RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
335 - Testo della trasmissione di martedì 30 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La comunità cattolica impegnata nella lotta
all’AIDS in Papua Nuova Guinea
Cresce
l’attesa per la nuova stagione della Scala di Milano, dopo 910 giorni di
restauro.
Almeno 7 morti e un soldato
americano ucciso nel nord dell’Iraq. Intanto conferenza interministeriale a
Teheran sulle elezioni del 30 gennaio
Sharon si conferma
favorevole alle elezioni palestinesi, dopo le mozioni di sfiducia ieri del suo
Parlamento.
30 novembre 2004
CATTOLICI E ORTODOSSI RITROVINO ATTRAVERSO IL
DIALOGO LA PIENA COMUNIONE,
TESTIMONIATA DALLE RELIQUIE
DEI SANTI GIOVANNI CRISOSTOMO E GREGORIO
NAZIANZENO.
LO HA DETTO IL CARDINALE KASPER AL PATRIARCA
BARTOLOMEO I,
DURANTE LA SOLENNE CERIMONIA A COSTANTINOPOLI PER
LA FESTA DI SANT’ANDREA
- A cura di Alessandro De Carolis -
“I cristiani, cattolici ed
ortodossi, dovrebbero andare al di là dei sospetti e delle maldicenze e
riconoscersi reciprocamente come cristiani”, coscienti che la piena unità alla
quale sono chiamati ha la propria radice nella bimillenaria esperienza di fede
nata dal Vangelo. E’ questo in sintesi il pensiero di fondo espresso oggi dal
cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei
cristiani, al Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I. Il porporato ha preso
parte, a capo di una delegazione vaticana, alla cerimonia svoltasi nella Cattedrale di San Giorgio a Costantinopoli,
nel giorno della festa di Sant’Andrea, il “Primo chiamato degli Apostoli”,
Patrono del Patriarcato. La celebrazione liturgica ortodossa vede
tradizionalmente, ogni anno, la presenza di rappresentanti della Santa Sede. Ma
quest’anno, la solennità ha avuto un sapore particolare, a due giorni
dall’altra solenne celebrazione che ha visto Giovanni Paolo II consegnare,
nella Basilica di San Pietro, le reliquie dei Santi Gregorio Nazianzeno e
Giovanni Crisostomo al Patriarca Bartolomeo I.
Non si
è trattato di “un semplice dono o un segno di amicizia meramente umana”, ha
sottolineato nel suo indirizzo di saluto al Patriarca il cardinale Kasper. “Esse
sono le reliquie di due Testimoni profondamente venerati e di due Maestri della
nostra comune fede appartenenti al primo millennio, una fede alla quale
l’Oriente e l’Occidente sono rimasti fedeli nel secondo millennio e che noi
siamo chiamati dal nostro comune Signore Gesù Cristo a testimoniare insieme nel
terzo millennio”. “Ciò che ci unisce è dunque molto di più di una umana
comunione – ha proseguito il presidente del dicastero vaticano - è una
comunione nella fede, che Giovanni Crisostomo e Gregorio il Teologo hanno
confessato e coraggiosamente proclamato, per la quale entrambi hanno combattuto
e sofferto”.
Nonostante ciò – ha proseguito
il cardinale Kasper – “siamo consapevoli” che la comunione tra cristiani e
ortodossi espressa dalle reliquie “non è ancora piena comunione”, pur essendo
la comune celebrazione dell’Eucaristia il segno che rende “sorelle” le Chiese
d’Oriente con quelle d’Occidente. “Nel rendere grazie a Dio, dovremmo dunque, e
allo stesso tempo – ha detto il porporato - rafforzare la nostra volontà di
progredire nel cammino verso la piena comunione”. Così come “dovrebbe essere
possibile dire insieme ‘Padre nostro’ e pregare insieme la preghiera del Signore.
Infine – ha detto ancora il cardinale Kasper al Patriarca di
Costantinopoli - dovremmo riattivare,
senza indugi, il dialogo teologico internazionale, che la Santità Vostra ha
appoggiato sin dai suoi inizi”.
“Molti
cristiani, ed in special modo Papa Giovanni Paolo II – ha concluso il
presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani – nutrono il
sincero desiderio che questa celebrazione possa incoraggiarci ad approfondire
la reciproca comprensione per molte questioni concrete, con l’aiuto di Dio e
l’intercessione di Maria, Madre di Dio, e dei due Santi Padri della Chiesa dei
quali veneriamo le reliquie. Dovremmo essere indotti particolarmente a farlo
considerando che essi furono entrambi grandi promotori di pace”.
LA FEDELTA’ AL PAPA E
ALLA CHIESA E L’UNITA’ ALL’EUCARISTIA,
CAPISALDI DELLA MISSIONE DEI LEGIONARI DI CRISTO
NEL MONDO:
L’UDIENZA DEL PAPA ALL’ISTITUTO RELIGIOSO,
IN OCCASIONE DEL 60.MO DI SACERDOZIO
DEL FONDATORE, PADRE MARCIAL MACIEL DEGOLLADO
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Uniti attorno all’Eucaristia e
fedeli alla Chiesa e al Papa, nel portare avanti la missione del proprio
carisma. Sono le esortazioni che Giovanni Paolo II ha rivolto ai Legionari di
Cristo e ai membri del Movimento “Regnum Christi”. Il Papa li ha ricevuti
questa mattina in Aula Paolo VI in occasione dei 60 anni di sacerdozio del
fondatore dei Legionari, l’84.enne padre Marcial Maciel Degollado. Il servizio
è di Alessandro De Carolis:
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Seguire Cristo, “imitarlo docilmente”,
coltivare una “costante intimità” con Lui, in particolare attraverso
l’Eucaristia, il cui mistero viene celebrato quest’anno con particolare
solennità. La missione di annuncio evangelico dei Legionari di Cristo deve
svilupparsi secondo queste direttrici, ha affermato Giovanni Paolo II. I 60 anni di sacerdozio di padre Marcial
Maciel Degollado, oltre che per la “felice ricorrenza” dell’anniversario, sono
l’occasione – ha detto il Papa ai circa 4 mila presenti all’udienza - per
“ribadire gli impegni che come Legionari di Cristo voi avete assunto al
servizio del Vangelo”. Oggi in particolare, ha osservato, “incontrando il
Successore di Pietro, voi volete rinnovare l’impegno della vostra totale
fedeltà alla Chiesa ed a colui che la Provvidenza ha voluto come suo Pastore”.
(canto)
Ma è l’adesione a Cristo e
l’imitazione delle sue virtù a conferire spessore all’impegno apostolico dei
Legionari. Ripetendo le parole rivolte loro durante il Giubileo del Duemila, il
Pontefice ha riaffermato che oggi è “più che mai necessaria una proclamazione
del Vangelo che, accantonando tutte le paure paralizzanti, annunci con
profondità intellettuale e con coraggio la verità su Dio, sull’uomo e sul
mondo”. E parlando del “dono per eccellenza” lasciato da Cristo agli uomini,
Giovanni Paolo II ha concluso:
“Restate uniti attorno all’Eucaristia! Fedeli al carisma che vi
contraddistingue, proseguite la vostra missione evangelizzatrice nutrendovi di
Cristo e facendovi suoi intrepidi testimoni”.
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ALTRE UDIENZE, NOMINE E
RINUNCE
Il Santo
Padre ha ricevuto ieri sera il cardinale Kazimierz
Swiatek, arcivescovo di Minsk-Mohilev, amministratore
apostolico "ad nutum Sanctae Sedis" di
Pinsk in Bielorussia.
Questa
mattina ha accettato la rinuncia al governo pastorale
della diocesi di Morón in Argentina, presentata da mons. Justo Oscar Laguna,
per raggiunti limiti di età ed ha nominato
allo stesso incarico mons. Luis Guillermo Eichhorn, finora vescovo di
Gualeguaychú.
DAL 1
AL 4 DICEMBRE, A SALVADOR DE BAHÍA IN BRASILE, CONSIGLIO ESECUTIVO
DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL TURISMO E FORUM MONDIALE DEL TURISMO
PER LA
PACE E LO SVILUPPO SOSTENIBILE: PRESENTE AI LAVORI LA SANTA SEDE
- A cura di Roberta Gisotti -
Quattro
giorni dedicati al turismo e alle sfide etiche di pace, di sviluppo sostenibile
e di tutela dei minori. Dal 2 al 3 dicembre si terrà nella città di Salvador de
Bahía, in Brasile, la 74a sessione del Consiglio esecutivo dell’Organizzazione mondiale del turismo (OMT). E in
parallelo, si svolgerà il Forum mondiale del turismo per la pace e lo sviluppo
sostenibile, promosso dal Governo brasiliano. Ai lavori parteciperà anche la
Santa Sede, rappresentata dall’Osservatore permanente presso l’OMT, mons. Piero
Monni.
Tra gli
argomenti di scottante attualità, oggetto di un Seminario ad hoc, sarà lo
sfruttamento sessuale dei minori nel turismo, fenomeno di vaste proporzioni e
piaga sociale presente in numerosi Paesi. All’ordine del giorno anche la
trasformazione dell’OMT in Istituzione specializzata delle Nazioni Unite; gli
sviluppi operativi del Comitato mondiale di etica per il turismo; le iniziative
intraprese nel contesto del progetto denominato ST-EP, ovvero Turismo
sostenibile–Eliminazione della povertà.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo “Restate uniti attorno all’Eucaristia!”: è la
vibrante consegna affidata da Giovanni Paolo II ai Legionari di Cristo e ai
Membri del Movimento “Regnum Christi” in occasione del sessantesimo di
sacerdozio del fondatore, padre Marcial Maciel Degollado.
Nelle
vaticane, la visita del cardinale Crescenzio Sepe in Thailandia.
Il
messaggio del cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio
Consiglio per la Pastorale della Salute, per la Giornata Mondiale
dell’AIDS (primo dicembre 2004).
Nelle
estere, Ucraina: Yushenko respinge le proposte del primo ministro Yanukovic;
attesa per le decisioni della Corte Suprema.
In
Iraq non si arrestano le violenze. Il Ministro degli esteri britannico Jack
Straw ritiene “difficile” che possa essere rispettata la data delle elezioni,
fissata per il 30 gennaio.
Nella
pagina culturale, per la rubrica “Incontri”, Salvatore Accardo, intervistato da
Antonio Braga.
Per
l’“Osservatore libri” un contributo di Danilo Veneruso in merito all’opera di
Silvio Pellico “Le mie prigioni”, finalmente restituita alla versione
originale.
Nelle
pagine italiane, in primo piano lo sciopero generale di oggi.
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30 novembre 2004
IL PARLAMENTO UCRAINO RESPINGE LA RISOLUZIONE
DELL'OPPOSIZIONE
CHE
CHIEDEVA AL PRESIDENTE KUCHMA DI FAR DIMETTERE IL GOVERNO
DEL
PREMIER FILO-RUSSO YANUKOVIC
-
Ai nostri microfoni, Giulietto Chiesa -
Continua il braccio di ferro in
Ucraina. Il leader dell’opposizione, il filo occidentale Yushenko, ha rifiutato
la proposta del candidato filo russo, Yanukovic, che gli aveva offerto la
carica di primo ministro in cambio del riconoscimento dei risultati del
ballottaggio. La Rada, il Parlamento ucraino, ha respinto inoltre la mozione di
sfiducia presentata dai deputati dell’opposizione contro Yanukovich. Il
presidente della Duma di Mosca, Boris Gryzlov, ha intanto messo in guardia dai
possibili esiti della crisi ucraina: “La situazione - ha detto il politico, un
fedelissimo del presidente russo Vladimir Putin - potrebbe risolversi in una
secessione o in un bagno di sangue”. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Si continua a cercare una
soluzione alla crisi ucraina. Il premier Yanukovic ha promesso la carica di
primo ministro al suo contendente Yushenko in caso di riconoscimento della sua
vittoria al ballottaggio del 21 novembre, ma questi l’ha già rifiutata.
Annullare del tutto il voto non è possibile, ritiene Yanukovic, che è pronto a
farsi da parte se anche il suo avversario lo farà: allora il presidente uscente
Kuchma potrebbe indire nuove elezioni. Il premier avrebbe trovato nel
governatore della Banca Centrale, Serjei
Tighika, il suo delfino. Un “no” è giunto anche su questo punto. La Rada
intanto è riunita a discutere la difficile situazione in cui si trova il Paese.
Per lo speaker Litvine, lo scenario separatista sarebbe stato preparato prima
delle elezioni. Si chiedono misure contro i governatori del sud-est pronti a
staccarsi da Kiev. Il Parlamento ucraino discute anche su una mozione di
sfiducia presentata dall’opposizione contro il premier Yanukovic. La Corte
Suprema sta continuando la verifica delle accuse di broglio da parte di
Yushenko. I manifestanti hanno levato i blocchi ai palazzi governativi. La
protesta è già costata all’Ucraina 216 milioni di dollari. Il cancelliere
tedesco ha parlato al telefono con il presidente russo Putin. I due hanno
convenuto che l’esito di un eventuale nuovo voto andrà comunque rispettato.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato.
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Dunque
il leader dell’opposizione Yushchenko ha rifiutato la carica di premier
offertagli oggi dall’avversario Yanukovich. Ma da cosa è dettata questa nuova
strategia del candidato filo-russo? Risponde Giulietto Chiesa, europarlamentare
ed esperto di area ex sovietica, intervistato da Giada Aquilino:
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R. – A me
sembra una strategia abbastanza legata agli interessi del presidente russo
Putin, che si trova di fronte al problema di perdere un perno cruciale del suo
progetto di ricostituire un pezzo dell’Unione Sovietica, assieme a Bielorussia, Kazakhstan e forse anche
Armenia. È chiaro che Putin non può andare alla rottura in due dell’Ucraina, né
alla rinuncia al suo programma. Penso quindi che le istruzioni date a
Yanukovich siano quelle di tentare un compromesso onorevole per “l’opposizione
arancione” e anche per l’Occidente, un compromesso che significherebbe un
rinvio della resa dei conti sull’Ucraina, in modo da dare respiro anche alla
Russia.
D. – Dietro questa crisi c’è
quindi lo scontro tra grandi potenze internazionali?
R. – Non c’è alcun dubbio. C’è
sicuramente una fortissima ingerenza russa su questa crisi, ma c’è anche una
fortissima ingerenza di particolari settori europei e degli Stati Uniti
d’America, che nel tempo hanno lavorato per logorare l’influenza russa.
D. – Di fatto, rimane ancora
alto il rischio di una secessione delle regioni orientali del Paese?
R. – Credo sia altissimo.
D. – In questo quadro, quanto è
possibile una ripetizione del voto?
R. – Bisogna vedere quali sono
le garanzie che gli uni danno agli altri e gli altri danno agli uni. Potrebbe
essere una soluzione che permetta di rinviare ad altro momento il tentativo di
dare una risposta alla domanda: “Dove va l’Ucraina?”. Potrebbe essere una
soluzione ragionevole, razionale e utile. Lo scontro sarebbe ovviamente da
evitare ma mi pare che, allo stato attuale delle cose, non sia la soluzione più
probabile anche se auspicabile.
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DOMANI
IN FRANCIA IL PARTITO SOCIALISTA È CHIAMATO AD UN REFERENDUM INTERNO SULLA
COSTITUZIONE EUROPEA. MA IN ATTESA DI SAPERE CHE COSA SI DECIDERÀ
IN UNO
DEI PAESI FONDATORI DELL’EUROPA UNITA, GUARDIAMO ALLA SIGNIFICATIVA SCELTA DI
UNO DEI PAESI ULTIMI ENTRATI NELL’UNIONE: LA LITUANIA
- Intervista con Sigita
Maslauskhite -
Domani in Francia il partito
socialista è chiamato ad un referendum interno sulla costituzione europea. E’
un momento significativo del dibattito politico francese aperto dalla proposta
di Chirac di chiamare il popolo a pronunciarsi sulla Costituzione, invece del
voto parlamentare. Determinante sarà sapere la posizione del partito socialista
che finora si è mostrato diviso, anche se in molti sottolineano che è sempre
stato a favore dell'Europa e deve continuare ad esserlo. Ma in attesa di sapere
che cosa si deciderà in uno dei Paesi fondatori dell’Europa unita, guardiamo
alla significativa scelta di uno dei Paesi ultimi entrati nell’Unione. Il
servizio è di Fausta Speranza:
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Il dibattito in Francia di questi
giorni è la conferma che il processo di ratifica della Costituzione non è
facile. Paesi come Italia e Spagna avevano puntato sul fatto di essere i primi
a dare l’esempio: quello italiano aveva annunciato di voler ottenere il voto
del Parlamento entro la fine dell'anno; la Spagna, che ha scelto la via del
referendum che richiede tempi più lunghi, aveva comunque coniato lo slogan “Los
primeros en Europa”.
Prima, invece, è stata la
Lituania: Al Seimas, il Parlamento dell’ex repubblica sovietica, eletto nell'ottobre
scorso, ha dato il suo sì l’11 di questo mese, con 84 voti a favore, quattro
contro e tre astenuti. Dalla Repubblica lituana, dunque, cominciamo un viaggio
nella capitale di ognuno dei Paesi membri per capire come ogni popolazione
guardi a Bruxelles.
Ricordiamo che la Lituania
raccoglie su una superficie di 65.000 km²
una popolazione di 3,5 milioni che si dice informata al 78% da radio e Tv e di cui ben il 52% dichiara di essere a conoscenza
di cosa implichi la Costituzione. Ma sulle attese, ascoltiamo Sigita
Maslauskhite, storica e giornalista free lance che abbiamo raggiunto
telefonicamente a Vilnius:
R. – Certamente per prima cosa
ci si aspetta un miglioramento della vita dal punto di vista economico:
investimenti, turismo e altre varie cose che riguardano la vita normale e di
cui tutti nell’Europa occidentale godono. Penso che guardando a Bruxelles
l’ottimismo sia maggiore del pessimismo.
D. – Si parla della questione
euro, cioè di avere la moneta europea? In questo momento i 10 Paesi ultimi
entrati non hanno neanche un calendario precisissimo …
R. – Sì se ne parla. Sulla
questione dell’euro non abbiamo nessun problema.
D. – Negli altri Paesi d’Europa
è stato sentito con un forte valore dal punto di vista culturale, cioè una
unificazione nella stessa moneta che è simbolica della vita quotidiana…
R. – Noi non penso, perché non
abbiamo questa tradizione. Il littas, la nostra moneta, era in circolazione al
tempo della nostra prima indipendenza, all’inizio del XX secolo, che è durata
quasi 30 anni. Dopo è arrivata la dittatura sovietica ed avevamo come tutti i
Paesi sovietici, il rublo. Adesso abbiamo dal 1990 il littas, che deriva dalla
parola ‘Lituania’. E’ una bella moneta con bei disegni, però noi non siamo così
sensibili nei confronti dei nostri soldi come possono esserlo altri verso una
moneta che hanno magari da molti secoli.
D. – Dal punto di vista
culturale o della storia, come un lituano pensa all’unione all’Europa?
R. – Noi siamo stati sempre in
Europa. La nostra storia è veramente legata in maniera molto forte alla storia
della cultura, della mentalità dell’Europa. Soltanto durante i 50 anni della
dittatura sovietica c’è stato quello che normalmente si dice ‘lavaggio del
cervello’. Ci hanno fatto dimenticare che siamo europei, ci hanno fatto
dimenticare le nostre radici, la nostra identità come cristiani, come
cattolici, come lituani. Chi ha studiato nelle scuole sovietiche non ha mai
studiato la storia normale, abbiamo studiato soltanto la storia dell’Unione
Sovietica. D’altra parte, l’esperienza negativa della dittatura sovietica fa
dire alla gente: solo 10-15 anni che siamo liberi e già dobbiamo entrare in
qualche unione? La maggioranza, però, della popolazione lituana pensa che la
nostra vera identità lituana appartiene alla famiglia dell’Europa libera, certo
non sottovalutando quanto c’è di negativo in Europa: il consumismo, il
capitalismo che forse non era così sentito quando le frontiere erano chiuse.
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UN DOCUMENTARIO PER
FOTOGRAFARE IL MURO CHE,
A LAVORI FINITI, DIVIDERA’ ISRAELE DALLA PALESTINA
- Intervista con Claudio Camarca e Alì Rashid -
Sarà alto 8 metri e lungo circa
700 km il muro che, a lavori finiti, dividerà Israele dalla Palestina. Da alcuni
giorni questa nuova barriera del XXI secolo, mai vista in Europa, è
protagonista del film-documentario del regista Claudio Camarca, dal titolo “Un
infinito cerchio”. In diffusione su Sky Planet, il film è prodotto
dall’Associazione autori e produttori indipendenti e dalla Trion in
collaborazione con la Delegazione generale palestinese in Italia. Il servizio è
di Gabriella Ceraso:
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(Voci)
Otto voci per otto racconti di studenti
palestinesi premiati in un concorso scolastico sul tema: “Il momento in cui
sono cresciuto”. Sono loro ad accompagnare le scene del film di Claudio Camarca
e sono loro anche lo spunto del regista per narrare la storia di un popolo che
vive dietro un muro di separazione, ultimo atto di una tragedia che dura da
anni. Claudio Camarca ci spiega come è nata l’idea:
“Al muro ci sono arrivato per
sbaglio, perché sono andato in Palestina per fare un documentario su un
festival del cinema. Facendo la strada da Tel Aviv a Ramallah ho visto il muro
e a quel punto ho dirottato immediatamente la troupe. Abbiamo cambiato
itinerario e abbiamo seguito il muro per qualche chilometro. Non ho raccontato
la questione palestinese ebraica. Ho raccontato il muro, perché trovavo
abbastanza straordinario il fatto che una costruzione lunga 650 chilometri e
alta otto metri non fosse mai stata veduta in Occidente. Vuol dire che c’è una
volontà di non vedere. Ho chiamato questo documentario “L’infinito cerchio”,
perché il muro è il punto di arrivo di tanti muri che sono i check point, le
perquisizioni, lo sradicamento delle terre, le deportazioni della popolazione”.
Il documentario di Camarca è
muto, niente commenti né voci fuori campo, solo la musica e le immagini
inedite, riprese da troupe palestinesi al seguito dell’esercito italiano, e poi
i bambini, lì sotto la barriera di cemento, a raccontare le loro storie.
All’origine di tutto - ribadisce Camarca – un’esigenza etica:
“Un intellettuale eticamente non può dimenticare il muro. E’ un punto
nodale nella storia dell’Occidente. Dobbiamo tentare di abbatterlo. Ne è
crollato uno nel 1989 e mi sembra spaventoso ricrearne uno agli albori del
nuovo secolo”.
“Ha tutti i tratti di
irreversibilità e ostacola una soluzione politica del conflitto”: è questo il
duro commento alla costruzione del muro di Alì Rashid, primo segretario della
delegazione palestinese in Italia. Eppure il suo commento alla fine si apre
alla speranza, così come l’ultima scena del film che riprende un bambino palestinese
che sorride:
“E’ dalla
Palestina che dovrebbe nascere un nuovo messaggio di fratellanza. Io credo che
questa voce avrà grandi sostegni, partendo dallo stesso Santo Padre, che
esprime un parere di un’umanità che aspira alla pace”.
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AGOSTINO CASAROLI, L’UOMO E IL DIPLOMATICO
IN UN VOLUME DI COMOLLI E SALA DANNA
- Intervista con Gian Maria Comolli -
Ricorrono i 90 anni dalla nascita del cardinale
Agostino Casaroli che fu, tra gli altri incarichi da lui ricoperti, segretario
di Stato di Giovanni Paolo II. Per l’occasione, Gian Maria Comolli e Giacomo
Sala Danna hanno scritto un libro sulla vita e l’attività di questo grande
cardinale, morto il 9 giugno 1998. Del volume, intitolato “Il Cardinale
Casaroli. Per la fede e la giustizia” ed edito in questi giorni dalla Editrice
Berti, ci parla, nell’intervista di Giovanni Peduto uno degli autori, don Gian
Maria Comolli:
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R. – Ovviamente la vita del
cardinale, raccontata tenendo presente, da una parte l’aspetto storico delle
varie vicende in cui ha operato, dall’altra aneddoti e episodi poco noti che
mostrano la grande personalità umana e spirituale di Casaroli.
D. – Il cardinale Agostino
Casaroli è noto in particolare per la sua attività diplomatica. Ricordiamo la
cosiddetta “Ostpolitik”, il dialogo con il blocco comunista dell’est Europa…
R. – Sì, è l’attività che ha
occupato maggiormente la vita del cardinal Casaroli. Era iniziata nel maggio
del 1963, quando Casaroli si trovava a Vienna e ricevette l’ordine di Papa
Giovanni XXIII di recarsi a Budapest e a Praga per sondare la possibilità della
ripresa dei contatti con quei governi. Inizia così quello che lui stesso
ricorderà come il “martirio della pazienza”, perché le trattative si
dimostrarono molto difficili e procedevano a piccoli passi.
D. – Grande l’impegno del
cardinale anche in difesa della libertà religiosa nell’Europa orientale…
R. – Sì, ha teorizzato la sua
azione fissando tre obiettivi. Il primo obiettivo era la sopravvivenza: la sopravvivenza
della Chiesa era lo scopo primario dei suoi molteplici viaggi, dei colloqui con
i Paesi dell’est. Il secondo obiettivo era la libertà di nomina dei vescovi e
del minimo di vita ecclesiale. Il terzo obiettivo era la libertà totale per la
Chiesa anche in base ad accordi concordati.
D. – Già al suo tempo il
cardinale Casaroli parlava della necessità di fondare l’Europa sulle sue radici
cristiane…
R. – Sì, direi che è molto
significativo a questo proposito il discorso che tenne il 21 marzo del 1980
nell’Abbazia di Montecassino, dove affermò con forza che la civiltà europea
deve molto, se non tutto, al cristianesimo sia come dottrina che come
organizzazione ecclesiastica.
D. – Qual era la posizione di
Casaroli in merito al rapporto con l’islam?
R. – Sono due gli interventi
principali di Casaroli su questo argomento: quello del 21 maggio del 1989, nel
duomo di Como, dove ha commemorato il terzo centenario della nascita di Papa
Innocenzo XI, il Papa della battaglia di Vienna, e quello di Palermo del 10
aprile 1991. La conclusione fu sempre la stessa: la fede non si propaga sui
campi di battaglia con ostili polemiche, bensì proclamando in maniera forte e
con rispetto di carità, ma senza timide vergogne, con la parola e con la vita,
che Gesù Cristo è il Signore.
D. – Durante la sua attività
diplomatica, quali sono stati i principali trattati firmati dalla Santa Sede in
ambito internazionale?
R. – Ne ha firmati tanti. Io ne
evidenzio qualcuno: il primo agosto 1975, ad Helsinki, l’atto finale della Conferenza
per la sicurezza e la cooperazione in Europa; il 18 febbraio 1984 il testo di
revisione del Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica italiana; il 19
novembre 1990 la Carta di Parigi per una nuova Europa.
D. – E per quanto riguarda
Casaroli e la Cina?
R. – Un sogno del cardinale era
di andare in Cina, ma purtroppo non riuscì a realizzarlo. Casaroli, però,
pensava che con i cinesi le sorprese rimanessero sempre possibili e per questo
si applicò con determinazione allo studio della loro lingua, fino alla morte,
come risulta dalla grammatica, dai quaderni di esercizi conservati presso il
Centro studi di Bedonia, a lui dedicato.
D. – Al di là del suo impegno
diplomatico, chi era il sacerdote e l’uomo Agostino Casaroli?
R. – Io direi che era una persona
estremamente semplice, disponibile, diretto, affabile, con una grande
cordialità, umanità e la battuta sempre pronta. E soprattutto il suo volto era
illuminato da un sorriso gentile che non si spegneva mai, capace di dialogare
con tutti, dai potenti della Terra ai semplici, che sapeva sempre mettere a
proprio agio.
D. – Ci può ricordare un
episodio significativo della sua vita?
R. – Sì,
dobbiamo ricordare che Casaroli, almeno settimanalmente, si recava al carcere
minorile di Casal del Marmo, dove c’erano i ragazzi in carcere. Si sedeva con
loro, li ascoltava e aveva una parola ed un gesto di gentilezza per tutti.
L’episodio è proprio legato a questo fatto. Siamo nell’agosto del 1980 ed un ex
detenuto che lavorava in Germania tornò a Roma per cercare Casaroli. Da Roma,
questo ex detenuto era salito fino a Bedonia, in provincia di Parma, dove il
cardinale era in vacanza. I carabinieri della scorta, però, erano rimasti
insospettiti da quel giovane coperto di tatuaggi e lo avevano bloccato.
Riconosciutolo, il cardinale lo chiamò subito a sé e si chiuse nella sacrestia
della Chiesa, dove aveva celebrato la Messa, per 20 minuti con quel giovane.
Gli uomini della scorta erano preoccupati, ma poco dopo videro uscire Casaroli
con sottobraccio l’ex detenuto, che era giunto dalla Germania per chiedere a
padre Agostino, che era il suo unico amico, di telefonare alla fidanzata che lo
aveva lasciato.
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CINQUE SECOLI DI ARTE E DI STORIA ATTRAVERSO I
RITRATTI DEI PONTEFICI:
E’ LA RICCHEZZA DELLA MOSTRA “PAPI IN POSA. DAL
RINASCIMENTO
A GIOVANNI PAOLO II”, IN CORSO A ROMA,
E DEDICATA AL 26.MO ANNO DI PONTIFICATO DI KAROL
WOJTYLA
- Intervista con Francesco Petrucci -
Far ripercorrere cinque secoli
di arte e di storia attraverso i ritratti dei Pontefici. E’ lo scopo della
mostra “Papi in posa. Dal rinascimento a Giovanni Paolo II”, in corso a Roma a
Palazzo Braschi fino al 13 febbraio, e dedicata al 26.mo anno di Pontificato di
Carol Wojtyla. In esposizione, una cinquantina di dipinti e sculture che ben
testimoniano un genere, quello della ritrattistica papale, che non vuole
rappresentare l’interiorità di chi è rappresentato, ma piuttosto, il suo
ufficio spirituale e la funzione politica nella società. Ma qual è il modello
originario dei ritratti dei Papi? Roberta Moretti lo ha chiesto al curatore
della mostra, il dott. Francesco Petrucci:
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R. – I modelli, a partire dal
Rinascimento, sono essenzialmente due. Il primo è la statua di San Pietro,
nella Basilica Vaticana, che rappresenta il Pontefice assiso in Cattedra,
benedicente, che a sua volta deriva dal Salvator Mundi; l’altro è il
ritratto di Giulio II di Raffaello dove il Papa è seduto – questo significa la
stabilità, l’ortodossia, la conservazione dei valori universali del
cattolicesimo – ed è rivolto all’osservatore sul fianco destro per segno di
rispetto: Cristo siede alla destra del Padre. Il Papa stringe con la mano
destra un fazzoletto, riferimento simbolico al sudario di Cristo, emblema della
fatica del Pontefice nel combattere le avversità. Diciamo che, nel corso dei
secoli, si adattano questi schemi fondamentali alle caratteristiche del
Pontificato e alla singola personalità.
D. – Ci fa qualche esempio?
R. – Pio V amava farsi ritrarre
con un breviario in mano, in riferimento alla sua alta spiritualità. Gli
artisti spesso hanno circondato la sua testa di un’aureola, perché già vivente
era considerato un santo. Innocenzo XI, Papa Odescalchi, è stato molto
rigorista. Spesso si fece raffigurare vicino ad un crocifisso, in preghiera,
con un teschio che era un riferimento alla vacuità dell’esistenza terrena.
D. – Nell’epoca moderna, con la
fotografia e la televisione, qual è il senso della ritrattistica papale?
R. – Il ritratto come opera
d’arte rappresenta una sintesi. Per esempio, il ritratto che è l’immagine
ufficiale di Giovanni Paolo II, lo raffigura per la prima volta
nell’iconografia papale fuori dalle stanze vaticane, sullo sfondo della
Basilica Vaticana, in piedi con il pastorale, pronto alla comunicazione con il
mondo, quindi ben riflette le caratteristiche di questo Pontificato.
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30
novembre 2004
NOMINATO
IL NUOVO PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE CILENA, NEL CORSO DELL’88.ESIMA
ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI. SI TRATTA DI MONS. GOIC,
CHE HA ASSICURATO:
“DIFENDEREMO LA VITA IN OGNI SUA FORMA”
SANTIAGO. = “Saremo appassionati difensori della
vita”. Ha esordito così il nuovo presidente della Conferenza episcopale cilena,
mons. Alejandro Goić Karmelić, eletto nel corso della 88.esima
Assemblea plenaria, conclusasi venerdì scorso a Punta de Tralca. “In passato
siamo stati più volte criticati per aver difeso strenuamente la dignità
dell’uomo di fronte alla tortura. Oggi avviene lo stesso, anche se per altri
motivi. Rimaniamo sulle stesse posizioni – ha spiegato il presule – e
confermiamo il nostro impegno per la tutela della vita in ogni sua forma.
Questo per il bene del Paese”. “La vita è sacra dal concepimento fino
all’incontro con Dio. Continueremo a difenderla sempre – ha precisato – con il
dialogo e in un contesto pluralista”. “Il Paese deve prepararsi ad accogliere i
risultati dell’Informativa sulla prigionia politica e sulla tortura”, ha
continuato il nuovo presidente della Conferenza “e lo deve fare dimostrando
maturità e senso di responsabilità. Si tratta di un passo avanti per la
riconciliazione nazionale”. E in merito alla nuova legge sul matrimonio civile,
mons. Goic ha detto: “Senza alcun pregiudizio nei confronti della normativa,
per i vescovi il matrimonio indissolubile rimane un bene per il Cile. Faremo il
possibile per far sapere ai fedeli e alle persone di buona volontà il valore
dell’unità della coppia, con il massimo rispetto per coloro che non sono
riusciti nel progetto”. “Il sacerdote di cui il Cile ha bisogno -ha aggiunto il
presule - è un sacerdote santo, fedele al Signore e vicino alla gente”. (D.D.)
LA COMUNITA’ CATTOLICA
IMPEGNATA NELLA LOTTA ALL’AIDS IN PAPUA NUOVA GUINEA: APERTI TRE NUOVI CENTRI
DALLA CARITAS AUSTRALIA
PORT MORESBY. = La Chiesa cattolica in prima linea
in Papua Nuova Guinea per combattere la piaga dell’AIDS. L’epidemia e la
diffusione dell’HIV, infatti, sta crescendo rapidamente nel Paese. Il governo
ha reso noto che i malati di AIDS sono già oltre 15.000, su circa 5,7 milioni
di abitanti. Proprio per questo motivo, occorre un potenziamento delle
strutture sanitarie e dei centri specializzati per prevenire e combattere la
malattia. Un contributo prezioso nel campo medico lo offrono ospedali gestiti
dalla comunità cattolica. Di recente, inoltre, anche la ‘Caritas Australia’ ha
lanciato un progetto e stanziato fondi per rendere operativi tre nuovi centri
anti-AIDS in tutto il Paese. Il progetto quinquennale dell’organizzazione
umanitaria comprende anche la formazione di personale medico e paramedico
specializzato, fornitura di medicinali e attrezzature e cura del malato nelle
diverse fasi della sindrome da immunodeficienza. Lo scorso anno, invece, la
Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea ha lanciato la campagna “Born to
live”, per la lotta e la prevenzione all’AIDS. Nell’ospedale di Port Moresby,
le malattie legate all’AIDS sono la causa principale di morte. Il virus ha
colpito in uguale misura uomini e donne. La frangia di età più colpita va dai
15 ai 34 anni. (B.C.)
LA QUESTIONE DEGLI ORGANISMI GENETICAMENTE
MODIFICATI:
PRESENTATO IERI UN LIBRO, “OGM: MINACCIA O
SPERANZA?”, CON GLI ATTI
DI UN
CONVEGNO SVOLTOSI LO SCORSO ANNO IN VATICANO
ROMA. = “OGM:
minaccia o speranza?”. Con questo slogan si è svolto ieri a Roma, presso
l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, un convegno sulle biotecnologie,
considerate una possibile risorsa, ma anche un ulteriore rischio per l’umanità.
Nel corso dell’incontro, organizzato nell’ambito del master in Scienze
Ambientali, è stato presentato anche un volume che raccoglie gli interventi dei
relatori al Seminario sullo stesso tema organizzato dal Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace, tra il 10 e l’11 novembre 2003. Il libro raccoglie le voci
critiche degli esponenti di Greenpeace, come quelle del Ministro delle
Politiche agricole, Gianni Alemanno, ed è suddiviso in quattro capitoli: OGM e
ricerca scientifica; OGM alimentazione e commercio; OGM e sicurezza alimentare e
sanitaria; OGM e prospettive etiche. Nell’introduzione, il cardinale Renato
Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace, sottolinea che l’idea del seminario è nata da “un’esigenza profonda ed
essenziale della missione religiosa e morale della Chiesa”, che intende
“illuminare con la luce del Vangelo quanto riguarda la promozione dell’uomo e
l’affermazione della sua dignità”. Il presidente del dicastero ricorda poi che
il libro della Genesi rileva come “nel disegno del Creatore, le realtà create,
buone in se stesse, esistono in funzione dell’uomo”. “Il dominio dell’uomo
sugli altri esseri viventi, tuttavia, non deve essere un dominio dispotico e
dissennato; al contrario, egli deve coltivare e custodire i beni creati da Dio:
beni che l’uomo ha ricevuto come un dono prezioso, posto dal Creatore sotto la
sua responsabilità”. Il porporato sottolinea, infine, che il compito dell’uomo
è quello di coltivare, non quello di distruggere. “Coltivare – scrive –
significa intervenire, decidere, fare, non lasciare che le piante crescano a
caso. Coltivare significa potenziare e perfezionare, affinché vengano frutti
migliori e più abbondanti. Coltivare significa ordinare, pulire, eliminare ciò
che distrugge e rovina. Coltivare è il miglior modo di custodire”. (B.C.)
OLTRE
300 ADESIONI NEL MONDO PER L’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE
DELLE CITTA’ CONTRO LA
PENA DI MORTE. L’INIZIATIVA, GIUNTA ALLA TERZA
EDIZIONE, E’ PROMOSSA
DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
ROMA. = Si celebra oggi la “Giornata internazionale delle città contro la pena
di morte”, promossa dalla Comunità di
Sant’Egidio insieme con la città di Roma e la regione Toscana,
nell’anniversario della prima abolizione della tortura e della pena di morte
firmata il 30 novembre 1786 dal Granduca di Toscana Leopoldo. All’odierna
iniziativa, giunta ormai alla sua terza edizione, hanno aderito oltre 300 città
del mondo, da Madrid a Tirana, da Bogotá a Canberra. L’appello per una
moratoria universale promosso dalla stessa Comunità di Sant’Egidio ha, inoltre,
raccolto 5 milioni di adesioni in 150 Paesi del mondo. Da quando è iniziata la
campagna, 20 Nazioni hanno abolito o sospeso la pena di morte. Nell’Urbe
l’iniziativa è celebrata con due appuntamenti: un convegno sul tema “No alla
pena di morte”, a Palazzo Leopardi, e la Veglia delle ore 19.00 al Colosseo,
sul tema “No Justice without Life”, in collegamento con le città del mondo che
sostengono l’impegno abolizionista. (B.C.)
“ISLAM E OCCIDENTE”: E’ IL TITOLO DI UNA PREGEVOLE
OPERA DEL PADRE GESUITA
GIUSEPPE DE ROSA, DI CIVILTA’ CATTOLICA, SU CHE COSA
E’ L’ISLAM.
IL VOLUME E’ EDITO DA ELLEDICI E CIVILTA’ CATTOLICA
- A cura di Giovanni
Peduto -
ROMA. = Per comprendere i
problemi che l’Islam pone al mondo di oggi, in particolare al Cristianesimo e
all’Occidente, è necessario conoscerlo tanto nella sua storia passata e
presente, quanto nelle sue istituzioni religiose e politiche e nella
molteplicità delle correnti ideologiche che attualmente lo agitano. E’
l’obiettivo che si è proposto padre Giuseppe De Rosa, di Civiltà Cattolica,
pubblicando, per conto della Elledici e della stessa Civiltà Cattolica, un
volume dal titolo “Islam e Occidente”. Lo scopo è dare un’informazione
sull’Islam, il più possibile accurata e obiettiva. Perciò, la prima parte del
testo si sofferma sulla sua nascita nell’Arabia, sul suo fondatore, il profeta
Maometto, sul Corano, sulla natura della fede islamica, sulle opere che essa
prescrive, e, infine, sulla legge coranica. La seconda parte del volume esamina
la spiritualità islamica, cioè la sua concezione di Dio, del rapporto di Dio
con l’uomo e dell’uomo con Dio. Vengono messi in rilievo il monoteismo assoluto
professato dall’Islam, diverso dal monoteismo trinitario cristiano, e il
carattere proprio del musulmano, “servo” di Allah, sottomesso (muslim) al suo
volere assoluto. La terza parte del libro presenta alcuni aspetti dell’Islam
moderno, di cui oggi maggiormente si parla: il fondamentalismo islamico,
l’islamismo radicale e il terrorismo. Ma questi aspetti riguardano soltanto una
piccola minoranza dell’universo islamico. La quarta parte del testo sintetizza
i rapporti tra Cristianesimo e Islam, mentre l’ultima parte tratta dei
musulmani in Italia: da quali Paesi provengono, come vivono la loro fede
islamica e in che misura la praticano. La conclusione sottolinea la necessità
di evitare che la tensione oggi esistente tra l’Islam e l’Occidente sfoci in
uno “scontro di civiltà”, estremamente dannoso per tutti.
CRESCE L’ATTESA PER LA NUOVA
STAGIONE DELLA SCALA DI MILANO,
DOPO 910 GIORNI DI RESTAURO. IL
MAESTRO MUTI, INCONTRANDO IERI SERA ALCUNI
STUDENTI DELL’UNIVERSITA’
STATALE, HA SPIEGATO LA SCELTA DELL’OPERA
“EUROPA RICONOSCIUTA” DI ANTONIO
SALIERI PER L’INAUGURAZIONE
- A cura di Fabio Brenna -
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MILANO. = Un mito in linea col neoclassicismo
dell’epoca, un libretto scadente, ma la musica ha lo stampo della melodia
italiana ed è di primissima qualità. Il maestro Riccardo Muti rivaluta Antonio
Salieri e la sua “Europa riconosciuta”
e spiega la scelta di questa opera particolare per inaugurare la Scala, che
torna nella sua sede storica dopo 910 giorni, tanti quanti sono durati i
complessi lavori di restauro. Muti ha incontrato gli studenti dell’Università
statale, offrendo una lettura interessante ed ironica dell’opera che il 3
agosto 1778 inaugurò il Teatro alla Scala nuovo di zecca. L’Europa Riconosciuta
è opera sconosciuta ai più e di cui esistono poche testimonianze, ha un
libretto “di cui non si capisce niente”, come ha ammesso lo stesso Muti, ma
rappresenta al meglio la sfida che attende la rinnovata Scala: la massima
espressione di un perdente come Salieri, che lo fu solo al cospetto di un genio
assoluto come Mozart. Nelle due ore di conversazione, Muti si è anche messo al
piano per eseguire alcune arie dell’opera e spiegare ancora come a suo tempo
questa avesse una funzione più di intrattenimento, con il popolo davanti al
palcoscenico ed i nobili sopra, nei palchi, che mangiavano e gli gettavano
pezzi di pollo in testa. L’incontro di Muti è una delle molte iniziative legate
alla grande prima milanese che aspira a diventare un evento mondiale. Mostre,
presentazioni e concerti accompagneranno al 7 dicembre quando riaprirà la Scala
dopo l’esilio forzato nel periferico teatro degli Arcimboldi. Lavori radicali
di ristrutturazione, portati a termine nei tempi previsti e che hanno
riguardato l’intero edificio per un investimento di circa 49 milioni di euro,
cambiando i connotati al teatro. La facciata del Piermarini è ora sovrastata
dal contestato ellisse in cui l’architetto ticinese Mario Botta ha piazzato la
nuova torre scenica. All’interno, lo spazio scenico è aumentato fino ad
occupare una superficie di 1600 metri quadrati. Anche il palcoscenico è più
grande, mentre i 2400 posti sono distribuiti in quattro file di palchi e due
gallerie. Scompare il loggione con i tradizionali posti in piedi e sono stati
salvaguardati i colori rosso e oro della tradizione scaligera. In platea,
innovative poltrone ergonomiche dotate di display su cui seguire l’opera.
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30 novembre 2004
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Almeno 7 civili morti nei pressi
di Baji, nel nord del Paese, per l’esplo-sione di un’autobomba e un soldato
rimasto ucciso in un attentato a nord di Baghdad: sono le conseguenze delle
azioni compiute in Iraq dalla guerriglia. E intanto Al Qaeda con un messaggio
del medico egiziano Al Zawahiri ha sottolineato come “la caduta di Baghdad
rappresenti la resa di tutti i Paesi che hanno abbandonato la Jihad”. Sul
futuro del Paese è stata aperta a Teheran una conferenza alla quale
partecipano, tra gli altri, i ministri dell’Interno di Iran, Arabia Saudita,
Siria e Turchia. Tema principale del summit le elezioni previste in Iraq il
prossimo 30 gennaio. Ma come si sta avvicinando il Paese arabo a questa
consultazione? lo abbiamo chiesto ad Anna Migotto, giornalista Mediaset, che ha
seguito sul campo il conflitto:
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R. – La situazione è difficile.
Il governo ha comunque deciso che le elezioni si terranno il 30 gennaio. Si sa
che ci sono minacce, non si sa come potranno essere tenuti comizi, non si sa
come potranno essere allestiti i seggi ... Indubbiamente, io credo che se le
elezioni debbono essere una svolta, possono esserlo soltanto con la
partecipazione di tutte le rappresentanze che fanno il popolo dell’Iraq.
D. – In Iraq, diversi partiti
hanno chiesto di posticipare il voto ma questa ipotesi è stata respinta.
Perché, e quali conseguenze avrebbe avuto un rinvio?
R. – Tutta la componente sciita,
che è la componente di maggioranza, ha un assoluto interesse a che queste
elezioni si svolgano. Ci si chiede che significato potrebbe avere, quale
parlamento potrebbe uscire da un voto dove, ad esempio, i sunniti non fossero
rappresentati? I sunniti sono quella parte che in questo momento ha dato più
uomini alla guerriglia; senza di loro non si può andare da nessuna parte.
D. – L’appuntamento elettorale
può dunque ricomporre realmente le varie fazioni del Paese, come da tutti
auspicato?
R. – Un appuntamento elettorale
potrebbe portare ad una ricomposizione. Il problema è come si arriva a questo
appuntamento elettorale? In queste condizioni, con parti del Paese che
potrebbero decidere di non votare, altre che potrebbero voler votare e che in
realtà non potranno votare per le condizioni sul territorio, credo che non
sarebbe un esito realmente democratico e rappresentativo.
D. – In questo periodo di attesa
prima delle elezioni, le azioni della guerriglia sembrano essere entrate
comunque in una fase meno cruenta. E’, questo, un dato che può far sperare?
R. – Indubbiamente, c’è una
battuta d’arresto. Evidentemente, l’operazione di Falluja ha sicuramente dato
una battuta d’arresto alle organizzazioni che da Falluja operavano.
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Lo Stato di Israele ha tutto
l’interesse che l’Autorità nazionale palestinese scelga quanto prima il
successore di Arafat. E’ quanto emerso dalle dichiarazioni rilasciate dal
premier Ariel Sharon e dall’incontro di ieri, a margine del Vertice
euromediterraneo, tra il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Shalom, e il suo
omologo palestinese, Shaath. Il governo dello Stato ebraico ha rischiato,
intanto, le dimissioni a causa di due mozioni di sfiducia. Il servizio è di
Graziano Motta:
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Senza maggioranza in Parlamento Sharon è riuscito ieri ad
evitare la caduta del governo sulla politica sociale, grazie ad alcune manovre
astensionistiche di partiti minori. Così con un solo voto è stata bocciata una
mozione di sfiducia dei laburisti e due altre mozioni, ancorché approvate, non
hanno raccolto i 71 voti necessari per obbligarlo alle dimissioni. Identico è
lo scenario di domani alla Camera dove approda in prima lettura la legge
finanziaria. Per evitare una disfatta il premier ha lanciato promesse di
finanziamento ai due partiti e ha minacciato di espulsione i ministri del
partito laico Shinui che si sono ribellati al baratto di voti. In campo
palestinese un esponente fondamentalista di Hamas avanza, intanto, l’idea di
una tregua di 10 anni nella lotta armata allo Stato ebraico e un sostegno al
governo dell’Autorità palestinese. Prospettive che sono ben viste da Abu Mazen,
ma rifiutate dalla direzione politica di Hamas.
Graziano Motta, per la Radio
Vaticana.
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Una grande manifestazione contro la risoluzione
1559 dell’ONU e a sostegno della presenza militare siriana in Libano è stata
indetta oggi nella capitale dalla sezione libanese del partito Baath al potere
in Siria, con l’appoggio del governo di Beirut, del premier Omar Karame. La
Siria ha inviato le proprie truppe in Libano nel 1976 con l’obiettivo
dichiarato di porre fine alla guerra civile. Dopo gli accordi di Taif (Arabia
Saudita), che nel 1990 hanno posto fine al conflitto, la Siria ha ridotto solo
in parte la propria presenza militare in Libano.
In Romania il leader
dell'opposizione centrista, Basescu, ha chiesto che vengano ripetute le
elezioni presidenziali e politiche di domenica scorsa menzionando frodi elettroniche nel conteggio dei voti. Secondo lo
spoglio, è in leggero vantaggio il premier Nastase e il suo partito
socialdemocratico.
La decisione della giunta militare del Myanmar di
prolungare gli arresti domiciliari per la leader dell’ex Birmania, Aung San Suu
Kyi, ha gettato un’ombra sui lavori del vertice Asean. Il Summit, che riunisce
i Paesi del sudest asiatico, si conclude oggi in Laos. Ascoltiamo Maurizio
Pascucci:
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La notizia secondo la quale la
giunta militare birmana avrebbe prolungato i domiciliari per il premio Nobel
per la pace Aung San Suu Kyi, ha stupito i leader
dei dieci Paesi aderenti all’ASEAN riuniti a Vientiane.
Nel 2006 sarà proprio la Birmania, infatti, ad assumere la presidenza di turno
del gruppo. Per molti osservatori però il caso mette in evidenza il punto
debole dell’ASEAN: i Paesi aderenti sono vincolati da un accordo di non
interferenza rispetto alle accuse sul mancato rispetto dei diritti umani
all’interno dei singoli confini. L’imbarazzo provocato dal prolungamento dei
domiciliari per Aung San Suu Kyi ha fatto
presto dimenticare lo storico accordo con cui ieri i Paesi dell’ASEAN e la Cina
hanno gettato le basi per la creazione del più grande mercato del mondo, un
contesto che potrà contare su una popolazione di quasi 2 miliardi di persone e
che potrebbe diventare realtà entro la fine del decennio.
Maurizio Pascucci, per la Radio
Vaticana.
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Oltre trecento persone sono
morte per l’ondata di maltempo che si è abbattuta sulle Filippine. I
soccorritori sono alla disperata ricerca di sopravvissuti tra centinaia di
tonnellate di detriti trascinati da frane e inondazioni. La situazione più
difficile è quella dell’isola di Luzon dove il crollo dei ponti rende
impossibili i collegamenti.
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