RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
303 - Testo della trasmissione di venerdì
29 ottobre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Prosegue a Gorizia il Convegno
sui diritti dei minori
Organizzati celebrazioni, convegni e mostre per il 1650° anniversario della nascita di Sant’Agostino
Arafat lascia Ramallah
per raggiungere Parigi, dove verrà sottoposto a cure intense.
I marines americani si preparano all’attacco finale contro Falluja. Scoperto a Tikrit il cadavere di un asiatico: non è il giapponese rapito dagli uomini di Al Zarqawi
29 ottobre 2004
LE NAZIONI UNITE E GLI ALTRI ORGANISMI DEL DIRITTO
INTERNAZIONALE
SIANO
RESI PIU’ FORTI PER GARANTIRE UN ORDINE MONDIALE EQUILIBRATO,
EFFICACE
CONTRO IL TERRORISMO. L’AUSPICIO DEL PAPA NEL DISCORSO
AL
NUOVO AMBASCIATORE DELL’IRAN
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
Il
mondo ha bisogno di un “ordine internazionale equilibrato”, di istituzioni
sovranazionali solide e riconosciute, soprattutto nella fase storica presente
dominata dal terrorismo “che vuole imporre la sua legge”. L’affermazione di
Giovanni Paolo II è contenuta nel discorso indirizzato dal Papa al nuovo
ambasciatore iraniano presso la Santa Sede, Mohammad Javad Faridzadeh, ricevuto
questa mattina in Vaticano per la presentazione delle lettere credenziali. Ce
ne parla Alessandro De Carolis.
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La legge del diritto contro
quella del terrorismo. La preferenza per i valori del dialogo e della fiducia,
che rendono l’altro “non una minaccia ma un interlocutore”. Il rispetto della
libertà religiosa per consentire ai credenti nel Dio unico di lavorare insieme
per la pace, al di là delle diverse professioni di credo. Temi cari a Giovanni
Paolo II, che hanno trovato eco nel suo discorso di oggi al nuovo
rappresentante diplomatico dell’Iran in Vaticano.
Gli Stati del
pianeta, ha subito affermato il Papa, hanno bisogno di dotarsi di “strumenti
stabili, efficaci e riconosciuti”, come l’ONU e gli altri organismi
internazionali. Un architrave di legittimità sul quale poggiare “l’azione
coraggiosa contro il terrorismo” e dal quale far partire la strada della pace.
“Certamente l'edificazione della pace presuppone la fiducia reciproca, per
accogliere l'altro non come una minaccia ma come un interlocutore”, ha
osservato il Pontefice, che ha pure messo in chiaro come tale fiducia richieda
alle singole nazioni di accettare da parte loro “i vincoli e i meccanismi di
controllo” prodotti dai trattati e dagli accordi multilaterali, relativi alle
principali questioni della convivenza mondiale: il “rispetto dell'ambiente, il
controllo del commercio delle armi e della non proliferazione delle armi
nucleari, la tutela dei bambini, i diritti delle minoranze”.
E in tema di
diritti, Giovanni Paolo II ha dedicato al seconda parte del suo indirizzo di
saluto al diplomatico iraniano alla libertà di religione e al dialogo tra
cattolici e musulmani. Nel definire il diritto alla libertà religiosa “un
aspetto essenziale della libertà di coscienza”, il Papa ha detto di contare sul
“sostegno delle autorità iraniane” per permettere ai cattolici in Iran, come
agli altri cristiani, “la libertà di professare la loro religione” e “per favorire
il riconoscimento della personalità giuridica delle istituzioni
ecclesiastiche”. Infine, il dialogo interreligioso. Il Pontefice ha espresso
l’auspicio che i cristiani, “i quali - ha affermato - hanno sempre nutrito il
desiderio di vivere in buoni rapporti con i musulmani, approfondiscano sempre
più le esigenze del dialogo della vita quotidiana, attraverso i diversi aspetti
della vita sociale comune”. Una migliore conoscenza e un dialogo più solido
permetteranno alle grandi religioni mondiali di “collaborare per il bene
dell’umanità”, a partire dall’eliminazione delle “cause sociali e culturali del
terrorismo”.
**********
E’ L’ORA DELLA CARITÀ
SOCIALE E POLITICA:
OPERATE SEMPRE PER LA GIUSTIZIA, LA PACE E
L’AMICIZIA TRA I POPOLI.
E’ IL FORTE APPELLO LANCIATO OGGI AI LAICI
CRISTIANI DA GIOVANNI PAOLO II
DURANTE L’INCONTRO CON I PARTECIPANTI ALLA
PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE
E AL PRIMO CONGRESSO MONDIALE DEGLI ORGANISMI
ECCLESIALI
OPERANTI IN QUESTO SETTORE
- Il servizio di Sergio Centofanti -
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Oggi è
più che mai urgente una “nuova
evangelizzazione del sociale” – ha detto il Papa. Bisogna trovare “forme
più adeguate per l’annuncio del Vangelo
nella complessa realtà del nostro tempo”. “In particolare, in un tempo come il
nostro caratterizzato dalla globalizzazione della questione sociale, la Chiesa
invita tutti a riconoscere e ad affermare la centralità della persona umana in ogni ambito e manifestazione della
socialità”.
La
dottrina sociale della Chiesa - ha proseguito Giovanni Paolo II - interpella
soprattutto i “cristiani laici, a vivere nella società come una testimonianza a
Cristo Salvatore” e ad aprire agli orizzonti della carità. “Questa, infatti -
ha aggiunto - è l’ora della carità, anche della carità sociale e politica,
capace di animare, con la grazia del Vangelo, le realtà umane del
lavoro, dell’economia, della politica, disegnando le strade della pace, della
giustizia e dell'amicizia tra i popoli”. “Operate sempre per la giustizia e la
pace”: è l’appello del Papa ai laici cristiani. “Questa è l'ora di una rinnovata stagione di santità
sociale, di santi che manifestino al mondo e nel mondo la perenne ed
inesauribile fecondità del Vangelo”.
Quindi
il Papa ha ricordato la recente pubblicazione del Compendio della dottrina sociale della Chiesa, “uno strumento -
ha detto - in grado di aiutare i cristiani nel loro quotidiano impegno di
rendere più giusto il mondo, nella prospettiva evangelica di un vero umanesimo solidale”. “La
dottrina sociale - ha concluso - fa parte essenziale del messaggio cristiano e
va sempre meglio conosciuta, diffusa integralmente e testimoniata con una
costante e coerente azione pastorale”.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Il Papa ha ricevuto stamane
l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina
della Fede.
Il Santo
Padre ha nominato vescovo di Getafe in Spagna mons. Joaquín María López de Andújar y Cánovas del Castillo, finora
vescovo titolare di Arcavica ed ausiliare di Getafe.
In Guatemala il
Papa ha nominato vescovo di Quiché, padre Mario Alberto Molina Palma,
degli Agostiniani Recolletti, parroco di "Santa María Goretti" a
Guatemala.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II al nuovo Ambasciatore della
Repubblica Islamica dell'Iran.
Il
Papa ha richiamato l'urgenza di un'azione coraggiosa contro il terrorismo e che
favorisca la costruzione di un mondo di pace, nel quale tutti possano
riconoscersi figli dello stesso Dio.
La
Santa Sede conta sul sostegno delle Autorità iraniane per permettere ai fedeli
della Chiesa cattolica presenti in Iran, come agli altri cristiani, la libertà
di professare la loro religione.
Sempre
in prima l'Iraq, dove persistono efferate violenze.
Uno
studio condotto negli Stati Uniti rivela che dall'inizio dell'intervento armato
sono morti oltre 100 mila iracheni.
Nelle
vaticane, nel discorso ai partecipanti all'Assemblea Plenaria e al
Congresso mondiale promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,
il Papa ha sottolineato che questa è l'ora della carità sociale e politica,
capace di disegnare le strade della pace, della giustizia e dell'amicizia tra i
popoli.
Nelle
estere, Unione Europea: firmato il trattato costituzionale.
Per
la rubrica dell' "Atlante geopolitico" un articolo di Marcello
Filotei dal titolo "Medio Oriente: la determinazione del Premier
israeliano sul ritiro dalla Striscia di Gaza".
Nella
pagina culturale, un articolo di Carlo Climati dal titolo "Le zucche vuote
di Halloween": una festa dall'inconsistente significato.
Nelle pagine
italiane, in primo piano il tema della finanziaria.
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29
ottobre 2004
GIORNATA STORICA PER IL VECCHIO CONTINENTE:
FIRMATA A ROMA LA COSTITUZIONE DELLA NUOVA
EUROPA A 25
- Con
noi, Romano Prodi e Giorgio Rumi -
Da
oggi, la Costituzione europea è una realtà. Nella straordinaria cornice della
Sala degli Oriazi e Curiazi del Campidoglio in Roma, i capi di Stato e di
Governo dei 25 Stati dell’Unione Europea hanno firmato, questa mattina, il
Trattato costituzionale della nuova Europa. Un evento di portata storica come è
stato sottolineato in tutti gli interventi, che hanno preceduto la cerimonia
della firma. Su questa giornata cruciale per l’Unione Europea, ci riferisce la
nostra inviata Fausta Speranza, che ha seguito per noi l’evento in Campidoglio:
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Oggi, Consiglio dei ministri
straordinario in Italia per la prima ratifica parlamentare, lo annuncia nel suo
intervento il premier Berlusconi, che ricorda che mai nella storia si trova
esempio di nazioni che volontariamente decidono di esercitare insieme i loro
poteri sovrani e che lo fanno – sottolinea – nell’interesse esclusivo dei loro
popoli. E spiega l’azzardo di questa scommessa:
“Il processo di
integrazione europea, nato con queste premesse, tra molti scetticismi e molte
riserve, si è rivelato invece la più proficua e duratura utopia del secondo
dopo guerra. Quell’idea era, per dirla con Erasmo da Rotterdam, una
lungimirante e visionaria follia”.
Saluto da padrone di casa quello
del sindaco Veltroni con una raccomandazione di concretezza. Il futuro
dell’Europa è anche nelle risposte che saprà dare, in primo luogo, ai giovani.
E’ nella cultura – sottolinea – nelle scuole, nelle università che si fa
l’Europa. E poi afferma che l’Europa è terra di pace, citando il Papa:
“E’ Il
messaggio che oggi inviamo da Roma, dalla città che nel mondo è conosciuta – lo
ha ricordato proprio ieri Giovanni Paolo II – per i suoi valori giuridici e spirituali
universali, per la sua apertura, per il suo essere crocevia di persone e di
culture diverse. Non ci manchino mai, nel cammino che ancora ci attende, il
coraggio e la capacità di essere uniti per realizzare il sogno di un’Europa
terra di pace, di convivenza fraterna e di comprensione”.
E’ una scelta di lungimiranza
politica. Questa la chiave di lettura del presidente Prodi. L’Unione sarà più
efficace, ribadisce, anche se meno di quanto avrei sperato:
Un chiaro invito a governi,
parlamenti e popoli alla ratifica, viene dal presidente del Parlamento Borrell,
che chiede senso della responsabilità per dare il via alla nuova Unione che
definisce espressione vivente della solidarietà europea:
“DE
NUEVO EN ROMA NOS EUROPEOS…”
Siamo più
numerosi, più liberi, più prosperi di quando ha avuto inizio qui la nostra
comune avventura.
“Non è stato un cammino facile”,
ricorda il premier irlandese Ahern, che sappiamo ha ricucito l’accordo dopo il
fallimento del Vertice del dicembre scorso. E proprio lui vuole sottolineare
l’importanza dell’obiettivo raggiunto appunto faticosamente:
“THE AGREEMENT ON THE CONSTITUTION…”
L’accordo sulla Costituzione è
la prova irrefutabile che l’Unione è in grado di prendere decisioni importanti
per il futuro dei suoi popoli.
Il presidente di turno,
l’olandese Balkenende, riflette su passato e presente:
(Parole olandesi)
“Noi
europei abbiamo offerto al mondo nel corso della storia nobilissime idee ed opere
d’arte splendide, ma siamo anche stati portatori nel mondo di una brutale
violenza e di un’oppressione senza pari. Dopo gli anni bui della Seconda Guerra
mondiale abbiamo cominciato a creare nuova prosperità e nuove opportunità”.
E fin qui le parole. Certo molto
è affidato anche all’immagine: i leader europei nella stessa stanza dove 47
anni fa cominciava una non scontata avventura. Un accordo commerciale di sei
Paesi fatto con il sogno di una integrazione politica. Oggi, la firma di ben 25
capi di Stato e di governo, che sottoscrivono l’impegno a fare insieme la
politica. Una foto più grande per impegni più grandi. Ma ora l’impegno da
questa storica sala, che li ha accolti da ogni palazzo del potere di ogni
Paese, diventa davvero politicamente rilevante, se tornando in ogni capitale
sarà assunto anche dai popoli attraverso il referendum o il parlamento.
Da Palazzo del Campidoglio,
Fausta Speranza, Radio Vaticana.
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Ieri il Papa, ricevendo in
Vaticano il presidente della Commissione europea Romano Prodi, aveva invocato
la benedizione del Signore su tutti i rappresentanti degli Stati convenuti a
Roma per la firma del Trattato costituzionale e su tutti i popoli
d’Europa. L’Unione Europea – ha detto –
possa “operare attivamente in campo internazionale per la pace tra i Popoli, ed
offrire un aiuto generoso per la crescita dei popoli più bisognosi degli altri
continenti”. In particolare ha ricordato come il Cristianesimo abbia dato “un
grande apporto” nel plasmare la civiltà europea. “Riconosciuto o meno nei
documenti ufficiali – ha precisato – è questo un dato innegabile che nessuno
storico potrà dimenticare”. Ai nostri microfoni abbiamo lo stesso Romano Prodi,
intervistato da Fausta Speranza che gli ha chiesto innanzitutto quali sono
stati gli aspetti più importanti dell’incontro con Giovanni Paolo II:
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R. – Due aspetti.
Uno,evidentemente di commozione personale, e su quello non voglio dire
nient’altro. Poi, c’è un aspetto politico che anche nel colloquio si è sentito
molto: il grande momento dell’Europa che respira a due polmoni e che – anche se
con problemi che tutti condividiamo, che tutti abbiamo sentito – si dà
veramente una regola per il futuro. E’ un’Europa stabile, è un’Europa che ha
chiuso con Yalta, che ha finito con le tensioni ... si è parlato proprio tanto
di pace, di come i nuovi Paesi stanno arrivando, non solo la Polonia ma tutti;
del clima che si deve creare, per la nuova Europa ...
D. – Presidente, ci aiuti ad
interpretare il voto di mercoledì scorso al Parlamento…
R. – Ma ... l’interpretazione
seria, politica è una sola. Il Parlamento europeo ha voluto affermare la sua
forza di fronte a quello che è il governo europeo, anche se i termini non sono
precisi: si parla di Commissione, non di governo ... Ma è un classico della democrazia:
il Parlamento cresce, diventa consapevole della sua forza, e va considerato non
per i poteri formali che ha, ma per il fatto che è un Parlamento! E d’ora in
poi, il Parlamento europeo sarà un protagonista molto più forte, insieme alla
Commissione, della vita europea. E quindi, gli Stati membri che in molti casi
avevano sempre controllato il voto dei loro parlamentari, si sono
trovati adesso di fronte ad un’evoluzione di straordinaria importanza nelle
istituzioni europee.
D. – “L’Europa è aperta a tutti
gli Stati che rispettano i suoi valori”: questo è il principio. Secondo lei, il
Trattato costituzionale aiuterà a rendere più concreto il rispetto di questi
valori?
R. –
Sì, molto. Perché i valori sono ben chiari nel Trattato costituzionale. Certamente,
anch’io avrei preferito, e ho lavorato attivamente perché ci fosse nel
preambolo il riconoscimento delle radici storiche del cristianesimo e del
giudaismo: questo non è stato possibile. Ma i valori di questa nostra religione
sono veramente contenuti nella Carta costituzionale. Possiamo veramente pensare
ad un’Europa – se legge nell’articolo 1.4 – che ha questi principi come
strumento di pace, come una nuova entità che si mette a servizio di un concetto
molto diverso da quello tradizionale, del rapporto di forza tra Paesi, ma che
regola i conflitti con un atteggiamento multilaterale, con l’uguaglianza tra i
diversi Paesi che partecipano alla nuova Unione ... è un superamento del
concetto di “Stato moderno”!
D. – Dunque, le sembra che il
Trattato costituzionale possa essere una scommessa di pace?
R. – Sì! E’ una scommessa
di pace. E non è una scommessa: nel senso che finora l’abbiamo mantenuta! Nel
’57 è stato firmato il primo Trattato di Roma; ci siamo allargati,
successivamente. Mai, mai un conflitto all’interno dei confini dell’Unione.
Tragedie, subito fuori dalla nostra porta. In questo senso, l’unificazione
dell’Europa con l’allargamento, e quella già progettata verso Bulgaria e
Romania e verso i Balcani, sono un’ulteriore garanzia di pace.
D. – Ecco, però lei spesso ha
ricordato che l’Europa deve guardare anche oltre i propri confini. Dunque,
questo Trattato costituzionale potrà aiutare ad evitare una crisi di divisione,
come quella che c’è stata per l’ “Iraq”?
R. – Questo no, purtroppo,
perché la competenza in politica estera non c’è ancora e quindi, se domani ci
dovesse essere un conflitto come quello iracheno, non c’è nessuna garanzia che
non ci siano le stesse divisioni. Ma l’Europa si fa con la pazienza, ci vorrà
qualche decennio per avere una politica estera comune, ma la via è segnata.
D. – “L’Europa è un’unione di
minoranze”: è un’espressione che le è cara. In che modo si coniuga con
l’esigenza di un’Europa ad una sola voce?
R. – Si coniugano proprio perché
ognuno è in minoranza. Non c’è nessuno che imponga la propria voce agli altri.
In minoranza si discute, si decide insieme e ciascuno contribuisce alla
decisione. Ma nessuno la impone agli altri. Ed è questo il concetto nuovo
dell’Europa. Per questo non sono soddisfatto dei punti in cui – come nella politica
estera – si è mantenuta l’unanimità delle decisioni, perché in 25 Paesi, con il
principio dell’unanimità, è difficile prendere delle decisioni, anzi: è
impossibile!
D. – Presidente: euro,
allargamento, Trattato costituzionale sono le conquiste più evidenti di questi
cinque anni. Ce ne racconta qualcuna invece meno evidente e magari più
sofferta?
R. – Io
esco con la tristezza di non vedere messi in atto i progetti che avevamo messo
in cantiere nel 2000 in campo economico, il cosiddetto “processo di Lisbona”,
in cui avevamo detto – anche con molta gioia comune, no? – che insieme avremmo
fatto una strategia per aumentare il gruppo economico, la ricerca, le
innovazioni per diventare – era il nostro slogan – “la società più innovativa
del mondo”. Sono passati quattro anni e in questo campo, proprio la mancanza di
processi decisionali, l’obbligo dell’unanimità, hanno fatto sì che non
siamo la società più innovativa del mondo. Lo dobbiamo ancora divenire.
D. – Ecco, però, parliamo
proprio di Europa nel mondo: ci parla dei rapporti di partenariato che l’Europa
ha avviato?
R. – E’ il nuovo capitolo:
abbiamo definito i confini dell’Europa, l’allargamento è già fatto, quello
verso la Bulgaria e la Romania è prossimo, c’è il caso della Turchia, quindi i
Balcani e poi i confini si fermano. Ma se l’Europa è un segnale di pace, deve
attuare la politica già approvata – intendiamoci: già approvata! –, la
cosiddetta “politica di vicinato”, cioè tutti i Paesi, dalla Russia fino al
Marocco che sono vicini potranno – se vogliono – concludere con l’Europa uno
strettissimo accordo, condividendo con l’Unione tutto, senza però far parte
delle istituzioni europee, cioè senza diventare membri dello stesso Parlamento
e della stessa Commissione, ma condividere unione doganale, trattati
commerciali, regole economiche, cooperazione di polizia, di giustizia, regole
dell’immigrazione ... tutto quanto concerne la collaborazione più profonda.
Ecco, è importante questo perché vuol dire estendere questa “infezione di pace”
anche a Paesi che ne hanno tanto bisogno – pensi a Israele, alla Palestina,
l’Egitto, i Paesi del Maghreb: pensi all’Ucraina, che è questa grande anima
europea ... Ecco, questo è l’ulteriore passo ed il compito dei prossimi
decenni.
D. – Presidente Prodi, io avei
voluto chiederle, una volta fatta la valigia, se ci raccontava così, sottovoce,
la sua voglia, l’intenzione di tornare indietro e di fare, altrettanto
sottovoce, a qualche leader europeo qualche raccomandazione per il bene
dell’Europa: non so se lei ha voglia adesso che ha fatto la valigia, ma l’ha
anche disfatta ...
R. – Sì, (mercoledì) è stata
proprio una giornata incredibile, perché ho fatto proprio la valigia, ho chiuso
casa – come si dice in termini popolari – ho disdetto i contratti della luce,
del gas, l’abbonamento alla televisione, tutte le cose che si fanno
normalmente; e poi come sono arrivato in ufficio è incominciato questo strano
momento in cui siamo dovuti ritornare indietro, e adesso per qualche settimana
dovrò rimanere a custodia delle istituzioni. Lo faccio volentieri, perché ci
vuole continuità. Ma non ho proprio molti consigli da dare, salvo quello di
prendere una lezione comune, che tutti dobbiamo trarre da questi avvenimenti, e
cioè di considerare la nuova forza del Parlamento europeo.
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Con la
Costituzione, l’Europa ha dunque uno strumento per diventare più unita e più
forte. Tuttavia, non manca il rammarico per alcune scelte come la mancata
menzione delle radici cristiane nel testo costituzionale. Luci ed ombre, quindi,
come sottolinea lo storico Giorgio Rumi, editorialista dell’Osservatore Romano,
intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. - La gioia per questo
approdo, che i padri fondatori, tutti i cristiani avevano voluto, è indebolita
o ingrigita da una specie di prudenza, una ostilità, in definitiva da un certo
opportunismo per cui non si è avuto il coraggio di parlare del ruolo della
religione nella nascita di questo continente. Era un tentativo per non
burocratizzare il tutto, per dargli anche la dimensione dei valori dell’anima,
ed invece si è preferita una scelta più cauta. Speriamo che questo poi non
incida sul contributo che la religione, la vita dello spirito, può dare al nuovo
Continente.
D. - La data del 29 ottobre 2004
entra di diritto nella storia che conta del Vecchio Continente. E’ certo un
punto d’arrivo di un percorso iniziato mezzo secolo fa sulle macerie della
seconda guerra mondiale. Ma può essere anche considerato un punto di partenza?
R. - Esattamente. E’ un punto di
partenza, speriamo tutti che lo sia e anche certe mancanze, lacune, possano
essere ovviate con una prassi più coraggiosa.
D. – La firma del Trattato
costituzionale è innegabilmente un grande passo in avanti sulla via
dell’integrazione europea, eppure non c’è il rischio che questo processo
politico sia percepito con una certa indifferenza dai cittadini dell’Europa?
R. – Purtroppo questa
indifferenza è palpabile, non c’è traccia di entusiasmo, da un lato per la
ovvietà di alcuni risultati, in un certo senso anche la moneta… che sono
diventati dei fatti irreversibili. Ecco, quello che manca è proprio
l’entusiasmo, appunto, si è fatta una scelta, diciamo, minimalista.
D. – Qual è il fattore più
positivo di questa firma, di questa giornata?
R. – Che finalmente possiamo
chiudere il lunghissimo libro delle ostilità dei grandi Stati europei. Fatto
anche difficile da spiegare ai giovani: spiegare che c’è stata un’epoca in cui
Francia e Germania erano nemici “ereditari”.
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A FIUGGI, L’XI
CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLA
FRATERNITÀ CATTOLICA DELLE COMUNITÀ ED
ASSOCIAZIONI CARISMATICHE
- Intervista con Matteo Calisi -
“Comunione e Missione nel terzo
millennio”. E’ il tema che impegna a Fiuggi, da oggi al primo novembre
prossimo, gli oltre mille rappresentanti, provenienti da tutto il mondo, della Fraternità Cattolica delle Comunità ed Associazioni Carismatiche di
Alleanza durante i lavori dell’11a Conferenza internazionale. La
Fraternità Cattolica, approvata dalla Santa Sede, è il primo organismo
internazionale che federa le principali e storiche comunità del Rinnovamento
carismatico cattolico, diffuso nel mondo fra 600 milioni di cristiani, 120
milioni dei quali cattolici. Al presidente dell’Alleanza carismatica, il prof.
Matteo Calisi, Giovanni Peduto ha chiesto quale sia l’obiettivo della
Conferenza?
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R. – Una crescita nella
conoscenza reciproca, in un clima di fede dialogante, di fraternità gioiosa e
di preghiera intensa, fra le varie comunità e associazioni carismatiche,
aderenti alla Catholic Fraternity, presenti in tutto il mondo.
L’incontro sarà anche l’occasione per un dialogo e un confronto con la Santa
Sede, rappresentata dal Presidente del Pontificio Consiglio dei Laici, a cui la
Fraternità cattolica si sente particolarmente legata. Tutto ciò per un potenziamento
della comunione e della missione che ogni singola comunità ha da compiere per
il disegno di Dio nell’ora attuale.
D. – Come definirebbe lei i
Carismatici?
R. – Una testimonianza potente
alla presenza dl Dio vivente nel cuore dei fedeli, che sono il suo tempio. Al
mondo moderno, che dichiara la morte di Dio ed ha un processo di necrosi
chiamato “secolarismo”, i carismatici vogliono proclamare che Dio è vivo,
perché i suoi fedeli sono viventi in Lui.
D. – Quale novità portano alla
Chiesa?
R. – I
Carismatici non portano “novità”, ma sono novità essi stessi perché aiutano la
Chiesa a riscoprire, attraverso la presa di coscienza dei doni e dei carismi
che sono dati a ciascuno ed a tutti per la costruzione della comunità
dell’azione dello Spirito Santo nella vita dei singoli e della Chiesa, la
meraviglia dei credenti, perché la Chiesa sia sempre più bella e più degna del
suo Signore.
D. – Che rapporto c’è con le
parrocchie e con gli altri movimenti?
R. – Un
naturale rapporto di comunione, perché lo Spirito che opera nei carismatici è
lo stesso che opera nelle parrocchie e negli altri Movimenti. Difficoltà
nascono quando le parrocchie e gli altri Movimenti non comprendono il valore
positivo di grazia che c’è nelle varie manifestazioni di pietà tipicamente
carismatiche. O quando i carismatici vantano eccessivamente la loro esperienza
diretta di Dio nei confronti dell’esperienza di Dio che si trova in altri
ambienti ecclesiali. Per quanto attiene la comunione e la missione, i
carismatici vivono e vogliono vivere una esperienza “ecclesiale” di servizio.
Non a caso in questa nostra Conferenza avremo gli interventi-testimonianza di
Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, e di Andrea Riccardi,
fondatore della Comunità di Sant’Egidio, con cui collaboriamo da molti anni. E’
la comunione ecclesiale che armonizza i carismi e li pone al servizio della Chiesa
e del popolo di Dio.
D. – A vostro avviso, qual è la
sfida principale della Chiesa, oggi?
R. – La
secolarizzazione, che tende ad eliminare la vocazione soprannaturale dell’uomo,
per chiuderlo nella vita del tempo presente. C’è bisogno di un potenziamento
della fede cristiana per realizzare una nuova evangelizzazione e una nuova
santità di vita, che può venire solo da un’esperienza pentecostale dello
Spirito Santo, così come avvenne all’inizio della Chiesa, quando i primi
apostoli di Cristo dovettero affrontare la società pagana del tempo.
D. – Ma i cristiani fanno
l’esperienza dello Spirito Santo?
R. – La maggior parte dei
cattolici si limita all’esperienza dei sacramenti dello Spirito, ma non dello
Spirito che è nei sacramenti. Il Rinnovamento Carismatico non si raduna intorno
a qualche particolare sacramento, ma conduce all’esperienza dello Spirito che è
nei sacramenti. Ciò è di fondamentale importanza, perché il cristiano non può
divenire un forte testimone di Cristo se non fa l’esperienza dello Spirito, non
come esperienza emozionale di un momento, ma come potenza trasformante nella
mentalità e nella vita di Cristo stesso.
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I MISSIONARI DELLA
CONSOLATA RILANCIANO
LA CAMPAGNA IN DIFESA DEGLI INDIOS DEL BRASILE
- Intervista con padre Francesco Bernardi -
Si fa sempre più grave la
persecuzione contro le popolazioni indigene di Roraima, lo Stato più
settentrionale del Brasile, al confine con il Venezuela e la Guyana. A denunciarlo
ieri a Roma, con la proiezione di un film-documentario presso il Salone
Allamano dei Missionari della Consolata, i sostenitori della Campagna
internazionale “Nos existimos”. L’iniziativa mira al riconoscimento dei
diritti degli Indios, che nello Stato brasiliano raggiungono le 40 mila unità,
ma anche dei piccoli agricoltori e degli emarginati locali. Ma perché vengono
invase le terre indigene? Roberta Moretti lo ha chiesto al padre Francesco
Bernardi, missionario della Consolata e coordinatore italiano della Campagna:
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R. -
L’uomo non si accontenta di essere signore, ma vuole essere padrone. Penso che
questo sia alla base di quello che sta accadendo anche a Roraima, dove pochi
sono padroni quasi di tutto. Vi sono i grandi proprietari terrieri, i
fazendeiros, i ricercatori d’oro, i garimpeiros, i ricercatori di legname
pregiato, i madereiros, appoggiati da grossi interessi politici, i quali
cercano di accaparrarsi queste grandi risorse del suolo e del sottosuolo di
Roraima e questo sulla pelle dei poveri.
D. –
Esiste, in Brasile, una legge che garantisca agli Indios il diritto alla terra
di appartenenza?
R. –
Questa è la Costituzione che è stata approvata nel 1988, però, purtroppo, è
rimasta lettera morta. Per cui sì, è previsto che l’Indio abbia diritto alla
propria lingua, alla propria cultura, alla propria terra, ma quando si tratta
di passare dalle parole ai fatti, ecco che ci troviamo in situazioni assurde,
come nella Raposa Serra do Sol, dove circa 20 mila Indios attendono che la
terra, già demarcata, venga riconosciuta legalmente, giuridicamente.
D. –
Qual è il bilancio della campagna ‘Nos existimos’?
R. –
Questa campagna sta diventando un movimento. Un movimento che non è europeo,
non è italiano, ma è brasiliano, è roraimense. E’ interessante notare come
questa campagna sia nata lì ed ebbe l’appoggio di nove Organizzazioni. Ora,
queste nove Organizzazioni sono diventate 15, il che significa che la campagna
è stata assunta in loco e questo, a mio parere, fa ben sperare anche per il
futuro, perché la campagna termina, ma il movimento continua.
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29
ottobre 2004
“GLI ATTACCHI DEL
FONDAMENTALISMO INDU’ NON CI FANNO PAURA,
MA RAFFORZANO LA NOSTRA FEDE. GUARDIAMO AL FUTURO
CON OTTIMISMO”.
COSI’ IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
INDIANA, CARDINALE TOPPO
NEW DELHI. = La Chiesa indiana continua a guardare al futuro con fiducia,
nonostante non accennino a diminuire gli attacchi dei fondamentalisti indù
contro i cristiani. Lo ha sottolineato, ai microfoni dell’agenzia Fides, il
cardinale Telesphore Placidus Toppo, presidente della Conferenza Episcopale
Indiana. “Problemi con i movimenti estremisti indù ci saranno sempre – ha detto
il porporato – ma non abbiamo paura. Questi episodi ci rendono più attenti e
prudenti, rafforzando la nostra fede e la nostra testimonianza di vita.
Inoltre, sono un segnale che la comunità cattolica è viva e dinamica, e offre
una testimonianza visibile”. Commentando la situazione sociale e religiosa
dell’India, a pochi mesi dall’insediamento del nuovo governo centrale, guidato
dal Partito del Congresso, il cardinale Toppo ha poi spiegato: “I governi sono
destinati a cambiare, sono le regole della democrazia. Ma non ci si può
aspettare che il cambiamento avvenga istantaneamente: c’è bisogno di tempo.
L’eredità del vecchio governo durerà ancora, ma l’importante è che con il
Partito del Congresso alla guida della nazione vi sia stato un cambiamento di
mentalità”. “Le elezioni scorse sono state un successo per la democrazia e la
tolleranza – ha aggiunto – e siamo convinti che il nuovo governo opererà per
combattere i maggiori problemi che affliggono il Paese: povertà, analfabetismo
e precaria situazione sanitaria. Bisogna ricordare che quella indiana è la democrazia
più vasta del mondo. E comunque il gioco democratico funziona. Questo ci dà
fiducia: guardiamo al futuro della nazione con ottimismo e, in quanto
cristiani, pronti a dare il nostro contributo per il bene del Paese”. (B.C.)
IL DIALOGO CON L’ISLAM E
LA SOVRANITA’ DEL LIBANO: QUESTI, IN SINTESI, I TEMI
AL CENTRO DELLA SECONDA SESSIONE DEL SINODO
PATRIARCALE MARONITA.
I LAVORI, AI QUALI HANNO PARTECIPATO ANCHE
RAPPRESENTANTI
SUNNITI, SCIITI E DRUSI, SI SONO CONCLUSI MERCOLEDI’
BEIRUT. = “Il consolidamento della convivenza
cristiano-islamica” per il recupero della “libertà, sovranità e indipendenza
del Libano”, la salvaguardia della testimonianza del Paese “contro il
cosiddetto conflitto di religioni” e lo sviluppo del contesto arabo “sulla base
dei diritti dell’uomo e delle libertà individuali”. Queste le “scelte
irrinunciabili” per la patria libanese delineate nel corso della seconda
sessione del Sinodo patriarcale maronita, conclusosi mercoledì presso il Santuario
di Notre Dame du Mont, dopo dieci giorni di lavori. Al centro dell’assise, cui
hanno partecipato anche delegati della diaspora, la riflessione iniziata nella
prima sessione del giugno 2003 sull’identità, la vocazione e missione della
Chiesa maronita, con particolare riguardo alla sua natura apostolica, alla sua
apertura ecumenica e appunto ai suoi rapporti con l’Islam e il mondo arabo. Nel
suo discorso di apertura il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale
Nasrallah Pierre Sfeir, ha voluto ricordare l’importanza del Sinodo, il primo
convocato nel 1736, per “realizzare una riforma ecclesiale e sociale che abbia
radici negli animi e nelle convinzioni, ancor prima che nei testi e nelle
istituzioni”. Ampio spazio è stato dato nei dibattiti all’analisi della nuova
fase storica apertasi con il trasferimento definitivo della maggior parte dei
maroniti fuori dai confini del Libano. Unita nel suo patrimonio rituale, nella
sua appartenenza orientale e nel suo attaccamento alla madrepatria, la Chiesa
maronita è anche universale per sua diffusione e capacità di incontro con
culture e popoli diversi. Per marcare questa missione, alle due sessioni sono
stati invitati ad intervenire i rappresentanti delle altre Chiese cristiane e
delle comunità islamiche in Libano. (L.Z.)
ORGANIZZATE
DIVERSE INIZIATIVE OGGI NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA
DEL CONGO PER
COMMEMORARE LA MORTE DI MONS. MUNZIHIRWA, ARCIVESCOVO DI BUKAVU, UCCISO NEL
1996 DAI MILITARI RWANDESI
BUKAVU. =
Ricorre oggi, nella Repubblica Democratica del Congo, l’ottavo anniversario
della morte di mons. Christophe Munzihirwa, arcivescovo di Bukavu, ucciso da
alcuni militari rwandesi perché difendeva le ragioni della sua terra, dei suoi
abitanti e della Chiesa. L’arcidiocesi di Bukavu ha pagato un alto tributo di sangue nel corso delle due guerre
congolesi: quella del 1996-97, che condusse alla caduta di Mobutu e all’avvento
di un nuovo regime, che ha cambiato il nome del Paese da Zaire a Repubblica
Democratica del Congo; e quella tra il 1998 e il 2003. Per commemorare la
memoria di mons. Munzihirwa, i fedeli di tutte le parrocchie sono invitati a
partecipare oggi ad una processione per le vie di Bukavu. La processione si chiuderà
in cattedrale, dove è prevista la celebrazione della Santa Messa da parte dell’attuale
arcivescovo, mons. Charles Kambale Mbogha. I gesuiti, l’ordine a cui
apparteneva mons. Munzihirwa, hanno da parte loro organizzato un convegno per illustrare
la figura dell’arcivescovo martire. (A.M.)
“IL CODICE DI DIRITTO
CANONICO E IL NUOVO CONCORDATO VENT’ANNI DOPO”:
E’ LO SLOGAN DI UN
INTERESSANTE CONVEGNO APERTOSI OGGI A BOLOGNA.
L’INCONTRO SI
CONCLUDERA’ DOMANI
- A cura
di Stefano Andrini -
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BOLOGNA.
= “L’identità persona-Istituzione propria del Diritto canonico richiama ogni altro
sistema giuridico al primato della persona rispetto a qualsiasi forma di
organizzazione istituzionale, cioè di organizzazione pubblica o privata del
potere. Priorità della persona che non significa identità del diritto col
desiderio, vera metastasi delle nostre società occidentali”. Lo ha affermato
monsignor Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, aprendo i lavori del Convegno
“Il Codice di diritto canonico e il nuovo Concordato vent’anni dopo”, promosso
dall’Università e dalla Facoltà teologica dell’Emilia–Romagna. “Non mi sembra –
ha ricordato il cardinal Julian Herranz, presidente del Pontificio Consiglio
per i testi legislativi – che oggi ci siano particolari difficoltà in sede di
applicazione del Concordato. C’è invece una volontà di dialogo molto chiara”.
Nella sua relazione il cardinale Herranz ha sottolineato il rapporto essenziale
tra Concilio Vaticano II e Codice di diritto canonico “perché – ha detto –
l’ecclesiologia del Vaticano II è stata il fondamento sul quale si è appoggiato
tutto il lavoro di revisione e di riforma della legislazione della Chiesa. La
quale ha molti elementi che non cambiano perché sono di diritto divino, ma
anche altri che avevano bisogno di essere adeguati alle mutate circostanze storiche”.
“La prima ricaduta pastorale – ha proseguito il porporato – è stata che sia il
Concilio sia il Codice hanno messo al primo posto la coscienza della chiamata
universale alla santità, che significa prendere sul serio il Battesimo e cosa
significa essere cristiano”.
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Tanta televisione, qualche giornale E pochi libri. E’
la “dieta mediatica”
degli italiani secondo la quarta edizione del
Rapporto sulla
comunicazione realizzato DALl’Unione Cattolica della
Stampa Italiana,
in collaborazione con il Censis
- A cura di Ignazio Ingrao -
NAPOLI. = Contro il 95 per cento
degli italiani che vedono tutti i giorni la tv, solo il 35% legge il giornale
almeno tre volte alla settimana e il 29% legge almeno tre libri nel corso
dell’anno. Lo rileva il rapporto “I media che vorrei”, promosso come ogni anno
da Ucsi e Censis e presentato oggi a Napoli. Tuttavia, osserva il rapporto, i
telespettatori sono sempre più critici riguardo ai contenuti: la metà dichiara
di non vedere o non sopportare i reality show. L’altra metà li vede ma
non dà alcun peso all’autenticità di quanto va in onda. In sostanza, osservano
i ricercatori, “c’è molta più gente di quanto non si creda che spegne la
televisione se non vi trova programmi di proprio interesse, mentre molte altre
persone la lasciano accesa, mettendosi tuttavia a fare altre cose”. Il
problema, spiega il rapporto, è che il mondo dei media continua a realizzare
un’offerta di contenuti secondo i principi “tipici della produzione
industriale” di massa. Piuttosto i gusti, le preferenze, le stesse modalità di
ricezione del messaggio da parte del pubblico si vanno sempre più
differenziando, mettendo in crisi i modelli tradizionali. Riguardo ai nuovi
media, il rapporto rileva come Internet sia un mezzo sempre più familiare per
un numero crescente di italiani, ma il maggiore ostacolo alla sua ulteriore
diffusione è proprio il computer, che resta uno strumento ancora estraneo a
molte persone.
PROSEGUE A GORIZIA IL
CONVEGNO SUI DIRITTI DEI MINORI.
AL CENTRO DEI LAVORI ODIERNI: IL RAFFORZAMENTO DELLE
POLITICHE SOCIALI
IN FAVORE DELLA FAMIGLIA
- A cura di Stefano
Leszczynski -
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GORIZIA.
= Riportare la famiglia al centro dell’azione politica: questo è il tema
conduttore della seconda giornata del Convegno sui diritti dei minori, in corso
a Gorizia e promosso dall’ufficio del Tutore pubblico della regione Friuli
Venezia Giulia. E’ attraverso la metafora di Pollicino che viene affrontato il
complesso rapporto tra minori e famiglia. Al centro del dibattito la necessità
di un rafforzamento delle politiche sociali in favore della famiglia, che siano
in grado di sostenere e promuovere i valori fondamentali del rapporto genitori-figli.
Preoccupano, infatti, i dati diffusi da Arrigo de Pauli, presidente del
Tribunale dei minori di Sierte, sulla percentuale di separazione nei matrimoni.
Per il 27 per cento delle coppie a livello nazionale il rapporto matrimoniale
si interrompe spesso in maniera traumatica per i figli, che in questo processo
vengono tenuti a livello assolutamente marginale, se non vissuti, addirittura,
come un elemento di disturbo. In particolare, il magistrato ha sottolineato
l’inadeguatezza di recenti iniziative del legislatore, quale il progetto di
legge sull’affidamento congiunto attualmente all’esame della Camera che,
seppure pensato nel superiore interesse del minore, rischia di ritorcersi
contro il minore stesso. “Serve una profonda riflessione sui valori etici e
sociali che sono alla base del concetto di famiglia – spiega la sociologa Anna
Maria Boileau – per avviare delle politiche sociali che non si applichino
soltanto a situazioni di disagio incancrenite, ma possano prevenirle”. A dare
una visione internazionale dei problemi dell’infanzia è stato, invece,
Francesco Milanese, tutore pubblico dei minori del Friuli Venezia Giulia, che,
rammentando il 15.mo anniversario della Convenzione ONU sui diritti dei minori,
ha voluto ricordare due milioni di bambini uccisi dalle guerre nell’ultimo
decennio, il milione di orfani e ben 210 milioni di bambini, tra i cinque ed i
14 anni, che nel mondo sono sfruttati lavorativamente, spesso in condizioni di
semi schiavitù. “E’ per queste ragioni – sostiene Milanese – che non possiamo
più permetterci di dire che i bambini sono il nostro futuro, bensì che gli
adulti devono iniziare ad essere il futuro dei bambini”.
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ORGANIZZATI
CELEBRAZIONI, CONVEGNI E MOSTRE PER IL 1650° ANNIVERSARIO
DELLA NASCITA DI
SANT’AGOSTINO. DAL 7 AL 15 NOVEMBRE PROSSIMI LE RELIQUIE
DEL DOTTORE DELLA CHIESA
SARANNO OSPITATE A ROMA
- A cura di Tiziana Campisi -
ROMA.
= E’ stata presentata ieri pomeriggio all’Istituto Patristico Augustinianum di
Roma, la settimana degli eventi che celebreranno il 1650° anniversario della
nascita di sant’Agostino. Dal 7 al 15 novembre prossimi, le reliquie del
dottore della Chiesa saranno ospitate a Roma nella Basilica di sant’Agostino in
Campo Marzio e l’11 novembre saranno accolte nella cappella privata del Santo
Padre. Ad illustrare le celebrazioni, i Convegni, le Mostre e le svariate
iniziative della settimana è stato il vicario generale dell’Ordine di
sant’Agostino, padre Alejandro Moral. Sono intervenuti il cardinale Ersilio
Tonini, Giulio Base e Antonino Zichichi, che hanno parlato della personalità di
sant’Agostino, della sua inquietudine e del suo pensiero sul rapporto tra fede
e ragione. Un dibattito che ha offerto diversi spunti di riflessione ai
giornalisti. Le spoglie del vescovo di Ippona arriveranno da Pavia a Ciampino,
trasportate dall’Aeronautica Militare, e il 14 novembre saranno trasferite per
una giornata ad Ostia, che ha recentemente scelto Agostino come suo patrono.
Nell’antica cittadina portuale, sant’Agostino ha soggiornato dopo essere stato
battezzato da sant’Ambrogio, e prima della sua partenza per l’Africa vi morì la
madre Monica.
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29 ottobre 2004
- A cura
di Salvatore Sabatino -
Ha lasciato questa
mattina Ramallah, in Cisgiordania, il presidente palestinese Yasser Arafat,
gravemente malato. Il leader dell’Autorità nazionale palestinese è stato
trasferito in elicottero ad Amman, da dove è poi partito per una clinica di
Parigi per curare l'anomalia sanguigna di cui soffre. Confinato dagli
israeliani nella sua residenza dal dicembre del 2001, Arafat non ha nominato un
sostituto. Domani la questione sarà affrontata dal Comitato esecutivo dell'Olp,
presieduto dall'ex premier Abu Mazen. Sentiamo Barbara Schiavulli da Ramallah:
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Se ne è andato. Il
capo storico della Palestina, Yasser Arafat, malato, è volato a Parigi, in
quella che è sembrata indifferenza verso un mito. Nessuno a dirgli addio.
“Siamo tristi, ma tornerà” dice qualcuno, altri sperano sia la fine di un’epoca
di lotta e di sconfitte. La maggior parte è scioccata e ora che non c’è più,
sono pochi a credere che tornerà da vivo. Il rais non ha neanche lasciato un successore.
Fino alla fine non ha voluto scegliere. Per il momento Abu Mazen, ex primo ministro
e numero due dell’OLP, prenderà le redini del potere insieme al premier Abu
Ala. Ma è proprio su questo potere che si apriranno gli scenari del futuro: un
nuovo capitolo non facile della storia palestinese.
Barbara Schiavulli, da Ramallah, per Radio
Vaticana.
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L’esercito
americano si prepara all’assalto finale su Falluja, dopo giorni di assedio. A
nulla, dunque, è servito il messaggio di una soluzione politica della vicenda,
lanciato ieri dal premier iracheno ad interim Iyad Allawi. E mentre non si
ferma la spirale di sangue, questa mattina vi è stato il macabro ritrovamento
di un asiatico senza vita nei pressi di Tikrit. Ce ne parla Salvatore Sabatino:
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La
spietata regia degli uomini di Al Zarqawi ha girato una scena già vista. Il
protagonista è l’ennesimo straniero rapito: un asiatico, trovato morto nei
pressi di Tikrit. Ed il pensiero è immediatamente corso al giapponese 24enne,
Shosei Koda, arrivato in Iraq per aiutare la popolazione locale. Il giovane era
apparso in un video diffuso sul solito circuito internet islamico. Poi, più
nessuna notizia. Ma i responsabili della polizia locale ritengono improbabile
che quel corpo appartenga proprio a Shosei Koda. L'ambasciata giapponese a Baghdad sta tentando di verificare tutte le
informazioni possibili sulla vittima. E la giornata odierna non ci risparmia,
certo, da episodi di sangue: due membri della
polizia di Kerbala, tra cui un capitano, sono stati uccisi con colpi
d'arma da fuoco da uomini armati a Latifiya, sulla strada tra Kerbala e
Baghdad. La zona è spesso teatro di rapimenti di cittadini stranieri e di
attacchi contro l'esercito americano e
le forze di sicurezza irachene. Uomini armati hanno inoltre assassinato
oggi il vicegovernatore della provincia irachena di Diyala. A Fallujah, invece,
i marines americani che circondano la roccaforte sunnita stanno ormai
completando i preparativi per lanciare l'attacco decisivo, che coinvolgerà anche
l'altro bastione principale della guerriglia nella zona, Ramadi. Si vanificano,
dunque, le speranze di risolvere la questione politicamente, nonostante il
messaggio lanciato ieri dal premier iracheno ad interim Iyad Allawi.
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Tre
sospetti sono stati arrestati dalla polizia afghana in relazione al sequestro,
avvenuto ieri in piena Kabul, di tre operatori delle Nazioni Unite addetti alla
Commissione elettorale. Altre sei persone erano state tratte in arresto già in
precedenza.
Almeno 18 persone sono rimaste ferite a causa dell'esplosione di
due ordigni nella provincia a maggioranza musulmana di Yala, nel sud della
Thailandia. Ieri due persone, un malaysiano ed un thailandese, erano morte ed
altre 20 erano rimaste ferite a causa dell'esplosione di un ordigno nella città
di Sungai Ko-lok, sempre nel sud del Paese asiatico. La deflagrazione era
avvenuta nei pressi di una stazione di
polizia, probabile obiettivo dell'attacco.
Sukhumi, capitale
dell’Abkhazia, è stata ieri sera teatro di scontri e proteste di piazza, dopo
la proclamazione a nuovo presidente del Paese di Serghiei Bagapsh. La nomina è
avvenuta a seguito delle elezioni del 3 ottobre scorso. Appena la notizia della
vittoria di Begapsh si è diffusa in città, i sostenitori dell’altro candidato,
Raul Khadzhimba, hanno preso d’assalto la sede locale della Corte Suprema del
Paese. Il giudice Gheorghi Akaba, ha così annullato l’esito elettorale,
richiamando al voto la popolazione.
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DOMENICA TERMINA L'ORA LEGALE
E SI TORNA ALL'ORA SOLARE
Domani notte, esattamente alle 3.00 di
domenica mattina,
si torna all'ora solare dopo sette mesi di
ora legale,
ossia dal 28 marzo. Le lancette degli
orologi
dovranno essere spostate indietro di 60
minuti.