RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 302  - Testo della trasmissione di giovedì 28 ottobre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il cristianesimo ha dato “un grande apporto” a plasmare la civiltà europea: “riconosciuto o meno nei documenti ufficiali, è questo un dato innegabile che nessuno storico potrà dimenticare”. Lo ha detto Giovanni Paolo II, incontrando oggi in Vaticano Romano Prodi

 

Il sogno europeo di Giovanni Paolo II: 26 anni di impegno instancabile per un continente unito e solidale, forte delle sue radici cristiane

 

“La verità di Cristo, presentata con rispetto delle posizioni altrui e testimoniata con la coerenza della propria vita, è un bene per tutti gli operatori scolastici”: così il Papa ai rappresentanti della società editrice “La scuola”, nel centenario di fondazione

 

Inaugurato ieri a Roma il primo convegno degli Organismi ecclesiali impegnati per la pace e la giustizia: gli interventi del cardinale Sodano e del cardinale Martino

 

Serve una reale cooperazione di tutti gli Stati per rendere le Nazioni Unite uno strumento efficace per promuovere la pace nel mondo: è il richiamo dell’arcivescovo Celestino Migliore  all’Assemblea generale dell’ONU

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Gravi le condizioni di salute di Arafat. I palestinesi a Ramallah si stringono attorno al loro leader storico: intervista con Janiki Cingoli

 

Oggi e domani all’Urbaniana il Convegno per il 40.mo del decreto conciliare Ad Gentes  e per il 15.mo dell’enciclica Redemptoris Missio: con noi, padre Francesco Ciccimarra

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il Tribunale di Riad, in Arabia Saudita, condanna a 10 mesi di prigione e 300 frustate un giovane protestante, accusato di “diffusione del cristianesimo”

 

In una dichiarazione dei vescovi ivoriani, un appello a mettere da parte le divergenze per riscoprire l’amor di patria, perché la soluzione alla crisi non può venire dall’esterno

 

A due anni dalla fine della guerra civile in Angola, il segretario della Conferenza episcopale del Paese traccia un bilancio della situazione nel Paese africano

 

Arrestati tre uomini per gli attacchi  contro le Chiese cristiane nell’arcipelago di Zanzibar

 

Rinviata al prossimo 10 novembre la sentenza d’appello in Nigeria per la giovane accusata di adulterio in base alla Sharìa: rischia la lapidazione

 

Riuniti a Gorizia diversi operatori del sociale ed enti locali per una tre-giorni di studio a 15 anni dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia

 

Eletta la nuova superiora generale delle Terziarie Cappuccine della Sacra Famiglia: è suor Julia Apesteguia Mariezcurrena.

 

24 ORE NEL MONDO:

Domani a Roma la firma del Trattato costituzionale europeo

 

Uccisa una giornalista irachena a Baghdad. Rapita una cittadina polacca

 

A Kabul sono stati sequestrati tre operatori dell’ONU

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 ottobre 2004

 

 

IL CRISTIANESIMO HA DATO “UN GRANDE APPORTO” A PLASMARE LA CIVILTA’ EUROPEA: “RICONOSCIUTO O MENO NEI DOCUMENTI UFFICIALI E’ QUESTO UN DATO INNEGABILE CHE NESSUNO STORICO POTRA’ DIMENTICARE”:

E’ QUANTO HA DETTO GIOVANNI PAOLO II INCONTRANDO OGGI IN VATICANO ROMANO PRODI

IL PAPA SI FELICITA CON IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA

PER L’OPERA SVOLTA DURANTE IL SUO MANDATO: DOMANI A ROMA LA SOLENNE FIRMA

DEL TRATTATO COSTITUZIONALE EUROPEO

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto stamane in Vaticano il presidente della Commissione Europea Romano Prodi giunto a Roma per la firma domani mattina in Campidoglio del Trattato costituzionale europeo, da parte dei venticinque Stati dell'Unione Europea. “Il luogo prescelto - quello stesso in cui nel 1957 nacque la Comunità Europea - ha detto il Papa - riveste un chiaro valore simbolico: chi dice Roma, dice, infatti, irradiazione di valori giuridici e spirituali universali”. L’incontro è durato una ventina di minuti e si è svolto in un clima familiare: con Prodi c’erano anche la moglie Flavia, i due figli con le coniugi e i nipotini. Prodi successivamente ha incontrato il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano e l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati. Nel corso di questi colloqui - precisa una nota del direttore della Sala Stampa vaticana Joaquin Navarro-Valls - sono stati discussi “alcuni problemi attuali, con speciale riferimento all’unità europea, ed al ruolo internazionale dell’Europa, soprattutto per la pace nel mondo e per lo sviluppo dei popoli, in particolare quelli dell’Africa”. Ma sul discorso del Papa nell’incontro con Prodi ascoltiamo il servizio di Sergio Centofanti.

 

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“La Santa Sede - ha detto il Papa - ha favorito la formazione dell'Unione Europea, ancor prima che si strutturasse giuridicamente, e ne ha poi seguito con attivo interesse le varie tappe. Essa si è anche sempre sentita in dovere di esprimere apertamente le giuste attese di un grande numero di cittadini cristiani d'Europa, che chiedevano il suo interessamento”. Quindi ha aggiunto:

 

“Per questo la Santa Sede ha ricordato a tutti come il Cristianesimo, nelle sue varie espressioni, abbia contribuito alla formazione di una coscienza comune dei Popoli europei ed abbia dato un grande apporto a plasmare la loro civiltà. Riconosciuto o meno nei documenti ufficiali è questo un dato innegabile che nessuno storico potrà dimenticare”.

 

Giovanni Paolo II si è poi felicitato con Romano Prodi “per l'opera svolta durante il suo mandato a guida della Commissione Europea”, e nello stesso tempo ha  espresso “l’auspicio che le difficoltà sorte in questi giorni a riguardo della nuova Commissione possano trovare una soluzione di rispetto reciproco in spirito di concordia fra tutte le istanze interessate”.

 

Il Pontefice ha invocato la benedizione del Signore “su tutti i Rappresentanti degli Stati convenuti a Roma per l'imminente firma del trattato costituzionale, e su tutti i Popoli d'Europa”.

 

L'Unione Europea - ha concluso il Papa - possa “esprimere sempre il meglio delle grandi tradizioni dei suoi Stati membri, operare attivamente in campo internazionale per la pace tra i Popoli, ed offrire un aiuto generoso per la crescita dei Popoli più bisognosi degli altri continenti”.

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IL SOGNO EUROPEO DI GIOVANNI PAOLO II: 26 ANNI DI IMPEGNO

 INSTANCABILE PER UN CONTINENTE UNITO E SOLIDALE,

FORTE DELLE SUE RADICI CRISTIANE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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“Non vuole forse Cristo, non dispone forse lo Spirito Santo, che questo Papa polacco, Papa slavo, proprio ora manifesti l’unità spirituale dell’Europa cristiana?” Quando Giovanni Paolo II pronuncia queste parole è il 3 giugno 1979. Karol Wojtyla è a Gniezno, nella sua terra, per il suo primo storico viaggio apostolico in Polonia, a meno di un anno dall’elezione a Pontefice. Siamo in piena Guerra Fredda. L’Europa è divisa in due blocchi e proprio la Polonia è uno dei tasselli di quella Cortina di Ferro, che da Stettino a Trieste taglia innaturalmente in due il Vecchio Continente. La condizione dell’Europa riflette le scelte dei vincitori della Seconda Guerra Mondiale. E’ il frutto del compromesso di Yalta. Ma Giovanni Paolo II pensa ad un’altra Europa. Sostiene fin dall’inizio del suo pontificato la necessità di costruire una “casa comune” dei popoli europei. Dall’Atlantico agli Urali. Parla di “riunificazione”, non di “allargamento”. E quando il Muro di Berlino crolla - sbriciolandosi assieme all’impero sovietico - il Papa polacco avverte, ancora una volta a Gniezno, che senza la fede cristiana, all’Europa mancherà l’anima.

 

Nel suo primo decennio di Pontificato, Est ed Ovest sembrano termini contrapposti. Eppure, Giovanni Paolo II sottolinea che l’Europa deve tornare a “respirare con due polmoni”. E’ in tale contesto che proclama compatroni d’Europa i Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi. Ai due fratelli, che portarono il Cristianesimo nell’Europa orientale, dedica nel 1985 l’enciclica Slavorum Apostoli. Accanto all’impegno per l’Europa unita, dunque, il Papa procede convinto sulla via, non sempre facile, dell’ecumenismo. Lo fa con gesti che lasciano il segno: a due anni dalla data spartiacque del 1989, convoca in Vaticano un’assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei vescovi sul tema “Insieme testimoni di Cristo che ci ha liberato” ed invita con diritto di intervento anche i rappresentanti delle Chiese ortodosse.

 

Costruttore di ponti, demolitore di muri, il Papa indica costantemente la stella polare che l’Europa deve seguire: quelle comuni “radici cristiane”, che non possono essere tagliate senza smarrire la propria identità. Memorabile resta il vibrante appello che, nel 1982, Giovanni Paolo II lancia da Santiago de Compostela a tutta l’Europa: “Ritrova te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici”. Esortazione che il Pontefice ripeterà più e più volte. Con parole diverse, certo. Ma con lo stesso vigore, la stessa passione. Ribadisce, così, l’impegno della Chiesa a costruire in Europa una “città degna dell’uomo”, alimentando “la cultura della solidarietà” per “ridare vita ai valori universali dell’umana convivenza”. La nuova Europa sia allora “una sinfonia di nazioni”, non una fortezza chiusa in se stessa. Risponda ai bisogni dei più deboli. Di quell’Africa così vicina, ma spesso così lontana dalle preoccupazioni degli europei. Il processo di integrazione, avverte, “non può riguardare unicamente aspetti geografici ed economici, ma deve tradursi in una rinnovata concordia di valori da esprimere nel diritto e nella vita”.

 

D’altro canto, le “radici cristiane” sono il leit motiv di discorsi e messaggi che il Papa ha voluto dedicare all’Europa, con frequenza crescente, proprio mentre a Bruxelles si lavorava alla redazione di una Costituzione europea. Il Cristianesimo, afferma con la forza dell’evidenza, permea di sé la storia, l’arte e la cultura dell’Europa:

 

“Dalle sue terre, nelle abbazie, nelle cattedrali, nelle chiese si è levata incessante la lode a Cristo, Signore del tempo e della storia”.

 

Nel giugno del 2003 – quasi a suggello di questi interventi, ben 8 Angelus dedicati al tema in quell’estate - viene pubblicata l’esortazione post sinodale Ecclesia in Europa. Documento che individua problematiche e opportunità nella nuova stagione del Vecchio Continente, tra spinte laiciste e ritrovata libertà. “La Chiesa di oggi – scrive il Pontefice – avverte, con rinnovata responsabilità, l’urgenza” di “aiutare l'Europa a costruire se stessa rivitalizzando le radici cristiane che l’hanno originata”. Quindi, all’Angelus del 24 agosto 2003, leva una viva esortazione:

 

“Riconoscere esplicitamente nel Trattato le radici cristiane dell’Europa diventa per il Continente la principale garanzia di futuro”.

 

Quando, infine, il testo della Carta costituzionale verrà approvato senza alcun riferimento al patrimonio comune cristiano, Giovanni Paolo II non nasconderà la sua amarezza. “Non si tagliano le radici dalle quali si è nati”, sarà il suo richiamo. Il Papa, tuttavia, non si scoraggia. E affida le sue speranze ai giovani, come tante altre volte nei suoi 26 anni di ministero petrino. Ricevendo il premio Carlo Magno, il 24 marzo scorso, Giovanni Paolo II racconta il suo sogno europeo: “Penso ad un’Europa unita grazie all’impegno dei giovani”, perché “con tanta facilità i giovani si capiscono tra di loro, al di là dei confini geografici”. Nell’Europa “che ho in mente”, rivela ancora, i cristiani si pongono “al servizio di tutti per un’Europa dell’uomo, sul quale splenda il volto di Dio”.

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PLAUSO DEL PAPA PER L’OPERA DELLA SOCIETA’ EDITRICE “LA SCUOLA”.

GIOVANNI PAOLO II HA INCONTRATO OGGI IN VATICANO ALCUNI MEMBRI

DELL’ISTITUZIONE, IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DI FONDAZIONE

- A cura di Barbara Castelli -

 

“La verità di Cristo, presentata con rispetto delle posizioni altrui e testimoniata con la coerenza della propria vita, è un bene per tutti gli operatori scolastici: genitori e figli, insegnanti e studenti, scuole statali e non statali”. Incontrando in Vaticano i rappresentanti della Società Editrice “La Scuola”, in occasione del centesimo di fondazione, Giovanni Paolo II ha ringraziato tutti per l’impegno profuso affinché l’Istituzione “rimanesse fedele agli ideali delle origini”. “Come sapete – ha detto il Papa – essa fu pensata e voluta come uno strumento per assicurare alla scuola italiana l’ispirazione cristiana”. “Impresa non facile – ha aggiunto – considerati gli orientamenti di non piccola parte della cultura attuale”.

 

Invitando i presenti a proseguire con impegno su questi cammino, il Papa ha poi passato a rassegna i momenti chiave della Società: dalla nascita, per mano di un “gruppo di laici cattolici, fra i quali il padre del Papa Paolo VI, Giorgio Montini”, fino ai giorni drammatici della Seconda Guerra Mondiale, quando un bombardamento distrusse l’Editrice.

 

Nel corso del discorso il Pontefice ha ringraziato il Signore, “datore di ogni bene, per aver ispirato questa iniziativa e per averla sostenuta nei giorni difficili”. “Il centenario che state celebrando – ha concluso – è occasione anche per gettare lo sguardo sul futuro. Non mancano prove e problemi. La Chiesa fa grande affidamento su di voi nel preparare le opportune proposte per la formazione scolastica delle nuove generazioni. Continuate ad essere seminatori di speranza”.

 

 

INAUGURATO IERI A ROMA IL PRIMO CONGRESSO DEGLI ORGANISMI ECCLESIALI

IMPEGNATI PER LA PACE E LA GIUSTIZIA. GLI INTERVENTI

DEL CARDINALE ANGELO SODANO E DEL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO

 

Occhi aperti, cuore sensibile e mano pronta per promuovere la giustizia e la pace: sono i tre criteri indicati a nome del Papa dal cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, agli oltre trecento operatori degli organismi ecclesiali impegnati nella promozione della giustizia e della pace, radunati a Roma da ieri pomeriggio fino a sabato per il loro primo Congresso mondiale su iniziativa del competente dicastero vaticano sul tema: Annunciare il Vangelo della giustizia e della pace. Provengono da 92 Paesi del mondo, oltre ai rappresentanti di 15 Conferenze episcopali regionali e di varie organizzazioni internazionali. Servizio di Paolo Scappucci:

 

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Occhi aperti – ha spiegato il porporato – vuol dire essere attenti ai segni dei tempi per vedere il mondo con gli occhi di Dio, con uno sguardo d’amore, senza discriminazione alcuna, ma anche vedere Dio nelle persone e negli eventi di oggi. Cuore sensibile significa simpatia e attenzione per i diversi da noi ed è perciò l’opposto della chiusura egoistica. Mano pronta per fare il bene, perché la fede senza le opere è morta in se stessa: il messaggio sociale della Chiesa troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna, come insegna la Centesimus Annus. “La Chiesa, lungo la sua storia – ha detto il cardinale Sodano ai presenti – si è sempre impegnata, sia come istituzione sia tramite i suoi fedeli, nella promozione della giustizia e della pace. Noi abbiamo la responsabilità di continuare in questo solco, annunciando il Vangelo di Cristo, che è Vangelo di giustizia e di pace”.

 

Nel rivolgere il primo saluto ai partecipanti a questo Congresso mondiale degli organismi ecclesiali operanti per la giustizia e la pace, il presidente del competente dicastero vaticano, il cardinale Renato Raffaele Martino, rilevando l’eccezionalità dell’avvenimento che avviene per la prima volta nella storia del Pontificio Consiglio, ne ha delineato gli scopi principali. Anzitutto fare il punto sulla giustizia nell’era della globalizzazione, una sfida che ha un significato più largo e più profondo di quello semplicemente economico, poiché nella storia si è aperta una nuovo epoca, che riguarda il destino dell’umanità.

 

Poi il grande tema della pace. Dopo il crollo del sistema sovietico – ha rilevato il cardinale – la guerra ha cambiato volto, ma non per questo è risultata meno disumana. Il mondo deve fare i conti con un terrorismo, terribile e devastante, che sta mettendo in atto una guerra al di fuori di tutti i canoni politici e giuridici, con un’inedita irruzione nella nostra quotidianità, in grado di colpire chiunque, in qualsiasi luogo e tempo. Un fatto tanto più sinistro e sconvolgente, quando con orribile bestemmia si compie in nome di Dio.

 

A ruota viene il tema dei diritti dell’uomo, con il grido straziante di milioni e milioni di persone, cui è negata ogni dignità. Argomento questo al centro del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, reso pubblico lunedì scorso, strumento importantissimo – ha detto il Presidente di Giustizia e Pace - per realizzare la nuova evangelizzazione sollecitata con insistenza da Giovanni Paolo II, al fine di costruire una città dell’uomo più umana perché più conforme al Regno di Dio. Ma anche strumento per alimentare il dialogo a livello ecumenico e interreligioso dei cattolici con tutti coloro che desiderano sinceramente il bene di ogni persona umana.

 

Il Congresso nelle intenzioni del Pontificio Consiglio servirà inoltre a trovare le strade più opportune ed efficaci per un rilancio dell’azione pastorale della Chiesa nella realtà sociale, così da essere pronti e in grado di affrontare le grandi sfide di oggi nella realizzazione della civiltà dell’amore fondata su un umanesimo integrale e solidale.

 

La relazione di apertura del Congresso è stata svolta dal Sotto-Segretario generale del Dipartimento degli Affari sociali ed economici delle Nazioni Unite, José Antonio Ocampo, sul tema: giustizia e pace oggi.

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SERVE UNA REALE COOPERAZIONE DI TUTTI GLI STATI PER RENDERE LE NAZIONI UNITE UNO STRUMENTO DAVVERO EFFICACE

PER PROMUOVERE LA PACE NEL MONDO:

 E’ IL RICHIAMO DELL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU,

INTERVENUTO AL PALAZZO DI VETRO SUL TEMA DELLA CULTURA DELLA PACE

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

“In un mondo che mai come adesso ha bisogno di pace”, le Nazioni Unite sono una “istituzione chiave a disposizione dell’uomo per la diffusione di una cultura della pace” stessa. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, intervenuto all’Assemblea generale del Palazzo di Vetro sul tema della cultura della pace. Tuttavia, ha proseguito, serve “la cooperazione di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite per renderle davvero uno strumento efficace” per la pace nel mondo. Ha così messo l’accento sulla necessità di una “volontà politica” per far sì che l’ONU non venga percepita solo come un “mero forum di analisi” o una “macchina che sforna risoluzioni”. D’altro canto, la globalizzazione sembra “incapace di prevenire le minacce alla pace perché il relativismo culturale tende a creare muri che separano un popolo dall’altro”. Il concetto stesso della sicurezza, ha poi constatato, “ha creato continue tensioni tra interessi nazionali e internazionali”. Nel suo intervento, mons. Migliore ha indicato una via per rinforzare la difesa della pace. Innanzitutto, ha avvertito, questo obiettivo può essere raggiunto “coltivando nelle menti di ogni persona di buona volontà l’imperativo di diventare in qualche modo agenti della pace”.

 

Il diplomatico vaticano ha, inoltre, ribadito il ruolo delle religioni nella promozione della pace. I leader religiosi, è stato il suo forte richiamo, devono “contrastare il sequestro dei valori religiosi quale pretesto per giustificare la violenza”. Non ha poi mancato di soffermarsi sullo spinoso problema della diffusione delle armi convenzionali e di distruzione di massa. La Santa Sede, ha affermato, chiede alla comunità internazionale un “impegno più energico per rinvigorire il legame tra la promozione di una cultura di pace, il disarmo e il processo di non proliferazione”.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Papa nel corso della mattina ha ricevuto il cardinale Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi in India.

 

Giovanni Paolo II ha nominato vescovo di Juigalpa, in Nicaragua, mons. René Sócrates Sándigo Jirón, del clero della diocesi di Granada, finora vicario episcopale della regione di Rivas e parroco di San Jorge. Mons. Sándigo Jirón è nato a Diria, diocesi di Granada, il 19 aprile 1965, ed è stato ordinato sacerdote l’11 luglio 1992.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 “Il cristianesimo ha contribuito alla formazione di una coscienza comune dei Popoli europei”: è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al discorso di Giovanni Paolo II al presidente Romano Prodi, alla vigilia della firma del Trattato costituzionale europeo.

 

Nelle vaticane, il discorso del Papa ad una delegazione della Società editrice “La Scuola”, di Brescia: continuate – ha esortato il Santo Padre - ad essere seminatori di speranza, restando fedeli agli ideali dei fondatori per assicurare alla scuola italiana l’ispirazione cristiana.

Una pagina dedicata alle celebrazioni per i 1650 anni dalla nascita di Sant’Agostino.

 

Nelle estere, in rilievo l’Iraq: assassinato a Baghdad un diplomatico iracheno; rapita una donna polacca, i sequestratori chiedono il ritiro delle truppe di Varsavia. Per la rubrica dell’“atlante geopolitica” un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo “Verso l’Unione Sudamericana”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Patrono dal titolo “Tv-verità e voyeurismo”: riflessioni su attuali programmi televisivi.

 

Nelle pagine italiane, in merito al tema del risparmio, un articolo dal titolo “Proposta sui poteri della Banca d’Italia: la Consob potrà accedere alla centrale monitoraggio rischi”; riprende l’iter parlamentare del disegno di legge.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 ottobre 2004

 

 

GRAVI LE CONDIZIONI DI SALUTE DI ARAFAT.

I PALESTINESI A RAMALLAH SI STRINGONO ATTORNO AL LORO LEADER STORICO

- Intervista con Janiki Cingoli -

 

Tornano a farsi critiche le condizioni di salute di Yasser Arafat. Il presidente palestinese, 76 anni, ieri ha perso conoscenza e oggi, dopo un iniziale miglioramento, le notizie del peggioramento diffuse dalla radio israeliana. Davanti a quartier generale della Muqata, a Ramallah, si radunano di ora in ora centinaia di palestinesi in ansia per le sorti del loro leader storico, che viene sottoposto a cure intensive. Intanto, già si parla della sua successione. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Dopo un lieve miglioramento notato in mattinata – ha consentito al rais di unirsi alla preghiera del Ramadan – sarebbe sopravvenuto un peggioramento. Sono giunti a Ramallah dei medici egiziani e giordani e si sono uniti ai medici locali e tunisini, arrivati questi già sabato scorso quando venivano espresse preoccupazioni sul suo stato di salute, minata – secondo quanto rivelano ora i giornali israeliani – da un tumore allo stomaco in fase terminale. E’ questa la ragione per cui è stata chiamata la moglie di Arafat che vive a Parigi con la figlia. Il primo ministro israeliano Sharon ha dato il permesso perché il rais possa lasciare la Muqata, ove è confinato da quasi tre anni per recarsi in un ospedale di sua scelta, anche all’estero. Sul piano politico le funzioni del rais sono esercitate da un triumvirato composto dal primo ministro Abu Ala, dal suo predecessore Abu Mazen, che da sempre è il numero due dell’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, e dal presidente del Consiglio legislativo Selim Alzanun. I comitati esecutivi dell’Olp e di Al Fatah, il partito fondato da Arafat, si riuniscono in giornata. I servizi di sicurezza palestinese sono in stato di allerta, come i soldati in Giordania, per timore di una situazione caotica nei Territori. Intanto, il ministro degli Esteri israeliano Shalom ha detto che un nuovo vertice palestinese potrà consentire la ripresa del dialogo di pace.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Ma con l’aggravarsi delle condizioni di salute di Yasser Arafat c’è il rischio di un vuoto di potere nell’Autorità nazionale palestinese? Risponde Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Il rischio c’è. Arafat ha sempre concentrato su di sé tutti i poteri, evitando sostanzialmente di creare la figura di un successore, che in qualche maniera avrebbe potuto fargli ombra. Ora, se dovessero aggravarsi ulteriormente le sue condizioni di salute, nell’ambito della successione si crea un problema di lotta di potere tra le diverse componenti interne all’Olp e Al Fatah.

 

D. – Quanto potrebbe funzionare l’idea di un triumvirato tra il premier Abu Ala, il predecessore Abu Mazen e l’esponente dell'Olp Salim Zaanun?

 

R. – Sarebbe chiaramente una soluzione transitoria, tenendo presente che questi personaggi sono esponenti della vecchia generazione. Ce n’è una nuova che guarda a Marwan Barghouthi - attualmente in carcere in Israele - e che preme per prendere il potere.

 

D. – E allora quali altre alternative potrebbero esserci?

 

R. – Ci sarà un processo complesso, difficile ed anche aspro, che si svolge nel momento in cui da parte israeliana si sviluppa l’idea del ritiro da Gaza, già approvato dal Parlamento israeliano. E anche questo è un fatto che apre grossi problemi, soprattutto a Gaza: lì l’Anp controlla ormai solo virtualmente la realtà sul terreno e c’è la questione del confronto con Hamas e con gli altri gruppi estremisti palestinesi. Ci sono stati addirittura scontri armati nelle scorse settimane tra fazioni palestinesi a Gaza. Da non dimenticare, poi, che c’è Mohammed Dahlan - il ministro degli Interni all’epoca di Abu Mazen, poi dimissionato da Arafat - che guida la contestazione anti-Arafat a Gaza. Al processo di transizione complesso inoltre si aggiunge un vuoto internazionale che coincide con le elezioni americane e con il ricambio dell’amministrazione di Washington. Fino a febbraio-marzo, quindi, gli Stati Uniti non potranno svolgere un grande ruolo nell’area.

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OGGI E DOMANI ALL’URBANIANA IL CONVEGNO

PER IL 40.MO DEL DECRETO CONCILIARE AD GENTES  

E PER IL 15.MO DELL’ENCICLICA REDEMPTORIS MISSIO

- Intervista con padre Francesco Ciccimarra -

 

Si tiene oggi e domani alla Pontificia Università Urbaniana un Convegno dal titolo Missio ad Gentes: orizzonti del terzo millennio in occasione del 40.mo anniversario del Decreto conciliare Ad Gentes sull’attività missionaria della Chiesa, e per il 15.mo anniversario dell’enciclica Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II sulla perenne validità del mandato missionario. Le relazioni metteranno a fuoco l’impegno missionario delle Chiese locali dell’Asia, lo sviluppo della Chiesa cattolica in Cina, l’attività delle Società missionarie di origine asiatica, il dinamismo missionario dell’Africa, la missionarietà delle Chiese orientali. I lavori si concluderanno con una commemorazione dei missionari martiri. Ma cosa è cambiato oggi nella missione? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Francesco Ciccimarra, decano della Facoltà di Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana:

 

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R. – Rispetto al decreto conciliare Ad Gentes è radicalmente cambiato lo scenario mondiale della missione. Quel documento aveva come sfondo e come destinatari delle realtà sociali e politiche sostanzialmente statiche, alle quali e dentro le quali poter organizzare la missione. Oggi non è più così. I mutamenti socio politici e socio culturali sono sotto gli occhi di tutti. La globalizzazione dei problemi umani, sociali, e religiosi, favorita non poco dall’enorme problema migratorio comporta un radicale cambiamento nei luoghi, nei metodi e nei contenuti della missione ad gentes. I Paesi di antica tradizione cristiana non sono più quelli di 40 ani or sono. Si sono caratterizzati nel tempo dalla sempre maggiore ricchezza, dall’invecchiamento, dalla tecnologia, e… dalla crescente scristianizzazione. I valori cristiani sembrano essere stati soppiantati da altri valori: il benessere, la libertà sfrenata in tutti i campi, l’invecchiamento, il sincretismo religioso, ecc. Se a questo si aggiunge il cambiamento sociale apportato dal flusso migratorio ci si rende conto di quanto è cambiata la realtà di riferimento per l’attività missionaria della Chiesa.

 

D. – Gran Parte dell’umanità ancora non conosce Cristo: che fare? 

 

R. – La crescita demografica a livello planetario ha fatto ancor più emergere il problema dell’evangelizzazione, della missio ad gentes. La Redemptoris Missio lo dice in maniera esplicita: il mandato della Chiesa si è fatto ancora più urgente e drammatico. Non c’è dubbio che la realtà del cristianesimo è cresciuta, in termini assoluti. Basta consultare l’Archivio Statistico della Chiesa Universale; tuttavia la crescita demografica è aumentata in maniera più esponenziale. Che fare?  Una risposta appare scontata: la Chiesa deve quotidianamente ricordare e riscoprire la sua vera natura: un popolo in missione, un popolo, non soltanto una parte di esso, ma tutti i battezzati devono sentirsi inviati in missione nelle diverse situazioni. Si tratta anzitutto di una missione fatta di autenticità e di radicalità evangelica, nella consapevolezza di essere un umile strumento nelle mani dello Spirito, che converte e salva. Occorre riscoprire e rafforzare maggiormente il ruolo missionario del laicato, soprattutto nei Paesi di antica tradizione cristiana. Al numero decrescente delle vocazioni deve corrispondere un numero crescente di missionari laici. Una Chiesa che vive in maniera autentica la sua fede, è una Chiesa autenticamente missionaria. Più che di semplice “questione organizzativa” (pur necessaria), si tratta di questione di autenticità e di testimonianza.

 

D. - Quali sono i contenuti più forti della Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II? 

 

R. - Di questa grande enciclica missionaria si possono sottolineare tanti aspetti.  Qui ne richiamiamo alcuni: a) la preoccupazione del Papa sulla tensione missionaria della Chiesa: il documento si fa carico di esplicitare una sorta di stasi della missione ad gentes, un rallentamento della pulsione missionaria, e quindi la necessità di riprendere forza e vigore nell’attività evangelizzatrice, superando il rischio di una sorta di sincretismo religioso in base al quale una religione equivale ad un’altra;  b)  il richiamo alla specificità della missio  ad gentes,  di fronte a specifiche tendenze miranti a far rientrare nella pastorale ordinaria  della Chiesa l’impegno per l’evangelizzazione di quanti non credono in Cristo, la missiologia che viene assorbita dall’ecclesiologia; c) l’esigenza della rievangelizzazione dei Paesi di antica tradizione cristiana, attratti dal materialismo e dall’indifferentismo religioso; d) la consapevolezza dei mutamenti socio-culturali, politici, religiosi del mondo: la caduta e il fallimento dei regimi comunisti, l’accentuarsi dei flussi migratori tra continenti, l’urbanesimo, l’uso delle ricerche scientifiche in funzione del benessere dell’uomo, l’evoluzione demografica del pianeta con grandi masse di giovani in alcune parti e il fenomeno dell’invecchiamento in altre, i nuovi areopaghi nel villaggio globale del mondo, in primo luogo la comunicazione tecnologica,  l’area della pace, lo sviluppo e la liberazione dei popoli;  e) le vie della missione: la testimonianza autentica personale e comunitaria, la centralità di Cristo salvatore, la Formazione delle Chiese locali, l’inculturazione, che esige tempi lunghi, poiché richiede l’adesione intima alle esigenze e ai valori del Vangelo. E poi ancora il dialogo con le altre religioni, nel quale non deve mai mancare la consapevolezza che la Chiesa è la via ordinaria di salvezza, e che solo essa possiede la pienezza dei mezzi di salvezza: il tutto ad evitare che si ingeneri una distorsione nelle attese e negli obiettivi.

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CHIESA E SOCIETA’

28 ottobre 2004

 

 

L’ARABIA SAUDITA CONDANNA A 10 MESI DI PRIGIONE E 300 FRUSTATE

UN PROTESTANTE, ACCUSATO DI “DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO”.

NUMEROSI GLI APPELLI LANCIATI A FAVORE DEL GIOVANE,

DETENUTO IN CARCERE DALLO SCORSO 25 MARZO

 

RIAD. = Dieci mesi di prigione e trecento frustate. E’ la condanna emessa lo scorso 20 ottobre dal tribunale di Riad, in Arabia Saudita, contro Brian Savio O’Connor, un cristiano indiano accusato di diversi reati, tra cui quello di “diffusione del cristianesimo”. La notizia è stata resa nota dalle agenzie Fides e Asia News che citano Middle East Concern (MEC), un’organizzazione a favore dei cristiani in Medio Oriente, che da mesi sta seguendo il caso del protestante, originario del Karnataka. L’Azione Cattolica indiana (All India Catholic Union) e l’analoga istituzione protestante (All India Christian Council) hanno chiesto al Re Saudita la liberazione di O’Connor e l’interessamento del governo indiano. O’Connor è detenuto dal 25 marzo scorso nel carcere di Olaya, dopo essere stato rapito all’esterno della propria abitazione a Riad dalla Muttawa (la polizia religiosa saudita) e torturato per 24 ore in una moschea. In seguito è stato accusato di predicazione del cristianesimo, vendita di liquori, uso di droga e  possesso di materiale video pornografico. O’Connor ha sempre negato le accuse a suo carico. “Siamo certi che non resteremo delusi in questo appello per la misericordia e la giustizia in nome della fratellanza universale, della dignità umana e delle relazioni amichevoli tra India e Arabia Saudita”: scrive in una nota John Dayal, presidente della All India Catholic Union e segretario generale dell’All India Christian Council. L’arresto di O’Connor, la sua incarcerazione e la sentenza di pochi giorni fa hanno causato “profonda preoccupazione” nella comunità cristiana indiana, sottolinea, inoltre, Dayal. “O’Connor non ha mai avuto problemi con la giustizia nel suo Paese – aggiunge – pensiamo sia stato arrestato solo a causa delle sue convinzioni religiose”. (B.C.)

 

 

LA SOLUZIONE ALLA CRISI NON PUO’ VENIRE DALL’ESTERNO.

LA COSTA D’AVORIO E’ CHIAMATA A METTERE DA PARTE LE DIVERGENZE

PER RISCOPRIRE L’AMORE DI PATRIA.

COSI’ I VESCOVI IVORIANI IN UNA DICHIARAZIONE PUBBLICATA AD ABIDJAN

 

ABIDJAN. = Dinanzi alla grave crisi che sta vivendo il Paese, gli arcivescovi e i vescovi della Costa d’Avorio hanno esortato i politici a riscoprire l’amore di patria. Lo hanno fatto con una dichiarazione, pubblicata ad Abidjan, nella quale ribadiscono che la soluzione della crisi non può venire dall’esterno, perché è un dovere del “popolo ivoriano unirsi per poter analizzare e per poter decidere ciò che gli è utile e necessario per ritrovare la propria unità e la pace”. “Nella situazione attuale – ammoniscono i presuli – la ripresa della guerra sarebbe un disastro per il Paese. Un colpo di Stato non offrirebbe alcuna soluzione durevole: tale alternativa è da respingere”. “La situazione è certamente complessa e difficile – si legge ancora nel documento – ma con Dio tutto è possibile”. “Sforziamoci – esorta la Chiesa in Costa d’Avorio – a mettere da parte le nostre divergenze, accettando di unire le nostre forze per il bene del nostro Paese. Dio ci sosterrà: ci aiuterà ad uscire dalla nostra crisi”. (A.M.)

 

 

A DUE ANNI DALLA FINE DELLA GUERRA CIVILE IN ANGOLA,

IL SEGRETARIO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE, MONS. DAL CORSO,

TRACCIA UN BILANCIO DELLA SITUAZIONE NEL PAESE AFRICANO.

LA FASE DI RICOSTRUZIONE, HA DETTO, E’ DESTINATA A DURARE ANCORA A LUNGO

 

ROMA. = “A due anni dalla fine della guerra civile in Angola, il Paese sta vivendo una fase di ricostruzione, che è destinata a durare ancora a lungo”. Lo ha sottolineato ai microfoni dell’agenzia Fides mons. Eugenio Dal Corso, vescovo di Saurimo e segretario della Conferenza episcopale angolana. Nel 2002 si è conclusa nel Paese africano la sanguinosa guerra civile esplosa nel 1975 e mons. Dal Corso ha tracciato un bilancio di questi due anni di pace. “Sul piano politico l’Angola si sta preparando per le elezioni generali – ha detto il presule – la cui data non è stata ancora stabilita”. “L’amministrazione statale si sta consolidando su tutto il territorio e i diversi governatori hanno preso le loro funzioni”. “Uno dei problemi più gravi – ha sottolineato il vescovo – è lo stato disastroso delle infrastrutture, in particolare di ponti e strade che rendono difficile gli spostamenti”. Mons. Dal Corso ha evidenziato poi il problema del reinserimento dei profughi, che durante la guerra si erano rifugiati nei Paesi vicini: Zambia, Namibia, Repubblica Democratica del Congo. “Chi cerca di rientrare da solo si trova in serie difficoltà perché privo di assistenza – ha detto – molti invece ritornano in Angola grazie all’aiuto del governo e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati”. Seriamente compromesso, secondo il vescovo, anche il sistema scolastico, per l’assenza di strutture e insegnanti. Distrutte anche molte scuole cattoliche, case parrocchiali e missioni. “Registriamo un aumento delle vocazioni – ha concluso mons. Dal Corso – purtroppo però abbiamo pochi posti nei seminari locali. Vi è la necessità di costruire un Seminario Maggiore per le province del sud. Per questo, diversi seminaristi angolani studiano in Portogallo, in Italia e in Brasile”. (R.M.)

 

 

ARRESTATI TRE UOMINI PER GLI ATTACCHI COMPIUTI NELL’ULTIMO MESE

CONTRO ALCUNE CHIESE NELL’ARCIPELAGO DI ZANZIBAR.

LA POLIZIA NON HA RESO NOTO LE GENERALITA’

DEI SOSPETTI, MENTRE PROSEGUE NELLE INDAGINI

 

DAR-ES-SALAAM. = Procedono le indagini sugli attacchi condotti nell’ultimo mese contro alcune chiese nell’arcipelago di Zanzibar. Secondo quanto riferisce l’agenzia Misna, tre persone sono finite in manette negli ultimi giorni, durante un’operazione di polizia condotta nella zona di Unguja, la principale isola dell’arcipelago semi-autonomo nel mare di fronte alla Tanzania. La polizia non ha fornito le generalità dei sospetti, spiegando che le ricerche sono ancora in corso per individuare gli altri partecipanti alle aggressioni contro i luoghi di culto Il commissario della polizia di Zanzibar, Khalid Iddi Nuizany, ha precisato, tuttavia, che i tre uomini compariranno al più presto di fronte a un tribunale. A ottobre, almeno cinque Chiese – quattro cattoliche ed una protestante – sono state attaccate, e in alcuni casi date parzialmente alle fiamme, da sconosciuti nella stessa zona. A Zanzibar i cattolici sono circa 15.000, mentre la maggioranza della popolazione è musulmana. Nello scorso aprile tre chiese e una scuola cattolica sono state attaccate con ordigni esplosivi. (B.C.)

 

 

RINVIATA AL PROSSIMO 10 NOVEMBRE LA SENTENZA D’APPELLO IN NIGERIA

PER LA DICIOTTENNE ACCUSATA DI ADULTERIO IN BASE ALLA LEGGE DELLA SHARÌA.

LA GIOVANE RISCHIA LA LAPIDAZIONE

 

DASS. = È stata rinviata al prossimo 10 novembre la sentenza della Corte di appello di Dass, nel nord della Nigeria, sulla condanna a morte per lapidazione di Hajara Ibrahim, una 18.enne accusata di adulterio in base alla legge islamica della Sharìa. La ragazza, al settimo mese di gravidanza, è comparsa nella mattinata di ieri davanti al tribunale islamico senza prendere la parola, mentre il suo avvocato esponeva gli argomenti della difesa e ne chiedeva l’assoluzione. Il difensore ha sostenuto che l’adulterio non può essere provato, non essendo stato consumato il suo matrimonio combinato. Sposata ad un uomo di Lafia, città a 220 chilometri dall’abitazione della giovane, Hajara non è mai andata a vivere con suo marito. Si è invece innamorata di un giovane del suo villaggio, Dauda, che l’ha invitata a divorziare per poi sposarla. Se confermata, la condanna alla lapidazione sarebbe rinviata a tempo indeterminato fin dopo la nascita del bambino. Il caso è l’ultimo di questo tipo, in ordine di tempo, negli stati federali del nord della Nigeria che hanno adottato la Sharia. La Costituzione nigeriana prevede, comunque, la laicità dello Stato. Finora non è stata eseguita alcuna condanna a morte, ma nel solo Stato di Bauchi, da dove proviene Hajara, sono cinque – tra uomini e donne – i condannati a morte ricorsi in appello. (R.M.)

 

 

A GORIZIA, OPERATORI DEL SOCIALE ED ENTI LOCALI PER TRE GIORNI A CONVEGNO

SUI DIRITTI DEI MINORI, A 15 ANNI DALLA CONVENZIONE ONU

SUI DIRITTI DELL’INFANZIA

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

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GORIZIA. = “Alice, Pollicino, la Gabbianella e il Gatto”. Il titolo del Convegno nazionale in corso a Gorizia da oggi fino al 30 ottobre riassume con una metafora i diversi ambiti che caratterizzano la vita del fanciullo. Il difficile passaggio dall’infanzia all’adolescenza, le problematiche familiari, l’educazione degli adulti di domani. La Conferenza promossa dal Tutore pubblico dei minori del Friuli Venezia Giulia e dall’Università di Gorizia vuole tracciare un bilancio della trasformazione del diritto, della cultura e dell’educazione a 15 anni dalla approvazione della Convenzione ONU sui diritti dei minori avvenuta il 20 novembre 1989. “Il principio da cui vogliamo muovere – spiega Francesco Milanese, tutore pubblico dei minori del Friuli – e cui vogliamo tendere è quello dell’autentica protezione del minore, inteso come individuo che più di ogni altro necessita della tutela del diritto e che risente dei suoi limiti”. Limiti che sono stati messi in parte in luce da Alfredo Carlo Moro, magistrato minorile, che ha auspicato una maggiore lungimiranza del legislatore nel tentare di riformare il diritto minorile avendo a cuore la centralità della persona del minore, come parte in causa rispetto agli avvenimenti che lo circondano. Allo stesso tempo ha messo in evidenza quegli aspetti della società che oggi più che mai negano personalità umana alla figura del ‘figlio’ bambino, che diventa in tal modo non più dono misterioso della vita, ma risorsa dell’adulto, perché risultato di un progetto posto in atto quando ritenuto utile ed opportuno. Ma i problemi dell’infanzia delineati in questa prima giornata hanno riguardato anche i difficili settori delle adozioni internazionali, dello sfruttamento lavorativo e sessuale dell’infanzia, del disagio e della carenza di mezzi di cui la società civile dispone per fornire una risposta efficace.

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SARA’ SUOR MARIEZCURRENA LA NUOVA SUPERIORA GENERALE

DELLE TERZIARIE CAPPUCCINE DELLA SACRA FAMIGLIA. L’ELEZIONE E’ AVVENUTA

DURANTE IL XX CAPITOLO GENERALE DELLE SORELLE,

IN CORSO A ROMA FINO AL 31 OTTOBRE

 

ROMA. = Durante il XX Capitolo Generale delle Sorelle Terziarie Cappuccine della Sacra Famiglia, in corso a Roma fino al 31 ottobre, è stata eletta superiora generale suor Julia Apesteguia Mariezcurrena, già vicaria generale negli scorsi sei anni. Lo scorso 25 ottobre, le sorelle capitolari sono state ricevute in udienza dal Pontefice, che ha esortato le religiose a trovare il “modo più adeguato per testimoniare e annunciare Cristo nel mondo di oggi, sempre più globalizzato”. Dopo averle invitate a “intensificare ogni giorno di più l’unione con Cristo, mediante la contemplazione e la preghiera assidua”, Giovanni Paolo II ha espresso il vivo ringraziamento della Chiesa per il lavoro delle Terziarie Cappuccine in favore dei più bisognosi, degli anziani, degli infermi e dei bambini in difficoltà. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 ottobre 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Il presidente designato della  Commissione europea, José Manuel Durao Barroso, avrà un incontro, stasera a Roma, con il premier olandese, Balkenende, presidente di turno della UE. L'incontro - ha riferito la portavoce di Barroso - servirà ad una prima valutazione della situazione creatasi dopo la  decisione del presidente designato di ritirare la sua proposta di Commissione che avrebbe dovuto fare ieri al Parlamento europeo. Domani i leader europei avranno colloqui durante il pranzo ufficiale. Alla domanda dei giornalisti se Barroso incontrerà nella capitale italiana dove arriva già oggi pomeriggio, il premier Berlusconi per discutere del problema di Rocco Buttiglione, la portavoce non ha confermato né smentito. Di certo c’è che resta formalmente in carica quale capo dell’esecutivo Romano Prodi. E che domani, i capi di Stato e di governo porranno la firma al primo Trattato costituzionale dell’Unione. Ma come fotografare e sintetizzare questo testo? Ci prova per noi Fausta Speranza:

 

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Non chiamatela Costituzione - spiegano i giuristi - perché è un accordo tra Stati. Ma i leader europei amano definirla Costituzione, spiegando che non è paragonabile ad altri Trattati. Qualcuno sottolinea: bisognerebbe trovare un termine nuovo perché una nuova realtà sta nascendo. A parte le dotte disquisizioni, il cittadino vorrebbe capire che cosa ci si può fare con un Preambolo denso e significativo e ben 448 articoli.

 

Innanzitutto, per la prima volta l’entità europea ha una personalità giuridica internazionale, pari a quella degli Stati nazionali. Primo esempio: la Carta dei diritti, già sottoscritta da tempo, inglobata nel Trattato avrà un altro valore perché i suoi principi saranno più vincolanti della legislazione dei singoli Paesi.

 

E poi: si prevede un ministro degli esteri in grado di pronunciare quella parola politica che finora è mancata. Si dà spessore al ruolo del presidente del Consiglio affidandogli un mandato di 2 anni e mezzo piuttosto che di sei mesi.

 

Un altro punto cruciale è il voto a maggioranza su molte materie, che darà spazio di manovra all’elefantiaca Europa a 25 immobilizzata da una improbabile unanimità. Ma sta qui la prima medaglia da guardare sulle due facce: l’unanimità resta su materie chiave come settori della politica estera e coordinamento delle politiche economiche.

 

Dunque, i passi in avanti ci sono ma non erano quelli sperati. E’ la delusione di tutti: questo non è il miglior Trattato possibile. E – aggiunge il presidente Prodi – è anche purtroppo abbastanza blindato, visto che per cambiare anche alcuni regolamenti ci vorrà la procedura della revisione costituzionale mentre si sarebbe voluto scorporare alcune parti per affidarle ad una procedura normale. Citiamo brevemente, solo perché già discussa, la delusione per il mancato riferimento alle radici cristiane.

 

In definitiva, ci auguriamo che l’obiettivo ultimo sia quello indicato proprio nel Preambolo di questa discussa Carta: “L’Europa offre ai suoi popoli le migliori possibilità di proseguire (…) la grande avventura che fa di essa uno spazio privilegiato della speranza umana”.

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Ancora una giornata di sangue in Iraq. Baghdad è stata colpita stamani dall’esplosione di un’autobomba e nelle città del cosiddetto triangolo sunnita si sono verificati nuovi episodi di violenza. Il nostro servizio:

 

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Un ennesimo raid aereo americano su Falluja ha provocato, nella notte, la morte di tre persone. E a Baquba sconosciuti hanno fermato un taxi e ucciso a colpi di arma da fuoco i viaggiatori, due funzionari di polizia, e l’autista. A Ramadi due iracheni sono rimasti uccisi in seguito a furiosi scontri tra guerriglieri sunniti e forze statunitensi. Un soldato americano ed un civile iracheno sono morti, inoltre, per l’esplosione di una bomba avvenuta lungo una strada molto trafficata di Baghdad. E sempre nella capitale, uomini armati hanno ucciso la giornalista Liqaa Abdul Razzaq, molto nota per aver condotto, durante il regime di Saddam Hussein, i telegiornali dell’emittente televisiva statale. Ma in Iraq la violenza non è solo quella compiuta con bombe e attentati. Nell’università di Mosul, nel nord del Paese, gli studenti cristiani sono minacciati dal continuo terrorismo psicologico esercitato dagli estremisti islamici. Vittime di questa allarmante strategia, che colpisce anche la popolazione musulmana, sono soprattutto le ragazze.

 

Intricato anche il capitolo relativo ai sequestri. Oggi la televisione del Qatar, Al Jazeera, ha riferito che è stata rapita una donna polacca. I sequestratori chiedono il ritiro delle truppe polacche ma il governo di Varsavia ha già dichiarato che non rimpatrierà il proprio contingente. In un nuovo video l’operatrice anglo irachena Margaret Hassan ha chiesto, infine, il rilascio delle donne detenute in Iraq, il ritiro delle truppe britanniche e la chiusura degli uffici dell’ONG ‘Care International’.

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E le vicende irachene dominano la campagna elettorale per le presidenziali americane che si svolgeranno il 2 novembre prossimo. In particolare la vicenda delle 380 tonnellate di esplosivo trafugate in un deposito iracheno e nelle possibili mani dei terroristi, anche ieri è stata al centro dello scontro elettorale tra Bush e Kerry con la risposta veemente del capo della Casa Bianca. Il servizio di Elena Molinari:

 

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Il presidente americano Bush ha condannato le accuse di Kerry e ha avanzato l’ipotesi che gli esplosivi fossero stati spostati prima dell’inva-sione americana. Anche gli elettori più indecisi si stanno schierando, così come hanno fatto i maggiori quotidiani americani. E Kerry gode dell’appoggio della maggior parte delle testate USA, comprese 36, che nel 2000 avevano invece appoggiato Bush. Ma in realtà a 5 giorni dal voto ufficiale un elettore su 10 si è già espresso per corrispondenza o nei 32 Stati dove è possibile farlo in anticipo. I risultati di questa pretornata danno Bush al 51 per cento, stando agli exit poll della rete ‘ABC’, ma l’errore del rilevamento è molto elevato. I sondaggi tradizionali vedono, infatti, i due candidati in perfetto equilibrio. Una previsione più attendibile, invece che il voto del 2 novembre, potrebbe vedere la più alta affluenza alle urne dal 1968. Ci si aspetta, infatti, che si esprimerà il 60 per cento degli aventi diritto, pari a 121 milioni di persone.

 

Elena Molinari, per la Radio Vaticana.

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In Afghanistan sono stati rapiti, a Kabul, tre impiegati dell’ONU: si tratta due donne, un’irlandese e una kosovara, e di un filippino. Il sequestro è stato rivendicato da un gruppo islamico afgano, il sedicente ‘Esercito dei musulmani’. I tre stranieri lavoravano nella commissione elettorale congiunta ‘Afghanistan - Nazioni Unite’ che ha controllato lo svolgimento del voto per le presidenziali dello scorso 9 ottobre. A quasi un mese dalla consultazione, è stato ufficialmente dichiarato concluso lo spoglio delle schede.

 

Ha preso il via oggi in Indonesia il processo contro il leader radicale Abu Bakar Baashyir, incriminato per gli attentati a Bali e contro l’hotel Marriot di Giacarta.  L’imam, che rischia la pena di morte, si è detto innocente, sottolineando di essere perseguitato per essersi opposto agli interessi del presidente americano George Bush. L’uomo, 66 anni, è finito in manette subito dopo l’attentato che nell’ottobre 2002 a Bali provocò 202 morti.

 

Quattro britannici, rilasciati dal centro di detenzione a Guantanamo, riservato dalle autorità americane ai presunti terroristi e talebani, hanno denunciato per torture il ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, e diversi alti ufficiali del Pentagono. L’istanza è stata presentata ad un tribunale distrettuale di Washington dal Centro per i diritti costituzionali. I quattro, che hanno chiesto un risarcimento danni di 10 milioni di dollari, sostengono di essere stati sottoposti a “torture e ad altre violazioni dei diritti umani” durante la detenzione a Cuba.

 

L’ETA è disposta ad intavolare un negoziato per trovare una soluzione alla crisi in Spagna. E’ quanto emerge da un comunicato dell’organizzazione separatista basca nel quale si sottolinea come sia necessario promuovere ‘un processo di dialogo concreto’. La dichiarazione dell’ETA è stata pubblicata alcune settimane dopo l’arresto dei suoi principali leader, Antza e Anboto.

 

In Lettonia si è dimesso il governo del premier Indulis Emsis. Il Parlamento di Riga aveva bocciato la legge finanziaria per il 2005. Cinquantatre deputati hanno votato contro il progetto, 39 a favore e cinque si sono astenuti. Si apre così una crisi politica nel Paese baltico recentemente entrato nell'Unione Europea. Il presidente Vaira Vike-Freiberga dovrà designare un nuovo primo ministro.

 

In Siberia sono 13 i morti e 23 i feriti per un’esplosione avvenuta stamani nella miniera di carbone di Listvianino, nella regione di Kemerovo. Il ministero della Protezione Civile ha comunicato la fine del lavoro dei soccorritori che, con nove squadre impegnate per quattro ore, ha portato in salvo 67 lavoratori incolumi. Lo scoppio sembra si sia verificato in una zona in cui erano in corso lavori di manutenzione degli impianti di metano. Intanto, mentre i sindacati avanzano critiche nei confronti delle condizioni di lavoro nelle miniere ex sovietiche, il governo federale annuncia un’inchiesta.

 

 

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