RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
305 - Testo della trasmissione di domenica
31 ottobre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Venerdì scorso a Najaf, l’incontro tra una delegazione della Chiesa
caldea e l’ayatollah al Sistani
Topolino & Co. sbarcano a Hong Kong
Nuovi raid aerei
americani su Falluja. Confermata da Tokyo la morte del giovane Koda
Usa: dopo il messaggio
di Bin Laden, Bush e Kerry, ancora più concentrati sul terrorismo
internazionale
Italia verso il rimpasto
di Governo
31
ottobre 2004
I CRISTIANI CONTINUINO A PORTARE NELLE ISTITUZIONI
EUROPEE
I FERMENTI EVANGELICI. TENER CONTO DELLE RADICI
CRISTIANE SIGNIFICA
AVVALERSI DI UN PATRIMONIO SPIRITUALE
FONDAMENTALE:
IL PAPA ALL’ANGELUS RICORDA LA FIRMA DEL TRATTATO COSTITUZIONALE
COME “UN MOMENTO ALTAMENTE SIGNIFICATIVO”.
“ALLA NUOVA EUROPA – DICE – CONTINUIAMO A GUARDARE
CON FIDUCIA”
-
Servizio di Fausta Speranza -
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Un momento altamente
significativo di un cammino che sarà ancora lungo e che appare sempre più
impegnativo: con queste parole il Papa fotografa i cambiamenti in atto in Europa.
Parla dell’Unione Europea che nasce con il Trattato costituzionale, firmato –
dice – “qui a Roma in Campidoglio”, venerdì scorso. Spiega che si tratta della
“costruzione della nuova Europa alla quale – conferma – continuiamo a guardare
con fiducia”.
“La Santa Sede – ricorda
Giovanni Paolo II – è sempre stata favorevole alla promozione di un’Europa
unita sulla base di quei comuni valori che fanno parte della sua storia”. Per
poi spiegare che cosa significa non dimenticare le radici cristiane:
“Tener conto delle radici
cristiane del Continente significa avvalersi di un patrimonio spirituale che
rimane fondamentale per i futuri sviluppi dell’Unione.”
Da tutto ciò nasce l’auspicio
espresso da Giovanni Paolo II in questo Angelus all’indomani della cerimonia
con la quale i capi di Stato e di governo dei 25 Paesi membri dell’Unione, con
al fianco i rappresentanti dei Paesi sulla via dell’integrazione, e cioè
Romania, Bulgaria e Croazia, hanno firmato la Carta che dovrebbe dare spessore
politico a un’entità europea che finora ha parlato soprattutto il linguaggio
dell’economia. E l’auspicio del Papa è che “anche negli anni a venire, i
cristiani continuino a portare in tutti gli ambiti delle istituzioni europee
quei fermenti evangelici che sono garanzia di pace e di collaborazione tra
tutti i cittadini nell’impegno condiviso di servire il bene comune.”
Il consueto appello domenicale a
Maria si avvale oggi dell’appellativo di Regina dell'Europa. A Lei Giovanni
Paolo II affida nella preghiera tutti i popoli del Continente.
Dopo la recita della preghiera
mariana, il saluto alle autorità e ai bambini partecipanti alla ideale
“Staffetta del Cuore” con la corsa podistica “Peoples Run”, in partenza
a Tirana, in Albania, con l’augurio di un pieno successo per l’iniziativa,
intitolata alla memoria della beata Teresa di Calcutta, e tesa a promuovere la
donazione del sangue.
Nell’ambito della manifestazione podistica ‘Peoples Run’,
giunta alla seconda edizione e promossa dall’associazione sportiva ‘Maratona
dei popoli’, è stata anche organizzata una raccolta di fondi sponsorizzata dal
segretariato sociale della Rai e destinata all’emergenza sangue in Albania e
nei Paesi in via di sviluppo. Durante l’Angelus, erano presenti in Piazza San Pietro
i bambini più piccoli della corsa ‘Blood Runner’: le ‘Goccioline’,
impegnate nel promuovere la raccolta del sangue. La partenza, a Tirana e a
Roma, delle due manifestazioni podistiche è avvenuta in concomitanza con la
benedizione del Papa.
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SUL TRATTATO COSTITUZIONALE E SULLA NUOVA STAGIONE
DELLA STORIA EUROPEA,
L’INTERVISTA CON MONS. GIOVANNI LAJOLO,
SEGRETARIO VATICANO PER I RAPPORTI CON GLI
STATI
Con il
Trattato Costituzionale, che in ogni caso aspetta ora la ratifica da parte di
ogni Paese, l’Unione europea entra in una nuova stagione. Per una valutazione
al proposito, il nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi, ha
parlato con mons. Giovanni Lajolo, Segretario vaticano per i Rapporti con gli
Stati:
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R. – Indubbiamente si è compiuto
un passo di rilevanza storica. Lo scenario romano lo ha ben sottolineato.
L’Unione Europea abbraccia ora 25 Stati, con un totale di oltre 450 milioni di
abitanti, e si aprirà ad altri Paesi ancora. Questo movimento verso una più
grande unità nella pace ed una più intensa compartecipazione democratica in
campi di comune interesse, da parte di popoli con forti connotazioni nazionali,
non può che essere salutato con favore.
D. – Il Papa ha accolto con
rammarico il mancato riconoscimento delle radici cristiane nel testo del
Trattato. Secondo lei, è in atto un progressivo distacco dei popoli europei da
quei valori cristiani che hanno plasmato la storia e la cultura del Vecchio
Continente?
R. – Noi da oggi assistiamo, o
meglio, siamo immersi in una mutazione culturale di carattere epocale, per
quanto concerne la presenza dei valori cristiani nella società. Da una parte,
c’è come uno sfaldamento nell’adesione di vasti strati sociali ai valori
cristiani, anzi, a valori umani naturali tradizionali, sfaldamento favorito da
complessi fattori; dall’altra, v’è un impegno assai più consapevole e più
generoso che in passato, da parte di molti laici che si identificano con la
Chiesa, impegnandosi attivamente anche in campo sociale, nello spirito del
Vaticano II. Io non dubito affatto che nel “Vecchio Continente” la Chiesa sia
destinata a restare una forza sempre giovane e vivace, ed anche dotata di forte
impatto nella società, non esclusa l’arena politica. Mi piace ripeterlo: la
Chiesa è la “città posta sul monte”. Del resto, per rimanere nel linguaggio
evangelico, la parabola del seminatore e del seme che cade su diverso terreno è
sempre attuale, e il terreno buono non manca!
D. – Uno dei temi maggiormente
dibattuti a livello politico nel Vecchio Continente è l’adesione della Turchia
all’Unione Europea. Qual è la posizione della Santa Sede?
R. – Non mi è noto che la Santa
Sede abbia espresso in materia una posizione ufficiale. Essa è peraltro
interessata a che la Turchia dia garanzie reali di tutela della libertà di religione,
senza alcuna discriminazione, a tutti i livelli: cioè non solo nelle leggi
scritte, ma anche nella vita vissuta. Vi sono poi altri aspetti di grande
rilevanza storica, di diverso segno, circa i quali i politici, europei e
turchi, dovranno ben riflettere prima di prendere l’ultima decisione.
D. – Il Papa ha più volte messo l’accento sulla rilevanza
dell’ONU e del diritto internazionale, quali strumenti per costruire la pace
globale. Come può l’Unione Europea contribuire a rispondere a questa sfida
lanciata dal Pontefice?
R. – Nella guerra dell’Iraq,
l’Europa non ha potuto contribuire a preservare la pace, perché mancava di
unità e, quindi, di peso politico. Ciò non solo nei confronti del presidente
Bush, ma ancor più di Saddam Hussein. Del resto, la pace non la si conserva e
promuove solo con strumenti giuridici, per quanto essenziali ed inderogabili,
ma non meno mediante strumenti di collaborazione politica, economica e
culturale. Né dovrebbe dimenticarsi quanto proprio l’ispirazione cristiana
possa contribuire ad essere attivi ed inventivi nel favorire la concordia fra i
popoli e la pace. Spetterà ai politici cristiani d’intraprendere iniziative
politiche concrete, con grande attenzione allo scenario internazionale, anzi
con preveggenza sulle tendenze e sugli sviluppi in atto, coinvolgendo anche
forze di matrice ideologica diversa, ma non contraria.
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RICORRE OGGI IL V
ANNIVERSARIO DELL’ACCORDO LUTERANO CATTOLICO
SULLA
DOTTRINA DELLA GIUSTIFICAZIONE
- Intervista con il reverendo Matthias Türk -
Ricorre oggi il V anniversario della firma, ad Augusta, in Germania,
della Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica e la Federazione luterana
mondiale sulla Dottrina della giustificazione, da parte del cardinale Edward
Cassidy, presidente allora del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani,
e del presidente della Federazione luterana mondiale, sempre di allora, il
vescovo Christian Kraus, insieme con altri responsabili delle due confessioni
cristiane. Giovanni Peduto ha intervistato l’esperto per il settore del dialogo
con i luterani nel Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei
cristiani, il reverendo Matthias Türk:
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R. – Il nostro Santo Padre, Giovanni Paolo II, ha
indicato questa Dichiarazione come una pietra miliare per i nostri contatti con
le Chiese e le comunità ecclesiali luterane. Abbiamo potuto fare un passo
importante nel nostro cammino insieme, anche se non siamo arrivati allo scopo
finale.
D. – Vogliamo ricordare quel è il
contenuto saliente di questa Dichiarazione congiunta?
R. – Il contenuto riguarda la
domanda, importante per Martin Lutero, di come il Signore Gesù Cristo ci salva
come esseri umani e di come saremo ‘giustificati’ di fronte a Dio. La
‘giustificazione’ è una parola che sta ad indicare la salvezza dell’uomo
operata da Dio. Questa domanda di base, per quanto riguarda il rapporto fra Dio
e l’uomo, sta all’inizio del messaggio della Buona Novella di Cristo. Su questa
domanda di base siamo stati d’accordo sui contenuti e ciò vuol dire che di
fronte a questa domanda, su come il buon Dio salva l’uomo, non siamo divisi.
D. – Quindi, possiamo dire che
non esista più contrasto sul motivo principale che portò concretamente alla
Riforma protestante…
R. – Abbiamo potuto chiarificare
il contenuto. Adesso rimangono da discutere i passi concreti. Il Signore ha
fondato la sua Chiesa come strumento di grazia. E su questa nozione della
Chiesa, ossia cosa sia la Chiesa, siamo ancora divisi. Il lavoro futuro
dovrebbe concentrarsi su cosa sia la Chiesa, quali siano i sacramenti, i
ministeri della Chiesa ed il magistero ecclesiale.
D. – In questi cinque anni, a
partire cioè dalla firma di quella Dichiarazione, quali passi sono stati fatti
nel dialogo tra cattolici e luterani?
R. – Sono stati fatti passi
importanti. Prima c’è stata la normalizzazione dei rapporti, che in principio
erano ostili. Ci sono stati gravi problemi di convivenza fra le parrocchie, soprattutto
in Germania, dove per il 50 per cento sono luterani, e ciò vuol dire protestanti,
ed il 50 per cento cattolici. Una situazione, quindi, speciale nel mondo.
Questo rapporto, comunque, è stato migliorato. C’è stata una collaborazione fra
protestanti e cattolici in vari campi della vita quotidiana: nel settore
sociale, nelle cose riguardanti la politica, nelle iniziative comuni. Questa,
dunque, è una normalizzazione.
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31 ottobre 2004
“OCCHI APERTI, CUORE SENSIBILE
E MANO PRONTA”:
I CRITERI INDICATI A NOME DEL
PAPA DAL CARDINALE SODANO
NEL PRIMO CONGRESSO MONDIALE
DEGLI ORGANISMI ECCLESIALI
OPERANTI PER LA GIUSTIZIA E LA
PACE, CONCLUSOSI STAMANI A ROMA
- Intervista con suor Marie-Bernard Alima -
“Occhi
aperti, cuore sensibile e mano pronta”. Questi, i criteri indicati a nome del
Papa dal segretario di Stato, il cardinale Angelo Sodano. L’occasione, il primo
Congresso mondiale degli Organismi ecclesiali operanti per la Giustizia e la
Pace, conclusosi stamani a Roma. Al centro dell’iniziativa del Pontificio
Consiglio Justitia et Pax, la questione del Congo, a due anni dalla fine
di una lunga e sanguinosa guerra civile. Presente, infatti, anche il ministro
per i Diritti Umani della Repubblica Democratica del Congo, Marie-Madeleine
Kalala, che ha richiamato l’attenzione sul difficile processo di
normalizzazione e di pacificazione del Paese, in attesa delle elezioni del
giugno 2005. Al microfono di Roberta Moretti, ascoltiamo suor Marie-Bernard
Alima, segretaria delle Commissioni Giustizia e Pace del Congo-Kinshasa e della
Regione dei Grandi Laghi:
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R. – A livello internazionale,
quello che incoraggia è il sostegno che il Paese riceve dall’Unione Europea nel
preparare le elezioni. Lo scopo della transizione, prima di tutto, prevede la
riconciliazione del popolo, il consolidamento di uno Stato di diritto e la
lotta contro una “balcanizzazione” del Congo. Quindi, sostenere la transizione
significa darci la possibilità di andare alle elezioni e di avere istituzioni
abbastanza stabili. Anche la Banca Mondiale cerca di tagliare i debiti. Altri
aiuti riguardano la smobilitazione dei bambini-soldato: questi sono segni di
speranza. Però, ci vuole maggiore collaborazione da parte di altri Paesi più
forti, per vedere almeno come ricominciare a ricreare un popolo, umanizzare
questa regione.
D. – Cosa sta facendo la Chiesa
nel territorio?
R. – A luglio scorso, per la
prima volta i vescovi hanno creato una Commissione per la giustizia e la pace
dei Grandi Laghi che riunisce Rwanda, Burundi e Repubblica del Congo. In questa
sede cerchiamo di definire una visione comune della pace nella regione. Nel
Congo, la Conferenza episcopale ha elaborato un programma di educazione civica
elettorale che ora sta portando alle comunità. Questa è una novità: una Chiesa
che elabora dei moduli, che forma più di 50 mila formatori che possano
preparare il popolo a queste elezioni politiche. Accanto a questa, vi sono
altre attività, soprattutto con le donne. Proprio loro che che sono vittime solo perché sono donne, si
impegnano oggi con altri gruppi di donne nella preparazione a queste elezioni
politiche. La Chiesa, come tale, non agisce da sola: agisce con le altre
confessioni religiose, in modo ecumenico e interconfessionale.
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DAL 15 OTTOBRE A
GROTTAFERRATA, NEI PRESSI DI ROMA,
È IN SVOLGIMENTO IL SINODO INTEREPARCHIALE
DELLE CIRCOSCRIZIONI ECCLESIASTICHE CATTOLICHE BIZANTINE
IN ITALIA.
TERMINERÀ I LAVORI TRA TRE MESI, IL 14 GENNAIO
2005
- Intervista con il professor Domenico Morelli -
Dal 15 ottobre a Grottaferrata, nei pressi di Roma, è in svolgimento il
sinodo intereparchiale delle circoscrizioni ecclesiastiche cattoliche bizantine
in Italia. Si tratta del sinodo delle eparchie italo-albanesi (arbereshe), di
Lungo, in Calabria; di Piana degli Albanesi, in Sicilia, e del monastero
ezarchiale di Santa Maria in Grottaferrata. I credenti delle due eparchie sono
discendenti degli albanesi di tradizione bizantina che immigrarono nel XV
secolo verso l’Italia, per scampare all’occupazione ottomana. Il Monastero di Grattaferrata, invece, ha la sua origine dalla tradizione monastica
degli italo-greci dell’Italia del sud del XI secolo. Il sinodo terminerà fra
tre mesi, il 14 gennaio 2005. Sui lavori e sulla realtà religiosa ed
ecclesiastica degli italo-albanesi (arberesh), dispersi in altre regioni, ci
parla il professor Domenico Morelli, presidente del Comitato nazionale delle
minoranze linguistiche d’Italia, che partecipa al sinodo. L’intervista è di
Katarina Nushi:
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R. – Come sapete, il Sinodo è
soprattutto, per noi, un consiglio di famiglia. Vuol dire che questo Sinodo è
il consiglio di famiglia di tutti gli arberesh. Quando una famiglia, anche
piccola, ha dei problemi, si riunisce, discute e cerca di trovare una soluzione
a questi problemi. Dal lato spirituale, poi, il Sinodo è la visita dello
Spirito Santo. Il Sinodo ha un partecipante nascosto, invisibile: lo Spirito
Santo. I problemi attuali della Chiesa arberesh sono molti e li possiamo
sintetizzare in due che sono i più gravi. Dal punto di vista ecclesiale, i
sacerdoti affermano che progressivamente, quelli che vanno a Messa sono sempre
di meno. Cresce l’individualismo, il relativismo, il materialismo. Dal punto di
vista culturale, poi, si va perdendo giorno per giorno la nostra lingua. Cioè,
il popolo arberesh si uniforma agli altri, con gli italiani e sembra talvolta
che la gente arberesh. non ami più la propria tradizione. Il Sinodo ha questo
scopo: cioè vuole orientare tutta la Chiesa greca in Italia verso un punto, per
lavorare insieme. Il Sinodo intende proprio aiutare gli arberesh a stare
insieme, metterli insieme perché si aiutino l’un l’altro, che collaborino, così
la Chiesa avrà maggiore forza per divulgare il Vangelo e in questo modo
raccogliere la gioventù e creare un futuro migliore.
D. – Non dimentichiamo che
stiamo celebrando l’Anno internazionale dell’Euca-ristia. Qual è la prospettiva
dell’eparchia arberesh nella tradizione bizantina riguardo alla liturgia?
R. – Nella Chiesa
bizantina l’Eucaristia ha un posto centrale perché l’Eucaristia fa la Chiesa,
le dà forma, la fa crescere. Essa raccoglie i cristiani che si comunicano al
corpo di Cristo e in tal modo unisce la comunità. E’ questa la vera comunità
dei cristiani, cioè la Chiesa cristiana che si chiama anche Corpo mistico di
Cristo.
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“PACE IN TEMPI DI GUERRA – CULTURE, RELIGIONI E
DEMOCRAZIA
NEL MEDITERRANEO E IL RUOLO DELL’UNIONE EUROPEA”.
TEMA DEL
CONVEGNO PROMOSSO DALL’ISTITUTO JACQUES MARITAIN
- Intervista con il prof. Papini -
La recrudescenza dei conflitti
nell’area del Mediterraneo ha riproposto con forza all’Europa il tema della
cooperazione euro-mediterranea. Per focalizzare gli elementi alla base del
dialogo interculturale tra le due grandi aree, l’Istituto Internazionale
Jacques Maritain e il Lions Club Senigallia hanno promosso nella cittadina
marchigiana, l’incontro dal titolo: “La pace in tempi di guerra – Culture,
religioni e democrazia nel Mediterraneo: il ruolo dell’Unione Europea”.
L’incontro cominciato venerdì scorso si conclude oggi. Nell’intervista di
Roberta Moretti, ascoltiamo il prof. Roberto Papini, segretario generale
dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain:
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R. – La prima idea di fondo di
questa cooperazione è capire che l’Europa non è un’isola e che se apre le sue
frontiere, oggi, verso l’Est, deve anche stabilire rapporti di collaborazione
con il Mediterraneo. Gli Accordi di Barcellona hanno segnato i primi passi
importanti, ma dobbiamo andare avanti. E questa relazione deve articolarsi su diverse
direttrici: Egitto e Medio Oriente, Paesi del Mediterraneo centroccidentale,
Turchia, Balcani. In quest’ottica, lo sviluppo della cosiddetta “politica di
vicinato” dell’Unione Europea può giocare un ruolo importante per condividere i
benefici dell’allargamento con i Paesi confinanti e per rafforzare stabilità,
sicurezza e benessere. Questo per i popoli di quest’area e, naturalmente, anche
per noi che siamo sull’altra sponda del Mediterraneo.
D. – Religioni e democrazia:
quali sono i contrasti e quali le affinità?
R. – Sono problemi che il mondo
dell’islam storicamente ha: è il problema della difficoltà di distinguere il
piano spirituale dal piano temporale, cioè il problema della laicità dello
Stato. Questo è uno dei problemi più seri nei rapporti tra il mondo occidentale
e il mondo dell’islam, anche se in alcuni Paesi l’islam è più laico. Maritain
sposa completamente la laicità della politica perché distingue il piano
spirituale dal piano temporale. Allo stesso tempo, insiste sul fatto che le
religioni sono produttrici di senso, di valori e che una democrazia non può
vivere asfitticamente, solo come democrazia “formale”, “procedurale”, solo come
momento del voto. Sostiene, invece, che
ha bisogno, per essere vivificata, di questi valori. Solo così i cittadini potranno
legarsi alla democrazia, perché c’è un humus che tiene questa coesione
sociale che è la base, poi, per un assetto democratico.
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I 100 ANNI DELL’OPERA DON GUANELLA, RICORDATI IERI
DAL PAPA
ALL’UDIENZA CON MOLTE DELLE
FAMIGLIE LEGATE AL SANTO, SONO STATI FESTEGGIATI ANCHE CON UN GRANDE EVENTO
MUSICALE
NELLA BASILICA DI SAN GIUSEPPE AL TRIONFALE, A
ROMA
I 100 anni dell’Opera don
Guanella, ricordati ieri dal Papa all’udienza con molte delle famiglie legate
al Santo, sono stati festeggiati anche con un grande evento musicale, ieri
pomeriggio, nella Basilica di san Giuseppe al Trionfale. Protagonisti:
l’orchestra sinfonica di Roma e del Lazio, diretta da Piero Gallo, il coro
lirico sinfonico della capitale e il coro delle voci bianche della Regione,
diretti da Stefano Cucci. Hanno rappresentato l’opera lirica “Il mistero del
Corporale” di Alberico Vitalini su testo di Raffaello Lavagna. Il servizio è di
Laura De Luca:
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Composta per il Congresso
eucaristico internazionale di Roma dell’anno 2000, l’opera si basa sulla
vicenda di un prete di montagna dubbioso circa la verità della transustanziazione.
La caduta di gocce di sangue dall’ostia, il miracolo del corporale appunto,
toglierà ogni ombra alla sua fede. Ma che accostamento c’è tra questa figura e
Don Guanella? Ascoltiamo in proposito gli autori, il maestro Alberico Vitalini
e mons. Raffaello Lavagna:
“L’accostamento può essere quello che lui era un ‘devoto’, ed è dire
poco, dell’Eucaristia. Sentiva l’Eucaristia certamente molto di più che non il
prete di montagna. Il prete di montagna aveva dei dubbi, don Guanella sicuramente
non ne aveva. Lo dimostrano poi la sua grande umanità, il suo altruismo. Egli è
stato veramente santo, nel vero senso della parola”.
“Posso raccontare un aneddoto. Quando viveva a Como aveva la sua stanza
rasente alla chiesa. Mise in croce gli architetti, gli ingegneri per far bucare
le pareti perimetrali perché lui voleva poter vedere il tabernacolo per
pregare”.
Una
novità è certamente nella scelta del luogo: la Basilica di San Giuseppe al
Trionfale, sede storica dei guanelliani a Roma. Una scelta che musicalmente ha
penalizzato l’acustica, ma che ha rappresentato, in compenso, per tutti,
un’indubbia emozione. Ecco il maestro Pierluigi Capanni, fondatore
dell’orchestra di Roma e del Lazio e suo direttore artistico, e poi il maestro
del coro Stefano Cucci:
“E’ giusto che
anche l’orchestra faccia la sua parte insieme con un coro così bravo e professionale
come quello diretto dal maestro Stefano Cucci. Che ben vengano di tanto in
tanto queste iniziative”.
“Siamo molto
contenti di fare questo lavoro, un lavoro che valorizza molto l’intervento del
coro in quanto è una composizione concepita con un linguaggio ecclesiastico,
con delle forme tipiche di un certo modo di cantare in chiesa, che mette proprio
in luce la sonorità, la vocalità del coro”.
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31 ottobre 2004
“ENTRAMBI SAPPIAMO CHE L’IRAQ E’ AMMALATO, MA VOGLIAMO TROVARE INSIEME
LE MEDICINE PER GUARIRLO”. LO HA DETTO IL PATRIARCA CATTOLICO CALDEO,
EMMANUEL DELLY, COMMENTANDO L’INCONTRO DI VENERDÌ SCORSO A NAJAF
TRA UNA DELEGAZIONE DELLA CHIESA CALDEA E L’AYATOLLAH AL SISTANI
BAGHDAD. = “E’ stato un incontro molto cordiale, fra due fratelli
che si amano, e si è parlato delle strade da percorrere per poter guarire un
Paese ammalato”. Con queste parole il patriarca cattolico caldeo Emmanuel
Delly, ricorda ad AsiaNews l’incontro di venerdì scorso fra una
delegazione della Chiesa caldea e l’ayatollah Al Sistani: “Siamo stati accolti
con un caloroso benvenuto da Al Sistani, nella sua casa a Najaf”, ha detto il
patriarca. Speriamo che questo episodio – ha aggiunto – porti i frutti
desiderati. Noi lavoriamo insieme per la pace e dobbiamo farlo, come ha
ricordato in settimana il Papa che non smette mai di pensare all’Iraq, con le
opere e con la preghiera. L’unica cosa che possiamo fare - ha spiegato il
patriarca - è continuare a pregare perché il Signore ci mostri le vie per
condurre l’Iraq alla riconciliazione; dobbiamo anche incoraggiare – ha concluso
- l’opera di quanti si battono per riportare la sicurezza e la stabilità nello
Stato ara-bo. (A.L.)
CIRCA TREMILA FEDELI HANNO PARTECIPATO IERI A WASHINGTON,
NELLA
BASILICA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE,
AI
FUNERALI DEL CARDINALE JAMES HICKEY
- A cura di Paolo Mastrolilli -
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WASHINGTON. = “Non era un uomo
che cercava l’attenzione del pubblico o amava camminare nei corridoi dei
potere; eppure, ha avuto un impatto su di noi come pochi altri vescovi”. Con
queste parole, il cardinale di Washington, Theodore McCarrick, ha celebrato la
figura del suo predecessore, James Hickey, durante i funerali che si sono
svolti ieri alla Basilica dell’Immacolata Concezione nella capitale americana.
Il cardinale Hickey era stato nominato arcivescovo della città del Giovanni Paolo
II nel 1980, ed è morto domenica scorsa all’età di 84 anni per le complicazioni
di una polmonite. Circa tremila fedeli hanno affollato la Basilica per l’ultimo
saluto e tra di loro c’erano anche 48 vescovi e sei cardinali. Tra questi,
anche l’Inviato speciale del Papa, William Baum. L’arcivescovo McCarrick ha
ricordato il porporato come una persona estremamente preparata, aggiungendo un aneddoto
personale: “Ogni volta che mi viene in mente una grande idea per la diocesi di
Washington – ha detto – scopro subito, con grande sorpresa, che il mio
predecessore l’aveva già realizzata da anni”. Il vescovo di Cleveland, mons.
Anthony M. Pilla, già presidente della Conferenza episcopale americana, ha
parlato dell’impegno sociale dell’arcivescovo, tanto negli Stati Uniti quanto
all’estero, dove si era adoperato in particolare per fermare le violenze in
America Centrale. “Il cardinale Hickey si preoccupava dei poveri – ha detto
mons. Pilla – e dello sradicamento dei pregiudizi, in modo da garantire davvero
l’uguaglianza per tutti, l’accoglienza per gli immigrati e la comprensione fra
genti di culture diverse”. A questo proposito il sindaco di Washington, Anthony
Williams, ha raccontato che era impossibile resistere alle sue sollecitazioni:
“Quando chiedeva di costruire alloggi per i disagiati – ha detto – lo faceva
con un’autorità che non consentiva repliche”. Molti di questi fedeli, infatti,
si sono uniti ieri ai potenti di Washington per dare l’ultimo saluto al loro
pastore.
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“LA
RISPOSTA AL FENOMENO DELL’IMMIGRAZIONE NON È SOLO POLITICA,
MA
ANCHE CULTURALE”. E’ QUANTO EMERGE DAL CONVEGNO DELLA FUCI,
SVOLTOSI
VENERDÌ SCORSO A LECCE E INCENTRATO
SUI
TEMI DELL’IMMIGRAZIONE E DELLA CITTADINANZA
LECCE. = “Come cristiani
sentiamo di dover testimoniare che difendere il diritto alla vita significa
anche adoperarsi per offrire un’accoglienza non precaria, ma umana e solidale,
a chi arriva in Italia alla ricerca di una vita dignitosa”. Con queste parole i
presidenti nazionali della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI),
Enrica Belli e Davide Paris, hanno aperto venerdì scorso, a Lecce, l’incontro
sul tema “Alle porte della città: immigrazione, accoglienza, cittadinanza”.
L’iniziativa ha coinvolto molti studenti universitari che si sono confrontati
con politici, istituzioni, mondo del volontariato e dell’associazionismo.
Particolare rilievo è stato dato alle risposte della legislazione italiana su
questa materia. “Ci sembra – ha detto Paris – che l’approccio della nostra
comunità sia quello di guardare all’immigrato in funzione delle nostre esigenze
e, forse, anche delle nostre paure”. “Lo sforzo fondamentale – ha concluso -
dovrebbe invece essere quello di cercare di fare del nostro Paese una terra di
riscatto, liberazione e realizzazione umana”. (A.L.)
IN RICORDO DI TUTTE LE
VITTIME INNOCENTI DELLE GUERRE E DEL TERRORISMO,
IL SALESIANO PADRE SILVIO
MANTELLI, NOTO COME ‘MAGO SALES’,
PROPONE A TUTTI I BAMBINI DI
DEPORRE, IL PROSSIMO 8 DICEMBRE,
LE LORO ARMI GIOCATTOLO. IN
CAMBIO RICEVERANNO UNA BACCHETTA MAGICA,
SIMBOLO DI UN DONO DI PACE
TORINO. = “Consegnare o deporre
le proprie armi giocattolo, con la promessa di non farne più uso e di vivere in
pace con giochi sani e creativi”. E’ la proposta del salesiano torinese don
Silvio Mantelli, conosciuto soprattutto dai più piccoli come “Mago Sales”. Il sacerdote
invita tutti i bambini d'Italia a deporre le loro armi giocattolo domenica 8
dicembre. Chi farà questo gesto simbolico riceverà da ‘Mago Sales’ un attestato
e una bacchetta magica, simbolo di un dono di pace. L’iniziativa è già stata
avviata da alcuni anni, in occasione del Natale, dalla ‘Fondazione Mago Sales’:
sono già 25.000 i bambini italiani che hanno accettato l’invito. “L’eccidio di
Beslan è fin troppo presente nei nostri occhi – afferma don Mantelli. Chiediamo
a tutti i bambini di ogni razza, religione o nazionalità di partecipare il
prossimo 8 dicembre a questa manifestazione che ha lo scopo di stigmatizzare
l’uso dei giochi di guerra”. L’evento si svolgerà nell’oratorio di Valdocco dove
don Bosco l’8 dicembre del 1841, dando inizio alla sua opera, accoglieva
migliaia di bambini e ragazzi. La ‘Fondazione Mago Sales’ intende ottenere la liberazione
dei bambini soldato in Uganda e in Sierra Leone o per la costruzione di scuole
in Madagascar. Per maggiori informazioni si può consultare il sito: www.sales.it (A.L.)
TOPOLINO E LA SIMPATICA FLOTTA
DEI CARTONI ANIMATI AMERICANI
SBARCANO IN CINA, IN VISTA
DELL’APERTURA, IL PROSSIMO ANNO,
DEL PARCO DIVERTIMENTI DELLA
‘WALT DISNEY’ AD HONG KONG
HONG KONG. = ‘Walt Disney’, una delle icone
del capitalismo, ha trovato un potente alleato: i bambini cinesi. La
multinazionale americana, infatti, è ‘sbarcata’ in Cina per far conoscere i
suoi celebri personaggi. Il progetto, iniziato 3 mesi fa a Guangzhou, propone a
gruppi di bambini storie e rappresentazioni con l’obiettivo di diffondere la
conoscenza dei personaggi Disney in vista dell’apertura del parco di
divertimenti a Penny Bay, sulla costa nord-orientale di Hong Kong, prevista per
la fine del prossimo anno. Ma in Cina i personaggi Disney non sono ancora
famosi e apprezzati. Il governo di Pechino ha sempre imposto, infatti, limiti
alla diffusione di film e cartoni importati dall’occidente. La collaborazione
fra il governo cinese ed un gigante dell’industria americana si presenta
straordinaria. Quello di Penny Bay, infatti, è il primo parco divertimenti
Disney a godere di un finanziamento governativo. La Disney ha avviato, inoltre,
una serie di trattative con il governo centrale per la costruzione di un parco
giochi anche a Shanghai. (A.L.)
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31 ottobre 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Il dolore lega l’Iraq al
Giappone. Confermata la notizia che il cadavere ritrovato ieri nei pressi di
Baghdad è quello del giovane ostaggio nipponico rapito giovedì. A Falluja, intanto,
si torna a sparare, mentre si moltiplicano i rapimenti in tutto il Paese. Il
nostro servizio:
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Un
cadavere decapitato avvolto in una bandiera a stelle e strisce, fatto ritrovare
a Baghdad. E’ quello dell’ostaggio giapponese finito nelle mani degli uomini
del terrorista al Zarqawi nei giorni scorsi. La conferma ufficiale arriva dallo
stesso governo di Tokyo, che ora deve fare i conti con l’opinione pubblica
interna, sempre più contraria alla presenza nipponica in Iraq. Il premier
Koizumi, grande alleato di Bush, per il momento si trincera dietro una cortina
di silenzio, facendo solo sapere che le truppe giapponesi resteranno comunque
nel Paese del Golfo. I rapimenti si moltiplicano e a finire nelle mani di vari
gruppi sono stati nelle ultime ore un sudanese, una polacca, un somalo e due
iracheni. E il cadavere di un giornalista curdo-iracheno, rapito invece
mercoledì scorso, è stato ritrovato oggi a Baghdad.
Sul
fronte dei combattimenti, torna il fuoco su Falluja. I militari americani hanno
bombardato stamattina la roccaforte sunnita, dopo giorni di trattative con i
ribelli. Distrutto in un raid aereo un bunker di armi usato dagli insorti.
Anche l’altro bastione sunnita, Ramadi, è stato scenario di sanguinosi scontri:
dieci gli iracheni rimasti uccisi e 15 quelli feriti. E' invece salito a nove
il bilancio dei marines uccisi ieri nella provincia di Al Anbar, in quella che
è stata la giornata più sanguinosa degli ultimi mesi per l’esercito di Washington.
Ma anche per gli iracheni quello trascorso è stato un giorno da dimenticare,
con oltre 30 morti in diversi attacchi della guerriglia. Nel frattempo, il
premier iracheno ad interim Iyad Allawi ha detto che le autorità hanno
arrestato 167 presunti militanti islamici nelle ultime settimane e che in gran
parte si tratta di arabi non iracheni. Tra i fermati anche numerosi
appartenenti alla rete di Al Zarqawi. Dal Pentagono, infine, arrivano dati
aggiornati sulle perdite americane in Iraq, salite ad almeno 1.115. Le vittime
alleate, invece, sarebbero 139.
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E negli
Stati Uniti il terrorismo internazionale sta diventando l’argomento principale
di questi ultimi giorni di campagna presidenziale. Dopo il messaggio video di
Bin Laden circa le votazioni americane, il capo uscente della Casa Bianca, Bush
ed il senatore democratico, Kerry, si stanno concentrando in una ridda di
accuse sulla sicurezza nazionale. Per oggi previsti gli ultimi comizi negli Stati
definiti indecisi.
L'emittente
araba al Jazeera ha trasmesso un video con i tre funzionari elettorali dell’Onu rapiti in Afghanistan.
I sequestratori hanno detto che i prigionieri stranieri verranno uccisi entro
le 7.30 di mercoledì prossimo, se non saranno accolte le loro richieste: oltre
al ritiro delle truppe straniere dall'Afghanistan, la liberazione dei
prigionieri afghani nella base statunitense di Guantanamo a Cuba, in quella di
Bagram, a nord di Kabul e in tutti i luoghi di detenzione all'estero.
Le
condizioni di Yasser Arafat sono gravi, ma non disperate: gli esponenti palestinesi
hanno ridimensionato le voci allarmanti circolate sullo stato di salute del
loro leader, ricoverato d’urgenza all’ospedale militare di Clamart, nella
regione di Parigi. Intanto escludono che sia malato di leucemia. A Ramallah,
invece, convocati il Consiglio dei ministri, presieduto dal premier Abu Ala, il
Consiglio legislativo palestinese ed il Consiglio di sicurezza nazionale. Sul
fronte israeliano, il premier Ariel Sharon ha fatto sapere che non intende
rivedere i suoi progetti relativi a un ritiro unilaterale.
“Il compito del politico è
assumersi anche delle responsabilità non sue quando questo serva per il bene
della comunità”. Le parole con cui Buttiglione ha deciso ieri di fare un passo
indietro sulla scena europea, hanno fatto eco per l’intera giornata nei Palazzi
della politica italiana. Tra espressioni di solidarietà, accuse e tensioni, la
Maggioranza già pensa al sostituto e all’inevitabile rimpasto di Governo. Ma
anche il Parlamento di Strasburgo chiede nuove modifiche a Barroso. Il servizio
è di Amedeo Lomonaco:
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Le dimissioni
di Rocco Buttiglione da commissario europeo creano l’effetto domino sul Governo
italiano, a tal punto che già ieri iniziava a circolare la parola “rimpasto”.
Un cambiamento di pedine che propone al momento due sole certezze: il vice
premier Gianfranco Fini e il ministro degli Esteri, Franco Frattini,
Commissario in Europa. Tutto il resto verrà deciso successivamente, come il
nuovo ruolo di Buttiglione, al quale potrebbe andare il Ministero degli Affari
Regionali o la Funzione Pubblica. Un toto-nomine che si arricchisce di ora in
ora, dunque, ma che crea una nuova frattura con la Lega, esclusa dal vertice di
ieri tra Berlusconi, Casini, Fini, Follini e Letta. Ed il ministro Maroni
preferisce essere chiaro con i suoi alleati: “Senza il Carroccio – dice - non
si prendono decisioni”. Tutto da rifare, dunque, o forse in parte. Per il
momento è ancora Buttiglione ad essere al centro delle attenzioni politiche:
incassa la solidarietà dal centrodestra; viene associato ad una brutta figura
dal centrosinistra. L’opposizione, però, non calca la mano ed anzi chiede al
Governo Berlusconi di decidere al più presto sull’altro candidato da spedire in
Europa. Intanto, a Strasburgo i due principali partiti politici
dell'Europarlamento, popolari e socialisti, chiedono a gran voce altri
cambiamenti nella squadra di José Manuel Durao Barroso, sostituzioni
concernenti l’ungherese Laszlo Kovacs (energia), la liberale lettone Ingrida
Udre (fisco) e la liberale olandese Neelie Kroes (concorrenza).
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Il premier britannico Tony Blair
vorrebbe organizzare le elezioni politiche nel prossimo febbraio anziché in
maggio. Lo scrivono i domenicali Sunday Times e Sunday Telegraph. Secondo i due
giornali, l’inquilino di Downing Street punta sull’anticipo della tornata per
approfittare del margine di vantaggio del quale secondo i sondaggi dispone
rispetto al suo rivale conservatore Michael Howard. Il premier conta inoltre di
godere di un ritorno positivo dalle elezioni che si terranno il prossimo
gennaio in Iraq.
Sono oltre 50 milioni gli
elettori ucraini chiamati oggi alle urne per scegliere il prossimo presidente
della repubblica. I due principali candidati che si contendono la vittoria
elettorale sono: Viktor Janukovic, attuale primo ministro, e Viktor Yushchenko,
leader del partito di opposizione. Secondo gli ultimi risultati, sarebbe
proprio Yushchenko, delfino dell'attuale presidente uscente Leonid Kuchma, a
spuntarla con il il 22% delle preferenze
di voto.
Alle urne anche l’Uruguay, per
eleggere il nuovo presidente della Repubblica e rinnovare il Parlamento
bicamerale. Quasi 2 milioni e mezzo gli aventi diritto al voto. In gioco vi è
una possibile svolta storica perché la sinistra, con l'Encuentro
progresista-Frente amplio di Tabaré Vazquez, ha la possibilità di andare al potere
per la prima volta in 175 anni di storia del Paese.
E’ iniziato, invece, lo spoglio
delle schede in Botswana, ieri alle urne per le elezioni generali. Poco più di
mezzo milioni i votanti, che hanno scelto i loro 57 rappresentanti al Parlamento.
Secondo i primi risultati, la vittoria sarebbe andata al Partito democratico,
al potere da 38 anni, dall’indipendenza di questo piccolo Paese dell’Africa
australe.
Situazione ad alta tensione
nella regione separatista georgiana dell’Ab-khazia. All’indomani
dell’annullamento delle elezioni presidenziali del 3 ottobre scorso, misure
straordinarie di sicurezza da questa mattina sono state adottate intorno alla
sede del Governo e della televisione. Il ministro della Difesa Viatcheslav
Echba ha riferito di avere informazioni sicure circa la concentrazione di forze
georgiane pronte ad invadere il territorio indipendentista, approfittando della
situazione di caos che regna in Abkhazia da circa un mese.
E’ la giornata del ricordo a San
Giuliano di Puglia, nella provincia italiana di Campobasso, dove due anni fa
una forte scossa di terremoto provocò, nel crollo della scuola del paese, la
morte di 27 bambini e di una insegnante. L’intera comunità si è riunita, nella
chiesa del villaggio provvisorio, per la messa domenicale officiata dal parroco
don Ulisse Marinucci, ricordando le sue piccole vittime.
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