RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 278 - Testo della trasmissione di martedì 5 ottobre 2004

 

Sommario

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Grazie a Dio siete salve”. Con queste parole Giovanni Paolo II ha salutato Simona Pari e Simona Torretta, all’udienza in forma strettamente privata

 

Proseguire nel dialogo con tutte le istanze della società e sul piano ecumenico: l’incoraggiamento di Giovanni Paolo II ai vescovi europei  

 

Per la prima volta riuniti in Brasile i vescovi ed i direttori dei centri culturali cattolici, per iniziativa del Pontificio Consiglio per la cultura e della Conferenza episcopale del Paese latinoamericano

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Ad oltre un mese dalla strage di Beslan, in Ossezia del nord resta il dolore e si temono violenze dopo il periodo di lutto: ce ne parlano Fabrizio Dragosei e Maria Giulia Torrioni

 

“Noi vi apprezziamo”: messaggio dell’UNESCO in occasione della Giornata mondiale degli insegnanti. Ne parliamo con il professor Giovanni Puglisi

 

Un anno dopo, un libro ricorda la missionaria Annalena Tonelli uccisa in Somaliland: con noi Miela Fagiolo D’Attilia

 

Giuseppe Piccioni racconta il desiderio d’amore e di vita nel suo nuovo film “La vita che vorrei”.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Agli americani Gross, Politzer e Wilczeck il Nobel per la Fisica 2004

 

Lettera pastorale dei vescovi dello Zimbabwe, per l’avvio di un processo elettorale credibile e corretto, in vista delle legislative del 2005

 

Simposio islamo-cristiano a Istanbul, il prossimo 7 ottobre

 

I vescovi dello Zambia chiedono l’abolizione della pena di morte

 

E’ on-line il nuovo sito Internet per le notizie sulla Chiesa in India

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq ancora attacchi della guerriglia a Baghdad e a Mossul. Sgomento per l’ennesimo video di uccisioni

 

Proseguono le operazioni dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza: 3 vittime palestinesi, tra cui una adolescente

 

I negoziati tra l’Ue e la Turchia si apriranno, ma senza certezze sulla loro irreversibilità: è quanto emerge dalla bozza di raccomandazione che la Commissione presenterà domani

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 ottobre 2004

 

 

“GRAZIE A DIO SIETE SALVE”. CON QUESTE PAROLE

GIOVANNI PAOLO II HA SALUTATO SIMONA PARI E SIMONA TORRETTA,

ALL’UDIENZA IN FORMA STRETTAMENTE PRIVATA

 

“Grazie a Dio siete salve”. Con queste parole Giovanni Paolo II ha salutato questa mattina in Vaticano Simona Pari e Simona Torretta. All’udienza in forma strettamente privata e durata pochi minuti, hanno partecipato anche i familiari delle due giovani volontarie liberate in Iraq la settimana scorsa dopo tre settimane di sequestro. Ad accompagnarle Mons. Rino Fisichella. Nel corso dell’incontro, chiesto per ringraziare il Papa per i numerosi appelli e interventi in favore della loro liberazione, le due ragazze non hanno nascosto la loro commozione ed hanno sottolineato il bisogno di solidarietà del popolo iracheno. 

 

 

PROSEGUIRE NEL DIALOGO CON TUTTE LE ISTANZE DELLA SOCIETÀ

E SUL PIANO ECUMENICO:

L’INCORAGGIAMENTO DI GIOVANNI PAOLO II AI VESCOVI EUROPEI

 

Sono rientrati nei loro 34 Paesi dell’Europa dell’Est e dell’Ovest i vescovi, che hanno partecipato per quattro giorni a Leeds, nel nord dell’Inghilterra, all’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, che ha dibattuto sul ruolo della Chiesa nelle diverse realtà del Continente. Obiettivo: raccogliere le sfide di fronte alla crescente secolarizzazione e le speranze dei popoli alla luce di una nuova evangelizzazione, così come il Papa ha raccomandato in un messaggio, a firma del cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, indirizzato al presidente dei presuli europei, mons. Amedée Grab. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Il Papa prega perché “possiate guidare i vostri rispettivi popoli a riscoprire le loro comuni radici spirituali e la durevole sapienza della loro eredità cristiana”. Il Santo Padre sa che il vostro “impegno per una nuova evangelizzazione è un atto di fede nel valore perenne del Vangelo, che nella storia dei popoli europei ha prodotto frutti abbondanti di santità, educazione, cultura e civilizzazione”.  Forti di questo sostegno – espresso da Giovanni Paolo II nel suo messaggio all’Assemblea - i vescovi europei porteranno nei loro Paesi i fermenti raccolti a Leeds. “Con la vostra testimonianza – li ha incoraggiati il Papa – i credenti saranno rafforzati nella loro specifica identità e perciò saranno in grado di costruire insieme una cultura cristiana capace di evangelizzare la cultura più ampia in cui vivono”. Per questo motivo Giovanni Paolo II ha sollecitato i vescovi europei a proseguire il “positivo dialogo con i rappresentanti dei diversi settori della cultura contemporanea: scienza, tecnologia, arti, media, economia, politica”.

 

Tante le suggestioni uscite da questa Assemblea, come documenta un comunicato finale dei lavori. Si è dibattuto sul significato del Cristianesimo nell’Europa di oggi e su una serie di temi di attualità politica: la Costituzione europea, la strategia di Lisbona, il problema delle migrazioni, il rapporto della Commissione europea sulla Turchia e le questioni bioetiche. Si è fatto, inoltre, il punto sul dialogo ecumenico, ipotizzando una nuova iniziativa a livello europeo, per continuare il processo avviato con le Assemblee di Basilea nell’89 e di Graz nel ’97. Un evento che sia radicato a livello locale in tutta Europa; che sia forte momento di spiritualità e comunione; che porti solidarietà tra Est e Ovest, coinvolgendo attivamente le Chiese ortodosse. Da qui la gratitudine dell’Assemblea per l’invito ufficiale ricevuto dalle Chiese di Romania. Alla luce di tutte queste discussioni, la necessità emersa, infine, è di rinsaldare la cooperazione tra le Conferenze dei vescovi cattolici e di dialogare con le altre Chiese, religioni, credenti e culture.  

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PER LA PRIMA VOLTA RIUNITI IN BRASILE I VESCOVI ED I DIRETTORI

DEI CENTRI CULTURALI CATTOLICI, PER INIZIATIVA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

PER LA CULTURA E DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE LATINOAMERICANO

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Per la prima volta vescovi e direttori dei Centri culturali cattolici del Brasile sono riuniti per aprire “Un foro di dialogo tra identità cattolica, globalizzazione, non credenza e pluralismo etnico”, promosso dal Pontificio Consiglio della cultura insieme alla Conferenza episcopale brasiliana. L’incontro si è aperto ieri a Joao Pessoa (Paraiba), dove i lavori proseguiranno anche oggi per poi trasferirsi giovedì e venerdì nella città di San Paolo. La riunione, presieduta dal cardinale Paul Poupard, presidente del Dicastero vaticano, è la prima del genere organizzata a livello nazionale nel Paese latinoamericano, in continuità con precedenti consultazioni regionali, tenutesi in Cile per il Cono Sud; in Colombia per i Paesi Bolivariani e in Messico, per l’America centrale. La prima parte dell’Incontro a João Pessoa  verte sulle sfide dell’identità cattolica in ambiente rurale, mentre la seconda focalizzerà il tema dell’identità cattolica nelle città. Al termine dei due incontri il cardinale Poupard si sposterà a Bogotá, in Colombia per inaugurare il Seminario di formazione per operatori di pastorale della cultura che si svolgerà tra il 10 ed il 13 ottobre, convocato dal CELAM, il Consiglio episcopale latinoamericano, in preparazione della prossima Assemblea plenaria dell’organismo, prevista a Roma nel 2007.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“La brutalità del terrorismo scrive un nuovo sanguinoso capitolo” è il titolo di apertura della prima pagina, mentre attentati, imboscate e bombardamenti continuano ad imperversare in tutto il Paese; per Donald Rumsfeld non vi è nessuna “prova formale” del legame tra bin Laden e Saddam Hussein. Indonesia: violenta aggressione da parte dei fondamentalisti islamici ai cattolici di Cileduk. L’UNHCR denuncia l’erosione del diritto d’asilo in molti Paesi. India: l’Assam ancora insanguinato dagli attacchi dei gruppi separatisti.

 

Nelle pagine vaticane, le celebrazioni per il 60.mo di sacerdozio del cardinale Virgilio Noè e una pagina dedicata all’Anno dell’Eucaristia.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: settimo giorno dell’offensiva israeliana, oltre 70 vittime nei Territori autonomi. Spagna: Madrid ringrazia il governo francese per la cattura dei vertici dell’ETA. Iran: nonostante le pressioni del Parlamento, il Governo non rinuncia alle politiche riformiste. Afghanistan: per Hamid Karzai ci vorranno due-tre anni per la ricostruzione delle Forze Armate.

 

Nella pagina culturale, un ricordo dell’incisore Arnoldo Ciarrocchi, morto nella notte tra venerdì e sabato. Per L’Osservatore Libri, la nuova edizione del volume “Fonti Francescane” a cura di Ernesto Caroli.

 

Nelle pagine italiane, i temi della Finanziaria, delle riforme e il processo per il crac della Parmalat. Iraq: il governo chiamato a riferire in Parlamento sulla barbara uccisone dell’imprenditore Wali.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 ottobre 2004

 

AD OLTRE UN MESE DALLA STRAGE DI BESLAN, L’OSSEZIA DEL NORD

CERCA DI VOLTARE PAGINA, MA IL DOLORE E’ ANCORA FORTE. LE AUTORITA’

TEMONO UN’ONDATA DI VIOLENZA AL TERMINE DEL PERIODO DI LUTTO

- Intervista con Fabrizio Dragosei e Maria Giulia Torrioli -

 

E’ passato oltre un mese dai tragici fatti di Beslan, costati la vita a 331 persone, di cui 172 bambini al di sotto degli 11 anni, ma l’orrore di quei giorni è ancora impresso negli occhi, nella mente e nel cuore di tutti. Lo scorso 3 settembre, poco prima delle 11:30 ora italiana, scatta – sembra dopo esplosioni accidentali – il blitz delle forze speciali russe per liberare le centinaia di persone, soprattutto bambini, tenute in ostaggio da tre giorni da un commando di terroristi ceceni in una scuola dell’Ossezia del Nord. La repubblica autonoma oggi cerca lentamente e faticosamente di tornare alla normalità, ma la sequela degli orrori è difficile da cancellare. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Beslan è sempre sotto shock e il ritorno alla normalità è ancora lontano. Molti bambini con le loro famiglie sono stati portati via a spese dello Stato. Quasi tutti sono sul mar Nero in sanatori specializzati per il recupero psicologico.  227 feriti, di cui 150 minorenni, rimangono negli ospedali, soprattutto a Mosca. Quattro giorni fa si sono celebrati gli ultimi funerali, dopo che i resti di 12 persone sono stati identificati. 50 ex ostaggi restano dispersi. Il numero di quanti fossero intrappolati nella scuola resta un mistero. Secondo la commissione Beslan erano in 1388, per il ministero degli Interni 1189, per un sito internet 1221, per altri 1347. I morti ufficiali variano da fonte a fonte tra 331 e 338. L’estremista Shamil Basaev si è assunto la responsabilità dell’azione ed il presidente separatista Aslan Maskhadov ha promesso di processarlo. La commissione d’inchiesta della Duma è già stata a Beslan. Uno dei mediatori, l’ex presidente inguscio Aushev, ha dichiarato che il blitz delle forze speciali non era pianificato. I parenti degli ostaggi, non si sa come all’interno del cordone di sicurezza, avrebbero dato il via all’assalto. I federali hanno lanciato una campagna militare in Cecenia per snidare i separatisti e gli estremisti. Mosca è riuscita finora nell’arduo compito di evitare uno scontro armato fra caucasici.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Domenica oltre cinquemila persone hanno presenziato a Beslan alla commemorazione delle vittime innocenti di un odio cieco e senza senso. Secondo gli psicoterapeuti venuti da Mosca, i sopravvissuti al sequestro sono come “reduci della guerra del Vietnam”: provano paura, depressione, insonnia, aggressività. Ma cosa resta, dunque, nell’Ossezia del Nord, di quei tragici giorni, oggi che i riflettori dei mass media sembrano essersi spenti sul dolore delle famiglie? Barbara Castelli ha girato la domanda a Fabrizio Dragosei, corrispondente a Mosca per il Corriere della Sera:

 

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R. – Purtroppo, in parte è vero. Per chi ha vissuto quei momenti è ancora tutto vivissimo. Molti dei bambini sopravvissuti alla strage sono ancora negli ospedali. Le altre scuole della città hanno riaperto, ma la scuola numero uno rimane in ricordo di quei terribili momenti.

 

D. – In qualche modo, tristemente, sembra che le lacrime stiano lasciando il posto alla rabbia. E’ di ieri la notizia che la madre di uno dei terroristi dovrà abbandonare l’Ossezia. Quanto sono concrete, dunque, le possibilità che si scateni un’ondata di violenza nella regione?

 

R. – I rapporti tra gli osseti e i vicini ingusci sono dei rapporti molto tesi da sempre. Chiaramente questi episodi, che sono legati alla tragedia della Cecenia, riaccendono anche gli odi interetnici tra queste due repubbliche autonome confinanti, che sono state in guerra nel 1992. Qualcuno, anzi parecchi, dicono che finiti i 40 giorni di lutto tradizionali degli osseti, il 13 ottobre prossimo, potrebbe scatenarsi una rappresaglia contro gli ingusci. Io penso che potrebbe anche non andare così … spero che la ragione abbia la meglio.

 

D. – In che modo Beslan ha influenzato la politica di Vladimir Putin? Putin che domani incontrerà i rappresentanti del Kazakhstan, Kyrgyzstan, Tajikistan e Uzbekistan …

 

R. – Putin francamente non ha reagito nel modo in cui tutti ci aspettavamo, nel modo in cui tutti i russi si aspettavano, perché chiaramente la tragedia a Beslan ha dimostrato alcune cose. Una di queste è la scarsa efficienza dei servizi di sicurezza, che non sono riusciti a prevenire l’arrivo dei terroristi. Pensiamo poi a quello che è successo quando c’è stata la prima esplosione all’interno della scuola. La reazione delle forze di sicurezza è stata certamente molto approssimativa, non erano pronti. Putin non se l’è presa con i servizi di sicurezza, con i responsabili delle forze dell’ordine, se non ad un livello locale. Quello che, invece, Putin ha fatto è stato di rafforzare quella che in Russia chiamano “la verticale del potere”, cioè la rispondenza della base agli ordini che vengono dal vertice. E’ una struttura piramidale che lascia poco spazio non solo alla diffidenza, alla discussione e all’opposizione, ma anche al semplice ragionamento sulle cose da fare. A questo punto la Russia si trova a dipendere unicamente da un uomo, che può sempre sbagliare, e questo è, comunque, da qualsiasi parte lo si veda, un errore tecnico, oltre che politico.        

 

D. – Il Papa in questi drammatici giorni di orrore non si stanca mai di parlare di pace e di dialogo, sottolineando che la “via della violenza è una strada senza uscita” …

 

R. – Sì, è vero e questo si applica in maniera particolare alla Cecenia. La Cecenia oggi è una Repubblica formalmente non più in guerra, ma nella quale la violenza si registra tutti i giorni, esercitata da un lato dalle bande di guerriglieri e di terroristi e dall’altra dall’esercito russo. La violenza cecena filo-russa è certamente ciò che favorisce enormemente i terroristi. Permette la creazione di una realtà dalla quale i terroristi poi tirano fuori e arruolano giovani e donne votate al suicidio o al martirio, come dicono loro.

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I primi a pagare le conseguenze dell’egoismo e della violenza degli adulti sono i bambini. I piccoli sopravvissuti di Beslan non vogliono più studiare, avere amici, immaginarsi madri e padri, in alcuni casi non vogliono più parlare. Una bambina di 9 anni, violentata dai terroristi, trascorre tutto il giorno a muovere una mano nell’aria. Come è possibile, dunque, aiutare quei bambini in questo difficilissimo momento? Barbara Castelli ha girato la domanda alla dottoressa Maria Giulia Torrioli, neuropsichiatra infantile al Policlinico Gemelli di Roma.

 

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R. – Quaranta giorni di lutto finiscono, ma non finisce il lutto per i bambini. Bisogna dare loro tempo e aiutarli ad accettare di ricordare quello che è successo e non di dimenticare. Soltanto se un bambino riesce ad elaborare un lutto, così si dice in termini tecnici, e questo significa capire che è successa una cosa catastrofica e spaventosa, che però non rientra nella normalità, può ritornare ad essere sereno. Se si obbliga, invece, a non pensarci più, a far finta che non sia successo niente, l’evento resta nel bambino come un qualcosa di non digerito, che seguiterà ad uscire per tutta la vita.

 

D. – I sopravvissuti di Beslan – dicono gli esperti – vivono la psicosi dei sopravvissuti ai lager nazisti: alcuni bambini non parlano, altri disegnano macchie nere in cielo e rosse in terra, alcuni addirittura giocano ai terroristi e agli ostaggi. Potranno lasciarsi, comunque, tutto alle spalle con il tempo?

 

R. – Tutto alle spalle sì, ma come un loro bagaglio e non come un qualcosa che va dimenticato. Possono venire fuori persone normali? Sì, questo sì. Vanno però aiutati, forse il fatto proprio di poterci giocare è estremamente utile: il fatto che loro possano rivivere in una situazione diversa da quella che hanno provato.

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“NOI VI APPREZZIAMO”: MESSAGGIO DELL’UNESCO

IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEGLI INSEGNANTI

- Intervista con il prof. Giovanni Pugliesi -

 

“Noi vi apprezziamo”: questo, il semplice, ma efficace messaggio delle direzioni di UNESCO, UNICEF, ILO e UNDP nel discorso congiunto in occasione della Giornata mondiale degli insegnanti, in corso oggi, 5 ottobre. L’iniziativa, sul tema “Insegnanti di qualità per un’educazione di qualità”, vuole valorizzare la professione docente in tutto il mondo, sul piano sociale, culturale ed economico. Nell’intervista di Roberta Moretti, il prof. Giovanni Puglisi, presidente della Commissione nazionale italiana per l’UNESCO e rettore della IULM di Milano:

 

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R. – Essere insegnante in Italia, negli Stati Uniti, oppure nel Bangladesh o nel Burkina Faso, non è la stessa cosa. Esiste una profonda differenza che è determinata dalle condizioni di formazione, dalle condizioni di vita. Le principali difficoltà della professione nascono oggi da una grande confusione che c’è all’interno dei sistemi giuridici e normativi di tutti i Paesi, in particolare quelli occidentali, dove la professione degli insegnanti non è codificata in modo uniforme. E’ una professione che oggi viene poco considerata, perché sono di moda le professioni ricche di soddisfazioni dal punto di vista dell’impatto sociale e della remunerazione. E, ahimé, la professione dell’insegnante non rientra non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma purtroppo non rientra neanche nei Paesi a capitalismo avanzato. Mi auguro che questa iniziativa, che oggi muove dall’Unesco, serva ancora una volta a dare uno scossone a governanti, ai parlamenti, ai sindacati, alla società civile, perché la centralità dell’educazione è l’anima di un Paese e di un mondo libero e democratico.

 

D. – Come si possono fronteggiare concretamente questi problemi?

 

R. – La cultura della cooperazione multilaterale è fondamentale da questo punto di vista. In tema di education, cioè della cooperazione allo sviluppo nel campo dell’educazione, l’Italia da anni sostiene fortemente la Palestina e i Paesi del Medio Oriente di area araba. Credo che questo sia un grande contributo che il nostro Paese sta dando alla pace in Medio Oriente, cioè quello di creare condizioni di coscienza culturale che determini l’acquisizione di una sensibilità pacifista.

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“IO SONO NESSUNO”: LA STRAORDINARIA PARABOLA DI ANNALENA TONELLI,

LA MISSIONARIA LAICA UCCISA IN SOMALIA IL 5 OTTOBRE 2003,

RIVIVE NEL LIBRO OMONIMO PRESENTATO OGGI A ROMA

- Intervista con Miela Fagiolo D’Attilia -

 

Un anno fa, un colpo di pistola sparato a bruciapelo da uno sconosciuto all’interno dell’ospedale che lei stessa aveva creato a Borama, in Somalia, poneva fine in modo tragico alla vita di Annalena Tonelli, una laica missionaria divenuta per decenni madre, medico e speranza di migliaia di malati di tubercolosi. Personalità ricca di dinamismo e di grande generosità, sin dagli anni giovanili – era nata a Forlì nel 1943 – la Tonelli fece la scelta di dedicarsi ai poveri, volando per la prima volta in Africa nel 1969, a 26 anni. Di lì, prende il via una storia eccezionale di carità vissuta, di dialogo con i musulmani e di grande indipendenza, che la renderanno un simbolo per la nazione adottiva ma anche un bersaglio per chi mal sopportava la sua schietta determinazione. Oggi a Roma, alla presenza del cardinale Ersilio Tonini, i giornalisti Miela Fagiolo D’Attilia e Roberto Italo Zanini hanno presentato un libro dedicato alla Tonelli. Un libro agile intitolato con la definizione che Annalena aveva riservato per sé: “Io sono nessuno”. Alessandro De Carolis ne ha parlato con Miela Fagiolo D’Attilia:

 

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R. – Annalena Tonelli era veramente una donna fuori dal comune. Dovunque lei arrivava, lungo tutto l’arco della sua vita, fino alla morte violenta, Annalena ha sempre cambiato tutto quello che c’era intorno a lei: portava movimento, portava iniziative di solidarietà. Si impegnò, ad esempio, per una raccolta di fondi per bambini abbandonati, già al Casermone di Forlì negli anni Sessanta. Era una giovane attivissima nella Fuci. Detto questo, da sottolineare è anche la sua capacità di stare ferma, in ginocchio davanti all’Ostia consacrata. Una pratica di adorazione giornaliera, quotidiana, di ore. Ci sono quindi due immagini della Tonelli: una donna che sapeva stare ferma solo davanti a Dio, ma che tra i fratelli era veramente una fucina di idee e di iniziative, con una allegria ed una attenzione davvero materna a chi era vicino a lei. Come una madre ha saputo curare i suoi malati di TBC, seguire le famiglie, come pure dare da mangiare a tremila persone al giorno nella Mogadiscio della caduta di Siad Barre. Annalena era veramente una donna fuori dal comune. Sapeva esprimere questa carica interiore, questa carica spirituale nel servizio ai fratelli.

 

D. - Annalena Tonelli, da giovane crebbe e si formò sugli insegnamenti di Ghandi, de Foucault, si infiammò per l’azione di Raoul Follerau. Che cosa, secondo te, lei ha trasferito di questi maestri nella sua esperienza di vita?

 

R. – Moltissime cose. Intanto, ad esempio, di de Foucault il senso del deserto come luogo spirituale di preghiera, di silenzio, di contemplazione di Dio. Di Ghandi, il senso della non violenza e sicuramente del dialogo, che lei coltivò intensamente con i musulmani. Ma penso anche a Carlo Carretto, a questa spiritualità vissuta senza segni esteriori, senza manifestazioni particolari. Un anziano musulmano che lei aveva guarito dalla TBC, grazie alla cura particolare da lei inventata e poi adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità - le aveva detto: “Noi musulmani abbiamo la fede, ma voi cristiani avete l’amore”. Ecco, questa per me è la sintesi della volontà di dialogo che animò Annalena durante tutta la sua vita.

 

D. – Annalena Tonelli per trent’anni è stata un angelo e una madre per quei “brandelli di umanità ferita”, come li chiamava lei stessa: i suoi malati di tubercolosi. Oggi che ricordo hanno di lei, lì a Borama?

 

R. – Lei è rimasta la “Hooyedeen”, che in somalo vuol dire la “grande madre”. I bambini la chiamavano nonna. Ed è stata una figura di grandissimo rilievo a livello di governo, a livello della rappresentanza della Somalia, che è uno Stato non riconosciuto a livello internazionale. Ma al di là di questo, c’è il grande amore che lei ha lasciato fra le persone che ha curato, i figli adottivi che ha portato avanti per anni. Tant’è che, ad un anno dalla morte, il suo ospedale continua ad andare avanti: nulla è stato toccato, nella sua stanza neanche un foglio è stato spostato. Il rispetto che questa donna si è guadagnato con il suo servizio, con l’umiltà della sua presenza, naturalmente ha lasciato una grossa traccia. C’è anche chi non amava Annalena, però, e questo va detto. Annalena, infatti, non aveva due parole, non sottostava ai ricatti, non si faceva intimidire. Era una persona che dialogava alla pari con tutti e sicuramente non tutti l’hanno amata nella stessa maniera, tanto è vero che Annalena è stata uccisa, purtroppo.

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UN’ILLUSIONE, UN MELODRAMMA, UN GIOCO: SONO QUESTI I CONFINI ENTRO I QUALI GIUSEPPE PICCIONI NARRA IL DESIDERIO D’AMORE E DI VITA DI DUE ATTORI INQUIETI NEL SUO NUOVO FILM, “LA VITA CHE VORREI”

- Il servizio di Luca Pellegrini -

 

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Quanti sono gli insoddisfatti che aspirano ad una vita diversa? E che non sanno esprimersi su quella che vorrebbero? Giuseppe Piccioni, con un espediente cinematografico non nuovo, il cinema nel cinema, ma estremamente rigoroso dal punto di vista narrativo e delle scelte registiche, coglie nel mestiere dell’attore tutte le pulsioni e i fallimenti, le menzogne e le verità che accompagnano la vita e le aspirazioni dell’uomo, al cui centro palpita il desiderio di amore condiviso. Laura e Stefano, bravissimi Sandra Ceccarelli e Luigi Lo Cascio, fanno lo stesso mestiere, l’attore, hanno caratteri e passati diversi: lei naviga a vista con una certa innocenza e paura, lui è pesantemente disilluso e cinico. Ma sono accompagnati dalla stessa inquietudine: “Un attore se non ha una parte non è nessuno”. Ossia: senza una scena, gli attori sono privi della loro vita. La cercano in quella reale, la fingono in quella del set, mentre i due protagonisti girano un dramma d’appendice ottocentesco. E s’innamorano, cercandosi e respingendosi. Interessante: il piano della realtà si confonde. Quando i due sono dentro il cinema, non hanno sentimenti veri, e viceversa, quando sono dentro i sentimenti, si trovano fuori dal film. E Piccioni li guarda, questi due attori, senza spiarli; li commenta, senza giudicarli; li ama a sua volta, perché sono attori veri e lui fa il regista e anche lui ama il lavoro che fa. Li illumina di penombra, perché, a suo dire, questo film vive di superfici che vogliono soltanto raccontare e non penetrare l’interiorità. Cambiano, Laura e Stefano, mano a mano che si conoscono e mano a mano che il loro film in costume sta per finire e la realtà avanza, esigendo risposte: dovranno capire chi sono, decidere quale vita davvero vogliono vivere, in altre parole, all’altezza dei loro sentimenti e delle loro responsabilità, non sfuggirsi, ma capirsi. Essere un poco migliori, anche se si è attori, come dice la finale battuta di Stefano contemplando il bambino, il loro, che Laura ha da poco dato alla luce. I primi vagiti di un figlio sono il dono più emozionante che un uomo e una donna possano ricevere e li spinge a guardare, conquistare un futuro diverso.

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CHIESA E SOCIETA’

5 ottobre 2004

 

AGLI AMERICANI GROSS, POLITZER E WILCZECK IL NOBEL PER LA FISICA 2004.

LE LORO TEORIE HANNO PERMESSO DI COMPLETARE

IL MODELLO DELLA FISICA DELLE PARTICELLE,

 CHE SPIEGA IN CHE MODO I QUARK INTERAGISCONO TRA LORO

 

STOCCOLMA. = Dopo i due americani insigniti ieri del Premio Nobel per la Medicina, oggi è stata la volta di un altro terzetto di statunitensi, David J. Gross, David Politzer, e Frank Wilczeck, che si aggiudicano il Nobel 2004 per la Fisica. I nomi sono stati resi noti dall'Accademia Reale Svedese delle Scienze, che ha spiegato che i tre sono stati insigniti per un’importante scoperta nel mondo della fisica atomica. Una scoperta - ha stabilito la giuria - di “decisiva importanza per la nostra comprensione di come funziona una delle parti fondamentali della natura, la forza che lega insieme le più piccole parti della materia, i quark”. Le ricerche, dunque, che hanno meritato il Nobel riguardano uno dei problemi più importanti della fisica degli ultimi decenni, ossia un passo avanti nella comprensione del modo in cui si comportano le forze fondamentali della natura. E' grazie a queste forze che gli elementi più piccoli della materia, i quark, sono legati gli uni agli altri. La teoria formulata dai tre fisici americani ha permesso di completare il cosiddetto “Modello standard della fisica delle particelle”, ossia il modello che descrive il modo in cui gli oggetti più piccoli esistenti in natura interagiscono fra loro. Lo stesso modello fornisce anche una descrizione unificata di tutte le forze che agiscono sulla materia, sia a distanze piccolissime, come quelle esistenti fra gli atomi, sia alle grandissime distanze presenti nell'universo. Gli scienziati riceveranno il premio di 10 milioni di corone (circa un milione e 100 mila euro) il 10 dicembre, anniversario della morte di Alfred Nobel. (A.D.C.)

 

 

LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI DELLO ZIMBABWE AI LORO CONNAZIONALI,

PER L’AVVIO DI UN PROCESSO ELETTORALE CREDIBILE E CORRETTO,

IN VISTA DELLE LEGISLATIVE DEL 2005

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

HARARE. = Le tentazioni patite da Cristo nel deserto come paradigma delle tentazioni alle quali potrebbe cedere un candidato politico. Con una originale applicazione del celebre passo del Vangelo alle contingenze sociopolitiche dello Zimbabwe, i vescovi dello Stato africano hanno indirizzato ai cristiani, ai cittadini in generale e alle autorità civili una lunga lettera incentrata sulla preparazione alle prossime elezioni parlamentari fissate nel 2005. Nel loro documento, ribadendo a chiare note che la Chiesa in quanto istituzione “non è partigiana”, i presuli si soffermano minuziosamente sui rapporti che legano la Chiesa alla società e sul significato della democrazia in quanto sistema di governo che consente ai cittadini di operare scelte politiche. Si parla di uno Stato garantito dalle leggi e “da un corretto concetto della persona umana”, secondo le parole di Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa. Per i vescovi dello Zimbabwe, allestire “un credibile processo elettorale per una leadership fidata e responsabile” – come recita il titolo della lettera pastorale – presuppone anzitutto che tale processo si fondi sul requisito della “integrità morale”, senza la quale – affermano - si apre la strada alle controversie e, in ultima analisi, alla violenza, come già accaduto nel 2000. Ecco, dunque, l’iniziale richiamo ad una visione “alta” del ruolo di candidato elettorale e di futuro amministratore della cosa pubblica nel confronto con la pagina evangelica delle tentazioni. Come Cristo nel deserto - scrivono i presuli - un candidato potrebbe cedere alla tentazione della politica “dello stomaco”, che promette “miracolosamente cibo gratis”. Oppure potrebbe essere tentato dal “rifiuto della responsabilità”, con un atteggiamento all’insegna del “non me ne curo”. O ancora di adottare mezzi diabolici pur di ottenere un buon fine. Di fronte a ciò, i vescovi concludono con un ammonimento: nessun individuo, politico o partito può reclamare la facoltà di provvedere da solo alla nostra nazione. E’ Dio che può far questo. E noi siamo chiamati a partecipare al progetto di Dio come costruttori”.

 

 

SIMPOSIO ISLAMO-CRISTIANO A ISTANBUL, IL PROSSIMO 7 OTTOBRE.

L’INCONTRO, PROMOSSO DALLA LOCALE FRATERNITA’ DEI CAPPUCCINI,

SARA’ DEDICATO AL RAPPORTO TRA DIO, L’UOMO E IL CREATO

NELLA CONCEZIONE DELLE DUE RELIGIONI

- A cura di Padre Egidio Picucci -

 

ISTANBUL. = Nel clima di dialogo che si è instaurato da tempo in Turchia tra cattolici e musulmani, grazie anche agli incontri culturali che vi si tengono da alcuni anni, avrà inizio il 7 ottobre un nuovo Simposio per una maggiore conoscenza delle due religioni. Su iniziativa della Fraternità dei Cappuccini di Yeşilköi, nei pressi di Istanbul, professori dell’università locale e studiosi cattolici parleranno del “Rapporto tra Dio, l’uomo e il creato nella concezione islamo-cristiana”. Al Simposio, giunto alla seconda edizione, parteciperanno anche gli studenti dell’università del Bosforo, i religiosi presenti a Istanbul, giornalisti e intellettuali interessati ai  molti temi che uniscono cattolici e musulmani. Il Simposio si rivela quanto mai attuale, non solo perché si parlerà di temi attuali e scottanti, come il conflitto tra i popoli, la salvaguardia del creato, la libertà religiosa, ma anche perché il discorso si allargherà all’attesa e imminente decisione sull’ammissione della Turchia alla comunità europea, argomento che divide l’opinione pubblica del continente. I lavori del Simposio termineranno domenica 10 ottobre.

 

 

I VESCOVI DELLO ZAMBIA CHIEDONO L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE.

LE ULTIME ESECUZIONI RISALGONO AL 1997

 

ZAMBIA. = Stop alle esecuzioni capitali nello Zambia. A chiederlo alle autorità sono stati i vescovi del Paese africano, attraverso un documento presentato ieri alla Commissione per la revisione della Costituzione. Una proposta che, secondo alcuni dati forniti da Amnesty International, assicurerebbe il diritto di esistenza ad almeno 200 persone detenute nei bracci della morte, in attesa della propria esecuzione. Il presidente in carica, Levy Mwanawasha, ha sottolineato in diverse occasioni pubbliche la propria avversione nei confronti della pena capitale assicurando che, per l’intera durata del suo mandato, non avverranno esecuzioni. Come evidenzia l’agenzia Misna, è dal 1997 che nello Stato africano non si registrano esecuzioni. Inoltre, la grazia concessa negli ultimi mesi ad una sessantina di condannati conferma l’orientamento del governo in direzione dell’abolizione. (E.B.)

 

 

E’ ON-LINE IL NUOVO SITO INTERNET PER LE NOTIZIE SULLA CHIESA IN INDIA.

LA PAGINA WEB, WWW.THEINDIANCATHOLIC.COM,

 OFFRE INFORMAZIONI UTILI SULLA STORIA, L’ATTIVITA’

E LA MISSIONE DELLA COMUNITÀ CATTOLICA NEL PAESE

 

NEW DELHI. = Lanciato nel web un nuovo sito che raccoglierà e divulgherà notizie sulla comunità cattolica indiana. La pagina è stata ideata dall’Ufficio per i Mass media e l’informazione della Conferenza episcopale indiana. All’indirizzo www.theindiancatholic.com si possono trovare informazioni utili sulla storia, le attività e la missione dei cattolici di tre riti (latino, siro-malabarese e siro-malankarese) esistenti nel Paese, che conta un miliardo di persone. La navigazione nella pagina web è semplice e chiara. Gli utenti della rete possono accedere con facilità a preziose informazioni per comprendere sempre meglio la natura e la missione della Chiesa in India. Il sito si propone di informare correttamente tutti, fedeli e non cristiani. Non di rado, infatti, la comunità cattolica nel subcontinente è oggetto di attacchi di gruppi fondamentalisti indù, che accusano falsamente la Chiesa di condurre un’opera di proselitismo mascherata da servizio sociale. (B.C.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

5 ottobre 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq proseguono le azioni della guerriglia: un civile è rimasto ucciso a Baghdad quando numerosi proiettili di mortaio sono caduti nei pressi di un ufficio passaporti del ministero dell’Interno. Un soldato statunitense è morto, questa notte, in seguito all’esplosione di una bomba al passaggio del suo convoglio diretto verso la capitale irachena. Episodi di violenza si registrano anche a Mossul. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:

 

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Guerriglieri hanno attaccato con un’autobomba un convoglio americano e tre civili iracheni sono morti nella sparatoria verificatasi subito dopo l’attentato. E sempre a Mossul la polizia irachena ha trovato due cadaveri decapitati. Nei giorni scorsi era stato rinvenuto il corpo senza vita di un’altra persona. Tutte e tre le vittime sarebbero iracheni. In questo susseguirsi di odio e violenze si inseriscono anche le agghiaccianti immagini di un drammatico video che documenta le esecuzioni di due ostaggi: si tratta dell’imprenditore iracheno Ajad Anwar Wali, da molti anni residente in Italia, e di un cittadino turco, Yalmaz Dabja. Il sedicente gruppo armato delle ‘Brigate salafiste di Abu Bakr’ ha rivendicato le due barbare uccisioni. Sempre sul versante ostaggi, il leader radicale sciita, Moqtada al Sadr, ha chiesto la liberazione dei due giornalisti francesi sequestrati lo scorso 20 agosto. Su questa vicenda il premier francese, Jean Pierre Raffarin, ha dichiarato che i negoziati per ottenere il rilascio dei due reporter si sono interrotti nei giorni scorsi. Commentando il complesso scenario iracheno, il ministro della Difesa americano, Donald Rumsfeld, ha affermato che la situazione attuale pur presentando numerose difficoltà, non degenererà in una guerra civile. Il capo del Pentagono ha aggiunto, inoltre, che non c’è mai stata alcuna “prova evidente” dell’esistenza di un legame fra il regime di Saddam Hussein e l’organizzazione terroristica di Al Qaeda. L’ex governatore americano in Iraq, Paul Bremer, ha ammesso che gli Stati Uniti non hanno “mai” disposto di sufficienti forze militari per assicurare un’adeguata cornice di sicurezza nel Paese. La Polonia ha annunciato, infine, il ritiro delle proprie truppe dall’Iraq entro il 2005.

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E sono soprattutto i bambini che subiscono le drammatiche conseguenze del conflitto iracheno. Ieri mattina alcuni minori hanno perso la vita nell’esplo-sione di un’autobomba a Mossul. Questo episodio è avvenuto quattro giorni dopo la strage di Baghdad, nella quale sono rimasti uccisi 35 bambini. Dalla capitale irachena, ascoltiamo il servizio di Barbara Schiavulli:

 

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“Mi piace giocare con le bambole e la cosa di cui ho paura sono le esplosioni delle mine”, dice Darah, 8 anni, una bella bambina dagli occhi chiari. “Non voglio più vedere gente che muore, ma voglio solo studiare. Mi piace andare a scuola, perché ci sono i miei amici”. Pensieri, questi, semplici che raccontano come le piccole esigenze dei bambini in Iraq sono calpestate e spesso ignorate. E’ lo stesso per tutti gli altri, poveri o ricchi, che vivono nello stesso tipo di angoscia: dalla ragazzina che alle cinque della sera si mette davanti alla porta ed ha un attacco di panico se il papà ritarda di dieci minuti a quello che da quando c’è la guerra non può più andare nella sua piscina, non lontano dall’hotel Palestine, bersaglio dei mortai. “Come descriverei l’Iraq? Direi che fa caldo e ci sono tante esplosioni”, dice Osama. “Cos’è la felicità?”. Osama non ha dubbio: “Giocare a calcio, naturalmente”, anche se la mamma resta col fiato sospeso ogni volta che esce di casa.

 

Barbara Schiavulli, da Baghdad, per la Radio Vaticana.

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Restiamo in Medio Oriente, dove una ragazza palestinese di 16 anni, Iman al-Hamas, è stata uccisa questa mattina dai soldati israeliani di guardia all’avamposto israeliano di Girit, al confine tra il territorio egiziano e la Striscia di Gaza.  Secondo fonti militari, la vittima si sarebbe avvicinata al posto di blocco con una borsa che si presumeva contenesse materiale esplosivo. E sempre nella Striscia di Gaza altri due palestinesi sono morti in seguito a due distinte operazioni condotte dall’esercito israeliano a sud del blocco di insediamenti di Gush Katif e nel campo profughi di Jabaliya. Obiettivo delle forze dello Stato ebraico è quello di porre fine agli attacchi con razzi ‘Qassam’ contro città israeliane.

 

In Cecenia ha prestato giuramento il nuovo presidente della Repubblica caucasica, Alu Alkhanov, ex ministro degli Interni. Il neo capo di Stato succede a Akhmad Kadyrov, rimasto ucciso lo scorso 9 maggio in un attentato perpetrato da ribelli indipendentisti. Alla cerimonia, che si è svolta tra rigide misure di sicurezza, hanno presenziato circa 400 persone. Ad Alkanov, eletto con quasi il 74 per cento dei voti nelle elezioni presidenziali del 29 agosto, è giunto un messaggio di congratulazioni del presidente russo, Vladimir  Putin.

 

I negoziati tra l’Ue e la Turchia si apriranno, ma senza nessuna certezza sulla loro  irreversibilità: è quanto emerge dalla bozza di raccomandazione che la Commissione presenterà domani e che viene discussa in una lunga  riunione dei capi di gabinetto oggi pomeriggio e stasera.  Per il momento dunque solo indiscrezioni, di cui ci riferisce Fausta Speranza:

 

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Sembra certo che sia un sì ma un sì fortemente condizionato. Per la prima volta si dice ad un Paese che inizia i negoziati che in qualunque momento potrà essere tutto sospeso in caso di mancato rispetto di clausole fondamentali. A preoccupare l’esecutivo dell’Unione sono  questioni note sulle quali la Turchia ha compiuto passi in avanti ma sulle quali l’Europa non intende fare sconti pur apprezzando gli sforzi fatti.  Sono: tortura;  problema delle minoranze (curdi); altri diritti umani e libertà  fondamentali (tra cui quella  religiosa) e poi il ruolo dell'esercito nella società.  Sembra chiaro che Bruxelles intende seguire molto da vicino l’attuazione concreta di riforme approvate: questo il senso del cosiddetto “partenariato per le riforme” che la Commissione propone. Non c’è solo il piano dei criteri politici ma anche quello della dimensione economica: l’esecutivo suggerisce di non correre nei tempi: i negoziati non si concludano prima dell'approvazione delle nuove prospettive finanziarie che dovranno seguire quelle in corso di definizione per gli anni 2007-2013.

 

In molti, poi, sottolineano il piano culturale: la popolazione della Turchia da sola supera la somma della popolazione dei dieci Paesi ultimi entrati ed è in maggioranza musulmana. Una sfida di “convivenza tra differenze”, come sempre il presidente della Commissione europea, Prodi, spiega di intendere la stessa Unione, ma anche un passo da preparare bene, come da più parti si raccomanda. Nel testo dell’esecutivo si sottolinea  il grande ruolo della Turchia e la necessità di mantenere in ogni caso relazioni speciali con questo Paese. Va detto che, da parte sua, il primo ministro Erdogan, proprio oggi ha affermato, in un’intervista a Repubblica, che la Turchia punta ad un’adesione a tutti gli effetti e non a una “terza via”.

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Stimolare la partecipazione dei serbi alle elezioni politiche, in programma in Kosovo il prossimo 23 ottobre: è questo l’obiettivo dell’incontro previsto oggi a Belgrado tra il commissario europeo alle Relazioni esterne, Chris Patten, l’alto rappresentante per la politica Estera e la Sicurezza comune, Javier Solana, e leader serbi.

 

Negli Stati Uniti prosegue frenetica la campagna elettorale in vista delle presidenziali del prossimo 2 novembre. Oggi nell’Ohio sarà la volta del dibattito fra i due candidati alla vicepresidenza, il repubblicano Dick Cheney e il democratico John Edwards. Uno dei sondaggi americani più seguiti, intanto, quello pubblicato dal Washington Post e dalla Abc, sostiene che l’attuale presidente, George Bush, rimane in testa nei sondaggi rispetto al suo avversario Kerry, considerato il vincitore del dibattito televisivo di giovedì scorso.

 

Il petrolio ha toccato nuovi record sia a Londra che a New York. Sulla piazza americana è salito a 50,48 dollari, un centesimo in più rispetto al massimo raggiunto lo scorso 28 settembre. A Londra, il Brent è arrivato a 46,87 dollari al barile.

 

 

 

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