RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
293 - Testo della trasmissione di martedì
19 ottobre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Inaugurato ieri
a Malta il Congresso internazionale per i sacerdoti
OGGI IN PRIMO PIANO
A Verona fino al 30 gennaio la mostra “Kandinsky e l’anima russa”: con noi Giorgio Cortenova
CHIESA E SOCIETA’:
In Iran
un pastore protestante, convertito dall’Islam, rischia la pena di morte per
apostasia
Un’operatrice
umanitaria, Margaret Hassan, responsabile in Iraq di Care International è stata
rapita a Baghdad
Nella Striscia di Gaza
resta alta la tensione. Intanto è braccio di ferro tra i coloni e Sharon
19 ottobre 2004
CALOROSO INCONTRO IN SALA CLEMENTINA TRA IL PAPA E
UN GRUPPO DI FEDELI POLACCHI DELLA DIOCESI DI
PELPLIN
- A cura di Alessandro Gisotti -
Un incontro affettuoso, come sempre avviene quando Papa Wojtyla riceve in
udienza i suoi compatrioti. Stamani, a far visita a Giovanni Paolo II è stato
un nutrito gruppo di 300 pellegrini provenienti dalla diocesi polacca di
Pelplin. L’incontro in Sala Clementina, in un clima particolarmente festoso, è
stata anche l’occasione per rivolgere un caloroso augurio al Papa per il suo
26.mo anniversario di Pontificato.
Nell’indirizzo di saluto, il Pontefice ha sottolineato la “particolare
intenzione” di questo pellegrinaggio ovvero la beatificazione del Servo di Dio,
il vescovo Konstantyn Dominik, morto a Danzica nel 1942 all’età di 72 anni. E’
giusto, ha detto il Papa in un discorso più volte applaudito dai fedeli, che
“con la preghiera cerchiate di sostenere il processo di riconoscimento” della
santità di mons. Dominik, cominciato ormai nel 1961.
“E’ questo – ha aggiunto il Papa – un contributo importante, perché
testimonia della venerazione, di cui gode il candidato agli onori degli altari,
e nello stesso tempo crea un’atmosfera spirituale di apertura all’azione della
grazia che prepara le condizioni per interventi miracolosi”. Il fedele pastore
della vostra Diocesi, ha concluso, “continui a tutelarla con particolare cura”.
INAUGURATO IERI A MALTA IL CONGRESSO
INTERNAZIONALE PER I SACERDOTI
Aperto ieri pomeriggio a Malta il Congresso Internazionale per i
sacerdoti sul tema “Sacerdoti forgiatori di santi per il nuovo millennio, sulle
orme dell’Apostolo Paolo”. Il cardinale Darìo Castrillòn Hoyos, prefetto della
Congregazione per il Clero, dicastero promotore dell’evento, ha presieduto la
celebrazione inaugurale nella cattedrale di San Giovanni Battista. Ma diamo la
parola a Riccardo Maccioni, inviato del quotidiano Avvenire:
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La navata centrale della
co-cattedrale di San Giovanni è un’enorme, compatta macchia bianca. La
compongono i mille sacerdoti, provenienti da 80 Paesi, che concelebrano nella
più nota chiesa della città di La Valletta. La capitale affacciata sul
Mediterraneo è la prima tappa del Convegno internazionale “Sacerdoti,
forgiatori di santi per il nuovo millennio”, che sarà ospitata nell’arcipelago
di Malta fino a sabato. Nell’omelia della Messa inaugurale, il cardinale
Castrillón Hoyos si rivolge direttamente ai presbiteri: “Sulle vostre fatiche e
patimenti – dice – sui vostri successi ed allegrie, sul nascondimento fecondo
del vostro ministero unito alla Croce di Cristo, fiorisce, cresce e si
rinvigorisce nel popolo della nuova alleanza la nuova vita, quella di Cristo
crocifisso e risorto”.
Dalla co-cattedrale al Mediterraneum
Conference Centre la distanza non è molta. Qui è ancora il cardinale
Castrillón Hoyos, in quanto prefetto della Congregazione per il clero, a tenere
la prima relazione. Parlando dell’apostolo Paolo che naufragò a Malta trovandovi
rifugio, ricorda come l’inculturazione sia un meraviglioso scambio di doni. Da
un lato, il Vangelo rivela ad ogni cultura la verità con la lettera maiuscola,
dall’altra ogni libera cultura esprime il Vangelo in maniera ricca e
multiforme. La Chiesa – aggiunge il prefetto – è chiamata ad illuminare ogni
cultura in cui Cristo viene accolto, collocando la storia umana sull’asse
verticale della trascendenza di Dio e della Gerusalemme celeste. Spetta invece
a mons. Bruno Forte parlare della santità del presbitero, oggi. “Essere
sacerdoti è bello – spiega l’arcivescovo di Chieti-Vasto – della bellezza di
una vita spesa senza riserve nella fede, con speranza e amore. E’ il dono della
vera bellezza che passa per le mani, le labbra e il cuore di un prete”.
Nel pomeriggio sono previste le
liturgie penitenziali per gruppi linguistici, poi la Messa presieduta dal
cardinale Crescenzio Sepe.
Dall’Isola di Malta, per la
Radio Vaticana, Riccardo Maccioni.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Giovanni
Paolo II ha ricevuto, stamani, in successive udienze mons. Wilton Daniel Gregory,
vescovo di Belleville, presidente della conferenza
episcopale degli Stati Uniti d'America con il vice-presidente mons. William Stephen Skylstad, vescovo di
Spokane e il segretario generale mons.
William P. Fay. Ha
inoltre ricevuto il signor Franjo Zenko, ambasciatore
di Croazia, in visita di congedo.
Nelle Isole
Salomone, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della
diocesi di Auki, presentata da mons. Gerard Francis Loft, S.M. e ha nominato
suo successore mons. Christopher Cardone, O.P., finora vescovo titolare di
Tuburnica e ausiliare di Gizo. Nella Papua Nuova Guinea, il Papa ha nominato
vescovo coadiutore di Wabag, mons. Arnold Orowae, finora vescovo titolare di
Gisipa e ausiliare della medesima diocesi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina la situazione in Iraq: cruento attacco a Nord di Baghdad;
appello dei leader religiosi cristiani dopo gli attacchi contro cinque chiese a
Baghdad.
Nelle
vaticane, nel discorso ai partecipanti al pellegrinaggio della Diocesi polacca
di Pelpin, Giovanni Paolo II ha esortato a sostenere con la preghiera il
processo per il riconoscimento della santità del Servo di Dio il Vescovo
Konstantyn Dominik.
Un articolo
di Gianfranco Grieco a conclusione del 48 Congresso Eucaristico Internazionale
svoltosi a Guadalajara.
Un
articolo del Cardinale Javier Lozano Barragan, moderatore generale del Simposio
teologico-pastorale tenutosi alla vigilia del Congresso Eucaristico.
Nelle
estere, Medio Oriente: otto morti nella Striscia di Gaza; Sharon contrario al
referendum sullo sgombero dei coloni.
Nella
pagina culturale, un articolo di Armando Rigobello dal titolo "L'identità
europea tra universalità e particolarismo": un recente saggio sulle radici
cristiane del Continente.
Un
articolo di Fernando Salsano sulla "verde Sirmio" di Giosuè Carducci:
tra modernità e tradizione, le pagine dedicate al lago di Garda e alle sue suggestioni.
Nell'
"Osservatore libri" un approfondito contributo di Marco Testi
dedicato alla figura e all'opera di Mario Luzi, che celebra i novant'anni con
una nuova raccolta di liriche.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della finanziaria.
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19
ottobre 2004
UN ANNO FA GIOVANNI PAOLO II PROCLAMAVA
- Intervista con il cardinale Palcidus Toppo -
“Un itinerario di amore e di
servizio, che capovolge ogni logica umana. Essere il servo di tutti”. Con
queste parole, esattamente un anno fa, il Papa proclamava beata Madre Teresa di
Calcutta, la piccola “grande” suora di origine albanese e di cittadinanza
indiana che tanto amava i più poveri. Durante la celebrazione in Piazza San
Pietro, davanti a 300 mila persone, il Pontefice comunicò che la festa della
Beata sarebbe stata fissata per il 5 settembre, “giorno della sua nascita al
cielo”. Ma l’India come ha ricordato Madre Teresa durante questo anno? Giada
Aquilino lo ha chiesto al cardinale Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi, nel
nord est del Paese:
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R. –
Certamente l’India ha vissuto questa memoria, perché i vescovi hanno chiesto
che la festa di Madre Teresa sia celebrata in ogni luogo, e questo vuol dire
che la Chiesa apprezza Madre Teresa, vuole imitare le virtù di Madre Teresa.
Speriamo che attraverso la sua intercessione la Chiesa si possa arricchire di
virtù. Ecco perché credo che Madre Teresa non sia stata dimenticata, ma sia
ancora viva: fisicamente non è presente in India, ma l’India vive ancora con
Madre Teresa!
D. –
Cosa ha lasciato Madre Teresa al popolo dell’India?
R. –
La memoria della presenza di Dio tra i poveri, perché Madre Teresa è stata un
dono di Dio. Il suo esempio di vita, il suo amore per i poveri rimangono!
D. –
Quali sono le condizioni di vita di quei poveri tanto amati da Madre
Teresa?
R. –
Sono rimaste esattamente com’erano, non è cambiato niente. Ma a livello
spirituale, l’opera di Madre Teresa ha imposto una sfida alle genti indiane, la
sfida di vivere secondo il suo esempio: amare i poveri. La gente ama le suore
di Madre Teresa e suor Nirmala, che le guida. C’è speranza: Madre Teresa è un dono
che l’India ha ricevuto. E il suo influsso continuerà ...
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COLPO DI MANO IN MYANMAR, MA L’OPPOSIZIONE NON C’ENTRA:
LA GIUNTA MILITARE ARRESTA IL PRIMO MINISTRO,
- Intervista con padre Bernardo Cervellera -
Il Myanmar,
l’ex Birmania, è da oggi senza un primo ministro. Con un colpo di mano notturno,
la giunta militare ha infatti destituito Khin Nyunt, in carica da un anno, e lo
ha posto agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione. Dietro il blitz,
sostengono gli analisti, si nascondono i contrasti sempre più netti fra l’ormai
ex capo del governo ed il leader militare Than Shwe. Al punto che, forse, non è
neppure possibile parlare di un colpo di Stato, come spiega padre Bernardo
Cervellera, direttore di Asia News, nell’intervista di Andrea Sarubbi:
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R. – Più che un colpo di Stato,
trovo che sia semplicemente una resa di conti all’interno della stessa giunta.
La giunta militare birmana è molto usa a questi colpi di Stato interni, in modo
tale da passarsi il potere da una parte all’altra. Questi colpi di Stato
tendono soprattutto alla conservazione del potere all’interno della giunta
militare. Certo è vero che Khin Nyunt è
considerato un moderato, uno che vorrebbe aprire di più la Birmania al
commercio con l’estero e quindi dando anche una patina di democrazia. Non è,
però, proprio uno stinco di santo. Than
Shwe, l’altro che sembra aver preso il potere, è invece molto più
conservatore e molto più duro nei confronti dei democratici. Entrambi, comunque,
non si smuovono dal fatto che il potere deve rimanere alla giunta.
D. – Si è parlato ultimamente di
questo percorso a tappe verso la democrazia che il premier voleva attuare. In
cosa consiste?
R. – Il progetto è, appunto di
cercare di avere delle elezioni, cercare di aprire a tutti i vari partiti e Khin Nyunt, che è stato anche l’artefice di diversi
rapporti con i gruppi ribelli per cercare di portarli alla pacificazione,
lasciando una certa autonomia alle loro regioni. Tutto questo, però, non vuol
dire la possibilità che il potere centrale venga spostato alle periferie e a
tutti gli altri partiti.
D. –
Proprio ieri, tra l’altro, AsiaNews ha denunciato le forti limitazioni che ci sono
nella ex-Birmania alle libertà religiose…
R. –
Questa è un'altra testimonianza, assieme all’arresto di Aung San Suu Kyi, che
dimostra che questa giunta militate anche di Khin Nyunt non sia così liberale
come si vuol far credere. In pratica la giunta cerca di sostenere molto il
nazionalismo, valorizzando alcune correnti del buddismo, ma soffoca tutte le
religioni e in particolare i cristiani, i protestanti, i cattolici legati ai
gruppi etnici minoritari, perseguitandoli e mandandoli ai lavori forzati,
bruciando Bibbie e chiese. Ci sono poi delle minoranze musulmane che si cerca
in pratica di far fuggire in Bangladesh, eliminandole proprio dal territorio
birmano. Ci sono poi anche delle comunità birmane che non si sottomettono
facilmente alla giunta ed anche queste vengono perseguitate.
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AL VIA OGGI POMERIGGIO, ALLA GREGORIANA DI ROMA,
UNA SERIE
DI
INCONTRI SUI RAPPORTI TRA CHIESA CATTOLICA ED EBRAISMO
- Intervista con padre Norbert Hofmann -
Questo pomeriggio, presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, si
terrà la conferenza di apertura di una serie di incontri sui rapporti tra
Chiesa cattolica ed Ebraismo dal Concilio Vaticano ad oggi. Questa serie di
incontri è promossa dal Centro “Cardinal Bea” per gli Studi Giudaici, in
collaborazione con il Centro di documentazione SIDIC e con il sostegno
dell’American Jewish Committee. Ma quale cammino è stato compiuto nei rapporti
tra Chiesa cattolica ed Ebraismo dal Concilio Vaticano II ad oggi? Giovanni
Peduto lo ha chiesto a padre Norbert Hofmann, segretario della Commissione per
i rapporti con l’Ebraismo, istituita in seno al Pontificio Consiglio per la
promozione dell’unità dei cristiani:
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R. – E’ stato soprattutto un cammino di mutua comprensione e di amicizia.
Quarant’anni fa, con il documento Nostra Aetate del Concilio Vaticano
II, abbiamo cominciato questo cammino di amicizia e di mutua comprensione. La
nostra Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo è stata istituita 30
anni fa, quindi abbiamo le strutture per un dialogo efficace. Attualmente, a
Grottaferrata, stiamo organizzando un dialogo con il Gran Rabbinato di Israele,
cominciato due anni fa. A livello mondiale abbiamo anche cominciato un dialogo
con l’International Jewish Committee on Interreligious Consultations.
Quest’anno, in luglio, a Buenos Aires abbiamo tenuto un Convegno sulla giustizia
sociale e sulla carità. E’ un cammino molto importante quello che stiamo
facendo e abbiamo raggiunto già molto.
D. – Quali sono le principali questioni ancora aperte?
R. – Nostra Aetate dice chiaramente che il nostro compito deve
essere quello di scoprire la nostra identità. E’ un cammino di conoscenza più
profonda. Una delle questioni aperte, da parte nostra, è una teologia cristiana
dell’Ebraismo. Stiamo sviluppando infatti una teologia dell’Ebraismo, che riguardi
il mistero di Israele.
D. – Giovanni Paolo II ha chiamato gli ebrei “fratelli maggiori”. Gli
ebrei come si sentono nei nostri confronti? Come vedono oggi i cattolici?
R. – Questa domanda è piuttosto una domanda per gli ebrei. Certamente il
Papa ha chiamato gli ebrei “fratelli maggiori nella fede di Abramo”, perché il
cristianesimo ha delle radici ebraiche. Io posso solo menzionare un documento
fatto dagli ebrei, che si intitola “Dite la verità”. In questo documento gli
ebrei hanno espresso gratitudine per il fatto che i cristiani adorino il Dio
d’Israele. Ciò vuol dire, infatti, che tramite i cristiani viene adorato il Dio
d’Israele. Posso immaginare che gli ebrei siano molto lieti di questi progressi
attraverso il nostro dialogo.
D. – I cattolici stanno riscoprendo le radici ebraiche della fede?
R. – Sì, chiaramente. Gesù era un ebreo, la Madre di Dio era una ebrea,
gli apostoli erano ebrei. Come ho già detto, il cristianesimo ha delle radici
ebraiche e noi stiamo riscoprendo sempre di più le cose che abbiamo in comune.
Attualmente stiamo facendo un Convegno sul tema “Una visione comune della
giustizia sociale e del comportamento etico”.
D. – Padre Hofmann le risulta che ci siano stati cambiamenti negli ultimi
secoli nel pensiero teologico ebraico?
R. – Anche questa domanda andrebbe fatta agli Ebrei… non esiste
l’ebraismo in se stesso, ma esistono tante correnti dell’ebraismo: per esempio
gli ortodossi, gli ebrei della Sinagoga riformata, i conservatori. Quindi, ogni
corrente ebraica ha un suo pensiero teologico.
D. – Il dialogo ebraico-cristiano può avere riflessi sui rapporti con
l’islam?
R. – In Vaticano c’è la Commissione per i rapporti religiosi con
l’ebraismo e per il dialogo con gli ebrei. Il dialogo con i musulmani, invece,
viene organizzato dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Tra
la nostra Commissione e questo Pontificio Consiglio c’è una buona
collaborazione. Naturalmente vengono organizzati anche Convegni del “trialogo”,
e ciò vuol dire musulmani, cristiani ed ebrei insieme. Quindi, stiamo
collaborando in questo campo.
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APPELLO DEI VESCOVI
ITALIANI NEL MESSAGGIO PER LA GIORNATA DELLA VITA:
BISOGNA AIUTARE LE
MADRI IN DIFFICOLTA', PERCHE' NON ARRIVINO ALL'ABORTO
Difendere
la vita, aiutare le madri in difficoltà, perché non arrivino all'aborto, sostenere
le famiglie che decidono di aiutare i piccoli abbandonati con l'adozione o
l'affido temporaneo. Così, in sintesi, le sfide lanciate dai vescovi nel
messaggio del Consiglio episcopale permanente per la 26.ma Giornata per la
vita. Il servizio è di Massimiliano Menichetti.
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Accogliere
la vita senza remore e proteggerla. Sono gli imperativi sottolineati dai
vescovi nel messaggio, diffuso oggi, per la 26.ma Giornata per la vita, in programma
il 6 febbraio 2005. Un documento che sottolinea la necessità di sostegno nei
confronti delle madri in difficoltà, affinché mai si arrivi all'aborto, definita
la ''più terribile negazione dell'altro''. Centrale – si sottolinea - è l’aiuto
alle famiglie in particolare a quelle che grazie all'adozione o l'affido
temporaneo, accolgono i piccoli abbandonati. Urgenze da affrontare nel più
breve tempo possibile, evidenzia il Consiglio episcopale permanente, in vista
anche della chiusura degli istituti che ospitano i minori, prevista tra pochi
mesi. Nel messaggio, dal titolo “Fidarsi della vita”, si rileva che
''l’esistenza è un intreccio di relazioni e le relazioni richiedono che ci si
possa fidare gli uni degli altri, ma che secondo una tendenza culturale
diffusa, spesso la vita degli altri, non è considerata degna di rispetto come
la propria. Non è bene che l'uomo sia solo, afferma il documento della CEI – in
riferimento all’aborto e sottolinea che la via maestra per superare la
fragilità che può nascere durante una gravidanza per paura di non farcela,
consiste nel aiuto concreto alle madri in difficoltà”. I vescovi rilevano che
''in non poche circostanze, l'aborto è una scelta tragica, vissuta nel tormento
e con angoscia, sbocco di povertà materiale o morale, di solitudine disperata,
di triste insicurezza e calata in una società, cieca nei riguardi dei bisogni
delle persone e insensibile al rispetto del figlio e della madre”. La CEI
quindi chiede di seguire la via della vita, della consapevolezza, della
solidarietà concreta per favorire il cambiamento e il radicarsi della logica
dell’accoglienza. E sull’adozione e l’affido rimarcano che “se una famiglia si
dimostra disponibile non va lasciata sola. Deve avvertire attorno a sé una rete
di solidarietà concreta.
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A VERONA FINO AL 30 GENNAIO LA MOSTRA “KANDINSKY E
L’ANIMA RUSSA”
- Intervista con Giorgio
Cortenova -
La pittura russa è protagonista
a Verona, negli spazi espositivi della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo
Forti, dal 16 ottobre scorso fino al 30 gennaio 2005. Oltre 130 opere dell’arte
pittorica russa del XIX e XX secolo sono la base della mostra “Kandinsky e
l’anima russa”. Dai pittori ambulanti dell’Ottocento alle avanguardie di
Kandinsky, Malevich, Goncharova, fino alla visione iconografica di Chagall e ai
linguaggi contemporanei, il tema centrale è appunto quello dell’anima. Il
servizio di Francesca Smacchia.
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(musica)
Una terra a cavallo tra Oriente ed Occidente, lande sconfinate, boschi
innevati, acque gelide: la Russia. Un luogo geografico, ma soprattutto un
paesaggio ideale e mentale quello rappresentato da Vassily Kandinsky,
riconosciuto come il padre dell’astrattismo lirico, nella ricchezza culturale e
spirituale del suo percorso, con le vicende del suo popolo e i colori della
propria tradizione. Ma è il viaggio nella storia dell’anima umana, in
particolare dell’anima russa, quello ritratto dagli artisti russi vissuti tra
Ottocento e Novecento e che costituisce il tema principale di oltre 130 opere
tra le più significative dell’arte pittorica russa degli ultimi due secoli. Il
curatore dell’esposizione, Giorgio Cortenova:
R. – L’anima russa credo si
componga di quattro o cinque elementi sostanziali: il popolo e la sua santità,
la terra, l’acqua, la visionarietà, cioè un mondo che in qualche modo si eleva
ad una visione, e la fede che attraversa tutte queste componenti, la grande
forza della fede russa. Incominciamo la Mostra dal 1830 e finiamo oggi,
attraverso l’avanguardia, i grandi nomi conosciuti come Kandinsky e Malevich.
Credo che sia straordinaria, perché si scopre il grande Ottocento russo.
Tra i tanti capolavori, il
villaggio in festa con i contadini con la fisarmonica e le donne in abiti
colorati, dai visi rossi e paffuti incorniciati da fazzoletti fiorati, di
Kugach; i corpi robusti e rigorosi delle mietitrici, nell’oro dei campi, di Malevich,
il cavaliere dello spirito che si erge a salvare il passato della sua terra di
Kandinsky e la fiabesca passeggiata di due sorridenti innamorati che si tengono
la mano di Chagall. Un panorama variopinto di opere raramente giunte in Occidente
fino ad oggi.
(musica)
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19
ottobre 2004
- A cura di Salvatore Sabatino –
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BAGHDAD.
= Una sola voce per dire basta agli attentati contro i luoghi di culto in Iraq.
I capi cristiani di tutte le confessioni presenti nel Paese del Golfo: Caldei,
Assiri, Latini, Siriaci, Armeni, Greco-ortodossi e altri, hanno espresso in un
comunicato congiunto – diffuso dall’agenzia Fides - la loro ferma condanna per tutti gli attacchi verso i luoghi di
culto cristiani e musulmani. Il testo sottolinea la tradizionale convivenza fra
le diverse fedi in Iraq; "cristiani e musulmani – si legge - convivono in
questa terra da oltre 1.400 anni" e continueranno a farlo”. Rinnovato,
inoltre, il desiderio di pace, ribadendo che le comunità cristiane non si lasceranno
intimidire dai recenti attentati. Da sempre i leader cristiani hanno mantenuto
buoni rapporti con i leader musulmani, insistendo sull’importanza del dialogo.
Nell’agosto 2003 hanno dato vita al "Consiglio Interreligioso dell’Iraq
per la Pace", insieme ai capi musulmani sciiti e sunniti, che
periodicamente promuovono incontri e attività per sottolineare il ruolo
dell’autentica religione nello scenario iracheno. Il Consiglio si è pronunciato
contro la violenza religiosa e l’azione di gruppi settari, sottolineando invece
che è compito delle diverse comunità di fedeli aiutare la popolazione irachena
che vive ancora problemi di sostentamento quotidiano. A sostegno della comunità
cristiana irachena giunge anche un messaggio della Chiesa cattolica Maronita.
"Vi siamo vicini – si legge in un testo dell’Unione Mondiale Maronita -
pregheremo per voi e ci attiveremo per sostenervi”. Ferma condanna, inoltre, per "l’atto di aggressione contro i
cristiani in Iraq", affermando che "i terroristi vogliono svuotare il
Paese del Golfo dai cristiani e cancellare anche il disegno di costruire un Paese multietnico e
multireligioso". Preoccupata, infine, per il moltiplicarsi degli attacchi
contro i cristiani in tutto il Medio Oriente, l’Unione Maronita intende
convocare presto una speciale assemblea a Washington, invitando rappresentanti
della Chiesa Caldea irachena, altri leader cristiani, nonché autorità civili e
politiche. (S.S.)
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LA POLONIA RICORDA OGGI PADRE
JERZY POPIELUSZKO,
L’EROICO CAPPELLANO DI SOLIDARNOSC,
UCCISO 20 ANNI FA DAI SERVIZI SEGRETI
COMUNISTI E CONSIDERATO OGGI MARTIRE E SIMBOLO DELLA POLONIA LIBERA
- A cura di Jozef Polak -
VARSAVIA.
= Erano gli anni buii della legge marziale del generale Jaruzelski. Padre
Jerzy Popieluszko celebrava le messe per la patria. La sua chiesa di San Stanislao
Kostka a Varsavia era di giorno in giorno più affollata. Per il regime era un
fanatico, un esempio di clericalismo militante; per la gente, invece, un
pastore saggio e coraggioso, convinto di dover vincere il male col bene. Il 19
ottobre 1984 tre uomini dei servizi segreti lo massacrarono, lo gettarono nelle
acque della Vistola, nei pressi di Wloclawek. Oggi la sua causa di
beatificazione è in dirittura d’arrivo. In questi giorni tutta la Polonia
ricorda il cappellano di Solidarnosc, moltiplicando le iniziative di
commemorazione: il 16 ottobre il cardinale Glemp ha inaugurato il Museo di
padre Popieluszko accanto alla sua chiesa. A Pionki, presso Radom, è stato
inaugurato un monumento in suo onore. E ancora, un ritiro dal titolo “Gente
solidale” a Bydgoszcz, dove è stato rapito; una staffetta sulle vie del suo
martirio da Bydgoszcz a Wloclawek, oltre che la pubblicazione del volume
“L’ultimo giorno del padre Jerzy Popieluszko”. Ieri, il vescovo di Wloclawek,
Mons. Mering, ha presieduto una messa nel luogo del martirio. Oggi sono previste
le celebrazioni a Bydgoszcz, con una messa per la patria e per la beatificazione
di padre Popieluszko.
PRESENTATO IERI A LONDRA IL
RAPPORTO “WINDSOR”, CHE CONFERMA IL NO DELLA CHIESA ANGLICANA ALL’ORDINAZIONE
DI RELIGIOSI DICHIARATAMENTE OMOSESSUALI. OBIETTIVO DELLA COMMISSIONE:
L’UNITA’ DELLA COMUNIONE ANGLICANA
LONDRA.
= 93 pagine per dire stop alle unioni omosessuali alle diocesi che le hanno accettate.
Ma anche per chiedere le dimissioni del vescovo omosessuale americano Gene
Robinson e di chi ha permesso la sua ordinazione. Tutto questo nel Rapporto
“Windsor”, frutto della commissione nominata circa un anno fa dall’arcivescovo
di Canterbury, Rowan Williams, in seguito alle divisioni nel mondo anglicano,
dopo l’ordinazione episcopale di Robinson, omosessuale dichiarato. Il testo è stato
presentato ieri a Londra nella cripta della Cattedrale di Saint Paul. Incisivo
l’intervento del Primate anglicano d’Irlanda, Robin Eames, che ha sottolineato
ancora una volta la posizione dei 70 milioni di anglicani presenti in 164 Paesi.
L’alto prelato ha invitato a percorrere una strada univoca su questo delicato
tema, facendo implicito riferimento alle diocesi che hanno accettato le unioni
omosessuali e sottolineando che l’obiettivo del lavoro della Commissione è
stata l’unità. “Il nostro futuro è insieme - ha riferito in Conferenza stampa -
il nostro impegno è degli uni verso gli altri in Cristo. Qualsiasi Chiesa
anglicana è autonoma, ma non ha il diritto di allontanarsi dalla fede comune”.
L’arcivescovo di Armagh ha spiegato che la Commissione non ha voluto negare le
divisioni esistenti, cercando un dialogo ed un cammino futuro che promuovano
l’unità. In un comunicato emesso subito dopo la presentazione del Rapporto
“Windsor”, l’Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha invitato la Comunione
anglicana ad un periodo di riflessione e dialogo. Il documento inizia il suo
percorso di approvazione da parte dell’Anglican Consultative Council, con
il passaggio attraverso lo Standing Comitee, un altro organo della
Comunione anglicana. (S.S.)
IN IRAN UN PASTORE PROTESTANTE,
CONVERTITO DALL’ISLAM,
RISCHIA LA PENA DI MORTE PER APOSTASIA.
L’UOMO E’ STATO ARRESTATO LO
SCORSO MESE DI SETTEMBRE
CON ALTRI 86 LEADER PROTESTANTI
IN SEGUITO AD UNA RETATA DELLA POLIZIA
TEHERAN. = In Iran un pastore
evangelico, convertito dall’islam, rischia la pena di morte. L’accusa è di
“apostasia dall’islam”, che la legge iraniana punisce con la pena capitale. Il
reverendo, Hamid Pourmand, è colonnello dell’esercito nella città di Bushehr e
se condotto di fronte ad una corte marziale può essere accusato di “spionaggio
militare” e per questo condannato all’esecuzione capitale. Il pastore, 47 anni,
non ha mai nascosto la propria conversione ed è stato arrestato con altri 86
leader protestanti in seguito ad una retata della polizia. Il raid è avvenuto
lo scorso 9 settembre durante l’annuale raduno delle Assemblee di Dio
organizzato nella città di Karaj, 30 chilometri ad ovest di Teheran. Tra tutte
le persone fermate, Pourmand è l’unico ad essere ancora in carcere. Un altro pastore evangelico convertito
dall’islam, Mehdi Dibaj, è stato ucciso, nel luglio del 1994, dopo aver
scontato una pena di 9 anni per aver rifiutato di abiurare la sua fede cristiana.
Alcuni mesi fa il religioso sciita Hasan Mohammadi, funzionario del ministero
dell’Educazione, parlando in una scuola superiore di Teheran ha dichiarato che
“ogni giorno circa 50 giovani iraniani si convertono in modo segreto al
cristianesimo”. I cristiani in Iran sono 360 mila su una popolazione di 65
milioni di abitanti; i cattolici sono circa 25 mila. (A.L.)
INCONTRO STAMANI A ROMA, ORGANIZZATO DALL’UNICEF,
CON IL DIRETTORE REGIONALE DEL
FONDO ONU PER L’INFANZIA
NELL’EUROPA DEL CENTRO E DELL’EST E DELL’ASIA CENTRALE
- A cura di Roberta Gisotti -
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ROMA. = A cosa serve la crescita
economica se non porta vantaggi ai bambini? E’ l’interrogativo al centro del
Rapporto dell’UNICEF sulla condizione dell’infanzia nei Paesi dell’Europa
centrale ed orientale nella Comunità di Stati indipendenti e nei Balcani, una
vasta regione che comprende 27 nazioni, che hanno subito profonde
trasformazioni socio politiche negli ultimi 15 anni. In molti di questi Paesi -
ha rilevato la responsabile dell’Unicef, Maria Calivis - con molta fatica si
sono raggiunti progressi economici, ma i bambini sono lasciati ai margini e la
povertà stravolge la loro infanzia. E’ questa la regione del mondo dove si
registra il più basso calo del tasso di mortalità infantile sotto i cinque
anni. In Lettonia è addirittura aumentato e in altri dieci Paesi, tra cui la
Russia, è rimasto immutato. I dati che riguardano l’infanzia - ha aggiunto
Maria Calivis – sono inoltre pochi e spesso inattendibili e la situazione è
sicuramente più grave di quel che si pensi. Dove è stato possibile monitorare
con qualche certezza la situazione dell’infanzia - in nove Paesi - si è
scoperto che su 44 milioni di bambini circa un terzo, ovvero 14 milioni, vivono
in povertà. Questo significa non andare a scuola, essere abbandonati a vivere negli
istituti, subire violenze e soprusi, finire nel giro della criminalità
organizzata. Altro aspetto davvero preoccupante è l’aumento in questa regione
della droga e dell’alcool tra i giovani e la diffusione dell’Aids. Un milione e
mezzo le infezioni, ma è un dato – ha sottolineato la responsabile UNICEF
- fortemente sottostimato. C’è bisogno,
dunque, di maggiore attenzione da parte di tutta la comunità internazionale
verso queste popolazioni che hanno sofferto e soffrono tuttora un grave disagio
nel cammino di democratizzazione dei loro Paesi. Occorre ridare loro la
speranza di un avvenire migliore nei loro Paesi, anziché prospettare
l’immigrazione come unica via di uscita per il futuro dei loro giovani.
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LA DENUNCIA DI AMNESTY
INTERNATIONAL: NONOSTANTE CRESCA LA CONSAPEVOLEZZA DEL LEGAME FRA DIAMANTI ILLEGALI E CONFLITTI SANGUINOSI,
MOLTI RIVENDITORI NON SONO IN
GRADO DI OFFRIRE
GARANZIE SULLA PROVENIENZA DEI
PREZIOSI
LONDRA. = Molti diamanti sono
venduti dai gioiellieri senza la sicurezza che provengano da zone non coinvolte
in conflitti. La denuncia arriva da Amnesty International e da Global Witness,
che ieri hanno presentato i risultati di un’indagine condotta fra distributori
e venditori al dettaglio. Dalla ricerca emerge che in molti Paesi europei,
negli Stati Uniti e in Australia, sono pochi i gioiellieri in grado di fornire
garanzie scritte sulla provenienza dei preziosi. In particolare in Italia solo
5 fra le 152 imprese del settore coinvolte nella ricerca hanno dichiarato
esplicitamente di essere costrette a fidarsi dei grossisti, chiedendo, inoltre,
un maggiore impegno da parte dello Stato nella fase dell’importazione. “Un
risultato deludente – si legge dunque nel rapporto - nonostante nel gennaio 2003 l’industria del settore abbia preso
uno specifico impegno a fornire
garanzie scritte, per sostenere lo schema di certificazione in grado di
segnalare la provenienza delle pietre. Sempre Amnesty International e Global
Witness sottolineano, inoltre, "come solo lo sforzo congiunto degli Stati
e di tutti i settori dell’industria e del commercio dei diamanti potrà
garantire al cliente l’acquisto di un gioiello che non sia stato causa di
tremende sofferenze e gravi violazioni dei diritti umani”. (E. B.)
PRESENTATO STAMANI ALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ
LATERANENSE
IL NUOVO ENCHIRIDION
FAMILIAE, OPERA CHE RACCOGLIE I DOCUMENTI
DEL MAGISTERO E DEL CONCILIO SU MATRIMONIO E
FAMIGLIA
ROMA. = Uno studio esaustivo
delle fonti documentali che il Magistero ed il Concilio hanno prodotto da San
Clemente I fino al 2000 sui temi della sessualità, del matrimonio e della
famiglia. E’ questo il contributo del nuovo Enchiridion Familiare, opera
in 10 volumi curata da don Javier Escrivá Ivars e don Augusto Sarmiento,
docenti all’Università spagnola della Navarra, e pubblicata dalla casa editrice
spagnola Eunse di Madrid. Questa nuova edizione è stata presentata stamani, a
dodici anni dalla prima, presso il Pontificio istituto Giovanni Paolo II per
studi su matrimonio e famiglia dell’ateneo Lateranense. Alla presenza dei
curatori, sono intervenuti il presidente della prefettura degli affari
economici della Santa Sede, cardinale Sergio Sebastiani, il preside
dell’Università pontificia, mons. Rino Fisichella, ed il presidente
dell’Istituto di scienze per la famiglia, professore Gonzàlez Enciso. L’Enchiridion
Familiae costituisce un valido strumento di consultazione nel trattamento
dottrinale e nello studio del matrimonio e della famiglia per tutte le categorie
professionali: ricercatori, teologi, storici, filosofi, avvocati, psicologi,
etc. Per facilitarne la consultazione sono stati aggiunti ad ogni teso brevi
titoli riassuntivi del contenuto, indici di diverso genere, la numerazione dei
paragrafi a margine e riferimenti ai documenti che fanno parte dell’opera.
(A.L.)
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19
ottobre 2004
- A cura di Fausta Speranza -
La responsabile
dell'organizzazione umanitaria 'Care international' a Baghdad è stata rapita. La notizia è giunta un’ora fa. Il nostro
servizio:
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Ad annunciarlo le tv arabe Al
Arabiya e Al Jazeera. E poi la conferma di una portavoce dell’ONG a Londra: la
donna sequestrata si chiama Margaret Hassan, è la responsabile della sezione
irachena dell'organizzazione umanitaria britannica 'Care International' e
conduce programmi di solidarietà in Iraq da dieci anni. Della ONG si può aggiungere
che è presente in 72 Paesi ed è attiva in Iraq dal 1991. Dopo la guerra, nel
2003, ha concentrato gli sforzi nell’assistenza medica e nel ripristino
dell’acqua corrente. In attesa di ulteriori informazioni sulla volontaria Margaret
Hassan, continuiamo a guardare alla capitale: un dipendente civile dell'esercito
americano ucciso e altre sette persone, tra cui un soldato, ferite da un tiro
di mortaio contro una postazione USA. Violenza anche nel nord della capitale: 4
guardie nazionali irachene uccise e 80 ferite da un attacco contro la loro base
a Machahda; due iracheni uccisi e altri dieci feriti nell’operazione compiuta
dalle forze americane, sostenute da forze irachene, a Dhuluiya. In particolare
in un quartiere della stessa località sarebbero stati violenti i combattimenti
tra forze USA e ribelli. L’attacco contro un minibus di poliziotti a Latifiyah,
a sud di Baghdad, ha causato nove morti. Intanto, i militari USA continuano a
colpire la città di Falluya per snidare il terrorista Abu Musab Al Zarqawi e la
sua rete, che sostengono nascondersi nella città del triangolo sunnita.
Per esortare una tregua in Iraq,
interviene il Consiglio dei ministri saudita. In un comunicato, a conclusione
della seduta presieduta da re Fahd, chiede di rispettare il mese di digiuno del
Ramadan e di approfittarne per “una svolta verso la sicurezza e la stabilità''.
Da Londra, viene invece il rapporto dell'Istituto internazionale per gli Studi
Strategici. Precisa la denuncia: la guerra in Iraq ha aumentato il rischio
terrorismo nel mondo, almeno a breve termine. L’Istituto, che annualmente
analizza la situazione delle forze militari nel mondo, spiega che ''con
l'invasione e l'occupazione dell'Iraq, gli USA hanno dimostrato il loro
desiderio di cambiare lo status quo politico nel mondo arabo per far avanzare
gli interessi strategici e politici americani''. ''Di conseguenza - si legge -
l'invasione dell'Iraq, nel breve termine ha probabilmente fatto aumentare i
reclutamenti per la Jihad e intensificato la motivazione di Al Qaeda a
incoraggiare ed assistere operazioni terroristiche''.
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Nella
Striscia di Gaza la tensione è sempre alta. Stamani una pattuglia militare
israeliana ha ucciso due palestinesi in procinto di compiere un attentato nei
pressi del valico di Erez. Il bilancio di ieri è di 6 morti, tutti palestinesi,
e di 5 feriti in serata per lo scontro fra diverse fazioni degli stessi servizi
di sicurezza palestinesi. Sul fronte israeliano, intanto, è sempre più tesa la
situazione dal punto di vista politico. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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I coloni
ebrei della Striscia di Gaza hanno annunciato che risponderanno all’invito del
premier israeliano, Ariel Sharon, per un nuovo incontro sul ritiro solo se il
progetto sarà sottoposto a referendum. I coloni chiedono anche elezioni
politiche anticipate. Ma Sharon si oppone a questa richiesta e ha annunciato
che è determinato ad applicare il proprio piano entro il 2005. In questo clima
di tensione si devono anche rilevare le dichiarazioni rilasciate dal leader
dell’opposizione laburista, Shimon Peres, secondo cui il primo ministro dello
Stato ebraico potrebbe essere vittima di un attentato. Le minacce più preoccupanti
sono quelle lanciate dai coloni e da rabbini ultraortodossi per la proclamata
intenzione di Sharon di sgomberare gli ottomila coloni di Gaza, città dove la
situazione è sempre più drammatica. L’agenzia dell’Onu per i profughi
palestinesi (UNWRA) e Human Right Watch (HRW) hanno criticato le
distruzioni di case palestinesi a Gaza da parte dell’esercito israeliano. Nelle
ultime incursioni sono state demolite almeno 90 abitazioni. Secondo
l’organizzazione umanitaria le distruzioni di case nei Territori, soprattutto
lungo il confine con l’Egitto, sono state attuate “senza che ci sia una
necessità militare”, con l’obiettivo di “creare una larga zona deserta vicino
alla frontiera per agevolare il controllo duraturo della Striscia di Gaza”.
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L’Unione Europea non nasconde le
proprie preoccupazioni per le elezioni legislative ed il referendum di domenica
scorsa in Bielorussia: secondo l’alto rappresentante per la politica estera e
la sicurezza, Javier Solana, la consultazione è stata caratterizzata da irregolarità ed il referendum è stato organizzato in condizioni non soddisfacenti. Il commissario
europeo alle relazioni esterne, Chris Patten, ha aggiunto che difficilmente “ci
sarà un miglioramento nelle relazioni tra UE e Bielorussia”. E contro queste
votazioni, giudicate dagli osservatori internazionali non libere ed eque, non sono
mancate le proteste: oltre 2.000 persone, infatti, hanno manifestato ieri sera
a Minsk contro la vittoria annunciata del ‘si’ al referendum che permetterà al
presidente, Aleksander Lukashenko, di restare al potere per un terzo mandato.
''Il nostro compito è essere
le sentinelle della convenzione di
Ginevra, la pietra miliare in materia di diritti dei rifugiati'': Laura
Boldrini, portavoce dell'Unhcr, l'Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i
Rifugiati, commenta così la proposta di istituire centri di accoglienza
nel Nord Africa, emersa dal vertice dei
ministri dell'Interno del cosiddetto G5, la riunione informale dei ministri dell'Interno di Italia,
Francia, Gran Bretagna, Germania e
Spagna. In realtà, i cinque Grandi d'Europa si sono mostrati compatti sulla
lotta al terrorismo, da potenziare rafforzando Europol e gli scambi
informativi, mettendo a punto regole comuni per l'espulsione di sospetti ed
inserendo anche le impronte digitali nei passaporti. Ma hanno manifestato
opinioni diverse, invece, sul contrasto all’immigrazione clandestina. E il
punto che divide è rappresentato proprio dai Centri di accoglienza da
realizzare in Nord Africa.
Il Partito popolare europeo
(PPE) ha oggi manifestato la propria ''ferma condanna'' dell'espulsione dall'Avana
del responsabile della politica estera del
Partito Popolare spagnolo, Jorge Moragas, e di due deputati olandesi, ribadendo la richiesta della
''immediata liberazione dei prigionieri
politici'' a Cuba. In una risoluzione sulla situazione politica all'Avana, il
PPE ha rifiutato la possibilità di ''ammorbidire o indebolire'' la 'posizione
comune' che l'UE mantiene nei confronti di Cuba, oltre alle misure decise nel
giugno del 2003, dopo la fucilazione di tre giovani nell'isola. E il governo
spagnolo, sempre oggi, ha chiesto a Fidel Castro ''la liberazione di alcuni
detenuti politici'' per consentire a Madrid di favorire una nuova politica
dell'UE nei confronti dell'isola. Le espulsioni hanno provocato una levata di
scudi contro la politica del premier José Luís Rodríguez Zapatero, che vorrebbe
ammorbidire la linea europea in cambio di ''gesti'' da parte di Castro.
In Italia, sono stati rinviati
tutti a giudizio i 17 imputati nel procedimento contro le BR in corso nell'aula
bunker nel carcere di Rebibbia a Roma. Rinviati a giudizio anche i fratelli
Viscido per i quali la procura aveva chiesto l'archiviazione e la brigatista Federica Saraceni per
l'omicidio D'Antona. Il processo comincerà il 17 febbraio a Roma.
Il presidente uscente afghano
Hamid Karzai è sempre in testa, con il 61,8% dei voti, dopo lo spoglio di un quarto delle schede, secondo
risultati preliminari sui risultati
delle presidenziali del 9 ottobre diffusi oggi dalla commissione elettorale.
Secondo il sito internet della commissione, che riunisce rappresentanti delle autorità afghane e
delle Nazioni Unite, poco dopo le 09:20
(le 06:50 in Italia), l'organismo aveva
ricevuto risultati preliminari di 33 province su 34 pari al 24,4% dei voti. Il candidato
''indipendente'' pashtun Karzai otteneva il 61,8% dei voti, seguito dal suo ex
ministro dell'educazione, il tagiko Yunus Qanuni (18,2%), dai signori della
guerra uzbeko Abdul Rashid Dostum (8,5%9 e hazara Mohammed Mohaqiq (4,5%) e
dall'unica donna candidata, Massuda Jalal
(1,1%). I pashtun sono l'etnia maggioritaria in Afghanistan (40%),
seguiti da tagiki (25), hazara (12) e uzbeki (10).
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