RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 280 - Testo della trasmissione di mercoledì 6 ottobre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La scarsa fecondità delle coppie rivela l’incapacità dell’Occidente di generare figli come segno di fiducia nel futuro del mondo. Così il Papa all’udienza generale in Piazza San Pietro

 

Il Papa benedice una nuova statua collocata all’esterno della Basilica vaticana: raffigura la santa cilena Teresa de Jesus de Los Andes: con noi Maximo Pacheco Gomez

 

OGGI IN PRIMO PIANO

A pagare il prezzo dell’odio in Medio Oriente sono soprattutto i bambini: nell’ultima settimana, secondo l’ONU, sono morti 24 piccoli palestinesi. Il commento di padre Manuel Musallam

 

Violenta aggressione in un centro cattolico a Cileduk alla periferia di Giakarta, da parte di fondamentalisti islamici: la testimonianza di un padre missionario

 

Inaugurata la Fiera del libro di Francoforte. Oggi pomeriggio la presentazione del nuovo libro di Giovanni Paolo II: una riflessione sugli avvenimenti del 1900

 

“Sì” condizionato della Commissione Europea per l’avvio del processo di adesione della Turchia all’Unione: con noi Marco Ansaldo

 

In un convegno ieri a Roma,  appello ai  Paesi ad onorare gli impegni assunti per aiutare l’Africa:   ai nostri microfoni il cardinale Raffaele Martino e Marta Dassù

 

Da oggi al Cairo un incontro sul tema della famiglia in Medio Oriente: intervista con il cardinale Alfonso López Trujillo

 

Al via da domani fino al 10 ottobre la 44.ma Settimana Sociale dei cattolici italiani sul tema “La democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri”: ce ne parla mons. Lorenzo Chiarinelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il Premio Nobel per la chimica assegnato agli israeliani Aaron Ciechanover ed Avram Hershko, e all'americano Irwin Rose per gli studi sulla composizione delle proteine

 

Dibattito aperto in Indonesia su libertà fondamentali ed emancipazione femminile: presentato un disegno di legge che riforma l’ordinamento giuridico del Paese asiatico, ispirato alla sharia

 

Centinaia di burundesi in fuga dal loro Paese nel timore di nuovi disordini e violenze in vista della prossima scadenza elettorale del 1° novembre

 

In Australia, poveri ed emarginati ignorati nella campagna elettorale: lo denuncia la Commissione episcopale per gli affari speciali

 

Presiedute dal cardinale Martino le esequie di Giorgio Filibeck, stimato e qualificato officiale del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace

 

24 ORE NEL MONDO:

        Iraq: 10 morti per una autobomba davanti una caserma. Allarme per attacchi portati da fondamentalisti islamici contro la comunità cristiana irachena

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

6 ottobre 2004

 

LA FECONDITA’ DELLA COPPIA, UN ASPETTO FONDAMENTALE DEL MATRIMONIO,

RIVELA L’INCAPACITA DELL’OCCIDENTE DI GENERARE FIGLI

COME SEGNO DI FIDUCIA NEL FUTURO DEL MONDO.

COSI’ IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE IN PIAZZA SAN PIETRO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

“Un sereno e gioioso canto nuziale” che, dietro la celebrazione della nobile bellezza di una regina sposa, offre un’immagine ideale del matrimonio: un’immagine oggi smarrita soprattutto dalla civiltà occidentale, spesso incapace di generare figli perché incapace di guardare con fiducia al futuro. E’ stato il Salmo 44 della liturgia dei Vespri ad ispirare queste riflessioni di Giovanni Paolo II, che ha presieduto l’udienza generale di oggi in una Piazza San Pietro gremita da 13 mila fedeli. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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(Canto Salmo)

 

Il “dolce ritratto femminile” disegnato dai versetti del Salmo non intende mostrare solo la vocazione nuziale di un re e della sua bella sposa, abbigliata con vesti splendenti, colti nel momento di unirsi in matrimonio: un atto, ha osservato il Papa, che segna una “svolta nella vita” e “cambia l’esistenza”. L’orizzonte interpretativo è più ampio, poiché - ha affermato il Pontefice - la tradizione giudaica ha visto nella figura del re quella del Messia, così come molti Padri della Chiesa “hanno letto il ritratto della regina applicandolo a Maria”. Tuttavia, Giovanni Paolo ha individuato un particolare aspetto di attualità nella descrizione di questa antica scena nuziale:

 

“Questa prospettiva ci permette di dedicare il Salmo a tutte le coppie che vivono con intensità e freschezza interiore il loro matrimonio.”

 

Matrimonio che porta per sua natura a un altro aspetto strettamente connesso: quello della fecondità. Nel Salmo, ha spiegato Giovanni Paolo II, “si parla di ‘figli’ e di ‘generazioni’. Il futuro, non solo della dinastia ma dell’umanità, si attua proprio perché la coppia offre al mondo nuove creature”. E questo – ha subito aggiunto – è “un tema rilevante ai nostri giorni, nell’Occidente spesso incapace di affidare la propria esistenza al futuro attraverso la generazione e la tutela di nuove creature, che continuino la civiltà dei popoli e realizzino la storia della salvezza”.

 

(Canto Salmo)

 

Ma le strofe del Salmo non danno importanza solo all’immagine della sposa e al matrimonio. In esse, ha detto il Papa, “è esaltata la gioia”: una “letizia genuina molto più profonda della semplice allegria”, un’“espressione di amore, che partecipa al bene della persona amata con serenità di cuore”. Nel ribadire i passaggi salienti della catechesi nella altre lingue, Giovanni Paolo II ha concluso ricordando la Festa della Madonna del Rosario che cade domani. “Vi invito a valorizzare questa preghiera così cara alla tradizione del popolo cristiano”, ha detto. Ed ha aggiunto questo invito:

 

“Fate del Rosario la vostra preghiera d’ogni giorno”.

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UNA NUOVA STATUA ORNA L’ESTERNO DELLA BASILICA VATICANA.

TRA LE NICCHIE CHE SI AFFACCIANO SUI GIARDINI VATICANI HA TROVATO SPAZIO

SANTA TERESA DE JESUS DE LOS ANDES, PRIMA SANTA CILENA

- Con noi l’ambasciatore del Cile presso la Santa Sede, Maximo Pacheco Gomez -

 

Sempre questa mattina, prima dell’udienza generale, Giovanni Paolo II ha benedetto e inaugurato una statua monumentale della prima santa cilena, Teresa de Jesús de los Andes. L’opera, realizzata dello scultore Juan Eduardo Fernandez Cox, è stata collocata in una delle nicchie esterne della Basilica Vaticana. Prima della cerimonia di inaugurazione, alla quale hanno assistito, fra gli altri, il ministro degli Esteri cileno, Ignacio Walzer, il presidente dell’Episcopato cileno e del CELAM, cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa e l’arciprete della Basilica Vaticana, cardinale Francesco Marchisano, e il segretario di Stato vaticano, cardinale Angelo Sodano, ha celebrato una Santa Messa nella cripta di San Pietro. Il servizio di Barbara Castelli.

 

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Un nuovo soffio di santità spira tra le secolari mura vaticane. L’esterno della Basilica di San Pietro, infatti, da oggi è ornato con una nuova statua, quella di santa Teresa de Jesús de los Andes. Solitamente sono i fondatori di ordini o congregazioni a trovare spazio tra le nicchie esterne della Basilica, che già ospitano diversi fulgidi esempi di fedeltà incondizionata al Vangelo. Basti pensare a santa Caterina da Siena o santa Brigida di Svezia, patrone d’Europa. Dopo l’autorizzazione concessa per Edith Stein, altra patrona d’Europa, tuttavia, anche per santa Teresa si sono aperte le porte del Vaticano. La statua di Fernandez Cox – nato in Cile 65 anni fa – è alta cinque metri e mezzo, compreso il piedistallo, ed è stata ricavata da un unico blocco di marmo di Carrara di 60 tonnellate.

 

La scultura che ritrae santa Teresa delle Ande è un dono del Cile al Papa e al Vaticano e nasce da un’iniziativa dell’ambasciatore del Paese latinoamericano presso la Santa Sede, Maximo Pacheco Gomez. L’eredità spirituale della giovane carmelitana, nata all’inizio del secolo scorso e morta appena 19.enne nel 1920, è di straordinaria attualità, perché testimonia quanto la chiamata di Cristo alla santità sia possibile e come la sequela di Cristo sia l’unica cosa che rende l’uomo felice. In un mondo segnato dall’egoismo e dalla violenza ingiustificata, questa fanciulla delle Ande parla al cuore di ogni uomo con un inno di lode di amore a Cristo. A questo proposito ascoltiamo l’ambasciatore del Cile presso la Santa Sede, Maximo Pacheco Gomez, intervistato da Alberto Goroni.

 

EN UN MOMENTO EN QUE HAY TANTA VIOLENCIA, TANTA MUERTE….

“In un momento caratterizzato da così tanta violenza e tanta morte, da così tanti attacchi alla persona umana e alla famiglia, spicca la figura di questa santa, carmelitana scalza, morta a 19 anni. La sua testimonianza è di amore, di comprensione, di allegria. Santa Teresa era sempre allegra. Lei condivise con tutta la sua famiglia e poi con la sua comunità, dove visse per appena un anno, questo sentimento di pace, di allegria e di amore per tutta l’umanità”.  

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

“La Bibbia ama la bellezza come riflesso dello splendore di Dio stesso” è quanto ha ricordato Giovanni Paolo II commentando il Salmo 44, 11-18 “La Regina e la Sposa” durante l’Udienza Generale.

Iraq: continua lo stillicidio di combattimenti, agguati ed episodi di efferata violenza: rinvenuti cinque cadaveri decapitati in diverse località del Nord. Medio Oriente: gli USA pongono il veto all’ONU su una risoluzione contraria ad Israele. Stati Uniti: guerra in Iraq e difficoltà economiche dei cittadini al centro del dibattito tra Cheney ed Edwars

 

Nelle pagine vaticane, Giovanni Paolo II benedice la statua di Santa Teresa de los Andes collocata in una nicchia esterna della Basilica Vaticana. Al termine della cerimonia il cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, ha presieduto la concelebrazione eucaristica. Una pagina dedicata alla Beata Vergine del Rosario.

 

Nelle pagine estere, Sudan: Kofi Annan accusa il governo di Khartoum di non fermare le violenze nel Darfur. Spagna: Zapatero ed Aznar saranno interrogati dalla Commissione sulle stragi di Madrid dell’11 marzo. Iran: l’ex presidente Rafsanjani dichiara che Teheran possiede missili che possono colpire Israele. Afghanistan: vigilia elettorale fra intimidazioni ed attentati; l’ONU dichiara che un bimbo su nove muore prima di compiere un anno.

  

Nella pagina culturale, nuovi studi sul primo cristianesimo a Padova in occasione del XII centenario del martirio di Santa Giustina.

 

Nelle pagine italiane, i temi delle riforme, della Finanziaria, dell’Alitalia e della giustizia.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

6 ottobre 2004

 

 

NUOVA ONDATA DI VIOLENZA IN MEDIO ORIENTE. A PAGARE IL PREZZO

DELL’ODIO SOPRATTUTTO I BAMBINI: NELL’ULTIMA SETTIMANA,

SECONDO L’ONU, SONO MORTI 24 PICCOLI PALESTINESI

- L’intervista con padre Manuel Musallam -

 

Sempre più delicata la situazione in Medio Oriente, nonostante le dichiarazioni del primo ministro israeliano, Ariel Sharon, di riprendere il cammino di pace indicato dalla Road map. E’ salito a quattro morti il bilancio dell’attacco sferrato questa mattina contro l’insediamento ebraico di Kfar Darom, nel settore sud della Striscia di Gaza. Un adolescente palestinese, invece, è stato ucciso nel villaggio cisgiordano di Saida, da un’unità militare israeliana. L’ala militare di Hamas, intanto, ha fatto sapere di voler colpire duramente Israele, con nuovi missili potenziati, mentre gli Stati Uniti hanno posto il veto per bloccare un progetto di risoluzione presentato ieri nel Consiglio di sicurezza dell’Onu dai Paesi del Gruppo arabo. Il progetto prevedeva l’interruzione dell’offensiva israeliana nella striscia di Gaza e il ritiro dai Territori. L’ondata di violenze dell’ultima settimana, secondo le stime elaborate da 12 organizzazioni umanitarie che fanno capo alle Nazioni Unite, hanno colpito soprattutto i più piccoli. A partire dallo scorso 28 settembre, infatti, ventiquattro bambini palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano a Gaza. E la violenza ha conseguenze preoccupanti anche tra le mura domestiche, come sottolinea padre Manuel Musallam, parroco della chiesa della Santa Famiglia a Gaza e direttore della stessa scuola parrocchiale, al microfono di Tracey McClure:

 

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R. – A CHILD FROM MY SCHOOL, ...

Un bambino che avrà 12-13 anni, che frequenta la mia scuola, era seduto con il papà - insegnante nel mio istituto - e la mamma, e stava cenando in casa sua. Ad un certo momento, il bambino ha cominciato a lamentare qualcosa al braccio, ha detto al padre: “Papà, mi fa male la mano”. Il padre guarda il braccio del bambino: due proiettili, arrivati da fuori, sparati dall’esercito israeliano, erano entrati in casa; uno aveva penetrato la mano del ragazzo, il secondo era entrato nel suo corpo, finendo vicino al cuore. Lo hanno portato immediatamente all’ospedale, dove sono intervenuti per curare la mano, ma non sono stati in grado di intervenire sul secondo proiettile. Questa settimana l’hanno portato in America dove forse questo bambino può trovare qualche speranza di cavarsela. Oggi i bambini a scuola sono spesso aggressivi, violenti nei riguardi dei loro compagni. Vede, se il bambino vive in una situazione di stress diventa un bambino violento. Così a scuola mi trovo a ‘combattere’ con la violenza tra gli allievi. E’ assolutamente impossibile creare anche solo dei piccoli attimi in cui questi bambini possano essere felici! Quando sentono sempre, 24 ore su 24, gli aerei che passano sopra la scuola, poi le esplosioni, scoppiano a piangere. Questi bambini, cosa assimilano, se non lo stress?

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VIOLENTA AGGRESSIONE IN UN CENTRO CATTOLICO A CILEDUK

ALLA PERIFERIA DI GIAKARTA, DA PARTE DI FONDAMENTALISTI ISLAMICI

- Intervista con un padre missionario -

 

In Indonesia, il complesso cattolico di Santa Bernardette a Cileduk, una quarantina di chilometri dalla capitale Giakarta, ha subito violenze e minacce da un gruppi di fondamentalisti islamici che hanno impedito le celebrazioni delle Messe in una sala che la domenica viene utilizzata come cappella della parrocchia. Una cinquantina di militanti del “Fronte dei difensori dell’Islam”, tra i quali numerose donne, armi in pugno hanno fatto irruzione nel complesso cattolico murando anche l’entrata della sala. Su quanto è accaduto a Cileduk Roberto Piermarini ha raccolto la testimonianza da Giakarta di un Padre missionario che per motivi di sicurezza intende rimanere anonimo.

 

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R. – Domenica è successo che è arrivato questo gruppo che ha proibito di pregare per cui non c’è stata né la seconda, né la terza, né la quarta Messa. Tutto finito lì. La gente fuori, questi scalmanati, che hanno fatto uscire tutte le suore, hanno imposto di fare una dichiarazione in cui si affermava che la loro aula non sarebbe servita più per pregare: era l’aula della scuola che veniva usata da tanti anni perché, non riuscendo ad ottenere il permesso di fare la chiesa, utilizzavamo quest’aula per pregare. Ad un certo momento, loro cos’hanno fatto? Hanno chiuso la porta delle suore, murandola addirittura: il colmo dei colmi! C’erano almeno 50 poliziotti e hanno lasciato correre. Le suore sono passate da una porta laterale ... hanno dato due giorni di vacanza alle scuole ... vediamo un po’. Con loro cerco un posto per poter pregare: sono quasi 10 mila i cattolici, quindi mica pochi!

 

D. – Quindi, le autorità indonesiane per ora stanno a guardare?

 

R. – Stanno a guardare. Come ho detto, la polizia è rimasta a guardare. Di per sé, avrebbe potuto intervenire per non fare erigere il muro, no?, non far chiudere questa zona che poi è da tanto tempo che si usa per pregare, tutti lo sanno: ormai è una parrocchia ...

 

D. – Come mai quest’azione di fondamentalismo islamico, visto che le elezioni in Indonesia si erano svolte con tranquillità?

 

R. – I fondamentalisti vorrebbero fare di quest’area una zona integralista, proibendo tutte le chiese cattoliche, proibendo ogni attività religiosa. Questo è il programma. Ma noi speriamo che questo nuovo presidente appena eletto, che ha detto che difenderà le minoranze, vedremo, adesso ... Sono i soliti scalmanati: se noi reagissimo, sarebbe pericolosissimo, perché potrebbe succedere quello che è successo ad Ambon!

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INAUGURATA LA FIERA DEL LIBRO DI FRANCOFORTE. 

OGGI POMERIGGIO LA PRESENTAZIONE DEL NUOVO LIBRO DI GIOVANNI PAOLO II:

UNA RIFLESSIONE SUGLI AVVENIMENTI DEL 1900

 

Ha preso il via ieri la 56a edizione della Fiera internazionale del Libro di Francoforte. Ospite d’onore quest’anno è il mondo arabo. Oggi pomeriggio sarà presentato, nell’ambito della Fiera, il nuovo libro di Giovanni Paolo II che affronta i maggiori temi legati alla storia del 1900. Il volume sarà pubblicato dalla Casa Editrice Rizzoli, alla quale la Libreria Editrice Vaticana ha riservato le attività per la cessione dei diritti esteri dell'opera. Sull’importante appuntamento culturale di Francoforte ascoltiamo il servizio di Alessandro Zaccuri, inviato del quotidiano Avvenire.

 

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         Chi aveva ragione Kipling o Goethe: lo scrittore inglese che oltre un secolo fa teorizzava l’impossibilità dell’incontro tra Oriente ed Occidente oppure il poeta tedesco che invece lo realizzò nei suoi versi?  E’ la domanda che ha attraversato ieri sera la cerimonia della 56.ma Buchmesse, la Fiera del Libro di Francoforte che quest’anno accoglie come ospite d’onore il mondo arabo, con tutta la sua ricchezza e complessità. Quasi 6.700 gli espositori, provenienti da 110 Paesi, tra i quali spiccano i 22 appartenenti alla Lega Araba, il cui segretario generale, André Moussa, ha citato sì il pessimista Kipling, ma soltanto per dare ragione all’ottimista Goethe. Dello stesso parere il cancelliere tedesco Gerhard Schröder, anche lui intervenuto all’inaugurazione. L’augurio più caloroso di un incontro reale fra le due civiltà è venuto dal messaggio inviato da Naghib Mahfuz, il primo e finora unico autore arabo premiato con il Premio Nobel. “Nella cultura araba di oggi – ha ricordato Mahfuz – convivono le antiche tradizioni orientali, l’insegnamento dell’islam e gli apporti dell’Occidente. Oggi, intanto, la Fiera del Libro entra nel vivo e c’è molta attesa, in particolare per la conferenza stampa pomeridiana in cui verranno presentati i contenuti dell’ultimo libro di Giovanni Paolo II.

 

         Da Francoforte, per la Radio Vaticana, Alessandro Zaccuri.

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UN “SI’ QUALIFICATO” DELLA COMMISSIONE  AL PROCESSO DI ADESIONE DELLA TURCHIA ALL'UNIONE EUROPEA. COSI’ LO DEFINISCE PRODI SPIEGANDO CHE SE IL PROCESSO DEMOCRATICO E DI  RIFORME IN ATTO IN TURCHIA DOVESSE ESSERE INTERROTTO “CIÒ  PORTERÀ ALL'IMMEDIATA SOSPENSIONE DELLE TRATTATIVE”

- Intervista con Marco Ansaldo -

 

Il parere favorevole della Commissione a dare il via al processo di adesione della Turchia all'Unione: la conferma nel discorso del presidente Prodi dopo una mattinata di dibattito. Ma restano, a quanto si apprende, le condizioni che fanno discutere da ieri, da quando sono emerse indiscrezioni sulla raccomandazione approvata oggi. Fausta Speranza:

 

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E’ un sì qualificato: così lo definisce il presidente Prodi, spiegando che la Turchia soddisfa i criteri di Copenaghen ma se il processo democratico e di  riforme in atto nella Turchia dovesse essere interrotto – sottolinea – “ciò porterà all'immediata sospensione delle trattative”, per l'ingresso nell'UE. Prodi  sta così commentando il pronunciamento dell’esecutivo in un’audizione al Parlamento europeo iniziata subito dopo il voto in Commissione. A questo proposito va detto che  sembra ci sia stato un solo voto contrario, quello dell’olandese  Frederik Bolkestein. La Commissione, dunque, è compatta nel dire sì alla Turchia. Ma “il risultato non è garantito in anticipo. E Prodi lo ribadisce spiegando che “ci sono dei rischi che dobbiamo correre, e questo vale anche per la Turchia”. Per poi aggiungere: “Ma non possiamo immaginare un futuro in cui la Turchia non sia ancorata all'Europa”. Processi di riforma con costante monitoraggio; il fatto che le trattative possano essere sospese; inclusione della società civile con particolare attenzione agli aspetti religiosi. Insomma, possiamo dire che la Turchia resta sotto esame in un modo particolare che distingue la sua fase dei negoziati da quella di tutti gli altri Paesi. E il premier turco Erdogan, parlando sempre questa mattina al Consiglio d’Europa,  ha detto che non è possibile aspettarsi che “la Turchia entri in una notte nell’Unione”, aggiungendo però che spera in un “tempo ragionevole”. Si è detto poi convinto che la raccomandazione positiva troverà eco tra i capi di Stato e di governo. La decisione, infatti, - va ricordato - spetterà al prossimo Consiglio, il 17 dicembre. Quale sia il punto di vista con cui Ankara  ha atteso la decisione della Commissione di questa mattina, lo abbiamo chiesto a Marco Ansaldo, inviato di Repubblica:

 

R. – Il concetto di non irreversibilità è una formula che viene usata per la prima volta con la Turchia. La Turchia aspetta ed ha avuto la promessa di entrare 40 anni fa e si è vista bypassare da tutti. A maggio abbiamo visto che sono entrati dieci Paesi, Paesi importanti e Paesi minori; Paesi grandi e Paesi piccoli. Nel 2007 sarà superata persino da Paesi che appartenevano, a pieno titolo, al Patto di Varsavia, come la Romania e la Bulgaria. Insomma la Turchia è in fila da tanto tempo ed oggi ritiene, dopo due anni di riforme accelerate e portate avanti dal governo del conservatore di ispirazione islamica Erdogan di poter far parte a pieno titolo dell’Unione Europea, con negoziati lunghi chiaramente.

 

D. – In molti sottolineano il piano culturale ed è evidente perchè la popolazione della Turchia da sola supera la somma della popolazione dei dieci Paesi ultimi entrati ed è in maggioranza musulmana…

 

R. – So che ci sono molte preoccupazioni. La popolazione, in effetti sono 70 milioni i turchi, continua a crescere e nel momento in cui nel 2015 dovessero  entrare finirebbero per essere il primo Paese in termini di popolazione. C’è poi l’altra considerazione e cioè che si tratta di un Paese musulmano: chiaramente delle differenze e delle diversità sussistono, anche da un punto di vista strettamente religioso. Io personalmente dico “viva le differenze”, nel senso che la Turchia può portare quella marcia in più, quella marcia diversa che molti Paesi europei invece non hanno e soprattutto potrà permetterci di dialogare con più facilità, proprio attraverso Ankara, con tutto quel mondo islamico che in questo momento ci sembra tanto distante.

 

D. – Ma cosa ci può dire la percezione del comune sentire tra i turchi a questo proposito?

 

R. – Sì, appena esce fuori la questione di un eventuale “no” dell’Europa, subito saltano su dicendo “ma allora volete fare il club cristiano”. La Turchia non pensa, però, soltanto da un punto di vista religioso per quanto riguarda il suo ingresso nell’Unione Europea. Vuole piuttosto entrare perché ritiene di avere in molti casi i comuni valori europei e le speranze che i Paesi comunitari hanno dato ad Ankara ormai datano molto tempo.

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STIMOLARE I GOVERNI DEI DIVERSI PAESI AD ONORARE GLI IMPEGNI ASSUNTI

PER AIUTARE L’AFRICA, E’ TRA GLI OBIETTIVI DEL SEMINARIO SUL TEMA:

“IL FUTURO DELL’AFRICA E L’IMPEGNO DELLA SOCIETA’ ITALIANA”,

SVOLTOSI IERI A ROMA

- Intervista con il cardinale Raffaele Martino e Marta Dassù -

 

L’analisi dei fattori politici, culturali e religiosi per comprendere i problemi che affliggono l’Africa, la questione sanitaria, la promozione umana, lo sviluppo dell’economia e della tecnologia: sono stati i temi al centro del seminario dal titolo “Il futuro dell’Africa e l’impegno della società italiana”, svoltosi ieri a Roma. L’incontro è stato organizzato dall’Aspen Institute Italia, insieme con la Fondazione Unicredit e con la Commission for Africa. Il servizio è di Dorotea Gambardella:

 

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Mantenere viva l’attenzione della comunità internazionale sulla questione africana e spingere i governi ad onorare gli impegni assunti per sostenere questo Continente: è il duplice obiettivo del seminario sul tema “Il futuro dell’Africa e l’impegno della società italiana”. Dai lavori è emerso, infatti, che non è sufficiente lo sforzo, seppur fondamentale, della società civile, per aiutare l’Africa; occorre l’impegno reale della governance internazionale mediante tre canali: gli investimenti privati, la riduzione del debito estero ed il sostegno allo sviluppo. In particolare, dall’incontro è emersa una proposta di cui ci parla Marta Dassù, direttore dei programmi internazionali della sezione italiana dell’Aspen Institute:

 

“Una proposta specifica è quella di dare molto maggiore peso alle rimesse degli emigranti. Paradossalmente – ed è un dato poco conosciuto – l’insieme delle rimesse degli emigranti ammonta ormai a circa 100 miliardi di dollari, cioè l’equivalente dell’aiuto pubblico allo sviluppo, ed anzi, ad investimenti esteri diretti di alcuni Paesi. Purtroppo, queste rimesse non riescono a generare fino in fondo uno sviluppo virtuoso perché non esiste un sistema bancario sufficientemente solido per canalizzarli”.

 

Ma in che cosa hanno fallito, fino ad ora, i progetti di sostegno all’Africa messi a punto dai diversi Paesi? Ci risponde il cardinale Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

 

“Secondo la burocrazia che esiste adesso, un Paese – per ricevere un aiuto – deve compiere 4 mila rapporti e in tutta questa organizzazione si spendono quattro miliardi di dollari, solamente per l’Africa. E un Paese beneficiario che riceva un aiuto deve ricevere ogni settimana tre visite di ispettori. Ora, bisognerebbe alleggerire tutto questo e delegare responsabilità”.

 

Tra i promotori del seminario di ieri vi è anche la “Commission for Africa”, istituita lo scorso maggio in vista della prossima presidenza di turno del G8, dal premier britannico, Tony Blair. Bob Geldof, il popolare cantante da anni impegnato nelle iniziative per lo sviluppo dell’Africa, che Blair ha posto a capo di questa Commissione, non ha risparmiato critiche all’Italia. Il governo di Roma – ha detto Geldof - sta venendo meno sia per quanto riguarda la cancellazione del debito, sia per quanto riguarda il Global Fund contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria. Ma sugli obiettivi della Commission for Africa, ascoltiamo ancora la signora Dassù:

 

“La Commissione sta raccogliendo, con una serie di seminari nei Paesi del G8 e in Africa, i pareri per potere formulare una forma di proposte nuove per il G8 del prossimo anno. Il G8 ha avuto un ruolo abbastanza propulsivo sull’Africa, grazie anche all’Italia, negli anni scorsi; si tratta ora di avere una migliore capacità di attuazione, ed a questo servirà questa Commissione”.

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DA OGGI AL CAIRO UN INCONTRO SUL TEMA DELLA FAMIGLIA IN MEDIO ORIENTE

- Intervista con il cardinale Alfonso López Trujillo -

 

Inizia oggi pomeriggio al Cairo un incontro sulla situazione della famiglia in Medio Oriente. La riunione è promossa dai patriarchi delle Chiese cattoliche orientali, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Famiglia, e tratterà questioni come il diritto di famiglia nei Paesi musulmani, la clonazione, la preparazione al matrimonio. Giovanni Peduto ha intervistato il presidente del dicastero vaticano, il cardinale Alfonso Lopez Trujillo che sarà presente all’incontro:

 

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R. – Al centro dell’incontro ci sarà la famiglia nelle diverse nazioni arabe, con le sfide poste  alle comunità dove, nella maggior parte dei casi, la Chiesa cattolica è minoritaria. Analizzeremo, dunque, la situazione della famiglia, i problemi, ma soprattutto la grande forza di coesione, e questa buona nuova, che è il Vangelo di Dio per la famiglia e per la vita, e come in queste nazioni occorra proclamarlo e annunciarlo con coraggio. Anche perché ci sono alcune situazioni, nel campo della famiglia, che possono essere più positive che in altre nazioni dell’Occidente. Per questo abbiamo invitato differenti confessioni e speriamo che il dialogo sia molto ricco.

 

D. – Qual è la situazione della famiglia nei Paesi mediorientali?

 

R. – C’è dinamismo, c’è vita anche se i cattolici sono gruppi minoritari, ad eccezione del Libano. Queste comunità devono portare avanti un linguaggio della famiglia profondo, perché non si verifichino i fattori dello spopolamento, con l’abbandono delle città e dei Paesi, e non si vada a lavorare altrove. I cattolici, infatti, così invece di crescere subiscono una diminuzione numerica che è preoccupante.

 

D. – Cosa fa la Chiesa per la famiglia nei Paesi arabi?

 

R. – Quello che cerchiamo è che pian piano sia veramente una forza attiva. Abbiamo cura di aiutare questo processo. La Chiesa ogni giorno si sveglia con una grande speranza. Ci sono gruppi e persone ben formate che svolgono una pastorale familiare sotto la guida dei vescovi.

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AL VIA DA DOMANI FINO AL 10 OTTOBRE LA 44.MA SETTIMANA SOCIALE

DEI CATTOLICI ITALIANI SUL TEMA “LA DEMOCRAZIA: NUOVI SCENARI, NUOVI POTERI”

- Intervista con mons. Lorenzo Chiarinelli -

 

Al via da domani fino al 10 ottobre, la 44 esima Settimana Sociale dei cattolici italiani sul tema: “La Democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri”. All’evento, che si svolgerà a Bologna, parteciperanno oltre mille delegati provenienti da tutta Italia, in rappresentanza di diocesi, associazioni e movimenti. Degli obiettivi di questa manifestazione ci parla, al microfono di Dorotea Gambardella, mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo di Viterbo:

 

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R. – L’obiettivo è quello di una presa di coscienza della situazione in cui siamo chiamati a vivere, perché sempre il cristiano deve interrogarsi sull’oggi che gli è dato di vivere e che lo chiama ad una responsabilità. In questo oggi ci pare che il modo della convivenza sia in crisi, per tanti fattori. Allora, il riflettere su “Democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri”, intende cogliere le crisi che ci sono nelle relazioni non solo interpersonali, ma proprio come comunità umana, e offrire delle indicazioni per una capacità di convivenza che sia rispettosa della persona umana e che renda la vita più sana e più vivibile.

 

D. – Tra i seminari che si svolgeranno ci sarà quello, appunto, sul rapporto tra scienza e tecnologia. Ma quale nesso c’è tra democrazia e rapporto tra scienza e tecnologia?

 

R. – Di fronte ai grandi temi che la tecnologia e la scienza ci pongono – pensiamo alla bioetica – è la comunità politica chiamata a prendere decisioni, o è la comunità scientifica che, in maniera autoreferenziale, gestisce questo settore? Le due realtà sono conflittuali nel dato che andiamo sperimentando. E allora, occorre una riflessione molto seria: tra comunità scientifica e comunità politica ci sono rapporti necessari. Allora, quale il criterio di valutazione? Questa realtà interpella fortemente la democrazia, perché poi da qui viene fuori anche il ruolo della coscienza. La democrazia si costruisce su valori: per esempio, la vita; per esempio, la cultura; per esempio, proprio la coscienza. Qual è il posto della coscienza in un assetto democratico? Sono gli interrogativi che noi avremo modo di dibattere.

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CHIESA E SOCIETA’

6 ottobre 2004

 

 

IL PREMIO NOBEL PER LA CHIMICA ASSEGNATO AGLI ISRAELIANI  AARON CIECHANOVER ED AVRAM  HERSHKO, DELL'ISTITUTO DI TECNOLOGIA DI HAIFA,

E ALL'AMERICANO IRWIN ROSE, DELL'UNIVERSITA' DELLA CALIFORNIA,

PER GLI STUDI SULLA COMPOSIZIONE DELLE PROTEINE

 

STOCCOLMA. = Il premio Nobel per la Chimica è stato assegnato agli israeliani Aaron Ciechanover e Avram Hershko, dell'Istituto di Tecnologia di Haifa, e all'americano Irwin Rose, dell'Università della California, per gli studi condotti sulla composizione delle proteine. I tre ricercatori hanno meritato il Nobel per la scoperta dell'ubiquitina, la molecola che controlla il processo di degradazione delle proteine, un processo fondamentale per la vita della cellula. Si tratta del meccanismo di autodifesa che permette alle cellule di regolare la presenza delle proteine al loro interno, eliminando quelle ‘indesiderate’. Queste ultime vengono riconosciute ed etichettate da una molecola chiamata ubiquitina, e quindi distrutte e degradate rapidamente dalle ‘pattumiere’ delle cellule, i proteosomi. Questa scoperta, resa possibile dalle ricerche condotte dai tre biochimici, Ciechanover, Hershko e Rose, all'inizio degli anni '80, ha permesso di comprendere, a livello molecolare, il modo in cui la cellula controlla processi di importanza cruciale, come il suo ciclo vitale, la riparazione del Dna, il processo di trascrizione dei  geni e il controllo delle nuove proteine prodotte. Avere scoperto questo meccanismo significa, quindi, avere gettato le basi per comprendere i meccanismi molecolari alla base di molte malattie, primi fra tutti i tumori. (R.G.)        

 

 

DIBATTITO APERTO IN INDONESIA

SU LIBERTA’ FONDAMENTALI ED EMANCIPAZIONE FEMMINILE:

PRESENTATO UN DISEGNO DI LEGGE CHE RIFORMA L’ORDINAMENTO GIURIDICO

DEL PAESE ASIATICO, ISPIRATO ALLA SHARIA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

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JAKARTA. = Importanti novità in tema libertà fondamentali, parità tra sessi e diritto di famiglia al centro di un Disegno di Legge presentato dal ministro degli Affari religiosi dell’Indonesia, Said Aqil Hussein al-Munawwar. Il provvedimento propone di riformare l’ordinamento giuridico del 1991 ispirato alla ‘Sharia’ - il complesso di leggi islamiche - e prevede l’autorizzazione a matrimoni misti tra musulmani e non musulmani, il divieto della poligamia e misure a favore dell’uguaglianza tra uomini e donne. Alla notizia ha dato ieri ampio spazio il quotidiano “Jakarta Post”, sottolineando che la proposta di legge potrebbe avviare una “rivoluzione” nella Sharia e che la questione ha sollevato polemiche tra i sostenitori della tradizione e gli islamici progressisti nella nazione asiatica, abitata per l’88% da musulmani, in grandissima parte d’indirizzo moderato. Il disegno di legge è stato messo a punto da una Commissione presieduta dall’esperta di diritto islamico e di questioni femminili, Siti Musdah Mulia. “Non c’è nessun verso nel Corano che proibisca a una donna islamica di sposare un uomo non musulmano” ha dichiarato il portavoce della Commissione ministeriale, Abdul Moqsith Ghazali. La normativa proposta include anche innovativi emendamenti al diritto di famiglia e a quello sull’eredità che emancipano la condizione femminile.

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CENTINAIA DI BURUNDESI IN FUGA DAL LORO PAESE

 NEL TIMORE DI NUOVI DISORDINI E VIOLENZE

 IN VISTA DELLA PROSSIMA SCADENZA ELETTORALE DEL 1° NOVEMBRE.

 

BURUNDI. = Sono centinaia, almeno 400, le persone in fuga dal Burundi verso Stati confinanti. Secondo quanto riferisce l’agenzia “Misna” c’è “la possibilità che la situazione degeneri rapidamente dopo il 1° novembre, data in cui sono previste le elezioni di post-transizione e che invece con tutta probabilità verranno rimandate”. Il Parlamento ha approvato la nuova Legge elettorale e la nuova Costituzione ma i dieci partiti che rappresentano l’etnia Tutsi giudicano le riforme “troppo sbilanciate a favore degli Hutu”. Gli accordi di pace siglati ad Arusha nel 2001 stabilivano per il 1° novembre la scadenza dei tre anni di transizione, prevedendo un alternanza di potere fra l’etnia maggioritaria Hutu e quella Tutsi. Intanto la Commissione elettorale nazionale indipendente rende noto che il referendum popolare necessario per approvare la Costituzione sarà rinviato. Secondo alcuni i ritardi sono diretta conseguenza dello stallo politico fra i Partiti. “Il problema - ribadisce la fonte della “Misna”- è che dal 1° novembre potrebbe crearsi un vuoto di potere pericoloso. Chi, e in base a quale criterio sceglierà colui che fino alle nuove elezioni dovrà governare il Paese?”. Il timore di possibili violenze spinge, quindi, la popolazione ad allontanarsi. (E.B.)

 

 

IN AUSTRALIA, POVERI ED EMARGINATI IGNORATI NELLA CAMPAGNA ELETTORALE:

LO DENUNCIA LA COMMISSIONE EPISCOPALE PER GLI AFFARI SPECIALI, CHIEDENDO

 AI TUTTI I PARTITI, IN QUESTA ULTIMA SETTIMANA PRIMA DEL VOTO DEL 9 OTTOBRE, DI ILLUSTRARE I LORO PROGRAMMI IN FAVORE DEGLI ‘ULTIMI’ NELLA SOCIETA’

- A cura di Lisa Zengarini -

 

CANBERRA - I grandi assenti nell’attuale campagna elettorale per le presidenziali in Australia sono i poveri e gli emarginati. La denuncia è della Catholic Welfare Australia, la Commissione episcopale australiana per gli Affari sociali, che esorta tutti i Partiti in lizza a dedicare almeno l’ultima settimana prima del voto ad illustrare i loro programmi per aiutare le categorie più svantaggiate nel Paese: i senza casa, gli indigenti, i malati mentali e i disoccupati. “E’ una vergogna che l’attuale attivo finanziario dello Stato non sia usato per i più poveri”, afferma in una nota il direttore esecutivo dell’organismo cattolico, Frank Quinlan. “In questo momento di prosperità economica dovremmo approfittarne per aiutare quelli che hanno più bisogno. Dovremmo spendere almeno una parte del surplus per assicurare che ogni australiano abbia pari possibilità di accesso alla salute, all’educazione, alla casa, all’assistenza per l’infanzia, gli anziani, i disabili e i disoccupati. E’ vergognoso – prosegue la nota - che mentre siamo uno dei Paesi più prosperi del mondo, siamo anche il quarto con il più alto tasso di povertà nell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Se non possiamo dare una mano adesso a chi è stato sinora escluso dai benefici della crescita economica – conclude - che speranza abbiamo in tempi meno prosperi?”. Sulle elezioni presidenziali del prossimo 9 ottobre sono già intervenuti i vescovi che in una dichiarazione nei mesi scorsi hanno indicato tra le sfide cruciali per il Paese proprio il problema della povertà e dell’esclusione.

 

 

PRESIEDUTE STAMANI DAL CARDINALE MARTINO NELLA PARROCCHIA ROMANA

DI SAN CAMILLO DE LELLIS LE ESEQUIE DI GIORGIO FILIBECK,

STIMATO E QUALIFICATO OFFICIALE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, DECEDUTO LUNEDI’ DOPO LUNGA MALATTIA

- A cura di Paolo Scappucci -

 

ROMA. = “Ti dice grazie il Pontificio Consiglio e la Santa Sede, che hai servito con intelligenza, dedizione e competenza ... Ti dicono grazie tutti i poveri che hai aiutato, difendendone strenuamente, nelle più disparate istanze e con tutti i mezzi, i fondamentali ed inalienabili diritti”. Così si è espresso, nell’estremo saluto a Giorgio Filibeck, stimato e qualificato officiale del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, deceduto lunedì mattina dopo lunga e sofferta malattia, l’attuale presidente del dicastero, cardinale Renato R. Martino, che stamani insieme ai cardinale Etchegaray e Mejía, rispettivamente già presidente e vicepresidente, ha concelebrato le commosse esequie del defunto nella parrocchia romana di San Camillo de Lellis in via Sallustiana, alla presenza dei familiari e di numerosi esponenti della Curia Romana. Commentando il Vangelo del Giudizio Finale secondo Matteo, in cui Gesù si identifica pienamente e senza discriminazione con tutti gli umiliati della terra, il cardinale Martino è riandato con la memoria a tutte le volte che Giorgio Filibeck ha affrontato la causa dei poveri, degli affamati, degli emarginati, dei malati, di coloro che sono privati della loro dignità personale e della loro libertà. Giorgio lo ha fatto con passione singolare professionalità in innumerevoli sedi ed occasioni, specialmente nelle Conferenze internazionali delle Nazioni Unite (memorabile, quella di Vienna del 1993 sui diritti umani), nelle Conferenze di diritti umanitario di San Remo, nei raduni internazionali della Croce Rossa e nell’attuale incarico di rappresentante del Pontificio Consiglio presso il Comitato dei diritti umani del Consiglio d’Europa a Strasburgo. Con riferimento, poi, all’implacabile malattia che lo ha colpito nella piena maturità di un’esistenza ancora capace di dare il meglio di sé, il cardinale ha voluto dire grazie a Giorgio Filibeck anche perché ha “creduto sino alla fine senza mai cedere alla sorte dolorosa che metteva a dura prova la sua speranza di cristiano”. “In questo momento – ha concluso il cardinale Martino – noi tutti siamo testimoni e protagonisti dell’amore in cui e di cui vive il nostro amatissimo Giorgio, quell’amore che apre gli orizzonti dell’eterno dove le ferite del cuore vengono sanate e i vuoti dell’anima colmati, nella fede e nella speranza”.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

6 ottobre 2004

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Nuovi fatti di sangue in Iraq. Una violenta esplosione ha scosso questa mattina la città di Anah, nell’Iraq occidentale, mentre nella notte Falluja è stata nuovamente bombardata dall’aviazione americana. Ieri oltre 3.000 soldati statunitensi e iracheni hanno lanciato una massiccia operazione militare contro i ribelli a sudovest di Baghdad, arrestando 30 individui sospetti. Sempre più preoccupante, inoltre, la situazione dei cristiani in Iraq, perseguitati da bande di integralisti musulmani. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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A tre mesi dalle elezioni di gennaio, l’Iraq ha poche certezze e molti dubbi. Le violenze e i sequestri restano l’unico punto fermo. Un’autobomba è esplosa questa mattina nella città di Anah, nell’Iraq occidentale, provocando la morte di almeno dieci persone e il ferimento di altre 25. Lo riferisce la televisione araba Al Jazira, precisando che la deflagrazione è avvenuta davanti ad una caserma della Guardia nazionale. Uomini armati hanno ucciso uno sceicco curdo a Mossul, mentre tre miliziani e un civile curdi sono stati uccisi ieri sera in un’imboscata a ovest di Baquba. Morto un civile anche a Bassora. Nella notte poi aerei statunitensi hanno bombardato Falluja, roccaforte della guerriglia sunnita situata ad una sessantina di chilometri a ovest di Baghdad. Obiettivo del raid: un’abitazione dove erano riuniti capi della rete terroristica che fa capo al giordano Abu Musab Zarqawi, ritenuto il leader di Al Qaida nel Paese del Golfo. Proprio ieri un sito Internet di integralisti islamici, legati al luogotenente di Osama bin Laden in Iraq, ha pubblicato un comunicato in cui si minimizza il successo annunciato dell’operazione delle forze americane e irachene contro la città di Samarra, 125 km a nord di Baghdad. Il primo ministro iracheno ad interim, Iyad Allawi, intanto, ha intimato ieri alla guerriglia di deporre le armi e assoggettarsi alla legge, ma nessun accordo è stato raggiunto con il movimento del leader radicale sciita Moqrada al-Sadr per porre fine ai combattimenti in corso da mesi a Sadr City, il sovraffollato sobborgo sciita alla periferia nord-orientale di Baghdad, roccaforte dei seguaci dell’imam integralista nella capitale. Con un voto quasi unanime, intanto, ieri la Camera degli Stati Uniti ha bocciato la proposta di reintrodurre la leva nel Paese, a causa proprio della guerra in Iraq. Ricordiamo che le perdite americane nel Paese sono salite ad almeno 1061, secondo fonti del Pentagono.

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L’Iraq continua ad essere il tema al centro della campagna elettorale americana in vista delle presidenziali tra Bush e Kerry. Ieri acceso dibattito televisivo tra i vice dei due candidati, il democratico John Edwards ed il repubblicano Dick Cheney. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il senatore Edwards è andato all’attacco dell’amministrazione Bush, accusandola di non avere detto la verità agli americani sulla guerra in Iraq e la lotta al terrorismo; il vice-presidente Cheney ha risposto mettendo in discussione la credibilità del candidato democratico John Kerry come comandante in capo. Il dibattito televisivo di ieri sera a Cleveland tra il vice capo della Casa Bianca e il suo sfidante si è svolto su questo binario e ha generato diversi momenti di tensione personale. Edwards ha accusato Cheney di avere mentito sui collegamenti tra Saddam e al Qaeda, sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq e sulle condizioni attuali sul terreno. Quindi ha ricordato che il vice-presidente era a capo della grande multinazionale Halliburton, che sta beneficiando dei contratti per la ricostruzione, anche se è sotto inchiesta per pratiche discutibili negli affari con Paesi stranieri. Cheney ha risposto che Saddam era una minaccia e nel clima creato dagli attentati dell’11 settembre, bisognava rimuoverlo. Poi ha aggiunto che Kerry ed Edwards attaccano il suo passato alla Halliburton per nascondere la loro storia politica al Senato, dove non hanno ottenuto molti risultati tangibili. Il resto del dibattito si è concentrato sui temi della politica interna, con Edwards che ha accusato l’amministrazione Bush di essere la prima a perdere posti di lavoro dalla “Grande Depressione”. Dopo il dibattito della settimana scorsa a Miami, Bush e Kerry sono tornati in pareggio e quindi ora potrebbe diventare decisivo il prossimo dibattito tra di loro, in programma venerdì a Saint Louis.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Cinque presunti appartenenti all'organizzazione separatista basca Eta sono stati arrestati  questa mattina nei Paesi baschi spagnoli, secondo quanto ha  detto oggi il ministero degli interni. L'operazione di oggi e' collegata a quella di domenica in Francia, con la qual è stato arrestato il presunto numero uno dell'Eta politica Mikel Albizu Iriarte, alias 'Antza' e la sua compagna Soledad Iparraguirre. Degli arrestati di oggi quattro sono stati bloccati a San Sebastian e un altro a Pamplona. Secondo fonti di stampa spagnole, le persone arrestate erano pronte ad integrare membri Eta e attendevano istruzioni per commettere attentati.

 

Il primo ministro britannico, Tony Blair, è giunto in Sudan questa mattina per incontri con i dirigenti locali sulla sicurezza e la crisi umanitaria nella  regione del Darfur, nella parte orientale del Paese. Blair, che si fermerà cinque giorni nel Paese africano, vedrà il presidente sudanese Omar al-Bechir e il vice presidente Ali Osmane Mohamed Taha. Secondo il suo portavoce, il premier britannico ''si farà latore del messaggio chiaro della comunità internazionale'' che chiede al Sudan di prendere misure per alleviare le sofferenze della popolazione del Darfur, conformandosi alle risoluzioni delle Nazioni Unite sul Darfur. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha adottato due risoluzioni, il 30 luglio e il 18 settembre, che chiedevano al governo di Khartum di mettere fine alle violenze, di disarmare le milizie che terrorizzano la popolazione e di processare i responsabili di atrocità e stragi. Il Darfur è teatro da 20 mesi di una guerra civile e di una grave crisi umanitaria. Secondo l'ONU sono state uccise tra le 30 mila e le 50 mila persone, e oltre un milione sono sfollate. 

 

Niente sbarchi ieri a Lampedusa mentre stamane sono ripresi i voli di rimpatrio diretti in Libia. Si parla di oltre 1.700 persone arrivate negli ultimi giorni, di cui metà già rimpatriate. E non mancano le polemiche. Il ministro dell'Interno Pisanu farà venerdì prossimo alla Camera un'informativa sul tema. Secondo l'agenzia libica Jana, dell'argomento dovrebbero aver parlato ieri al telefono il premier Berlusconi e il colonnello Gheddafi. Ci sarebbero le difficoltà del Paese africano ad accogliere tante persone insieme. In ogni caso, ieri il commissariato Onu per i rifugiati, Unhcr, è tornato a criticare il governo italiano che non ha dato ancora risposta alle sue richieste di poter visitare gli immigrati arrivati a Lampedusa.

 

Sempre in Italia, con un documento di otto pagine si chiude la vertenza Alitalia. L'accordo, tra governo, azienda e sindacati, è stato firmato stanotte dopo settimane di trattative. Previsto l’accesso al prestito ponte da 400 milioni di euro, due anni in CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) e tre in mobilità per 3.679 lavoratori, la totalità degli esuberi stabiliti dai rinnovi contrattuali. Prevista anche la creazione di un fondo di solidarietà per finanziarie l'integrazione al reddito dei cassaintegrati a cui parteciperanno tutte le imprese del settore aereo. Soddisfazione del governo e dei vertici aziendali che parlano “di pietra miliare” per il rilancio dell’azienda, sulla stessa linea Cgil, Cisl e Uil ad eccezione degli autonomi del Sult che non ha firmato l’accordo.

 

Il candidato alla vicepresidenza afghana nella lista del presidente Karzai, Ahmad Zia Massud, è sfuggito a un attentato dinamitardo a Faizabad, nel nord dell'Afghanistan, dove stava facendo campagna elettorale per le presidenziali di sabato. Si tratta del fratello del leggendario comandante dei mujaheddin afghani assassinato il 9 settembre 2001 da un commando di Al Qaeda. 

   

Sempre in Iran, cinque impiccagioni in pubblico sono state eseguite ieri in Iran, secondo quanto riferisce la stampa. Nella provincia settentrionale del Mazandaran, sono stati impiccati quattro uomini appartenenti ad una banda con non meno di un centinaio di appartenenti dedita a rapine, omicidi e stupri. I quattro erano stati dichiarati da un giudice ''corrotti sulla Terra'', una formula della legge islamica che comporta normalmente la condanna a morte. Un uomo ''di mezza età'' è stato impiccato per avere violentato una bambina di 10 anni.

 

Tre ribelli ceceni sono stati uccisi in nottata in combattimenti con unità speciali dell'esercito federale russo nel sud della Cecenia. Lo hanno riferito oggi fonti del quartier generale federale per la Cecenia nella base militare alla periferia di Grozny. Gli scontri si sono avuti nella zona dove è nato il capo militare della guerriglia cecena Shamil Basayev.

 

 

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