RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
294 - Testo della trasmissione di mercoledì
20 ottobre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Prosegue a Malta il Congresso
internazionale per i sacerdoti
OGGI IN PRIMO PIANO
Forte appello alla pace dei leader cristiani in Iraq:
ce ne parla mons. Shlemon Warduni
CHIESA E SOCIETA’:
Pakistano
condannato all’ergastolo per aver violato la legge sulla blasfemia
Zanzibar:
distrutta una Chiesa. Tutti i sospetti su alcune formazioni di militanti
islamici
Sospesa
l’attività dell’organizzazione umanitaria “Care” in Iraq dopo il rapimento
della sua responsabile Margaret Hassan. L’appello del marito iracheno per il
rilascio. Si terrà il 22 e il 23 novembre a Sharm el Sheikh la Conferenza
internazionale sulle elezioni nel Paese
Si è dimesso il premier
libanese Rafic Hariri
20 ottobre 2004
LA VERA RICCHEZZA E’
QUELLA CHE SI ACQUISTA AGLI OCCHI DIO:
E S’ILLUDE CHI PENSA DI EVITARE LA MORTE
AFFANNANDOSI
AD ACCUMULARE BENI
TERRENI: COSI’ IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE
“La vanità delle ricchezze”: ne ha parlato stamane il Papa all’udienza
generale, in piazza San Pietro. Giovanni Paolo II commentando il Salmo 48,
ha ricordato che la vera ricchezza è
quella che si acquista agli occhi di Dio. Servizio di Roberta Gisotti:
**********
“Un’ottusità profonda s’impadronisce dell’uomo quando s’illude di evitare
la morte affannandosi ad accumulare beni materiali”: questo il monito del salmista.
Del resto - come ha ricordato il Papa - il significato della ricchezza nella
vita dell’uomo “è stato esplorato da tutte le culture e da tutte le
spiritualità” ed è stato infine “espresso nella sua sostanza” da Gesù che
dichiara: ‘Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno
è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni’,”
C’è
poi il disagio del giusto – come evidenzia il salmista - che “deve affrontare
‘giorni tristi’, perché lo ‘circonda la malizia dei perversi’, i quali ‘si
vantano della loro grande ricchezza’”. Ma questa “non è un vantaggio, anzi!
Meglio essere povero e unito a Dio”, quando l’uomo non comprende che la morte
rende “del tutto vano l’aggrapparsi frenetico alle cose terrene”. E si rivela
un’illusione quella del ricco, attaccato “alle sue immense fortune”, “convinto
di riuscire a dominare anche la morte, così come ha spadroneggiato su tutto e
su tutti col denaro.” “Costui è convinto di riuscire a ‘comprarsi’ anche la
morte, tentando quasi di corromperla, un po’ come ha fatto per avere tutte le
altre cose, ossia il successo, il trionfo sugli altri in ambito sociale e
politico, la prevaricazione impunita, la sazietà, le comodità, i piaceri.” Ma
“tutti sono diretti verso la medesima dimora” ed anche lui “dovrà lasciare
sulla terra quell’oro tanto amato, quei beni materiali tanto idolatrati”.
E per questo Gesù – ha
spiegato Giovanni Paolo II – pone la “domanda inquietante”: ‘Che cosa l’uomo
potrà dare in cambio della propria anima?’ E la risposta è che nessun cambio è
possibile perché la vita è dono di Dio, che ‘ha in mano l’anima di ogni vivente
e il soffio d’ogni carne umana’
*********
Prima
di incontrare i fedeli in Piazza San Pietro, il Santo Padre ha benedetto ed
inaugurato una nuova statua monumentale della santa spagnola Teresa de Jesús
Jornet e Ibars, fondatrice della Congregazione della Piccole Sorelle degli
Anziani Abbandonati. L’opera marmorea, che pesa 55 tonnellate ed è alta 5 metri
e mezzo, è stata realizzata dallo scultore Alessandro Romano e sarà collocata
in una delle nicchie esterne della Basilica Vaticana, in via delle Fondamenta,
dove negli ultimi anni hanno già trovato posto altre statue di Santi, fondatori
di Ordini e Congregazioni religiose. Alla cerimonia hanno presenziato, fra gli
altri, l’arcivescovo di Valencia, mons. Agustín García Gasco, ed il presidente
del Governo della stessa Comunità autonoma, Francisco Camps. Ricordiamo che
Teresa de Jesús Jornet e Ibars vissuta nella seconda metà dell’’800, è stata
beatificata da Pio XII nel 1958 e canonizzata da Paolo VI nel 1974, che volle
ricordarla come “una Santa del nostro tempo per il nostro tempo”, dedicata
all’assistenza delle persone afflitte da una vecchiaia in povertà.
LA
COMUNITA’ INTERNAZIONALE E’ CHIAMATA A TENDERE UNA MANO ALL’AFRICA,
SOPRATTUTTO
IN TEMA DI ECONOMIA. COSI’ IERI L’ARCIVESCOVO MIGLIORE,
INTERVENENDO
ALLA PLENARIA DELLA 59.ESIMA ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU
- A
cura di Barbara Castelli -
La
comunità internazionale è chiamata a bilanciare i modelli economici che penalizzano
l’Africa, aiutandola a risolvere i conflitti che ancora oggi la lacerano. Le
guerre nel Continente sono purtroppo ben note a tutti, ma le cause alla base di
questi drammi sono molto complesse. Spesso, infatti, a dar fuoco alle polveri
sono dissapori interni agli Stati, ma in questa analisi non possono essere
trascurati anche gli interessi che ruotano intorno all’Africa. Con queste
parole l’arcivescovo Celestino Migliore, nunzio apostolico e Osservatore
Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, è intervenuto ieri al
Palazzo di Vetro, in occasione della 59.esima Assemblea Generale, sul tema
“Nepad: progresso nell’attuazione del sostegno internazionale”.
Per quanto
concerne la “costruzione della pace, la sicurezza comune, la prevenzione dei
conflitti e la pacificazione”, ha riconosciuto il presule, l’Africa deve fare ancora
molta strada. Lodando il lavoro svolto dall’Unione Africana e l’impegno del Partenariato
per lo Sviluppo Africano (NEPAD), caratterizzato dall’impegno della leadership
africana nella creazione delle condizioni necessarie per lo sviluppo
sostenibile e l’eliminazione della povertà, ossia pace, sicurezza, stabilità,
buon governo, rispetto dei diritti umani e buona gestione economica, il
rappresentante della Santa Sede all’Onu ha criticato il Fondo Monetario Internazionale
e la Banca Mondiale, nonché i ministri delle Finanze del G7, che non hanno
raggiunto un accordo sull’eliminazione del debito estero di 27 Paesi più
poveri.
L’attenzione
dell’arcivescovo Migliore si è anche concentrata su un corretto utilizzo delle
risorse africane, spesso cause di conflitti. E’ di fondamentale importanza, ha
detto, che “ciascun governo abbia il pieno controllo delle proprie risorse
naturali, amministrandole per il benessere della nazione, in modo che tutti
trasparentemente ne possano beneficiare”. “L’importanza del ruolo attivo degli
stessi africani nella risoluzione dei recenti conflitti – ha concluso mons.
Migliore, auspicando la nascita di un nuovo paradigma di solidarietà globale –
mostra che le soluzioni africane ai problemi africani stanno emergendo”.
CATTOLICI ED EBREI CHIEDONO IL
RISPETTO DEL CARATTERE SACRO DI GERUSALEMME. L’APPELLO CONTENUTO NEL COMUNICATO
CONGIUNTO
A CONCLUSIONE DELLA COMMISSIONE PER IL
DIALOGO TRA LE DELEGAZIONI
DEL GRAN RABBINATO D’ISRAELE E
DELLA COMMISSIONE DELLA SANTA SEDE
PER I RAPPORTI RELIGIOSI CON
L’EBRAISMO
- A cura di Barbara
Castelli -
Tutte
le autorità “pertinenti” rispettino “il carattere sacro di Gerusalemme” e “prevengano
azioni che possono offendere la sensibilità delle comunità religiose” che
vivono nella Città Santa e che la amano. E’ l’esortazione espressa dalla
delegazione del Gran Rabbinato d’Israele e dalla Commissione della Santa Sede
per i rapporti religiosi con l’Ebraismo, a conclusione dell’incontro bilaterale
svoltosi a Grottaferrata, in provincia di Roma, tra il 17 e il 19 ottobre
scorsi. Le “autorità religiose”, si legge ancora nel comunicato finale, “protestino
pubblicamente di fronte ad azioni irrispettose verso persone, simboli e Luoghi
Sacri”, “come la profanazione dei cimiteri o il recente attacco al Patriarca
armeno di Gerusalemme”. I rappresentati cattolici ed ebrei, quindi, chiedono
alle autorità religiose “di educare le loro comunità a comportarsi con rispetto
di fronte alle persone e alla fede che queste professano”. I partecipanti
constatano, inoltre, che non c’è attualmente “piena consapevolezza”, nelle
rispettive comunità, “del cambiamento che ha avuto luogo nella relazione tra
cattolici ed ebrei”. Per questo sottolineano: “non siamo nemici, ma compagni
nella presentazione dei valori morali essenziali per la sopravvivenza e il benessere
della società umana”.
A
firmare il comunicato sono stati sei membri della delegazione ebraica, cinque
di essi rabbini, tra i quali Shar Yishuv Cohen, già rabbino capo di Haifa, e
altrettanti rappresentanti cattolici. La delegazione della Santa Sede era
guidata dal cardinale Jorge María Mejía, archivista e bibliotecario emerito di
Santa Romana Chiesa.
PROSEGUE A MALTA IL CONGRESSO
INTERNAZIONALE PER I SACERDOTI
Terza giornata oggi a Malta del
Congresso Internazionale per i sacerdoti promosso dalla Congregazione per il
Clero sul tema “Sacerdoti forgiatori di santi per il nuovo millennio, sulle
orme dell’Apostolo Paolo”. Da Malta l’inviato del quotidiano Avvenire, Riccardo
Maccioni:
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Sbaglia chi pensa che il
convegno in corso nell’Isola di Malta sia autoreferenziale e cioè inizi e
finisca con la conta dei circa mille partecipanti. Non c’è incontro, testimonianza,
dibattito, infatti, che non si domandi come tradurre il frutto di riflessioni e
preghiera nella vita quotidiana, nel rapporto con la società moderna.
Parafrasando il tema del
Congresso, si è santi solo al servizio degli altri. “L’uomo contemporaneo crede
più ai testimoni che ai maestri – ha spiegato stamane il teologo spagnolo,
mons. Juan Esquerda Bifet – urge, quindi, presentare la figura del sacerdote
come espressione della vita del Buon Pastore”. “San Paolo si considerava
‘fragranza’ di Cristo” – ha aggiunto Esquerda Bifet, ed ogni apostolo, in modo
speciale il prete, deve poter dire, come San Giovanni, ‘quello che abbiamo
visto ed udito noi ve lo annunciamo’”.
Un impegno non facile, “se è
vero – come ha sottolineato ieri sera, il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto
della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli - che viviamo in un tempo
caratterizzato dalla frammentazione dei valori, dal pluralismo teologico e dal
conseguente relativismo. Esiste, però, anche il rovescio della medaglia: una
rinnovata domanda di senso, che si apre alla speranza e alla solidarietà”.
“Del resto – spiega il
predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa – il sacerdote ha
dalla sua una risorsa meravigliosa, la preghiera. Un dono, questo, di grazia
che crea però in chi lo riceve il dovere di corrispondervi, di coltivarlo. Una
cosa va, dunque, chiarita nella vita di tanti preti: il rapporto tra
contemplazione ed azione. Sull’esempio di Gesù – conclude padre Cantalamessa –
apostoli e santi non pregavano semplicemente prima di fare qualcosa, pregavano
per conoscere cosa fare.
Da Malta, per la Radio Vaticana,
Riccardo Maccioni.
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NOMINE
Il Santo Padre ha elevato
la Prefettura Apostolica di Brunei al rango di Vicariato Apostolico, con la
medesima denominazione e configurazione territoriale. Nello stesso tempo il
Papa ha nominato primo vicario apostolico di Brunei, mons. Cornelius Sim, attuale
prefetto apostolico di Brunei, assegnandogli la sede titolare vescovile di
Puzia di Numidia. Mons. Cornelius Sim, è nato
a Seria in Brunei il 16 settembre 1951. Ha conseguito la laurea in
ingegneria in Scozia e ha lavorato presso la Compagnia Petrolifera Shell. Ha
conseguito un Master in teologia presso l'Università francescana di
Steubenville, nell’Ohio, (USA). E' stato
ordinato sacerdote il 26 novembre 1989. Nel 1995 è stato nominato vicario
generale del Brunei e il 21 novembre 1997 prefetto apostolico. Il nuovo
Vicariato Apostolico corrisponde al territorio del Sultanato di Brunei ed ha
una superficie di 5.765 kmq., con una popolazione di circa 347.000 abitanti. La
religione di Stato è l'islam (sunnita). Le altre religioni (buddismo e
cristianesimo), sono accettate con una certa flessibilità anche se si tende a
ignorarle e a far scomparire ogni segno di una loro presenza. Il Governo vuole
creare una società musulmana, si pensa d'introdurre nel 2010 la legge della
Sharia. Il Paese è stato evangelizzato dai Missionari di Mill Hill (MHM), ed
ecclesiasticamente faceva parte della confinante diocesi di Miri in Malaysia Orientale.
I missionari vennero espulsi nel 1988. I cattolici del Sultanato sono 16.000
(3.000 sono cittadini a pieno titolo). Ad essi si uniscono circa 15.000
lavoratori filippini. I protestanti in gran parte anglicani, sono 3.500. Vi
sono 3 parrocchie con 4 sacerdoti, 2 religiose, 2 seminaristi maggiori. Inoltre
ci sono 84 catechisti. La Chiesa ha 4 scuole con 2.500 alunni, che godono di
una limitata libertà d’azione.
Sempre oggi il Santo Padre ha
nominato vescovo di São José dos Campos in Brasile padre Moacir Silva, finora
amministratore diocesano della medesima diocesi e parroco della Cattedrale
diocesana “São Dimas”. Mons. Moacir Silva è nato il 16 luglio 1954 a São José
dos Campos, nello Stato di São Paulo. E’ stato ordinato sacerdote il 6
dicembre 1986. Quindi, sempre in Brasile, il Papa ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di Oliveira, presentata da mons.
Francisco Barroso Filho, per raggiunti limiti di età. Gli
succede come vescovo di Oliveira mons. Jésus Rocha, finora vescovo titolare di
Muzia e ausiliare di Brasília. Mons. Rocha è nato a Diamantina, nello Stato di
Minas Gerais, il 15 ottobre 1939. Ordinato sacerdote il 1° gennaio
1966 ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 26 febbraio 1994.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il Burundi con un articolo dal titolo “Sparso ancora il sangue
di un testimone del Vangelo”: assassinato, in un agguato, padre Gérard
Nzeyimana, vicario episcopale della diocesi di Bururi. Il sacerdote, apprezzato
per il suo impegno a favore dei giovani, aveva più volte denunciato le violenze
contro i civili.
Sempre
in prima, Tanzania: incendiate e saccheggiate chiese cattoliche a Zanzibar.
Nelle
vaticane, la catechesi e la cronaca dell’udienza generale.
Giovanni
Paolo II benedice la statua di Santa Teresa de Jesús Jornet e Ibars: l’opera è
stata collocata in una nicchia esterna della Basilica Vaticana.
Una
pagina dedicata all’apertura dell’Anno gerardino, in occasione del
centenario della canonizzazione e del 250.mo anniversario della morte di
Gerardo Maiella. Il messaggio dei vescovi della Campania.
Nelle
estere, in Iraq è stato scritto un altro capitolo dell’odiosa strategia dei sequestri:
l’Organizzazione non governativa “Care International” ha sospeso l’attività
dopo il rapimento della direttrice Margaret Hassan.
Per
la rubrica dell’“Atlante geopolitico” una pagina - a cura di Marcello Filotei -
dal titolo “Medio Oriente: le speranze di pace si abbattono su un muro di ostinazione”.
Nella
pagina culturale, un articolo di Angelo Mundula dal titolo “La civiltà dei
‘non-luoghi’”: quando segni e simboli sostituiscono la parola.
Nelle
pagine italiane, in primo piano i temi del terrorismo e della giustizia.
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20 ottobre 2004
FORTE APPELLO ALLA PACE DEI LEADER CRISTIANI IN IRAQ
-
Intervista con mons. Shlemon Warduni -
In Iraq la situazione si fa difficile anche per la
comunità cristiana, soprattutto dopo le esplosioni che sabato scorso hanno
preso di mira cinque chiese a Baghdad. In un comunicato congiunto, i leader
cristiani del Paese hanno recentemente lanciato un forte appello perché cessino
gli attentati ai luoghi di culto, anche quelli musulmani, che cercano – si
legge – di minare la millenaria convivenza tra le varie fedi in Iraq. Giancarlo
La Vella ha raccolto il commento di mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliario
caldeo di Baghdad:
**********
R. – Il documento prima di tutto vuole dimostrare a tutti
che i cristiani lavorano sempre con fedeltà per la costruzione del proprio
Paese. Noi cristiani siamo sempre pronti a collaborare con tutti i connazionali
per il bene dell’Iraq. In-oltre, vogliamo dire che i cristiani lavorano sempre
per la pace e non per la guerra. Diciamo a questi terroristi di lasciarci in
pace, di non provare a creare delle divisioni nel popolo iracheno. Noi
preghiamo per tutti quanti, affinché si raggiunga la sicurezza e la pace nel
mondo, affinché venga data saggezza agli uomini per dirigere le loro Nazioni
secondo la volontà di Dio.
D. – Mons. Warduni, secondo lei, perché si è cominciato a
colpire le Chiese?
R. – Veramente, questo noi non possiamo spiegarlo, perché
le comunità cristiane hanno fatto sempre del bene a tutti e cercano sempre di
collaborare, insieme con tutti, per il futuro dell’Iraq. Ci possono, però,
essere alcune spiegazioni: prima di tutto, queste persone vogliono arrivare a
dividere gli iracheni; cercano di ostacolare il raggiungimento della pace e lo
svolgimento di elezioni democratiche. Insomma, vogliono ostacolare tutto!
D. – Nell’appello si sottolinea che da 1400 anni musulmani
e cristiani vivono in Iraq pacificamente. Si sottolinea anche, però, che i
cristiani non si lasceranno intimidire e non abbandoneranno l’Iraq …
R. – Certamente questi attacchi danno una spinta, affinché
i cristiani lascino il Paese. Dopo gli attentati in molti hanno detto: “Non
siamo sicuri neanche nelle nostre case di culto e, allora, dove mai qui
potremmo stare tranquilli”? Non vogliamo adesso che questa convivenza pacifica
venga distrutta o turbata. Per questo incoraggiamo i nostri cristiani a
rimanere. Noi siamo cristiani iracheni e non lasciamo questa Nazione, vogliamo
anzi vivere qui in pace, in amore e in collaborazione con tutti i nostri
connazionali.
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PRESENTATO,
IERI, IL NUOVO LIBRO DI MARCO CARDINALI
“VI DO
LA MIA PACE – ITINERARIO DEL CUORE PER COSTRUIRE LA PACE”
-
Intervista con l’autore -
“Solo
quando tra le persone esiste un rapporto ordinato di vita, fiorisce la pace
come esperienza saporosa, dolce, desiderabile”. Così, il segretario del Pontificio
Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. Renato Boccardo, nella prefazione
al libro del giornalista della Radio Vaticana, Marco Cardinali, dal titolo: “Vi
do la mia pace - Itinerario del cuore per costruire la pace”. Il volume, che è
stato presentato ieri pomeriggio nella sede della nostra emittente, raccoglie
26 meditazioni scritte per la trasmissione “Orizzonti Cristiani”, di cui
l’autore è il responsabile. Il libro si presenta come un itinerario spirituale
verso la Giornata mondiale della pace, celebrata il primo gennaio di ogni anno.
Ma cos’è la pace per un cristiano? Al microfono di Roberta Moretti, Marco
Cardinali:
*********
R. – La pace
per un cristiano è in realtà una persona che è Cristo stesso, Gesù che ci dona
continuamente la sua pace. E solo la scoperta di questa persona può far scaturire
dal proprio quotidiano un atteggiamento di pace anche nei confronti di chi ci
sta accanto.
D.- Quali sono le tappe che tu
proponi per costruire la pace?
R. – Sono quelle della discesa nel cuore. Dobbiamo scendere nell’umiltà e
nella consapevolezza dei nostri limiti per poter poi vedere a che punto siamo
nel cammino verso la pace, la costruzione di una pace personale, la pace che
nasce dal Cristo e poi quella che portiamo ai fratelli.
D. – Nel libro tu sottolinei la differenza tra voler vivere in pace e
voler vivere la pace ...
R. – Molti di noi hanno l’idea che la pace sia stare tranquilli, riposati...
Invece, in realtà, la pace di cui ci parla lo stesso Gesù è una pace che ci
muove, la pace del pellegrino, di chi sa che deve battersi per la buona
battaglia, che è una battaglia della fede. Sembra assurdo parlare di pace e
battaglia, ma è questo un po’ il senso: non rimanere fermi, ma essere operatori
di pace.
D. – Le parole di Gesù: “Vi do la mia pace”, evidenziano la dimensione di
dono della pace, che è quindi un bene cha va ricevuto, custodito, invocato con
la preghiera ...
R. – Certamente è così. “Vi do
la mia pace. Vi lascio la mia pace”: è una testimonianza precisa che ci viene
dal Vangelo. E’ la testimonianza che Gesù, in qualche modo, ci ha già lasciato
la sua eredità, appunto questa pace profonda. Il problema è che è una pace che
già c’è, ma non ancora è vissuta da ciascuno di noi nella profondità. E’ fra
questo “già” e “non ancora” che si gioca un po’ il nostro essere cristiani,
dunque la nostra invocazione attraverso la preghiera per custodire quelle
intuizioni che poi nascono dallo Spirito Santo nel nostro cuore anche in ambito
di pace.
*********
UNA MOSTRA FOTOGRAFICA, DAL
TITOLO “MADRE: TRIBUTO A TERESA DI CALCUTTA”, RIPERCORRE A ROMA LA VITA
DELL’AMATISSIMA SUORA ALBANESE.
40 SCATTI
IN BIANCO E NERO REALIZZATI DA MARIO PODESTA’
- Ai nostri microfoni Marco Maletti e Monica Matarazzo -
La
Chiesa, in particolare in India ed Albania, ha celebrato ieri il primo anniversario
della Beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, la suora che dedicò l’intera
sua esistenza ai più poveri. Una figura amatissima in tutto il mondo, cui è
dedicata a Roma una mostra fotografica dal titolo: “Madre: tributo a Teresa di
Calcutta”. L’esposizione, che resterà aperta al pubblico fino alla fine di
ottobre nelle sale della galleria d’arte Ta Matete, raccoglie una selezione di
40 fotografie in bianco e nero, realizzate da Mario Podestà recentemente
scomparso in Iraq. Il celebre fotografo, che si è trovato in oltre 30 anni di
carriera sulla scena dei più grandi avvenimenti che hanno interessato il mondo,
è rimasto profondamente impressionato dalla personalità della suora albanese.
In una lettera aperta che è divenuta una specie di testamento spirituale
dichiara: “Sono stato uno che ha deciso di addentrarsi nei labirinti delle
esperienze-limite, e tornare da lì con testimonianze terribili e credibili. Per
tutta la vita ho cercato di raccontare, dal fondo dell’anima, la lingua universale
del dolore”. Il servizio è di Stefano Leszczynski:
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(musica)
Questa Mostra – scrive Mario
Podestà nella sua lettera aperta alla speranza – è il tributo a tutti coloro
che sono caduti vittime della guerra, dell’esclusione, dell’oblio, della fame e
del terrore in qualunque forma. Sono, insomma, le immagini che ripercorrono la
vita quotidiana di sofferenza e di speranza di colei che si definiva “piccola
matita di Dio”, un semplice strumento fra le sue mani, e cioè Madre Teresa di
Calcutta, e gli ultimi tra gli ultimi che lei amava con intensità inenarrabile.
Le immagini di Podestà vogliono far riflettere ed impegnare per un futuro di
pace. Il commento di Marco Maletti, direttore della comunicazione del gruppo
FMR-Arté:
“E’ un duplice percorso di vita,
quello di un uomo che ha dedicato a Madre Teresa tantissimo amore, nel cercare
di fermare con l’obiettivo i momenti, le cose e le situazioni che facevano
parte del suo quotidiano. Sono un quotidiano sì di dolore ma anche di speranza”.
Tre le tematiche del percorso
espositivo, troviamo le sezioni “Madre”, “la città” e “l’opera”. Troviamo,
dunque, la missionaria con il volto solcato dalle rughe e dalla sofferenza; i
volti indifesi di donne, bambini e malati; la città in cui le Missionarie della
Carità alleviano le sofferenze di chi non ha più nulla, né amore né speranza.
Ma qual è l’immagine che maggiormente traspare di Madre Teresa in queste foto?
Sentiamo Monica Matarazzo, curatrice della Mostra:
“La sua umiltà. Ha dato tanto al
mondo, senza pensare alle diverse lingue, alle diverse razze, senza pensare a
niente. Ha dato la sua vita ai poveri e a tutti coloro che avevano bisogno”.
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20
ottobre 2004
PADRE
GERARD NZEYIMANA,
VICARIO
DELLA DIOCESI BURUNDESE DI BURURI
E’ STATO UCCISO LUNEDI’ POMERIGGIO DA UN
GRUPPO DI SCONOSCIUTI.
ANCORA
IGNOTO IL MOVENTE DEL DELITTO.
IL
SACERDOTE AVEVA PIU’ VOLTE DENUNCIATO
LE
VIOLENZE CONTRO LA POPOLAZIONE
BUJUMBURA.
= Ancora un attacco alla Chiesa in Burundi. ll vicario episcopale della diocesi di Bururi, padre Gerard Nzeyimana, è
stato ucciso nel pomeriggio di lunedì nel sud del Paese africano. A renderlo
noto l’agenzia missionaria Misna. Il religioso cattolico era al volante della
sua auto, quando è stato bloccato da un gruppo di sconosciuti nella cittadina
di Makamba, un centinaio di chilometri a sud-est della capitale Bujumbura: lo
hanno fatto scendere, quindi hanno ordinato a due suore che erano insieme a lui
di andarsene. Infine lo hanno ucciso, sparandogli a sangue freddo diversi colpi
di arma da fuoco. Secondo fonti locali, sul posto sarebbero poi
intervenuti alcuni soldati dell’esercito, due dei quali sarebbero rimasti
feriti a causa di un breve combattimento con gli aggressori. “Non riusciamo a
capire perché sia stato ucciso: ha consegnato tutto quello che gli assalitori
gli avevano chiesto, eppure lo hanno colpito a morte” ha riferito monsignor Herménégilde
Ndoricimpa, vicario generale della diocesi di Bururi. Per far luce su
quest’atto di violenza fino a questo momento incomprensibile, le autorità
locali stanno conducendo un’inchiesta. Secondo fonti sul posto è stato "un vero e proprio
regolamento di conti", con il quale gli è stata fatta pagare la sua opera
di denuncia. Padre Nzeyimana era noto per il coraggio con cui criticava gli
attacchi contro la popolazione civile, in un Paese dove in poco meno di dieci
anni la rivalità etnica tra tutsi e hutu ha fatto oltre trecentomila morti, e
nel quale ancora si aggirano bande armate fuori controllo. I
funerali di padre Nzeyimana verranno celebrati oggi. Il 29 dicembre 2003 era stato assassinato nei pressi di Bujumbura il
nunzio apostolico in Burundi, mons. Michael Courtney. (S.S.)
GLI
ESTREMISTI INDU’ TORNANO ALL’ATTACCO IN INDIA,
RICONVERTENDO
CON LA FORZA 300 TRIBALI ALL’INDUISMO.
MONSIGNOR ALPHONSE BILUNG, VESCOVO DI
ROUKELA,
DENUNCIA LO STATO DI INTIMIDAZIONE A CUI SONO
SOTTOPOSTI I CRISTIANI
MUMBAI.
= Con una cerimonia pubblica 300 tribali cristiani sono stati riconvertiti
all’induismo. Dopo il rito sono stati regalati loro cibo e vestiti nuovi. Il
fatto è avvenuto domenica 17 ottobre nel distretto di Sindurgh, nello Stato
nord-orientale dell’Orissa. Lo ha riferito all’agenzia AsiaNews Mons. Alphonse
Bilung, vescovo di Rourkela, la diocesi in cui si è svolto il fatto. “I media
hanno parlato di 80 famiglie ‘ritornate’ all’indusimo – ha affermato il
presule - ma la verità è che si tratta di 336 persone, riconvertite con la
forza e le lusinghe”. Mons. Bilung ha denunciato poi che “i gruppi
fondamentalisti, molto attivi in Orissa, creano una situazione molto difficile
per i tribali cristiani che vivono tra gli indù. Gli integralisti, in sostanza,
minacciano i Tribali di conseguenze spaventose se frequentano la chiesa per le
celebrazioni religiose, rendendoli dipendenti in larga parte dalla maggioranza
indù per quanto riguarda il lavoro. Mons. Bilung ritiene inoltre che le recenti
riconversioni dei tribali cristiani siano una risposta aggressiva ad un
incontro di carismatici tenutosi di recente nella diocesi di Rourkela.
All’incontro erano presenti anche molti tribali e indù della zona, che
frequentano questi incontri nella speranza di ottenere guarigioni. In Orissa è
in vigore una legge, il Decreto di libertà di religione, per prevenire
qualsiasi conversione forzata; tale atto è spesso usato come arma legale per
minacciare i tribali, la maggior parte dei quali sono analfabeti e quindi più
facili da manipolare per gli integralisti indù. Già lo scorso settembre nel
villaggio di Sarat, distretto di Mayurbhanj, 76 tribali cristiani avevano
“riabbracciato” l’induismo in una cerimonia organizzata dal Vishwa Hindu Parishad, l’ala religiosa del Bharatiya Janata
Party, il partito che ha guidato l’India fino al maggio scorso. Il gruppo fondamentalista aveva
presentato l’evento come “il ritorno a casa [all’induismo] della gente
tribale”. (S.S.)
LA
CHIESA CANADESE PROTESA VERSO UNA NUOVA ERA DI EVANGELIZZAZIONE
DEL PAESE
NORD-AMERICANO DOPO LA SCELTA DELLA
CITTA’ DI QUEBEC
QUALE
SEDE DEL PROSSIMO CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE, NEL 2008.
QUEBEC.
= La scelta della città di Québec quale sede del prossimo Congresso eucaristico
internazionale nel 2008 sarà l’occasione per rilanciare l’evangelizza-zione in Canada. Così l’arcivescovo
della città canadese, il cardinale Marc Ouellet, ha commentato l’annuncio fatto
domenica dal Santo Padre, al termine del Congresso eucaristico di Guadalajara.
“Il Canada sta attraversando un difficile periodo di secolarizzazione”, ha spiegato
il cardinale alla Cns. “Da alcuni decenni la gente partecipa sempre di meno
alle Messe domenicali, abbiamo perso fedeli. C’è quindi un grande bisogno di
evangelizzazione”. “In questo senso - ha aggiunto - lo svolgimento del prossimo
congresso a Québec potrebbe aprire “una nuova era”. La Chiesa canadese si
propone infatti di approfittare dell’evento per lanciare un vasto programma
catechistico nel Paese. Un programma ambizioso, secondo l’arcivescovo, se si
considera l’intensa e numerosa partecipazione dei fedeli messicani al congresso
appena concluso a Guadalajara. “Nel Quebec non c’è lo stesso entusiasmo per la
devozione eucaristica. C’era 30-40 anni fa, ma forse nei prossimi quattro anni
possiamo intensificare la nostra preparazione e rievangelizzare la nostra
gente. Sarà un’opportunità per riprenderci le nostre radici”. La candidatura di
Québec quale sede del prossimo Congresso Eucaristico internazionale è stata
sostenuta anche dalle autorità civili locali, poiché coinciderà con le celebrazioni
del IV centenario della fondazione della città. (L.Z.)
PAKISTANO
CONDANNATO ALL’ERGASTOLO
PER AVER VIOLATO LA LEGGE
SULLA BLASFEMIA.
LA
CHIESA CATTOLICA E LE ASSOCIAZIONI PER I DIRITTI UMANI
CHIEDONO
LA REVISIONE DELLA NORMA
ISLAMABAD.=
Mhedi Hassan, pakistano di 36 anni, è stato condannato all’ergastolo per aver
violato la severa legge sulla blasfemia che punisce chi insulta il profeta
Maometto ed il Corano. L’accusa è quella di aver bruciato una copia del libro
sacro islamico nel cortile della propria casa. Arrestato il 28 agosto del 2001,
a seguito della denuncia di un amministratore locale di Lahore, l’uomo ha
sempre respinto le accuse. L’organizzazione non governativa “Azione legale per
i bisognosi e senza tetto” appoggia i legali della difesa nel sostenere
l’inesistenza di prove che dimostrino la colpevolezza di Hassan. L’uomo, intanto,
ha annunciato l’imminente ricorso contro la sentenza presso l’Alta Corte di Lahore.
E’ da tempo che la Chiesa e le associazioni per i diritti umani chiedono la revisione
della legge che – sottolineano - “spesso viene utilizzata per ritorsioni personali
e per punire minoranze religiose”. Il governo di Islamabad nel 2000 aveva
annunciato modifiche alla norma, ritirandole però subito dopo. (E.B.)
ZANZIBAR: BRUCIATA UN’ALTRA CHIESA.
TUTTI
I SOSPETTI SU ALCUNE FORMAZIONI DI MILITANTI ISLAMICI.
STONE
TOWN. = Una chiesa nell’isola di Ungula, a Zanzibar, è stata saccheggiata e bruciata
da ignoti armati e mascherati. “Non ci sono feriti – riferisce l’agenzia Misna,
che ha riportato la notizia da fonti locali - ma l’edificio è stato praticamente
distrutto” dalle fiamme. L’attentato, avvenuto venerdì scorso, è solo l’ultimo
di una lunga serie: il quarto nell’ultimo mese, mentre lo scorso aprile tre
chiese e una scuola cattolica erano state attaccate con ordigni esplosivi.
Secondo fonti di stampa locale i sospetti si concentrano su alcune formazioni
di militanti islamici. Intanto la polizia ha convocato tutti i parroci
dell’arcipelago per un incontro. Nel Paese africano i cattolici sono circa
1500, mentre la maggior parte della popolazione è musulmana. Zanzibar,
rovesciato il sultano Oman, si unì nel 1964 all’allora Tanganika, dando vita alla repubblica di Tanzania.
Il prossimo dicembre si terranno elezioni presidenziali per il rinnovo del
governo semiautonomo di Zanzibar.(E. B.)
PRESENTAZIONE DOMANI ALLA
STAMPA DEL “PROGETTO PALOMAR”
DELLA FONDAZIONE DON GNOCCHI, FINALIZZATO ALLA
PROMOZIONE DELL’INTEGRAZIONE LAVORATIVA DEI DISABILI
- A cura di Giovanni Peduto -
MILANO. = Promuovere
l’integrazione lavorativa dei disabili attraverso la realizzazione di un
“intervento di sistema”, in grado di acquisire, e quindi diffondere, un modello
di eccellenza per il mantenimento del posto di lavoro, relativamente al
contesto socio-economico di Milano e provincia. Questo l’obiettivo del
“Progetto Palomar”, realizzato dalla Fondazione Don Gnocchi, dall’Agenzia per
il Lavoro della Regione Lombardia, dalla Provincia di Milano, dal Consorzio Sud
Ovest Milano per la Formazione Professionale e dal Consorzio per la Formazione
Professionale e l’Educazione Permanente, nell’ambito del Fondo Sociale Europeo.
I risultati del progetto verranno presentati domani in occasione del seminario
promosso dal Centro di Formazione Orientamento e Sviluppo (CeFOS) della
Fondazione Don Gnocchi, in programma dalle ore 9.30 alle 13, nella Sala Verde
del Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano. Interverranno, tra gli altri,
mons. Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Don Gnocchi; Saverio Lorini,
direttore del CeFOS e Luigi Vimercati, assessore al Lavoro, sviluppo economico
e innovazione della provincia di Milano. “Palomar” ha permesso di realizzare
ricerche e indagini (svolte attraverso azioni di ascolto e interviste)
finalizzate a far emergere le criticità relative alla problematica del
mantenimento del posto di lavoro e a sperimentare un modello di riferimento per
gli interventi futuri da parte delle diverse istituzioni. L’esito del lavoro
svolto durante il progetto è oggi raccolto in un manuale che propone una
modalità di intervento efficace: in particolare permette di agire sulle
situazioni critiche prima che gli eventuali processi di espulsione risultino
troppo avanzati. Oltre al manuale, durante il seminario saranno presentati
anche i dati forniti dal Servizio Occupazione dei Disabili della Provincia di
Milano, relativi agli avviamenti degli ultimi quattro anni e ai risultati in
termini di mantenimento dell’occupazione dei disabili.
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20 ottobre 2004
- A cura di Fausta Speranza -
L’organizzazione umanitaria
“Care” ha sospeso le operazioni in Iraq dopo il rapimento, ieri, della
responsabile dell'ufficio di Baghdad, l’anglo-irachena Margaret Hassan. Sulle informazioni
a disposizione sul rapimento e sulla giornata in Iraq, in studio Fausta Speranza:
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Il marito di Margaret Hassan,
iracheno, ha lanciato il suo appello ai rapitori invocando fraternità. Il
premier britannico, Blair, ha assicurato che il governo farà di tutto per la liberazione
sottolineando che la donna gode di “immenso rispetto” in Iraq. Il video trasmesso
poco dopo il rapimento, ha mostrato Margaret in buone condizioni ma spaventata:
e le informazioni restano ferme a questo punto perché non ci sono neanche al momento
indicazioni sull’identità del gruppo che l’ha sequestrata.
Sul piano dell’impegno politico
per superare la difficilissima situazione in Iraq, c’è la data della conferenza
internazionale sulle elezioni: si terrà il 22 e 23 novembre a Sharm el Sheikh,
in Egitto. L’annuncio dopo l’incontro al Cairo tra il vicesegretario di stato
americano, Williams Burns, e il presidente egiziano Mubarak. C’è poi la
richiesta precisa da parte dell’Onu: tutti i Paesi membri contribuiscano alla
caccia al gruppo terroristico del giordano al-Zarqawi, che ha rivendicato
attentati, rapimenti e decapitazioni. Significa confiscare armi, congelare beni
e impedire qualsiasi movimento ai militanti dell’organizzazione.
Intanto, emergono drammatici
bilanci: 208 i civili iracheni morti in atti di guerriglia o di terrorismo solo
la scorsa settimana. Il dato è riportato dal New York Times, che denuncia la
decisione delle autorità di Baghdad di sospendere la conta delle vittime. Si
tratta di una cifra più elevata rispetto alla triste media settimanale dei mesi
scorsi. E purtroppo drammatica è la cifra complessiva dei civili iracheni
uccisi dall’inizio della guerra, cioè dal marzo 2003: certamente oltre 11 mila.
A questi, da oggi si aggiungono
una famiglia di sei persone, genitori e quattro bambini, colpiti dai
bombardamenti aerei USA su Falluja e il ragazzo di quindici anni ucciso da un
proiettile vagante nella sparatoria tra forze della polizia e ribelli in un
paesino vicino a Baquba.
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Il
primo ministro libanese Rafic Hariri ha rassegnato poco fa le dimissioni. La decisione
è giunta in seguito all’impossibilità di formare un nuovo governo per il
rifiuto dell’opposizione cristiana e drusa di far parte dell’esecutivo.
L’opposi-zione, così come il patriarca maronita Sfeir, chiede il rispetto della
risoluzione del Consiglio di sicurezza
dell’ONU del 2 settembre scorso che esige il ritiro della Siria dalla Libano.
L’Iran non rinuncerà a dotarsi
della tecnologia per l’arricchimento dell’uranio, che ritiene un suo “diritto
naturale”. Lo ha ribadito il presidente Khatami, sottolineando che, secondo
Teheran, la questione può essere risolta attraverso “il dialogo”. Se vi sono,
in qualsiasi Paese, preoccupazioni circa la possibilità che l’Iran si doti di
armi nucleari - ha aggiunto Khatami - Teheran è pronta a “cooperare” per fugare
ogni dubbio in tal senso.
Elicotteri delle forze armate
pachistane hanno attaccato oggi il presunto rifugio di un militante
integralista islamico, ex detenuto di Guantanamo, Abdullah Mehsud, che questo
mese ha organizzato il sequestro di due ingegneri cinesi. Lo hanno detto
testimoni. “Almeno due elicotteri
stanno colpendo con i cannoni le montagne nei pressi di Spinkay Raghzai”, ha
detto per telefono un abitante della zona, dove secondo la gente del posto
si nasconderebbe Abdullah. Il generale
Shaukat Sultan ha detto che è in corso un’operazione contro militanti nella
zona, ma di non avere altri particolari.
Si avvia alle elezioni la
Repubblica turca di Cipro Nord (entità riconosciuta solo dalla Turchia), dove
si è dimesso il governo. Il primo ministro Mehemet Ali Talat ha infatti rassegnato
le dimissioni al leader turco cipriota Denktash, dopo che ad aprile aveva perso
la maggioranza nell’esecutivo, proprio quando la parte greco cipriota aveva
detto no alla riunificazione dell’isola. Ma quali sono le ragioni di queste
dimissioni? Risponde Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera,
al microfono di Giada Aquilino:
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R. – Queste dimissioni sono legate anche a quella specie
di crisi dovuta ad un voto positivo che si manifestò dopo il doppio referendum
per l’accettazione del “Piano Annan”, presentato sia nella parte
turco-cipriota, che nella parte greco-cipriota. La parte greco-cipriota che già
sapeva che sarebbe entrata in Europa, quando si fece il referendum votò per il
‘no’ al “Piano Annan”. La parte turco-cirpiota di contro votò ‘sì’ al piano,
nella speranza anche che finissero quegli embarghi che avevano circondato
questa piccola Repubblica auto proclamata, riconosciuta soltanto dalla
Turchia.
D. – Quindi quali conseguenze ci
sono state?
R. – I greco-ciprioti sono
entrati alla fine nell’Unione Europea senza apparenti problemi, mentre i
turco-ciprioti non hanno visto i dividendi di questo voto coraggioso.
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E a proposito di Grecia e
Turchia, nella giornata di ieri due pattuglie di guardacoste turche hanno
violato le acque territoriali greche a più riprese vicino a Imia, isoletta del
mar Egeo per la quale Atene e Ankara hanno sfiorato la guerra nel 1996. Lo ha affermato
oggi lo Stato maggiore greco. L'incidente è stato oggetto di un passo
diplomatico della Grecia con la Turchia ma non ha danneggiato il “buon
rapporto” attualmente esistente tra i due Paesi, secondo una fonte diplomatica
greca.
I tre principali leader
dell’opposizione bielorussa sono stati fermati ieri sera al centro di Minsk
quando reparti speciali della polizia sono intervenuti con energia per disperdere
una folla di manifestanti che protestava per il controverso referendum di domenica
grazie al quale il presidente Aleksandr Lukashenko potrà ricandidarsi a volontà. In tutto sono finite
in manette 46 persone, per lo più giovani, accusate di aver partecipato ad una
manifestazione di piazza non autorizzata. Sette di esse sono state rilasciate
stamattina perché minorenni. I tre leader del fronte anti-Lukashenko fermati
sono Nikolai Statkevic (Partito socialdemocratico bielorusso), Anatoli Lebedko
(Partito civile unito) e Pavel Severinets (Fronte della gioventù, un movimento
di estrema destra). Dopo un movimentato fermo, Lebedko si è sentito male nel
commissariato dove era stato portato ed è stato ricoverato all’ospedale, per
una contusione ad un rene. Anche domenica sera, subito dopo l’annuncio che il
referendum di riforma costituzionale si era risolto a favore di un numero
illimitato di mandati presidenziali per Lukashenko, centinaia di manifestanti
si erano riuniti al centro di Minsk e avevano denunciato il “broglio
elettorale”.
La Commissione europea ha
formalmente deciso che il prolungamento in Italia della cosiddetta
‘Tremonti-bis’ è “incompatibile con le norme europee sugli aiuti di Stato” e
chiede alle autorità italiane di recuperare gli aiuti eventualmente già
concessi ad eccezione di quelli stanziati per compensare danni effettivamente
subiti dai beneficiari. Ricordiamo che si tratta di incentivi fiscali per gli
investimenti e lo sviluppo tesi a rilanciare l’economia in Italia, in vigore
dal 25 ottobre 2001. Intanto, l’attuale ministro dell'Economia in Italia,
Domenico Siniscalco, ha affermato che “la stagione dei condoni fiscali è
finita”. Lo ha affermato commentando l’ipotesi di estendere il condono ai
redditi 2003.
I dieci nuovi Stati membri della
UE, entrati lo scorso primo maggio, e la Svezia “non soddisfano a questo
momento tutte le condizioni richieste per l’adozione dell’euro”. E’ la conclusione
del Rapporto di convergenza pubblicato oggi dalla Commissione UE, che fa il
punto sui progressi verso gli standard richiesti dall’Unione monetaria per
Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia,
Slovenia, Slovacchia e Svezia. Alla luce del Rapporto, la Commissione conclude
che “non ci dovrebbero essere modifiche nello status degli undici Paesi
riconosciuti come ‘Stati membri con deroga’”. “Molti progressi sono stati fatti
verso la convergenza - ha affermato il commissario UE agli affari monetari ed
economici Joaquín Almunia - ma la strada verso l’ingresso nell’euro richiede
sforzi ulteriori. Spero che il prossimo Rapporto nel 2006 rappresenti un buon incentivo
per marcare nuovi progressi”. I criteri di convergenza comprendono
l'inflazione, la situazione dei bilanci, la stabilità del tasso di cambio, i
tassi di interesse a lungo termine e la compatibilità della legislazione,
incluso lo status delle rispettive banche
centrali.
Il nuovo Re della Cambogia,
Norodom Sihamoni, è partito oggi da Pechino per Phnom Penh, dove sarà
incoronato alla fine del mese. Sihamoni, che ha passato all’estero gran parte
della sua vita, è stato nominato re dopo l’abdicazione di suo padre, Norodom Sianouk.
Il nuovo re si è trattenuto per alcuni giorni a Pechino dove suo padre si trova
dall’inizio dell’anno per cure mediche. La Cambogia, uno dei Paesi più poveri
del mondo, è ancora sotto il trauma del genocidio compiuto dal regime degli “khmer
rossi” negli anni Settanta, nel quale furono uccisi quasi due milioni di
persone. Si ritiene che la monarchia abbia un importante ruolo nel mantenere la
stabilità politica del Paese, dove la transizione ad una democrazia compiuta
deve ancora essere completata. Norodom Sihamoni, che ha 51 anni e non ha
esperienza politica, ha detto nel suo primo messaggio al Paese che seguirà le
orme del padre mantenendosi neutrale davanti alle fazioni politiche cambogiane.
Sihanuk, che ha 82 anni, ha abdicato due settimane fa.
L’Indonesia ha da oggi un nuovo presidente. E’ l’ex
generale Susilo Yudhoyono, che con il giuramento di stamattina davanti al
Parlamento di Giakarta ha iniziato il suo mandato quinquennale. Nel suo primo
discorso ufficiale, il nuovo capo dello Stato – già ministro della Sicurezza
nazionale nel governo di Megawati Sukarnoputri – ha prospettato “un periodo
difficile” per il Paese, chiamato innanzitutto a vincere la sfida del terrorismo.
Ma quanto è alto il rischio di nuovi attentati in Indonesia? Andrea Sarubbi lo
ha chiesto a Francesco Montessoro, docente di Storia dell’Asia all’Università
di Milano:
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R. – E’
difficile fare previsioni. In realtà bisogna stabilire che cosa sia Al Qaeda in Indonesia. E’ probabile che vi
siano delle forze legate al terrorismo internazionale islamico. Consideriamo
che l’Indonesia è comunque inserita in un contesto che vede forze armate di
ispirazione islamica, nelle Filippine meridionali, oppure nella provincia della
Aceh, che è la parte settentrionale di Sumatra. Per cui senz’altro vi è una questione
terrorismo, ma si tratta di un fenomeno marginale, cioè in Indonesia il
terrorismo potrà eventualmente fare danni, ma non potrà coalizzare forze
significative tanto da poter influenzare la natura dello Stato e gli equilibri
regionali.
D. – Qualcuno
dice che le parole di Yudhoyono sul terrorismo sono state un po’ dettate dagli
Stati Uniti ...
R. –
Yudhoyono è senz’altro un esponente che
può essere gradito dagli americani, ma non è un fantoccio catapultato dall’esterno.
D. – Un
problema molto serio per l’Indonesia di oggi è la crescita economica: il
prodotto interno lordo non era mai stato così basso dall’inizio degli anni Settanta.
Secondo lei, questo presidente potrà fare qualcosa?
R. –
Probabilmente Yudhoyono troverà probabilmente qualche difficoltà perché
l’Indonesia è per tante ragioni un Paese che non ha mostrato il dinamismo
economico di altri nella regione a causa della continuità di una politica
economica in cui l’assistenzialismo, che addirittura coincide con la
corruzione, è stato un fattore di arretratezza strutturale, incapacità di
sviluppo ed è improbabile che in questo ambito riesca ad ottenere velocemente
risultati positivi.
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