RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
333 - Testo della trasmissione di domenica 28 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Venezuela il terzo incontro americano dei giovani
missionari
Inaugurata ieri a Firenze una mostra su i bambini e le
guerre
Da domani fino al 7 dicembre nella Basilica dei 12
Apostoli novena dell’Immacolata
In Ucraina, appello del
presidente uscente Kuchma per un compromesso tra le parti. Domani, la Corte
suprema esaminerà il ricorso del candidato dell’opposizione, Yushenko.
28
novembre 2004
NEL PERIODO D’AVVENTO, RICOPRIRE CON FERVORE IL
VOLTO DI CRISTO PRESENTE NELL’EUCARISTIA, RISCOPRENDO IL VALORE DELLA MESSA
DOMENICALE:
LO HA DETTO ALL’ANGELUS IL PAPA, CHE HA PREGATO
PER LA PACE IN UCRAINA
- A cura di Alessandro De Carolis -
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Il mistero dell’Incarnazione e il
mistero dell’Eucaristia: due cardini della fede cristiana, che l’Avvento di quest’anno
vincola in modo particolare, invitando i credenti a riscoprire “con nuovo
vigore” il senso della Messa domenicale. All’Angelus di oggi, Giovanni Paolo II
ha centrato su questo aspetto il suo pensiero domenicale, rivolgendosi ai circa
trentamila presenti radunatisi in una Piazza San Pietro incorniciata da un sole
luminoso, e segnata dalla presenza, tra gli altri, di alcuni pellegrini ucraini
ai quali il Papa ha assicurato preghiere per la pace della loro terra.
Nel
presentare, con la prima domenica di Avvento, l’inizio del nuovo anno liturgico,
il Papa ha affermato che durante i prossimi mesi il volto di Cristo presente
nell’Eucaristia sarà contemplato dalla Chiesa con “particolare fervore”.
“Gesù, Verbo incarnato, morto e risorto, è il centro della storia. La
Chiesa lo adora e coglie in Lui il senso ultimo ed unificante di tutti i
misteri della fede: l’amore di Dio che dona la vita”.
Giovanni
Paolo II ha quindi ricordato la “provvidenziale coincidenza” costituita dal
24.mo Congresso eucaristico nazionale italiano, che si svolgerà a Bari dal 21
al 29 maggio 2005 e che proprio in questi giorni inizia il suo cammino di
preparazione. Il Pontefice ne ha posto in rilievo il titolo - “Senza la
domenica non possiamo vivere” – ed ha invitato la comunità ecclesiale
italiana “a prepararsi con grande cura a tale appuntamento spirituale,
riscoprendo – ha aggiunto, citando la lettera apostolica Dies Domini - ‘con nuovo vigore il senso della Domenica: il suo
‘mistero’, il valore della sua celebrazione, il suo significato per l’esistenza
cristiana ed umana”. Il Papa ha terminato invocando dalla Madonna, definita “Donna
eucaristica e “Vergine dell’Avvento, la grazia per tutti i fedeli di essere
“pronti ad accogliere con gioia il Cristo che viene, e a celebrarne degnamente
la presenza sacramentale nel Mistero eucaristico”.
Al momento dei saluti, al termine della preghiera mariana, Giovanni Paolo
II ha avuto un pensiero per gli ucraini, alcuni dei quali sventolavano sciarpe
arancione nella piazza. Riferendosi alla situazione critica in cui versa in
questi giorni la nazione, il Papa ha assicurato la sua preghiera per la pace
nel Paese. Il Pontefice ha salutato anche i soci della Croce Rossa italiana,
apprezzandoli per il loro incessante servizio di solidarietà verso chi è nel
bisogno ed auspicando per loro “pieno successo all’azione umanitaria”, in
Italia e all’estero. E un apprezzamento “per il loro servizio alla Chiesa e
alla società” è andato inoltre al gruppo della Confederazione Italiana dei
Consultori familiari di ispirazione cristiana.
Infine, Giovanni Paolo II si è congratulato con il cardinale arcivescovo
di Palermo, Salvatore De Giorgi, per aver promosso, al termine del Congresso
eucaristico diocesano, l’esecuzione dell’Opera lirica “Il mistero del Corporale”.
Il testo della rappresentazione, un atto unico ispirato al miracolo eucaristico
di Bolsena, è stato scritto da Raffaello Lavagna e musicato da Alberico
Vitalini, entrambi autori della nostra emittente. La terza e ultima
rappresentazione, prevista per questa sera alle 21,15 nel capoluogo siciliano,
sarà seguita in diretta televisiva da alcune emittenti.
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28
novembre 2004
AVVENTO 2004, TEMPO DI
PREPARAZIONE ALLA VENUTA DEL CRISTO,
PRESENZA VIVA NELL’EUCARISTIA
- Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -
A poche settimane dall’avvio
dell’Anno speciale dedicato all’Eucaristia, anche il periodo di Avvento assume,
come ricordato dal Papa, una connotazione particolare: la venuta di Cristo nel
mondo si fonde con il mistero del suo eterno tornare tra gli uomini, attraverso
l’Eucaristia. Su questi temi, Giovanni Peduto ha raccolto il commento
dell’arcivescovo prelato di Loreto, Angelo Comastri:
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R. – La parola “Avvento” vuol dire “venuta”. Noi ricordiamo la venuta di
Gesù nella storia e la ricordiamo per prendere coraggio, mentre lavoriamo per
preparare il suo ritorno. Guardiamo indietro, certamente: guardiamo il
compimento del tempo. Ma mentre camminiamo nel tempo, noi avvertiamo anche la
mancanza del compimento della salvezza, la mancanza dell’accoglienza della
salvezza da parte di tante persone nella storia, e allora, guardando indietro,
prendiamo coraggio per ricordarci che Gesù ritornerà, e noi dobbiamo lavorare
per preparare il suo ritorno.
D. – Come vivere il tempo
dell’Avvento in quest’Anno dell’Eucaristia?
R. – L’Eucaristia è il sacramento della presenza, è il dono della presenza.
Ogni volta che noi ci accostiamo all’altare, dobbiamo ricordare il contesto in
cui Gesù ci ha donato l’Eucaristia: mentre Giuda era già pronto al tradimento,
mentre Pietro aveva nel cuore già la debolezza del rinnegamento, mentre tutti
gli apostoli stavano per abbandonare Gesù e lasciarlo solo, Gesù dona
l’Eucaristia. L’Eucaristia, allora, è un dono immeritato e immeritabile. Ogni
volta che ci accostiamo al sacramento dell’Eucaristia, ogni volta che celebriamo
la Santa Messa dobbiamo dire: “Dio mi ama per puro amore”, e questo amore
libero di Dio è il motivo su cui noi fondiamo il nostro ottimismo, la nostra
fiducia, la nostra capacità di ricostruire ogni giorno il “sì” a Lui.
D. – Oggi il mondo è sconvolto da tanta violenza.
Come nutrire la speranza in un tempo
che vedrà la vittoria del bene?
R. – Il mondo da sempre è sconvolto dalla violenza, perché nel mondo
convivono il bene e il male per volontà di Dio. Gesù l’ha detto: “Il Regno di
Dio è simile ad un campo in cui crescono insieme grano e zizzania”. Quello che
è importante, per noi, è non guardare sempre la zizzania, ma guardare anche il
grano. Ci sono le tenebre, ma c’è anche la luce. C’è il male, ma c’è anche il
bene. C’è la violenza, ma c’è anche tanto amore. Guardiamo l’amore, guardiamo
il bene, guardiamo il grano. Ma soprattutto, cerchiamo di essere grano per
potere in questo mondo allargare gli spazi del Regno di Dio.
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L’ANALISI DELLE LUCI E
DELLE OMBRE DELLA VITA RELIGIOSA
IN VISTA DI UN SUO RILANCIO DAVANTI ALLE SFIDE DEL
NUOVO SECOLO.
CONCLUSO A ROMA IL PRIMO CONGRESSO M0NDIALE DELLA
VITA CONSACRATA
- Servizio di Jean-Baptist Sorou -
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Cinque sono
i punti fondamentali che padre Alvaro Rodriguez, presidente dell’Unione dei
Superiori Maggiori, ha presentato tirando le somme di una intensa settimana di
lavoro e di confronto tra religiose e religiosi di diverse provenienze.
Primo punto: la centralità di
Cristo e quindi del suo Vangelo, come regola principale dell’intera vita delle
persone consacrate. Ne deriva, ha detto, una rinnovata vita spirituale per
assumere lo spirito stesso di Cristo. Se mancherà questo rinnovamento
spirituale - ha aggiunto - la vita consacrata perderà ogni freschezza e non
potrà affatto avere la stessa compassione del Samaritano per il prossimo. La
Missione, altro punto rilevante del suo intervento conclusivo, non può che nascere
da un vero innamoramento del progetto di Dio per l’umanità. Le persone consacrate
scopriranno questo progetto lasciandosi toccare dalle ferite dei loro contemporanei,
colpiti dalle strutture di sfruttamento, e dal grido di chi chiede più
giustizia. L’ora è venuta, ha affermato padre Rodriguez, di smettere con
l’indifferenza davanti alle sofferenze e dolori di tanti fratelli e sorelle.
Per piangere però con chi piange, è necessario che le persone consacrate
accettino la loro umanità con le sue realtà. Solo questo renderà più attraente
il dono di sé per i giovani.
I giovani religiosi l’hanno
richiesto durante il Congresso.
Vogliono comunità, più espressive, con relazioni umane di qualità; comunità
aperte anche all’esterno. Ed infine, facendosi sempre voce del Congresso, il
presidente dell’USMI, ha parlato dell’inculturazione e della fine dello stile
“eurocentrista” delle Congregazioni e degli Ordini religiosi. La vita
consacrata, ha spiegato, è un cantiere e ogni membro deve partecipare agli
stessi obiettivi, secondo la sua cultura d’origine e non seguire il modello
unico europeo, ha concluso.
Questi punti provengono da
un’autocritica che le persone consacrate hanno fatto, contemplando le due icone
della Samaritana e del Buon Samaritano. Una religiosa diceva che per la prima
volta i religiosi non hanno nascosto le proprie vulnerabilità e ferite. Sarà
una via per far entrare il Signore che sana. Per cui, il documento finale parla
di “Speranza” e di “cantiere aperto”. Il Congresso certo è concluso, ma la sua
celebrazione comincia adesso, hanno sostenuto tutti presenti.
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MOZAMBICO: LA PACE POSSIBILE NEL CONTINENTE
AFRICANO
- Intervista con Aldo Ajello -
Il caso del Mozambico dimostra che, anche in Africa, è possibile promuovere
la pace e lo sviluppo. Nei giorni scorsi, si è svolta a Roma una conferenza promossa
dalle Nazioni Unite e dalla Cooperazione Italiana incentrata sulla situazione
in Mozambico, Balcani e Afghanistan. Proprio la realtà mozambicana ha
catalizzato maggiormente l’attenzione. A dodici anni dagli Accordi di pace –
siglati a Roma dopo una sanguinosa guerra civile – il Paese africano prosegue,
infatti, sulla strada dello sviluppo sociale, nella difesa e promozione dei
diritti umani. Un successo a cui ha contribuito notevolmente la Comunità di
Sant’Egidio, ma che, purtroppo, resta un caso isolato nel difficile panorama
africano. Alessandro Gisotti ne ha parlato con Aldo Ajello, attuale rappresentante
dell’Unione Europea per la Regione dei Grandi Laghi, che all’epoca degli Accordi
di pace svolse un ruolo determinante in qualità di Rappresentante speciale
delle Nazioni Unite in Mozambico:
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R. – Ci sono alcune modalità del processo di pace che abbiamo seguito in
Mozambico e che potrebbero proficuamente essere utilizzate in altre situazioni
analoghe in Africa e che per il momento non lo sono. Il modello mozambicano ci
ha portato ad un successo non solo sul momento ma ad un successo consolidato se
consideriamo che da dieci anni ormai il Mozambico è in pace, ha avuto già due elezioni
presidenziali e si accinge a fare la terza.
D. – In Mozambico c’è stato un successo delle Nazioni Unite, della
Comunità internazionale. Grande anche il ruolo delle organizzazioni non
governative. Uno pensa subito alla Comunità di Sant’Egidio, quindi alla società
civile. Insomma una sinergia che ha funzionato?
R. – C’è
una formula negoziale nuova, che è stata sperimentata proficuamente una volta e
ahimé non ripetuta, che è quella di un governo – il governo italiano nella
fattispecie - che si è offerto di fare da mediatore in un processo di pace difficile
come quello mozambicano e l’ha fatto congiuntamente con un organismo non
governativo - la comunità di Sant’Egidio - creando questa sinergia, durata due
anni, in cui ha sempre funzionato costantemente. Alla fine di questo processo
quello che è venuto fuori è un accordo di pace, nel quale i problemi seri non
erano stati accantonati, come si fa frequentemente in questo tipo di negoziati.
D. – Ecco, guardiamo al suo impegno diretto oggi: dopo il Mozambico, un
successo, una situazione quanto mai difficile, complessa anche quella dei
Grandi Laghi…
R. – Un esempio,abbastanza importante, è la questione della
smobilitazione delle forze armate regolari ed irregolari, che nel caso del
Mozambico abbiamo fatto in sei-sette mesi. Prendiamo il caso adesso della regione
dei Grandi Laghi dove si è fatto un gigantesco progetto regionale che è stato
affidato alla Banca Mondiale. La Banca Mondiale è un’eccellente organizzazione
di sviluppo senza esperienza alcuna per quello che riguarda le operazioni di
peace-keeping, di mantenimento della pace. Si è creata una gigantesca
burocrazia che avrà enormi difficoltà a funzionare. Siamo in presenza di
una cultura dello sviluppo, di una cultura dell’umanitario, ma non abbiamo una
cultura del peace-keeping.
D. - Quindi si può dire che la condizione preliminare non solo per il
Mozambico,dove è riuscito, è la sicurezza?
R. – L’idea di fare lo sviluppo senza avere stabilità e sicurezza non
significa niente. Bisogna avere il coraggio di modificare le priorità dello
sviluppo. La lotta contro la povertà, ecc., tutte cose assolutamente corrette,
ma al tempo stesso abbiamo avuto una riluttanza profonda ad occuparci di
problemi militari. Se noi non abbiamo il coraggio di rivedere le nostre
priorità e di dire a questo punto la cosa essenziale è la riforma del settore
sicurezza, esercito e polizia, allora avremmo creato una struttura che permette
di garantire questa stabilità e sicurezza.
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AL
VIA, DOMANI, IL SUMMIT DI NAIROBI PER FARE IL PUNTO SULL’ATTUAZIONE
DEL
TRATTATO DI OTTAWA, PER LA MESSA AL BANDO DELLE MINA ANTIUOMO.
NONOSTANTE
UNA MAGGIORE SENSIBILITA’, LA SITUAZIONE MONDIALE RESTA GRAVE
-
Intervista con Simona Beltrami -
A
Nairobi contro le mine. Prende il via domani in Kenya il Summit sull’attuazione
del Trattato di Ottawa per la messa al bando delle mine. Si tratta di
un’opportunità storica per una Conferenza che vede riunite oltre 150 delegazioni
governative e 200 rappresentanti delle organizzazioni internazionali e non governative.
Per una valutazione della situazione, Stefano Leszczynski ha intervistato
Simona Beltrami, della Campagna italiana contro le mine:
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R. – Le “luci” riguardano la
riduzione drastica della produzione delle mine nel mondo, che ormai si fa solo
in 15 Stati del pianeta, il blocco del commercio legale di mine e la riduzione,
anche se notevole, del numero di governi che ne fanno uso. Le ombre sono la situazione
che si vive in almeno 83 Paesi, dove la popolazione ancora è costretta a convivere
con l’incubo delle mine, un incubo che miete dalle 15 alle 20 mila vittime ogni
anno.
D. – E’ un problema molto grave,
sul quale le organizzazioni non governative puntano molto l’attenzione ...
R. – Sicuramente. L’assistenza
alle vittime delle mine è uno dei pilastri del Trattato di Ottawa. Ma mentre la
bonifica dei territori eliminati ha avuto un’attenzione abbastanza importante
da parte della comunità internazionale - delle istituzioni che finanziano
progetti di cooperazione - l’assistenza alle vittime è ancora affidata molto,
per così dire, al buon cuore degli Stati in cui queste persone vivono, oppure a
progetti di emergenza che però non tengono conto dell’impatto a lungo termine
su una persona che, oltre a superare il trauma fisico e psicologico
dell’incidente che ha subito, deve cercare di rifarsi una vita in condizioni
che spesso sono proibitive.
D. – L’Italia è stata uno dei
grandi produttori di mine in passato, e tuttavia è stata anche uno dei Paesi
che forse meglio hanno risposto alle esigenze del Trattato di Ottawa...
R. – L’Italia ha fatto molto,
negli ultimi dieci anni, per lasciarsi alle spalle un passato pesante di
produttore di mine, tra i tre principali del mondo. Ad un certo punto, l’Italia
ha aderito al Trattato di Ottawa ed ha anche devoluto dei fondi ad iniziative
ità di sminamento umanitario, di assistenza alle vittime e a programmi di
prevenzione. Purtroppo, però, sembra esserci una tendenza ad un calo di attenzione
nel nostro Paese rispetto a questo problema: i fondi stanziati sono stati
tagliati ben del 50 per cento, ed è quindi preoccupante che un Paese con una
responsabilità morale pesante, come quella che portiamo noi, si presenti a
Nairobi con le mani semivuote.
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E’
NATO “PRONTOFAMIGLIA”: UN CALL CENTER E UN SITO INTERNET
PER OFFRIRE CONSIGLI ETICI E
PRATICI ALLE FAMIGLIE IN DIFFICOLTA’
MA ANCHE INFORMAZIONI DI TIPO
CULTURALE E RICREATIVO
- Intervista con Livio Augusto
Del Bianco -
Un call center per le famiglie che vivono situazioni di disagio, ma
anche per quelle che desiderano integrarsi meglio nel territorio: è
l’iniziativa ideata e lanciata dalla Fondazione Beltrame Quattrocchi, che dopo
due anni di lavoro, ha presentato il progetto “ProntoFamiglia”. Il servizio di
Massimiliano Menichetti.
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Dare risposte alle famiglie in
difficoltà, ma anche bisognose di informazioni e consigli, e farlo attraverso
un sito internet, “prontofamiglia.it”, oltre a un call center dotato di numero verde, attivo dal primo febbraio
prossimo. Questi sono gli strumenti pensati dalla Fondazione
Beltrame Quattrocchi insieme alla Cei, la Caritas e il Forum delle associazioni
familiari. Il progetto, che prende il nome di “ProntoFamiglia”, vede la sua
punta di diamante nel call center,
che si pone in posizione intermedia tra
le molteplici domande e una fitta rete di centri, diocesani o provinciali, che
possono offrire risposte. Livio Augusto Del Bianco, presidente della Fondazione
Beltrame Quattrocchi:
“Noi adesso abbiamo impostato dei campi di intervento sul piano etico,
pastorale, ma anche giuridico, amministrativo e psicologico. Quindi, una gamma
abbastanza vasta di temi da trattare. Noi cerchiamo di essere proprio un
servizio di informazione che copre tutte le esigenze quotidiane”.
Il numero verde del
servizio sarà comunicato solamente in seguito. Ma intanto, il progetto vuole
lanciare un segnale alle istituzioni. Ad essere coinvolte sono 180 diocesi ed
un nutrito gruppo di volontari, che hanno costruito la mappa dei centri idonei
ad offrire servizi e impegnati a lavorare al call center. Ancora Del Bianco:
“Noi pensiamo che la famiglia debba ritrovare una sua dimensione nella società
come cellula fondamentale, perché in passato si è intervenuti per aiutare più
il singolo che il soggetto-famiglia, quasi nell’incapacità di vedere che
l’interlocutore era la famiglia nel suo insieme”.
“ProntoFamiglia”
aggiornerà costantemente il proprio archivio dei servizi in base alle richieste
e non si occuperà solamente di disagio, ma anche di accoglienza, turismo,
attività culturali e ricreative per tutte le età.
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ARRIVA IN TELEVISIONE, LA FICTION SU DON GNOCCHI,
L’“ANGELO” DEI MUTILATINI,
I BAMBINI VITTIME DELLA GUERRA
- Servizio di Marina
Tomarro -
“Don Gnocchi l’angelo dei bimbi” è la fiction in due puntate in onda in
prima serata domani e martedì su Canale 5. Il film, prodotto da Guido e
Maurizio De Angelis, è stato realizzato con la collaborazione della regione
Piemonte. Don Gnocchi è interpretato dall’attore Daniele Liotti, mentre nel
cast spiccano i nomi di Ugo Pagliai e Philippe Leroy, rispettivamente nelle parti del cardinale
Schuster e di Papa Pio XII. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro.
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Un uomo forte e
generoso ma a volte anche aspro: così viene descritto don Carlo Gnocchi nella
fiction di Cinza TH Torrini. Girato tra il Piemonte e la Bulgaria, il film
racconta l’articolato percorso spirituale che portò don Gnocchi nel secondo dopoguerra
a dar vita ad una federazione di aiuto e assistenza ai mutilatini, cioè i
bambini vittime della guerra. Ma qual era il suo rapporto con i piccoli?
Risponde Suor Plinia Penon, che a Roma lavorò nel centro di Santa Maria della
Pace fondato da don Gnocchi:
R. - Prima di
tutto, lui inculcava un grande rispetto per i bambini. Era “dono per loro”.
Quando parlava della sofferenza ai bambini, era come un papà che diceva: “Gesù
ha fatto questo”. Amava tanto i bambini e quando passava da loro era una festa.
Quando veniva a casa, veniva nei dormitori che allora avevano 12 letti, si fermava
con loro e faceva le ombre cinesi sul muro per farli ridere.
D. – Cosa le ha
lasciato la figura di don Gnocchi?
R. – Mi ha
lasciato una grande venerazione. Aveva un’espressione di una mitezza, essendo
invece forte, che non posso dimenticare.
Dure e realistiche le scene di
guerra soprattutto quelle in cui don Carlo accompagna i sui allievi mandati a
combattere sul fronte russo Comunque una delle figure più toccanti del film è
quella di Matteo, un allievo di don Gnocchi interpretata da Giulio Pampiglioni,
che dopo diverse vicissitudini personali diventerà il suo successore nella
fondazione. Ascoltiamo il commento della regista Cinzia TH Torrini:
R. –
Don Gnocchi è sempre stato contro tutti per essere dalla parte dei più deboli.
La difficoltà con don Gnocchi è che non era un religioso vissuto nei secoli
prima. Quando lui è morto, io ero già nata. Quindi, era molto vicino. E quando
giravamo in Piemonte sono venuti degli anziani sul set, con le lacrime agli
occhi, dicendomi: “Io l’avevo conosciuto”. Quindi, a maggior ragione, mi sono
sentita ancora di più responsabile.
D. -
Quale messaggio spera che arrivi a chi vedrà questa fiction di don Gnocchi?
R. –
Dopo aver visto il film io mi sento dentro come se la mia anima fosse stata
accarezzata, graffiata. Mi sento meglio, comunque. E’ incredibile quanto si
possa dare con un film.
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28
novembre 2004
LA CONFERENZA EPISCOPALE
COREANA PUBBLICA UNA LETTERA PASTORALE
PER L’INIZIO DEL TEMPO
LITURGICO DELL’AVVENTO. IL DOCUMENTO, SUL TEMA
“LA FAMIGLIA, LUOGO
DELL’AMORE E DELLA VITA”, VERRA’ DISTRIBUITO
IN TUTTE LE DIOCESI E LE
PARROCCHIE
SEUL.
= L’Avvento è un tempo di santificazione ed evangelizzazione della famiglia. E’
quanto si legge in una lettera pastorale diffusa dalla Conferenza episcopale
della Corea in occasione del tempo liturgico dell’Avvento. La missiva, dal
titolo “La famiglia, luogo dell’amore e della vita”, è composta da 83
paragrafi. I presuli, riferisce l’agenzia Fides, esprimono così preoccupazione
per la crisi che tocca la famiglia. “Oggi le nostre famiglie – si legge –
affrontano seri problemi, come la perdita di significato del matrimonio, la
tendenza ad una sessualità aperta, la preferenza verso uno stile di vita che
non contempla il matrimonio, il diffondersi di coppie di fatto, di violenza
domestica e delinquenza giovanile”. Per questo motivo, sottolineano i vescovi
coreani, ogni famiglia dovrebbe partecipare al lavoro di recupero delle
famiglie ferite e distrutte. La lettera riconosce che “l’agente di
santificazione ed evangelizzazione della famiglia è la famiglia stessa: tutte
le famiglie dovrebbero cercare di diventare comunità di comunione e di amore”.
Il testo offre, infine, suggerimenti pratici su come sviluppare programmi di
formazione, costituire piccole comunità di famiglie, formare laici per la
pastorale famigliare, offrire consulenza umana e spirituale a divorziati,
risposati e persone colpite da violenza domestica. (B.C.)
“NON SIAMO SOLTANTO IL
FUTURO DELL’UMANITA’, MA ANCHE IL PRESENTE
MISSIONARIO DELL’AMERICA
E DEL MONDO”: COSI’ I PARTECIPANTI AL TERZO
INCONTRO AMERICANO DEI
GIOVANI MISSIONARI, RECENTEMENTE IN VENEZUELA.
ALL’APPUNTAMENTO HANNO
PARTECIPATO I DELEGATI DI 23 NAZIONI AMERICANE
CARACAS.
= Con l’obiettivo di “definire, animare e consolidare l’identità della gioventù
missionaria americana, assumendo le sfide e le esigenze della Nuova
evangelizzazione”, si è svolto recentemente in Venezuela il terzo Incontro americano
dei giovani missionari (III ENAJOMIS), sul tema: “Giovani d’America senza
timore… disponibili per la Missione”. All’incontro, organizzato dal
Segretariato nazionale della Gioventù Missionaria delle Pontificie Opere
Missionarie (POM) del Venezuela, hanno partecipato delegazioni di 23 nazioni
del continente americano. “Il servizio più grande che la Chiesa può offrire
all’umanità nelle attuali circostanze del mondo – si legge nel comunicato
finale – è l’evangelizzazione missionaria”. In questa ottica, i partecipanti
affermano che la maturità raggiunta dalla gioventù missionaria dell’America li
sollecita ad impegnarsi nell’evangelizzazione dei giovani, con la
consapevolezza che essi devono uscire dalle proprie frontiere poiché, come
giovani cristiani, non soltanto sono “il futuro del mondo, ma desiderano essere
ancor di più il presente missionario d’America e del mondo”. Il documento
tratteggia, inoltre, l’identikit del giovane missionario americano.
Quest’ultimo possiede senso di appartenenza alle POM, le conosce, le diffonde
ed è disponibile a portare agli altri la dimensione missionaria che esse
offrono. Possiede inoltre un’esperienza viva e profonda di Cristo ed è
disponibile a farlo conoscere tra coloro che ancora non lo hanno incontrato. E’
capace di accettare e trasformare la sua realtà personale e sociale alla luce
del Vangelo. Con la sua gioia, semplicità e responsabilità, infine, è testimone
della speranza ed è capace di assumere nuove sfide in un mondo in continuo
cambiamento. Facendo eco alle parole di Giovanni Paolo II, i giovani missionari
americani concludono il comunicato affidando i loro propositi missionari alla
Vergine di Guadalupe ed esortando con questo slogan tutti i loro coetanei del
continente: “Non avere paura di donarti a Cristo e di portarlo agli altri… osa…
osa...!”. (B.C.)
IN GRAN BRETAGNA DEVE
MATURARE UNA “CULTURA DELLA MISSIONE”,
VICEVERSA LA CHIESA
LOCALE E’ CONDANNATA AD UN “DECLINO IRREVERSIBILE”.
COSI’ PADRE KEITH
BARLTROP, DIRETTORE DELL’AGENZIA CASE, IN OCCASIONE
DI UN FORUM DEDICATO
ALLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
LONDRA. = Se i cattolici inglesi
non escono dai loro “ghetti”, la Chiesa locale rischia di andare incontro ad un
declino irreversibile. E’ il monito lanciato da padre Keith Barltrop, direttore
della “Catholic Agency to Support Evangelisation” (CASE), l’agenzia istituita
all’inizio dell’anno dai vescovi inglesi e gallesi a sostegno della nuova
evangelizzazione nel Regno Unito. L’occasione è stata un forum organizzato nei
giorni scorsi dalla stessa CASE, in collaborazione con il “Building Bridges of
Hope”, un’iniziativa ecumenica di “Churches Together in England”, la più grande
e rappresentativa associazione dei cristiani inglesi. Scopo dell’incontro, cui
hanno partecipato una cinquantina di esperti e operatori missionari, era
appunto quello di individuare le strategie migliori per affrontare le nuove
sfide dell’evangelizzazione in Gran Bretagna. Nel suo intervento, padre
Baltrorp ha evidenziato come i vescovi inglesi considerino questa sfida
prioritaria. Tuttavia, ha aggiunto, nella Chiesa inglese manca a tutti i
livelli una “visione comune” ed una “cultura della missione”. Di qui l’invito a
“cambiare questa mentalità e uscire dalle parrocchie” e, quindi, dai ristretti
confini della comunità cattolica, pena il rischio di un “declino irreversibile”
della presenza della Chiesa nella società inglese. Tra le principali proposte
emerse in questo senso dal forum, vi è stata quella di pubblicare nel 2005 un
Annuario delle iniziative di evangelizzazione, che servirà ad orientare i
cattolici impegnati in questo ambito. (L.Z.)
INAUGURATA IERI A FIRENZE UNA MOSTRA SUI BAMBINI E
LE GUERRE.
LA RASSEGNA, FINO AL PROSSIMO 8 DICEMBRE, FA IL
GIRO DEL MONDO IN 75 SCATTI
FIRENZE. = “Gli occhi
dell’innocenza”. Con questo slogan è stata inaugurata ieri a Firenze
un’interessante mostra, organizzata dal consiglio regionale toscano e
dall’ANSA. Lungo le sale del consiglio comunale sfilano così 75 scatti
dell’agenzia di stampa che raccontano i drammi dei più piccoli nei conflitti.
L’iniziativa, che si protrarrà fino al prossimo 8 dicembre, rientra nel
programma della Festa della Toscana dedicata quest’anno proprio alla “Guerra e
la pace viste dagli occhi dei bambini”. Quello fiorentino è un percorso in cui
sono immortalate le più grandi tragedie del mondo moderno. C’è la foto-simbolo
del drammatico attentato di Beslam, con il militare che porta in braccio una
delle piccole vittime, ma anche quelle di conflitti che in pochi ricordano. A
spiegare cosa si può leggere in quelle decine di piccoli occhi, durante
l’inaugurazione, il direttore dell’Ansa, Pierluigi Magnaschi, il vicedirettore,
Carlo Gambalonga e il presidente del Consiglio regionale, Riccardo Nencini. “In
queste immagini – ha sottolineato Magnaschi – si leggono il terrore e la paura.
Ma non solo. Paradossalmente, le foto più drammatiche sono quelle in cui i
piccoli sorridono. Se lo fanno è perché non stanno reagendo. Loro covano dentro
un male che li seguirà negli anni e si porteranno dietro le conseguenze più
disastrose”. India, Albania, Pakistan, Iraq, Afghanistan, Cina, Zaire,
Guatemala, Marocco: la lista di nomi stampati sulle targhette delle foto sembra
non finire mai. “Sul nostro mappamondo virtuale – ha spiegato poi Nencini –
abbiamo individuato una cinquantina di guerre. Ma nessuno sa con precisione
quante siano oggi. Questa mostra ci ricorda che dal 1990, i conflitti hanno
provocato, fra i bambini, due milioni di morti e sei milioni di feriti e invalidi”.
“L' auspicio – ha proseguito Gambalonga - è dare continuità a questa
iniziativa, farla diventare itinerante e farla arrivare in altre regioni
italiane, ma anche nei paesi del Mediterraneo. Affinché sia una spinta al
dialogo fra le istituzioni e fra i popoli”. (B.C.)
NOVENA DELL’IMMACOLATA NELLA BASILICA DEI SANTI 12
APOSTOLI A ROMA.
L’APPUNTAMENTO QUOTIDIANO, DA DOMANI FINO AL
PROSSIMO 7 DICEMBRE,
VEDRA’ OGNI SERA LA CELEBRAZIONE DELLA MESSA
PRESIEDUTA DA UN CARDINALE
ROMA. = Da domani, e fino al
prossimo 7 dicembre, si svolgerà la “Novena dell’Immacolata”, presso la
Basilica dei Santi 12 Apostoli a Roma, nel 150.mo della proclamazione del Dogma
dell’Immacolata Concezione. Tutte le sere, alle ore 18.30, un cardinale
presiederà la Santa Messa, mentre l’omelia sarà tenuta dall’abate benedettino,
Ildebrando Scivolone. Lunga ed interessante è la storia di questo appuntamento.
Quando i Francescani conventuali presero in cura la Basilica dei Santi
Apostoli, nel 1453, trovarono che il culto dell’Immacolata vi era già stato
introdotto dal cardinale Bessarione. Nel 1477, Papa Sisto IV, anche lui francescano
conventuale, permise di celebrare con molta solennità la festa dell’8 dicembre.
E’ questo il primo germe di quella che diventerà la famosa “Novena
dell’Immacolata”, poiché i parroci dei Santi Apostoli si impegnarono con zelo a
diffonderne la devozione non soltanto entro i confini parrocchiali, ma anche in
tutta la città di Roma e nel Lazio. La proclamazione del Dogma dell’Immacolata,
fatta da Pio IX nel 1854, diede il via alla solenne “Novena” dell’Immacolata,
che ormai richiamava ai Santi Apostoli tutti i fedeli. Il Papa stesso, fino al
1969, veniva a presiedere la funzione la sera del 7 dicembre, mentre ognuna
delle altre serate era presieduta da un cardinale. In tempi più recenti, anche
i Papi, il beato Giovanni XXIII e Paolo VI, hanno onorato la Vergine Immacolata
ai Santi Apostoli la sera del 7 dicembre, almeno una volta durante il loro
pontificato. (B.C.)
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28 novembre 2004
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Ucraina, il presidente Leonid
Kuchma ha convocato il Consiglio di
sicurezza nazionale e ha chiesto con forza che si trovi un compromesso
per risolvere la crisi politica scatenata dalle elezioni di domenica scorsa.
L’appello arriva alla vigilia della riunione della Corte suprema, chiamata
domani ad esaminare il ricorso del candidato dell’opposizione, Yushchenko, che
ha denunciato brogli. Ieri la Rada - il Parlamento ucraino - si è espresso a
favore di un nuovo voto. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Per la Rada il ballottaggio di
domenica scorsa non è valido: 255 deputati su 450 hanno sostenuto la mozione.
Tale pronunciamento non è però vincolante. Il Parlamento non ha, infatti,
l’autorità legale di annullare i risultati delle elezioni. Il parere della Rada
ha comunque un grande peso politico.
Pronta la reazione favorevole
dei sostenitori dell’opposizione che in piazza Indipendenza, a Kiev, hanno
festeggiato la scelta della Rada. Volti scuri invece, in piazza, tra le oltre
200 mila persone pro Yanukovic, che hanno manifestato la loro contrarietà per
una nuova consultazione. Per il comitato elettorale del premier, il responso
parlamentare è un atto incostituzionale e nasconde ingerenze su questioni che
non sono di sua competenza. La Rada ha poi stabilito di creare una commissione
d’inchiesta sulle violazioni al ballottaggio, l’opposizione spinge affinché la
ripetizione del voto si svolga il 12 dicembre e non oltre. Ma la facoltà di
indire nuove presidenziali spetta esclusivamente al capo di Stato uscente,
Leonid Kuchma.
Alcune regioni dell’Est hanno
iniziato a dare i primi segni di insoddisfazione per la crisi: Lukan e Donesk
spingono per l’autonomia da Kiev. Il rischio di una scissione del Paese slavo è
reale.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato.
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Diciotto
milioni di elettori sono chiamati ad eleggere oggi, in Romania, il presidente
che succederà a Ion Iliescu. I candidati favoriti sono il premier e presidente
del Partito socialdemocratico, Nastase, ed il sindaco di Bucarest, Basescu,
leader dell’Alleanza di opposizione “Giustizia e verità”. Le operazioni di voto
termineranno questa sera e i risultati ufficiali saranno resi noti martedì
prossimo. Entrambi gli schieramenti temono che possano registrarsi anche in
Romania casi di brogli elettorali come accaduto in Ucraina, dove è stato
annullato il risultato delle presidenziali. Ma ci sono delle similitudini tra
le consultazioni ucraine e quelle rumene? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al vicedirettore di Famiglia Cristiana, Fulvio Scaglione, esperto di area ex sovietica:
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R. – In quasi
tutti questi Paesi che sono usciti da quello che era lo spazio di influenza sovietico
ci sono problemi nella gestione dei processi elettorali. Ma in Romania gli
interessi nazionali prevalgono sulle contese internazionali e hanno riflessi
più limitati e contenuti.
D. – Nel caso
dell’Ucraina è invece evidente l’aperto confronto tra Stati Uniti e Russia…
R. – Gli Stati Uniti e la Russia hanno giocato
molto su questa crisi Ucraina ed hanno molto contribuito a inasprirla, perché
sono tutte e due impegnate in un braccio di ferro volto a ridefinire la
supremazia nello spazio strategico ex-sovietico.
D. – Quali sono gli aspetti da rimarcare nella decisione presa dal
Parlamento ucraino di annullare il risultato del ballottaggio?
R. – La decisione che è stata presa dal Parlamento ucraino certamente
contribuisce a stemperare gli animi, le rivalità. Il tempo aiuta anche a far
diminuire il rischio di un confronto violento tra le parti in causa. Credo pure
sia una buona notizia la constatazione che anche nelle Repubbliche
ex-sovietiche, per decenni disabituate ai processi democratici, abbia preso
piede una coscienza di fiducia nelle istituzioni democratiche.
D. – Quale scenario si prospetta
adesso per l’Ucraina?
R. – Chiunque vinca questo terzo turno delle
presidenziali, dovrà fare i conti – in maniera se è possibile intelligente –
con le ragioni degli altri. Yanukovic è appoggiato soprattutto nelle regioni
dell’Est, dove ci sono le miniere le grandi aziende pesanti, perché queste aziende
hanno avuto un appoggio dalla Russia in questi anni. A ovest dell’Ucraina, dove
c’è quel minimo di innovazione tecnologica di cui il paese sta godendo, hanno
assoluta necessità di avere un’economia libera e poi un contatto stretto e
frequente con i mercati dell’Occidente che sono lì ad un passo. Però, non è che
chi sarà presidente può decidere come se l’altra parte del Paese non esistesse.
Quindi è importante che le due superpotenze capiscano che in ballo c’è,
comunque, la sorte e il benessere di milioni di persone.
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Non si arresta la scia di sangue
e orrore in Iraq. Anche oggi attentati e attacchi si sono aggiunti all’ormai
interminabile sequenza di violenze. In questo difficile scenario, resta ferma
la decisione di tenere le elezioni il prossimo 30 gennaio. Il nostro servizio:
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A Baluba, tre civili sono
rimasti uccisi in un attacco condotto da ribelli contro un posto di polizia. Il
centro di Baghdad è stato teatro di un ennesimo attentato contro le forze americane,
quando l’esplosione di una bomba ha provocato il ferimento di due soldati. Il comando
statunitense ha riferito poi di aver trovato diciassette cadaveri a Mosul, nel
nord del Paese. Si tratta probabilmente di uomini delle forze di sicurezza
irachene uccisi dalla guerriglia. Oltre 50 insorti sono stati arrestati nelle
ultime 24 ore a Hilla e a Latifiya, a sud di Baghdad. E a Kerbala un aspirante kamikaze è
stato fermato poco prima che si facesse esplodere all’interno di una prigione.
Sul versante politico, i principali partiti musulmani sciiti iracheni hanno
chiesto di non rinviare le elezioni fissate per il 30 gennaio 2005. La proposta
di rimandare la consultazione a causa delle violenze che continuano a devastare
il Paese era stata avanzata dai sunniti e da diversi partiti non religiosi. In
un comunicato congiunto, i 42 principali partiti sciiti e turcomanni hanno
definito “illegale” qualsiasi tentativo di posticipare il voto.
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In Medio Oriente, le autorità
palestinesi hanno disciolto una temuta forza di sicurezza conosciuta con il
nome di “squadrone della morte”. Altra decisione da rimarcare è quella delle
Brigate dei Martiri di Al-Aqsa che hanno reso noto, con un comunicato, di
appoggiare la candidatura del leader dell’OLP, Abu Mazen, alle presidenziali
previste il prossimo 9 gennaio. Le elezioni politiche si terranno invece nel
mese di maggio del 2005. Lo ha annunciato Abu Mazen, candidato ufficiale di Al
Fatah, dopo l’odierno incontro con il presidente egiziano Mubarak.
L’Iran
ha reso noto di non voler rinunciare alle 20 centrifughe nucleari destinate
alla ricerca scientifica. Il governo di Teheran sostiene che le 20 centrifughe
non sono vietate dall’accordo raggiunto lo scorso 7 novembre con Germania,
Francia e Gran Bretagna per giungere all’interruzione di tutte le attività
relative all’arricchimento di uranio. “La questione della ricerca e dello
sviluppo è distinta dal negoziato sulla sospensione”, ha detto il portavoce del
ministro degli Esteri.
In
Cina, 170 operai sono rimasti intrappolati nei cunicoli sotterranei di una miniera
dopo una forte esplosione avvenuta in un impianto di estrazione del carbone,
nel nord del Paese. Fonti locali hanno dichiarato che sono stati tratti in
salvo quattro minatori. Al momento dello scoppio, lavoravano nella miniera 293 operai.
Quattro giovani giapponesi sono stati
trovati morti oggi in un appartamento di Tokyo, asfissiati dal monossido di
carbonio. La polizia ritiene che si tratti dell’ennesimo caso di suicidio
collettivo dopo un appuntamento fissato via Internet. I giovani, tra i venti e
i trent’anni, hanno acceso una stufa da barbecue in una stanza con finestre e
porta sigillate da nastro adesivo.
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