RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 335 - Testo della trasmissione di martedì 30 novembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Delegazione della Santa Sede ad Istanbul per la Festa di Sant’Andrea: nel saluto il cardinale Kasper ha ricordato la consegna di reliquie tre giorni fa come “un’espressione della crescita di comunione”

 

La fedeltà al Papa e alla Chiesa e l’unità all’eucaristia, missione dei Legionari di Cristo: l’udienza del Papa all’istituto religioso, in occasione del 60.mo di sacerdozio del fondatore, padre Marcial Maciel Degollado

 

Dal 1 al 4 dicembre, a Salvador de Bahía in Brasile, Consiglio esecutivo dell’Organizzazione mondiale del turismo e Forum mondiale del turismo per la pace e lo sviluppo sostenibile: presente ai lavori la Santa Sede.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Parlamento ucraino respinge la risoluzione dell'opposizione che chiedeva al presidente Kuchma di far dimettere il governo del premier filo-russo Yanukovic: ai nostri microfoni, Giulietto Chiesa

 

Domani in Francia il partito socialista è chiamato ad un referendum interno sulla Costituzione Europea. Guardiamo alla Lituania, che ha varato per prima il Trattato. Analisi di Sigita Maslauskhite

 

Un documentario per fotografare il muro che, a lavori finiti, dividerà Israele dalla Palestina: intervista con Claudio Camarca e Alì Rashid

 

Agostino Casaroli, l’uomo e il diplomatico in un volume di Comolli e Sala Danna: con noi, Gian Maria Comolli

 

Cinque secoli di arte e di storia attraverso i ritratti dei Pontefici: è la ricchezza della mostra “Papi in posa. Dal Rinascimento a Giovanni Paolo II”, in corso a Roma, e dedicata al  26.mo anno di Pontificato di Karol Wojtyla: ce ne parla Francesco Petrucci.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nominato il nuovo presidente della Conferenza episcopale cilena, nel corso dell’88.ma Assemblea plenaria dei vescovi

 

La comunità cattolica impegnata nella lotta all’AIDS in Papua Nuova Guinea

 

“OGM: minaccia o speranza?” Con questo slogan si è svolto ieri a Roma, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, un interessante Convegno sulle biotecnologie

 

Oltre 300 adesioni nel mondo per l’odierna Giornata internazionale delle città contro la pena di morte

 

“Islam e Occidente”: è il titolo dell’opera del padre gesuita Giuseppe De Rosa, di Civiltà Cattolica, su che cosa è l’islam

 

Cresce l’attesa per la nuova stagione della Scala di Milano, dopo 910 giorni di restauro.

 

24 ORE NEL MONDO:

Almeno 7 morti e un soldato americano ucciso nel nord dell’Iraq. Intanto conferenza interministeriale a Teheran sulle elezioni del 30 gennaio

 

Sharon si conferma favorevole alle elezioni palestinesi, dopo le mozioni di sfiducia ieri del suo Parlamento.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 novembre 2004

 

CATTOLICI E ORTODOSSI RITROVINO ATTRAVERSO IL DIALOGO LA PIENA COMUNIONE,

TESTIMONIATA DALLE RELIQUIE

DEI SANTI GIOVANNI CRISOSTOMO E GREGORIO NAZIANZENO.

LO HA DETTO IL CARDINALE KASPER AL PATRIARCA BARTOLOMEO I,

DURANTE LA SOLENNE CERIMONIA A COSTANTINOPOLI PER LA FESTA DI SANT’ANDREA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

“I cristiani, cattolici ed ortodossi, dovrebbero andare al di là dei sospetti e delle maldicenze e riconoscersi reciprocamente come cristiani”, coscienti che la piena unità alla quale sono chiamati ha la propria radice nella bimillenaria esperienza di fede nata dal Vangelo. E’ questo in sintesi il pensiero di fondo espresso oggi dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, al Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. Il porporato ha preso parte, a capo di una delegazione vaticana, alla cerimonia svoltasi nella Cattedrale di San Giorgio a Costantinopoli, nel giorno della festa di Sant’Andrea, il “Primo chiamato degli Apostoli”, Patrono del Patriarcato. La celebrazione liturgica ortodossa vede tradizionalmente, ogni anno, la presenza di rappresentanti della Santa Sede. Ma quest’anno, la solennità ha avuto un sapore particolare, a due giorni dall’altra solenne celebrazione che ha visto Giovanni Paolo II consegnare, nella Basilica di San Pietro, le reliquie dei Santi Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo al Patriarca Bartolomeo I.

 

Non si è trattato di “un semplice dono o un segno di amicizia meramente umana”, ha sottolineato nel suo indirizzo di saluto al Patriarca il cardinale Kasper. “Esse sono le reliquie di due Testimoni profondamente venerati e di due Maestri della nostra comune fede appartenenti al primo millennio, una fede alla quale l’Oriente e l’Occidente sono rimasti fedeli nel secondo millennio e che noi siamo chiamati dal nostro comune Signore Gesù Cristo a testimoniare insieme nel terzo millennio”. “Ciò che ci unisce è dunque molto di più di una umana comunione – ha proseguito il presidente del dicastero vaticano - è una comunione nella fede, che Giovanni Crisostomo e Gregorio il Teologo hanno confessato e coraggiosamente proclamato, per la quale entrambi hanno combattuto e sofferto”.

 

Nonostante ciò – ha proseguito il cardinale Kasper – “siamo consapevoli” che la comunione tra cristiani e ortodossi espressa dalle reliquie “non è ancora piena comunione”, pur essendo la comune celebrazione dell’Eucaristia il segno che rende “sorelle” le Chiese d’Oriente con quelle d’Occidente. “Nel rendere grazie a Dio, dovremmo dunque, e allo stesso tempo – ha detto il porporato - rafforzare la nostra volontà di progredire nel cammino verso la piena comunione”. Così come “dovrebbe essere possibile dire insieme ‘Padre nostro’ e pregare insieme la preghiera del Signore. Infine – ha detto ancora il cardinale Kasper al Patriarca di Costantinopoli  - dovremmo riattivare, senza indugi, il dialogo teologico internazionale, che la Santità Vostra ha appoggiato sin dai suoi inizi”.  

 

Molti cristiani, ed in special modo Papa Giovanni Paolo II – ha concluso il presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani – nutrono il sincero desiderio che questa celebrazione possa incoraggiarci ad approfondire la reciproca comprensione per molte questioni concrete, con l’aiuto di Dio e l’intercessione di Maria, Madre di Dio, e dei due Santi Padri della Chiesa dei quali veneriamo le reliquie. Dovremmo essere indotti particolarmente a farlo considerando che essi furono entrambi grandi promotori di pace”.

 

 

LA FEDELTA’ AL PAPA E ALLA CHIESA E L’UNITA’ ALL’EUCARISTIA,

CAPISALDI DELLA MISSIONE DEI LEGIONARI DI CRISTO NEL MONDO:

L’UDIENZA DEL PAPA ALL’ISTITUTO RELIGIOSO,

IN OCCASIONE DEL 60.MO DI SACERDOZIO

DEL FONDATORE, PADRE MARCIAL MACIEL DEGOLLADO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Uniti attorno all’Eucaristia e fedeli alla Chiesa e al Papa, nel portare avanti la missione del proprio carisma. Sono le esortazioni che Giovanni Paolo II ha rivolto ai Legionari di Cristo e ai membri del Movimento “Regnum Christi”. Il Papa li ha ricevuti questa mattina in Aula Paolo VI in occasione dei 60 anni di sacerdozio del fondatore dei Legionari, l’84.enne padre Marcial Maciel Degollado. Il servizio è di Alessandro De Carolis:

 

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Seguire Cristo, “imitarlo docilmente”, coltivare una “costante intimità” con Lui, in particolare attraverso l’Eucaristia, il cui mistero viene celebrato quest’anno con particolare solennità. La missione di annuncio evangelico dei Legionari di Cristo deve svilupparsi secondo queste direttrici, ha affermato Giovanni Paolo II.     I 60 anni di sacerdozio di padre Marcial Maciel Degollado, oltre che per la “felice ricorrenza” dell’anniversario, sono l’occasione – ha detto il Papa ai circa 4 mila presenti all’udienza - per “ribadire gli impegni che come Legionari di Cristo voi avete assunto al servizio del Vangelo”. Oggi in particolare, ha osservato, “incontrando il Successore di Pietro, voi volete rinnovare l’impegno della vostra totale fedeltà alla Chiesa ed a colui che la Provvidenza ha voluto come suo Pastore”.

 

(canto)

 

Ma è l’adesione a Cristo e l’imitazione delle sue virtù a conferire spessore all’impegno apostolico dei Legionari. Ripetendo le parole rivolte loro durante il Giubileo del Duemila, il Pontefice ha riaffermato che oggi è “più che mai necessaria una proclamazione del Vangelo che, accantonando tutte le paure paralizzanti, annunci con profondità intellettuale e con coraggio la verità su Dio, sull’uomo e sul mondo”. E parlando del “dono per eccellenza” lasciato da Cristo agli uomini, Giovanni Paolo II ha concluso:

 

“Restate uniti attorno all’Eucaristia! Fedeli al carisma che vi contraddistingue, proseguite la vostra missione evangelizzatrice nutrendovi di Cristo e facendovi suoi intrepidi testimoni”.

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ALTRE UDIENZE, NOMINE E RINUNCE

 

Il Santo Padre ha ricevuto ieri sera il cardinale Kazimierz Swiatek, arcivescovo di Minsk-Mohilev, amministratore apostolico "ad nutum Sanctae Sedis" di Pinsk in Bielorussia.

 

Questa mattina ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Morón in Argentina, presentata da mons. Justo Oscar Laguna, per raggiunti limiti di età ed  ha nominato allo stesso incarico mons. Luis Guillermo Eichhorn, finora vescovo di Gualeguaychú.

 

 

DAL 1 AL 4 DICEMBRE, A SALVADOR DE BAHÍA IN BRASILE, CONSIGLIO ESECUTIVO DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL TURISMO E FORUM MONDIALE DEL TURISMO

PER LA PACE E LO SVILUPPO SOSTENIBILE: PRESENTE AI LAVORI LA SANTA SEDE

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Quattro giorni dedicati al turismo e alle sfide etiche di pace, di sviluppo sostenibile e di tutela dei minori. Dal 2 al 3 dicembre si terrà nella città di Salvador de Bahía, in Brasile, la 74a sessione del Consiglio esecutivo dell’Organizzazione mondiale del turismo (OMT). E in parallelo, si svolgerà il Forum mondiale del turismo per la pace e lo sviluppo sostenibile, promosso dal Governo brasiliano. Ai lavori parteciperà anche la Santa Sede, rappresentata dall’Osservatore permanente presso l’OMT, mons. Piero Monni.

 

Tra gli argomenti di scottante attualità, oggetto di un Seminario ad hoc, sarà lo sfruttamento sessuale dei minori nel turismo, fenomeno di vaste proporzioni e piaga sociale presente in numerosi Paesi. All’ordine del giorno anche la trasformazione dell’OMT in Istituzione specializzata delle Nazioni Unite; gli sviluppi operativi del Comitato mondiale di etica per il turismo; le iniziative intraprese nel contesto del progetto denominato ST-EP, ovvero Turismo sostenibile–Eliminazione della povertà.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo “Restate uniti attorno all’Eucaristia!”: è la vibrante consegna affidata da Giovanni Paolo II ai Legionari di Cristo e ai Membri del Movimento “Regnum Christi” in occasione del sessantesimo di sacerdozio del fondatore, padre Marcial Maciel Degollado.

 

Nelle vaticane, la visita del cardinale Crescenzio Sepe in Thailandia.

Il messaggio del cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, per la Giornata Mondiale dell’AIDS (primo dicembre 2004). 

 

Nelle estere, Ucraina: Yushenko respinge le proposte del primo ministro Yanukovic; attesa per le decisioni della Corte Suprema.

In Iraq non si arrestano le violenze. Il Ministro degli esteri britannico Jack Straw ritiene “difficile” che possa essere rispettata la data delle elezioni, fissata per il 30 gennaio.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica “Incontri”, Salvatore Accardo, intervistato da Antonio Braga.

Per l’“Osservatore libri” un contributo di Danilo Veneruso in merito all’opera di Silvio Pellico “Le mie prigioni”, finalmente restituita alla versione originale. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano lo sciopero generale di oggi.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 novembre 2004

 

IL PARLAMENTO UCRAINO RESPINGE LA RISOLUZIONE DELL'OPPOSIZIONE

CHE CHIEDEVA AL PRESIDENTE KUCHMA DI FAR DIMETTERE IL GOVERNO

DEL PREMIER FILO-RUSSO YANUKOVIC

- Ai nostri microfoni, Giulietto Chiesa -

 

 

Continua il braccio di ferro in Ucraina. Il leader dell’opposizione, il filo occidentale Yushenko, ha rifiutato la proposta del candidato filo russo, Yanukovic, che gli aveva offerto la carica di primo ministro in cambio del riconoscimento dei risultati del ballottaggio. La Rada, il Parlamento ucraino, ha respinto inoltre la mozione di sfiducia presentata dai deputati dell’opposizione contro Yanukovich. Il presidente della Duma di Mosca, Boris Gryzlov, ha intanto messo in guardia dai possibili esiti della crisi ucraina: “La situazione - ha detto il politico, un fedelissimo del presidente russo Vladimir Putin - potrebbe risolversi in una secessione o in un bagno di sangue”. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Si continua a cercare una soluzione alla crisi ucraina. Il premier Yanukovic ha promesso la carica di primo ministro al suo contendente Yushenko in caso di riconoscimento della sua vittoria al ballottaggio del 21 novembre, ma questi l’ha già rifiutata. Annullare del tutto il voto non è possibile, ritiene Yanukovic, che è pronto a farsi da parte se anche il suo avversario lo farà: allora il presidente uscente Kuchma potrebbe indire nuove elezioni. Il premier avrebbe trovato nel governatore della Banca Centrale, Serjei  Tighika, il suo delfino. Un “no” è giunto anche su questo punto. La Rada intanto è riunita a discutere la difficile situazione in cui si trova il Paese. Per lo speaker Litvine, lo scenario separatista sarebbe stato preparato prima delle elezioni. Si chiedono misure contro i governatori del sud-est pronti a staccarsi da Kiev. Il Parlamento ucraino discute anche su una mozione di sfiducia presentata dall’opposizione contro il premier Yanukovic. La Corte Suprema sta continuando la verifica delle accuse di broglio da parte di Yushenko. I manifestanti hanno levato i blocchi ai palazzi governativi. La protesta è già costata all’Ucraina 216 milioni di dollari. Il cancelliere tedesco ha parlato al telefono con il presidente russo Putin. I due hanno convenuto che l’esito di un eventuale nuovo voto andrà comunque rispettato.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Dunque il leader dell’opposizione Yushchenko ha rifiutato la carica di premier offertagli oggi dall’avversario Yanukovich. Ma da cosa è dettata questa nuova strategia del candidato filo-russo? Risponde Giulietto Chiesa, europarlamentare ed esperto di area ex sovietica, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – A me sembra una strategia abbastanza legata agli interessi del presidente russo Putin, che si trova di fronte al problema di perdere un perno cruciale del suo progetto di ricostituire un pezzo dell’Unione Sovietica, assieme a  Bielorussia, Kazakhstan e forse anche Armenia. È chiaro che Putin non può andare alla rottura in due dell’Ucraina, né alla rinuncia al suo programma. Penso quindi che le istruzioni date a Yanukovich siano quelle di tentare un compromesso onorevole per “l’opposizione arancione” e anche per l’Occidente, un compromesso che significherebbe un rinvio della resa dei conti sull’Ucraina, in modo da dare respiro anche alla Russia.

 

D. – Dietro questa crisi c’è quindi lo scontro tra grandi potenze internazionali?

 

R. – Non c’è alcun dubbio. C’è sicuramente una fortissima ingerenza russa su questa crisi, ma c’è anche una fortissima ingerenza di particolari settori europei e degli Stati Uniti d’America, che nel tempo hanno lavorato per logorare l’influenza russa.

 

D. – Di fatto, rimane ancora alto il rischio di una secessione delle regioni orientali del Paese?

 

R. – Credo sia altissimo.

 

D. – In questo quadro, quanto è possibile una ripetizione del voto?

 

R. – Bisogna vedere quali sono le garanzie che gli uni danno agli altri e gli altri danno agli uni. Potrebbe essere una soluzione che permetta di rinviare ad altro momento il tentativo di dare una risposta alla domanda: “Dove va l’Ucraina?”. Potrebbe essere una soluzione ragionevole, razionale e utile. Lo scontro sarebbe ovviamente da evitare ma mi pare che, allo stato attuale delle cose, non sia la soluzione più probabile anche se auspicabile.

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DOMANI IN FRANCIA IL PARTITO SOCIALISTA È CHIAMATO AD UN REFERENDUM INTERNO SULLA COSTITUZIONE EUROPEA. MA IN ATTESA DI SAPERE CHE COSA SI DECIDERÀ

IN UNO DEI PAESI FONDATORI DELL’EUROPA UNITA, GUARDIAMO ALLA SIGNIFICATIVA SCELTA DI UNO DEI PAESI ULTIMI ENTRATI NELL’UNIONE: LA LITUANIA

- Intervista con Sigita Maslauskhite -

 

Domani in Francia il partito socialista è chiamato ad un referendum interno sulla costituzione europea. E’ un momento significativo del dibattito politico francese aperto dalla proposta di Chirac di chiamare il popolo a pronunciarsi sulla Costituzione, invece del voto parlamentare. Determinante sarà sapere la posizione del partito socialista che finora si è mostrato diviso, anche se in molti sottolineano che è sempre stato a favore dell'Europa e deve continuare ad esserlo. Ma in attesa di sapere che cosa si deciderà in uno dei Paesi fondatori dell’Europa unita, guardiamo alla significativa scelta di uno dei Paesi ultimi entrati nell’Unione. Il servizio è di Fausta Speranza:

 

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Il dibattito in Francia di questi giorni è la conferma che il processo di ratifica della Costituzione non è facile. Paesi come Italia e Spagna avevano puntato sul fatto di essere i primi a dare l’esempio: quello italiano aveva annunciato di voler ottenere il voto del Parlamento entro la fine dell'anno; la Spagna, che ha scelto la via del referendum che richiede tempi più lunghi, aveva comunque coniato lo slogan “Los primeros en Europa”.

 

Prima, invece, è stata la Lituania: Al Seimas, il Parlamento dell’ex repubblica sovietica, eletto nell'ottobre scorso, ha dato il suo sì l’11 di questo mese, con 84 voti a favore, quattro contro e tre astenuti. Dalla Repubblica lituana, dunque, cominciamo un viaggio nella capitale di ognuno dei Paesi membri per capire come ogni popolazione guardi a Bruxelles.

 

Ricordiamo che la Lituania raccoglie su una superficie di 65.000 km² una popolazione di 3,5 milioni che si dice informata al 78% da radio e Tv  e di cui ben il 52% dichiara di essere a conoscenza di cosa implichi la Costituzione. Ma sulle attese, ascoltiamo Sigita Maslauskhite, storica e giornalista free lance che abbiamo raggiunto telefonicamente a Vilnius:

 

R. – Certamente per prima cosa ci si aspetta un miglioramento della vita dal punto di vista economico: investimenti, turismo e altre varie cose che riguardano la vita normale e di cui tutti nell’Europa occidentale godono. Penso che guardando a Bruxelles l’ottimismo sia maggiore del pessimismo.

 

D. – Si parla della questione euro, cioè di avere la moneta europea? In questo momento i 10 Paesi ultimi entrati non hanno neanche un calendario precisissimo …

 

R. – Sì se ne parla. Sulla questione dell’euro non abbiamo nessun problema.

 

D. – Negli altri Paesi d’Europa è stato sentito con un forte valore dal punto di vista culturale, cioè una unificazione nella stessa moneta che è simbolica della vita quotidiana…

 

R. – Noi non penso, perché non abbiamo questa tradizione. Il littas, la nostra moneta, era in circolazione al tempo della nostra prima indipendenza, all’inizio del XX secolo, che è durata quasi 30 anni. Dopo è arrivata la dittatura sovietica ed avevamo come tutti i Paesi sovietici, il rublo. Adesso abbiamo dal 1990 il littas, che deriva dalla parola ‘Lituania’. E’ una bella moneta con bei disegni, però noi non siamo così sensibili nei confronti dei nostri soldi come possono esserlo altri verso una moneta che hanno magari da molti secoli.

 

D. – Dal punto di vista culturale o della storia, come un lituano pensa all’unione all’Europa?

 

R. – Noi siamo stati sempre in Europa. La nostra storia è veramente legata in maniera molto forte alla storia della cultura, della mentalità dell’Europa. Soltanto durante i 50 anni della dittatura sovietica c’è stato quello che normalmente si dice ‘lavaggio del cervello’. Ci hanno fatto dimenticare che siamo europei, ci hanno fatto dimenticare le nostre radici, la nostra identità come cristiani, come cattolici, come lituani. Chi ha studiato nelle scuole sovietiche non ha mai studiato la storia normale, abbiamo studiato soltanto la storia dell’Unione Sovietica. D’altra parte, l’esperienza negativa della dittatura sovietica fa dire alla gente: solo 10-15 anni che siamo liberi e già dobbiamo entrare in qualche unione? La maggioranza, però, della popolazione lituana pensa che la nostra vera identità lituana appartiene alla famiglia dell’Europa libera, certo non sottovalutando quanto c’è di negativo in Europa: il consumismo, il capitalismo che forse non era così sentito quando le frontiere erano chiuse.

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UN DOCUMENTARIO PER FOTOGRAFARE IL MURO CHE,

A LAVORI FINITI, DIVIDERA’ ISRAELE DALLA PALESTINA

- Intervista con Claudio Camarca e Alì Rashid -

 

Sarà alto 8 metri e lungo circa 700 km il muro che, a lavori finiti, dividerà Israele dalla Palestina. Da alcuni giorni questa nuova barriera del XXI secolo, mai vista in Europa, è protagonista del film-documentario del regista Claudio Camarca, dal titolo “Un infinito cerchio”. In diffusione su Sky Planet, il film è prodotto dall’Associazione autori e produttori indipendenti e dalla Trion in collaborazione con la Delegazione generale palestinese in Italia. Il servizio è di Gabriella Ceraso:

 

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(Voci)

 

Otto voci per otto racconti di studenti palestinesi premiati in un concorso scolastico sul tema: “Il momento in cui sono cresciuto”. Sono loro ad accompagnare le scene del film di Claudio Camarca e sono loro anche lo spunto del regista per narrare la storia di un popolo che vive dietro un muro di separazione, ultimo atto di una tragedia che dura da anni. Claudio Camarca ci spiega come è nata l’idea:

 

“Al muro ci sono arrivato per sbaglio, perché sono andato in Palestina per fare un documentario su un festival del cinema. Facendo la strada da Tel Aviv a Ramallah ho visto il muro e a quel punto ho dirottato immediatamente la troupe. Abbiamo cambiato itinerario e abbiamo seguito il muro per qualche chilometro. Non ho raccontato la questione palestinese ebraica. Ho raccontato il muro, perché trovavo abbastanza straordinario il fatto che una costruzione lunga 650 chilometri e alta otto metri non fosse mai stata veduta in Occidente. Vuol dire che c’è una volontà di non vedere. Ho chiamato questo documentario “L’infinito cerchio”, perché il muro è il punto di arrivo di tanti muri che sono i check point, le perquisizioni, lo sradicamento delle terre, le deportazioni della popolazione”.

 

Il documentario di Camarca è muto, niente commenti né voci fuori campo, solo la musica e le immagini inedite, riprese da troupe palestinesi al seguito dell’esercito italiano, e poi i bambini, lì sotto la barriera di cemento, a raccontare le loro storie. All’origine di tutto - ribadisce Camarca – un’esigenza etica:

 

“Un intellettuale eticamente non può dimenticare il muro. E’ un punto nodale nella storia dell’Occidente. Dobbiamo tentare di abbatterlo. Ne è crollato uno nel 1989 e mi sembra spaventoso ricrearne uno agli albori del nuovo secolo”.

 

“Ha tutti i tratti di irreversibilità e ostacola una soluzione politica del conflitto”: è questo il duro commento alla costruzione del muro di Alì Rashid, primo segretario della delegazione palestinese in Italia. Eppure il suo commento alla fine si apre alla speranza, così come l’ultima scena del film che riprende un bambino palestinese che sorride:

 

“E’ dalla Palestina che dovrebbe nascere un nuovo messaggio di fratellanza. Io credo che questa voce avrà grandi sostegni, partendo dallo stesso Santo Padre, che esprime un parere di un’umanità che aspira alla pace”.

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AGOSTINO CASAROLI, L’UOMO E IL DIPLOMATICO

IN UN VOLUME DI COMOLLI E SALA DANNA

- Intervista con Gian Maria Comolli -

 

Ricorrono i 90 anni dalla nascita del cardinale Agostino Casaroli che fu, tra gli altri incarichi da lui ricoperti, segretario di Stato di Giovanni Paolo II. Per l’occasione, Gian Maria Comolli e Giacomo Sala Danna hanno scritto un libro sulla vita e l’attività di questo grande cardinale, morto il 9 giugno 1998. Del volume, intitolato “Il Cardinale Casaroli. Per la fede e la giustizia” ed edito in questi giorni dalla Editrice Berti, ci parla, nell’intervista di Giovanni Peduto uno degli autori, don Gian Maria Comolli:

 

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R. – Ovviamente la vita del cardinale, raccontata tenendo presente, da una parte l’aspetto storico delle varie vicende in cui ha operato, dall’altra aneddoti e episodi poco noti che mostrano la grande personalità umana e spirituale di Casaroli.

 

D. – Il cardinale Agostino Casaroli è noto in particolare per la sua attività diplomatica. Ricordiamo la cosiddetta “Ostpolitik”, il dialogo con il blocco comunista dell’est Europa…

 

R. – Sì, è l’attività che ha occupato maggiormente la vita del cardinal Casaroli. Era iniziata nel maggio del 1963, quando Casaroli si trovava a Vienna e ricevette l’ordine di Papa Giovanni XXIII di recarsi a Budapest e a Praga per sondare la possibilità della ripresa dei contatti con quei governi. Inizia così quello che lui stesso ricorderà come il “martirio della pazienza”, perché le trattative si dimostrarono molto difficili e procedevano a piccoli passi.

 

D. – Grande l’impegno del cardinale anche in difesa della libertà religiosa nell’Europa orientale…

 

R. – Sì, ha teorizzato la sua azione fissando tre obiettivi. Il primo obiettivo era la sopravvivenza: la sopravvivenza della Chiesa era lo scopo primario dei suoi molteplici viaggi, dei colloqui con i Paesi dell’est. Il secondo obiettivo era la libertà di nomina dei vescovi e del minimo di vita ecclesiale. Il terzo obiettivo era la libertà totale per la Chiesa anche in base ad accordi concordati.

 

D. – Già al suo tempo il cardinale Casaroli parlava della necessità di fondare l’Europa sulle sue radici cristiane…

 

R. – Sì, direi che è molto significativo a questo proposito il discorso che tenne il 21 marzo del 1980 nell’Abbazia di Montecassino, dove affermò con forza che la civiltà europea deve molto, se non tutto, al cristianesimo sia come dottrina che come organizzazione ecclesiastica.

 

D. – Qual era la posizione di Casaroli in merito al rapporto con l’islam?

 

R. – Sono due gli interventi principali di Casaroli su questo argomento: quello del 21 maggio del 1989, nel duomo di Como, dove ha commemorato il terzo centenario della nascita di Papa Innocenzo XI, il Papa della battaglia di Vienna, e quello di Palermo del 10 aprile 1991. La conclusione fu sempre la stessa: la fede non si propaga sui campi di battaglia con ostili polemiche, bensì proclamando in maniera forte e con rispetto di carità, ma senza timide vergogne, con la parola e con la vita, che Gesù Cristo è il Signore.

 

D. – Durante la sua attività diplomatica, quali sono stati i principali trattati firmati dalla Santa Sede in ambito internazionale?

 

R. – Ne ha firmati tanti. Io ne evidenzio qualcuno: il primo agosto 1975, ad Helsinki, l’atto finale della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa; il 18 febbraio 1984 il testo di revisione del Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica italiana; il 19 novembre 1990 la Carta di Parigi per una nuova Europa.

 

D. – E per quanto riguarda Casaroli e la Cina?

 

R. – Un sogno del cardinale era di andare in Cina, ma purtroppo non riuscì a realizzarlo. Casaroli, però, pensava che con i cinesi le sorprese rimanessero sempre possibili e per questo si applicò con determinazione allo studio della loro lingua, fino alla morte, come risulta dalla grammatica, dai quaderni di esercizi conservati presso il Centro studi di Bedonia, a lui dedicato.

 

D. – Al di là del suo impegno diplomatico, chi era il sacerdote e l’uomo Agostino Casaroli?

 

R. – Io direi che era una persona estremamente semplice, disponibile, diretto, affabile, con una grande cordialità, umanità e la battuta sempre pronta. E soprattutto il suo volto era illuminato da un sorriso gentile che non si spegneva mai, capace di dialogare con tutti, dai potenti della Terra ai semplici, che sapeva sempre mettere a proprio agio.

 

D. – Ci può ricordare un episodio significativo della sua vita?

 

R. – Sì, dobbiamo ricordare che Casaroli, almeno settimanalmente, si recava al carcere minorile di Casal del Marmo, dove c’erano i ragazzi in carcere. Si sedeva con loro, li ascoltava e aveva una parola ed un gesto di gentilezza per tutti. L’episodio è proprio legato a questo fatto. Siamo nell’agosto del 1980 ed un ex detenuto che lavorava in Germania tornò a Roma per cercare Casaroli. Da Roma, questo ex detenuto era salito fino a Bedonia, in provincia di Parma, dove il cardinale era in vacanza. I carabinieri della scorta, però, erano rimasti insospettiti da quel giovane coperto di tatuaggi e lo avevano bloccato. Riconosciutolo, il cardinale lo chiamò subito a sé e si chiuse nella sacrestia della Chiesa, dove aveva celebrato la Messa, per 20 minuti con quel giovane. Gli uomini della scorta erano preoccupati, ma poco dopo videro uscire Casaroli con sottobraccio l’ex detenuto, che era giunto dalla Germania per chiedere a padre Agostino, che era il suo unico amico, di telefonare alla fidanzata che lo aveva lasciato.

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CINQUE SECOLI DI ARTE E DI STORIA ATTRAVERSO I RITRATTI DEI PONTEFICI:

E’ LA RICCHEZZA DELLA MOSTRA “PAPI IN POSA. DAL RINASCIMENTO

A GIOVANNI PAOLO II”, IN CORSO A ROMA,

E DEDICATA AL 26.MO ANNO DI PONTIFICATO DI KAROL WOJTYLA

- Intervista con Francesco Petrucci -

 

Far ripercorrere cinque secoli di arte e di storia attraverso i ritratti dei Pontefici. E’ lo scopo della mostra “Papi in posa. Dal rinascimento a Giovanni Paolo II”, in corso a Roma a Palazzo Braschi fino al 13 febbraio, e dedicata al 26.mo anno di Pontificato di Carol Wojtyla. In esposizione, una cinquantina di dipinti e sculture che ben testimoniano un genere, quello della ritrattistica papale, che non vuole rappresentare l’interiorità di chi è rappresentato, ma piuttosto, il suo ufficio spirituale e la funzione politica nella società. Ma qual è il modello originario dei ritratti dei Papi? Roberta Moretti lo ha chiesto al curatore della mostra, il dott. Francesco Petrucci:

 

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R. – I modelli, a partire dal Rinascimento, sono essenzialmente due. Il primo è la statua di San Pietro, nella Basilica Vaticana, che rappresenta il Pontefice assiso in Cattedra, benedicente, che a sua volta deriva dal Salvator Mundi; l’altro è il ritratto di Giulio II di Raffaello dove il Papa è seduto – questo significa la stabilità, l’ortodossia, la conservazione dei valori universali del cattolicesimo – ed è rivolto all’osservatore sul fianco destro per segno di rispetto: Cristo siede alla destra del Padre. Il Papa stringe con la mano destra un fazzoletto, riferimento simbolico al sudario di Cristo, emblema della fatica del Pontefice nel combattere le avversità. Diciamo che, nel corso dei secoli, si adattano questi schemi fondamentali alle caratteristiche del Pontificato e alla singola personalità.

 

D. – Ci fa qualche esempio?

 

R. – Pio V amava farsi ritrarre con un breviario in mano, in riferimento alla sua alta spiritualità. Gli artisti spesso hanno circondato la sua testa di un’aureola, perché già vivente era considerato un santo. Innocenzo XI, Papa Odescalchi, è stato molto rigorista. Spesso si fece raffigurare vicino ad un crocifisso, in preghiera, con un teschio che era un riferimento alla vacuità dell’esistenza terrena.

 

D. – Nell’epoca moderna, con la fotografia e la televisione, qual è il senso della ritrattistica papale?

 

R. – Il ritratto come opera d’arte rappresenta una sintesi. Per esempio, il ritratto che è l’immagine ufficiale di Giovanni Paolo II, lo raffigura per la prima volta nell’iconografia papale fuori dalle stanze vaticane, sullo sfondo della Basilica Vaticana, in piedi con il pastorale, pronto alla comunicazione con il mondo, quindi ben riflette le caratteristiche di questo Pontificato.

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CHIESA E SOCIETA’

30 novembre 2004

 

 

NOMINATO IL NUOVO PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE CILENA, NEL CORSO DELL’88.ESIMA ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI. SI TRATTA DI MONS. GOIC,

CHE HA ASSICURATO: “DIFENDEREMO LA VITA IN OGNI SUA FORMA”

 

SANTIAGO. = “Saremo appassionati difensori della vita”. Ha esordito così il nuovo presidente della Conferenza episcopale cilena, mons. Alejandro Goić Karmelić, eletto nel corso della 88.esima Assemblea plenaria, conclusasi venerdì scorso a Punta de Tralca. “In passato siamo stati più volte criticati per aver difeso strenuamente la dignità dell’uomo di fronte alla tortura. Oggi avviene lo stesso, anche se per altri motivi. Rimaniamo sulle stesse posizioni – ha spiegato il presule – e confermiamo il nostro impegno per la tutela della vita in ogni sua forma. Questo per il bene del Paese”. “La vita è sacra dal concepimento fino all’incontro con Dio. Continueremo a difenderla sempre – ha precisato – con il dialogo e in un contesto pluralista”. “Il Paese deve prepararsi ad accogliere i risultati dell’Informativa sulla prigionia politica e sulla tortura”, ha continuato il nuovo presidente della Conferenza “e lo deve fare dimostrando maturità e senso di responsabilità. Si tratta di un passo avanti per la riconciliazione nazionale”. E in merito alla nuova legge sul matrimonio civile, mons. Goic ha detto: “Senza alcun pregiudizio nei confronti della normativa, per i vescovi il matrimonio indissolubile rimane un bene per il Cile. Faremo il possibile per far sapere ai fedeli e alle persone di buona volontà il valore dell’unità della coppia, con il massimo rispetto per coloro che non sono riusciti nel progetto”. “Il sacerdote di cui il Cile ha bisogno -ha aggiunto il presule - è un sacerdote santo, fedele al Signore e vicino alla gente”. (D.D.)

 

 

LA COMUNITA’ CATTOLICA IMPEGNATA NELLA LOTTA ALL’AIDS IN PAPUA NUOVA GUINEA: APERTI TRE NUOVI CENTRI DALLA CARITAS AUSTRALIA

 

PORT MORESBY. = La Chiesa cattolica in prima linea in Papua Nuova Guinea per combattere la piaga dell’AIDS. L’epidemia e la diffusione dell’HIV, infatti, sta crescendo rapidamente nel Paese. Il governo ha reso noto che i malati di AIDS sono già oltre 15.000, su circa 5,7 milioni di abitanti. Proprio per questo motivo, occorre un potenziamento delle strutture sanitarie e dei centri specializzati per prevenire e combattere la malattia. Un contributo prezioso nel campo medico lo offrono ospedali gestiti dalla comunità cattolica. Di recente, inoltre, anche la ‘Caritas Australia’ ha lanciato un progetto e stanziato fondi per rendere operativi tre nuovi centri anti-AIDS in tutto il Paese. Il progetto quinquennale dell’organizzazione umanitaria comprende anche la formazione di personale medico e paramedico specializzato, fornitura di medicinali e attrezzature e cura del malato nelle diverse fasi della sindrome da immunodeficienza. Lo scorso anno, invece, la Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea ha lanciato la campagna “Born to live”, per la lotta e la prevenzione all’AIDS. Nell’ospedale di Port Moresby, le malattie legate all’AIDS sono la causa principale di morte. Il virus ha colpito in uguale misura uomini e donne. La frangia di età più colpita va dai 15 ai 34 anni. (B.C.)

 

 

LA QUESTIONE DEGLI ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI:

PRESENTATO IERI UN LIBRO, “OGM: MINACCIA O SPERANZA?”, CON GLI ATTI

 DI UN CONVEGNO SVOLTOSI LO SCORSO ANNO IN VATICANO

 

ROMA. = “OGM: minaccia o speranza?”. Con questo slogan si è svolto ieri a Roma, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, un convegno sulle biotecnologie, considerate una possibile risorsa, ma anche un ulteriore rischio per l’umanità. Nel corso dell’incontro, organizzato nell’ambito del master in Scienze Ambientali, è stato presentato anche un volume che raccoglie gli interventi dei relatori al Seminario sullo stesso tema organizzato dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, tra il 10 e l’11 novembre 2003. Il libro raccoglie le voci critiche degli esponenti di Greenpeace, come quelle del Ministro delle Politiche agricole, Gianni Alemanno, ed è suddiviso in quattro capitoli: OGM e ricerca scientifica; OGM alimentazione e commercio; OGM e sicurezza alimentare e sanitaria; OGM e prospettive etiche. Nell’introduzione, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sottolinea che l’idea del seminario è nata da “un’esigenza profonda ed essenziale della missione religiosa e morale della Chiesa”, che intende “illuminare con la luce del Vangelo quanto riguarda la promozione dell’uomo e l’affermazione della sua dignità”. Il presidente del dicastero ricorda poi che il libro della Genesi rileva come “nel disegno del Creatore, le realtà create, buone in se stesse, esistono in funzione dell’uomo”. “Il dominio dell’uomo sugli altri esseri viventi, tuttavia, non deve essere un dominio dispotico e dissennato; al contrario, egli deve coltivare e custodire i beni creati da Dio: beni che l’uomo ha ricevuto come un dono prezioso, posto dal Creatore sotto la sua responsabilità”. Il porporato sottolinea, infine, che il compito dell’uomo è quello di coltivare, non quello di distruggere. “Coltivare – scrive – significa intervenire, decidere, fare, non lasciare che le piante crescano a caso. Coltivare significa potenziare e perfezionare, affinché vengano frutti migliori e più abbondanti. Coltivare significa ordinare, pulire, eliminare ciò che distrugge e rovina. Coltivare è il miglior modo di custodire”. (B.C.)

 

 

OLTRE 300 ADESIONI NEL MONDO PER L’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE

DELLE CITTA’ CONTRO LA PENA DI MORTE. L’INIZIATIVA, GIUNTA ALLA TERZA

EDIZIONE, E’ PROMOSSA DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

 

ROMA. = Si celebra oggi la “Giornata internazionale delle città contro la pena di morte”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio insieme con la città di Roma e la regione Toscana, nell’anniversario della prima abolizione della tortura e della pena di morte firmata il 30 novembre 1786 dal Granduca di Toscana Leopoldo. All’odierna iniziativa, giunta ormai alla sua terza edizione, hanno aderito oltre 300 città del mondo, da Madrid a Tirana, da Bogotá a Canberra. L’appello per una moratoria universale promosso dalla stessa Comunità di Sant’Egidio ha, inoltre, raccolto 5 milioni di adesioni in 150 Paesi del mondo. Da quando è iniziata la campagna, 20 Nazioni hanno abolito o sospeso la pena di morte. Nell’Urbe l’iniziativa è celebrata con due appuntamenti: un convegno sul tema “No alla pena di morte”, a Palazzo Leopardi, e la Veglia delle ore 19.00 al Colosseo, sul tema “No Justice without Life”, in collegamento con le città del mondo che sostengono l’impegno abolizionista. (B.C.)

 

 

“ISLAM E OCCIDENTE”: E’ IL TITOLO DI UNA PREGEVOLE OPERA DEL PADRE GESUITA

GIUSEPPE DE ROSA, DI CIVILTA’ CATTOLICA, SU CHE COSA E’ L’ISLAM.

IL VOLUME E’ EDITO DA ELLEDICI E CIVILTA’ CATTOLICA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = Per comprendere i problemi che l’Islam pone al mondo di oggi, in particolare al Cristianesimo e all’Occidente, è necessario conoscerlo tanto nella sua storia passata e presente, quanto nelle sue istituzioni religiose e politiche e nella molteplicità delle correnti ideologiche che attualmente lo agitano. E’ l’obiettivo che si è proposto padre Giuseppe De Rosa, di Civiltà Cattolica, pubblicando, per conto della Elledici e della stessa Civiltà Cattolica, un volume dal titolo “Islam e Occidente”. Lo scopo è dare un’informazione sull’Islam, il più possibile accurata e obiettiva. Perciò, la prima parte del testo si sofferma sulla sua nascita nell’Arabia, sul suo fondatore, il profeta Maometto, sul Corano, sulla natura della fede islamica, sulle opere che essa prescrive, e, infine, sulla legge coranica. La seconda parte del volume esamina la spiritualità islamica, cioè la sua concezione di Dio, del rapporto di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio. Vengono messi in rilievo il monoteismo assoluto professato dall’Islam, diverso dal monoteismo trinitario cristiano, e il carattere proprio del musulmano, “servo” di Allah, sottomesso (muslim) al suo volere assoluto. La terza parte del libro presenta alcuni aspetti dell’Islam moderno, di cui oggi maggiormente si parla: il fondamentalismo islamico, l’islamismo radicale e il terrorismo. Ma questi aspetti riguardano soltanto una piccola minoranza dell’universo islamico. La quarta parte del testo sintetizza i rapporti tra Cristianesimo e Islam, mentre l’ultima parte tratta dei musulmani in Italia: da quali Paesi provengono, come vivono la loro fede islamica e in che misura la praticano. La conclusione sottolinea la necessità di evitare che la tensione oggi esistente tra l’Islam e l’Occidente sfoci in uno “scontro di civiltà”, estremamente dannoso per tutti.

 

 

CRESCE L’ATTESA PER LA NUOVA STAGIONE DELLA SCALA DI MILANO,

DOPO 910 GIORNI DI RESTAURO. IL MAESTRO MUTI, INCONTRANDO IERI SERA ALCUNI

STUDENTI DELL’UNIVERSITA’ STATALE, HA SPIEGATO LA SCELTA DELL’OPERA

“EUROPA RICONOSCIUTA” DI ANTONIO SALIERI PER L’INAUGURAZIONE

- A cura di Fabio Brenna -

 

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MILANO. = Un mito in linea col neoclassicismo dell’epoca, un libretto scadente, ma la musica ha lo stampo della melodia italiana ed è di primissima qualità. Il maestro Riccardo Muti rivaluta Antonio Salieri e la sua  “Europa riconosciuta” e spiega la scelta di questa opera particolare per inaugurare la Scala, che torna nella sua sede storica dopo 910 giorni, tanti quanti sono durati i complessi lavori di restauro. Muti ha incontrato gli studenti dell’Università statale, offrendo una lettura interessante ed ironica dell’opera che il 3 agosto 1778 inaugurò il Teatro alla Scala nuovo di zecca. L’Europa Riconosciuta è opera sconosciuta ai più e di cui esistono poche testimonianze, ha un libretto “di cui non si capisce niente”, come ha ammesso lo stesso Muti, ma rappresenta al meglio la sfida che attende la rinnovata Scala: la massima espressione di un perdente come Salieri, che lo fu solo al cospetto di un genio assoluto come Mozart. Nelle due ore di conversazione, Muti si è anche messo al piano per eseguire alcune arie dell’opera e spiegare ancora come a suo tempo questa avesse una funzione più di intrattenimento, con il popolo davanti al palcoscenico ed i nobili sopra, nei palchi, che mangiavano e gli gettavano pezzi di pollo in testa. L’incontro di Muti è una delle molte iniziative legate alla grande prima milanese che aspira a diventare un evento mondiale. Mostre, presentazioni e concerti accompagneranno al 7 dicembre quando riaprirà la Scala dopo l’esilio forzato nel periferico teatro degli Arcimboldi. Lavori radicali di ristrutturazione, portati a termine nei tempi previsti e che hanno riguardato l’intero edificio per un investimento di circa 49 milioni di euro, cambiando i connotati al teatro. La facciata del Piermarini è ora sovrastata dal contestato ellisse in cui l’architetto ticinese Mario Botta ha piazzato la nuova torre scenica. All’interno, lo spazio scenico è aumentato fino ad occupare una superficie di 1600 metri quadrati. Anche il palcoscenico è più grande, mentre i 2400 posti sono distribuiti in quattro file di palchi e due gallerie. Scompare il loggione con i tradizionali posti in piedi e sono stati salvaguardati i colori rosso e oro della tradizione scaligera. In platea, innovative poltrone ergonomiche dotate di display su cui seguire l’opera.

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24 ORE NEL MONDO

30 novembre 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Almeno 7 civili morti nei pressi di Baji, nel nord del Paese, per l’esplo-sione di un’autobomba e un soldato rimasto ucciso in un attentato a nord di Baghdad: sono le conseguenze delle azioni compiute in Iraq dalla guerriglia. E intanto Al Qaeda con un messaggio del medico egiziano Al Zawahiri ha sottolineato come “la caduta di Baghdad rappresenti la resa di tutti i Paesi che hanno abbandonato la Jihad”. Sul futuro del Paese è stata aperta a Teheran una conferenza alla quale partecipano, tra gli altri, i ministri dell’Interno di Iran, Arabia Saudita, Siria e Turchia. Tema principale del summit le elezioni previste in Iraq il prossimo 30 gennaio. Ma come si sta avvicinando il Paese arabo a questa consultazione? lo abbiamo chiesto ad Anna Migotto, giornalista Mediaset, che ha seguito sul campo il conflitto:

 

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R. – La situazione è difficile. Il governo ha comunque deciso che le elezioni si terranno il 30 gennaio. Si sa che ci sono minacce, non si sa come potranno essere tenuti comizi, non si sa come potranno essere allestiti i seggi ... Indubbiamente, io credo che se le elezioni debbono essere una svolta, possono esserlo soltanto con la partecipazione di tutte le rappresentanze che fanno il popolo dell’Iraq.

 

D. – In Iraq, diversi partiti hanno chiesto di posticipare il voto ma questa ipotesi è stata respinta. Perché, e quali conseguenze avrebbe avuto un rinvio?

 

R. – Tutta la componente sciita, che è la componente di maggioranza, ha un assoluto interesse a che queste elezioni si svolgano. Ci si chiede che significato potrebbe avere, quale parlamento potrebbe uscire da un voto dove, ad esempio, i sunniti non fossero rappresentati? I sunniti sono quella parte che in questo momento ha dato più uomini alla guerriglia; senza di loro non si può andare da nessuna parte.

 

D. – L’appuntamento elettorale può dunque ricomporre realmente le varie fazioni del Paese, come da tutti auspicato?

 

R. – Un appuntamento elettorale potrebbe portare ad una ricomposizione. Il problema è come si arriva a questo appuntamento elettorale? In queste condizioni, con parti del Paese che potrebbero decidere di non votare, altre che potrebbero voler votare e che in realtà non potranno votare per le condizioni sul territorio, credo che non sarebbe un esito realmente democratico e rappresentativo.

 

D. – In questo periodo di attesa prima delle elezioni, le azioni della guerriglia sembrano essere entrate comunque in una fase meno cruenta. E’, questo, un dato che può far sperare?

 

R. – Indubbiamente, c’è una battuta d’arresto. Evidentemente, l’operazione di Falluja ha sicuramente dato una battuta d’arresto alle organizzazioni che da Falluja operavano.

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Lo Stato di Israele ha tutto l’interesse che l’Autorità nazionale palestinese scelga quanto prima il successore di Arafat. E’ quanto emerso dalle dichiarazioni rilasciate dal premier Ariel Sharon e dall’incontro di ieri, a margine del Vertice euromediterraneo, tra il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Shalom, e il suo omologo palestinese, Shaath. Il governo dello Stato ebraico ha rischiato, intanto, le dimissioni a causa di due mozioni di sfiducia. Il servizio è di Graziano Motta:

 

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Senza maggioranza in Parlamento Sharon è riuscito ieri ad evitare la caduta del governo sulla politica sociale, grazie ad alcune manovre astensionistiche di partiti minori. Così con un solo voto è stata bocciata una mozione di sfiducia dei laburisti e due altre mozioni, ancorché approvate, non hanno raccolto i 71 voti necessari per obbligarlo alle dimissioni. Identico è lo scenario di domani alla Camera dove approda in prima lettura la legge finanziaria. Per evitare una disfatta il premier ha lanciato promesse di finanziamento ai due partiti e ha minacciato di espulsione i ministri del partito laico Shinui che si sono ribellati al baratto di voti. In campo palestinese un esponente fondamentalista di Hamas avanza, intanto, l’idea di una tregua di 10 anni nella lotta armata allo Stato ebraico e un sostegno al governo dell’Autorità palestinese. Prospettive che sono ben viste da Abu Mazen, ma rifiutate dalla direzione politica di Hamas.

 

Graziano Motta, per la Radio Vaticana.

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Una grande manifestazione contro la risoluzione 1559 dell’ONU e a sostegno della presenza militare siriana in Libano è stata indetta oggi nella capitale dalla sezione libanese del partito Baath al potere in Siria, con l’appoggio del governo di Beirut, del premier Omar Karame. La Siria ha inviato le proprie truppe in Libano nel 1976 con l’obiettivo dichiarato di porre fine alla guerra civile. Dopo gli accordi di Taif (Arabia Saudita), che nel 1990 hanno posto fine al conflitto, la Siria ha ridotto solo in parte la propria presenza militare in Libano.

 

In Romania il leader dell'opposizione centrista, Basescu, ha chiesto che vengano ripetute le elezioni presidenziali e politiche di domenica scorsa  menzionando frodi elettroniche nel conteggio dei voti. Secondo lo spoglio, è in leggero vantaggio il premier Nastase e il suo partito socialdemocratico.

 

La decisione della giunta militare del Myanmar di prolungare gli arresti domiciliari per la leader dell’ex Birmania, Aung San Suu Kyi, ha gettato un’ombra sui lavori del vertice Asean. Il Summit, che riunisce i Paesi del sudest asiatico, si conclude oggi in Laos. Ascoltiamo Maurizio Pascucci:

 

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La notizia secondo la quale la giunta militare birmana avrebbe prolungato i domiciliari per il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, ha stupito i leader dei dieci Paesi aderenti all’ASEAN riuniti a Vientiane. Nel 2006 sarà proprio la Birmania, infatti, ad assumere la presidenza di turno del gruppo. Per molti osservatori però il caso mette in evidenza il punto debole dell’ASEAN: i Paesi aderenti sono vincolati da un accordo di non interferenza rispetto alle accuse sul mancato rispetto dei diritti umani all’interno dei singoli confini. L’imbarazzo provocato dal prolungamento dei domiciliari per Aung San Suu Kyi ha fatto presto dimenticare lo storico accordo con cui ieri i Paesi dell’ASEAN e la Cina hanno gettato le basi per la creazione del più grande mercato del mondo, un contesto che potrà contare su una popolazione di quasi 2 miliardi di persone e che potrebbe diventare realtà entro la fine del decennio.

 

Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.

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Oltre trecento persone sono morte per l’ondata di maltempo che si è abbattuta sulle Filippine. I soccorritori sono alla disperata ricerca di sopravvissuti tra centinaia di tonnellate di detriti trascinati da frane e inondazioni. La situazione più difficile è quella dell’isola di Luzon dove il crollo dei ponti rende impossibili i collegamenti.

 

 

 

 

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