RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
331 - Testo della trasmissione di venerdì 26 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il messaggio di pace del Papa in CD: ce ne parla il soprano
Cecilia Gasdia
CHIESA E SOCIETA’:
Cinquecento anni fa moriva la regina Isabella la
Cattolica
In Iraq, attaccata una stazione di polizia a Kirkuk
mentre a Mossul sono stati trovati 15 cadaveri. Sale ad oltre 2000 vittime il
bilancio dell’offensiva su Falluja
In Italia, questa sera il Consiglio dei Ministri darà il via libera alla riforma fiscale concordata ieri dalla maggioranza
26 novembre 2004
COMPIERE OGNI SFORZO PER PROMUOVERE LA PACE E IL
DIALOGO
E PER LOTTARE CONTRO IL
TERRORISMO. L’ESORTAZIONE DEL PAPA
AL PRESIDENTE DELLO YEMEN, RICEVUTO IN UDIENZA
- A cura di Alessandro De Carolis -
Combattere il terrorismo,
lavorando per la giustizia, la pace, il dialogo civile e religioso. Giovanni
Paolo II ha rivolto in modo pressante questo invito al presidente della Repubblica
dello Yemen, Ali Abdullah Saleh, ricevuto questa mattina in udienza con un
piccolo seguito. “In questo periodo di agitazione nella vostra regione, esorto
voi e tutti gli uomini e le donne di buona volontà a combattere il terrorismo,
compiendo ogni sforzo per la pace e la giustizia”. Ciò è possibile, ha aggiunto
il Papa, “quando i popoli riconoscono il bisogno attuale di tolleranza e di
mutua comprensione”. Il Pontefice ha quindi incoraggiato il capo di Stato yemenita
nell’impegno a promuovere nel Paese “uno spirito di franco e aperto dialogo tra
le differenti religioni e popolazioni della penisola arabica”.
La crisi irachena, la situazione
del Darfur e quella della Somalia, oltre alla lotta al terrorismo, sono stati
anche gli argomenti che avevano interessato ieri i colloqui del presidente
Saleh con i vertici istituzionali italiani. Lo Yemen, Paese islamico diviso
quasi a metà tra musulmani sciiti e sunniti, conta una popolazione di circa 18
milioni di abitanti. Poche migliaia sono i cattolici presenti nella nazione
araba, quasi tutti lavoratori stranieri.
OGNI STATO DEVE PREOCCUPARSI CHE
IN TUTTE LE CARCERI SIA GARANTITA
LA PIENA ATTENZIONE AI DIRITTI
FONDAMENTALI DELL’UOMO.
E’ L’INVITO DEL
PAPA AI RESPONSABILI
DELLE AMMINISTRAZIONI
PENITENZIARIE IN EUROPA
- A cura di Salvatore
Sabatino -
Giovanni Paolo II ha ricevuto
questa mattina i partecipanti alla Conferenza dei Responsabili delle
Amministrazioni Penitenziarie dei 45 Stati aderenti al Consiglio d’Europa, che
si svolge in questi giorni a Roma. Un’occasione importante, per conoscere le
attività ed i progetti del mondo carcerario. Ce ne parla Salvatore Sabatino:
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“In ogni Nazione civile – ha
riferito Giovanni Paolo II - deve essere preoccupazione condivisa la tutela dei
diritti inalienabili di ogni essere umano. Con l’impegno di tutti si dovranno,
pertanto, correggere eventuali leggi e norme che li ostacolassero, specialmente
quando si trattasse del diritto alla vita e alla salute, del diritto alla
cultura, al lavoro, all’esercizio della libertà di pensiero e alla professione
della propria fede. Il rispetto della dignità umana - ha poi aggiunto il Pontefice - è un valore della cultura
europea, che affonda le sue radici nel cristianesimo. Ogni Stato deve
preoccuparsi che in tutte le carceri sia garantita la piena attenzione ai
diritti fondamentali dell’uomo”. Giovanni Paolo II ha poi affrontato il tema
delle misure semplicemente repressive o punitive, alle quali normalmente oggi
si fa ricorso, che risultano inadeguate al raggiungimento di obiettivi di autentico
recupero dei detenuti. “E’ necessario – ha esortato il Papa - ripensare, come
voi state facendo, la situazione carceraria nei suoi stessi fondamenti e nelle
sue finalità. Se scopo delle strutture carcerarie non è solo la custodia, ma
anche il recupero dei detenuti, occorre abolire quei trattamenti fisici e
morali che risultano lesivi della dignità umana ed impegnarsi a meglio
qualificare professionalmente il ruolo di chi opera all’interno degli istituti
di pena. In questa luce, va incoraggiata la ricerca di pene alternative al
carcere, sostenendo le iniziative di autentica risocializzazione dei detenuti
con programmi di formazione umana, professionale, spirituale”.
Il Pontefice ha voluto, dunque,
evidenziare l’importantissimo ruolo dei ministri di culto. “Essi sono chiamati
a svolgere un compito delicato e per alcuni versi insostituibile, che non si
riduce ai soli atti di culto, ma si estende spesso a quelle istanze sociali dei
detenuti che la struttura carceraria non sempre è in grado di soddisfare”.
Nello stesso contesto, Giovanni Paolo II ha, poi, espresso il suo compiacimento
per il moltiplicarsi delle istituzioni e delle associazioni di volontariato
dedite all’assistenza dei detenuti e al loro reinserimento nella società. Una
legittima preoccupazione è stata, poi, posta in evidenza dal Papa, circa il
rispetto della dignità umana dei detenuti, che “non vada a scapito della tutela
della società. La doverosa applicazione della giustizia per difendere i
cittadini e l’ordine pubblico - ha detto il Papa - non contrasta con la debita
attenzione ai diritti dei carcerati e al recupero delle loro persone; al
contrario, si tratta di due aspetti che si integrano”.
Giovanni
Paolo II ha voluto infine inviare il suo saluto ai partecipanti. “Assicuro la
mia preghiera – ha concluso - su voi qui presenti e su quanti prestano il loro
servizio nei penitenziari europei, con un pensiero particolarmente affettuoso
per tutti i detenuti.
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la missione della chiesa
locale e L’unità del presbiterio
intorno al proprio
vescovo sono stati i temi al centro
del discorso del papa ai
vescovi degli Stati Uniti in visita “ad limina”
“La comunità cristiana deve
essere incoraggiata a muovere dalla ‘Messa alla missione’ nel perseguire la
santità e il servizio alla nuova evangelizzazione”. E’ l’invito che il Papa ha
rivolto questa mattina ai vescovi statunitensi delle province ecclesiastiche di
Dubuque, Kansas City, Omaha e Saint Louis. Nel discorso rivolto a questo nuovo
gruppo di presuli americani in visita “ad Limina”, il pontefice ha proseguito
la riflessione sull’esercizio del ministero episcopale, con particolare riferimento
al rapporto del vescovo diocesano con i suoi sacerdoti. Il servizio di Ignazio
Ingrao.
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L’unità del presbiterio intorno
al proprio vescovo è stato il filo conduttore della riflessione di Giovanni
Paolo II nel discorso rivolto ai vescovi della IX regione ecclesiastica degli
Stati Uniti. “Il quotidiano sforzo della comunione spirituale e gerarchica in
seno al presbiterio diocesano è uno dei compiti primari ed essenziali di
ciascun vescovo”, ha sottolineato Giovanni Paolo II. Il Concilio Vaticano II
infatti esorta i vescovi ad essere particolarmente attenti al benessere dei
propri sacerdoti, come fossero propri figli. “Sono convinto - ha osservato il
Pontefice - che il modo più efficace per promuovere questa unione sia attraverso
un condiviso e costantemente rinnovato impegno per la vita e la missione di ciascuna
Chiesa particolare”.
Accanto allo spirito di
comunione, “il Vescovo è anche responsabile di coltivare in seno al presbiterio
un senso di corresponsabilità nel governo della Chiesa locale”, ha raccomandato
il Papa. “Il concreto esercizio della corresponsabilità – ha spiegato –
richiede al vescovo anzitutto una profonda visione ecclesiologica, la
preoccupazione per le legittime richieste di sussidiarietà in seno alla Chiesa
e il rispetto per i ruoli propri dei vari membri del presbiterio diocesano”. Un
obiettivo fondamentale del vostro governo, ha ricordato il Papa ai vescovi
americani, “deve essere quello di incoraggiare e coordinare il lavoro pastorale
compiuto nella vasta rete di parrocchie e istituzioni correlate che formano la
Chiesa locale”. Le Diocesi, ha sottolineato al riguardo Giovanni Paolo II,
“devono sempre essere considerate come esistenti nelle e per le proprie
parrocchie”.
Alla luce di tali riflessioni,
il Pontefice ha osservato che “il rinnovamento della vita ecclesiale nel
servizio alla nuova evangelizzazione dovrebbe iniziare con la rivitalizzazione
della comunità parrocchiale, centrata nella preghiera del Vangelo e nella
celebrazione dell’Eucaristia”. I vescovi hanno perciò un duplice compito:
aiutare i sacerdoti “non soltanto a costruire comunità ma anche a chiarire
sempre più gli obiettivi” del proprio ministero e aiutare i fedeli laici a
“comprendere ed esercitare il proprio ‘munus regale’ nel servizio al Regno di
Dio”. Insomma, ha detto il Papa, “l’intera comunità cristiana deve essere
incoraggiata a muovere dalla ‘Messa alla missione’ nel perseguire la santità e
il servizio alla nuova evangelizzazione”.
L’ultimo punto della riflessione
del Pontefice è stato infine dedicato al problema delle vocazioni. “Nessuno può
negare – ha osservato – che il declino delle vocazioni sacerdotali rappresenti
una dura sfida per la Chiesa degli Stati Uniti, che non può essere ignorata o
rinviata”. Perciò Giovanni Paolo II ha suggerito ai presuli statunitensi di organizzare
annualmente una “giornata di preghiera per le vocazioni sacerdotali” e di
prestare particolare attenzione alla preparazione che si svolge nei seminari. A
quest’ultimo riguardo, il Papa ha raccomandato che non ci si preoccupi di
trasmettere ai futuri sacerdoti solo
una corretta visione teologica ma anche l’impegno alla testimonianza spirituale
e alla ricerca della santità unite ad una “altruistica dedizione” al proprio
gregge. Per questo, ad avviso del Papa, occorre garantire una “formazione
permanente” del clero. Giovanni Paolo II ha invitato infine i vescovi
statunitensi ad avviare “giovani sacerdoti allo studio delle scienze
ecclesiastiche, specialmente teologia e diritto canonico”.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso della mattina il Papa
ha ricevuto in successive udienze il prof. Carl A. Anderson, cavaliere supremo
dei Cavalieri di Colombo, e il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede.
Il Santo Padre ha quindi
accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Antofagasta in
Cile, presentata da mons. José Patricio Infante Alfonso per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Pablo Lizama
Riquelme, finora arcivescovo coadiutore della medesima arcidiocesi.
DOMANI IL PAPA CONSEGNA LE
RELIQUIE
DEI SANTI
GIOVANNI CRISOSTOMO E GREGORIO NAZIANZENO
AL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI BARTOLOMEO I
- Intervista con mons. Eleuterio Fortino -
C’è grande interesse e grande
attesa per la cerimonia di domani mattina in San Pietro, nel corso della quale
Giovanni Paolo II consegnerà al Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, le
reliquie dei Santi Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno, conservate a
Roma. Il Patriarca, accompagnato da una delegazione, giungerà questa sera a
Roma accolto da una rappresentanza della Santa Sede guidata dal cardinale
Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità
dei Cristiani. Domani mattina, a partire dalle 11.00, la Radio Vaticana
trasmetterà l’evento in radiocronaca diretta con commento in italiano sulle onde
medie di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Sulla figura di
questi due santi e sulla storia delle reliquie Giovanni Peduto ha sentito il
sottosegretario del dicastero per l’unità dei cristiani, mons. Eleuterio
Fortino.
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R. – La storia di queste
reliquie da una parte è complessa, dall’altra parte è anche lineare. Tanto la
Chiesa d’Oriente quanto la Chiesa cattolica venerano le reliquie e quindi hanno
avuto sempre non solo rispetto, ma culto per le reliquie. I due santi di cui parliamo
– San Gregorio di Nazianzo e San Giovanni Crisostomo – entrambi sono stati
Patriarchi di Costantinopoli. Crisostomo significa “bocca d’oro”: vuol dire che
era rinomato per la sua oratoria. Sono due personalità illustri della Chiesa
bizantina e della Chiesa universale, perché sono Dottori della Chiesa
cattolica. Hanno avuto una vita travagliata, una vita di grandi fatiche, di
difesa della fede cristiana e sono stati dei pacificatori nelle questioni interne
della Chiesa. Entrambi sono morti fuori da Costantinopoli e sepolti in
Cappadocia.
D. – E poi, le loro reliquie
come sono finite a Roma?
R. – Le reliquie di San Gregorio
di Nazianzo sono venute a Roma trasportate da alcune monache, religiose
bizantine, nel tempo dell’iconoclasmo, nel secolo VIII. A causa della lotta
contro le immagini e la persecuzione della Chiesa fatta dall’imperatore Leone
III Isaurico, queste suore sono venute a Roma trasportando in una chiesa in
Campo Marzio le reliquie. Le reliquie sono rimaste lì fino a che Papa Gregorio
XIII, nel 1580, proprio per onorarle, le ha fatte trasferire in San Pietro.
Invece le reliquie di San Giovanni Crisostomo, per ordine di Teodosio, erano
state trasferite a Costantinopoli e sono rimaste lì fino al tempo dell’impero
latino d’Occidente, quando sono state trasportate a Roma e trasferite a San
Pietro. Nel 1990, con la nuova sistemazione dell’altare della Cappella del Coro
in San Pietro, sono state trasferite nella Cappella del Coro dei Canonici.
D. – E poi, come si è arrivati
alla decisione di consegnare queste reliquie al Patriarcato di Costantinopoli?
R. – Come si sa, per la festa di
San Pietro e Paolo, quest’anno il Patriarca Bartolomeo I è venuto a Roma con
una delegazione. Ha chiesto al Santo Padre se poteva avere le reliquie di
questi due Santi, suoi predecessori. Il Papa ha acconsentito di far dono di
parte delle reliquie. Nell’agosto di quest’anno c’è stata una ricognizione
delle reliquie e una ricerca storica di tutta la vicenda. In seguito si è
preparata questa cerimonia, questo nuovo incontro tra il Patriarca ecumenico e
il Santo Padre, per la consegna di questo dono che certamente sarà apprezzato
dalla Chiesa di Costantinopoli ma io credo anche da tutte le altre Chiese
ortodosse.
D. – Si può sperare in un futuro
migliore, diciamo così, nei rapporti tra Chiesa cattolica e Chiese ortodosse
dopo questa consegna di queste reliquie?
R. – Credo che ci siano le
condizioni per una ripresa di più intensi rapporti con tutta l’ortodossia e
anche una ripresa del dialogo teologico internazionale che era vacillante da
alcuni anni a questa parte. I rapporti con le singole Chiese ortodosse, negli
ultimi anni, hanno avuto manifestazioni e contatti intensi e positivi, che
lasciano non solo sperare ma vedere un riavvio di relazioni più intense.
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IL PAPA SI RECHERA’ ANCHE QUEST’ANNO NEL POMERIGGIO DELL’8 DICEMBRE
IN PIAZZA DI SPAGNA PER IL TRADIZIONALE OMAGGIO
ALL’IMMACOLATA
''Come e' ormai consuetudine, il Santo Padre ha in
programma anche quest'anno di recarsi,
nel pomeriggio dell'8 dicembre, in piazza di Spagna, per il tradizionale
omaggio all'Immacolata''. E' quanto ha affermato oggi il direttore della Sala
Stampa della Santa Sede, Joaquin Navarro Valls.
Sempre l'8 dicembre in mattinata Giovanni Paolo II parteciperà alla solenne cerimonia in San
Pietro in occasione dei 150° anniversario della proclamazione del
dogma dell'Immacolata Concezione di
Maria.
CONCERTO PER L'IMMACOLATA CON MONTSERRAT CABALLE'
IL 7 DICEMBRE NELL'AULA PAOLO VI. IN PROGRAMMA BRANI DI PEROSI E MASSENET.
Sarà la
soprano spagnola Monserrat Caballè la protagonista del concerto dedicato
all’Immacolata. L’evento andrà in scena la sera del 7 dicembre nell’Aula Paolo
VI. Il programma dello spettacolo, patrocinato dall'arciprete della basilica di
san Pietro cardinale Francesco Marchisano e dalla ambasciata di Spagna presso
la Santa Sede, prevede brani di Perosi e Massenet. L'ingresso è gratuito.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina la situazione in Ucraina: la Corte Suprema congela i risultati
delle presidenziali.
Sempre
in prima, la notizia dell'assassinio di un missionario in Kenya.
Nelle
vaticane, nel discorso ai presuli USA, Giovanni Paolo II ha sottolineato che la
corresponsabilità per la vita e per la missione della Chiesa particolare è un
efficace strumento per la promozione dell'unione del vescovo col presbiterio.
In
occasione dell'udienza al presidente della Repubblica dello Yemen, il Papa ha
ricordato che è possibile combattere il terrorismo ed impegnarsi per la pace e
per la giustizia solo riconoscendo la necessità della tolleranza e della comprensione.
Nel
discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale delle Amministrazioni
Penitenziarie d'Europa, il Santo Padre ha evidenziato che occorre correggere leggi
e norme che ostacolano il rispetto dei diritti del carcerato, soprattutto se si
tratta del diritto alla vita e alla salute.
Nelle
estere, Iraq: il governo annuncia il ritrovamento di un laboratorio di armi
chimiche a Falluja; scettici i marines statunitensi, secondo cui i materiali
scoperti servivano a produrre armi convenzionali.
Nella
pagina culturale, un articolo di Armando Rigobello dal titolo
"Fondamentalismo e fede autentica": fenomeni religiosi e situazioni
politiche.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del fisco.
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26
novembre 2004
LA MEDIAZIONE DELLA COMUNITA’
INTERNAZIONALE
E L’APPELLO DEI VESCOVI CATTOLICI
ED ORTODOSSI
PER RISOLVERE LA CRISI POLITICA IN UCRAINA
- Intervista con il cardinale
Lubomir Husar -
La comunità internazionale si mobilità per risolvere la difficile crisi
politica in Ucraina innescata dall’aspro confronto tra il premier Yanukovic ed
il leader dell’opposizione Yushenko sull’esito del voto delle presidenziali di
domenica scorsa. Quest’ultimo ha contestato l’esito delle consultazioni, che lo
davano sconfitto, accusando di brogli Yanukovic. Il servizio di Giancarlo La
Vella:
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Il presidente polacco,
Kwasniewski, quello lituano Adamkus, il segretario generale dell'Organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), Kubis, e soprattutto
l’alto rappresentante per la sicurezza europea, Solana: tutti a Kiev per
cercare di mediare in un confronto che tutta la comunità internazionale teme
possa sfociare in guerra civile. E mentre è in corso una fitta serie di
colloqui incrociati, sembra che oggi Yushenko dovrebbe incontrare il presidente
uscente Kuchma, all’indomani della decisione della Corte Suprema che,
contraddicendo la Commissione elettorale, che aveva assegnato la vittoria a
Yanukovic, ha vietato la pubblicazione dei controversi risultati del ballottaggio.
L’Unione Europea, per bocca del presidente di turno, l’olandese Balkenende,
ribadisce che le consultazioni di domenica non hanno rispettato gli standard
minimi internazionali e l’esito del voto non può essere accettato. Gli fa eco
il governo tedesco che ha proposto oggi un nuovo conteggio dei voti già
espressi, da svolgere sotto la supervisione dell’Osce. Ma l’intervento europeo
nella crisi ucraina non è gradito alla Russia e il ministro degli Esteri di
Mosca, Lavrov, lo ha affermato senza mezzi termini proprio in concomitanza con
l’arrivo a Kiev di Solana. Intanto, poco fa Kuchma ha chiesto la fine della
manifestazioni di piazza, ma nonostante l’appello le proteste non si placano: a
quelle dei sostenitori di Yushenko, caricati oggi dalla polizia a Cernigov,
vicino la capitale, si sono aggiunte quelle di circa 10 mila fedelissimi di
Yanukovic. Si teme che tra i due gruppi possano scoppiare disordini.
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Intanto, i vescovi del Paese,
cattolici e ortodossi, guardano con preoccupazione alla crisi del dopo-voto ed
hanno pubblicato, in questi giorni, due documenti rivolti a tutti i cristiani.
Al microfono di Stefano Leszczynski, il cardinale Lubomir Husar, primate della
Chiesa greco-cattolica ucraina, spiega che cosa ha chiesto l’episcopato alle
autorità di Kiev:
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R. –
Abbiamo pubblicato un appello alla gente: abbiamo visto le irregolarità durante
il conteggio dei voti. La popolazione deve resistere e chiedere che giustizia
sia fatta. Naturalmente, la gente vuole sperare in Dio. Questo appello è stato
letto davanti alla folla a Kiev e sembra che sia stato accolto molto bene.
Abbiamo anche fatto capire che la libertà non è una cosa che si ottiene
facilmente: dobbiamo essere pronti a soffrire. Tutti i cittadini sono invitati
oggi ad unirsi in preghiera, anche quelli che sono fuori dal Paese ...
D. –
Eminenza, finora anche le forze di sicurezza non hanno reagito in maniera
particolarmente violenta. La Chiesa ha rivolto un appello alla calma anche alle
autorità?
R. –
Sì. Nel nostro appello abbiamo chiesto sia alle autorità sia alle forze
dell’Ordine di agire nei limiti della legalità e dell’umanità. Il nostro timore
è che il governo, o almeno quelle persone che appoggiano il signor Yanukovich,
si servano della provocazione per fare intervenire le forze dell’ordine contro
la folla. Speriamo che questo non accada, ma il pericolo esiste.
D. –
Qui in Occidente si sente in questi giorni un’analisi che dice: potrebbe accadere
per l’Ucraina com’è accaduto per la Cecoslovacchia, il futuro potrebbe essere
quello di una spaccatura fisica del Paese ...
R. –
No, tutt’altro, direi. I nostri cittadini per secoli sono stati separati,
quelli dell’Ovest da quelli dell’Est; oggi si stanno ritrovando. A Kiev, nella
piazza centrale, stanno tutti insieme: qualcuno parla russo, qualcuno parla
ucraino, qualcuno parla forse addirittura un’altra lingua, ma si sentono molto
solidali.
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SETTEMILA STUDENTI, CINQUE
SEDI IN TUTTA ITALIA,
850 LAUREATI NELL’ULTIMO ANNO. SONO I NUMERI
DELLA LUMSA,
LA LIBERA UNIVERSITA’
MARIA SANTISSIMA ASSUNTA.
- Ai nostri microfoni
Giuseppe Dalla Torre e il cardinale Ruini -
“La
fede cristiana è amica dell’uomo, della sua libertà e della sua intelligenza”,
lo ha ricordato il cardinale Camillo Ruini rivolgendosi agli studenti e ai
docenti della LUMSA, la Libera Università Maria Santissima Assunta. Il
cardinale è intervenuto ieri pomeriggio
alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo che ha sede in
via della Traspontina a Roma. La Lumsa offre oggi agli studenti tre facoltà:
Scienze della Formazione, Giurisprudenza e Lettere e Filosofia, oltre a
numerosi Master e una scuola di giornalismo. Il servizio è di Daniele Semeraro:
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“Dichiaro
aperto l’Anno Accademico 2004-2005, 65.mo dalla fondazione”.
Settemila
studenti, cinque sedi in tutta Italia, più di 850 laureati nell’ultimo anno:
sono i numeri della LUMSA, Università che si sta impegnando, tra tradizione
umanistica e ispirazione cattolica, a portare sempre più i propri studenti a
contatto con il mondo del lavoro. Nata da un precedente Istituto, formatosi nel
dopoguerra, l’università ha subìto negli ultimi anni una radicale
trasformazione e un recente successo nel mondo culturale e universitario
italiano. Un’università, dunque, sempre in crescita. Giuseppe Dalla Torre, rettore
della LUMSA:
“Certamente, in questi anni l’università ha manifestato un grande dinamismo,
è riuscita ad intercettare dei bisogni, delle necessità di formazione nella
società italiana con una proposta formativa ed educativa per molti aspetti
originale”.
Durante
la cerimonia è stato ricordato che Madre Luigia Tincani, fondatrice della
LUMSA, amava spesso ripetere che ogni piccola verità conquistata con lo studio
è un passo verso la Verità suprema. Qual è dunque la modernità e l’importanza
di un’università cattolica, oggi? Ci risponde il cardinale Camillo Ruini,
presidente della Conferenza episcopale italiana:
“Le università cattoliche sono centri di elaborazione del sapere, di
ricerca a tutti i livelli. E’ molto importante, quindi, che i cattolici siano
presenti in questa area con strutture nelle quali si può mandare avanti il
sapere e formare i giovani”.
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IL MESSAGGIO DI PACE DI
GIOVANNI PAOLO II IN UN CD
- Intervista con il
soprano Cecilia Gasdia -
E’ ispirato alla
“Preghiera per la Pace” di Giovanni Paolo II il brano “Mai più la guerra”
composto da Marcella Pasquali e inserito nel Cd “Pace e amore nel mondo”, presentato
ieri presso la Sala Marconi della nostra emittente. Nel disco, il cui ricavato
andrà a favore della Croce Rossa Italiana, 12 canzoni fra pop e classica, ispirate
ai temi della solidarietà. Il servizio di A.V.:
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“Mai più la guerra, avventura senza ritorno; mai più
la guerra spirale di lutto e di violenza, minaccia per le tue creature in cielo
e in terra e in mare”.
(musica)
L’invocazione
pronunciata da Giovanni Paolo II alla vigilia della prima Guerra del Golfo, il
16 gennaio 1991, si fa messaggio per i nostri tempi, in cui la pace è ancora disattesa
e canto accorato nella voce del soprano Cecilia Gasdia, interprete dell’opera musicale.
(musica)
Ascoltiamo
Cecilia Gasdia:
R. – Ho abbracciato subito questa causa, io, che sono poi una grande
amante della musica sacra, che dà qualche speranza all’uomo. Mi è sembrato
meraviglioso poter cantare, in questo caso, un messaggio così forte: “Basta
guerra nel mondo”. E la musica è un veicolo efficacissimo, secondo me.
D. – Il suo impegno, in maniera più vasta, comunque, per la pace e per la
solidarietà…
R. – Pace vuol dire anche cominciare dal basso della scala, aiutando gli
altri, facendo qualche concerto gratuito per raccogliere soldi per una causa.
Ci sono mille modi per cominciare a costruire una pace.
D. – La guerra in Iraq, ma anche le tante guerra dimenticate in Africa e
in America Latina…
R. – Io sono una appassionata di storia. Certamente non posso che
condannare la guerra, anche se ritengo sia parte dell’essere umano, della cattiveria
dell’essere umano, della volontà di sopraffare gli altri. Io spero che le
nostre generazioni future, i nostri figli ed i nostri nipoti capiscano bene che
è ora di finirla. Io spero tanto che ci riescano. Ho due figli e il messaggio
che mando loro è quello di leggere le parole che disse Gesù Cristo e in base a
quelle parole cercare di seguire esattamente quello che lui ha detto. E’ molto
difficile, ma speriamo che vengano – almeno in parte – recepite e messe in atto.
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26
novembre 2004
DOPO IL LUTTO PER LA MORTE IERI IN KENYA DEL
MISSIONARIO PADRE HANNON,
GIUNGE LA DENUNCIA DEL VESCOVO DI NGONG, DOVE SI
E’ CONSUMATO IL DELITTO, FORSE A SCOPO DI RAPINA: IL PRESULE HA DETTO CHE C’E’
UNA GRAVE SITUAZIONE
DI INSICUREZZA NELLA SUA DIOCESI
E CHE IL GOVERNO CENTRALE NON SA TUTELARE LA
POPOLAZIONE
NAIROBI.
= Sarebbe stato un commando di una ventina di persone ad uccidere – probabilmente
a scopo di rapina - padre John Francis Hannon, 65 anni, irlandese, della
Società Missioni Africane (SMA), trovato morto ieri all’alba nei locali della
parrocchia di San Barnaba, a Matassa, nella diocesi di Ngong, a una ventina di
chilometri da Nairobi. Lo ha chiarito il vescovo locale, Cornelius Schilder,
definendo l’episodio un "brutale assassinio". "C’è una grande
insicurezza in tutta la zona e la gente vive quotidianamente con la paura"
ha denunciato il presule. "Se il governo non prende misure efficaci per
migliorare la salvaguardia della popolazione – ha aggiunto - rimarremo in
angoscia per la loro sicurezza". Padre Hannon si trovava in Kenya da dieci
anni; dal 2000 si era trasferito a Matasia per avviare un progetto di
formazione professionale in un’area abitata soprattutto da contadini.
L’istruzione e la scolarizzazione sono stati i principali settori di cui si è
sempre occupato durante il suo impegno con la Società Missioni Africane (SMA),
la Congregazione in cui era stato ordinato nel 1967. In questo periodo stava
portando a termine la realizzazione di un progetto per attrezzare il centro
parrocchiale come scuola di formazione; di recente aveva lavorato anche con i
Masai. "Era particolarmente abile a cogliere i bisogni dei più poveri,
soprattutto per garantire loro un’istruzione e far conoscere i propri diritti"
ha riferito il confratello padre Martin Kavanagh, anch’egli irlandese, che in
passato aveva lavorato con lui in Nigeria, dove padre Hannon, ha vissuto dal
1968 al 1993, prima di iniziare il nuovo impegno missionario in Kenya. (R.G.)
LA MANCANZA DI LIBERTA’ RELIGIOSA
IN ARABIA SAUDITA CONTINUA A CAUSARE
PERSECUZIONI SOPRATTUTTO CONTRO I CRISTIANI, MA
ANCHE TRA FEDELI ISLAMICI
DI CORRENTI DISSIDENTI DALL’ISLAMISMO WAHABITA:
E’ LA SEVERA DENUNCIA DELL’AGENZIA MISSIONARIA
“ASIA NEWS”
RIYADH. = Arresti, torture, rapimenti contro i
cristiani si susseguono in Arabia Saudita: a denunciarlo è l’agenzia di stampa
missionaria “Asia News”, rilevando che “la cappa oppressiva del regime di
Riyadh su ogni manifestazione religiosa diversa dall’Islam wahabita suscita
sempre più inquietudine tra gli oltre 8 milioni di stranieri che lavorano nel
regno saudita.” E la religione più colpita è quella cristiana. Fonti locali di
AsiaNews affermano infatti “che nelle carceri saudite ancora oggi ci sono
numerosi cristiani detenuti per motivi religiosi”. Ultimo caso ribaltato sulle
cronache internazionali è stato quello di Brian Savio O’Connor, 36 anni,
protestante del Karnataka, accusato di evangelizzazione cristiana e detenuto
per oltre 7 mesi, nelle prigioni dell’Arabia Saudita. O’Connor è stato poi
liberato ai primi di novembre anche grazie ad una campagna internazionale
lanciata da “Asia News” via Internet. “In Arabia Saudita – spiega l’Agenzia
missionaria - non esiste libertà religiosa: tutte le religioni diverse
dall’Islam wahabita sono bandite dalla vita pubblica. La legge permette solo a
titolo privato la pratica di religioni diverse dall’Islam, ma i fatti recenti
smentiscono questa affermazione di principio. Attualmente sono in prigione
anche numerosi sciiti e sufi (una corrente mistica dell’Islam), oltre ad alcuni
attivisti musulmani sauditi che si battono per la democrazia e il rispetto dei
diritti umani.” (R.G.)
I PAESI DEL CENTROAMERICA
HANNO BISOGNO DI INTEGRARSI MEGLIO FRA LORO
PER SCONFIGGERE LA POVERTA’ E LA CORRUZIONE. LO HA
AFFERMATO
IL CARDINALE MARADIAGA, INTERVENENDO AD UNA
CONFERENZA IN COSTA RICA
SAN JOSE’. = “Il Centroamerica sta vivendo un
momento-chiave. Dopo cinque anni molto difficili le economie iniziano a
riprendersi; ora dobbiamo decidere che direzione avrà questa ripresa e optare
per la costruzione di un’alternativa sociale includente”. Lo ha detto il
cardinale honduregno Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di
Tegucigalpa, intervenendo ad una conferenza dal titolo “Centroamerica, il
futuro è possibile” in corso a San José de Costa Rica, nell’ambito del Festival
internazionale delle arti. “É tempo di riportarci sulla strada diritta e
consentire che le opportunità di democrazia per i nostri popoli diventino
realtà” ha proseguito il porporato, sottolineando – riferisce la MISNA -
l’importanza dell’integrazione dei Paesi della regione, “condizione
imprescindibile in tempi di globalizzazione”. “L’integrazione, la visione e il
riconoscimento dei problemi sono mete fondamentali da raggiungere per
affrontare le sfide più importanti e porre fine alla povertà e alla corruzione”
ha aggiunto l’arcivescovo di Tegucigalpa. Ancora in merito alla corruzione, il
porporato ha espresso preoccupazione per i recenti scandali scoppiati in
diversi Stati del Centroamerica, rilevando che “la gente va a votare ma poi
sono i capitali a decidere”. Nonostante lo scenario complesso e il difficile
percorso che il Centroamerica si trova di fronte, il cardinale Maradiaga si è
detto “pieno di speranza e ottimismo”. (A.D.C.)
“PIÙ DIRITTI UMANI, PIÙ SICUREZZA PER TUTTI.
I CASI MOZAMBICO, BALCANI E AFGHANISTAN”.
E’ QUESTO
IL TEMA AL CENTRO DI UNA CONFERENZA
SVOLTASI STAMANI A PALAZZO VENEZIA A ROMA.
L’EVENTO È
STATO PROMOSSO DALLE AGENZIE DELLE NAZIONI UNITE E DA ALCUNE
ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE TRA CUI LA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO
- A cura di Alessandro Gisotti -
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ROMA. = Le agenzie dell’Onu
presenti in Italia oggi al gran completo nella sala conferenze della Sioi a
Palazzo Venezia, per fare il punto della situazione su tre aree cruciali sul
fronte dei diritti umani: Mozambico, Afghanistan e Balcani. L’iniziativa ha
messo inoltre l’accento sul ruolo della cooperazione italiana per la pace e il
progresso sociale in queste tre regioni. Le note dolenti purtroppo, come sempre,
riguardano i fondi allo sviluppo. Il sottosegretario agli Esteri, Alfredo
Mantica, ha riconosciuto che l’Italia è lontana dal raggiungere gli obiettivi
prefissati, ovvero lo 0,33 per cento del Pil per l’anno 2006. Oggi siamo solo
allo 0,16 per cento. Mantica ha però confermato un rinnovato impegno italiano
per aiutare la Somalia. L’incontro è proseguito con le testimonianze dirette
sul positivo processo di ricostruzione del Mozambico dopo gli anni della guerra
civile - pagina buia, archiviata anche grazie all’intervento della comunità di
Sant’Egidio. Un impegno per i mozambicani che continua, a 12 anni dall’accordo
di pace firmato a Roma, come confermato da don Matteo Zuppi, che ha dato conto
degli sforzi di Sant’Egidio per sconfiggere la piaga dell’Aids. Molte ancora le
questioni aperte nei Balcani, a partire dal Kosovo, ancora privo di uno status
definitivo: disoccupazione, criminalità e traffico di esseri umani sono i mali
quasi endemici di questa regione. In tale contesto, particolarmente drammatica è
stata la testimonianza di una giovane donna vittima della tratta, nuova e
terribile forma di schiavitù. Sull’Afghanistan è intervenuto il parlamentare
europeo Emma Bonino che ha messo in luce il progresso politico avvenuto nel
Paese dopo la caduta dei talebani. Ha quindi affermato che senza democrazia non
c’è sviluppo. Tanti ancora, comunque, i passi da compiere in Afghanistan, non
solo nella lotta alla povertà, ma anche nel settore cruciale della giustizia. A
sottolinearlo è stato il presidente della Commissione afghana per la riforma
giudiziaria che ha assicurato l’impegno del governo Karzai per la promozione
dei diritti umani in tutto il Paese.
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CINQUECENTO
ANNI FA MORIVA LA REGINA ISABELLA LA CATTOLICA.
LA
SPAGNA LA RICORDA CON UNA LUNGA SERIE DI INIZIATIVE CULTURALI.
DOMANI
A GRANADA, NEL LUOGO DELLA SEPOLTURA,
UNA
SOLENNE CONCELEBRAZIONE DI SUFFRAGIO DEI VESCOVI IBERICI
MADRID.
= Si celebra oggi il 5º centenario della morte di Isabella la Cattolica. In
vista della ricorrenza città e diocesi spagnole hanno avviato una fitta serie
di iniziative con l’intento di approfondire e divulgare la conoscenza della
figura e dell’opera della Regina, in ordine ad alcune linee portanti, quali
l’unità dei popoli della Spagna, la pace tra le culture, lo sviluppo umano e
l’evangelizzazione dell’America. Tra le manifestazioni culturali di maggior
rilievo figurano il Congresso itinerante “Isabella la Cattolica e la sua
epoca”, l’esposizione “Isabella la Cattolica, la magnificenza di un regno” e il
restauro globale della splendida Cappella Reale della Cattedrale di Granada,
che accoglie i resti mortali dei Re Cattolici, Isabella I di Castiglia e Ferdinando
V d’Aragona, suo sposo. Nell’ambizioso programma, anche una lunga serie di
spettacoli di teatro, concerti, filmati, congressi, conferenze, oltre che una
serie di pubblicazioni e altre attività culturali centrati sulla personalità di
Isabella la Cattolica e sulla sua epoca. Sempre a Granada, nel luogo della sua
sepoltura, si terrà domani una solenne Concelebrazione Eucaristica di
suffragio, cui prenderanno parte i Vescovi spagnoli al termine della loro plenaria
d’autunno. (S.S.)
IL NOBEL RITA LEVI
MONTALCINI E LA SOCIOLOGA EGIZIANA, MARIE ASSAAD,
INSIGNITE DEL PREMIO
AIDDA 2004, RISERVATO ALLE DONNE IMPEGNATE
IN PRIMA LINEA NELLA
SOLUZIONE DEI PROBLEMI DEL PIANETA.
LA CERIMONIA DI CONSEGNA
STAMANE A ROMA PRESSO LA CAMERA DEI DEPUTATI
- A cura di Roberta
Gisotti -
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26 novembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq quattro britannici,
dipendenti di una società di sicurezza inglese, sono morti in seguito ad un
attacco condotto da ribelli a Baghdad. A Kirkuk, nel nord del Paese, un gruppo
di uomini armati ha attaccato una stazione di polizia uccidendo un agente e
ferendone altri tre. La stessa città è stata teatro, ieri, di un attentato
dinamitardo che ha causato la morte di almeno due civili. Violenze si
registrano anche a Falluja. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:
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Un generale statunitense ha
riferito stamani che due marine sono rimasti uccisi ieri in un raid compiuto da
miliziani a Falluja, città dove si aggrava il bilancio dell’offensiva condotta da soldati americani e iracheni contro i ribelli. Il
consigliere per la Sicurezza nazionale del governo ad interim iracheno ha dichiarato che nell’operazione militare compiuta nella città
sunnita sono rimaste uccise oltre 2000 persone, delle quali 54 appartenenti
alle forze americane. Le truppe della coalizione, che hanno perquisito
abitazioni e presunti covi terroristici, hanno anche reso noto di aver
trovato un laboratorio chimico. In un comunicato attribuito agli insorti di
Falluja, si afferma inoltre che la guerriglia si sta riorganizzando ed è pronta
a compiere nuovi attacchi. E a Baluba, un attentato perpetrato da un kamikaze
ha causato oggi il ferimento di diversi militari statunitensi e di alcuni
civili. Ma le azioni delle forze americane si stanno ora spostando dal
cosiddetto triangolo sunnita alla zona compresa tra
Latifiyah, Mahmoudiyah, Yusufiyah, tre cittadine a sud di Baghdad. In questa
area, almeno 69 sospetti ribelli sono stati
arrestati in seguito ad una retata condotta da soldati britannici. Due sauditi, due tunisini e un libico sono invece stati fermati
dalla polizia a Bassora, dove stavano preparando attentati contro le forze di
sicurezza irachene. Il gruppo terroristico
guidato dal giordano Al Zarqawi ha intanto rivendicato su un sito internet
l’uccisione giovedì scorso, a Baghdad, di un dipendente del Dipartimento di
Stato americano. A Mossul, dove è stato catturato un luogotenente di Al
Zarqawi, sono stati ritrovati infine i cadaveri di quindici uomini,
probabilmente appartenenti alla guardia nazionale irachena.
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In Medio Oriente, il Consiglio di Al Fatah ha approvato la
candidatura di Abu Mazen per le elezioni presidenziali palestinesi del prossimo
9 gennaio. Intanto il leader del partito in Cisgiordania, Barghuti, ha
annunciato la propria candidatura. In attesa di decisioni ufficiali su
Barghuti, che sta scontando 5 ergastoli in un carcere israeliano, sono già 10 i
candidati che si contenderanno la presidenza dell’Autorità nazionale palestinese.
In Cina,
un uomo ha ucciso otto studenti e ne ha feriti altri quattro. Il fatto è accaduto
in un liceo di Ruzhov, nella provincia di Henan, e la notizia è stata resa nota
dall’agenzia “Nuova Cina”. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo ha raggiunto
il dormitorio dell’istituto e accoltellato nel sonno gli studenti.
In
Birmania, la giunta militare ha annunciato il rilascio di oltre 9 mila
detenuti, tra i quali molti oppositori politici. L’esecutivo di Rangoon ha ammesso
che i detenuti sono stati arrestati “erroneamente” da un organismo di intelligence
recentemente disciolto.
Gli azionisti di Yukos, il
colosso petrolifero russo sull’orlo della bancarotta, hanno reso noto in una
lettera che non voteranno il piano salva-azienda nella riunione in programma il
prossimo 20 dicembre. Secondo gli azionisti il piano voluto dal governo di
Mosca per salvare la società non è realizzabile e le uniche opzioni rimaste
sono la liquidazione o la bancarotta.
Prosegue la corsa dell’euro.
Nelle prime ore di questa mattina la divisa europea ha sfondato il tetto di
1,33 dollari. Successivamente si è attestata a quota 1,32. Al conseguente
deprezzamento del dollaro hanno contribuito l’annuncio da parte della Russia di
aumentare le proprie riserve valutarie in euro e la decisione delle autorità
cinesi di ridurre i propri investimenti in titoli di stato americani.
Questa
sera, in Italia, il Consiglio dei ministri darà il via libera alla riforma
fiscale concordata ieri dalla maggioranza, che contiene il taglio delle tasse
voluto fortemente dal premier Berlusconi. L’operazione è di 6 miliardi e mezzo
di euro sia per il 2005 sia per il 2006. Il provvedimento riduce il numero
delle aliquote. E dopo le tensioni delle ultime settimane nel centrodestra,
anche An e Udc sono soddisfatte. Dure le critiche di opposizione e sindacati.
Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Alla fine, sulle tasse, ha vinto
la linea Berlusconi, anche se con alcuni correttivi. Già dal prossimo anno,
dunque, sei miliardi di euro verranno destinati all’Irpef, cioè alle imposte
sulle persone fisiche. Il resto all’Irap, l’imposta regionale sulle attività
produttive. Una misura questa che riguarda il settore imprenditoriale: saranno
detassate le spese per la ricerca e i costi per i nuovi assunti (in particolare
nel Sud e nelle aree depresse del Nord). La copertura finanziaria verrà
dall’aumento di sigarette e bolli, dalla riduzione dell’organico della scuola e
dal blocco del turn over nel pubblico impiego. Dal 2007, ha fatto sapere
Berlusconi, ci saranno 75 mila statali in meno. Quanto all’Irpef, la riforma
fiscale riduce a tre il numero delle aliquote: al 23, al 33 e al 39 per cento.
C’è poi un contributo di solidarietà del 4 per cento, e solo per il 2005, per i
redditi oltre 100 mila euro. Previsto il raddoppio della “no tax area”, cioè la
fascia di esenzione totale, fino ai 14 mila euro per contribuenti con coniuge e
due figli a carico. E nel conteggio dei componenti della famiglia rientrerà
anche un anziano a carico. Ma quali saranno gli effetti pratici? Facciamo
qualche esempio. Un operaio con un reddito da 18 mila euro, con moglie e figlio
a carico, risparmierà 175 euro ogni anno. Un lavoratore dipendente, a 30 mila
euro di reddito e con 2 figli a carico, avrà un risparmio di 413 euro. Un
dirigente con un reddito di 45 mila euro e un figlio a carico troverà ogni mese
in busta paga 40 euro in più. Mentre un imprenditore con un reddito lordo di
300 mila euro risparmierà ogni anno oltre
seimila euro. Dure le critiche dell’opposizione e dei sindacati, per i quali la
riforma beneficia i più ricchi e mette a rischio i servizi e lo stato sociale.
Mentre per Confindustria ci sono elementi positivi anche se poco è stato fatto
per la competitività.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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In
Germania, rischia di allargarsi a macchia d’olio lo scandalo delle torture,
scoppiato la settimana scorsa nella caserma di Coesfeld, definita dalla stampa
locale l’Abu Ghraib tedesca. Denunce per fatti analoghi a quelli di Coesfeld
sono state avanzate in seguito ad abusi avvenuti in un’altra caserma del Nord
Reno Westfalia. Al momento, sono 21 i militari indagati per i fatti di
Coesfeld: sono accusati di aver torturato con scariche elettriche un centinaio
di reclute fra giugno e settembre. Sette indagati hanno confessato. In caso di
condanna, gli imputati rischiano fino ad un massimo di cinque anni di
reclusione.
Sono
irresponsabili le informazioni di stampa secondo le quali il principe Harry,
secondogenito di Carlo e Diana, sarebbe stato costretto a interrompere il
proprio soggiorno in Argentina in seguito ad un presunto tentativo di
sequestro. E’ quanto dichiara Buckingam Palace smentendo la notizia, diffusa
dai giornali britannici, di un complotto teso a rapire il principe. Secondo il
quotidiano “Times”, il governo argentino è stato informato del presunto
rapimento da un esponente della malavita locale.
Non si arrestano le violenze in
Darfur. I ribelli dell’Esercito di Liberazione del Sudan hanno ripreso le
ostilità nel nord della regione violando così la tregua sottoscritta il 9
novembre scorso ad Abuja. Mentre il governo di Khartoum ha dichiarato lo stato
d’emergenza, il rappresentante delle Nazioni Unite in Sudan, Jan Pronk, ha
rivolto un appello perché non si interrompa il dialogo fra le parti. Nella
Repubblica democratica del Congo, il presidente Kabila ha sospeso, intanto, sei
ministri del suo governo con l’accusa di corruzione.
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