RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 300  - Testo della trasmissione di martedì 26 ottobre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Vi benedico di cuore e chiedo a Dio di colmare di abbondanti frutti la vostra nuova diocesi: così oggi il Papa nell’udienza ai pellegrini polacchi di Bydgoszcz, in Aula Paolo VI

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Domani l’Europarlamento vota la fiducia alla nuova Commissione di Barroso. Sulle modifiche indotte dal Trattato costituzionale, il commento di Richard Corbett

 

L’Afghanistan e il processo democratico al centro di una Conferenza promossa dalla “Civiltà Cattolica”: con noi padre Angelo Macchi

 

“Non c’e’ giustizia senza vita”: questo lo slogan della prossima Giornata contro la pena di morte, presentata oggi a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio. Intervista con Mario Marazziti

 

Chiude oggi in Vaticano il primo Incontro internazionale sul dramma dei ragazzi di strada: ce ne parla Chiara Amirante

 

Al via le celebrazioni per il 50.mo anniversario della morte del gesuita francese Teilhard de Chardin, geologo e paleontologo di fama mondiale: intervista con padre Marc Le Clerc

 

CHIESA E SOCIETA’:

Da domani a sabato prossimo, a Johannesburg, l’incontro dei membri e consultori africani del Pontificio Consiglio della Cultura

 

Cresce l’impegno dei laici nella comunità cattolica di Hong Kong, con la creazione di numerose commissioni laicali per l’inserimento dei non consacrati nelle attività pastorali

 

Per ritardi nel trasferimento dei fondi, il PAM ridurrà le razioni alimentari per i profughi di Burundi e Repubblica Democratica del Congo ospitati in Tanzania

 

A poca distanza dalla scadenza del mandato dell’Onu in Guatemala, un bilancio della situazione tracciato dal direttore di “Minugua”

 

In Indonesia, abbattuto il muro che da ottobre impediva l’accesso a una scuola cattolica di Giakarta, accusata di convertire i musulmani

 

A don Mario Picchi, presidente del Centro italiano di solidarietà di Roma, la decorazione boliviana “Simón bolívar”, per i 20 anni di sostegno allo sviluppo socio-sanitario nel Paese latinoamericano

 

24 ORE NEL MONDO:

In un clima di massima tensione, il Parlamento israeliano vota stasera il piano Sharon per il ritiro da Gaza. Conclusa l’incursione ebraica nei territori: 17 i morti.

 

A Baquba, uccisi dalla guerriglia un poliziotto ed un membro del Parlamento iracheno. Nel raid americano su Falluja, assassinato un collaboratore di Al Zarqawi

 

In Thailandia, scontri a sfondo religioso nel sud del Paese provocano 84 morti

 

Vigilia del voto di fiducia al nuovo esecutivo europeo di Bruxelles. Il presidente designato, Barroso, rigetta l’ipotesi del rimpasto

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 ottobre 2004

 

 

VI BENEDICO DI CUORE E CHIEDO A DIO DI COLMARE DI ABBONDANTI FRUTTI

LA VOSTRA NUOVA DIOCESI: COSI’ OGGI IL PAPA NELL’UDIENZA AI PELLEGRINI

POLACCHI DI BYDGOSZCZ, IN AULA PAOLO VI

- A cura di Barbara Castelli -

 

“Spero che i vostri sforzi e la stretta collaborazione dei sacerdoti, delle comunità religiose e di tutti i fedeli con il vescovo portino abbondanti frutti” alla vostra “nuova diocesi”, la cui istituzione è stata saluta da tutti con “gioia”. Con queste parole, stamani in aula Paolo VI, Giovanni Paolo II ha salutato i fedeli della diocesi polacca di Bydgoszcz. Il vostro pellegrinaggio, ha sottolineato il Papa, è teso a ringraziare “Dio per la fondazione della vostra diocesi” e, contemporaneamente, esprime “il legame che collega ogni Chiesa locale con la Santa Sede e con il Successore di Pietro”. “Chiedo a Dio che colmi delle grazie necessarie la vostra comunità diocesana – ha proseguito il Papa, rivolgendosi ai circa 800 fedeli presenti – e vi benedico di cuore. Portate questa benedizione alle vostre case e ai vostri ambienti. Che essa abbracci anche la gioventù, i bambini, e soprattutto i sofferenti”. “Insieme – ha concluso – impegnatevi per lo sviluppo spirituale di tutti e cercate di tutelare particolarmente coloro che esigono la cura della Chiesa”.

 

La diocesi di Bydgoszcz, situata nel nord della Polonia, è stata istituita lo scorso 25 marzo e conta 600-700 mila fedeli.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, Mons. Pierre Raffin, vescovo di Metz (Francia), in visita ad Limina, e tre presuli della Conferenza episcopale dell’Angola, in visita ad Limina.

 

         In Messico, il Papa ha nominato vescovo di Autlán il sacerdote Gonzalo Galván Castillo, finora vicario giudiziale della diocesi di León. Il neo presule, 53 anni, è stato ordinato sacerdote nel 1977. Dopo tre anni di ministero parrocchiale, è stato inviato a Roma dove ha frequentato la Pontificia Università Gregoriana, conseguendo la licenza in Diritto canonico. Tornato in diocesi, è stato tra l’altro professore di Diritto nel Seminario di León, assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica e dei Cursillos de Cristiandad, Dal 1996 ad oggi ha svolto più volte il ministero di parroco. Nel 1998, mons. Galván Castillo è stato anche vicario episcopale della Zona pastorale di León.

 

In Algeria, il Pontefice ha nominato Vescovo di Laghouat il sacerdote padre Claude Rault, provinciale dei Padri Bianchi in Algeria e Tunisia. Mons. Claude Rault ha 64 anni ed ha compiuto i suoi studi di Filosofia nel Seminario maggiore di Coutances, quindi, dopo l’ingresso nell’Istituto dei Padri Bianchi, ha perfezionato gli studi ad Ottawa, in Canada e a Vals, in Francia. Dopo l'ordinazione, ha svolto tra l’altro le mansioni di parroco, di vicario generale diocesano

 

La diocesi di Laghouat, già Vicariato apostolico di Ghardaia nel Sahara, si estende su una superficie che comprende il 90% del territorio algerino, con una popolazione di 3 milioni e 800 mila abitanti. Conta soltanto duemila cattolici: alcuni disseminati nell'immenso territorio desertico del Sahara e i rimanenti presenti nelle aree dei giacimenti petroliferi. In Diocesi, sono presenti 16 sacerdoti, sette fratelli religiosi, e 35 religiose.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il Medio Oriente: acceso dibattito al Parlamento israeliano sul ritiro dell'esercito dalla Striscia di Gaza; i laburisti appoggiano il piano di Sharon osteggiato dalla destra radicale e dai coloni.

 

Nelle vaticane, l'udienza di Giovanni Paolo II al pellegrinaggio diocesano di Bydgoszcz (Polonia).

Un approfondito contributo di Dale O'Leary su "La questione del femminismo di genere: correnti di pensiero che ostacolano la reale promozione della donna".

Una pagina dedicata all'ingresso in diocesi dell'arcivescovo di Sassari.

 

Nelle estere, due interventi della Santa Sede: sul decimo anniversario della Conferenza del Cairo su Popolazione e Sviluppo; sul "New Partnership for Africa development".

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Impagliazzo dal titolo "Due secoli di storia dell'Italia meridionale": un libro di Maria Marcella Rizzo sulla famiglia Winspeare.

Nella pagina dell'"Osservatore libri", un articolo di Armando Genovese riguardante due recenti volumi che ripropongono il pensiero dell'alessandrino Origene.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano le elezioni suppletive, ed i temi della giustizia e della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 ottobre 2004

 

 

 

 

DOMANI IL VOTO DEL PARLAMENTO EUROPEO ALLA NUOVA COMMISSIONE BARROSO.

TRA LE NOVITA’ DEL TRATTATO COSTITUZIONALE,

CHE I 25 SOTTOSCRIVERANNO A ROMA,

C’E’ IL RAFFORZAMENTO DELLE ISTITUZIONI

- Intervista con Richard Corbett -

 

“Un rimpasto creerebbe più problemi istituzionali che risolverli”. Con queste parole il presidente designato della Commissione europea, Josè Manuel Durao Barroso, si è espresso questa mattina a Strasburgo, nel dibattito che sfocerà domani nel voto di fiducia del Parlamento comunitario al nuovo euroesecutivo. Mentre le alleanze politiche non sono ancora del tutto definite, è certo invece che, in base al nuovo Trattato costituzionale che verrà sottoscritto il 29 novembre ancora una volta a Roma - come il Trattato che dava il via all’avventura europea nel 1957 - altri cambiamenti si registreranno nel rafforzamento dei singoli poteri. Nell’intervista di Fausta Speranza, Richard Corbett, europarlamentare laburista, relatore al Parlamento sul Trattato Costituzionale, spiega perché il nuovo Trattato rappresenta un passo in avanti significativo per Unione:

 

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R. – THE CONSTITUTIONAL TREATY…

Il Trattato costituzionale migliora l’Unione Europea in diversi modi. Mostra cosa effettivamente sia e perché esista l’Unione Europa. Mette insieme i differenti trattati già esistenti in un unico, chiaro, documento che afferma i valori dell’Unione, le procedure e il funzionamento. Rende l’Unione Europea più efficace, grazie a procedure più efficienti, come, ad esempio, più voti dati a maggioranza, che è molto importante quando si hanno 25 Paesi, o più, attorno ad un tavolo. Certamente rafforza la posizione del Parlamento europeo e del Parlamento nazionale nel sistema decisionale, rendendo l’Unione Europea più responsabile, democraticamente.

 

D. – Pensa che l’Unione Europea sarà in grado di avere una sola voce in politica estera?

 

R. – WE ARE GRADUALLY GETTING THERE…

Ci stiamo arrivando gradualmente. L’Europa parla già come singola entità nelle negoziazioni commerciali a livello mondiale nel WTO o nelle dispute commerciali con gli Stati Uniti o altri Paesi. In alcuni degli aspetti politici della sicurezza non ci siamo ancora riusciti, ma anche lì a volte parliamo con una sola voce. Sono un esempio i Balcani, dove l’Unione Europea ha inviato le proprie forze di peacekeeping: in Macedonia ed anche in Bosnia, le forze sono espressione di una politica comune degli Stati membri.

 

D. – In particolare parlando di Iraq, è mancata la coesione…

      

R. – WELL, IRAK IS A SUBJECT…

L’Iraq è uno degli argomenti dove non siamo riusciti ad essere tutti d’accordo. C’è stata una divisione sul dover intervenire militarmente o meno, un anno e mezzo fa. Ora ci troviamo in una situazione differente. Dopo l’intervento militare, oggi, sulla questione della ricostruzione dell’Iraq, ossia sull’obiettivo di un Iraq democratico basato su una struttura federale e sugli aspetti legali, i Paesi comunitari sono molto più uniti. Abbiamo molti punti di accordo su come andare avanti d’ora in poi.

 

D. –L’Europa riconosce e tutela valori fondamentali e abbiamo già una Charta dei Diritti Umani, pienamente approvata. E’ importante avere anche un Trattato costituzionale  per il suo valore simbolico, o c’è dell’altro?

 

R. – IT IS MORE…       

Rappresenta qualcosa di più. Significa consolidare quello che abbiamo raggiunto in 15 anni di integrazione europea, mostrando chiaramente ai cittadini cosa sia l’Unione Europea, cosa faccia, come lavori, quali siano le sue responsabilità e quali no. Al momento, i vari trattati creano un po’ di confusione ai cittadini. Un testo chiaro, invece,  che afferma non solo i valori, ma anche il modo di lavorare dell’Unione, cosa rappresenta, come funziona, è un miglioramento molto importante ed utile.    

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 DOMENICA 30 NOVEMBRE, GIORNATA CONTRO LA PENA DI MORTE.

ALLA PRESENTAZIONE DELL’EVENTO, LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

 HA OFFERTO LA TESTIMONIANZA DI TRE CITTADINI AMERICANI

SCAMPATI AL BRACCIO DELLA MORTE

- Intervista con Mario Marazziti -

 

“No justice without life”, non c’è giustizia senza vita, è lo slogan scelto dalla Comunità di Sant’Egidio e da altre associazioni internazionali per la prossima Giornata contro la pena di morte, in programma il 30 novembre. In questa occasione, 128 città illumineranno un monumento simbolo, per dichiarare la loro adesione all’iniziativa. Se ne è parlato stamattina a Roma, in una conferenza stampa che ha visto la partecipazione di tre cittadini statunitensi liberati dal braccio della morte. Massimiliano Menichetti ha intervistato Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:

 

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R. – Dobbiamo aiutare l’opinione pubblica, anche negli Stati che conservano la pena di morte, a sapere che c’è una giustizia che non ha bisogno della morte, perché togliere la vita impedisce di tornare indietro quando si commette un errore. E in questo caso, abbiamo avuto errori terribili: persone che hanno passato molti anni nel braccio della morte, hanno rischiato di essere uccisi ed erano innocenti. Noi siamo contro la pena di morte in tutti i casi, perché la giustizia non può che essere riabilitativa, in ogni caso. Anche chi crede che la pena di morte possa essere qualcosa di necessario alla società, sappia che in troppi casi la giustizia è fallace e quindi occorre ripensare e fermare tutto.

 

D. – Oggi, tre cittadini americani, fortunatamente liberati dal braccio della morte, testimoniano che la giustizia può sbagliare…

 

R. – Il messaggio forte che lanciano è: guardate, potrebbe accadere a chiunque. A chiunque di essere preso, accusato frettolosamente da chi vuol chiudere il caso, accusato dagli altri che hanno commesso il reato per scaricarsi della responsabilità e finire nel braccio della morte. Questo è ciò che accade alle minoranze sociali, alle minoranze etniche, e che accade in tanti Paesi diversi dagli Stati Uniti, alle minoranze politiche e agli oppositori politici.

 

D. – Qual è la condizione attuale della pena di morte nel mondo?

 

R. – La pena di morte nel mondo sta arretrando. Ma la pena di morte oggi è molto praticata in grandi Paesi come la Cina e il Giappone ed è praticata quasi in segreto. E’ praticata, poi, da grandi democrazie come l’India, gli Stati Uniti - e questa è la ferita più grande per chi ritiene che democrazia e pena di morte non possano andare d’accordo – e in molti Paesi arabi e musulmani.

 

D. – Ma una moratoria da sola può fermare la pena di morte?

 

R. – Assolutamente sì. In quasi tutti i casi in cui è stata lanciata una moratoria, quasi mai si è tornati indietro, perché si comincia ad assaggiare che c’è una giustizia senza morte.

 

D. – Questa notte negli Stati Uniti un’altra vita verrà spezzata..

 

R. – Nella camera della morte di Huntsville, questa notte, Dominique Green, un afroamericano per cui la comunità di Sant’Egidio si è battuta molto, probabilmente morirà, verrà ucciso. Noi ci auguriamo che questo ancora, per miracolo, possa essere fermato.

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GRAZIE ALLA PRESENZA DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE,

IL PROCESSO DI DEMOCRATIZZAZIONE IN AFGHANISTAN E’ DESTINATO A CONSOLIDARSI. E’ QUANTO EMERSO IN UNA CONFERENZA PROMOSSA A ROMA

DALLA “CIVILTA’ CATTOLICA”

- Intervista con padre Angelo Macchi -

 

“Afghanistan 2004. Nuova Costituzione ed elezioni presidenziali” è il tema della conferenza tenuta in questi giorni a Roma da padre Angelo Macchi, redattore della rivista dei gesuiti “Civiltà Cattolica”. Attraverso un excursus della storia più recente del Paese – dagli attacchi angloamericani dell’ottobre 2001 allo svolgimento delle elezioni presidenziali, lo scorso 9 ottobre, che vedono ormai la vittoria matematica di Hamid Karzai – il religioso gesuita è giunto alla conclusione che il processo di democratizzazione in Afghanistan sia ormai inarrestabile. Eppure, sul terreno la violenza dei guerriglieri talebani non si arresta. Ascoltiamo, in proposito, un commento dello stesso padre Macchi, intervistato da Dorotea Gambardella.

 

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R. – La situazione interna continuerà a rimanere preoccupante, perché non è che per il fatto che si siano fatte le elezioni i guerriglieri talebani scompaiano. D’altra parte, credo che l’alleanza internazionale rimarrà fino a quando non ci sarà una stabilizzazione.

 

D. – Lei ha parlato della nuova Costituzione afghana nella quale viene sancita la parità tra uomo e donna. Non crede che ci sia contraddizione con le donne ancora costrette ad indossare il burka?

 

R. – Il problema della parità deve essere mediato attraverso quelle consuetudini, radicate da secoli. Che ci possa essere un obbligo giuridico, tale da considerare chi non porta il burka colpevole di qualche reato, io non lo credo, ma certamente non ci sarà un obbligo di non mettere il burka. Allora la parità di diritti tra uomo e donna rimane il nucleo dei diritti. Certe modalità della vita familiare sono un problema che sarà risolto con il tempo.

 

D. – Lei ha auspicato che in Iraq si verifichi quanto accaduto in Afghanistan, però ha sottolineato anche la differenza tra i due Paesi…

 

R. – In Afghanistan è presente l’ONU, tutta la comunità internazionale. In Iraq c’è una spaccatura enorme rispetto alla comunità internazionale. Quindi, questa è la prima grande differenza. La Germania, che in Afghanistan sta dando il meglio di se stessa, in Iraq non metterà piede. Il cancelliere Schroeder per vincere le elezioni ha detto: “Qualunque cosa avvenga noi non metteremo piede in Iraq”. Seconda cosa, finora a dividere la comunità internazionale è stata, in modo particolare, la Francia. C’è poi tutta l’opinione pubblica di tanti Paesi europei contrari all’intervento anglo-americano, perché lo considerano illegale, non essendoci stata una delibera delle Nazioni Unite. Terza cosa, Saddam Hussein ha costruito attorno a sé un sistema di controllo del Paese che non è scomparso e che adesso continua ad alimentare tutte le strutture del terrorismo. Queste tre cose rendono la situazione irachena molto più complessa di quella afghana.

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OGGI LA CONCLUSIONE IN VATICANO DEL PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE

SUL DRAMMA DEI RAGAZZI DI STRADA

- Intervista con Chiara Amirante -

 

Centocinquanta milioni di ragazzi in tutto il mondo, praticamente abbandonati, spesso alla mercé di trafficanti di droga, del mercato della prostituzione o del traffico degli organi. Sono i cosiddetti “ragazzi di strada”, vittime di un fenomeno sociale che non conosce confini territoriali e al quale dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti ed itineranti ha dedicato il primo Incontro internazionale per la pastorale dei ragazzi di strada che si conclude oggi in Vaticano. I numeri sono impressionanti: 45 milioni di minori in America Latina, in particolare in Brasile, altri 40 milioni in Asia, 10 milioni in Africa. In Europa, questa piaga sociale si fa sempre più preoccupante in Russia e Romania. Ma qual è la situazione in Italia? Giovanni Peduto lo ha chiesto a Chiara Amirante, fondatrice della comunità “Nuovi Orizzonti”:

 

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R. – E’ piuttosto drammatica. Quando ho iniziato ad andare in strada, diversi anni fa, non immaginavo davvero che ci fosse un popolo così sterminato di ragazzi di strada. Le problematiche sono le più varie. Oggi incontriamo tanti ragazzi di strada con problemi di tossicodipendenza, di alcoolismo, di carcere, di Aids. Forse prima si incontravano più poveri, migranti. Adesso c’è tutto questo nuovo mondo che io chiamo il popolo della notte, che è caratterizzato da queste nuove povertà. Quanti sono? Secondo le stime dell’Unicef, si parla di 500 mila ragazzi in Italia.

 

D. – Cosa fa lo Stato per loro? Cosa fa la Chiesa?

 

R. – Per quanto riguarda lo Stato, mi sembra che per quanto si tenti di incidere in qualche modo, gli interventi siano del tutto insufficienti perché la richiesta è enorme, le strutture sono indubbiamente pochissime. La Chiesa sta provando ad affacciarsi su questo nuovo popolo che bussa con prepotenza, ma certamente c’è un bisogno enorme, disperato di un maggiore intervento perché sia nella prevenzione, sia nel recupero, sia nel reinserimento, sia nell’accoglienza le strutture sono del tutto insufficienti.

 

D. – Un normale cittadino, diciamo così, che incontra questi ragazzi, cosa è chiamato a fare?

 

R. - Per la mia esperienza - ormai sono 10 anni che in questi centri di accoglienza vivo  a contatto giorno e notte con i ragazzi di strada - mi sono resa conto che l’intervento che loro ci chiedono non può limitarsi ad un intervento di tipo caritativo. Ci vuole necessariamente un intervento che si faccia carico delle loro piaghe, del loro grido, della loro disperazione e li accompagni con molta pazienza e con molto amore in un processo  di guarigione del cuore, di ricostruzione umana e spirituale, che possa portarli a decidere una rinascita. Fondamentalmente, il vero male che ho trovato nei ragazzi di strada non è tanto la povertà materiale, ma la morte dell’anima. Quindi hanno proprio bisogno di incontrare Colui che ci dà la possibilità di rinascere, di fare l’esperienza della risurrezione. Una persona normale, naturalmente, non può farsi carico di un accompagnamento così complesso che richiede una ricostruzione totale dell’individuo, però certamente può aiutare questi ragazzi ad orientarsi verso le varie comunità che operano in questo senso.

 

D. – In proposito, ci parli della sua comunità “Nuovi Orizzonti”...

 

R. – “Nuovi Orizzonti” è nata fondamentalmente dal desiderio di condividere la gioia dell’incontro con Cristo risorto proprio con quei ragazzi che vedevo nella disperazione, in particolare i ragazzi della Stazione Termini a Roma. Ho iniziato nel 1991 a recarmi di notte alla Stazione e di fronte a tanti che con le lacrime agli occhi mi abbracciavano chiedendomi: “Portami via da questo inferno. Anche noi vogliamo incontrare questo Gesù che ti ha cambiato la vita e chi ti ha portato ad essere qui, a rischiare la tua vita per noi”. Così, nel ‘91 è nata l’idea di una comunità dove accogliere questi giovani. Ed è stata sorprendente la risposta di questi ragazzi, anche dei più lontani, dei più anticlericali, a questa proposta di provare a vivere il Vangelo. Tanti di loro – adesso sono 223 – hanno fatto una scelta di consacrazione e hanno sentito proprio questo impegno nella pastorale di strada, una pastorale che non sia tanto di bravi predicatori, che vanno a fare un annuncio, ma che trova la forza nella testimonianza di ciò che l’incontro con Cristo può operare nella nostra vita quando c’è vuoto, morte, disperazione. Abbiamo avuto modo di incontrare un milione di ragazzi con varie iniziative di evangelizzazione di strada ed abbiamo visto che la risposta è sempre veramente impressionante.

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AL VIA LE CELEBRAZIONI PER IL 50.MO ANNIVERSARIO DELLA MORTE

DEL GESUITA FRANCESE, TEILHARD DE CHARDIN,

GEOLOGO E PALEONTOLOGO DI FAMA MONDIALE

- Intervista con padre Marc Le Clerc -

 

Scienziati, filosofi, teologi, antropologi, economisti si sono riuniti in questi giorni presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma, per ricordare Pierre Teilhard de Chardin, il gesuita francese, geologo e paleontologo, a quasi 50 anni dalla sua morte, avvenuta nel 1955 a New York. “Un mondo in evoluzione: fede, scienza e teologia” è il titolo di questo convegno, che si inserisce in una serie di manifestazioni in diversi Paesi del mondo per celebrare l’importante anniversario. Per tracciare un profilo di Teilhard de Chardin, Debora Donnini ha intervistato padre Marc Le Clerc, professore di filosofia moderna alla Gregoriana:

 

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R. – E’ un grande credente, un religioso sempre fedele alla Compagnia, alla Chiesa. Un uomo mistico, in più un poeta, ma anche un grande scienziato, geologo, paleontologo che ha lavorato tutta la sua vita in questo campo.

 

D. – Qual è stato il fulcro del suo pensiero?

 

R. – Che Cristo è il centro dell’universo, il centro del mondo. Che in Cristo tutte le cose trovano la propria consistenza, come dice Paolo stesso nella Lettera ai Colossesi, ma che se Cristo riprende in sé tutto ciò che c’è, tutto l’universo, deve anche assumere in sé un universo in evoluzione, come lo scopre la scienza del suo tempo. Quindi, da lì il senso di Cristo non soltanto Redentore dell’uomo, ma anche fine, termine e motore di tutta l’evoluzione del cosmo e dell’uomo.

 

D. – E come accolse la Chiesa le sue teorie, e oggi come vengono viste?

 

R. – All’inizio c’era sicuramente un po’ di diffidenza, perché erano molto nuove. Forse, non si vedeva molto bene come conciliare – come voleva fare padre Teilhard – i dati scientifici con i dati tradizionali e teologici della fede cattolica. Poi, a poco a poco, le acque si sono calmate e con il distacco del tempo vediamo molto meglio che il suo tentativo di conciliazione era molto rispettoso, in realtà, della diversità dei piani scientifico, filosofico e teologico.

 

D. – A volte, Teilhard de Chardin è stato accostato – diciamo così – al New Age. Secondo lei, questa non è una lettura giusta?

 

R. – E’ vero che le sue espressioni non sono sempre del tutto precise, e quindi si può capire che alcuni l’abbiano inteso così, perché manca a volte nella sua espressione la precisione tecnica: lui non era né un filosofo di mestiere né un teologo professionista, quindi aveva una visione grande, forte, bella, poetica, ma che bisogna seguire fino in fondo per capire fino a che punto fosse di fatto radicata nella fede della Chiesa. E lì, padre De Lubac ha reso un immenso servizio mostrando questa coerenza e apportando al pensiero di Teilhard a volte la precisione che gli mancava.

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CHIESA E SOCIETA’

26 ottobre 2004

 

DA DOMANI A SABATO PROSSIMO A JOHANNESBURG L’INCONTRO

DEI MEMBRI E CONSULTORI AFRICANI DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

JOHANNESBURG. = A partire da domani, fino a sabato prossimo 30 ottobre, i membri e consultori africani del Pontificio Consiglio della Cultura daranno vita ad un incontro sul tema: “Una sola famiglia di Dio nella diversità delle culture”. L’incontro si svolgerà a Johannesburg, in Sud Africa. Saranno presenti anche i vescovi responsabili della pastorale della cultura nei loro rispettivi Paesi nell’Africa meridionale (Angola, Sao Tomé, Botswana, Lesotho, Mozambico, Namibia, Sud Africa, Swaziland e Zimbabwe). Questo incontro fa parte di una serie di iniziative che ha lo scopo di promuovere la pastorale della cultura nelle diverse parti del mondo. L’ultimo incontro di questo genere in Africa si era svolto a Yaoundé nel 2000, ed esso diede ai vescovi dell’Africa centrale l’occasione di proporre “Una cultura cristiana della pace”. In questa occasione, sarà posta speciale attenzione all’evangelizzazione delle culture, con una particolare enfasi sulle questioni riguardanti l’unità e la diversità. Nel contesto attuale, fortemente segnato dal fenomeno della globalizzazione, la Chiesa si sforza di promuovere la diversità culturale nell’unità della fede in Cristo e la diffusione della cultura della solidarietà e della fratellanza. Il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, terrà la relazione centrale intitolata: “L’Eucaristia e la Chiesa, sorgente e strumento dell’unità dei popoli nella loro diversità culturale”.

 

 

CRESCE L’IMPEGNO DEI LAICI NELLA COMUNITA’ CATTOLICA DI HONG KONG,

CON LA CREAZIONE DI NUMEROSE COMMISSIONI LAICALI PER L’INSERIMENTO

DEI NON CONSACRATI NELLE ATTIVITA’ PASTORALI

 

HONG KONG. = In aumento la consapevolezza e l’impegno dei laici nella comunità cattolica di Hong Kong. Come comunicato dall’Ufficio diocesano per la formazione dei laici, 26 parrocchie sulle 53 esistenti nella diocesi hanno formato una Commissione laicale e lavorano a pieno ritmo per la formazione e l’inserimento dei laici nelle diverse attività pastorali. Kevin Lai Yuk Ching, segretario dell’Ufficio diocesano, se ne rallegra e auspica che presto anche le altre parrocchie seguano l’esempio. In un’intervista al settimanale diocesano in lingua inglese, Sunday Examiner, il segretario ha spiegato che esse vengono chiamate “unità pastorali” o “commissioni laicali”, e che si occupano soprattutto della catechesi e delle attività di apostolato sociale. Secondo Kevin Lai Yuk ching, occorre convincersi sempre più che il lavoro pastorale non può essere solo appannaggio del clero e dei religiosi: l’apporto dei laici diventa sempre più importante. “Per questo - ha sottolineato - la Chiesa non deve smettere di curarne la formazione, organizzando specifici seminari di studio e di approfondimento biblico”. A Hong Kong, esiste anche una commissione che si occupa della formazione di diaconi permanenti. (R.M.)

 

 

IL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELL’ONU HA ANNUNCIATO CHE RIDURRÀ

LE RAZIONI ALIMENTARI PER I PROFUGHI DI BURUNDI

E REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, OSPITATI IN TANZANIA

 

DAR ES SALAAM. = “Siamo costretti a diminuire le razioni di cibo a circa 400 mila profughi ospitati in Tanzania. A causa di alcuni ritardi non possiamo utilizzare, infatti, i soldi prima di qualche mese”. Lo ha detto all’Agenzia missionaria Misna la portavoce del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM) a Dar Es Salaam. L’agenzia dell’ONU ha anche lanciato un appello alla comunità internazionale perché stanzi al più presto 14 milioni di dollari. Per far fronte a questa emergenza, è stato deciso di ridurre le razioni di cereali e legumi del 24 per cento passando da da 2,5 kg a 1,9 kg settimanali per persona. Il provvedimento, che riguarda oltre 400 mila profughi provenienti da Burundi e Repubblica democratica del Congo, sarà in vigore fino al mese di febbraio, data in cui dovrebbe arrivare il denaro necessario per acquistare circa 40 mila tonnellate di cibo. “Si tratta di misure che cerchiamo di evitare – ha spiegato la portavoce del Pam, Karla Hershey - perché tendono ad aumentare l’insicurezza all’interno dei campi”. Questa drammatica situazione – ha aggiunto – non dipende da una minore generosità dei donatori ma, piuttosto, dal tardivo utilizzo dei fondi. Una misura simile a quella adottata in Tanzania è stata presa all’inizio di ottobre anche nella Zambia, dove il Pam ha annunciato di essere costretto a dimezzare le razioni alimentari per oltre 100 mila profughi. (A.L.)

 

 

IL DIRETTORE DELLA MISSIONE ONU IN GUATEMALA “MINUGUA” TRACCIA UN BILANCIO SULLA SITUAZIONE DEL PAESE POCO PRIMA

DELLA SCADENZA DEL MANDATO ALLA FINE DELL’ANNO

 

CITTA’ DEL GUATEMALA. = Soddisfazione per il rafforzamento della società civile e di alcune istituzioni impegnate nella difesa dei diritti umani, ma anche preoccupazione per la debolezza dello Stato di diritto. Sono alcune delle valutazioni sul Guatemala espresse al quotidiano “Prensa Libre” dal capo della missione ONU “Minugua”, Tom Koenigs. Il mandato della missione delle Nazioni Unite in Guatemala, creata nel 1994 per cercare di risolvere il conflitto civile che insanguinava il Paese dal 1960, scade alla fine dell’anno. Dopo questa data sarà la Procura speciale per i diritti umani ad assumere la funzione di verifica degli accordi di pace. I principali obiettivi indicati in un recente rapporto dell’ONU sul Guatemala, sono il libero accesso alle terre per i nativi ed una più diffusa alfabetizzazione. “Non possiamo parlare di violazioni sistematiche dei diritti umani – spiega Koenigs - ma il razzismo e la discriminazione impediscono ancora la creazione di uno Stato multiculturale, plurilingue e multietnico”. “La presenza di indigeni nelle istituzioni – aggiunge il capo della missione delle Nazioni Unite - è ancora molto limitata e in Parlamento ci sono solo 16 nativi su un totale di 158”. Prima di lasciare il Paese, la Minugua ha organizzato un congresso internazionale dal titolo “Costruendo la pace in Guatemala da un punto di vista comparato”, che si terrà da domani fino al prossimo 29 ottobre a Città del Guatemala. “Gli argomenti principali di questo incontro – afferma Koenigs - saranno la riforma del sistema giudiziario, la lotta contro la povertà, la criminalità, la discriminazione e l’impegno della comunità internazionale nella costruzione della pace nello Stato centro americano”. (A.L.)

 

 

ABBATTUTO IERI IL MURO CHE DA OTTOBRE IMPEDIVA L’ACCESSO

A UNA SCUOLA CATTOLICA DI GIAKARTA ACCUSATA DI CONVERTIRE I MUSULMANI

 

GIAKARTA. = E’ stato abbattuto, ieri a Giakarta, un muro eretto in ottobre da estremisti islamici per impedire l’accesso alla scuola cattolica di Sang Timur, accusata di convertire i musulmani. Secondo quanto riferisce il quotidiano Gakarta Post, le autorità ne hanno ordinato la demolizione poche ore prima dell’arrivo sul luogo di Abdurrahman Wahid, grande fautore del dialogo interreligioso, già presidente indonesiano, per anni a capo della più grande organizzazione musulmana del Paese, Nahadlatul Ulama, con oltre 30 milioni di seguaci. Un religioso della scuola, Padre Derkson Turnip, intervistato dal quotidiano di Giakarta, ha parlato dell’importanza della tolleranza reciproca, sottolineando la necessità di “evitare il ricorso della violenza a causa delle differenze”. (E.B.)

 

 

A DON MARIO PICCHI, PRESIDENTE DEL CENTRO ITALIANO DI SOLIDARIETA’ DI ROMA,

LA DECORAZIONE BOLIVIANA “SIMÓN BOLÍVAR”, PER LA VENTENNALE ATTIVITA’

DI SOSTEGNO ALLO SVILUPPO SOCIO-SANITARIO IN BOLIVIA.

LA CERIMONIA, OGGI POMERIGGIO NELLA SEDE ROMANA DEL CENTRO

 

ROMA. = Per oltre 20 anni di attività in Bolivia, don Mario Picchi, presidente del Centro Italiano di Solidarietà di Roma (CeIS), verrà insignito oggi pomeriggio della decorazione “Simón Bolívar”, con il grado di commendatore della Repubblica boliviana. La cerimonia sarà presieduta dal ministro degli Esteri della Bolivia, Juan Ignacio Siles, e dall’ambasciatrice boliviana, Moira Paz Estenssoro. Don Picchi ha operato nel Paese sudamericano sin dagli anni ’80 alla guida del CeIS, organizzazione non governativa incaricata dagli uffici dell’ONU per la Lotta alla droga di realizzare progetti di “sviluppo socio-comunitario e salute” nella regione del Nord Yungas, nella provincia di La Paz. L’attività di maggior rilievo è stata la costruzione e l’allestimento dell’Ospedale generale degli Yungas, aperto a Coroico nel 1990 e consegnato al ministero della Salute boliviano. Primo in Bolivia a raggiungere i livelli di qualità standard necessari nell’offerta dei servizi sanitari, quello di Coroico è stato anche il primo ospedale rurale riconosciuto come “Amico della madre e del bambino”, per il pieno rispetto dei requisiti e delle raccomandazioni dell’UNICEF, l’ente ONU per l’infanzia. Tra le altre opere realizzate in questi due decenni, la formazione di operatori sanitari, attività per il trattamento e la riabilitazione di tossicodipendenti in istituzioni non governative, laboratori educativi per bambine orfane e abbandonate della città di Potosí. Nel 2004, il CeIS ha dato inizio anche al progetto “Educazione e comunicazione comunitaria in salute materna”, finanziato dalla Conferenza episcopale italiana e ha ottenuto dalla Farmacap, azienda delle farmacie capitoline, una cospicua donazione di farmaci per l'Ospedale generale universitario degli Yungas. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 ottobre 2004

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Tra tensioni e speranze, si vive oggi in Medio Oriente una giornata davvero cruciale per la pace nella martoriata regione. La Knesset, il Parlamento israeliano vota stasera – in un clima di forte polarizzazione – sul piano di ritiro militare da Gaza che, secondo il premier Sharon, richiede una decisione fatidica. La votazione avviene proprio mentre si contano i morti dell’incursione israeliana nella Striscia di Gaza, durata tre giorni. Nel corso dell’operazione, 17 palestinesi sono stati uccisi e 76 feriti. Distrutti anche 23 edifici. Secondo fonti locali, le truppe israeliane si sono ritirate stamani dal campo profughi di Khan Yunis. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Tra accesissimi contrasti che riflettono la profonda divisione nel Paese – migliaia di manifestanti sono in piazza per protesta e circondano l’edificio della Knesset – si conclude in serata il dibattito parlamentare sul controverso piano di ritiro di soldati e coloni dalla striscia di Gaza e da quattro piccoli insediamenti della Cisgiordania. Previsto un voto a favore del primo ministro, ma gli verrà solo da parte della maggioranza di governo, in particolare da appena metà del partito Likud, di cui è leader. Il deficit sarà colmato dall’opposizione di sinistra, soprattutto dai laburisti. Una situazione di accentuata crisi, destinata alla nascita di una nuova coalizione o allo scioglimento della legislatura. Intanto, mentre da Khan Yunis, nella striscia di Gaza, è cominciato questa mattina il ritiro dei soldati israeliani a conclusione dell’operazione militare, suscita inquietudine la salute di Yasser Arafat, anche se ufficialmente si parla delle conseguenze di un raffreddore. Il leader palestinese, che ha 75 anni, ha rifiutato l’autorizzazione israeliana a lasciare Ramallah, ove è isolato da quasi tre anni, per farsi curare in un ospedale vicino. Alcuni esami e le cure mediche gli vengono assicurati anche da medici egiziani e tunisini.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Sono almeno 84 i morti negli incidenti di ieri nel sud della Thailandia, dove le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco su una folla di musulmani che manifestavano davanti a un commissariato. Lo ha reso noto oggi un funzionario del Ministero della giustizia thailandese. La collera della folla era stata provocata dall’arresto dei sei responsabili, accusati di false dichiarazioni in merito a un furto d'armi. Secondo le autorità locali la maggior parte delle persone sono morte nella calca seguita agli spari. Nel sud della Thailandia, teatro di una ribellione separatista, scontri e violenze hanno causato oltre 300 morti dall'inizio dell'anno.

 

In Iraq le forze dell’ordine continuano ad essere bersaglio degli attacchi della guerriglia. Un poliziotto è morto ed altri sette sono stati feriti nei pressi di Baquba, a nord est di Baghdad, per l’esplosione di due ordigni artigianali. La prima bomba è esplosa al passaggio di una pattuglia sulla strada per l’università di Diyala. La seconda deflagrazione è avvenuta mentre i feriti venivano trasportati d’urgenza all’ospedale. L’area del cosiddetto triangolo sunnita è stata teatro di altri episodi di violenza. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:

 

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Un collaboratore di Al Zarqawi è stato ucciso questa notte in seguito ad un raid aereo sulla città di Falluja. Lo hanno reso noto le Forze armate americane, precisando che le recenti operazioni condotte dall’aviazione hanno ridotto la capacità di compiere attacchi da parte della rete del terrorista giordano. E proprio sulla difficile situazione di Falluja, il governo provvisorio del Paese arabo ha negato di avere interrotto i colloqui con i negoziatori tesi a ristabilire un clima di pace nella città sunnita, bombardata in continuazione dalle truppe statunitensi. Continuano, intanto, le indagini sul programma “Oil for Food”, iniziato subito dopo la fine della prima guerra del Golfo. Il presidente della Commissione di inchiesta dell’ONU, Paul Volcker, ha dichiarato in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore che “sarà fatta luce sul traffico di denaro sporco durante il regime di Saddam Hussein”. Nel programma delle Nazioni Unite, “Oil for Food” sono coinvolti almeno 5000 gruppi: “Se le accuse di corruzione saranno confermate – spiega Volcker, ex governatore della Federal Reserve americana – l’ONU dovrà cambiare”. E per protestare contro uno dei più grandi drammi che colpiscono l’attuale Iraq, quello dei sequestri, centinaia di disabili hanno manifestato ieri, davanti alla sede di ‘Care International’, chiedendo la liberazione della responsabile anglo irachena dell’ONG, Margaret Hassan. “Dopo il suo rapimento – hanno detto alcuni disabili – la nostra vita è diventata ancora più miserabile”. Da registrare, infine, è stato liberato un giordano rapito 13 giorni fa. A riferirlo è stato un funzionario del ministero degli Esteri di Amman.

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Il segretario di stato americano, Colin Powell, in visita a Seul, ha sollecitato la Corea del nord a tornare - subito dopo le elezioni presidenziali americane del 2 novembre - al tavolo del negoziato sulla crisi innescata dai suoi programmi nucleari.

 

In Giappone, messi in ginocchio dal terremoto più grave negli ultimi dieci anni, gli abitanti della prefettura di Niigata devono ora fare i conti con la pioggia, e il pericolo di frane. Sono più di 100 mila i sopravvissuti al sisma di sabato, che per la terza notte consecutiva hanno dormito all’addiaccio. Il bilancio è pesante: oltre ai 31 morti, più di 2.900 persone sono rimaste ferite e tre, tra i quali due bambini, sono ancora disperse. A ostacolare i soccorsi, contribuisce il maltempo.

 

Manifestazioni contrastanti, in India, per il capo della giunta militare birmana di Myanmar, il generalissimo Than Shwe, che ieri ha incontrato il premier indiano, Singh. Centinaia di oppositori birmani, esiliati a New Delhi, hanno protestato contro la visita del numero uno della giunta davanti al Parlamento, accusando Shwe di essere un “dittatore”. Dal canto suo, il generalissimo ha dichiarato all’India “il sincero impegno del suo governo a instaurare la democrazia”. L'India è uno dei pochi Paesi a mantenere rapporti diplomatici con Rangoon.

 

In Pakistan, il presidente Pervez Musharraf ha proposto ieri un dibattito nazionale, nel Paese, sui modi di risolvere la controversia con l'India per la contesa regione del Kashmir.

 

E' salito a 122 morti accertati il bilancio delle vittime del disastro avvenuto venerdì scorso nella miniera di Daping, nella Cina centrale. Lo afferma oggi l'agenzia Nuova Cina.

 

In Kosovo, è ufficiale la vittoria del partito del presidente Rugova. L’OSCE, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ha infatti confermato il successo della “Lega democratica” alle elezioni di sabato scorso. Il partito del presidente si conferma, dunque, prima forza della provincia balcanica a maggioranza albanese, che ora chiede con più forza l’indipendenza. Da Belgrado, Emiliano Bos:

 

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“Insisto perché venga riconosciuta l’indipendenza del Kosovo”: con queste parole, a scrutinio quasi completo, il leader moderato Rugova ha ribadito ieri le richieste autonomiste di Pristina, forte del successo elettorale ormai sancito dal conteggio delle schede. Rugova ha ottenuto poco più del 45 per cento delle preferenze, espresse quasi esclusivamente dagli albanesi. La tornata elettorale è stata, infatti, caratterizzata dal pressoché totale boicottaggio della minoranza serba, che ha scelto il non voto come forma di protesta contro la mancanza di sicurezza e di libertà di movimento. La protesta della minoranza slava preoccupa anche l’Unione Europea, ma il capo della missione dell’ONU nella provincia a maggioranza albanese si è detto convinto che i dieci seggi, sul totale di 120, riservati alla minoranza serba rappresenteranno anche coloro che hanno avuto paura di votare.

 

Da Belgrado, per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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Il governo del Sudan ha rifiutato l’ingresso sul proprio territorio a un reggimento di soldati rwandesi del contingente d’interposizione messo a disposizione dall'Unione Africana, e incaricato di controllare la tenuta del cessate-il-fuoco tra le truppe di Khartoum e i ribelli nella tormentata regione occidentale del Darfur. Intanto, ad Abuja – capitale della Nigeria – sono ripresi tra mille difficoltà i negoziati per risolvere quella che l’ONU ha definito la più grave crisi umanitaria attuale.

 

A partire dall’8 novembre prossimo, a Cuba non saranno più accettati i dollari statunitensi per le transazioni sull'isola. Lo ha annunciato la Banca centrale cubana con un comunicato letto in tv alla presenza del presidente Fidel Castro, tornato a comparire in pubblico dopo la caduta della scorsa settimana.

 

Sette a zero per il centrosinistra. In Italia, le elezioni suppletive per la Camera registrano la vittoria inequivocabile dell’alleanza ulivista. Nel centrodestra, si segnala il forte astensionismo, ma sia l’UDC che AN ammettono la “sconfitta”. Stamani, intanto, si è tenuto un vertice di maggioranza a Palazzo Chigi. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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L’Ulivo ha strappato tre collegi alla Casa delle Libertà. Il risultato politicamente più significativo è quello nel collegio 3 di Milano, dove nel 2001 era stato eletto Umberto Bossi e dove ieri ha vinto l’ex presidente della Rai, Roberto Zaccaria. Il centrosinistra esulta e parla di vittoria inequivocabile. “Uniti stravinciamo”, sottolinea Romano Prodi. Il centrodestra si interroga sul risultato e parla di un campanello di allarme da non sottovalutare, ma neppure da drammatizzare. E ora, nell’uno e nell’altro schieramento si mettono a punto candidature e alleanze per le Regionali del prossimo anno, la prova generale delle elezioni politiche in programma nel 2006.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) hanno fatto pervenire ai familiari di 12 ex-deputati sequestrati nell’aprile 2002 una videocassetta in cui gli ostaggi chiedono al presidente Alvaro Uribe di raggiungere un’intesa con la guerriglia, che consenta la loro liberazione.

 

Un battaglione di soldati spagnoli, inviato in Afghanistan per assicurare il servizio d'ordine alle elezioni presidenziali, comincerà probabilmente a ritornare in patria alla fine della settimana. Lo ha annunciato il ministro della Difesa spagnolo, José Bono.

 

In Egitto, i presunti responsabili degli attentati del 7 ottobre scorso - nei quali sono morte 34 persone - verranno processati per omicidio premeditato, appartenenza a organizzazione terroristica e detenzione di armi proibite. Lo ha annunciato stasera l'agenzia “Mena”, citando la procura generale.

 

In Australia, il premier conservatore John Howard ha prestato oggi giuramento con il suo governo per un quarto mandato, dopo la netta vittoria elettorale del 9 ottobre scorso.

 

 

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