RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 303  - Testo della trasmissione di venerdì 29 ottobre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Rafforzare le Nazioni Unite per garantire un ordine mondiale equilibrato ed efficace contro il terrorismo. E’ l’auspicio del Papa nel discorso al nuovo ambasciatore dell’Iran

 

E’ l’ora della carità sociale e politica: operate sempre per la giustizia, la pace e l’amicizia tra i popoli. E’ il forte appello lanciato oggi ai laici cristiani da Giovanni Paolo II durante l’incontro con i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Solenne cerimonia a Roma per la firma in Campidoglio del Trattato costituzionale dell’Unione Europea: ai nostri microfoni Romano Prodi e Giorgio Rumi

 

A Fiuggi, l’XI Conferenza internazionale della Fraternità Cattolica delle Comunità e Associazioni Carismatiche di Alleanza: intervista con Matteo Calisi

 

I Missionari della Consolata rilanciano la campagna in difesa degli indios del Brasile: con noi padre Francesco Bernardi

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Gli attacchi del fondamentalismo indù non ci fanno paura, ma rafforzano la nostra fede”: così il presidente della Conferenza episcopale indiana, cardinale Toppo

 

Il dialogo con l’islam e la sovranità del Libano: questi, in sintesi, i temi al centro della seconda sessione del Sinodo patriarcale maronita

 

Organizzate diverse iniziative oggi nella Repubblica democratica del Congo per commemorare la morte di mons. Munzihirwa, arcivescovo di Bukavu, ucciso nel 1996 dai militari rwandesi

 

“Il codice di diritto canonico e il nuovo concordato vent’anni dopo”: è lo slogan di un Convegno apertosi oggi a Bologna

 

Tanta televisione, qualche giornale e pochi libri. E’ la “dieta mediatica” degli italiani secondo la quarta edizione del Rapporto sulla comunicazione realizzato da UCSI e CENSIS

 

Prosegue a Gorizia il Convegno sui diritti dei minori

 

Organizzati celebrazioni, convegni e mostre per il 1650° anniversario della nascita di Sant’Agostino

 

24 ORE NEL MONDO:

Arafat lascia Ramallah per raggiungere Parigi, dove verrà sottoposto a cure intense.

 

I marines americani si preparano all’attacco finale contro Falluja. Scoperto a Tikrit il cadavere di un asiatico: non è il giapponese rapito dagli uomini di Al Zarqawi

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 ottobre 2004

 

 

LE NAZIONI UNITE E GLI ALTRI ORGANISMI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

SIANO RESI PIU’ FORTI PER GARANTIRE UN ORDINE MONDIALE EQUILIBRATO,

EFFICACE CONTRO IL TERRORISMO. L’AUSPICIO DEL PAPA NEL DISCORSO

AL NUOVO AMBASCIATORE DELL’IRAN

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Il mondo ha bisogno di un “ordine internazionale equilibrato”, di istituzioni sovranazionali solide e riconosciute, soprattutto nella fase storica presente dominata dal terrorismo “che vuole imporre la sua legge”. L’affermazione di Giovanni Paolo II è contenuta nel discorso indirizzato dal Papa al nuovo ambasciatore iraniano presso la Santa Sede, Mohammad Javad Faridzadeh, ricevuto questa mattina in Vaticano per la presentazione delle lettere credenziali. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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La legge del diritto contro quella del terrorismo. La preferenza per i valori del dialogo e della fiducia, che rendono l’altro “non una minaccia ma un interlocutore”. Il rispetto della libertà religiosa per consentire ai credenti nel Dio unico di lavorare insieme per la pace, al di là delle diverse professioni di credo. Temi cari a Giovanni Paolo II, che hanno trovato eco nel suo discorso di oggi al nuovo rappresentante diplomatico dell’Iran in Vaticano.

 

Gli Stati del pianeta, ha subito affermato il Papa, hanno bisogno di dotarsi di “strumenti stabili, efficaci e riconosciuti”, come l’ONU e gli altri organismi internazionali. Un architrave di legittimità sul quale poggiare “l’azione coraggiosa contro il terrorismo” e dal quale far partire la strada della pace. “Certamente l'edificazione della pace presuppone la fiducia reciproca, per accogliere l'altro non come una minaccia ma come un interlocutore”, ha osservato il Pontefice, che ha pure messo in chiaro come tale fiducia richieda alle singole nazioni di accettare da parte loro “i vincoli e i meccanismi di controllo” prodotti dai trattati e dagli accordi multilaterali, relativi alle principali questioni della convivenza mondiale: il “rispetto dell'ambiente, il controllo del commercio delle armi e della non proliferazione delle armi nucleari, la tutela dei bambini, i diritti delle minoranze”.

 

E in tema di diritti, Giovanni Paolo II ha dedicato al seconda parte del suo indirizzo di saluto al diplomatico iraniano alla libertà di religione e al dialogo tra cattolici e musulmani. Nel definire il diritto alla libertà religiosa “un aspetto essenziale della libertà di coscienza”, il Papa ha detto di contare sul “sostegno delle autorità iraniane” per permettere ai cattolici in Iran, come agli altri cristiani, “la libertà di professare la loro religione” e “per favorire il riconoscimento della personalità giuridica delle istituzioni ecclesiastiche”. Infine, il dialogo interreligioso. Il Pontefice ha espresso l’auspicio che i cristiani, “i quali - ha affermato - hanno sempre nutrito il desiderio di vivere in buoni rapporti con i musulmani, approfondiscano sempre più le esigenze del dialogo della vita quotidiana, attraverso i diversi aspetti della vita sociale comune”. Una migliore conoscenza e un dialogo più solido permetteranno alle grandi religioni mondiali di “collaborare per il bene dell’umanità”, a partire dall’eliminazione delle “cause sociali e culturali del terrorismo”.

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E’ L’ORA DELLA CARITÀ SOCIALE E POLITICA:

OPERATE SEMPRE PER LA GIUSTIZIA, LA PACE E L’AMICIZIA TRA I POPOLI.

E’ IL FORTE APPELLO LANCIATO OGGI AI LAICI CRISTIANI DA GIOVANNI PAOLO II

DURANTE L’INCONTRO CON I PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE

E AL PRIMO CONGRESSO MONDIALE DEGLI ORGANISMI ECCLESIALI

OPERANTI IN QUESTO SETTORE

- Il servizio di Sergio Centofanti -

 

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Oggi è più che mai urgente una “nuova evangelizzazione del sociale” – ha detto il Papa. Bisogna trovare “forme più adeguate per l’annuncio del Vangelo nella complessa realtà del nostro tempo”. “In particolare, in un tempo come il nostro caratterizzato dalla globalizzazione della questione sociale, la Chiesa invita tutti a riconoscere e ad affermare la centralità della persona umana in ogni ambito e manifestazione della socialità”.

 

La dottrina sociale della Chiesa - ha proseguito Giovanni Paolo II - interpella soprattutto i “cristiani laici, a vivere nella società come una testimonianza a Cristo Salvatore” e ad aprire agli orizzonti della carità. “Questa, infatti - ha aggiunto - è l’ora della carità, anche della carità sociale e politica, capace di animare, con la grazia del Vangelo, le realtà umane del lavoro, dell’economia, della politica, disegnando le strade della pace, della giustizia e dell'amicizia tra i popoli”. “Operate sempre per la giustizia e la pace”: è l’appello del Papa ai laici cristiani. “Questa è l'ora di una rinnovata stagione di santità sociale, di santi che manifestino al mondo e nel mondo la perenne ed inesauribile fecondità del Vangelo”.

 

Quindi il Papa ha ricordato la recente pubblicazione del Compendio della dottrina sociale della Chiesa, “uno strumento - ha detto - in grado di aiutare i cristiani nel loro quotidiano impegno di rendere più giusto il mondo, nella prospettiva evangelica di un vero umanesimo solidale”. “La dottrina sociale - ha concluso - fa parte essenziale del messaggio cristiano e va sempre meglio conosciuta, diffusa integralmente e testimoniata con una costante e coerente azione pastorale”.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Papa ha ricevuto stamane l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo di Getafe in Spagna mons. Joaquín María López de Andújar y Cánovas del Castillo, finora vescovo titolare di Arcavica ed ausiliare di Getafe.

 

In Guatemala il  Papa ha nominato vescovo di Quiché, padre Mario Alberto Molina Palma, degli Agostiniani Recolletti, parroco di "Santa María Goretti" a Guatemala.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

        

Apre la prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II al nuovo Ambasciatore della Repubblica Islamica dell'Iran.

Il Papa ha richiamato l'urgenza di un'azione coraggiosa contro il terrorismo e che favorisca la costruzione di un mondo di pace, nel quale tutti possano riconoscersi figli dello stesso Dio.

La Santa Sede conta sul sostegno delle Autorità iraniane per permettere ai fedeli della Chiesa cattolica presenti in Iran, come agli altri cristiani, la libertà di professare la loro religione.

Sempre in prima l'Iraq, dove persistono efferate violenze.

Uno studio condotto negli Stati Uniti rivela che dall'inizio dell'intervento armato sono morti oltre 100 mila iracheni.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai partecipanti all'Assemblea Plenaria e al Congresso mondiale promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il Papa ha sottolineato che questa è l'ora della carità sociale e politica, capace di disegnare le strade della pace, della giustizia e dell'amicizia tra i popoli.  

 

Nelle estere, Unione Europea: firmato il trattato costituzionale.

Per la rubrica dell' "Atlante geopolitico" un articolo di Marcello Filotei dal titolo "Medio Oriente: la determinazione del Premier israeliano sul ritiro dalla Striscia di Gaza".

 

Nella pagina culturale, un articolo di Carlo Climati dal titolo "Le zucche vuote di Halloween": una festa dall'inconsistente significato.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della finanziaria.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

29 ottobre 2004

 

 

GIORNATA STORICA PER IL VECCHIO CONTINENTE:

 FIRMATA A ROMA LA COSTITUZIONE DELLA NUOVA EUROPA A 25

- Con noi, Romano Prodi e Giorgio Rumi -

 

Da oggi, la Costituzione europea è una realtà. Nella straordinaria cornice della Sala degli Oriazi e Curiazi del Campidoglio in Roma, i capi di Stato e di Governo dei 25 Stati dell’Unione Europea hanno firmato, questa mattina, il Trattato costituzionale della nuova Europa. Un evento di portata storica come è stato sottolineato in tutti gli interventi, che hanno preceduto la cerimonia della firma. Su questa giornata cruciale per l’Unione Europea, ci riferisce la nostra inviata Fausta Speranza, che ha seguito per noi l’evento in Campidoglio:

 

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Oggi, Consiglio dei ministri straordinario in Italia per la prima ratifica parlamentare, lo annuncia nel suo intervento il premier Berlusconi, che ricorda che mai nella storia si trova esempio di nazioni che volontariamente decidono di esercitare insieme i loro poteri sovrani e che lo fanno – sottolinea – nell’interesse esclusivo dei loro popoli. E spiega l’azzardo di questa scommessa:

 

“Il processo di integrazione europea, nato con queste premesse, tra molti scetticismi e molte riserve, si è rivelato invece la più proficua e duratura utopia del secondo dopo guerra. Quell’idea era, per dirla con Erasmo da Rotterdam, una lungimirante e visionaria follia”.

 

Saluto da padrone di casa quello del sindaco Veltroni con una raccomandazione di concretezza. Il futuro dell’Europa è anche nelle risposte che saprà dare, in primo luogo, ai giovani. E’ nella cultura – sottolinea – nelle scuole, nelle università che si fa l’Europa. E poi afferma che l’Europa è terra di pace, citando il Papa:

 

“E’ Il messaggio che oggi inviamo da Roma, dalla città che nel mondo è conosciuta – lo ha ricordato proprio ieri Giovanni Paolo II – per i suoi valori giuridici e spirituali universali, per la sua apertura, per il suo essere crocevia di persone e di culture diverse. Non ci manchino mai, nel cammino che ancora ci attende, il coraggio e la capacità di essere uniti per realizzare il sogno di un’Europa terra di pace, di convivenza fraterna e di comprensione”.

 

E’ una scelta di lungimiranza politica. Questa la chiave di lettura del presidente Prodi. L’Unione sarà più efficace, ribadisce, anche se meno di quanto avrei sperato:

 

“L’Unione Europea dotata della Costituzione diventerà la forza motrice del benessere economico e sociale dei suoi popoli e della pace del mondo. Questo speravano i padri dell’Europa convenuti qui il 25 marzo del 1957. Di questo siamo pienamente consapevoli noi, qui oggi, nella solenne giornata del 29 ottobre del 2004”.

 

Un chiaro invito a governi, parlamenti e popoli alla ratifica, viene dal presidente del Parlamento Borrell, che chiede senso della responsabilità per dare il via alla nuova Unione che definisce espressione vivente della solidarietà europea:

 

“DE NUEVO EN ROMA NOS EUROPEOS…” 

Siamo più numerosi, più liberi, più prosperi di quando ha avuto inizio qui la nostra comune avventura.

 

“Non è stato un cammino facile”, ricorda il premier irlandese Ahern, che sappiamo ha ricucito l’accordo dopo il fallimento del Vertice del dicembre scorso. E proprio lui vuole sottolineare l’importanza dell’obiettivo raggiunto appunto faticosamente:

 

“THE AGREEMENT ON THE CONSTITUTION…”

L’accordo sulla Costituzione è la prova irrefutabile che l’Unione è in grado di prendere decisioni importanti per il futuro dei suoi popoli.

 

Il presidente di turno, l’olandese Balkenende, riflette su passato e presente:

 

(Parole olandesi)

“Noi europei abbiamo offerto al mondo nel corso della storia nobilissime idee ed opere d’arte splendide, ma siamo anche stati portatori nel mondo di una brutale violenza e di un’oppressione senza pari. Dopo gli anni bui della Seconda Guerra mondiale abbiamo cominciato a creare nuova prosperità e nuove opportunità”.

 

E fin qui le parole. Certo molto è affidato anche all’immagine: i leader europei nella stessa stanza dove 47 anni fa cominciava una non scontata avventura. Un accordo commerciale di sei Paesi fatto con il sogno di una integrazione politica. Oggi, la firma di ben 25 capi di Stato e di governo, che sottoscrivono l’impegno a fare insieme la politica. Una foto più grande per impegni più grandi. Ma ora l’impegno da questa storica sala, che li ha accolti da ogni palazzo del potere di ogni Paese, diventa davvero politicamente rilevante, se tornando in ogni capitale sarà assunto anche dai popoli attraverso il referendum o il parlamento.

 

Da Palazzo del Campidoglio, Fausta Speranza, Radio Vaticana.

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Ieri il Papa, ricevendo in Vaticano il presidente della Commissione europea Romano Prodi, aveva invocato la benedizione del Signore su tutti i rappresentanti degli Stati convenuti a Roma per la firma del Trattato costituzionale e su tutti i popoli d’Europa.  L’Unione Europea – ha detto – possa “operare attivamente in campo internazionale per la pace tra i Popoli, ed offrire un aiuto generoso per la crescita dei popoli più bisognosi degli altri continenti”. In particolare ha ricordato come il Cristianesimo abbia dato “un grande apporto” nel plasmare la civiltà europea. “Riconosciuto o meno nei documenti ufficiali – ha precisato – è questo un dato innegabile che nessuno storico potrà dimenticare”. Ai nostri microfoni abbiamo lo stesso Romano Prodi, intervistato da Fausta Speranza che gli ha chiesto innanzitutto quali sono stati gli aspetti più importanti dell’incontro con Giovanni Paolo II:

 

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R. – Due aspetti. Uno,evidentemente di commozione personale, e su quello non voglio dire nient’altro. Poi, c’è un aspetto politico che anche nel colloquio si è sentito molto: il grande momento dell’Europa che respira a due polmoni e che – anche se con problemi che tutti condividiamo, che tutti abbiamo sentito – si dà veramente una regola per il futuro. E’ un’Europa stabile, è un’Europa che ha chiuso con Yalta, che ha finito con le tensioni ... si è parlato proprio tanto di pace, di come i nuovi Paesi stanno arrivando, non solo la Polonia ma tutti; del clima che si deve creare, per la nuova Europa ...

 

D. – Presidente, ci aiuti ad interpretare il voto di mercoledì scorso al Parlamento…

 

R. – Ma ... l’interpretazione seria, politica è una sola. Il Parlamento europeo ha voluto affermare la sua forza di fronte a quello che è il governo europeo, anche se i termini non sono precisi: si parla di Commissione, non di governo ... Ma è un classico della democrazia: il Parlamento cresce, diventa consapevole della sua forza, e va considerato non per i poteri formali che ha, ma per il fatto che è un Parlamento! E d’ora in poi, il Parlamento europeo sarà un protagonista molto più forte, insieme alla Commissione, della vita europea. E quindi, gli Stati membri che in molti casi avevano sempre controllato il voto dei loro parlamentari, si sono trovati adesso di fronte ad un’evoluzione di straordinaria importanza nelle istituzioni europee.

 

D. – “L’Europa è aperta a tutti gli Stati che rispettano i suoi valori”: questo è il principio. Secondo lei, il Trattato costituzionale aiuterà a rendere più concreto il rispetto di questi valori?

 

R. – Sì, molto. Perché i valori sono ben chiari nel Trattato costituzionale. Certamente, anch’io avrei preferito, e ho lavorato attivamente perché ci fosse nel preambolo il riconoscimento delle radici storiche del cristianesimo e del giudaismo: questo non è stato possibile. Ma i valori di questa nostra religione sono veramente contenuti nella Carta costituzionale. Possiamo veramente pensare ad un’Europa – se legge nell’articolo 1.4 – che ha questi principi come strumento di pace, come una nuova entità che si mette a servizio di un concetto molto diverso da quello tradizionale, del rapporto di forza tra Paesi, ma che regola i conflitti con un atteggiamento multilaterale, con l’uguaglianza tra i diversi Paesi che partecipano alla nuova Unione ... è un superamento del concetto di “Stato moderno”!

 

D. – Dunque, le sembra che il Trattato costituzionale possa essere una scommessa di pace?

 

R. – Sì! E’ una scommessa di pace. E non è una scommessa: nel senso che finora l’abbiamo mantenuta! Nel ’57 è stato firmato il primo Trattato di Roma; ci siamo allargati, successivamente. Mai, mai un conflitto all’interno dei confini dell’Unione. Tragedie, subito fuori dalla nostra porta. In questo senso, l’unificazione dell’Europa con l’allargamento, e quella già progettata verso Bulgaria e Romania e verso i Balcani, sono un’ulteriore garanzia di pace.

 

D. – Ecco, però lei spesso ha ricordato che l’Europa deve guardare anche oltre i propri confini. Dunque, questo Trattato costituzionale potrà aiutare ad evitare una crisi di divisione, come quella che c’è stata per l’ “Iraq”?

 

R. – Questo no, purtroppo, perché la competenza in politica estera non c’è ancora e quindi, se domani ci dovesse essere un conflitto come quello iracheno, non c’è nessuna garanzia che non ci siano le stesse divisioni. Ma l’Europa si fa con la pazienza, ci vorrà qualche decennio per avere una politica estera comune, ma la via è segnata.

 

D. – “L’Europa è un’unione di minoranze”: è un’espressione che le è cara. In che modo si coniuga con l’esigenza di un’Europa ad una sola voce?

 

R. – Si coniugano proprio perché ognuno è in minoranza. Non c’è nessuno che imponga la propria voce agli altri. In minoranza si discute, si decide insieme e ciascuno contribuisce alla decisione. Ma nessuno la impone agli altri. Ed è questo il concetto nuovo dell’Europa. Per questo non sono soddisfatto dei punti in cui – come nella politica estera – si è mantenuta l’unanimità delle decisioni, perché in 25 Paesi, con il principio dell’unanimità, è difficile prendere delle decisioni, anzi: è impossibile!

 

D. – Presidente: euro, allargamento, Trattato costituzionale sono le conquiste più evidenti di questi cinque anni. Ce ne racconta qualcuna invece meno evidente e magari più sofferta?

 

R. – Io esco con la tristezza di non vedere messi in atto i progetti che avevamo messo in cantiere nel 2000 in campo economico, il cosiddetto “processo di Lisbona”, in cui avevamo detto – anche con molta gioia comune, no? – che insieme avremmo fatto una strategia per aumentare il gruppo economico, la ricerca, le innovazioni per diventare – era il nostro slogan – “la società più innovativa del mondo”. Sono passati quattro anni e in questo campo, proprio la mancanza di processi decisionali, l’obbligo dell’unanimità, hanno fatto sì che non siamo la società più innovativa del mondo. Lo dobbiamo ancora divenire.

 

 

D. – Ecco, però, parliamo proprio di Europa nel mondo: ci parla dei rapporti di partenariato che l’Europa ha avviato?

 

R. – E’ il nuovo capitolo: abbiamo definito i confini dell’Europa, l’allargamento è già fatto, quello verso la Bulgaria e la Romania è prossimo, c’è il caso della Turchia, quindi i Balcani e poi i confini si fermano. Ma se l’Europa è un segnale di pace, deve attuare la politica già approvata – intendiamoci: già approvata! –, la cosiddetta “politica di vicinato”, cioè tutti i Paesi, dalla Russia fino al Marocco che sono vicini potranno – se vogliono – concludere con l’Europa uno strettissimo accordo, condividendo con l’Unione tutto, senza però far parte delle istituzioni europee, cioè senza diventare membri dello stesso Parlamento e della stessa Commissione, ma condividere unione doganale, trattati commerciali, regole economiche, cooperazione di polizia, di giustizia, regole dell’immigrazione ... tutto quanto concerne la collaborazione più profonda. Ecco, è importante questo perché vuol dire estendere questa “infezione di pace” anche a Paesi che ne hanno tanto bisogno – pensi a Israele, alla Palestina, l’Egitto, i Paesi del Maghreb: pensi all’Ucraina, che è questa grande anima europea ... Ecco, questo è l’ulteriore passo ed il compito dei prossimi decenni.

 

D. – Presidente Prodi, io avei voluto chiederle, una volta fatta la valigia, se ci raccontava così, sottovoce, la sua voglia, l’intenzione di tornare indietro e di fare, altrettanto sottovoce, a qualche leader europeo qualche raccomandazione per il bene dell’Europa: non so se lei ha voglia adesso che ha fatto la valigia, ma l’ha anche disfatta ...

 

R. – Sì, (mercoledì) è stata proprio una giornata incredibile, perché ho fatto proprio la valigia, ho chiuso casa – come si dice in termini popolari – ho disdetto i contratti della luce, del gas, l’abbonamento alla televisione, tutte le cose che si fanno normalmente; e poi come sono arrivato in ufficio è incominciato questo strano momento in cui siamo dovuti ritornare indietro, e adesso per qualche settimana dovrò rimanere a custodia delle istituzioni. Lo faccio volentieri, perché ci vuole continuità. Ma non ho proprio molti consigli da dare, salvo quello di prendere una lezione comune, che tutti dobbiamo trarre da questi avvenimenti, e cioè di considerare la nuova forza del Parlamento europeo.

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Con la Costituzione, l’Europa ha dunque uno strumento per diventare più unita e più forte. Tuttavia, non manca il rammarico per alcune scelte come la mancata menzione delle radici cristiane nel testo costituzionale. Luci ed ombre, quindi, come sottolinea lo storico Giorgio Rumi, editorialista dell’Osservatore Romano, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. - La gioia per questo approdo, che i padri fondatori, tutti i cristiani avevano voluto, è indebolita o ingrigita da una specie di prudenza, una ostilità, in definitiva da un certo opportunismo per cui non si è avuto il coraggio di parlare del ruolo della religione nella nascita di questo continente. Era un tentativo per non burocratizzare il tutto, per dargli anche la dimensione dei valori dell’anima, ed invece si è preferita una scelta più cauta. Speriamo che questo poi non incida sul contributo che la religione, la vita dello spirito, può dare al nuovo Continente.

 

D. - La data del 29 ottobre 2004 entra di diritto nella storia che conta del Vecchio Continente. E’ certo un punto d’arrivo di un percorso iniziato mezzo secolo fa sulle macerie della seconda guerra mondiale. Ma può essere anche considerato un punto di partenza?

 

R. - Esattamente. E’ un punto di partenza, speriamo tutti che lo sia e anche certe mancanze, lacune, possano essere ovviate con una prassi più coraggiosa.

 

D. – La firma del Trattato costituzionale è innegabilmente un grande passo in avanti sulla via dell’integrazione europea, eppure non c’è il rischio che questo processo politico sia percepito con una certa indifferenza dai cittadini dell’Europa?

 

R. – Purtroppo questa indifferenza è palpabile, non c’è traccia di entusiasmo, da un lato per la ovvietà di alcuni risultati, in un certo senso anche la moneta… che sono diventati dei fatti irreversibili. Ecco, quello che manca è proprio l’entusiasmo, appunto, si è fatta una scelta, diciamo, minimalista.

 

D. – Qual è il fattore più positivo di questa firma, di questa giornata?

 

R. – Che finalmente possiamo chiudere il lunghissimo libro delle ostilità dei grandi Stati europei. Fatto anche difficile da spiegare ai giovani: spiegare che c’è stata un’epoca in cui Francia e Germania erano nemici “ereditari”.

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A FIUGGI, L’XI CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLA

FRATERNITÀ CATTOLICA DELLE COMUNITÀ ED ASSOCIAZIONI CARISMATICHE

- Intervista con Matteo Calisi -

 

“Comunione e Missione nel terzo millennio”. E’ il tema che impegna a Fiuggi, da oggi al primo novembre prossimo, gli oltre mille rappresentanti, provenienti da tutto il mondo, della Fraternità Cattolica delle Comunità ed Associazioni Carismatiche di Alleanza durante i lavori dell’11a Conferenza internazionale. La Fraternità Cattolica, approvata dalla Santa Sede, è il primo organismo internazionale che federa le principali e storiche comunità del Rinnovamento carismatico cattolico, diffuso nel mondo fra 600 milioni di cristiani, 120 milioni dei quali cattolici. Al presidente dell’Alleanza carismatica, il prof. Matteo Calisi, Giovanni Peduto ha chiesto quale sia l’obiettivo della Conferenza?

 

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R. – Una crescita nella conoscenza reciproca, in un clima di fede dialogante, di fraternità gioiosa e di preghiera intensa, fra le varie comunità e associazioni carismatiche, aderenti alla Catholic Fraternity, presenti in tutto il mondo. L’incontro sarà anche l’occasione per un dialogo e un confronto con la Santa Sede, rappresentata dal Presidente del Pontificio Consiglio dei Laici, a cui la Fraternità cattolica si sente particolarmente legata. Tutto ciò per un potenziamento della comunione e della missione che ogni singola comunità ha da compiere per il disegno di Dio nell’ora attuale.

 

D. – Come definirebbe lei i Carismatici?

 

R. – Una testimonianza potente alla presenza dl Dio vivente nel cuore dei fedeli, che sono il suo tempio. Al mondo moderno, che dichiara la morte di Dio ed ha un processo di necrosi chiamato “secolarismo”, i carismatici vogliono proclamare che Dio è vivo, perché i suoi fedeli sono viventi in Lui.

 

D. – Quale novità portano alla Chiesa?

 

R. – I Carismatici non portano “novità”, ma sono novità essi stessi perché aiutano la Chiesa a riscoprire, attraverso la presa di coscienza dei doni e dei carismi che sono dati a ciascuno ed a tutti per la costruzione della comunità dell’azione dello Spirito Santo nella vita dei singoli e della Chiesa, la meraviglia dei credenti, perché la Chiesa sia sempre più bella e più degna del suo Signore.

 

D. – Che rapporto c’è con le parrocchie e con gli altri movimenti?

 

R. – Un naturale rapporto di comunione, perché lo Spirito che opera nei carismatici è lo stesso che opera nelle parrocchie e negli altri Movimenti. Difficoltà nascono quando le parrocchie e gli altri Movimenti non comprendono il valore positivo di grazia che c’è nelle varie manifestazioni di pietà tipicamente carismatiche. O quando i carismatici vantano eccessivamente la loro esperienza diretta di Dio nei confronti dell’esperienza di Dio che si trova in altri ambienti ecclesiali. Per quanto attiene la comunione e la missione, i carismatici vivono e vogliono vivere una esperienza “ecclesiale” di servizio. Non a caso in questa nostra Conferenza avremo gli interventi-testimonianza di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, e di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, con cui collaboriamo da molti anni. E’ la comunione ecclesiale che armonizza i carismi e li pone al servizio della Chiesa e del popolo di Dio.

 

D. – A vostro avviso, qual è la sfida principale della Chiesa, oggi?

 

R. – La secolarizzazione, che tende ad eliminare la vocazione soprannaturale dell’uomo, per chiuderlo nella vita del tempo presente. C’è bisogno di un potenziamento della fede cristiana per realizzare una nuova evangelizzazione e una nuova santità di vita, che può venire solo da un’esperienza pentecostale dello Spirito Santo, così come avvenne all’inizio della Chiesa, quando i primi apostoli di Cristo dovettero affrontare la società pagana del tempo.

 

D. – Ma i cristiani fanno l’esperienza dello Spirito Santo?

 

R. – La maggior parte dei cattolici si limita all’esperienza dei sacramenti dello Spirito, ma non dello Spirito che è nei sacramenti. Il Rinnovamento Carismatico non si raduna intorno a qualche particolare sacramento, ma conduce all’esperienza dello Spirito che è nei sacramenti. Ciò è di fondamentale importanza, perché il cristiano non può divenire un forte testimone di Cristo se non fa l’esperienza dello Spirito, non come esperienza emozionale di un momento, ma come potenza trasformante nella mentalità e nella vita di Cristo stesso.

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I MISSIONARI DELLA CONSOLATA RILANCIANO

LA CAMPAGNA IN DIFESA DEGLI INDIOS DEL BRASILE

- Intervista con padre Francesco Bernardi -

 

Si fa sempre più grave la persecuzione contro le popolazioni indigene di Roraima, lo Stato più settentrionale del Brasile, al confine con il Venezuela e la Guyana. A denunciarlo ieri a Roma, con la proiezione di un film-documentario presso il Salone Allamano dei Missionari della Consolata, i sostenitori della Campagna internazionale “Nos existimos”. L’iniziativa mira al riconoscimento dei diritti degli Indios, che nello Stato brasiliano raggiungono le 40 mila unità, ma anche dei piccoli agricoltori e degli emarginati locali. Ma perché vengono invase le terre indigene? Roberta Moretti lo ha chiesto al padre Francesco Bernardi, missionario della Consolata e coordinatore italiano della Campagna:

 

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R. - L’uomo non si accontenta di essere signore, ma vuole essere padrone. Penso che questo sia alla base di quello che sta accadendo anche a Roraima, dove pochi sono padroni quasi di tutto. Vi sono i grandi proprietari terrieri, i fazendeiros, i ricercatori d’oro, i garimpeiros, i ricercatori di legname pregiato, i madereiros, appoggiati da grossi interessi politici, i quali cercano di accaparrarsi queste grandi risorse del suolo e del sottosuolo di Roraima e questo sulla pelle dei poveri.

 

D. – Esiste, in Brasile, una legge che garantisca agli Indios il diritto alla terra di appartenenza?

 

R. – Questa è la Costituzione che è stata approvata nel 1988, però, purtroppo, è rimasta lettera morta. Per cui sì, è previsto che l’Indio abbia diritto alla propria lingua, alla propria cultura, alla propria terra, ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, ecco che ci troviamo in situazioni assurde, come nella Raposa Serra do Sol, dove circa 20 mila Indios attendono che la terra, già demarcata, venga riconosciuta legalmente, giuridicamente.

 

D. – Qual è il bilancio della campagna ‘Nos existimos’?

 

R. – Questa campagna sta diventando un movimento. Un movimento che non è europeo, non è italiano, ma è brasiliano, è roraimense. E’ interessante notare come questa campagna sia nata lì ed ebbe l’appoggio di nove Organizzazioni. Ora, queste nove Organizzazioni sono diventate 15, il che significa che la campagna è stata assunta in loco e questo, a mio parere, fa ben sperare anche per il futuro, perché la campagna termina, ma il movimento continua.

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CHIESA E SOCIETA’

29 ottobre 2004

 

 

“GLI ATTACCHI DEL FONDAMENTALISMO INDU’ NON CI FANNO PAURA,

MA RAFFORZANO LA NOSTRA FEDE. GUARDIAMO AL FUTURO CON OTTIMISMO”.

COSI’ IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE INDIANA, CARDINALE TOPPO

 

NEW DELHI. = La Chiesa indiana continua a guardare al futuro con fiducia, nonostante non accennino a diminuire gli attacchi dei fondamentalisti indù contro i cristiani. Lo ha sottolineato, ai microfoni dell’agenzia Fides, il cardinale Telesphore Placidus Toppo, presidente della Conferenza Episcopale Indiana. “Problemi con i movimenti estremisti indù ci saranno sempre – ha detto il porporato – ma non abbiamo paura. Questi episodi ci rendono più attenti e prudenti, rafforzando la nostra fede e la nostra testimonianza di vita. Inoltre, sono un segnale che la comunità cattolica è viva e dinamica, e offre una testimonianza visibile”. Commentando la situazione sociale e religiosa dell’India, a pochi mesi dall’insediamento del nuovo governo centrale, guidato dal Partito del Congresso, il cardinale Toppo ha poi spiegato: “I governi sono destinati a cambiare, sono le regole della democrazia. Ma non ci si può aspettare che il cambiamento avvenga istantaneamente: c’è bisogno di tempo. L’eredità del vecchio governo durerà ancora, ma l’importante è che con il Partito del Congresso alla guida della nazione vi sia stato un cambiamento di mentalità”. “Le elezioni scorse sono state un successo per la democrazia e la tolleranza – ha aggiunto – e siamo convinti che il nuovo governo opererà per combattere i maggiori problemi che affliggono il Paese: povertà, analfabetismo e precaria situazione sanitaria. Bisogna ricordare che quella indiana è la democrazia più vasta del mondo. E comunque il gioco democratico funziona. Questo ci dà fiducia: guardiamo al futuro della nazione con ottimismo e, in quanto cristiani, pronti a dare il nostro contributo per il bene del Paese”. (B.C.)

 

 

IL DIALOGO CON L’ISLAM E LA SOVRANITA’ DEL LIBANO: QUESTI, IN SINTESI, I TEMI

AL CENTRO DELLA SECONDA SESSIONE DEL SINODO PATRIARCALE MARONITA.

I LAVORI, AI QUALI HANNO PARTECIPATO ANCHE RAPPRESENTANTI

SUNNITI, SCIITI E DRUSI, SI SONO CONCLUSI MERCOLEDI’

 

BEIRUT. = “Il consolidamento della convivenza cristiano-islamica” per il recupero della “libertà, sovranità e indipendenza del Libano”, la salvaguardia della testimonianza del Paese “contro il cosiddetto conflitto di religioni” e lo sviluppo del contesto arabo “sulla base dei diritti dell’uomo e delle libertà individuali”. Queste le “scelte irrinunciabili” per la patria libanese delineate nel corso della seconda sessione del Sinodo patriarcale maronita, conclusosi mercoledì presso il Santuario di Notre Dame du Mont, dopo dieci giorni di lavori. Al centro dell’assise, cui hanno partecipato anche delegati della diaspora, la riflessione iniziata nella prima sessione del giugno 2003 sull’identità, la vocazione e missione della Chiesa maronita, con particolare riguardo alla sua natura apostolica, alla sua apertura ecumenica e appunto ai suoi rapporti con l’Islam e il mondo arabo. Nel suo discorso di apertura il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, ha voluto ricordare l’importanza del Sinodo, il primo convocato nel 1736, per “realizzare una riforma ecclesiale e sociale che abbia radici negli animi e nelle convinzioni, ancor prima che nei testi e nelle istituzioni”. Ampio spazio è stato dato nei dibattiti all’analisi della nuova fase storica apertasi con il trasferimento definitivo della maggior parte dei maroniti fuori dai confini del Libano. Unita nel suo patrimonio rituale, nella sua appartenenza orientale e nel suo attaccamento alla madrepatria, la Chiesa maronita è anche universale per sua diffusione e capacità di incontro con culture e popoli diversi. Per marcare questa missione, alle due sessioni sono stati invitati ad intervenire i rappresentanti delle altre Chiese cristiane e delle comunità islamiche in Libano. (L.Z.)

 

 

ORGANIZZATE DIVERSE INIZIATIVE OGGI NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA

DEL CONGO PER COMMEMORARE LA MORTE DI MONS. MUNZIHIRWA, ARCIVESCOVO DI BUKAVU, UCCISO NEL 1996 DAI MILITARI RWANDESI

 

BUKAVU. = Ricorre oggi, nella Repubblica Democratica del Congo, l’ottavo anniversario della morte di mons. Christophe Munzihirwa, arcivescovo di Bukavu, ucciso da alcuni militari rwandesi perché difendeva le ragioni della sua terra, dei suoi abitanti e della Chiesa. L’arcidiocesi di Bukavu  ha pagato un alto tributo di sangue nel corso delle due guerre congolesi: quella del 1996-97, che condusse alla caduta di Mobutu e all’avvento di un nuovo regime, che ha cambiato il nome del Paese da Zaire a Repubblica Democratica del Congo; e quella tra il 1998 e il 2003. Per commemorare la memoria di mons. Munzihirwa, i fedeli di tutte le parrocchie sono invitati a partecipare oggi ad una processione per le vie di Bukavu. La processione si chiuderà in cattedrale, dove è prevista la celebrazione della Santa Messa da parte dell’attuale arcivescovo, mons. Charles Kambale Mbogha. I gesuiti, l’ordine a cui apparteneva mons. Munzihirwa, hanno da parte loro organizzato un convegno per illustrare la figura dell’arcivescovo martire. (A.M.)

 

 

“IL CODICE DI DIRITTO CANONICO E IL NUOVO CONCORDATO VENT’ANNI DOPO”:

E’ LO SLOGAN DI UN INTERESSANTE CONVEGNO APERTOSI OGGI A BOLOGNA.

L’INCONTRO SI CONCLUDERA’ DOMANI

 - A cura di Stefano Andrini -

 

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BOLOGNA. = “L’identità persona-Istituzione propria del Diritto canonico richiama ogni altro sistema giuridico al primato della persona rispetto a qualsiasi forma di organizzazione istituzionale, cioè di organizzazione pubblica o privata del potere. Priorità della persona che non significa identità del diritto col desiderio, vera metastasi delle nostre società occidentali”. Lo ha affermato monsignor Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, aprendo i lavori del Convegno “Il Codice di diritto canonico e il nuovo Concordato vent’anni dopo”, promosso dall’Università e dalla Facoltà teologica dell’Emilia–Romagna. “Non mi sembra – ha ricordato il cardinal Julian Herranz, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi – che oggi ci siano particolari difficoltà in sede di applicazione del Concordato. C’è invece una volontà di dialogo molto chiara”. Nella sua relazione il cardinale Herranz ha sottolineato il rapporto essenziale tra Concilio Vaticano II e Codice di diritto canonico “perché – ha detto – l’ecclesiologia del Vaticano II è stata il fondamento sul quale si è appoggiato tutto il lavoro di revisione e di riforma della legislazione della Chiesa. La quale ha molti elementi che non cambiano perché sono di diritto divino, ma anche altri che avevano bisogno di essere adeguati alle mutate circostanze storiche”. “La prima ricaduta pastorale – ha proseguito il porporato – è stata che sia il Concilio sia il Codice hanno messo al primo posto la coscienza della chiamata universale alla santità, che significa prendere sul serio il Battesimo e cosa significa essere cristiano”.

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Tanta televisione, qualche giornale E pochi libri. E’ la “dieta mediatica”

degli italiani secondo la quarta edizione del Rapporto sulla

comunicazione realizzato DALl’Unione Cattolica della Stampa Italiana,

in collaborazione con il Censis

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

NAPOLI. = Contro il 95 per cento degli italiani che vedono tutti i giorni la tv, solo il 35% legge il giornale almeno tre volte alla settimana e il 29% legge almeno tre libri nel corso dell’anno. Lo rileva il rapporto “I media che vorrei”, promosso come ogni anno da Ucsi e Censis e presentato oggi a Napoli. Tuttavia, osserva il rapporto, i telespettatori sono sempre più critici riguardo ai contenuti: la metà dichiara di non vedere o non sopportare i reality show. L’altra metà li vede ma non dà alcun peso all’autenticità di quanto va in onda. In sostanza, osservano i ricercatori, “c’è molta più gente di quanto non si creda che spegne la televisione se non vi trova programmi di proprio interesse, mentre molte altre persone la lasciano accesa, mettendosi tuttavia a fare altre cose”. Il problema, spiega il rapporto, è che il mondo dei media continua a realizzare un’offerta di contenuti secondo i principi “tipici della produzione industriale” di massa. Piuttosto i gusti, le preferenze, le stesse modalità di ricezione del messaggio da parte del pubblico si vanno sempre più differenziando, mettendo in crisi i modelli tradizionali. Riguardo ai nuovi media, il rapporto rileva come Internet sia un mezzo sempre più familiare per un numero crescente di italiani, ma il maggiore ostacolo alla sua ulteriore diffusione è proprio il computer, che resta uno strumento ancora estraneo a molte persone.

 

 

PROSEGUE A GORIZIA IL CONVEGNO SUI DIRITTI DEI MINORI.

AL CENTRO DEI LAVORI ODIERNI: IL RAFFORZAMENTO DELLE POLITICHE SOCIALI

IN FAVORE DELLA FAMIGLIA

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

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GORIZIA. = Riportare la famiglia al centro dell’azione politica: questo è il tema conduttore della seconda giornata del Convegno sui diritti dei minori, in corso a Gorizia e promosso dall’ufficio del Tutore pubblico della regione Friuli Venezia Giulia. E’ attraverso la metafora di Pollicino che viene affrontato il complesso rapporto tra minori e famiglia. Al centro del dibattito la necessità di un rafforzamento delle politiche sociali in favore della famiglia, che siano in grado di sostenere e promuovere i valori fondamentali del rapporto genitori-figli. Preoccupano, infatti, i dati diffusi da Arrigo de Pauli, presidente del Tribunale dei minori di Sierte, sulla percentuale di separazione nei matrimoni. Per il 27 per cento delle coppie a livello nazionale il rapporto matrimoniale si interrompe spesso in maniera traumatica per i figli, che in questo processo vengono tenuti a livello assolutamente marginale, se non vissuti, addirittura, come un elemento di disturbo. In particolare, il magistrato ha sottolineato l’inadeguatezza di recenti iniziative del legislatore, quale il progetto di legge sull’affidamento congiunto attualmente all’esame della Camera che, seppure pensato nel superiore interesse del minore, rischia di ritorcersi contro il minore stesso. “Serve una profonda riflessione sui valori etici e sociali che sono alla base del concetto di famiglia – spiega la sociologa Anna Maria Boileau – per avviare delle politiche sociali che non si applichino soltanto a situazioni di disagio incancrenite, ma possano prevenirle”. A dare una visione internazionale dei problemi dell’infanzia è stato, invece, Francesco Milanese, tutore pubblico dei minori del Friuli Venezia Giulia, che, rammentando il 15.mo anniversario della Convenzione ONU sui diritti dei minori, ha voluto ricordare due milioni di bambini uccisi dalle guerre nell’ultimo decennio, il milione di orfani e ben 210 milioni di bambini, tra i cinque ed i 14 anni, che nel mondo sono sfruttati lavorativamente, spesso in condizioni di semi schiavitù. “E’ per queste ragioni – sostiene Milanese – che non possiamo più permetterci di dire che i bambini sono il nostro futuro, bensì che gli adulti devono iniziare ad essere il futuro dei bambini”.

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ORGANIZZATI CELEBRAZIONI, CONVEGNI E MOSTRE PER IL 1650° ANNIVERSARIO

DELLA NASCITA DI SANT’AGOSTINO. DAL 7 AL 15 NOVEMBRE PROSSIMI LE RELIQUIE

DEL DOTTORE DELLA CHIESA SARANNO OSPITATE A ROMA
- A cura di Tiziana Campisi -

 

ROMA. = E’ stata presentata ieri pomeriggio all’Istituto Patristico Augustinianum di Roma, la settimana degli eventi che celebreranno il 1650° anniversario della nascita di sant’Agostino. Dal 7 al 15 novembre prossimi, le reliquie del dottore della Chiesa saranno ospitate a Roma nella Basilica di sant’Agostino in Campo Marzio e l’11 novembre saranno accolte nella cappella privata del Santo Padre. Ad illustrare le celebrazioni, i Convegni, le Mostre e le svariate iniziative della settimana è stato il vicario generale dell’Ordine di sant’Agostino, padre Alejandro Moral. Sono intervenuti il cardinale Ersilio Tonini, Giulio Base e Antonino Zichichi, che hanno parlato della personalità di sant’Agostino, della sua inquietudine e del suo pensiero sul rapporto tra fede e ragione. Un dibattito che ha offerto diversi spunti di riflessione ai giornalisti. Le spoglie del vescovo di Ippona arriveranno da Pavia a Ciampino, trasportate dall’Aeronautica Militare, e il 14 novembre saranno trasferite per una giornata ad Ostia, che ha recentemente scelto Agostino come suo patrono. Nell’antica cittadina portuale, sant’Agostino ha soggiornato dopo essere stato battezzato da sant’Ambrogio, e prima della sua partenza per l’Africa vi morì la madre Monica.

 

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24 ORE NEL MONDO

29 ottobre 2004

 

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Ha lasciato questa mattina Ramallah, in Cisgiordania, il presidente palestinese Yasser Arafat, gravemente malato. Il leader dell’Autorità nazionale palestinese è stato trasferito in elicottero ad Amman, da dove è poi partito per una clinica di Parigi per curare l'anomalia sanguigna di cui soffre. Confinato dagli israeliani nella sua residenza dal dicembre del 2001, Arafat non ha nominato un sostituto. Domani la questione sarà affrontata dal Comitato esecutivo dell'Olp, presieduto dall'ex premier Abu Mazen. Sentiamo Barbara Schiavulli da Ramallah:

 

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Se ne è andato. Il capo storico della Palestina, Yasser Arafat, malato, è volato a Parigi, in quella che è sembrata indifferenza verso un mito. Nessuno a dirgli addio. “Siamo tristi, ma tornerà” dice qualcuno, altri sperano sia la fine di un’epoca di lotta e di sconfitte. La maggior parte è scioccata e ora che non c’è più, sono pochi a credere che tornerà da vivo. Il rais non ha neanche lasciato un successore. Fino alla fine non ha voluto scegliere. Per il momento Abu Mazen, ex primo ministro e numero due dell’OLP, prenderà le redini del potere insieme al premier Abu Ala. Ma è proprio su questo potere che si apriranno gli scenari del futuro: un nuovo capitolo non facile della storia palestinese.

 

Barbara Schiavulli, da Ramallah, per Radio Vaticana.

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L’esercito americano si prepara all’assalto finale su Falluja, dopo giorni di assedio. A nulla, dunque, è servito il messaggio di una soluzione politica della vicenda, lanciato ieri dal premier iracheno ad interim Iyad Allawi. E mentre non si ferma la spirale di sangue, questa mattina vi è stato il macabro ritrovamento di un asiatico senza vita nei pressi di Tikrit. Ce ne parla Salvatore Sabatino:

 

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La spietata regia degli uomini di Al Zarqawi ha girato una scena già vista. Il protagonista è l’ennesimo straniero rapito: un asiatico, trovato morto nei pressi di Tikrit. Ed il pensiero è immediatamente corso al giapponese 24enne, Shosei Koda, arrivato in Iraq per aiutare la popolazione locale. Il giovane era apparso in un video diffuso sul solito circuito internet islamico. Poi, più nessuna notizia. Ma i responsabili della polizia locale ritengono improbabile che quel corpo appartenga proprio a Shosei Koda. L'ambasciata giapponese a  Baghdad sta tentando di verificare tutte le informazioni possibili sulla vittima. E la giornata odierna non ci risparmia, certo, da episodi di sangue: due membri della  polizia di Kerbala, tra cui un capitano, sono stati uccisi con colpi d'arma da fuoco da uomini armati a Latifiya, sulla strada tra Kerbala e Baghdad. La zona è spesso teatro di rapimenti di cittadini stranieri e di attacchi contro l'esercito americano e  le forze di sicurezza irachene. Uomini armati hanno inoltre assassinato oggi il vicegovernatore della provincia irachena di Diyala. A Fallujah, invece, i marines americani che circondano la roccaforte sunnita stanno ormai completando i preparativi per lanciare l'attacco decisivo, che coinvolgerà anche l'altro bastione principale della guerriglia nella zona, Ramadi. Si vanificano, dunque, le speranze di risolvere la questione politicamente, nonostante il messaggio lanciato ieri dal premier iracheno ad interim Iyad Allawi.

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Tre sospetti sono stati arrestati dalla polizia afghana in relazione al sequestro, avvenuto ieri in piena Kabul, di tre operatori delle Nazioni Unite addetti alla Commissione elettorale. Altre sei persone erano state tratte in arresto già in precedenza.

 

Almeno 18 persone sono rimaste ferite a causa dell'esplosione di due ordigni nella provincia a maggioranza musulmana di Yala, nel sud della Thailandia. Ieri due persone, un malaysiano ed un thailandese, erano morte ed altre 20 erano rimaste ferite a causa dell'esplosione di un ordigno nella città di Sungai Ko-lok, sempre nel sud del Paese asiatico. La deflagrazione era avvenuta nei pressi di  una stazione di polizia, probabile obiettivo dell'attacco.

 

Sukhumi, capitale dell’Abkhazia, è stata ieri sera teatro di scontri e proteste di piazza, dopo la proclamazione a nuovo presidente del Paese di Serghiei Bagapsh. La nomina è avvenuta a seguito delle elezioni del 3 ottobre scorso. Appena la notizia della vittoria di Begapsh si è diffusa in città, i sostenitori dell’altro candidato, Raul Khadzhimba, hanno preso d’assalto la sede locale della Corte Suprema del Paese. Il giudice Gheorghi Akaba, ha così annullato l’esito elettorale, richiamando al voto la popolazione.

 

 

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DOMENICA TERMINA L'ORA LEGALE

E SI TORNA ALL'ORA SOLARE

 

 

Domani notte, esattamente alle 3.00 di domenica mattina,

si torna all'ora solare dopo sette mesi di ora legale,

ossia dal 28 marzo. Le lancette degli orologi

dovranno essere spostate indietro di 60 minuti.