RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
280 - Testo della trasmissione di mercoledì 6 ottobre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Iraq:
10 morti per una autobomba davanti una caserma. Allarme per attacchi portati da
fondamentalisti islamici contro la comunità cristiana irachena
6 ottobre 2004
LA
FECONDITA’ DELLA COPPIA, UN ASPETTO FONDAMENTALE DEL MATRIMONIO,
RIVELA
L’INCAPACITA DELL’OCCIDENTE DI GENERARE FIGLI
COME
SEGNO DI FIDUCIA NEL FUTURO DEL MONDO.
COSI’
IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
“Un
sereno e gioioso canto nuziale” che, dietro la celebrazione della nobile bellezza
di una regina sposa, offre un’immagine ideale del matrimonio: un’immagine oggi
smarrita soprattutto dalla civiltà occidentale, spesso incapace di generare
figli perché incapace di guardare con fiducia al futuro. E’ stato il Salmo 44
della liturgia dei Vespri ad ispirare queste riflessioni di Giovanni Paolo II,
che ha presieduto l’udienza generale di oggi in una Piazza San Pietro gremita
da 13 mila fedeli. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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(Canto
Salmo)
Il
“dolce ritratto femminile” disegnato dai versetti del Salmo non intende mostrare
solo la vocazione nuziale di un re e della sua bella sposa, abbigliata con
vesti splendenti, colti nel momento di unirsi in matrimonio: un atto, ha
osservato il Papa, che segna una “svolta nella vita” e “cambia l’esistenza”.
L’orizzonte interpretativo è più ampio, poiché - ha affermato il Pontefice - la
tradizione giudaica ha visto nella figura del re quella del Messia, così come
molti Padri della Chiesa “hanno letto il ritratto della regina applicandolo a
Maria”. Tuttavia, Giovanni Paolo ha individuato un particolare aspetto di
attualità nella descrizione di questa antica scena nuziale:
“Questa
prospettiva ci permette di dedicare il Salmo a tutte le coppie che vivono con intensità
e freschezza interiore il loro matrimonio.”
Matrimonio che porta per sua
natura a un altro aspetto strettamente connesso: quello della fecondità. Nel
Salmo, ha spiegato Giovanni Paolo II, “si parla di ‘figli’ e di ‘generazioni’.
Il futuro, non solo della dinastia ma dell’umanità, si attua proprio perché la
coppia offre al mondo nuove creature”. E questo – ha subito aggiunto – è “un
tema rilevante ai nostri giorni, nell’Occidente spesso incapace di affidare la
propria esistenza al futuro attraverso la generazione e la tutela di nuove
creature, che continuino la civiltà dei popoli e realizzino la storia della salvezza”.
(Canto
Salmo)
Ma le
strofe del Salmo non danno importanza solo all’immagine della sposa e al matrimonio.
In esse, ha detto il Papa, “è esaltata la gioia”: una “letizia genuina molto
più profonda della semplice allegria”, un’“espressione di amore, che partecipa
al bene della persona amata con serenità di cuore”. Nel ribadire i passaggi
salienti della catechesi nella altre lingue, Giovanni Paolo II ha concluso ricordando
la Festa della Madonna del Rosario che cade domani. “Vi invito a valorizzare
questa preghiera così cara alla tradizione del popolo cristiano”, ha detto. Ed
ha aggiunto questo invito:
“Fate
del Rosario la vostra preghiera d’ogni giorno”.
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UNA NUOVA STATUA ORNA L’ESTERNO DELLA BASILICA
VATICANA.
TRA LE NICCHIE CHE SI AFFACCIANO SUI GIARDINI
VATICANI HA TROVATO SPAZIO
SANTA TERESA DE JESUS DE
LOS ANDES, PRIMA SANTA CILENA
- Con noi l’ambasciatore del Cile presso la Santa
Sede, Maximo Pacheco Gomez -
Sempre
questa mattina, prima dell’udienza generale, Giovanni Paolo II ha benedetto e
inaugurato una statua monumentale della prima santa cilena, Teresa de Jesús de
los Andes. L’opera, realizzata dello scultore Juan Eduardo Fernandez Cox, è
stata collocata in una delle nicchie esterne della Basilica Vaticana. Prima
della cerimonia di inaugurazione, alla quale hanno assistito, fra gli altri, il
ministro degli Esteri cileno, Ignacio Walzer, il presidente dell’Episcopato
cileno e del CELAM, cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa e l’arciprete
della Basilica Vaticana, cardinale Francesco Marchisano, e il segretario di
Stato vaticano, cardinale Angelo Sodano, ha celebrato una Santa Messa nella
cripta di San Pietro. Il servizio di Barbara Castelli.
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Un
nuovo soffio di santità spira tra le secolari mura vaticane. L’esterno della
Basilica di San Pietro, infatti, da oggi è ornato con una nuova statua, quella
di santa Teresa de Jesús de los Andes. Solitamente sono i fondatori di ordini o
congregazioni a trovare spazio tra le nicchie esterne della Basilica, che già
ospitano diversi fulgidi esempi di fedeltà incondizionata al Vangelo. Basti
pensare a santa Caterina da Siena o santa Brigida di Svezia, patrone d’Europa.
Dopo l’autorizzazione concessa per Edith Stein, altra patrona d’Europa,
tuttavia, anche per santa Teresa si sono aperte le porte del Vaticano. La
statua di Fernandez Cox – nato in Cile 65 anni fa – è alta cinque metri e
mezzo, compreso il piedistallo, ed è stata ricavata da un unico blocco di marmo
di Carrara di 60 tonnellate.
La
scultura che ritrae santa Teresa delle Ande è un dono del Cile al Papa e al Vaticano
e nasce da un’iniziativa dell’ambasciatore del Paese latinoamericano presso la
Santa Sede, Maximo Pacheco Gomez. L’eredità spirituale della giovane carmelitana,
nata all’inizio del secolo scorso e morta appena 19.enne nel 1920, è di straordinaria
attualità, perché testimonia quanto la chiamata di Cristo alla santità sia
possibile e come la sequela di Cristo sia l’unica cosa che rende l’uomo felice.
In un mondo segnato dall’egoismo e dalla violenza ingiustificata, questa fanciulla
delle Ande parla al cuore di ogni uomo con un inno di lode di amore a Cristo. A
questo proposito ascoltiamo l’ambasciatore del Cile presso la Santa Sede,
Maximo Pacheco Gomez, intervistato da Alberto Goroni.
EN UN MOMENTO EN QUE HAY TANTA
VIOLENCIA, TANTA MUERTE….
“In un
momento caratterizzato da così tanta violenza e tanta morte, da così tanti
attacchi alla persona umana e alla famiglia, spicca la figura di questa santa,
carmelitana scalza, morta a 19 anni. La sua testimonianza è di amore, di
comprensione, di allegria. Santa Teresa era sempre allegra. Lei condivise con
tutta la sua famiglia e poi con la sua comunità, dove visse per appena un anno,
questo sentimento di pace, di allegria e di amore per tutta l’umanità”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“La Bibbia ama la bellezza come riflesso dello
splendore di Dio stesso” è quanto ha ricordato Giovanni Paolo II commentando il
Salmo 44, 11-18 “La Regina e la Sposa” durante l’Udienza Generale.
Iraq: continua lo stillicidio di combattimenti,
agguati ed episodi di efferata violenza: rinvenuti cinque cadaveri decapitati
in diverse località del Nord. Medio Oriente: gli USA pongono il veto all’ONU su
una risoluzione contraria ad Israele. Stati Uniti: guerra in Iraq e difficoltà
economiche dei cittadini al centro del dibattito tra Cheney ed Edwars
Nelle pagine vaticane, Giovanni Paolo II benedice
la statua di Santa Teresa de los Andes collocata in una nicchia esterna della
Basilica Vaticana. Al termine della cerimonia il cardinale Angelo Sodano,
Segretario di Stato, ha presieduto la concelebrazione eucaristica. Una pagina
dedicata alla Beata Vergine del Rosario.
Nelle pagine estere, Sudan: Kofi Annan
accusa il governo di
Khartoum di non fermare le violenze nel Darfur. Spagna: Zapatero ed Aznar
saranno interrogati dalla Commissione sulle stragi di Madrid dell’11 marzo.
Iran: l’ex presidente
Rafsanjani dichiara che Teheran possiede missili che possono colpire Israele. Afghanistan:
vigilia elettorale
fra intimidazioni ed attentati; l’ONU dichiara che un bimbo su nove muore prima di
compiere un anno.
Nella pagina culturale, nuovi studi sul primo
cristianesimo a Padova in occasione del XII centenario del martirio di Santa Giustina.
Nelle pagine italiane, i temi delle riforme, della Finanziaria,
dell’Alitalia e della giustizia.
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6
ottobre 2004
NUOVA ONDATA DI VIOLENZA IN
MEDIO ORIENTE. A PAGARE IL PREZZO
DELL’ODIO SOPRATTUTTO I BAMBINI: NELL’ULTIMA
SETTIMANA,
SECONDO L’ONU, SONO MORTI 24 PICCOLI PALESTINESI
- L’intervista con padre Manuel Musallam -
Sempre più delicata la
situazione in Medio Oriente, nonostante le dichiarazioni del primo ministro
israeliano, Ariel Sharon, di riprendere il cammino di pace indicato dalla Road
map. E’ salito a quattro morti il bilancio dell’attacco sferrato questa
mattina contro l’insediamento ebraico di Kfar Darom, nel settore sud della
Striscia di Gaza. Un adolescente palestinese, invece, è stato ucciso nel
villaggio cisgiordano di Saida, da un’unità militare israeliana. L’ala militare
di Hamas, intanto, ha fatto sapere di voler colpire duramente Israele, con
nuovi missili potenziati, mentre gli Stati Uniti hanno posto il veto per
bloccare un progetto di risoluzione presentato ieri nel Consiglio di sicurezza
dell’Onu dai Paesi del Gruppo arabo. Il progetto prevedeva l’interruzione
dell’offensiva israeliana nella striscia di Gaza e il ritiro dai Territori.
L’ondata di violenze dell’ultima settimana, secondo le stime elaborate da 12
organizzazioni umanitarie che fanno capo alle Nazioni Unite, hanno colpito
soprattutto i più piccoli. A partire dallo scorso 28 settembre, infatti,
ventiquattro bambini palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano a Gaza.
E la violenza ha conseguenze preoccupanti anche tra le mura domestiche, come
sottolinea padre Manuel Musallam, parroco della chiesa della Santa Famiglia a
Gaza e direttore della stessa scuola parrocchiale, al microfono di Tracey
McClure:
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R. – A CHILD FROM MY SCHOOL, ...
Un bambino che avrà 12-13 anni, che
frequenta la mia scuola, era seduto con il papà - insegnante nel mio istituto -
e la mamma, e stava cenando in casa sua. Ad un certo momento, il bambino ha
cominciato a lamentare qualcosa al braccio, ha detto al padre: “Papà, mi fa
male la mano”. Il padre guarda il braccio del bambino: due proiettili, arrivati
da fuori, sparati dall’esercito israeliano, erano entrati in casa; uno aveva
penetrato la mano del ragazzo, il secondo era entrato nel suo corpo, finendo
vicino al cuore. Lo hanno portato immediatamente all’ospedale, dove sono
intervenuti per curare la mano, ma non sono stati in grado di intervenire sul
secondo proiettile. Questa settimana l’hanno portato in America dove forse
questo bambino può trovare qualche speranza di cavarsela. Oggi i bambini a
scuola sono spesso aggressivi, violenti nei riguardi dei loro compagni. Vede,
se il bambino vive in una situazione di stress diventa un bambino violento.
Così a scuola mi trovo a ‘combattere’ con la violenza tra gli allievi. E’ assolutamente
impossibile creare anche solo dei piccoli attimi in cui questi bambini possano
essere felici! Quando sentono sempre, 24 ore su 24, gli aerei che passano sopra
la scuola, poi le esplosioni, scoppiano a piangere. Questi bambini, cosa
assimilano, se non lo stress?
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VIOLENTA AGGRESSIONE IN UN CENTRO CATTOLICO A CILEDUK
ALLA
PERIFERIA DI GIAKARTA, DA PARTE DI FONDAMENTALISTI ISLAMICI
-
Intervista con un padre missionario -
In Indonesia, il complesso cattolico di Santa Bernardette
a Cileduk, una quarantina di chilometri dalla capitale Giakarta, ha subito
violenze e minacce da un gruppi di fondamentalisti islamici che hanno impedito
le celebrazioni delle Messe in una sala che la domenica viene utilizzata come
cappella della parrocchia. Una cinquantina di militanti del “Fronte dei
difensori dell’Islam”, tra i quali numerose donne, armi in pugno hanno fatto
irruzione nel complesso cattolico murando anche l’entrata della sala. Su quanto
è accaduto a Cileduk Roberto Piermarini ha raccolto la testimonianza da
Giakarta di un Padre missionario che per motivi di sicurezza intende rimanere
anonimo.
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R. – Domenica è successo che è
arrivato questo gruppo che ha proibito di pregare per cui non c’è stata né la
seconda, né la terza, né la quarta Messa. Tutto finito lì. La gente fuori,
questi scalmanati, che hanno fatto uscire tutte le suore, hanno imposto di fare
una dichiarazione in cui si affermava che la loro aula non sarebbe servita più
per pregare: era l’aula della scuola che veniva usata da tanti anni perché, non
riuscendo ad ottenere il permesso di fare la chiesa, utilizzavamo quest’aula
per pregare. Ad un certo momento, loro cos’hanno fatto? Hanno chiuso la porta
delle suore, murandola addirittura: il colmo dei colmi! C’erano almeno 50
poliziotti e hanno lasciato correre. Le suore sono passate da una porta
laterale ... hanno dato due giorni di vacanza alle scuole ... vediamo un po’.
Con loro cerco un posto per poter pregare: sono quasi 10 mila i cattolici,
quindi mica pochi!
D. – Quindi, le autorità
indonesiane per ora stanno a guardare?
R. – Stanno a guardare. Come ho
detto, la polizia è rimasta a guardare. Di per sé, avrebbe potuto intervenire
per non fare erigere il muro, no?, non far chiudere questa zona che poi è da
tanto tempo che si usa per pregare, tutti lo sanno: ormai è una parrocchia ...
D. – Come mai quest’azione di
fondamentalismo islamico, visto che le elezioni in Indonesia si erano svolte
con tranquillità?
R. – I fondamentalisti
vorrebbero fare di quest’area una zona integralista, proibendo tutte le chiese
cattoliche, proibendo ogni attività religiosa. Questo è il programma. Ma noi
speriamo che questo nuovo presidente appena eletto, che ha detto che difenderà
le minoranze, vedremo, adesso ... Sono i soliti scalmanati: se noi reagissimo,
sarebbe pericolosissimo, perché potrebbe succedere quello che è successo ad
Ambon!
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INAUGURATA LA FIERA DEL LIBRO DI FRANCOFORTE.
OGGI POMERIGGIO LA PRESENTAZIONE DEL NUOVO LIBRO
DI GIOVANNI PAOLO II:
UNA RIFLESSIONE SUGLI AVVENIMENTI DEL 1900
Ha preso il via ieri la 56a
edizione della Fiera internazionale del Libro di Francoforte. Ospite d’onore
quest’anno è il mondo arabo. Oggi pomeriggio sarà presentato, nell’ambito della
Fiera, il nuovo libro di Giovanni Paolo II che affronta i maggiori temi legati
alla storia del 1900. Il volume sarà pubblicato dalla Casa Editrice Rizzoli,
alla quale la Libreria Editrice Vaticana ha riservato le attività per la
cessione dei diritti esteri dell'opera. Sull’importante appuntamento culturale
di Francoforte ascoltiamo il servizio di Alessandro Zaccuri, inviato del
quotidiano Avvenire.
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Chi
aveva ragione Kipling o Goethe: lo scrittore inglese che oltre un secolo fa
teorizzava l’impossibilità dell’incontro tra Oriente ed Occidente oppure il
poeta tedesco che invece lo realizzò nei suoi versi? E’ la domanda che ha attraversato ieri sera la cerimonia della
56.ma Buchmesse, la Fiera del Libro di Francoforte che quest’anno accoglie come
ospite d’onore il mondo arabo, con tutta la sua ricchezza e complessità. Quasi
6.700 gli espositori, provenienti da 110 Paesi, tra i quali spiccano i 22
appartenenti alla Lega Araba, il cui segretario generale, André Moussa, ha
citato sì il pessimista Kipling, ma soltanto per dare ragione all’ottimista
Goethe. Dello stesso parere il cancelliere tedesco Gerhard Schröder, anche lui intervenuto
all’inaugurazione. L’augurio più caloroso di un incontro reale fra le due
civiltà è venuto dal messaggio inviato da Naghib Mahfuz, il primo e finora
unico autore arabo premiato con il Premio Nobel. “Nella cultura araba di oggi –
ha ricordato Mahfuz – convivono le antiche tradizioni orientali, l’insegnamento
dell’islam e gli apporti dell’Occidente. Oggi, intanto, la Fiera del Libro
entra nel vivo e c’è molta attesa, in particolare per la conferenza stampa
pomeridiana in cui verranno presentati i contenuti dell’ultimo libro di
Giovanni Paolo II.
Da
Francoforte, per la Radio Vaticana, Alessandro Zaccuri.
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UN “SI’ QUALIFICATO” DELLA
COMMISSIONE AL PROCESSO DI ADESIONE
DELLA TURCHIA ALL'UNIONE EUROPEA. COSI’ LO DEFINISCE PRODI SPIEGANDO CHE SE IL
PROCESSO DEMOCRATICO E DI RIFORME IN
ATTO IN TURCHIA DOVESSE ESSERE INTERROTTO “CIÒ
PORTERÀ ALL'IMMEDIATA SOSPENSIONE DELLE TRATTATIVE”
- Intervista con Marco Ansaldo -
Il parere favorevole della Commissione a dare il via al processo di adesione della Turchia all'Unione: la conferma nel discorso del presidente Prodi dopo una mattinata di dibattito. Ma restano, a quanto si apprende, le condizioni che fanno discutere da ieri, da quando sono emerse indiscrezioni sulla raccomandazione approvata oggi. Fausta Speranza:
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E’ un sì qualificato: così lo
definisce il presidente Prodi, spiegando che la Turchia soddisfa i criteri di
Copenaghen ma se il processo democratico e di
riforme in atto nella Turchia dovesse essere interrotto – sottolinea –
“ciò porterà all'immediata sospensione delle trattative”, per l'ingresso
nell'UE. Prodi sta così commentando il
pronunciamento dell’esecutivo in un’audizione al Parlamento europeo iniziata
subito dopo il voto in Commissione. A questo proposito va detto che sembra ci sia stato un solo voto contrario,
quello dell’olandese Frederik
Bolkestein. La Commissione, dunque, è compatta nel dire sì alla Turchia. Ma “il
risultato non è garantito in anticipo. E Prodi lo ribadisce spiegando che “ci
sono dei rischi che dobbiamo correre, e questo vale anche per la Turchia”. Per
poi aggiungere: “Ma non possiamo immaginare un futuro in cui la Turchia non sia
ancorata all'Europa”. Processi di riforma con costante monitoraggio; il fatto
che le trattative possano essere sospese; inclusione della società civile con
particolare attenzione agli aspetti religiosi. Insomma, possiamo dire che la
Turchia resta sotto esame in un modo particolare che distingue la sua fase dei
negoziati da quella di tutti gli altri Paesi. E il premier turco Erdogan,
parlando sempre questa mattina al Consiglio d’Europa, ha detto che non è possibile aspettarsi che “la Turchia entri in
una notte nell’Unione”, aggiungendo però che spera in un “tempo ragionevole”.
Si è detto poi convinto che la raccomandazione positiva troverà eco tra i capi
di Stato e di governo. La decisione, infatti, - va ricordato - spetterà al
prossimo Consiglio, il 17 dicembre. Quale sia il punto di vista con cui
Ankara ha atteso la decisione della
Commissione di questa mattina, lo abbiamo chiesto a Marco Ansaldo, inviato di
Repubblica:
R. – Il concetto di non
irreversibilità è una formula che viene usata per la prima volta con la
Turchia. La Turchia aspetta ed ha avuto la promessa di entrare 40 anni fa e si
è vista bypassare da tutti. A maggio abbiamo visto che sono entrati dieci
Paesi, Paesi importanti e Paesi minori; Paesi grandi e Paesi piccoli. Nel 2007
sarà superata persino da Paesi che appartenevano, a pieno titolo, al Patto di Varsavia,
come la Romania e la Bulgaria. Insomma la Turchia è in fila da tanto tempo ed
oggi ritiene, dopo due anni di riforme accelerate e portate avanti dal governo
del conservatore di ispirazione islamica Erdogan di poter far parte a pieno
titolo dell’Unione Europea, con negoziati lunghi chiaramente.
D. – In molti sottolineano il
piano culturale ed è evidente perchè la popolazione della Turchia da sola
supera la somma della popolazione dei dieci Paesi ultimi entrati ed è in
maggioranza musulmana…
R. – So che ci sono molte
preoccupazioni. La popolazione, in effetti sono 70 milioni i turchi, continua a
crescere e nel momento in cui nel 2015 dovessero entrare finirebbero per essere il primo Paese in termini di
popolazione. C’è poi l’altra considerazione e cioè che si tratta di un Paese
musulmano: chiaramente delle differenze e delle diversità sussistono, anche da
un punto di vista strettamente religioso. Io personalmente dico “viva le
differenze”, nel senso che la Turchia può portare quella marcia in più, quella
marcia diversa che molti Paesi europei invece non hanno e soprattutto potrà
permetterci di dialogare con più facilità, proprio attraverso Ankara, con tutto
quel mondo islamico che in questo momento ci sembra tanto distante.
D. – Ma cosa ci può dire la
percezione del comune sentire tra i turchi a questo proposito?
R. – Sì, appena esce fuori la
questione di un eventuale “no” dell’Europa, subito saltano su dicendo “ma
allora volete fare il club cristiano”. La Turchia non pensa, però, soltanto da
un punto di vista religioso per quanto riguarda il suo ingresso nell’Unione
Europea. Vuole piuttosto entrare perché ritiene di avere in molti casi i comuni
valori europei e le speranze che i Paesi comunitari hanno dato ad Ankara ormai
datano molto tempo.
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STIMOLARE
I GOVERNI DEI DIVERSI PAESI AD ONORARE GLI IMPEGNI ASSUNTI
PER
AIUTARE L’AFRICA, E’ TRA GLI OBIETTIVI DEL SEMINARIO SUL TEMA:
“IL
FUTURO DELL’AFRICA E L’IMPEGNO DELLA SOCIETA’ ITALIANA”,
SVOLTOSI
IERI A ROMA
-
Intervista con il cardinale Raffaele Martino e Marta Dassù -
L’analisi
dei fattori politici, culturali e religiosi per comprendere i problemi che
affliggono l’Africa, la questione sanitaria, la promozione umana, lo sviluppo
dell’economia e della tecnologia: sono stati i temi al centro del seminario dal
titolo “Il futuro dell’Africa e l’impegno della società italiana”, svoltosi
ieri a Roma. L’incontro è stato organizzato dall’Aspen Institute Italia,
insieme con la Fondazione Unicredit e con la Commission for Africa. Il
servizio è di Dorotea Gambardella:
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Mantenere
viva l’attenzione della comunità internazionale sulla questione africana e
spingere i governi ad onorare gli impegni assunti per sostenere questo
Continente: è il duplice obiettivo del seminario sul tema “Il futuro
dell’Africa e l’impegno della società italiana”. Dai lavori è emerso, infatti,
che non è sufficiente lo sforzo, seppur fondamentale, della società civile, per
aiutare l’Africa; occorre l’impegno reale della governance internazionale
mediante tre canali: gli investimenti privati, la riduzione del debito estero
ed il sostegno allo sviluppo. In particolare, dall’incontro è emersa una
proposta di cui ci parla Marta Dassù, direttore dei programmi internazionali
della sezione italiana dell’Aspen Institute:
“Una
proposta specifica è quella di dare molto maggiore peso alle rimesse degli
emigranti. Paradossalmente – ed è un dato poco conosciuto – l’insieme delle
rimesse degli emigranti ammonta ormai a circa 100 miliardi di dollari, cioè
l’equivalente dell’aiuto pubblico allo sviluppo, ed anzi, ad investimenti
esteri diretti di alcuni Paesi. Purtroppo, queste rimesse non riescono a
generare fino in fondo uno sviluppo virtuoso perché non esiste un sistema
bancario sufficientemente solido per canalizzarli”.
Ma in
che cosa hanno fallito, fino ad ora, i progetti di sostegno all’Africa messi a
punto dai diversi Paesi? Ci risponde il cardinale Raffaele Martino, presidente
del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:
“Secondo
la burocrazia che esiste adesso, un Paese – per ricevere un aiuto – deve
compiere 4 mila rapporti e in tutta questa organizzazione si spendono quattro
miliardi di dollari, solamente per l’Africa. E un Paese beneficiario che riceva
un aiuto deve ricevere ogni settimana tre visite di ispettori. Ora,
bisognerebbe alleggerire tutto questo e delegare responsabilità”.
Tra i
promotori del seminario di ieri vi è anche la “Commission for Africa”,
istituita lo scorso maggio in vista della prossima presidenza di turno del G8,
dal premier britannico, Tony Blair. Bob Geldof, il popolare cantante da anni
impegnato nelle iniziative per lo sviluppo dell’Africa, che Blair ha posto a
capo di questa Commissione, non ha risparmiato critiche all’Italia. Il governo
di Roma – ha detto Geldof - sta venendo meno sia per quanto riguarda la
cancellazione del debito, sia per quanto riguarda il Global Fund contro l’Aids,
la tubercolosi e la malaria. Ma sugli obiettivi della Commission for Africa,
ascoltiamo ancora la signora Dassù:
“La
Commissione sta raccogliendo, con una serie di seminari nei Paesi del G8 e in
Africa, i pareri per potere formulare una forma di proposte nuove per il G8 del
prossimo anno. Il G8 ha avuto un ruolo abbastanza propulsivo sull’Africa,
grazie anche all’Italia, negli anni scorsi; si tratta ora di avere una migliore
capacità di attuazione, ed a questo servirà questa Commissione”.
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DA
OGGI AL CAIRO UN INCONTRO SUL TEMA DELLA FAMIGLIA IN MEDIO ORIENTE
-
Intervista con il cardinale Alfonso López Trujillo -
Inizia
oggi pomeriggio al Cairo un incontro sulla situazione della famiglia in Medio
Oriente. La riunione è promossa dai patriarchi delle Chiese cattoliche
orientali, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Famiglia, e
tratterà questioni come il diritto di famiglia nei Paesi musulmani, la
clonazione, la preparazione al matrimonio. Giovanni Peduto ha intervistato il
presidente del dicastero vaticano, il cardinale Alfonso Lopez Trujillo che sarà
presente all’incontro:
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R. – Al centro dell’incontro ci
sarà la famiglia nelle diverse nazioni arabe, con le sfide poste alle comunità dove, nella maggior parte dei
casi, la Chiesa cattolica è minoritaria. Analizzeremo, dunque, la situazione
della famiglia, i problemi, ma soprattutto la grande forza di coesione, e questa
buona nuova, che è il Vangelo di Dio per la famiglia e per la vita, e come in
queste nazioni occorra proclamarlo e annunciarlo con coraggio. Anche perché ci
sono alcune situazioni, nel campo della famiglia, che possono essere più
positive che in altre nazioni dell’Occidente. Per questo abbiamo invitato
differenti confessioni e speriamo che il dialogo sia molto ricco.
D. – Qual è la situazione della
famiglia nei Paesi mediorientali?
R. – C’è
dinamismo, c’è vita anche se i cattolici sono gruppi minoritari, ad eccezione
del Libano. Queste comunità devono portare avanti un linguaggio della famiglia
profondo, perché non si verifichino i fattori dello spopolamento, con
l’abbandono delle città e dei Paesi, e non si vada a lavorare altrove. I
cattolici, infatti, così invece di crescere subiscono una diminuzione numerica
che è preoccupante.
D. – Cosa fa la Chiesa per la
famiglia nei Paesi arabi?
R. – Quello che cerchiamo è che
pian piano sia veramente una forza attiva. Abbiamo cura di aiutare questo
processo. La Chiesa ogni giorno si sveglia con una grande speranza. Ci sono
gruppi e persone ben formate che svolgono una pastorale familiare sotto la
guida dei vescovi.
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AL VIA DA DOMANI FINO AL 10
OTTOBRE LA 44.MA SETTIMANA SOCIALE
DEI CATTOLICI ITALIANI SUL TEMA “LA DEMOCRAZIA: NUOVI
SCENARI, NUOVI POTERI”
- Intervista con mons. Lorenzo Chiarinelli -
Al via
da domani fino al 10 ottobre, la 44 esima Settimana Sociale dei cattolici
italiani sul tema: “La Democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri”. All’evento,
che si svolgerà a Bologna, parteciperanno oltre mille delegati provenienti da
tutta Italia, in rappresentanza di diocesi, associazioni e movimenti. Degli
obiettivi di questa manifestazione ci parla, al microfono di Dorotea
Gambardella, mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo:
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R. – L’obiettivo è quello di una
presa di coscienza della situazione in cui siamo chiamati a vivere, perché
sempre il cristiano deve interrogarsi sull’oggi che gli è dato di vivere e che
lo chiama ad una responsabilità. In questo oggi ci pare che il modo della
convivenza sia in crisi, per tanti fattori. Allora, il riflettere su
“Democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri”, intende cogliere le crisi che ci
sono nelle relazioni non solo interpersonali, ma proprio come comunità umana, e
offrire delle indicazioni per una capacità di convivenza che sia rispettosa
della persona umana e che renda la vita più sana e più vivibile.
D. – Tra i seminari che si
svolgeranno ci sarà quello, appunto, sul rapporto tra scienza e tecnologia. Ma
quale nesso c’è tra democrazia e rapporto tra scienza e tecnologia?
R. – Di fronte ai grandi temi
che la tecnologia e la scienza ci pongono – pensiamo alla bioetica – è la
comunità politica chiamata a prendere decisioni, o è la comunità scientifica
che, in maniera autoreferenziale, gestisce questo settore? Le due realtà sono
conflittuali nel dato che andiamo sperimentando. E allora, occorre una
riflessione molto seria: tra comunità scientifica e comunità politica ci sono
rapporti necessari. Allora, quale il criterio di valutazione? Questa realtà
interpella fortemente la democrazia, perché poi da qui viene fuori anche il
ruolo della coscienza. La democrazia si costruisce su valori: per esempio, la
vita; per esempio, la cultura; per esempio, proprio la coscienza. Qual è il
posto della coscienza in un assetto democratico? Sono gli interrogativi che noi
avremo modo di dibattere.
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6
ottobre 2004
IL PREMIO NOBEL PER LA CHIMICA ASSEGNATO AGLI ISRAELIANI
AARON CIECHANOVER ED AVRAM
HERSHKO, DELL'ISTITUTO DI TECNOLOGIA DI HAIFA,
E ALL'AMERICANO IRWIN ROSE,
DELL'UNIVERSITA' DELLA CALIFORNIA,
PER GLI STUDI SULLA
COMPOSIZIONE DELLE PROTEINE
STOCCOLMA. = Il premio Nobel per la Chimica è stato
assegnato agli israeliani Aaron Ciechanover e Avram Hershko, dell'Istituto di
Tecnologia di Haifa, e all'americano Irwin Rose, dell'Università della
California, per gli studi condotti sulla composizione delle proteine. I tre
ricercatori hanno meritato il Nobel per la scoperta dell'ubiquitina, la
molecola che controlla il processo di degradazione delle proteine, un processo
fondamentale per la vita della cellula. Si tratta del meccanismo di autodifesa
che permette alle cellule di regolare la presenza delle proteine al loro interno,
eliminando quelle ‘indesiderate’. Queste ultime vengono riconosciute ed
etichettate da una molecola chiamata ubiquitina, e quindi distrutte e degradate
rapidamente dalle ‘pattumiere’ delle cellule, i proteosomi. Questa scoperta,
resa possibile dalle ricerche condotte dai tre biochimici, Ciechanover, Hershko
e Rose, all'inizio degli anni '80, ha permesso di comprendere, a livello molecolare,
il modo in cui la cellula controlla processi di importanza cruciale, come il
suo ciclo vitale, la riparazione del Dna, il processo di trascrizione dei geni e il controllo delle nuove proteine
prodotte. Avere scoperto questo meccanismo significa, quindi, avere gettato le
basi per comprendere i meccanismi molecolari alla base di molte malattie, primi
fra tutti i tumori. (R.G.)
DIBATTITO APERTO IN
INDONESIA
SU LIBERTA’ FONDAMENTALI ED EMANCIPAZIONE FEMMINILE:
PRESENTATO UN DISEGNO DI
LEGGE CHE RIFORMA L’ORDINAMENTO GIURIDICO
DEL PAESE ASIATICO,
ISPIRATO ALLA SHARIA
- A cura di Roberta Gisotti -
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JAKARTA. = Importanti novità in tema libertà
fondamentali, parità tra sessi e diritto di famiglia al centro di un Disegno di
Legge presentato dal ministro degli Affari religiosi dell’Indonesia, Said Aqil
Hussein al-Munawwar. Il provvedimento propone di riformare l’ordinamento
giuridico del 1991 ispirato alla ‘Sharia’ - il complesso di leggi islamiche - e
prevede l’autorizzazione a matrimoni misti tra musulmani e non musulmani, il
divieto della poligamia e misure a favore dell’uguaglianza tra uomini e donne.
Alla notizia ha dato ieri ampio spazio il quotidiano “Jakarta Post”,
sottolineando che la proposta di legge potrebbe avviare una “rivoluzione” nella
Sharia e che la questione ha sollevato polemiche tra i sostenitori della
tradizione e gli islamici progressisti nella nazione asiatica, abitata per
l’88% da musulmani, in grandissima parte d’indirizzo moderato. Il disegno di
legge è stato messo a punto da una Commissione presieduta dall’esperta di diritto
islamico e di questioni femminili, Siti Musdah Mulia. “Non c’è nessun verso nel
Corano che proibisca a una donna islamica di sposare un uomo non musulmano” ha
dichiarato il portavoce della Commissione ministeriale, Abdul Moqsith Ghazali.
La normativa proposta include anche innovativi emendamenti al diritto di
famiglia e a quello sull’eredità che emancipano la condizione femminile.
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CENTINAIA DI BURUNDESI IN FUGA
DAL LORO PAESE
NEL TIMORE
DI NUOVI DISORDINI E VIOLENZE
IN VISTA
DELLA PROSSIMA SCADENZA ELETTORALE DEL 1° NOVEMBRE.
BURUNDI. = Sono centinaia, almeno 400, le persone in
fuga dal Burundi verso Stati confinanti. Secondo quanto riferisce l’agenzia
“Misna” c’è “la possibilità che la situazione degeneri rapidamente dopo il 1°
novembre, data in cui sono previste le elezioni di post-transizione e che
invece con tutta probabilità verranno rimandate”. Il Parlamento ha approvato la
nuova Legge elettorale e la nuova Costituzione ma i dieci partiti che rappresentano
l’etnia Tutsi giudicano le riforme “troppo sbilanciate a favore degli Hutu”.
Gli accordi di pace siglati ad Arusha nel 2001 stabilivano per il 1° novembre
la scadenza dei tre anni di transizione, prevedendo un alternanza di potere fra
l’etnia maggioritaria Hutu e quella Tutsi. Intanto la Commissione elettorale
nazionale indipendente rende noto che il referendum popolare necessario per
approvare la Costituzione sarà rinviato. Secondo alcuni i ritardi sono diretta
conseguenza dello stallo politico fra i Partiti. “Il problema - ribadisce la
fonte della “Misna”- è che dal 1° novembre potrebbe crearsi un vuoto di potere
pericoloso. Chi, e in base a quale criterio sceglierà colui che fino alle nuove
elezioni dovrà governare il Paese?”. Il timore di possibili violenze spinge,
quindi, la popolazione ad allontanarsi. (E.B.)
IN AUSTRALIA, POVERI ED
EMARGINATI IGNORATI NELLA CAMPAGNA ELETTORALE:
LO DENUNCIA LA
COMMISSIONE EPISCOPALE PER GLI AFFARI SPECIALI, CHIEDENDO
AI TUTTI I PARTITI, IN QUESTA ULTIMA
SETTIMANA PRIMA DEL VOTO DEL 9 OTTOBRE, DI ILLUSTRARE I LORO PROGRAMMI IN FAVORE DEGLI ‘ULTIMI’ NELLA SOCIETA’
- A cura di Lisa
Zengarini -
CANBERRA - I grandi assenti
nell’attuale campagna elettorale per le presidenziali in Australia sono i
poveri e gli emarginati. La denuncia è della Catholic Welfare Australia, la
Commissione episcopale australiana per gli Affari sociali, che esorta tutti i
Partiti in lizza a dedicare almeno l’ultima settimana prima del voto ad
illustrare i loro programmi per aiutare le categorie più svantaggiate nel
Paese: i senza casa, gli indigenti, i malati mentali e i disoccupati. “E’ una
vergogna che l’attuale attivo finanziario dello Stato non sia usato per i più
poveri”, afferma in una nota il direttore esecutivo dell’organismo cattolico,
Frank Quinlan. “In questo momento di prosperità economica dovremmo
approfittarne per aiutare quelli che hanno più bisogno. Dovremmo spendere
almeno una parte del surplus per assicurare che ogni australiano abbia
pari possibilità di accesso alla salute, all’educazione, alla casa,
all’assistenza per l’infanzia, gli anziani, i disabili e i disoccupati. E’
vergognoso – prosegue la nota - che mentre siamo uno dei Paesi più prosperi del
mondo, siamo anche il quarto con il più alto tasso di povertà nell’Ocse
(Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Se non possiamo
dare una mano adesso a chi è stato sinora escluso dai benefici della crescita
economica – conclude - che speranza abbiamo in tempi meno prosperi?”. Sulle
elezioni presidenziali del prossimo 9 ottobre sono già intervenuti i vescovi
che in una dichiarazione nei mesi scorsi hanno indicato tra le sfide cruciali
per il Paese proprio il problema della povertà e dell’esclusione.
PRESIEDUTE STAMANI DAL CARDINALE MARTINO NELLA
PARROCCHIA ROMANA
DI SAN CAMILLO DE LELLIS LE ESEQUIE DI GIORGIO FILIBECK,
STIMATO E QUALIFICATO OFFICIALE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, DECEDUTO LUNEDI’ DOPO
LUNGA MALATTIA
- A cura di Paolo Scappucci -
ROMA. = “Ti dice grazie il Pontificio Consiglio e la
Santa Sede, che hai servito con intelligenza, dedizione e competenza ... Ti
dicono grazie tutti i poveri che hai aiutato, difendendone strenuamente, nelle
più disparate istanze e con tutti i mezzi, i fondamentali ed inalienabili
diritti”. Così si è espresso, nell’estremo saluto a Giorgio Filibeck, stimato e
qualificato officiale del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,
deceduto lunedì mattina dopo lunga e sofferta malattia, l’attuale presidente
del dicastero, cardinale Renato R. Martino, che stamani insieme ai cardinale
Etchegaray e Mejía, rispettivamente già presidente e vicepresidente, ha
concelebrato le commosse esequie del defunto nella parrocchia romana di San
Camillo de Lellis in via Sallustiana, alla presenza dei familiari e di numerosi
esponenti della Curia Romana. Commentando il Vangelo del Giudizio Finale secondo
Matteo, in cui Gesù si identifica pienamente e senza discriminazione con tutti
gli umiliati della terra, il cardinale Martino è riandato con la memoria a
tutte le volte che Giorgio Filibeck ha affrontato la causa dei poveri, degli
affamati, degli emarginati, dei malati, di coloro che sono privati della loro
dignità personale e della loro libertà. Giorgio lo ha fatto con passione
singolare professionalità in innumerevoli sedi ed occasioni, specialmente nelle
Conferenze internazionali delle Nazioni Unite (memorabile, quella di Vienna del
1993 sui diritti umani), nelle Conferenze di diritti umanitario di San Remo,
nei raduni internazionali della Croce Rossa e nell’attuale incarico di
rappresentante del Pontificio Consiglio presso il Comitato dei diritti umani
del Consiglio d’Europa a Strasburgo. Con riferimento, poi, all’implacabile
malattia che lo ha colpito nella piena maturità di un’esistenza ancora capace
di dare il meglio di sé, il cardinale ha voluto dire grazie a Giorgio Filibeck
anche perché ha “creduto sino alla fine senza mai cedere alla sorte dolorosa
che metteva a dura prova la sua speranza di cristiano”. “In questo momento – ha
concluso il cardinale Martino – noi tutti siamo testimoni e protagonisti
dell’amore in cui e di cui vive il nostro amatissimo Giorgio, quell’amore che
apre gli orizzonti dell’eterno dove le ferite del cuore vengono sanate e i
vuoti dell’anima colmati, nella fede e nella speranza”.
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6
ottobre 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Nuovi fatti di sangue in Iraq. Una violenta esplosione ha scosso questa
mattina la città di Anah, nell’Iraq occidentale, mentre nella notte Falluja è
stata nuovamente bombardata dall’aviazione americana. Ieri oltre 3.000 soldati
statunitensi e iracheni hanno lanciato una massiccia operazione militare contro
i ribelli a sudovest di Baghdad, arrestando 30 individui sospetti. Sempre più
preoccupante, inoltre, la situazione dei cristiani in Iraq, perseguitati da
bande di integralisti musulmani. Il servizio di Barbara Castelli:
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A tre mesi dalle elezioni di gennaio, l’Iraq ha poche certezze e molti
dubbi. Le violenze e i sequestri restano l’unico punto fermo. Un’autobomba è
esplosa questa mattina nella città di Anah, nell’Iraq occidentale, provocando
la morte di almeno dieci persone e il ferimento di altre 25. Lo riferisce la
televisione araba Al Jazira, precisando che la deflagrazione è avvenuta davanti
ad una caserma della Guardia nazionale. Uomini armati hanno ucciso uno sceicco
curdo a Mossul, mentre tre miliziani e un civile curdi sono stati uccisi ieri
sera in un’imboscata a ovest di Baquba. Morto un civile anche a Bassora. Nella
notte poi aerei statunitensi hanno bombardato Falluja, roccaforte della
guerriglia sunnita situata ad una sessantina di chilometri a ovest di Baghdad.
Obiettivo del raid: un’abitazione dove erano riuniti capi della rete
terroristica che fa capo al giordano Abu Musab Zarqawi, ritenuto il leader di
Al Qaida nel Paese del Golfo. Proprio ieri un sito Internet di integralisti
islamici, legati al luogotenente di Osama bin Laden in Iraq, ha pubblicato un
comunicato in cui si minimizza il successo annunciato dell’operazione delle
forze americane e irachene contro la città di Samarra, 125 km a nord di
Baghdad. Il primo ministro iracheno ad interim, Iyad Allawi, intanto, ha
intimato ieri alla guerriglia di deporre le armi e assoggettarsi alla legge, ma
nessun accordo è stato raggiunto con il movimento del leader radicale sciita
Moqrada al-Sadr per porre fine ai combattimenti in corso da mesi a Sadr City,
il sovraffollato sobborgo sciita alla periferia nord-orientale di Baghdad,
roccaforte dei seguaci dell’imam integralista nella capitale. Con un voto quasi
unanime, intanto, ieri la Camera degli Stati Uniti ha bocciato la proposta di reintrodurre
la leva nel Paese, a causa proprio della guerra in Iraq. Ricordiamo che le
perdite americane nel Paese sono salite ad almeno 1061, secondo fonti del Pentagono.
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L’Iraq continua ad essere il tema al centro della
campagna elettorale americana in vista delle presidenziali tra Bush e Kerry.
Ieri acceso dibattito televisivo tra i vice dei due candidati, il democratico
John Edwards ed il repubblicano Dick Cheney. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
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Il
senatore Edwards è andato all’attacco dell’amministrazione Bush, accusandola di
non avere detto la verità agli americani sulla guerra in Iraq e la lotta al
terrorismo; il vice-presidente Cheney ha risposto mettendo in discussione la
credibilità del candidato democratico John Kerry come comandante in capo. Il
dibattito televisivo di ieri sera a Cleveland tra il vice capo della Casa
Bianca e il suo sfidante si è svolto su questo binario e ha generato diversi
momenti di tensione personale. Edwards ha accusato Cheney di avere mentito sui
collegamenti tra Saddam e al Qaeda, sulla presenza di armi di distruzione di
massa in Iraq e sulle condizioni attuali sul terreno. Quindi ha ricordato che
il vice-presidente era a capo della grande multinazionale Halliburton, che sta
beneficiando dei contratti per la ricostruzione, anche se è sotto inchiesta per
pratiche discutibili negli affari con Paesi stranieri. Cheney ha risposto che
Saddam era una minaccia e nel clima creato dagli attentati dell’11 settembre,
bisognava rimuoverlo. Poi ha aggiunto che Kerry ed Edwards attaccano il suo
passato alla Halliburton per nascondere la loro storia politica al Senato, dove
non hanno ottenuto molti risultati tangibili. Il resto del dibattito si è concentrato
sui temi della politica interna, con Edwards che ha accusato l’amministrazione
Bush di essere la prima a perdere posti di lavoro dalla “Grande Depressione”.
Dopo il dibattito della settimana scorsa a Miami, Bush e Kerry sono tornati in
pareggio e quindi ora potrebbe diventare decisivo il prossimo dibattito tra di
loro, in programma venerdì a Saint Louis.
Da New
York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Cinque
presunti appartenenti all'organizzazione separatista basca Eta sono stati arrestati questa mattina nei Paesi baschi spagnoli,
secondo quanto ha detto oggi il
ministero degli interni. L'operazione di oggi e' collegata a quella di domenica
in Francia, con la qual è stato arrestato il presunto numero uno dell'Eta
politica Mikel Albizu Iriarte, alias 'Antza' e la sua compagna Soledad Iparraguirre.
Degli arrestati di oggi quattro sono stati bloccati a San Sebastian e un altro
a Pamplona. Secondo fonti di stampa spagnole, le persone arrestate erano pronte
ad integrare membri Eta e attendevano istruzioni per commettere attentati.
Il
primo ministro britannico, Tony Blair, è giunto in Sudan questa mattina per incontri
con i dirigenti locali sulla sicurezza e la crisi umanitaria nella regione del Darfur, nella parte orientale
del Paese. Blair, che si fermerà cinque giorni nel Paese africano, vedrà il
presidente sudanese Omar al-Bechir e il vice presidente Ali Osmane Mohamed Taha.
Secondo il suo portavoce, il premier britannico ''si farà latore del messaggio
chiaro della comunità internazionale'' che chiede al Sudan di prendere misure
per alleviare le sofferenze della popolazione del Darfur, conformandosi alle
risoluzioni delle Nazioni Unite sul Darfur. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU
ha adottato due risoluzioni, il 30 luglio e il 18 settembre, che chiedevano al
governo di Khartum di mettere fine alle violenze, di disarmare le milizie che
terrorizzano la popolazione e di processare i responsabili di atrocità e
stragi. Il Darfur è teatro da 20 mesi di una guerra civile e di una grave crisi
umanitaria. Secondo l'ONU sono state uccise tra le 30 mila e le 50 mila
persone, e oltre un milione sono sfollate.
Niente
sbarchi ieri a Lampedusa mentre stamane sono ripresi i voli di rimpatrio
diretti in Libia. Si parla di oltre 1.700 persone arrivate negli ultimi giorni,
di cui metà già rimpatriate. E non mancano le polemiche. Il ministro dell'Interno
Pisanu farà venerdì prossimo alla Camera un'informativa sul tema. Secondo
l'agenzia libica Jana, dell'argomento dovrebbero aver parlato ieri al telefono
il premier Berlusconi e il colonnello Gheddafi. Ci sarebbero le difficoltà del
Paese africano ad accogliere tante persone insieme. In ogni caso, ieri il
commissariato Onu per i rifugiati, Unhcr, è tornato a criticare il governo
italiano che non ha dato ancora risposta alle sue richieste di poter visitare
gli immigrati arrivati a Lampedusa.
Sempre
in Italia, con un documento di otto pagine si chiude la vertenza Alitalia.
L'accordo, tra governo, azienda e sindacati, è stato firmato stanotte dopo
settimane di trattative. Previsto l’accesso al prestito ponte da 400 milioni di euro, due anni in CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) e tre in mobilità per 3.679 lavoratori, la totalità
degli esuberi stabiliti dai rinnovi contrattuali. Prevista anche la creazione di un fondo di solidarietà per finanziarie l'integrazione al
reddito dei cassaintegrati a cui parteciperanno tutte le imprese del settore
aereo. Soddisfazione del governo e dei vertici aziendali che parlano “di pietra
miliare” per il rilancio dell’azienda, sulla stessa linea Cgil, Cisl e Uil ad eccezione
degli autonomi del Sult che non ha firmato l’accordo.
Il
candidato alla vicepresidenza afghana nella lista del presidente Karzai, Ahmad
Zia Massud, è sfuggito a un attentato dinamitardo a Faizabad, nel nord
dell'Afghanistan, dove stava facendo campagna elettorale per le presidenziali
di sabato. Si tratta del fratello del leggendario comandante dei mujaheddin
afghani assassinato il 9 settembre 2001 da un commando di Al Qaeda.
Sempre
in Iran, cinque impiccagioni in pubblico sono state eseguite ieri in Iran,
secondo quanto riferisce la stampa. Nella provincia settentrionale del
Mazandaran, sono stati impiccati quattro uomini appartenenti ad una banda con
non meno di un centinaio di appartenenti dedita a rapine, omicidi e stupri. I
quattro erano stati dichiarati da un giudice ''corrotti sulla Terra'', una
formula della legge islamica che comporta normalmente la condanna a morte. Un
uomo ''di mezza età'' è stato impiccato per avere violentato una bambina di 10
anni.
Tre ribelli ceceni sono stati
uccisi in nottata in combattimenti con unità speciali dell'esercito federale
russo nel sud della Cecenia. Lo hanno riferito oggi fonti del quartier generale
federale per la Cecenia nella base militare alla periferia di Grozny. Gli scontri
si sono avuti nella zona dove è nato il capo militare della guerriglia cecena
Shamil Basayev.
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