:

 

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Nell’assalto, tre persone sono state uccise e 11 ferite. All’interno della scuola sono tenuti in ostaggio in 400. In Russia, il primo giorno di scuola, il 1° settembre, è sempre una festa, con alunni, insegnanti e genitori tutti insieme. Una cinquantina di ragazzi sono riusciti a fuggire, mentre numerosi alunni sono legati alle finestre e tenuti come scudi umani per evitare un blitz. Alcuni studenti riescono a comunicare con l’esterno, grazie ai cellulari. Il gruppo, composto, secondo alcune fonti, da 17 terroristi, tutti vestiti di nero, con le donne con i fianchi cinti da una cintura esplosiva, è arrivato alla scuola a bordo di un camion rubato alla polizia. Le trattative sarebbero già incominciate. I terroristi richiedono la mediazione dei presidenti assetino, Dzasochov, ed in guscio, Ziazikov. Il ministro della difesa Igor Ivanov ha detto che il terrorismo internazionale ha dichiarato guerra alla Russia.

 

Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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In Iraq il capitolo dei sequestri continua ad essere denso di sviluppi: l’emittente ‘Al Arabiya’ ha annunciato la liberazione di sette ostaggi, tre kenyani, tre indiani e un egiziano, da parte della guerriglia irachena. La televisione turca ‘Ntv’ ha riferito, inoltre, che è stato rilasciato un camionista turco recentemente sequestrato da un gruppo di guerriglieri. Ma oltre a queste buone notizie si devono registrare, purtroppo, anche nuovi rapimenti. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Un uomo di affari iracheno, provvisto di passaporto italiano, è stato rapito ieri pomeriggio a Baghdad. Il governo di Amman ha dichiarato, inoltre, che è stato sequestrato un cittadino giordano precisando che i guerriglieri hanno richiesto un riscatto per la sua liberazione. E dopo l’annuncio di un imminente rilascio dato dai media arabi continua l’angoscia per i due giornalisti francesi tenuti in ostaggio dai miliziani del sedicente ‘Esercito islamico’. L’ultimatum dei ribelli è stato prorogato di altre 24 ore e scade questa sera. La Francia si è stretta intorno alle famiglie dei due sequestrati, ribadendo fermamente il rifiuto del ricatto dei terroristi. I rapitori chiedono l’abrogazione della legge che proibisce l’ostentazione nelle scuole pubbliche di simboli religiosi, tra i quali il velo islamico. Per invocare il rilascio dei reporter si sono svolte ieri, in tutto il Paese, diverse manifestazioni. Nella moschea di Parigi la comunità musulmana della capitale ha partecipato ad una preghiera collettiva alla quale si sono uniti anche il sindaco ed il ministro dell’Interno. Sul terreno, intanto, un cittadino iracheno è morto e dodici persone sono rimaste ferite per un attacco contro la sede del governatore della provincia di Ninive. L’ex esponente del governo provvisorio, Ahmed Chalabi, è inoltre uscito incolume da un agguato teso da un gruppo di combattenti al suo convoglio diretto a Baghdad. E forti esplosioni sono risuonate nel centro della capitale dove stamani si è riunita la nuova Assemblea nazionale provvisoria per la seduta inaugurale ed il giuramento dei 100 deputati. Il Parlamento, che affiancherà il governo del premier Iyad Allawi, sarà chiamato a votare il bilancio dello Stato, a monitorare l’applicazione delle leggi da parte dell’esecutivo e a sostenere il processo elettorale. Poco prima della cerimonia di insediamento, colpi di mortaio sono stati sparati contro la ‘Zona Verde’, il quartiere fortificato dove hanno sede, oltre agli edifici governativi, anche le ambasciate.

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Il massacro dei 12 ostaggi in Iraq ha provocato questa mattina una grande protesta in Nepal. Una folla immensa si è riversata nelle strade della capitale Katmandu, incendiando la moschea. Per placare i disordini, il governo ha decretato il coprifuoco a tempo indeterminato. Il servizio di Silvia Del Conte:

 

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Oggi a Katmandu le agenzie di collocamento sono state saccheggiate e bruciate, accusate di aver inviato in Iraq i 12 nepalesi sequestrati e poi uccisi e di inviare forza lavoro illegale per lavori all’estero. Una persona è morta mentre cercava di entrare in uno di questi uffici: un cavo della corrente le è caduto addosso. I manifestanti hanno anche assaltato e saccheggiato la moschea più grande della capitale, a poche centinaia di metri dal cuore turistico di Katmandu e dal Palazzo reale. La polizia e l’esercito erano in tenuta anti-sommossa e più volte sono intervenuti con lacrimogeni, caricando la folla con manganelli. Dalle due del pomeriggio di oggi, abbiamo il coprifuoco. Le persone sono tutte chiuse in casa e il governo sta aspettando che la situazione si calmi. Oggi è stata attaccata anche la sede del “Kantipur Pubblication”, uno dei giornali in prima linea per la democrazia.

 

Da Katmandu, in Nepal, per la Radio Vaticana, Silva Del Conte.

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Una forte esplosione è stata sentita oggi a Islamabad, capitale del Pakistan, e nella vicina città di Rawalpindi. Al momento, tuttavia, non si hanno ancora notizie sulle cause della deflagrazione, che non sembra aver causato vittime. E’ finito in manette, intanto, un importante responsabile egiziano della rete terroristica Al-Qaeda, identificato come Sharif al Misri. Lo ha reso noto il ministro dell’Informazione ad interim, Sheikh Rashid.

 

Il giorno dopo i due attentati di Beer Sheva, dove due kamikaze di Hamas hanno ucciso 16 civili a bordo di due autobus, Israele torna ad insistere sulla barriera di separazione dai Territori. Il muro – ha detto questa mattina il ministro della Difesa, Shaoul Mofaz – deve essere costruito anche in quel tratto, nel minor tempo possibile. Secondo i servizi segreti dello Stato ebraico, l’azione terroristica sarebbe stata concepita in Siria.

 

George Bush e il suo vice Dick Cheney hanno ricevuto dalla Convention di New York l’investitura ufficiale del partito repubblicano alla sfida per la conquista della Casa Bianca, il 2 novembre prossimo. Dopo l’apertura dedicata alla memoria dell’11 settembre, ieri è stato il giorno dell’ex attore Arnold Schwarzenegger e della moglie del presidente Bush, Laura. Ci riferisce Paolo Mastrolilli:

 

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L’ex culturista, oggi governatore della California, ha raccontato come era immigrato dall’Austria per inseguire il “sogno americano” e come è riuscito a realizzarlo. Quindi ha detto che il partito repubblicano è depositario di valori di libertà che consentono questo sogno, invitando tutti gli immigrati a sostenerlo. Secondo Schwarzenegger, però, per continuare a mantenere le sue promesse l’America ha bisogno di rieleggere Bush, perché ha la fermezza necessaria per guidare la guerra al terrorismo e la ripresa economica attraverso le riduzioni fiscali. L’intervento in Iraq, secondo l’ex attore, è stato un capitolo di questa lotta, combattuta per difendere libertà e democrazia e non per imperialismo. Poco dopo è salita sul palco Laura Bush, introdotta dalle figlie Gene e Barbara e presentata dal marito in collegamento televisivo. La first lady aveva il compito di mostrare il lato umano del presidente e ha sottolineato la fermezza del suo carattere. Nello stesso tempo, però, ha cercato di allargare lo scopo politico del suo intervento raccontando come ha vissuto in prima persona il processo che ha portato alla guerra in Iraq. Laura Bush ha concluso che il marito non voleva il conflitto, ma è stato obbligato ad ordinarlo per difendere il Paese.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Ancora difficile la situazione in Sudan. Tre rappresentanti del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite e tre del comitato sudanese della Mezzaluna Rossa nelle mani del Movimento di liberazione del Sudan, sono stati rilasciati questa mattina nella regione occidentale del Darfur. Del gruppo si erano perse le tracce sabato scorso, a una trentina di chilometri da El Facher. E mentre il governo di Khartoum ha criticato l’ultimatum lanciato dalle Nazioni Unite per garantire la sicurezza degli sfollati e la libera circolazione degli aiuti umanitari, non si hanno ancora notizie degli altri 22 operatori rapiti ieri. Giulio Albanese:

 

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Il sequestro sarebbe stato compiuto da ribelli del Movimento Giustizia ed Eguaglianza (GEM), uno dei due che si oppongono al governo di Khartoum negli scontri in corso nel Darfur dal febbraio del 2003. Ma da Abuja, in Nigeria, dove sono in corso trattative tra il governo di Khartoum ed i ribelli, fonti del GEM hanno negato la partecipazione all’azione di sequestro. La sensazione, a detta degli osservatori, è che manchi la volontà politica di risolvere la questione del Darfur, nonostante la forte pressione internazionale, non solo da parte di Khartoum ma anche da parte dei ribelli, che non sembrano dare molto credito alla mediazione dell’Unione Africana in corso di svolgimento nella capitale nigeriana. Le condizioni di vita, intanto, per oltre un milione e 200 mila profughi nel Darfur, si sono aggravate a causa delle violenze, delle epidemie e delle forti piogge: è quanto ha denunciato ieri un nuovo rapporto dell’ONU, dal quale emergono alcuni dati inquietanti. Sono oltre 50 mila le persone morte dall’inizio del conflitto e più di un milione quelle che sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni per la paura di attacchi da parte delle milizie arabe janjaweed, accusate di pulizia etnica e di massacri della popolazione civile.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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E’ stato sospeso ‘sine die’ il processo ai 19 presunti cospiratori di un golpe nella Guinea Equatoriale, arrestati nel marzo scorso. Il giudice ha deciso di prolungare le indagini dopo l’arresto di Mark Thatcher, figlio dell’ex premier britannico Margaret Thatcher, in Sudafrica, con l’accusa di aver finanziato il complotto per rovesciare il regime di Malabo.

 

Cinque morti e 142 feriti: è il bilancio di un’esplosione verificatasi in un impianto di etilene nella cittadina sudafricana di Secunda, a est di Johannesburg. Lo ha riferito il portavoce della Sasol, la società sudafricana per i minerali e gli idrocarburi.

 

L’ex ministro dell’Interno macedone, Ljube Boskovski, è stato arrestato in Croazia sulla base di un ordine di cattura emesso dalla procura generale di Skopje. Lo ha reso noto ieri la radio di Stato macedone. Boskovski è accusato di avere ordinato nell’estate 2002 il sequestro e l’uccisione di sette clandestini pachistani, presentati all’opinione pubblica come terroristi islamici. Secondo le autorità macedoni, invece, l’uccisione sarebbe stata ordinata come semplice atto di propaganda per dimostrare alle  autorità americane l’impegno di Boskovski nella lotta al terrorismo internazionale.

 

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