RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 286 - Testo della trasmissione di martedì 12  ottobre 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Uomo semplice e analfabeta, autentico fratello di umili e potenti: così il Papa ricorda San Serafino da Montegranaro, nel IV centenario dalla morte

 

Le priorità pastorali per lo sviluppo di una “cultura cristiana dinamica” nel continente sudamericano: l’intervento del cardinale Poupard al seminario di preparazione della Plenaria del Celam

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Il Parlamento israeliano boccia il ritiro da Gaza: Sharon, in minoranza, tenta di salvare il suo piano: con noi Fiamma Nirenstein

 

Il ‘no’ dei parlamentari europei a Rocco Buttiglione. La Commissione Giustizia, libertà pubbliche e sicurezza ha respinto la candidatura a commissario europeo per la Giustizia: ai nostri microfoni padre Michele Simone

 

La decisione ieri dell’Unione Europea di alleggerire l’embargo alla Libia e rafforzarlo, invece, alla Birmania fa riflettere sul valore di questa forma di pressione su regimi che rifiutano i parametri democratici: ce ne parla Luigi Bonanate

 

Prima giornata di lavori al Congresso eucaristico internazionale, in Messico, con l’intervento del cardinale Sandoval e l’omelia del cardinale Humes

 

Si è aperta con il discorso del cardinale John Foley la Conferenza mondiale triennale dell’Unione internazionale dei giornalisti cattolici, in Thailandia

 

Il genio della Pop Art, Andy Warhol, protagonista di una grande Mostra alla Triennale di Milano: intervista con il curatore, Gianni Mercurio

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Serve l’aiuto di tutti per costruire una società basata sulla giustizia, sulla pace e sul dialogo”: questo, in sintesi, l’appello dei vescovi della Guinea Bissau

 

I vescovi filippini condannano gli episodi di violenza ai danni di contadini poveri

 

Il vescovo venezuelano di San Cristobal ha aperto l’anno giubilare per gli ottanta anni del seminario diocesano

 

I bambini dei campi profughi nel Ciad orientale tra i banchi di scuola

 

Riconfermata lo scorso 10 ottobre la madre generale delle Suore di don Guanella

 

In primo piano la biodiversita’ per la prossima Giornata mondiale sull’alimentazione

 

24 ORE NEL MONDO:

A Baghdad, trovato il corpo di un uomo decapitato: potrebbe essere quello del britannico Bigley. Mentre gli uomini di al Sadr continuano a deporre le armi, liberati dalla guerriglia dieci ostaggi turchi

 

Riprende domani in Afghanistan il conteggio dei voti delle elezioni presidenziali per verificare la fondatezza delle irregolarità denunciate da 15 candidati

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 ottobre 2004

 

UOMO SEMPLICE E ANALFABETA, AUTENTICO FRATELLO DI UMILI

E POTENTI: COSI’ IL PAPA RICORDA SAN SERAFINO

 DA MONTEGRANARO, NEL IV CENTENARIO DELLA MORTE

 

Ricorre oggi il IV centenario della morte di San Serafino da Montegranaro avvenuta nel Convento dei cappuccini di Ascoli Piceno il 12 ottobre del 1604. Del messaggio che il Papa ha rivolto al vescovo locale, mons. Silvano Montevecchi, allargato a tutta la comunità diocesana e ai Frati Minori Cappuccini delle Marche ci parla nel servizio Roberta Gisotti.

 

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400 anni dalla morte di San Serafino non hanno appannato l’attualità che emerge dalla “vicenda umana e spirituale” di questo frate, “uomo semplice e analfabeta, che tutti, umili e potenti, - ha sottolineato Giovanni Paolo II - sentivano come autentico “fratello”.  Infatti “col passare del tempo la santità non perde la propria forza d’attrazione, anzi risplende con maggiore luminosità.”

 

“San Serafino fa parte a pieno titolo della schiera dei santi che hanno arricchito fin dall’inizio l’Ordine cappuccino, ha ricordato ancora il Santo Padre.  Sapeva “pregare sempre, senza stancarsi mai”, “tanto da estraniarsi non di rado da ciò che lo circondava”, contemplando “la presenza divina nel creato e nelle persone” in “costante unione con Dio”.  Il suo stile di vita “umile ed essenziale”, “il suo vestiario vile e rattoppato” lasciavano trasparire “la vera grandezza della sua anima”. “A continue penitenze liberamente scelte…univa la pratica quotidiana di sacrifici e rinunce”. Era dedito ai più poveri ed emarginati “per lenirne le pene fisiche e spirituali”, disponibile verso quanti bussavano alla porta del Convento, “grande pacificatore delle famiglie”. Sapeva alternare “forti richiami, gesti di amorevole solidarietà e parole di incoraggiante consolazione”.

 

Giovanni Paolo II auspica, quindi, che tutte le manifestazioni religiose e culturali promosse per celebrare questo giubileo incrementino “il coraggio di testimoniare i valori dello spirito”, che hanno segnato l’intera esistenza di San Serafino da Montegranaro.

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LE PRIORITA’ PASTORALI PER LO SVILUPPO DI UNA “CULTURA CRISTIANA DINAMICA”

NEL CONTINENTE SUDAMERICANO: L’INTERVENTO DEL CARDINALE POUPARD

AL SEMINARIO DI PREPARAZIONE DELLA PLENARIA DEL CELAM

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Il rapporto tra l’immigrazione rurale e globalizzazione, il rispetto delle comunità afroamericane, la “babele” dei nuovi linguaggi urbani e la penetrazione delle sette religiose in ambito cristiano. Quattro questioni “calde” per la pastorale in Sudamerica: ad affrontarle davanti a una fitta platea di vescovi del CELAM (la Conferenza dei vescovi latinoamericani) è stato il cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che sta partecipando, a Bogotà, ai lavori del Seminario di preparazione alla prossima plenaria del CELAM, in programma a Roma nel 2007. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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“Due elementi esistenziali plasmano la morfologia culturale del migrante: la terra e la memoria”, ha osservato il cardinale Poupard affrontando il capitolo dei flussi migratori nel contesto delle società globalizzate. Il migrante costretto per ragioni economiche ad abbandonare la propria terra e a staccarsi dal nucleo di valori e tradizioni del suo passato rischia di rincorrere un presente fatto di ricerca frenetica del benessere materiale. Del resto, ha osservato nel suo intervento il porporato, “lucro” e “competitività” sono capisaldi dell’economia globale. Tocca dunque alla politica aiutare l’uomo, specialmente l’immigrato, a riscoprire, su scala “locale”, la dimensione ambientale e comunitaria, che equivale alla costruzione di una nuova identità.

 

Soffermandosi poi sull’aspetto delle comunità afroamericane sparse nel continente, il cardinale Poupard ha analizzato in profondità la questione del rispetto delle differenze culturali di cui sono portatrici. “Non è adeguato” – ha detto tra l’altro – che tali differenze siano esaltate solo “perché oppresse o perché 'povere'”. L’emarginazione patita dagli afroamericani, pur reale e drammatica, non costituisce la sola chiave di lettura del problema né la base univoca per denunce o rivendicazioni. C’è un orizzonte di fede in cui va collocata la questione. Il valore della “libertà”, introdotto dalla predicazione del Vangelo, ha mutato la prospettiva di quelle comunità, per cui – ha aggiunto il porporato – “è indispensabile distinguere tra identità cattolica afroamericana e identità afroamericana”. Entrambe custodiscono radici ancestrali e costumi atavici, ma l’identità cattolica offre una “risposta storica” al dramma del dolore e del disordine, illuminando strade di “riconciliazione e rigenerazione”.

 

Anche in contesti spiccatamente urbani e industriali, la Chiesa latinoamericana deve guardare con attenzione ai mutamenti in atto. Si assiste – ha asserito il cardinale Poupard – alla nascita di una molteplicità di mentalità nel substrato cittadino. Anzi – ha precisato – “è la città stessa che sta generando forme subculturali di linguaggio”, che frammentano gli abitanti di città in altrettanti sottogruppi a seconda di censo, professione, livello scolastico, simboli, zone di riferimento ecc. E’ necessario dunque formulare proposte di evangelizzazione idonee a questo tipo di scenario, caratterizzato da facile accesso ai servizi e da “novità, velocità, utilità e anonimato”.

 

Infine, le sette religiose. Il cardinale Poupard è stato deciso nell’affermare che il loro successo deriva sostanzialmente dal fatto di saper “presentare un’identità precisa in un momento d’incertezza”. Ma tale identità – ha osservato – è labile perché, oltre che poggiare sul “disprezzo per la fede cristiana, si regge in fondo su una negazione: siamo ciò che siamo perché non siamo cattolici. Il fenomeno delle sette – ha concluso il porporato – è segno del “regresso dell’iniziazione cristiana” e da qui bisogna ripartire per arginarlo, individuando una prospettiva di sviluppo “per una cultura cristiana dinamica”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Non conosce pietà la furia omicida dei terroristi” è il titolo di apertura della prima pagina in riferimento all’uccisione in Iraq di due ostaggi, un cittadino turco e il suo interprete, perché accusati di collaborare con le forze della coalizione internazionale; rinvenuto a Sud di Baghdad il cadavere di Kenneth Bigley, l’ostaggio britannico ucciso dal gruppo di Al Zarqawi.

Anno dell’Eucaristia: da Gaudalajara la seconda giornata dei lavori del 48°.mo Congresso Eucaristico Internazionale

Israele: bocciato dal Parlamento monocamerale il piano di ritiro dalla Striscia di Gaza, Egitto: vasti controlli per identificare gli autori della strage a Taba. Afghanistan: Annan plaude l’alta partecipazione al voto.

 

Nelle pagine vaticane, l’omelia del Gran Cancelliere della Pontificia Università Ur-baniana, cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evange-lizzazione dei Popoli, durante la concelebrazione eucaristica nella cappella del Collegio Urbaniano. In occasione dell’inaugurazione dell’Anno accademico 2004-2005. L’VIII Premio internazionale “Vittorino Colombo” al cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato. Pagine dedicate ai Giubilei e alle ordinazioni, momenti alti della storia ecclesiale.

 

Nelle pagine estere, Nazioni Unite: interventi della Santa Sede al primo comitato dell’Assemblea generale sul tema del disarmo e al secondo comitato dell’Assem-blea Generale sul tema dello sviluppo sostenibile. Russia: visita del premier canadese a Mosca per discutere il progetto del megagasdotto. Somalia: l’Onu chiede aiuti per la popolazione minacciate dalla siccità.

 

Nella pagina culturale, i premi Nobel per la Letteratura, per la Fisica e per la Chimica. Per l’“Osservatore Libri” un articolo di Andrea Riccardi la recensione del volume “Pio XII, Diplomate et pasteur” di Philippe Chenaux.

 

Nelle pagine italiane, rientrate in Italia le salme delle due sorelle morte nell’attentato in Egitto; giovedì pomeriggio i funerali a Dronero. A seguire, i temi delle riforme, della Finanziaria e della politica.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 ottobre 2004

 

IL PARLAMENTO ISRAELIANO BOCCIA IL RITIRO DA GAZA:

SHARON, IN MINORANZA, TENTA DI SALVARE IL SUO PIANO

- Con noi, Fiamma Nirenstein -

 

Brusca sconfitta ieri in Parlamento per il primo ministro israeliano, Ariel Sharon. Il programma politico del premier, basato sul disimpegno dai Territori palestinesi e sul ritiro da Gaza, ha raccolto 44 voti a favore e 53 contrari.  Sarà quindi il Parlamento il 25 ottobre prossimo – ha detto Sharon – a decidere sul da farsi. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Era improbabile che Sharon, senza maggioranza in Parlamento, vedesse approvato il suo programma generale di governo. Sperava in un salvataggio in extremis del partito laburista all’opposizione, che, pur favorevole al suo piano di ritiro di coloni e soldati da Gaza, è contrario alla sua politica economica e sociale. Per di più, al momento del voto si sono astenuti parecchi deputati e ministri della coalizione e dello stesso partito del premier. Il partito è assolutamente contrario al ritiro da Gaza, in un momento in cui riappare sempre più forte la minaccia terroristica alla sicurezza di Israele.

 

Adesso alla disfatta parlamentare Sharon cerca di rimediare, tentando di dar vita ad una nuova coalizione, con l’ingresso di laburisti e forze dei partiti confessionali Shas e Giudaismo e Torah, ma gli sarà difficile mantenere la compattezza del Likud. Uno scenario, questo, che se non dovesse subire presto delle modifiche, renderebbe inevitabile – come scrivono alcuni giornali stamani – elezioni politiche anticipate.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Il voto di ieri alla Knesset ha confermato dunque le difficoltà di Sharon all’interno della sua maggioranza. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Fiamma Nirenstein, corrispondente della Stampa a Gerusalemme:

 

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R. – Sharon sa benissimo di avere molta opposizione. Certamente avrebbe sperato in un risultato migliore di quello che ha avuto. In realtà, ieri ha avuto due pesanti avvertimenti: uno da destra e uno da sinistra. Quello da destra, dall’interno del suo stesso governo, viene dai partiti guidati dai coloni, assolutamente contrari al suo progetto di uscire, sgomberando addirittura gli insediamenti, prima di tutto da Gaza e poi da parte della Cisgiordania. L’avvertimento da sinistra è venuto invece dal partito laburista, che in sostanza gli ha detto di stare attento: se vuole il suo appoggio, il premier dovrà garantire uno sgombero rapido e molto serio. Sharon è ora stretto fra questi due messaggi. Per ora non è sfiduciato, però il significato di questo voto è molto netto.

 

D. – Il voto definitivo si avrà il 25 ottobre. Cosa può cambiare Sharon in queste due settimane?

 

R. – Qui in Israele ci si sta chiedendo se Sharon deciderà di indire elezioni anticipate oppure opterà per il referendum. Israele non è un Paese abituato ai referendum, semmai è un Paese che va sovente alle elezioni. Sharon, però, farà di tutto per evitare queste elezioni, assolutamente determinato a far sì che sia la Knesset, ovvero la Camera dei Deputati, a decidere su questo argomento. E questo perché conta ancora sull’appoggio della sinistra, che farebbe molta fatica, e forse non farebbe neanche una bella figura, a dire di no ad un programma di sgombero.

 

D. – Si sta parlando, proprio in queste ore, di nuove consultazioni avviate dal Likud per allargare la coalizione di governo. È uno scenario possibile?

 

R. – Credo che Sharon abbia avviato stamani due tipi di contatti: uno a sinistra e l’altro verso lo Shas. Lo Shas, che è il partito religioso, è poco sensibile agli aspetti di politica internazionale. Sharon spera, da una parte, di riuscire a raggiungere un accordo con loro e, dall’altra, di formare un governo più allargato, che potrebbe salvare il suo programma di sgombero, con la parte che più naturalmente dovrebbe essere portata in quella direzione, ovvero la sinistra.

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DOPPIO NO DALLA COMMISSIONE GIUSTIZIA, LIBERTA' PUBBLICHE E SICUREZZA

DELL'UNIONE EUROPEA ALLA CANDIDATURA DI ROCCO BUTTIGLIONE

 COME COMMISSARIO EUROPEO

- Intervista con padre Michele Simone -

 

Sarà l’Assemblea plenaria del Parlamento europeo a decidere sulla candidatura di Rocco Buttiglione alla carica di commissario europeo, dopo il voto contrario di ieri da parte della Commissione Giustizia dell’Europarlamento e il ‘no’ anche al cambio di delega. L’aula, il prossimo 27 ottobre, non voterà sui singoli commissari, ma sull’intera Commissione proposta dal presidente designato, Barroso, che si è detto intenzionato ad insistere sulla candidatura di Buttiglione alla Giustizia. E in Italia è scontro politico. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Rocco Buttiglione non intende fare marcia indietro, dopo che ieri la Commissione Giustizia dell’Europarlamento ha respinto con un solo voto di scarto la risoluzione che accoglieva la sua candidatura alla carica di commissario europeo per la Giustizia, Libertà e Sicurezza. Un voto che, secondo Buttiglione, è frutto di una discriminazione religiosa di una lobby che considera indegni i ministri di Berlusconi di occuparsi di giustizia. Buttiglione, nel corso della sua audizione dei giorni scorsi, davanti alla Commissione, tra tanti altri temi toccati, si era anche pronunciato contro le unioni gay e contro l’adozione di figli da parte di omosessuali. Opinioni – ha precisato Buttiglione – date più da cattolico che da neocommissario. E ora intorno a Buttiglione fa quadrato tutto il centro-destra. “Un pronunciamento dal sapore integralista e oscurantista”, insorge Berlusconi che punta il dito contro la “rozzezza propagandistica della sinistra”. E il presidente della Camera Casini parla di voto ingiusto. Dall’opposizione di centro-sinistra si sottolinea soprattutto il ruolo azzoppato dell’Italia in Europa, dopo la mancata ricandidatura di Mario Monti. Enrico Letta della Margherita si rammarica per il brutto colpo subito, ma sono in molti a manifestare soddisfazione per un fallimento da estendere a tutto il governo Berlusconi. Ad esultare in particolare per il ‘no’ a Buttiglione sono i radicali. Da segnalare il commento del cardinale Ersilio Tonini, che parla di ostracismo e accanimento. “Temo - aggiunge il porporato - che da qualche parte si nutra un atteggiamento di rifiuto nei confronti della posizione cristiana in quanto tale e nel Parlamento europeo stia emergendo una tendenza a respingere di per sé le radici cristiane”.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Su questo doppio ‘no’ dei parlamentari europei a Rocco Buttiglione ascoltiamo il commento del vicedirettore di “Civiltà Cattolica”, padre Michele Simone, intervistato da Roberto Piermarini:

 

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R. – Non può che essere espresso un giudizio negativo. In alcuni probabilmente c’è un certo pregiudizio nei confronti dei cattolici, anche se non è che vada organizzata una crociata, in quanto anche altri candidati, per essere commissari, non hanno trovato consenso da parte delle rispettive Commissioni che si sono espresse. Forse qualche “errore” diplomatico, da parte dell’onorevole Buttiglione, è stato commesso, ma ciò non toglie che rimanga un grande problema politico che va affrontato.

 

D. – Padre Simone, considera questa decisione una decisione anti italiana o anti cattolica?

 

R. – Tutte e due le cose, perché certamente anche il governo non ne esce bene. Ripeto, indubitabilmente, su temi così delicati, sui quali si è espresso con tale nettezza in una sede politica, con una presenza di posizioni differenziate, l’onorevole Buttiglione fa onore certamente alla sua coerenza, ma nello stesso tempo pone qualche difficoltà alla prosecuzione della sua nomina. Io mi auguro che al di là di questo incidente, a livello di Commissione, quando si tratterà del voto di tutta l’Assemblea le cose andranno in modo diverso.

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LA DECISIONE IERI DELL’UNIONE EUROPEA DI ALLEGGERIRE L’EMBARGO ALLA LIBIA

 E RAFFORZARLO, INVECE, ALLA EX-BIRMANIA TORNA A FAR RIFLETTERE

SUL VALORE DI QUESTA FORMA DI PRESSIONE SU REGIMI

CHE RIFIUTANO I PARAMETRI DEMOCRATICI

- Intervista con Luigi Bonanate -

 

L’arma dell’embargo: nella riunione dei ministri degli esteri, ieri in Lussemburgo, l’Unione Europea ha revocato l’embargo economico e sulle armi alla Libia e ha, invece, irrigidito le misure contro le autorità militari dell’ex Birmania. Le sanzioni economiche sono una forma di boicottaggio nei confronti di regimi che non accettano i parametri democratici, ma non sempre hanno avuto efficacia. Fausta Speranza ne ha parlato con il professor Luigi Bonanate, docente di diritto internazionale all’Università di Torino:

 

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R. – Qualsiasi alternativa alla violenza è interessante. Ragionare in termini di alternativa al ricorso alla guerra, al bombardamento, alla violenza è sempre una cosa straordinariamente opportuna. Naturalmente una immediata replica che mi si potrebbe dare, prima ancora del caso dell’ex Birmania, è: “il tuo è un atteggiamento solo da anima bella, perché con la persuasione non si ottiene nulla”. E purtroppo abbiamo tanti esempi nel passato: l’embargo nei confronti del Sudafrica, che è stato violato da tutti i Paesi che l’avevano votato; oppure l’embargo contro la Serbia di Milosevic, dopo il quale tutti i Paesi produttori di armi al mondo hanno venduto armi a Milosevic, anche se avevano votato l’embargo; il programma Oil For Food in Iraq, che ha avuto i risultati che noi sappiamo. Ma il problema è: il boicottaggio non ha funzionato perché è uno strumento inadatto o non ha funzionato perché l’abbiamo usato male, cioè non lo abbiamo rispettato? Il caso dell’Unione Europea potrebbe essere un punto di vista molto interessante. L’Unione Europea non ha una grande esperienza, cioè non ha un grande passato, e quindi non ha neanche degli scheletri nell’armadio, per così dire. La questione è quella della serietà, cioè della prova di impegno, di correttezza che si dà seguendo una certa linea. Oggi che il denaro decide tutto dovremmo incominciare a fare un passo indietro rispetto a tutto ciò. Dobbiamo cercare di rimettere anche l’economia con la testa in su e le gambe in giù. E qui siamo di fronte ad un sovvertimento delle logiche dell’economia che andrebbe fatto in nome di certi valori.

 

D. – Professore, proprio a proposito di potenziali sovvertimenti, parlando delle sanzioni dell’Unione Europea decise nei confronti della ex Birmania, sembra chiaro che vogliano colpire il potere dei militari. Però, in altri casi sappiamo che l’embargo è stato pagato sulla pelle della gente e non dei governanti. Come riuscire ad evitare questo, vista anche la lezione dell’Iraq?

 

R. – Il caso che discutiamo adesso è parente del problema della Colombia e dell’Afghanistan con la droga. E’ chiaro che i campesinos in Colombia o i contadini in Afghanistan vivono al 90 per cento – mi sembra sia un dato più o meno di questo tipo – grazie ai proventi della coltivazione della materia prima per fare eroina e coca. Allora, finisce che noi, combattendo la droga, finiamo per far morire di fame delle persone. E’ chiaro che noi dobbiamo essere in grado di separare popolazione e governi o popolazione e questione-droga. Noi non abbiamo evidentemente nulla contro i birmani, contro gli afghani, contro i colombiani. Abbiamo tutto contro chi fino a ieri, o forse anche fino a domani, continua ad aiutare quei regimi o ad arricchirsi con la droga. In realtà questi regimi chi li ha messi in piedi e chi li sostiene? Sempre qualche grande forza occidentale.

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PRIMA GIORNATA DI LAVORI AL CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE,

 IN MESSICO, CON L’INTERVENTO DEL CARDINALE JUAN SANDOVAL IÑIGUEZ

E L’OMELIA DEL CARDINALE CLAUDIO HUMES

- Servizio di padre Pedro Rodriguez -

 

Sull’eco della recentissima Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Mane nobiscum Domine, ha vissuto ieri la sua prima giornata di lavori il 48.mo Congresso eucaristico di Guadalajara, in Messico. Tra i delegati, è risuonata l’invocazione “Vogliamo vedere il tuo volto, Signore”, titolo del tema d’apertura offerto dal cardinale arcivescovo di Guadalajara, Juan Sandoval Iñiguez. Il resoconto della giornata, dal nostro inviato al Congresso, padre Pedro Rodríguez:

 

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Il cardinale Juan Sandoval Iñiguez ha dato il benvenuto a tutti i partecipanti, ricordando il tema di questo giorno – “Vogliamo vedere il tuo volto, o Signore” – e parlando soprattutto della presenza reale di Cristo nel Mistero eucaristico. “Convocati da Sua Santità Giovanni Paolo II, ci è stato concesso il privilegio di partecipare al primo Congresso eucaristico internazionale che si celebra nel nuovo millennio in questa nazione di Cristo Re e di Santa Maria di Guadalupe. Seguendo la voce del vicario di Cristo, vogliamo suscitare nella nostra mente e nel nostro cuore quello stupore eucaristico, che ci permetta di vivere l’esperienza dei discepoli di Emmaus, quella cioè di riconoscere il Signore nella frazione del pane e di godere la presenza, sempre nuova del Signore, che illumina il nostro cammino di Chiesa e ci offre il dono di una vita piena.

 

La giornata si è conclusa con la celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal cardinale Claudio Humes, arcivescovo di Sâo Paolo, in Brasile. Nel corso dell’omelia, il porporato ha invitato a prendere il largo nella nuova evangelizzazione e a mostrare il volto di Gesù con l’aiuto di Maria. Alla fine della Messa, lo stesso cardinale Humes ha dichiarato alla Radio Vaticana:

 

“E’ un momento straordinario quello che stiamo vivendo in questo Congresso Eucaristico Internazionale a Guadalajara. Vedendo la profonda devozione di questo popolo, che è molto religioso, pieno di una religiosità che ha le sue radici nella fede, nella fede autentica. Saranno tanti i frutti che si avranno da questo Congresso per tutta la Chiesa universale”.

 

Dalla Città di Guadalajara, Padre Pedro Rodríguez.

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L’INAUGURAZIONE DEL NUOVO ANNO ACCADEMICO

ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ URBANIANA

- Intervista con il cardinale Crescenzio Sepe -

 

Concelebrazione della Santa Messa, ieri pomeriggio, per l’inaugurazione del nuovo Anno accademico della Pontificia Università Urbaniana. Il Pontificio Ateneo  è una filiazione di quel Collegio Urbaniano, fondato 377 anni fa, che ebbe come finalità quella di destinare sacerdoti alle missioni alle genti, ai popoli. Nel corso degli anni naturalmente si è evoluto, nel senso di comprendere sempre più non solo i Paesi che sono parte e famiglia di Propaganda Fide, ma anche sviluppando tutte quelle tematiche che sono poste dalle esigenze della spiritualità, della pastorale e della cultura moderna. Resta, di fatto, l’unica Università Pontificia a carattere missionario nel mondo. Nell’intervista di Giovanni Peduto, il cardinale Crescenzio Sepe, nella sua qualità di Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e Gran Cancelliere dell’Ateneo, ci parla dell’ateneo e di alcune novità:

 

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R. – Tutto quello che viene insegnato nella facoltà di teologia, di filosofia, di diritto canonico e nei vari istituti, tutto è caratterizzato da questa dimensione missionaria che è propria dell’Urbaniana. Credo che questa sia una specificità per cui le tante congregazioni e istituti missionari che preparano i propri studenti, sacerdoti, seminaristi per la missione alle genti, trovano qui l’ambiente particolarmente adatto per questa preparazione specifica alla missionarietà.

 

D. – Quest’anno c’è qualche novità rispetto agli altri anni?

 

R. – Stiamo cercando adesso di creare un istituto superiore per lo studio delle maggiori religioni del mondo: l’Islam, il Buddismo, l’Ebraismo, ecc. Incominceremo un po’ alla volta. E si pensa pure di poter fare un istituto superiore di cultura e lingue dei grandi Paesi, delle grandi culture del mondo.

 

D. – Quale messaggio lei ha voluto lasciare con l’inaugurazione di questo nuovo Anno Accademico?

 

R. – Quello della cattolicità: sentire, sensibilizzarsi sempre alla dimensione missionaria della Chiesa, che è una realtà intrinseca alla stessa nostra Chiesa, e soprattutto ritrovare tutte quelle motivazioni che spingono ognuno a sentirsi missionario e, quindi, o a partire o a rimanere sempre con questo desiderio di adempiere al comando del Signore di andare nel mondo e battezzare.

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SI E’ APERTA CON IL DISCORSO DEL CARDINALE JOHN FOLEY

LA CONFERENZA MONDIALE TRIENNALE

DELL’UNIONE INTERNAZIONALE DEI GIORNALISTI CATTOLICI, IN THAILANDIA

 

E’ iniziata ieri a Bangkok, in Thailandia, la Conferenza mondiale triennale dell’UCIP, Unione Internazionale dei giornalisti cattolici. Come di consueto la Conferenza dedica la prima parte dei lavori alla rete dei giovani giornalisti venuti quest’anno a centinaia dal mondo intero. Ad inaugurare la conferenza il cardinale John Foley, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, come ci riferisce da Bangkok il nostro inviato, Jean-Baptiste Sourou:

 

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Nel discorso di apertura dei lavori, il cardinale John Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali ha insistito sull’importanza della verità nell’informazione. La verità è spesso imbarazzante, sgradevole e può infastidire molte persone. Non per questo va trascurata. Se il giornalismo è una missione ha anche il compito di costruire società basate sulla verità e il rispetto della dignità delle persone. Perciò il porporato ha esortato i giovani giornalisti a preferire la difesa della verità all’arrivismo e al carrierismo. L’uomo vuole un messaggio di libertà – ha detto il porporato – e il giornalista cattolico non può tirarsi indietro dinanzi a tale richiesta. I giovani giornalisti stanno seguendo una serie di conferenze tenute da coetanei: sono testimonianze basate sulla collaborazione con esponenti di altre religioni. Seguono anche dei lavori in gruppi dove emergono molte domande che i giovani giornalisti portano con sé. La seconda parte dell’assemblea generale mondiale comincia domani e dura fino a domenica.

 

Da Bangkok, per la Radio Vaticana, Jean-Baptiste Sourou.

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IL GENIO DELLA POP ART, ANDY WARHOL, PROTAGONISTA

 DI UNA GRANDE MOSTRA ALLA TRIENNALE DI MILANO

- Intervista con il curatore, Gianni Mercurio -

 

Duecento dipinti, foto, disegni ed opere grafiche: alla Triennale di Milano è di scena la genialità artistica di Andy Warhol, protagonista assoluto della pop art. La mostra, intitolata “The Andy Warhol Show”, consente di avvicinarsi alla complessa personalità dell’artista di Pittsburgh, scomparso nel 1987 all’età di 59 anni. Visitabile fino al 9 gennaio prossimo, ci racconta un Warhol rivoluzionario non solo nell’arte, ma anche nell’ambito della grafica, della comunicazione e della moda. Alessandro Gisotti ha intervistato il curatore della mostra, Gianni Mercurio:

 

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R. – Per Warhol, la vita è stata in qualche modo un’opera d’arte e, allo stesso tempo, la sua arte è stata un po’ uno specchio della vita. Warhol ha affrontato in maniera evidente i grandi temi della vita che sono stati i grandi temi fondanti della sua arte o perlomeno dell’“American way of life”. Quindi, nella mostra partiamo dalle prime sezioni che raffigurano un po’ il concetto di mito, i personaggi dello star system, piuttosto che gli oggetti di consumo: era mito Marylin ma è anche un mito la ‘Campbell Soup’, che tutti possiamo trovare sugli scaffali di un supermercato.

 

D. – Con Warhol i prodotti della cultura popolare diventano opera d’arte. Si può dire che la sua più grande innovazione è stata portare l’arte alle masse?

 

R. – Sicuramente è stata una delle sue più grandi innovazioni ed è stata un’in-novazione che ne ha fatto in qualche modo la fortuna, nel senso che, forse caso unico nella storia dell’arte, Warhol dagli anni Cinquanta ad oggi non ha smesso di influenzare non solo l’arte visiva ma in moltissimi altri settori, per esempio la pubblicità, il cinema, la letteratura ...

 

D. – A vent’anni dalla morte, la pop-art di Andy Warhol è ancora straordinariamente attuale. Perché, secondo lei?

 

R. – Perché Warhol ha stabilito una strategia da grande comunicatore, da pubblicitario e quindi è riuscito a colpire al cuore il mondo, la critica, il grande collezionismo, i musei e in senso basso il grande pubblico che magari non è molto avvezzo a frequentare l’arte contemporanea ...

 

D. – Qual è, secondo lei, fra le tante opere in mostra, quella più significativa, quella che meglio sintetizza l’arte di Andy Warhol?

 

R. – Una delle mie opere preferite, che forse in parte risponde anche alla sua domanda, è una grande tela che si intitola “The Myths”, cioè i miti. In questa tela sono raffigurati praticamente quelli che Warhol ad un certo punto della sua vita considerava ‘miti’. Sono rappresentati Superman, Micky Mouse, Greta Garbo e tra questi dieci miti, l’ultimo è Warhol stesso ...

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CHIESA E SOCIETA’

12 ottobre 2004

 

 

“SERVE L’AIUTO DI TUTTI PER COSTRUIRE UNA SOCIETA’ BASATA SULLA GIUSTIZIA,

SULLA PACE E SUL DIALOGO”: L’APPELLO DEI VESCOVI

DELLA GUINEA BISSAU DOPO LA CRISI POLITICO-MILITARE DELLA SCORSA SETTIMANA

 

BISSAU. = “La crisi militare del 6 ottobre scorso ha gettato nello sconforto tutta la Guinea Bissau. Di fatto sono già molti anni che si attende con ansia la stabilità e la pace sociale”. Con queste parole i vescovi del Paese hanno commentato l’ultima crisi politico-militare che ha scosso il piccolo Stato africano, quando un gruppo di 650 soldati è insorto per protestare contro il mancato pagamento dei salari. “Siamo profondamente preoccupati e amareggiati  a causa della situazione di crisi in cui versa la Guinea Bissau – si legge in un messaggio – ma allo stesso tempo sappiamo della forza e della tenacia con cui i guineani affrontano le difficoltà. Per questo chiediamo a ciascuno, nel suo intimo, di dare il meglio di sé, aiutando il Paese a uscire da questa crisi”. “Chiediamo a tutti di pregare – proseguono i presuli – perché il nostro Paese possa superare questo momento di crisi, trovando nella giustizia, nella pace, nel dialogo e nell’amore il fondamento della sua vera stabilità politica e sociale”. Invitando la classe politica guineana a sacrificarsi per il bene comune, i vescovi ricordano “l’importanza di identificarsi più profondamente con le aspirazioni e le sofferenze del popolo”. “Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità per poter insieme costruire un Paese in cui ogni cittadino si senta come a casa propria: rispettato, stimato, amato. Solo così – concludono – contribuiremo a costruire una società più solida e pacifica”. (B.C.)

 

 

I VESCOVI FILIPPINI CONDANNANO GLI EPISODI DI VIOLENZA AI DANNI DEI POVERI CONTADINI. URGENTE UNA GIUSTA ED EQUA RIFORMA AGRARIA

 

MANILA. = “E’ necessaria una condivisione eucaristica di beni e risorse, in particolare della terra, che appartiene a Dio ed è stata donata agli uomini perché la coltivino”. Con queste parole i vescovi filippini delle isole Negros, nella zona centrale dell’arcipelago, hanno condannato i recenti atti di violenza ai danni dei poveri senza terra. I prelati indicano quattro punti necessari per garantire la giustizia e la pace: il rispetto della legge da parte dei proprietari terrieri; una maggiore efficienza del Dipartimento governativo nell’applicare le leggi; l’equa amministrazione della giustizia da parte dei tribunali a tutela dei diritti dei contadini; uno sforzo maggiore del governo e della polizia nella prevenzione dei crimini. Nella regione vige una sorta di feudalesimo e le famiglie dei latifondisti si rifiutano di abbandonare le terre possedute dagli avi. Per i vescovi la riforma agraria è il mezzo più efficace per migliorare l’economia dell’area, ma “la sua applicazione risulta difficile in molti casi, perché è ostacolata da violenze e paralizzata da contese giudiziarie senza fine”. L’ultimo episodio di violenza - riferisce l’agenzia Asianwes - risale al 3 settembre scorso: uomini armati, al soldo di un gruppo di latifondisti, hanno assassinato Teresa Mameng, contadina di 60 anni. Il gruppo ha assaltato numerose abitazioni del villaggio in cui viveva la donna, mettendo in fuga gli abitanti. (B.C.)

 

 

PER LA CHIESA DI OGGI UNA DELLE SFIDE PRINCIPALI E’ LA FORMAZIONE

 DEI PRESBITERI. COSI’ IL VESCOVO VENEZUELANO DI SAN CRISTOBAL,

APRENDO L’ANNO GIUBILARE PER GLI OTTANTA ANNI DEL SEMINARIO DIOCESANO

 

CARACAS. = “Fari per gli uomini di oggi”. Il vescovo di San Cristóbal, in Venezuela, mons. Mario del Valle Moronta Rodríguez, ha delineato con queste parole il compito dei futuri sacerdoti, presiedendo la messa di apertura dell’Anno Giubilare per gli ottanta anni del Seminario diocesano. “Per la Chiesa di Dio – ha sottolineato il presule durante l’omelia – una delle sfide più importanti è la formazione dei presbiteri”. “Il desiderio di tutta la comunità ecclesiale dello Stato venezuelano di Tachira è che aumentino le vocazioni per il servizio al popolo Dio”. Mons. Moronta ha precisato che i punti cardine attorno ai quali ruoterà l’Anno Giubilare saranno tre: “Il primo è quello di formare presbiteri che si identifichino il più possibile con Cristo sacerdote e Buon Pastore e cercheremo di centrare tale obiettivo attraverso gli studi, la formazione umana e spirituale. Il secondo – ha continuato il vescovo di San Cristobal – è la trasformazione del seminario, inteso come testimonianza viva di comunione. Una comunione arricchita dalla grazia di Dio, dalla coesione tra i suoi membri, con il vescovo, con il Popolo di Dio e la Chiesa Universale”. Infine - ha concluso il presule - “il terzo punto: fare del sacerdote un autentico servitore, capace di darsi totalmente al prossimo. La povertà, la castità e l’obbedienza, in questo senso, saranno il fascio di luce che guiderà gli esseri umani”. (D.D.)

 

 

I BAMBINI DEI CAMPI PROFUGHI NEL CIAD ORIENTALE TRA I BANCHI DI SCUOLA.

NEL PAESE AFRICANO, SECONDO L’ACNUR, SONO OLTRE 42.000

I GIOVANI A NON RICEVERE L’ISTRUZIONE DI BASE

 

N’DJAMENA. = Prende il via questa settimana, nel Ciad orientale, l’anno scolastico per circa 18.000 bambini e ragazzi, in larga parte sudanesi. Si tratta dei giovani ospiti di otto dei dieci campi profughi presenti nel Paese africano; negli altri due, Oure Cassoni presso Bahai e Treguine presso Adre, i corsi cominceranno forse più avanti. Lo ha reso noto, in un comunicato, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR). Secondo le stime dell’ACNUR, 42.000 giovani in età scolare non frequentano le lezioni, in parte a causa della scarsità di risorse, ma soprattutto perché i genitori hanno bisogno dell’aiuto dei figli per attività quotidiane, come la ricerca di legna da ardere e d’acqua per cucinare. L’Alto commissariato, in collaborazione con altre organizzazioni non governative, sta tentando di “incrementare l’offerta scolastica per i rifugiati e di sensibilizzare i genitori sull’importanza della frequenza scolastica”. Uno dei principali problemi, tuttavia, è rappresentato dal reclutamento degli insegnanti. Alcuni dei rifugiati più anziani hanno anni di esperienza nell’insegnamento nella scuola sudanese, ma la maggior parte del personale docente reclutato finora è rappresentato da studenti stessi con poca, o nessuna, esperienza di lavoro. L’ACNUR, inoltre, mette a disposizione dei ragazzi tende e materiale scolastico, sulla base delle necessità e delle disponibilità. (B.C.)

 

 

RICONFERMATA LO SCORSO 10 OTTOBRE LA MADRE GENERALE

 DELLE SUORE DI DON GUANELLA. SUOR GIUSTINA VALICENTI RIMARRA’

IN CARICA PER I PROSSIMI SEI ANNI

 

ROMA. = Le suore guanelliane, le Figlie di Santa Maria della Provvidenza, riunite a Roma per il loro XVI Capitolo Generale, hanno riconfermato nella carica di Madre Generale suor Giustina Valicenti. Il tema che ha accompagnato le capitolari, e che detterà il cammino delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, è stato la “condivisione” degli ideali evangelici. Una “condivisione” che ha la sua strategia vincente nella “regola di vita”, vissuta come spazio di obbedienza allo Spirito. Madre Giustina, nata a Rocca Imperiale, in provincia di Cosenza, è da sempre impegnata nelle dinamiche di rinnovamento. Dopo molteplici esperienze nel campo educativo scolastico e in centri di riabilitazione per persone disabili, in questi ultimi anni, a livello di governo centrale, ha avuto l’incarico specifico della formazione delle suore giovanili. Negli ultimi sei anni, madre Giustina ha lavorato molto per estendere la presenza della congregazione in nuovi Paesi, con una lodevole tensione caritativa verso le esigenze dei Paesi più poveri. La Figlie di Santa Maria della Provvidenza attualmente sono poco meno di ottocento e sono presenti in Europa, Asia, America del Sud e del Nord e in Canada. (B.C.)

 

 

IN PRIMO PIANO LA BIODIVERSITA’ PER LA PROSSIMA GIORNATA MONDIALE SULL’ALIMENTAZIONE. NELL’ULTIMO SECOLO, SECONDO LA FAO,

SONO SCOMPARSI I TRE QUARTI DELLE DIVERSITA’ GENETICHE DELLE COLTURE AGRICOLE

 

ROMA. = La prossima Giornata mondiale sull’Alimentazione, il 16 ottobre, sarà dedicata alla biodiversità e al suo ruolo, perché tutti abbiano accesso al cibo in quantità sufficiente e variata. Lo ha reso noto, in un comunicato, l’Organizzazione ONU per l’alimentazione e l’agricoltura, che ha calcolato che nell’ultimo secolo sono scomparsi circa i tre quarti delle diversità genetiche delle colture agricole. Secondo le stime dell’Organizzazione, inoltre, su 6300 razze animali, 1350 sono in pericolo di estinzione o si sono già estinte. “La biodiversità del pianeta è a rischio – ha detto in un messaggio per l’occasione il direttore generale della FAO, Jacques Diouf – e ciò potrebbe gravemente ripercuotersi sulla sicurezza alimentare mondiale”. “Di conseguenza – ha aggiunto – reperire il cibo diventa più difficile, le opportunità di crescita e di innovazione in agricoltura si riducono e questo settore fatica sempre più ad adattarsi ai cambiamenti ambientali o alla comparsa di nuovi parassiti e nuove malattie”. Gli sforzi mondiali per conservare piante ed animali nelle banche genetiche, nei giardini botanici e in aree protette, dunque, sono vitali. Un compito altrettanto importante è, tuttavia, quello di conservare la biodiversità nelle fattorie ed in natura. Ogni anno il 16 ottobre la FAO celebra la Giornata mondiale dell’Alimentazione, per ricordare il giorno della sua fondazione, a Quebec City nel 1945. (B.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

12 ottobre 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

In Iraq sono molti i fatti di cronaca da riferire: tra questi, il probabile ritrovamento del cadavere dell’ingegnere britannico ucciso la scorsa settimana, la liberazione di dieci ostaggi turchi, l’ennesimo raid aereo americano su Falluja e la consegna delle armi dei guerriglieri di Al Sadr alla guardia nazionale irachena. Sulla situazione nel Paese arabo, il nostro servizio:

 

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Il cadavere dell’ingegnere britannico, Kenneth Bigley, decapitato dopo tre settimane di prigionia, è stato ritrovato a sud di Baghdad. La notizia, diffusa da fonti locali, non è stata però confermata dal ministero degli Esteri di Londra. E nei pressi della capitale irachena sono stati rilasciati dieci cittadini turchi, rapiti 40 giorni fa dal sedicente “Gruppo salafista Abu Bakr”. I sequestratori hanno reso noto che gli ostaggi sono stati liberati perché la ditta turca per la quale lavoravano ha deciso di interrompere le proprie attività in Iraq. Sul terreno, un nuovo raid americano contro un presunto covo di Al Zarqawi ha provocato, a Falluja, almeno cinque vittime. Tre iracheni, un uomo, una donna e un bambino, sono rimasti uccisi a Samarra, per l’esplosione di un ordigno al passaggio della loro automobile. Una deflagrazione, che fortunatamente non ha causato vittime, è risuonata anche a Bassora, nei pressi della sede del comando militare britannico. E a Ramadi forze americane e truppe irachene hanno perquisito sette moschee. In una di queste è stato arrestato un religioso sunnita. Nella stessa città tre civili e un poliziotto sono morti per i furiosi scontri scoppiati tra guerriglieri e militari statunitensi. In questo scenario dominato dalle violenze non mancano segnali di speranza: a Sadr City, quartiere sciita di Baghdad, i miliziani dell’imam Al Sadr hanno cominciato ieri a deporre le armi. L’intesa con gli americani prevede cinque giorni di tempo, cioè fino a venerdì prossimo, per completare il disarmo dei guerriglieri.

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Il conteggio dei voti delle prime elezioni democratiche in Afghanistan è sospeso fino a domani per verificare la fondatezza delle irregolarità denunciate da 15 candidati. Il servizio di Riccardo Cascioli:

 

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C’è tempo fino a mercoledì alle 14.30 per presentare per iscritto tutte le denunce di irregolarità ad una apposita commissione dell’Onu formata da tre membri. Successivamente potrà iniziare lo spoglio dei voti. E’ la decisione presa dalla Commissione elettorale dopo le polemiche su possibili frodi commesse sabato al momento del voto. La Commissione indagherà su tutte le denunce e non soltanto su quelle legate al problema dell’inchiostro applicato sulle dita dei votanti. Doveva essere inchiostro indelebile per evitare voti plurimi ed invece, in diversi casi, scompariva dopo pochi minuti. Tanto che la maggior parte dei candidati ha deciso di boicottare il voto. A dire il vero gli osservatori internazionali hanno chiaramente detto che il boicottaggio era ingiustificato ed il presidente ad interim Hamid Karzai, grande favorito delle elezioni afghane, ha denunciato la richiesta di ripetizione del voto come un affronto alle speranze di milioni di afghani che hanno sfidato ogni minaccia per partecipare alle elezioni. Parole, queste, che sembrano aver ammorbidito uno dei principali rivali di Karzai, Yuns Qanuni, che ha annunciato ieri di accettare il verdetto della Commissione dell’Onu, qualunque esso sia.

 

Per la Radio Vaticana, Riccardo Cascioli.

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Il Pakistan ha effettuato oggi con successo un nuovo test di lancio del missile balistico a medio raggio. Lo hanno annnunciato l’esercito pakistano e la televisione pubblica. Testato per la prima volta nel 1998, questo missile ha una portata di 1500 chilometri e può portare una testata sia nucleare che convenzionale.

 

Una conferenza sul terrorismo patrocinata dall’Onu. È la richiesta del presidente egiziano Mubarak, ospite ieri al Quirinale del capo di Stato italiano, Ciampi. Le forze di sicurezza egiziane, intanto, sono alla caccia degli autori dell’attentato di giovedì sera a Taba, nel Sinai, nel quale hanno perso la vita 34 persone. Intanto, i corpi delle due sorelle piemontesi, Jessica e Sabrina Rinaudo, sono rientrati ieri in Italia.

 

Sembra senza ostacoli la corsa del petrolio, che oggi ha superato a New York il prezzo di 54 dollari al barile. Anche il Brent, greggio di riferimento euro-peo, ha superato per la prima volta quota 51 dollari. Sull’attuale tendenza al rialzo ascoltiamo l’economista Mario Deaglio, intervistato da Debora Donnini:

 

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R. – Oggi abbiamo una tendenza, di medio e lungo periodo, che probabilmente è al rialzo. Per cui è difficile, viste le attuali condizioni della domanda, che il petrolio scenda nel prossimo futuro, cioè nei prossimi 3-5 anni, sotto un livello di 30-45 dollari. Su questa tendenza al rialzo, alimentata soprattutto dalla domanda dei Paesi emergenti, si sono innestate invece delle condizioni speciali. Meccanismi legati a situazioni contingenti, come quelle della Nigeria, della crisi russa dello Yukos, etc. Queste situazioni si potranno e si dovranno risolvere abbastanza facilmente. Gli economisti dell’energia hanno guardato ai trend di lungo periodo. Mander, che è un economista finanziario, ha guardato al breve periodo. E’ possibilissimo che nel medio e lungo periodo questo trend ascendente continui ma che nel breve periodo, invece, cali.

 

D. – Quanto questa situazione può minacciare la ripresa economica?

 

R. – Questa è in realtà una situazione molto diversa da quella che si è verificata con lo shock petrolifero del ’73-’74. Quello era stato un vero shock. L’aumento era stato concentrato in un mese ed era stato un aumento del 400 per cento. Quindi, ci abbiamo poi messo diversi anni a riprenderci. Invece qui l’aumento è tutto sommato diluito nel tempo, anche se registriamo delle preoccupanti accelerazioni. Tali sconvolgimenti sono poi però in genere seguiti da qualche riassestamento. Il rialzo del prezzo del petrolio possiamo dunque considerarlo un male tollerabile, sempre che rimanga in queste dimensioni.

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Scontro a fuoco questa mattina in un quartiere di Ryad, in Arabia Saudita. La polizia locale ha fatto irruzione in una villa abitata da quattro uomini sospettati di essere terroristi. Tre hanno perso la vita nella sparatoria e 12 poliziotti sarebbero feriti, secondo un ultimo bilancio.

 

Affluenza alle urne modesta, ma clima piuttosto calmo nelle elezioni presidenziali di ieri in Camerun. Anche perché la rielezione del capo di Stato uscente, Paul Biya, appare scontata. Giulio Albanese:

 

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Quattordici candidati alla massima carica dello Stato, in un Paese dalle grandi potenzialità, legate anche all’industria petrolifera, ma con un apparato burocratico responsabile del grande deficit di investimenti che penalizza l’economia nazionale. Gli oppositori del 72.enne presidente Paul Biya, al potere da 22 anni e alla ricerca di un’ennesima riconferma, hanno sostenuto a più riprese che le schede elettorali sono state distribuite arbitrariamente e che soltanto 4 milioni e mezzo di cittadini sono stati di fatto abilitati al voto, su una popolazione totale di 8 milioni di aventi diritto. Organizzazioni per i diritti umani denunciano da tempo le limitazioni alle libertà civili del regime di Biya. Sta di fatto che il presidente uscente non intende affatto mollare lo scettro, non fosse altro perché l’opposizione appare corrotta e divisa.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Barche sovraccariche e maltempo, queste le cause di due naufragi avvenuti ieri sul lago Kivu, nella Repubblica democratica del Congo. Una canoa a motore si è rovesciata dopo la partenza da Kalehe per Goma: 23 persone sono morte e una  cinquantina risultano disperse. Stessa dinamica per un’imbarcazione al largo della città di Bushushu: recuperati finora 27 corpi senza vita.  

 

Sciopero generale oggi in Colombia per protestare contro la politica economica del Paese. Nell’ambito delle manifestazioni, anche tre chiese cattoliche del centro di Bogotà sono state occupate ieri da decine di manifestanti in agitazione. I dimostranti hanno occupato le chiese di La Cruz, San Francisco e Voto nacional, mentre i responsabili della protesta si sono recati nella sede della Conferenza episcopale colombiana.

 

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