RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
278 - Testo della trasmissione di lunedì 4 ottobre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Si celebra oggi la Giornata
mondiale dell’Habitat. Intervista con Cesare Ottolini
CHIESA E SOCIETA’:
Via libera in Qatar per costruzione di 5 luoghi di
culto cristiani
La Corea del Sud moltiplica gli sforzi nell’evangelizzazione
Iniziato in Tanzania un programma di distribuzione
medicinali anti-aids
Lo spostamento di massa
previsto dal governo etiope non argina la povertà.
Nuove autobombe in Iraq: numerosi i morti e tra le vittime ci sono anche bambini. Proseguono i raid americani su Falluja.
4 ottobre 2004
L’ATTUALITA’
DEL MESSAGGIO E DELLA SPIRITUALITA’ DEI CINQUE NUOVI BEATI DI IERI,
RICORDATA
DAL PAPA NELL’UDIENZA AI PELLEGRINI IN AULA PAOLO VI
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
Servizio
ai poveri, contemplazione, costanza nella prova, influenza positiva ed efficace
sull’ambiente sociale in cui vissero. Il giorno dopo la Messa solenne in Piazza
San Pietro, Giovanni Paolo II è tornato a riflettere “sull’attualità del messaggio
e della spiritualità” dei cinque nuovi Beati elevati ieri agli onori degli
altari, nell’udienza di questa mattina in Aula Paolo VI alle migliaia di
pellegrini che hanno partecipato alla cerimonia. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
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(canto – applausi)
Tra gli
applausi e i canti dei pellegrini, Giovanni Paolo II ha iniziato ricordando i
Beati Pierre Vigne e Joseph-Marie Cassant, un fondatore di una congregazione
religiosa e un monaco cistercense, che contemplarono entrambi a lungo il
mistero dell’Eucaristia “nel silenzio della preghiera”, traendo da quel cibo
spirituale il desiderio di servire Cristo e la grazia della conversione, ha
detto il Papa ai pellegrini di lingua francese. “Che il loro esempio e la loro
intercessione – ha auspicato – aiutino le comunità cristiane di oggi a mettere
l’Eucaristia, fonte e vertice della vita della Chiesa, al centro della loro
esistenza” e a suscitare lo slancio missionario di cui il mondo ha bisogno per
comprendere il Vangelo.
Dalla
dimensione della preghiera contemplativa, a quella dell’azione: in essa eccelse
Madre Ludovica De Angelis, italiana ma per 50 anni votata al riscatto sociale
dei disagiati dell’Argentina, soprattutto dei bambini ammalati. “Fare del bene
a tutti, non importa a chi” fu il suo motto, ha ricordato in spagnolo il Pontefice:
una scelta che la rese una grande “testimone della carità”.
Dalle
visioni mistiche della Beata tedesca Anna Katharina Emmerick- che visse “in
profonda unione con il Redentore sofferente” - arriva ai credenti di oggi
l’invito ad aprire il cuore “alle necessità interiori ed esteriori” del
prossimo. “L’esempio della Beata rafforzi in voi tutti la virtù della pazienza
e lo spirito di sacrificio”, ha esortato Giovanni Paolo II in lingua tedesca,
nella quale ha proseguito rammentando lo spessore di fede che determinò la vita
di Carlo d’Austria. Fede, ha affermato il Papa, che gli fu di guida “nella sua responsabilità di governante e
di padre di famiglia”. Sul suo esempio, ha concluso, “la fiducia nella guida di
Dio caratterizzi anche la vostra vita. I nuovi beati vi accompagnino nel vostro
pellegrinaggio verso la patria celeste”.
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ALTRE UDIENZE
Nel corso dell
mattina il Papa ha ricevuto anche, in successive udienze, mons. Howard James
Hubbard, vescovo di Albany, e mons. Robert Joseph Cunningham,vescovo di
Ogdensburg, della Conferenza episcopale statunitense, in visita "ad Limina",
e l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del
Sinodo dei Vescovi.
DA OGGI
IN VATICANO LA SESSIONE PLENARIA
DELLA
COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE: TRA I TEMI IN DISCUSSIONE
LA VOLONTA’ SALVIFICA DI DIO IN RELAZIONE AL
BATTESIMO DEI BAMBINI
-
Intervista con padre Luis Ladaria -
Inizia oggi
in Vaticano la sessione plenaria
della Commissione Teologica Internazionale. Ne parliamo con il segretario
generale, da poco eletto, il padre gesuita Luis Ladaria. L’intervista è di
Giovanni Peduto:
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R. – La Commissione Teologica
Internazionale è sorta nel 1969, cioè alcuni anni dopo la fine del Concilio
Vaticano II, per sentire a Roma le voci della teologia delle diverse parti del
mondo, in modo che ci fosse una collaborazione tra la Santa Sede e i teologi di
tutto il mondo. La Commissione inizia dunque il suo settimo quinquennio. In
ogni quinquennio si studiano alcuni temi attuali della teologia, e qualche
volta i lavori danno come risultato un documento.
D. – Ricordiamo che nello scorso
quinquennio, tra gli altri argomenti, sono stati approfonditi quelli del
diaconato e della creazione. A tal proposito è di prossima pubblicazione un
apposito documento dal titolo Imago Dei, “A immagine di Dio”. Ma quali
temi tratterete in questa sessione?
R. – Uno di questi temi è la volontà
salvifica, universale di Dio, in relazione anche al battesimo dei bambini. C’è
poi un altro tema, molto importante e molto difficile: quello della legge
morale, della legge naturale.
Naturalmente sono temi molto importanti, perché ci sono tante questioni
che non dipendono soltanto da una fede religiosa, ma anche da verità alle quali
l’uomo può arrivare con la sua ragione. Il Papa nella sua enciclica Fides et
ratio come già prima nella Veritatis Splendor aveva affrontato questi
problemi. Si tratta questioni fondamentali: per esempio le legislazioni nei diversi Paesi dipendono dalle idee che
abbiamo su queste tematiche.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
L’apertura della prima pagina è
dedicata alla Concelebrazione Eucaristica in Piazza San Pietro presieduta da
Giovanni Paolo II per la proclamazione dei cinque nuovi beati Pierre Vigne,
Joseph-Marie Cassant, Anna Katharina Emmerick, Maria Ludovica De Angelis e
Carlo d’Austria.
Nelle pagine vaticane, le
attese di pace dell’umanità affidate alla Beata Vergine del Rosario di Pompei
nella Supplica guidata dall’arcivescovo Paolo Romeo, Nunzio Apostolico in
Italia. Il vivo ricordo del pellegrinaggio compiuto dal Papa un mese fa a
Loreto insieme con l’Azione Cattolica Italiana.
Nelle pagine estere, Iraq:
autobomba a Mossul causa la morte di sette civili tra i quali due bambini.
Spagna: arrestato in Francia il capo politico dell’Eta. India: i separatisti
del Nagaland e dell’Assam fanno strage tra le popolazioni civili. Medio
Oriente: dieci morti in nuove incursioni nella Striscia di Gaza.
Nella pagina culturale, una
nuova edizione del “Nuovo saggio sull’origine delle idee” di Antonio Rosmini.
Nelle pagine italiane, i temi
della Finanziaria, delle riforme e dell’immigrazione. Una pagina speciale
dedicata ai sessant’anni dall’eccidio di Marzabotto.
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4
ottobre 2004
SI
CELEBRA OGGI LA FESTA DI SAN FRANCESCO, PATRONO D’ITALIA.
MIGLIAIA
DI PELLEGRINI HANNO PARTECIPATO OGGI AD ASSISI
ALLE CELEBRAZIONI LITURGICHE IN ONORE DEL
SANTO
-
Intervista con padre Francesco Bravi -
In occasione dell’odierna festa
di San Francesco, patrono d’Italia, si è svolta stamani ad Assisi una
suggestiva cerimonia nella Basilica dedicata al Santo. L’olio che alimenterà la
lampada votiva dei comuni d’Italia è stato offerto dall’Abruzzo. Su questa
solenne tradizione ci riferisce Amedeo Lomonaco:
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Papa Pio XII proclamò il 18
giugno 1939 Francesco di Assisi e Caterina di Siena patroni d’Italia. Subito
dopo i frati minori conventuali, custodi della tomba di Francesco, chiesero a
tutte le regioni d’Italia di convergere a turno ad Assisi per offrire l’olio
della lampada votiva collocata sulla tomba del Santo. La regione che quest’anno
ha offerto l’olio è l’Abruzzo. Alla cerimonia tenutasi stamani, nella cittadina
umbra, hanno partecipato molti fedeli abruzzesi accompagnati dalle autorità
civili e dai loro vescovi. La Messa è stata presieduta dall’arcivescovo di Lanciano-Ortona,
mons. Carlo Ghidelli, presidente della Conferenza episcopale dell’Abruzzo e del
Molise. Nell’omelia sono state illustrate tre icone, la Croce, il saio e le
stigmate, saldamente legate alla figura di San Francesco. Ascoltiamo mons.
Ghidelli:
“Francesco d’Assisi ci
invita in primo luogo a considerare la Croce come vanto, come giogo e come
norma. Francesco d’Assisi ci presenta inoltre il saio come suo segno distintivo,
un segno caro non solo a chi ha scelto di professare i voti religiosi secondo
la regola francescana, ma a tutti noi. Francesco ci mostra infine le sue
stigmate, come dono con il quale Dio lo ha voluto assimilare il più possibile
al Figlio suo, Gesù”.
Tra le
varie autorità presenti, anche il vicepremier del governo italiano, Gianfranco
Fini, ha partecipato ad Assisi alle celebrazioni della festa di San Francesco.
Il politico ha auspicato che il 4 ottobre possa tornare ad essere quanto prima
festa nazionale dedicata alla promozione di quei valori evangelici che da
sempre sono connessi al Santo di Assisi. “Poche figure – ha detto Fini - hanno
avuto una influenza così grande come quella di San Francesco”. “Francesco - ha
aggiunto - è stato definito il Santo degli italiani e il più italiano dei Santi
e rappresenta l’Italia nel mondo”.
Successivamente, il custode del
sacro convento di Assisi, padre Vincenzo Coli, e l’imam di Perugia, Abdel Qader, hanno recitato insieme,
per la prima volta nel giorno di San Francesco, la preghiera del Padre Nostro.
…E non ci indurre in tentazione ma
liberaci dal male. Amen (... applausi)
Francesco incontrò nel corso della sua
vita, in diverse occasioni, rappresentanti di altre religioni. Quali
insegnamenti possiamo trarre oggi da Francesco per promuovere il dialogo con
altre fedi ed in particolare con l’Islam? Marina Tomarro lo ha chiesto a padre
Francesco Bravi, consigliere generale dell’ordine dei frati minori:
R. – Francesco viaggiò molto e incontrò spesso il mondo musulmano e
gli eretici del suo tempo. E l’atteggiamento che le fonti ci hanno tramandato
rispetto, ad esempio, al suo viaggio in Terra Santa, è di grande rispetto e
chiarezza. Credo che l’insegnamento di Francesco e anche il rispetto che anche
oggi diverse persone, anche dell’Islam, hanno per Francesco, sia dovuto alla disponibilità
al dialogo: un dialogo fatto nella chiarezza della propria identità. Francesco,
anche davanti al sultano, dice chiaramente chi è. Credo che questa sia la
caratteristica di cui abbiamo più bisogno per favorire un dialogo nella carità
e nella verità.
D. - Spesso si parla di Francesco come del poverello di Assisi. Come
può essere interpretata la povertà di Francesco?
R. – La povertà di Francesco credo che vada compresa innanzitutto alla
luce della fede, come scelta di un ‘Assoluto’ che rende relativo tutto il
resto; e credo che questa sia la grande novità che Francesco ripresenta a noi,
alla Chiesa del suo tempo, al mondo del suo tempo e a noi. Poi, certamente, c’è
anche una valenza più sociale della povertà che diventa condivisione e
solidarietà. Questo, credo, è per tutti noi credenti una grande sfida.
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NUOVA
TRAGEDIA DEL MARE AL LARGO DELLA TUNISIA: AFFONDA UNA BARCA PIENA DI
CLANDESTINI DIRETTI VERSO L’ITALIA: ALMENO 17 I MORTI. DECINE I DISPERSI.
-
Intervista con Gerrano Garatto e Stefano Savi -
Immigrazione
clandestina: continuano le ricerche dei sopravvissuti alla sciagura
verificatasi al largo delle coste della Tunisia, dove almeno 17 persone sono
annegate, nella notte fra sabato e domenica, nel naufragio di un’imbarcazione
con a bordo 75 extracomunitari. Intanto, in Italia molte organizzazioni
umanitarie criticano il rimpatrio forzato nei confronti di centinaia di clandestini
giunti sulle coste siciliane dell’isola di Lampedusa. Il servizio è di Massimiliano
Menichetti:
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Ancora
una volta il mare ha ucciso. 17 persone partite dalla Tunisia ed altre 58 su
una carretta del mare diretta in Italia, meta della speranza, non ce l’hanno
fatta il loro natante per sovraccarico si è spezzato in due davanti alle coste
di Tripoli. Tratte in salvo in 11, ma altre 47 sono tuttora disperse. Gerrano
Garatto responsabile immigrazione della Caritas:
R. –
Per evitare queste tragedie bisogna allargare la possibilità di entrare legalmente.
Sin tanto che alziamo steccati così alti per attraversarli i costi di vite umane
saranno altissimi.
Un altro
dramma nato per cercare di costruirsi una vita, arrivare in Italia, Paese che
da due giorni, invece, sta rimpatriando in maniera forzata centinaia di extra
comunitari approdati sulle coste dell’isola di Lampedusa. Oltre 1.200 gli
immigrati ospitati fino a ieri in un centro che può contenerne 190. Quindi la
decisione del governo di usare gli aerei dell’aeronautica militare per
trasferire immediatamente in Libia i clandestini. Molte le critiche delle
organizzazioni umanitarie che denunciano gravi violazioni dei diritti umani.
Stefano Savi, direttore generale di Medici Senza Frontiere Italia:
R. - “Noi pensiamo che sia fondamentale, prima di
rimpatriare queste persone, che ci sia un processo di identificazione fatto in
modo appropriato, in modo che le persone che hanno il diritto di chiedere asilo
possano esercitare questo diritto. Siccome sono arrivate in Italia, hanno il
diritto di fare questa richiesta sul suolo italiano”.
D.- Secondo le indagini gli uomini sarebbero
partiti dalla Libia, per questo sono stati rimpatriati a Tripoli, anche se la
loro nazionalità è diversa.
R. – I cittadini libici che arrivano sul suolo
italiano possono essere rimpatriati in Libia perché c’è un accordo bilaterale
tra Italia e Libia. Il problema è che non si possono rimpatriare in Libia delle
persone che provengono da un Paese terzo.
D. – A questo punto, che cosa
farete a tutela di queste persone?
R. – Dialogare con il governo italiano per capire i termini di questa
strategia, di questa politica perché sicuramente noi vogliamo che i diritti di
queste persone vengano garantiti e non ne abbiamo questa certezza.
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CONCLUSA
A LEEDS L’ASSEMBLEA PLENARIA
DEL
CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE
- Con noi
mons. Amedée Grab -
Si è
conclusa ieri con un comunicato finale la 34.ma Assemblea Plenaria del
Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. I vescovi di tutta Europa si
sono riuniti per quattro giorni a Leeds, nel nord dell’Inghilterra, per parlare
delle sfide e delle speranze delle loro Chiese, in questo momento di grandi
cambiamenti per il continente europeo. Il servizio di Philippa Hitchen.
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34 Paesi
diversi, 34 realtà diverse. Da una parte i Paesi dell’ex area sovietica dove le
Chiese hanno sofferto per tanti anni e adesso sono alle prese con il difficile
processo di reintegrazione con la vita politica e sociale. Dall’altra parte, i
Paesi dell’Europa occidentale dove le Chiese sembrano contare sempre di meno e
dove le statistiche fanno molto preoccupare questi vescovi, chiamati a guidare
le loro comunità in una nuova evangelizzazione, ma in un contesto sempre più secolarizzato.
Ma il messaggio di questa Assemblea appena conclusa è che i vescovi devono
lavorare insieme per capire meglio le preoccupazioni e le aspirazioni della
società contemporanea e rispondere in modo più efficace e più chiaro. Mons. Amadée Grab, presidente del Consiglio delle
Conferenze Episcopali d’Europa:
R. – Quando la divergenza tra quello che dice la Chiesa e quello che
percepisce il mondo diventa quasi insormontabile, occorre chiederci se noi ci
facciamo capire. La situazione in Europa è diversissima e si fanno dappertutto
statistiche. La statistica è una scienza utile, però ha molti limiti. A
qualcuno che mi diceva: “Guardate, 50 anni fa andavano a Messa il 60 per cento.
20 anni fa, il 20 per cento. Oggi, il 10 per cento” dico: “Allora, logicamente
il tuo calcolo finirà allo zero per cento, al niente assoluto. Se dici che i
sacerdoti sono diminuiti così, arriverai tra 20 anni a zero sacerdoti”. Ma
questo è assurdo e non ha niente a che fare con le probabilità, né con la fede.
Il fatto di calcolare sempre quanti fedeli per un sacerdote attivo, o quanti
sacerdoti attivi per quanti fedeli, è una visione importante che a noi pastori
preme, ma che è molto settoriale. Noi non prestiamo servizio ad una clientela e
non siamo un’impresa. Siamo una comunità nella quale tutti sono chiamati, non
solo i sacerdoti e i religiosi, ma quanti uomini e donne sono disposti ad
essere coniugi e genitori veramente pieni dello spirito di Cristo, e quanti cristiani
si sentono chiamati veramente ad essere apostoli nel mondo della cultura, dei
massa media, dell’economia e della politica. Più saremo convinti di questa
chiamata universale e meglio capiremo quello che ci ripete sempre il Papa: “Non
abbiate paura”.
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CAMBOGIA:
IL PARLAMENTO APPROVA
LA
CREAZIONE DI UN TRIBUNALE INTERANZIONALE
PER
GIUDICARE I CRIMINI COMMESSI DAI KHMER ROSSI
NEGLI
ANNI ‘70
-
Intervista con prof. Emilio Asti -
La creazione di un tribunale
sotto l’egida dell’ONU che processerà i leader dei Khmer Rossi accusati di
genocidio e crimini contro l’umanità, commessi in Cambogia durante il regime di
Pol Pot, tra il ’75 e il ’79. E’ la decisione presa oggi dall’Assemblea
nazionale di Phnom Penh, dopo oltre 5 anni di trattative con le Nazioni Unite.
La legge dovrà ora essere approvata anche dal Senato e dal re Nordom Sihanouk.
Durante il regime comunista repressivo di Pol Pot - morto nel ’98 - vennero
uccisi circa due milioni di persone. Ma quale significato assume il
provvedimento delle autorità cambogiane? Risponde il prof. Emilio Asti,
studioso di cultura orientale e docente alla Royal University di Phnom Penh,
intervistato da Giada Aquilino:
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R. - La decisione rappresenta il desiderio di chiudere in modo
definitivo col passato e darsi un’immagine nuova. A mio avviso, può anche
essere vista come un regolamento di conti all’interno della classe dirigente
cambogiana. Ricordiamoci che il genocidio commesso dai Khmer Rossi è una
tragedia le cui conseguenze si avvertono tuttora: una parte della società
conserva terribili ricordi. Il problema è che da una parte c’è il desiderio di
tagliare i ponti con il passato, dall’altra però esiste il timore di urtare
certe fazioni ancora attive: tutti ufficialmente hanno ripudiato la politica di
genocidio dei Khmer Rossi, ma molti rimangono a tutt’oggi legati a
quell’eredità perché avevano collaborato con il regime ed ora occupano posti di
responsabilità.
D. - Gli ex dirigenti dei Khmer Rossi oggi sono molto anziani.
Giudicare e punire queste persone che significato ha?
R. - Avrebbe un significato simbolico soprattutto. Ma dal punto di
vista pratico non avrebbe alcun effetto: di fatti nel Paese sono molti coloro
che, pur avendo perso i loro familiari durante quel periodo, si oppongono a
tale tribunale. Senza dimenticare, poi, che diversi personaggi coinvolti nel
regime di Pol Pot sono fuggiti all’estero e si sono dati poi una “patente di
rispettabilità”. Inoltre molti dubitano, effettivamente, dell’efficacia di
questo provvedimento. Pensano che i colpevoli potrebbero farla franca. Nel
Paese vi sono problemi più urgenti da affrontare, come un alto tasso di
inquinamento, la diffusione incontrollata della criminalità e l’aumento
vertiginoso dei casi di Aids.
D. - La Cambogia è un Paese traumatizzato. Cosa rimane del regime di
Pol Pot oggi?
R. - Una marea di gente che ha perso familiari e la cui mente è
tuttora popolata da incubi terribili. Uno dei comandamenti del regime era
questo: dimenticate, dimenticate la vostra eredità! Inoltre c’è il fatto che
gli intellettuali sono stati in gran parte sterminati e ciò è stato
accompagnato dalla chiusura di università, scuole, istituti di ricerca. Un
Paese completamente paralizzato, una tragedia immane.
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SI CELEBRA
OGGI LA GIORNATA MONDIALE DELL’HABITAT
-
Intervista con Cesare Ottolini -
Rafforzare
la positiva interrelazione tra aree rurali e urbane della terra, per creare le
premesse di uno sviluppo autenticamente sostenibile sia nelle città, che nelle
zone rurali. Questo, l’obiettivo dell’odierna Giornata Mondiale dell’Habitat,
coordinata dal Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani e intitolata
quest’anno: “Le città, motori dello sviluppo rurale”. Ma quali sono i
principali problemi che riguardano l’insediamento umano nel territorio? Roberta
Moretti lo ha chiesto al dott. Cesare Ottolini, coordinatore
dell’organizzazione “Alleanza internazionale degli abitanti”, che raggruppa associazioni e movimenti sociali di abitanti delle diverse regioni
del mondo:
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R. –
Circa il 15 per cento della popolazione mondiale - parliamo di oltre un miliardo
di persone - vive male alloggiata o precariamente. Gli obiettivi del millennio
affermano che entro il 2020 almeno cento milioni di persone male alloggiate
dovranno migliorare le proprie condizioni di vita, grazie ad un diverso
intervento dei governi e delle autorità sopranazionali. Le statistiche dell’ONU
dicono che al contrario entro quella data si arriverà a 700 milioni di persone
in più.
D. – Quali sono i Paesi maggiormente colpiti da precarietà abitativa?
R. – In Italia ci sono 200 mila famiglie con la minaccia di sfratto e
non ci sono proroghe. Per questo andremo alle Nazioni Unite con un dossier per
denunciare la violazione del diritto alla casa di queste persone. Ci sono i
casi del Kenya, a Nairobi, dove 300 mila persone sono minacciate di sfratto.
Abbiamo lanciato una grande campagna, “Nairobi viva”, con l’appoggio dei missionari
comboniani e di molte associazioni. Ci sono i casi della Cina, dove entro il
2008, data delle prossime Olimpiadi 5 milioni di persone verranno frattate, per
far posto a nuovi investimenti e a miglioramenti della città, in particolare di
Pechino. Ci sono molti di questi casi un po’ in tutto il mondo. Non se ne sa
molto. C’è un Comitato delle Nazioni Unite che sta indagando su questo e noi
confidiamo che attraverso la denuncia di queste situazioni si possano trovare
delle soluzioni diverse.
D. – Quali soluzioni proponete come Associazione?
R. – Abbiamo proposto diversi tipi di soluzioni, nel rispetto
dell’art. 11 della Convenzione internazionale sui diritti, appunto il diritto
alla casa e l’obbligo per i governi di intervenire. Nei Paesi poveri noi stiamo
proponendo lo scambio tra annullamento del debito estero e nuove politiche
abitative pubbliche, controllate dalle associazioni degli abitanti. Facciamo il
caso di Nairobi: il Kenya ha 6 miliardi e mezzo di debito estero e noi stiamo
chiedendo ai Paesi ricchi di annullare la parte di debito, affinché il Kenya
possa destinare queste risorse a nuove politiche che consentano di abitare con
dignità.
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DUE SPLENDIDE TIGRI PROTAGONISTE DEL FILM
“DUE FRATELLI”
DEL
REGISTA FRANCESE JEAN-JACQUES ANNAUD
IN QUESTI GIORNI NELLE SALE ITALIANE.
- Il servizio di Luca Pellegrini -
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Il soffio del loro alito
accarezza la pelle. Le fusa ferine circuiscono i sensi. Lo sguardo dolcissimo
oppure gelido e allarmante, proiettato da occhioni blu diventati verdi con
l’età, cattura attenzione, chiede rispetto e amore. Ipnotizza. Si chiamano
Kumal e Sangha, sono due fratelli affettuosi e solidali. Sono due tigri. Che
nell’Indocina degli anni Venti nascono tra le rovine dei sontuosi templi di Angkor
(oggi Cambogia) crescono tra statue antiche e ruscelli, giocano, si nascondono,
lottano, piangono, corrono verso la libertà. Sono le due tigri di Jean-Jacques
Annaud, protagoniste assolute del suo nuovo film, a metà tra avventura e
documentario. La loro vita è metafora di libertà, il nostro seguirla è
riconciliarsi con la natura, desiderare di proteggerla a tutti i costi con un
ecologismo intelligente. Come è riuscito Annaud a girare questa meraviglia?
Chiamando Valmik Thapar, uno dei massimi studiosi di tigri del mondo; mettendo
al lavoro Thierry Le Portier, che del mondo è uno dei massimi addestratori;
assoldando trenta tigri di varie età e misure (tra cui diciotto cuccioli) e
chiedendo alla numerosa, coraggiosa troupe di adattarsi a basilari sistemi di
sicurezza (e non viceversa). Scrivendo una deliziosa e semplicissima
sceneggiatura insieme ad Alain Godard e tuffandosi nella giungla di oggi per
raccontare una storia senza tempo. Kumal è timida, scappa davanti ad uno
zibetto, gioca con tutto, se la spassa, viene catturata da Guy Pearce (che fa
il cacciatore alla fine ravveduto) e finisce in un orrido circo. Sangha è
coraggiosa, fiera, anche premurosa, impavida. Prima diventa il giocattolone
impellicciato dell’amministratore francese della colonia - e ne combina di
tutti i colori, in quella casa, ben protetto dal giovane Raoul - poi si trasforma
nel felino da combattimento di uno stupido e tormentato principe che metterà,
inutilmente, fratello contro fratello. Estenuanti le riprese, affascinanti le
tecniche utilizzate da etologi e tecnici per curiosare tra le abitudini delle
tigri, così come Annaud aveva fatto con gli orsi sedici anni fa su per le
Dolomiti. Anche per loro, come per le tigri, aveva rivelato particolari
sorprendenti e denunciato il pericolo tragico dell’estinzione.
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4
ottobre 2004
ASSEGNATO AD AXEL E BUCK IL NOBEL PER LA MEDICINA.
IL RICONOSCIMENTO ATTRIBUITO PER I LORO STUDI SUL
SISTEMA OLFATTIVO
STOCCOLMA. = Al via a Stoccolma la settimana dei
premi Nobel. Il primo prestigioso riconoscimento internazionale, oggi per la medicina,
è stato assegnato agli americani Richard Axel, della Columbia University di New
York, e Linda Buck del Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle. I
premiati hanno ricevuto il Nobel per la ricerca che nel 1991 li portò a
descrivere la vastissima famiglia dei geni (circa un migliaio) che controllano
i recettori dell’olfatto. Dopo quel lavoro, pubblicato congiuntamente, i due
ricercatori hanno proseguito i loro studi in questo stesso campo,
indipendentemente l’uno dall’altro. I due scienziati sono così riusciti a
chiarire i meccanismi che controllano il modo in cui vengono percepiti gli
odori, dal livello molecolare fino a quello cellulare. L’olfatto è rimasto a
lungo il più enigmatico e complesso dei cinque sensi. Fino a 15 anni fa,
infatti, era un vero mistero riuscire a comprendere i meccanismi che permettono
di riconoscere e immagazzinare ricordi e sensazioni legati ad almeno 10.000
odori diversi. Anche quest’anno, dunque, il riconoscimento per la medicina è
andato a due scienziati americani. Con la sola eccezione dell’edizione 1996,
negli ultimi dieci anni il comitato dei Nobel ha sempre premiato uno studioso
americano o che lavora in America. L’assegnazione dei Nobel prosegue domani con
la Fisica, quindi la Chimica, fino a venerdì 8, quando si conoscerà il nome del
Nobel per la Pace. Il vincitore del premio per l’Economia sarà divulgato lunedì
11 ottobre. (B.C.)
VIA
LIBERA IN QATAR PER LA COSTRUZIONE DI 5 LUOGHI DI CULTO CRISTIANI.
LA
POSA DELLA PRIMA PIETRA GIOVEDI’,
IN
OCCASIONE DELLA BEATA MARIA VERGINE DEL ROSARIO
DOHA.
= Giovedì prossimo, nella ricorrenza della Beata Maria Vergine del Rosario,
avrà luogo a Doha, in Qatar, la cerimonia della posa della prima pietra di
cinque luoghi di culto cristiani, destinati a cattolici, ortodossi, protestanti,
copti e anglicani. Le chiese sorgeranno su un terreno della capitale concesso
dalle autorità del Paese, dove edifici di culto cristiani non si costruivano
dal VII secolo. Alla parrocchia di Santa Maria del Rosario, che gestirà la
futura chiesa, appartengono circa 48 mila fedeli di diversi Paesi, presenti
nell’emirato per motivi di lavoro nel campo turistico o nelle industrie del
petrolio e del gas. La nascita della missione cattolica in Qatar risale al
1956, quando la Santa Messa veniva celebrata in un garage appartenente alla
rappresentanza diplomatica britannica. Oggi l’Eucaristia si celebra in diversi
riti, latino, siro malabarese e siro-malankarese, e in diverse lingue: arabo,
inglese, italiano, urdu, tagalog, tamil. (B.C.)
LA COREA DEL SUD MOLTIPLICA GLI SFORZI
NELL’EVANGELIZZAZIONE.
L’OTTOBRE MISSIONARIO SI CELEBRA CON UNO SGUARDO VERSO
LA COREA DEL NORD E IL PROTAGONISMO DEI LAICI
SEUL.
= “Le attività missionarie sono molto importanti perché sostengono e alimentano
la Chiesa”. E’ quanto sottolinea mons. Joseph Kyeong Kap-ryong, presidente
della Commissione Episcopale per l’Evangelizzazione in Corea del Sud, in un
messaggio diffuso in occasione dell’ottobre missionario. “Ognuno di noi – si
legge nel documento – deve portare il messaggio di salvezza ad altri,
dovunque”. Il vescovo, inoltre riferisce l’agenzia Fides si dice preoccupato
per la diffusione di dottrine come New Age, Danjeon, Zen, e chiede a tutti i
fedeli di “riscoprire i mezzi di salvezza e le tradizioni spirituali ereditate
da migliaia di anni di cristianesimo”. Rispondendo all’appello di
evangelizzazione più volte lanciato dalla Chiesa coreana, di recente oltre 170
sacerdoti dell’arcidiocesi di Seul hanno scelto di svolgere il proprio
ministero a Uijongbu, una diocesi sul confine con la Nord Corea, molto povera.
I sacerdoti si impegneranno in un’area sottosviluppata, con lo sguardo rivolto
alla Corea del Nord, un terreno di evangelizzazione, in cui la comunità
cattolica coreana spera di poter riseminare la Parola di Dio al più presto.
Nella missione evangelizzatrice della Chiesa coreana, grande responsabilità
hanno anche i movimenti laicali. I laici - ha ribadito di recente la Conferenza
Episcopale - sono chiamati a rafforzare la loro spiritualità laicale, per
rispondere a fenomeni come materialismo, edonismo, secolarizzazione e
indifferenza ai valori religiosi. (B.C.)
INIZIATO IN TANZANIA UN PROGRAMMA DI DISTRIBUZIONE
MEDICINALI ANTI-AIDS.
DEL PROGRAMMA, AVVIATO IN 32 STRUTTURE
OSPEDALIERE,
BENEFICERANNO OLTRE 3300 ADULTI E UN MIGLIAIO DI
BAMBINI
DAR ES SALAAM. = Ha preso il via in Tanzania il programma di
distribuzione gratuita di medicinali anti-retrovirali, i farmaci in grado di
prolungare la vita dei malati di Sindrome di immunodeficienza acquisita (Aids).
I primi beneficiari del programma quadriennale, avviato in 32 strutture
ospedaliere del Paese, saranno 3360 adulti e un migliaio di bambini. Una volta
a regime, la distribuzione dovrà coinvolgere almeno 200.000 dei 2,2 milioni di
tanzaniani affetti da Aids, su una popolazione totale di 34 milioni di
abitanti. Il ministero della Sanità - riferisce l’agenzia Misna - sta ancora
mettendo a punto un indice delle ‘fasce’ di popolazione che avranno diritti di
precedenza nel partecipare al programma. Tra le situazioni più urgenti, spiccano
i circa 70.000 bambini infetti da Aids che nascono ogni anno e l’alto numero di
donne incinte sieropositive. Per queste ultime, comunque, è già attivo un
programma di prevenzione della trasmissione madre-figlio del virus. La Tanzania
ha fatto sapere di voler spendere oltre 500 milioni di euro nei prossimi cinque
anni in programmi anti-Aids, fondi stanziati dall’Organizzazio-ne mondiale
della sanità e da altri donor internazionali. (B.C.)
PEGGIORA IN SLOVACCHIA LA SITUAZIONE DEGLI
ZINGARI.
I DATI DI QUESTA CRISI UMANITARIA CONTENUTI NEL
RAPPORTO
DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LA
MIGRAZIONE
BRATISLAVA.
= La situazione degli zingari in Slovacchia sta peggiorando e in alcune zone
sta diventando catastrofica. La denuncia è contenuta in uno studio
dell’Organizzazione internazionale per la migrazione, messo a punto su
richiesta del governo della Repubblica Ceca, che teme un afflusso in massa di
rom slovacchi. “I rom in Slovacchia – si legge nel documento – affrontano una
crisi umanitaria simile a quella dei Paesi del terzo mondo. Alcuni bambini rom
a volte mangiano l’erba al posto del pane. Nei campi degli zingari regna la
prostituzione forzata, la fame e la povertà”. Contemporaneamente allo studio
dell’Organizzazione per la migrazione, sono stati pubblicati in Slovacchia i
risultati di una ricerca sociologica e demografica condotta tra agosto 2003 e
giugno 2004. Secondo i dati dell’ultimo censimento, in Slovacchia vivevano 89
mila rom, oggi i sociologi parlano di 320 mila, dei quali il 60 per cento vive
in una situazione sociale di piena integrazione. Cinquemila sarebbero, invece,
i rom slovacchi che vivono in condizioni vicine alla catastrofe umanitaria.
(B.C.)
IN
ETIOPIA OLTRE SETTE MILIONI DI PERSONE DIPENDONO DA AIUTI INTERNAZIONALI
ADDIS ABEBA. = In Etiopia siccità e carestia
definiscono uno scenario preoccupante: sono oltre 7 milioni le persone che
legano la propria esistenza ad aiuti di organismi internazionali. Di fronte a
tale scenario, il governo di Melles Zenawi ha approntato un piano che prevede,
entro tre o cinque anni, lo spostamento di oltre 2 milioni di persone da
regioni a rischio di siccità verso territori maggiormente fertili. La
soluzione, tuttavia, inquieta la società civile per il futuro del Paese.
L’intellettuale più noto, Alula Pankhrust, afferma: “Non siamo certi che questo
modello porti alle soluzioni prospettate dal primo ministro. La Banca mondiale
ha condotto uno studio in cui dimostra che il resettling non funziona e
accresce la povertà. Ma la stessa istituzione finanziaria sostiene questo
progetto. C’è qualcosa di strano”. Anche monsignor Berhaneyesus Demerew
Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba, richiede politiche agricole favorevoli
ai contadini e, rivolgendosi agli Stati Uniti e all’Europa, aggiunge: “Eppure
non siamo compresi. Possibile che solo con le bombe si possa richiamare
l’attenzione?”. La terra appartiene allo stato ma – prosegue l’arcivescovo –
“se per comprare un quintale di fertilizzante ne servono dieci di mais, c’è
qualcosa che non funziona”. Intanto, molti etiopi abbandonano le zone rurali e
si muovono verso la città alla ricerca di condizioni migliori. In altri casi si
guarda oltre confine verso lo Yemen e l’Arabia, oppure si pensa alla traversata
del Mediterraneo. (E.B.)
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4
ottobre 2004
- A cura di
Fausta Speranza -
● Ancora morti e feriti in Iraq. Colpita questa mattina
soprattutto la capitale. Due ordigni a distanza di mezz’ora sono scoppiati in
zone super protette e due autorità irachene sono state uccise in agguati,
mentre un bambino è rimasto vittima dei colpi a fuoco a Baquba. Il nostro
servizio:
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Autobomba ad un
ingresso della cosiddetta 'zona verde': almeno dieci i morti e 76 i feriti,
iracheni in fila al centro di reclutamento per entrare nella Guardia Nazionale.
La 'zona verde', nel centro di Baghdad, ospita i ministeri e il comando
statunitense. Circa mezz’ora dopo, un’altra area centrale della capitale, con numerosi
alberghi dove risiedono lavoratori stranieri, è stata squassata da un altro
ordigno che sembra abbia provocato la morte di una persona e il ferimento di
altre 12. Di un’altra autobomba si tratta per l’esplosione nella settentrionale
Mossul: sette, in questo caso, i morti
tra cui due bambini. Mentre un bimbo ha perso la vita per un proiettile vagante
a Baquba. Tornando alla capitale, un alto funzionario del ministero delle Scienze e Tecnologie ed una
sua collaboratrice sono stati uccisi a
colpi di arma da fuoco. Mentre un generale della polizia è rimasto vittima di
un agguato a nord-est di Baghdad. Ci sono poi le nove persone rimaste uccise in
due raid aerei, condotti all’alba dall’esercito americano su presunte
postazioni di ribelli a Falluja, ad ovest di Baghdad. E intanto, sul piano
politico, pesano le ultime dichiarazioni
dei due esponenti di spicco dell’Amministrazione Bush: in caso di vittoria
repubblicana alle elezioni del 2 novembre, gli USA aggiusteranno il tiro in
Iraq. Si parla da giorni della possibilità di un rientro prima dell’auspicata
completa pacificazione e quella delle ultime ore sembra la conferma a tutti gli
effetti, visto che viene dal consigliere per la sicurezza nazionale della Casa
Bianca, Condoleeza Rice, e dal segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld. Restano
gli interrogativi sulla condizione data per sufficiente al ritiro: che il
governo di Baghdad abbia acquisito la capacità di garantire la sicurezza
nazionale.
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● Nuovi incidenti si sono verificati a nord di Gaza nella
tarda mattinata. Un militante palestinese di 20 anni è stato ucciso dal fuoco di militari israeliani nel campo
profughi di Jabalya. Altri sei militanti dell'Intifada sono rimasti feriti da
un razzo sparato da un elicottero nella
zona di Beit Lahya. In precedenza si era avuta notizia di altri cinque palestinesi uccisi dal fuoco israeliano a
nord di Gaza.
● Rimpasto di governo in Siria: il presidente Bashar al-Assad ha cambiato otto ministri,
tra cui quelli chiave dell’interno, dell’economia e dell’informazione. Per il
momento sono notizie giunte da fonti del governo. Nuovo ministro dell’interno
sarebbe Ghazi Kanaan, ex capo dell’intelligence in Libano.
● L'operazione che ha portato all'arresto di 21 presunti
membri dell'organizzazione terroristica Eta, tra cui Mikel Albisu “Mikel
Antza”, considerato “numero uno” dell'Eta, durerà ancora “alcuni giorni se non
mesi”. Lo ha detto, all'indomani degli arresti avvenuti in Francia, il ministro
spagnolo dell'Interno, Josè Antonio Alonso. Questa mattina sono riprese le
perquisizioni di tre appartamenti mentre continua l'investigazione
sull'identità dei 19 “etarra” arrestati insieme a Mikel Antza e alla sua
compagna e dirigente dell'organizzazione Soledad Iparragirre “Anboto”. Il
ministro spera che saranno importanti le informazione sull'Eta che si riusciranno
ad ottenere dai computer e i documenti sequestrati.
● Per la prima volta
dall’indipendenza, nel ’91, il governo della Slovenia passa nelle mani del
Centrodestra. La coalizione formata da Partito democratico e Nuova Slovenia ha
ottenuto il 38 per cento dei voti, contro il 36,9 per cento della maggioranza
uscente. 38 a 37 il computo dei seggi. Emiliano Bos:
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Un
punto percentuale di differenza ed un solo seggio in più sono bastati al
Partito democratico sloveno per ribaltare il quadro politico nel primo voto,
dopo l’ingresso nell’Unione Europea del maggio scorso. Per il momento il
verdetto elettorale appare ancora all’insegna dell’incertezza, caratterizzato
anche da un’affluenza abbastanza scarsa, il 60 per cento, in linea con la
crescente disaffezione verso le urne che si registra in tutti i Balcani. Il
primo ministro uscente, Anton Rop, già ieri sera aveva ammesso la sconfitta dei
liberal-democratici dichiarandosi pronto ad una dura opposizione contro chi
prenderà il suo posto. Il probabile successore alla guida dell’Esecutivo è
Janez Janza, 46 anni, che all’epoca dell’indipendenza da Belgrado, nel 1991, fu
ministro della Difesa. Toccherà a lui coagulare attorno a sé il Partito
popolare e quello nazionalista, veri aghi della bilancia per far quadrare i
conti del futuro governo di Lubiana.
Per Radio Vaticana,
Emiliano Bos.
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● In Serbia, sarà una ultranazionalista del Partito radicale
serbo il nuovo sindaco di Novi Sad, seconda città del Paese. A Belgrado ha
prevalso invece, ma sempre per poco, il democratico Bogdanovic, battendo il
numero due del Partito radicale, Vucic. I nostalgici sono in rialzo ovunque: il
Partito socialista (Sps) fondato da Slobodan Milosevic ha conquistato 20
comuni. Al di sotto del 30% la partecipazione a questo secondo turno delle
amministrative che hanno interessato tutto il Paese. I perdenti sono stati i
partiti della coalizione di governo del premier Kostunica, in ribasso ovunque.
Ha ripreso quota invece, dopo un periodo di difficoltà, l'unico grande partito
riformista rimasto fuori dall'esecutivo, il Partito democratico del defunto
premier Zoran Djindjic, che già in giugno si era aggiudicato col suo leader
Boris Tadic le elezioni presidenziali
serbe.
● Restando nei Balcani, un inviato dell'Alto rappresentante
per la politica estera e di sicurezza comune dell'Ue e un inviato del
segretario generale della NATO sono in visita per due giorni in Bosnia.
L’obiettivo è discutere il passaggio dalla Forza di stabilizzazione della Nato
(Sfor) a una missione militare dell'UE (Eufor), prevista per dicembre. I due
inviati hanno incontrato stamani a Sarajevo i tre esponenti della presidenza collegiale bosniaca e l'Alto
rappresentante della comunità internazionale in Bosnia, Paddy Ashdown. Emerso
ancora una volta il problema della mancata cooperazione con il Tribunale
internazionale dell'Aja (Tpi) da parte delle autorità della Republika Srpska,
l’entità a maggioranza serba: finora non è stato arrestato nessuno dei ricercati per crimini di guerra.
Tutto ciò ostacola l'ingresso della Bosnia nel Partenariato per la pace della
NATO.
● La raccomandazione della Commissione UE sull'avvio o meno
dei negoziati di adesione con la Turchia, che sarà resa nota mercoledì, “sarà una
raccomandazione molto chiara e sarà spiegata ampiamente e in dettaglio”. E’
quanto fa sapere un portavoce a proposito del rapporto sullo stato di
avanzamento di Ankara verso l'Europa. Il rapporto sarà approvato mercoledì
mattina dai Commissari e subito dopo il presidente Romano Prodi, lo illustrerà
al Parlamento europeo. Nessuna indiscrezione sulla cosiddetta “clausola di
salvaguardia” che, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbe contenuta nella
raccomandazione. Questa clausola
garantirebbe agli Stati membri la possibilità di bloccare i negoziati, una volta aperti, di fronte a
gravi manchevolezze da parte della
Turchia.
● Circa 1.300 detenuti del carcere di Bam, in Iran, non sono
mai stati catturati dopo essere fuggiti grazie al terremoto che il 26 dicembre
del 2003 distrusse la città provocando oltre 20mila morti. Il responsabile delle forze militari della
provincia ha detto che tra gli evasi vi sono circa 300 rapinatori a mano armata.
Un reato per il quale normalmente in Iran viene inflitta la pena di morte.
● Brasile. Escono bene dal primo
turno delle amministrative, svoltosi ieri, il presidente Lula e il suo PT, il
Partito dei lavoratori. Il voto è stato la prima verifica elettorale a due anni
dall'insediamento della sinistra alla presidenza del Paese. Sentiamo Giada
Aquilino:
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A scrutinio quasi
ultimato, la vittoria è in mano al Partito dei lavoratori di Lula in città
cruciali come Belo Horizonte - dove il sindaco Pimentel è stato votato da due
elettori su tre - e Recife. Bisognerà attendere invece il ballottaggio del 31
ottobre per conoscere il nome del sindaco di San Paolo: nel maggior collegio
elettorale del Brasile infatti passano al secondo turno Marta Suplicy, pupilla
di Lula e ferma al 35%, e Jose' Serra, beniamino dell'ex presidente socialdemocratico
Cardoso e candidato alle presidenziali del 2002, attualmente in testa col 43%
delle preferenze. In crescita comunque il Partito della socialdemocrazia
brasiliana, che assume ora il ruolo di opposizione ufficiale del Paese. A fine
mese si decideranno poi le sorti della città simbolo della sinistra brasiliana,
Porto Alegre, dove il partito del
presidente appare favorito, così come in altre 11 capitali dei 27 stati federati
brasiliani. A Rio de Janeiro, dove il PT non ha propri candidati diretti, sarà
l'esponente della destra del Partito del Fronte Liberale, l'attuale sindaco
Cesar Maia, a riconfermarsi nella carica.
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● Tre ribelli indipendentisti ceceni sono stati uccisi dalle
forze federali russe nella regione di Achkhoi-Martan, vicino Grozny. Lo hanno
riferito fonti del ministero degli interni ceceno, sottolineando che erano
sospettati di aver partecipato nell'agosto scorso a un attacco contro alcuni
poliziotti a Grozny.
● Dopo la Thailandia, dove una bambina di nove anni è morta
la notte scorsa, ora è l'Indonesia a lanciare l'allarme per una possibile
recrudescenza dell'epidemia di influenza dei polli. Il ministero della salute
di Giakarta ha infatti confermato che 350 polli morti sull’isola di Giava
avevano il letale virus H5N1, quello che provoca la malattia. Le autorità
indonesiane hanno aggiunto che finora non sono stati riscontrati casi di
trasmissione del virus ad esseri umani. La scorsa primavera trenta persone sono
morte in Asia a causa di un'epidemia di influenza aviaria. Milioni di volatili
sono stati abbattuti per evitare il diffondersi del virus.
● Il direttore generale dell'Agenzia internazionale per
l'energia atomica (Aiea) Mohammed El Baradei
è a Seul per discutere con il governo sudcoreano i test con il plutonio
e l'uranio arricchito condotti segretamente da scienziati del Paese asiatico
nel 1982 e nel 2000. La visita del capo dell'Aiea era prevista da tempo ma
assume una particolare importanza dopo le ammissioni shock della Corea del sud
di aver condotto esperimenti per l'ottenimento di plutonio nel 1982 e per
l'arricchimento di uranio nel 2000. Seul sostiene che si è trattato di test puramente
scientifici, avvenuti una sola volta in impianti ora smantellati, senza alcun
piano di arrivare alla produzione di ordigni atomici. Ma gli esperti dell'Aiea
hanno già condotto due ispezioni in loco e ne faranno un'altra, prima di
stilare il rapporto definitivo da presentare all'assemblea generale
dell'Agenzia in programma a novembre a Vienna.
● L'Unione Europea ha indetto una consultazione a tutti i
livelli sulla politica futura di lotta al cambiamento climatico, che la
Commissione indica come una delle più grandi sfide lanciate alla nostra
generazione. La prima fase di impegno comune nel quadro del Protocollo di Kyoto
scade nel 2012 ma bisogna essere preparati a affrontare anche le fasi
successive. Secondo la Commissione alcuni studi dimostrerebbero che per
arrestare il processo di alterazione del clima è necessario imporre restrizioni ancora più severe di quelle
immaginate, con una riduzione delle emissioni almeno del 30% entro il 2025 e
almeno del 65% di qui al 2050. E proprio per aprire un confronto su obblighi,
misure e responsabilità condivise, è stata avviata la consultazione aperta fino
al 31 ottobre, tra tutti i soggetti interessati: comunità scientifica, mondo di
impresa, associazionismo, allo scopo tra l'altro di definire una prima base di
partenza per il confronto al Consiglio di primavera del 2005, che ha collocato
tra i temi cruciali la strategia di lotta al cambiamento climatico a livello
planetario e europeo.
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