RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
330 - Testo della trasmissione di giovedì 25 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
ai membri del Pontificio Consiglio per i Laici
Sabato
prossimo la consegna delle reliquie dei Santi Gregorio Nazianzeno e Giovanni
Crisostomo
al
Patriarca di Costantinopoli: ce ne parla l’archimandrita Ignazio Sotiriadis
OGGI IN PRIMO PIANO:
Ancora tensione in Ucraina: i
sostenitori di Yushenko in piazza a Kiev:
ce ne parla Vittorio Strada
CHIESA E SOCIETA’:
In corso a Dakar la sessione ordinaria della
Conferenza episcopale del Senegal
Si apre oggi nell’isola meridionale di Mindanao l’ottava
Settimana della pace
Conclusasi nei giorni scorsi, nella capitale
del Madagascar l’Assemblea plenaria dei vescovi
Nuova fioritura di vocazioni fra gli ordini
religiosi femminili in Cina
Massiccia operazione militare britannica in Iraq: arrestate oltre 50
persone
India e Pakistan sulla
via del dialogo: la visita di ieri a New Delhi del premier pachistano Aziz.
25 novembre 2004
LA CENTRALITÀ DELLA PARROCCHIA PER LA MISSIONE
DELLA CHIESA NEL MONDO
E LA
PREPARAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ:
SONO ALCUNI DEI TEMI TOCCATI DAL PAPA NEL DISCORSO
RIVOLTO STAMANI
AI MEMBRI DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI
“La parrocchia è la cellula
vitale nella quale trova naturale collocazione la partecipazione dei laici
all’edificazione e alla missione della Chiesa
nel mondo”. Lo ha detto il Papa nel discorso rivolto stamani ai membri
del Pontificio Consiglio per i Laici, in occasione della XXI Assemblea plenaria
del dicastero. L’incontro, in programma fino a domenica prossima a Roma, è
incentrato sul tema: “Riscoprire il vero volto della parrocchia”. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
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La missione del dicastero per i
laici – ha detto il Papa - è tesa a rinvigorire nei battezzati, mediante
molteplici progetti, la consapevolezza della propria identità e della vocazione
cristiana. Tra le iniziative promosse dal Pontificio Consiglio per i Laici, il
Santo Padre ha ricordato l’incontro dei cattolici dell’Europa dell’Est organizzato
l’anno scorso a Kiev, in Ucraina, Paese oggi scosso da gravi tensioni politiche.
“L’incontro – ha proseguito il Papa – ha evidenziato il ruolo svolto dai fedeli
laici nella ricostruzione spirituale e materiale di quelle nazioni dopo lunghi
anni di totalitarismo ateo”.
Giovanni Paolo II ha poi
manifestato apprezzamento per la promozione di una “nuova stagione aggregativa”
dei laici e per la recente istituzione della sezione “Chiesa e Sport”. Il Papa
si è quindi soffermato sull’intensa preparazione della Giornata mondiale della
gioventù che si celebrerà a Colonia, in Germania, nell’agosto del 2005: “Questo
appuntamento – ha detto - sollecita tutta la Chiesa, e specialmente i giovani,
a mettersi in cammino come i magi per incontrare il Dio fatto Uomo per la
nostra salvezza”. Il Papa ha anche espresso l’augurio che la riflessione sulla
parrocchia aiuti tutti a comprenderne la centralità:
“La comunità parrocchiale è luogo dell’incontro con Cristo e con i
fratelli”.
Giovanni Paolo II ha
sottolineato infine l’importanza di quest’anno dedicato all’Eucaristia.
“L’Eucaristia - ha spiegato - è il cuore pulsante della parrocchia”.
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ALTRE
UDIENZE
Il Papa ha ricevuto, inoltre,
questa mattina in Udienza i presuli della Conferenza Episcopale degli Stati
Uniti d’America (Regione IX), in visita "ad Limina Apostolorum":
mons. Elden Francis Curtiss, Arcivescovo di Omaha; mons. Fabian Wendelin
Bruskewitz, vescovo di Lincoln; mons. William
J. Dendinger, vescovo eletto di Grand Island;
mons. Paul S. Coakley, vescovo eletto di Salina con il vescovo
emerito mons. George Kinzie Fitzisimons.
NOMINA
Il Santo Padre ha nominato
vescovo di Guaranda (Ecuador) il sacerdote Ángel Polibio Sánchez Loayza,
vicario generale della diocesi di Machala.
Nato il 10 settembre 1946 ad Ayapamba, allora diocesi di Loja ed
attualmente diocesi di Machala, ha compiuto gli studi filosofici nel Seminario
Intermissionale di Ambato. Ha poi continuato la sua formazione nel Seminario
Maggiore "San José" di Quito e presso la Pontificia Università Cattolica
dell’Ecuador. E’ stato ordinato sacerdote nel 1975 a Machala.
SABATO PROSSIMO LA CONSEGNA DELLE RELIQUIE
DEI SANTI GREGORIO NAZIANZENO
E GIOVANNI CRISOSTOMO
AL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI
- Intervista con l’archimandrita Ignazio
Sotiriadis -
Sabato prossimo
alle ore 11.00, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre presiederà assieme al
Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, una celebrazione ecumenica
nel corso della quale avverrà la consegna al Patriarca delle reliquie dei Santi
Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo, vescovi e dottori della Chiesa,
reliquie conservate finora a Roma. Sul significato di questo evento, Giovanni
Peduto ha intervistato l’archimandrita Ignazio Sotiriadis della Chiesa ortodossa
di Grecia:
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R. – Il significato di questo evento per noi è
molto grande perché la consegna di queste reliquie significa che si crea un
ponte in più tra le Chiese sorelle di Costantinopoli e di Roma, tra le Chiese
cattolica e ortodossa certamente. Allora questo gesto di carità e di fraternità
segue i grandi gesti che hanno segnato il tempo del dopo Concilio con le consegne
di altre insigni reliquie come quella di Sant’Andrea alla Chiesa di Grecia,
alla Chiesa locale di Patrasso; di San Saba a Gerusalemme e di San Tito a
Creta.
D. - Che messaggio viene ai cristiani da San
Giovanni Crisostomo e da San Gregorio Nazianzeno?
R. – San Giovanni Crisostomo è l’esempio di un
apostolo molto coraggioso nella società. San Giovanni parlava con molto
coraggio agli imperatori e criticava le autorità del suo tempo, perciò ha
meritato - tra virgolette - l’esilio e la morte. Per noi è un impegno ad essere
attivi nella società e ad essere coraggiosi. Invece San Gregorio Nazianzeno,
come patriarca e arcivescovo di Costantinopoli, è anche lui un esempio di un
cuore molto devoto al Signore, ma anche una personalità coraggiosa che, quando
fu accusato, non ha esitato a lasciare il suo ufficio, così importante in
quell’epoca, per tornare a vivere in esilio nel suo Paese natale.
D. - Come procede il dialogo teologico tra cattolici ed
ortodossi, a suo parere?
R. –
Bisogna essere sinceri. Ci sono stati dei momenti molto interessanti. Sono
state discusse tante cose. Certamente il problema ancora da superare è quello
dell’uniatismo. Questo problema bisogna superarlo ma si è deciso che il dialogo
ecumenico, come dialogo teologico, ricomincerà dopo la consegna di queste
insigni reliquie al Patriarca ecumenico e dopo la festa di Sant’Andrea, secondo
le mie informazioni, se non sbaglio verrà annunciato il riavvio del dialogo
teologico. Le discussioni, comunque, cominceranno dal Ministero petrino e poi
si vedranno le altre questioni.
D. – Cosa si potrebbe fare di più?
R. – Io credo che i nostri capi religiosi,
ecclesiastici, i nostri superiori delle Chiese non si sono messi ancora tutti
intorno ad una tavola rotonda, magari a porte chiuse, a discutere sul processo
veloce di riavvicinamento delle Chiese. Secondo me, i grandi gesti sono stati
compiuti, le foto sono state fatte, i regali scambiati. Adesso, c’è bisogno di
coraggio ed anche di un ecumenismo più spirituale, cioè un ecumenismo di base.
Adesso devono parlare i popoli, i sacerdoti, le parrocchie, le persone tra di loro.
Bisogna diventare amici e parlare non da diplomatici, ma da fratelli l’uno con
l’altro.
D. – Quale unità Lei prevede per il futuro?
R. - Io direi che l’unità debba
essere segnata da quello che dicono tutti i nostri teologici ortodossi e tutti
i nostri storici, ma anche insigni teologi dell’Occidente, della Chiesa
cattolica, come il cardinale Ratzinger, che parla di una unità o una
riunificazione secondo i modelli storici del primo millennio.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II ai partecipanti all'Assemblea
Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici.
Il
Papa ha sottolineato che la parrocchia è cellula vitale e luogo naturale dove i
laici partecipano all'edificazione e alla missione della Chiesa nel
mondo.
Sempre
in prima, l'Ucraina: dilaga la pacifica protesta in tutto il Paese. Si fa
sempre più tesa la crisi politica dopo che la Commissione elettorale centrale
ha proclamato presidente il premier filorusso Viktor Yanukovic.
Nelle
vaticane, la visita pastorale in Laos del cardinale Crescenzio Sepe.
Una
pagina in occasione del 200.mo anniversario della morte del cardinale Stefano
Borgia, antico Prefetto di "Propaganda Fide".
Nelle
estere, Repubblica Democratica del Congo: il Rwanda minaccia interventi armati
nel Nord Kivu.
Per
la rubrica dell'"Atlante geopolitico", un articolo di Giuseppe M.
Petrone dal titolo "APEC: liberalizzare i commerci mondiali".
Nella
pagina culturale, un articolo di Clotilde Paternostro in merito alla mostra
"Classico e moderno": al Vittoriano un’esposizione dedicata
all'artista Degas.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il terremoto verificatosi nel Bresciano. Le
forti scosse sono state avvertite anche in altre regioni del Nord.
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25
novembre 2004
UCRAINA ANCORA SPACCATA SULLA VITTORIA
ALLE PRESIDENZIALI DI DOMENICA SCORSA
DEL FILO-RUSSO YANUCOVIC.
I SOSTENITORI DI
YUSHENKO IN PIAZZA A KIEV.
LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE IN PRIMA LINEA PER
RISTABILIRE LA CALMA
- Intervista con Vittorio Strada -
E’ ripresa questa mattina a Kiev la mobilitazione
dei sostenitori del candidato dell'opposizione, Yushenko, dopo la pubblicazione
dei risultati elettorali che ieri ha sancito la vittoria, al ballottaggio
presidenziale di domenica, del premier filorusso Yanukovic. La situazione
resta, dunque, ad altissima tensione, mentre ci sarebbero trattative in corso
per evitare una pericolosa spaccatura del Paese. Il servizio è di Giuseppe D’Amato:
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Lo scontro
pubblico verbale continua, mentre si tratta dietro le quinte. Il Paese slavo è
per metà paralizzato da scioperi e proteste, soprattutto nelle regioni
occidentali. A Kiev sono tornati in decine di migliaia in piazza per esprimere
la propria protesta per l’esito delle elezioni. Centinaia di manifestanti hanno
occupato edifici pubblici, stazioni e strade in varie città. Il comitato
elettorale dello sconfitto Yushenko ha deciso di seguire le vie legali e ha
presentato un documento di appello alla Corte costituzionale.
Notizie su un
incontro tra il premier Yanukovich ed il capo dell’opposizione corrono incontrollate.
Le basi della trattativa sarebbero già state poste: nuovo ballottaggio nei
prossimi mesi con l’uscente presidente Kuchma come garante. All’Aja, nel corso
del Summit semestrale Unione Europea-Russia, si sta parlando anche della crisi
ucraina. Le posizioni sono assai lontane. Il presidente russo Putin si è
felicitato di nuovo con Yanukovich per la vittoria, affermando che gli ucraini
hanno scelto nel segno della continuità e della stabilità. Gli europei hanno
invece un approccio negativo all’esito della consultazione e sottolineano i
brogli e le falsificazioni. Gli Stati Uniti sono sulla stessa posizione, ma
fonti del dipartimento di Stato affermano che gli USA non sono intenzionati a
rivedere la loro politica nei confronti di Mosca.
Per la Radio vaticana, Giuseppe
D’Amato.
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A 15 anni esatti dalla
caduta del muro di Berlino, la crisi in Ucraina sta mostrando al mondo una
spaccatura tra est ed ovest più profonda del previsto. Andrea Sarubbi ne ha
parlato con Vittorio Strada, esperto di questioni dell’area ex sovietica e docente
all’Università di Venezia:
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R. - Che ci siano stati dei brogli sembra fuori discussione.
C’è stato da parte di Yushenko un gesto avventuristico, quello di
autoproclamarsi, presistenti di fronte ad un parlamento dimezzato, prima ancora
che venissero proclamati ufficialmente i risultati, sia pur dubbi - ripeto -
delle elezioni. Quindi si è soffiato sul fuoco ucraino piuttosto che cercare di
smorzarlo. Questo mi sembra da tutte e due le parti, anche da parte della
Russia perché Putin si è congratulato con Yanukovic prima ancora che i
risultati ufficiali fossero emanati. D’altra parte era chiaro che il candidato
cosiddetto occidentale, o americano evidentemente, rispondeva a precisi
interessi geopolitici.
D. - Pare, insomma, che il muro
di Berlino si sia spostato in Ucraina?
R. - Sì, in un certo senza c’è un’aria di guerra fredda, i
venti della guerra fredda che erano già in qualche modo avvertibili al tempo
delle elezioni in Georgia. Qui in modo più netto perché gli interessi russi in
Ucraina sono molto più forti di quanto non potessero esserlo in Georgia.
D. – Secondo lei, di cosa ha
paura veramente la Russia?
R. – Il timore, da parte russa è di vedere un giorno le
basi della Nato in Crimea. Quindi sarebbe un fatto per la Russia certamente
negativo, soprattutto anche sul piano del prestigio internazionale russo. Tenga
presente che una mentalità diffusissima è che sia in atto una congiura
antirussa.
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NEL MONDO, IL 20 PER CENTO DELLE DONNE SUBISCE
ABUSI FISICI
E LA VIOLENZA DOMESTICA È LA PRINCIPALE CAUSA DI
MORTE O
DI GRAVE INVALIDITÀ TRA I 16 E I 44 ANNI: DATI
RICORDATI IN OCCASIONE
DELL’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE
PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE
- Intervista con Cecilia Nava ed Oria Gargano -
“Dobbiamo proteggere le donne,
eliminare le diverse forme di violenza e costruire un mondo in cui le donne
godano dei loro diritti e libertà allo stesso modo degli uomini”. Così, il
segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nell’odierna Giornata
internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nel mondo, il
20% delle donne subisce abusi fisici e la violenza domestica è la principale
causa di morte o di grave invalidità tra i 16 e i 44 anni. Il servizio di
Roberta Moretti:
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Terrorizzate dalle violenze tra
le mura di casa, schiavizzate in matrimoni forzati, comprate e vendute per
alimentare il mercato della prostituzione, violentate come trofei di guerra,
mutilate nell’intimità o torturate in stato di detenzione. Nel mondo, una donna
su tre subisce una forma di violenza. Ascoltiamo la dott.ssa Cecilia Nava, vice
presidente di Amnesty International Italia:
“La violenza sulle donne è uno
dei fenomeni più nascosti. Prendiamo ad esempio la Colombia: lì esiste una
guerra dimenticata e le donne vengono violentate nell’ambito di questo
conflitto sia dalle forze governative che dai gruppi armati di opposizione e
hanno paura di parlare di quello che è successo. Spesso se chiedono aiuto
vengono discriminate da parte della comunità di appartenenza. Anche la violenza
domestica è spesso un fenomeno nascosto. Le donne hanno difficoltà a denunciare
proprio perché in molti Paesi le denunce non hanno un seguito, anzi espongono
la donna ad ulteriore violenza”.
Ma gli abusi sono più frequenti
in determinate classi sociali? La parola alla dott.ssa Oria Gargano,
responsabile del Centro Antiviolenza della provincia di Roma dell’Associazione
Differenza Donna:
“Non esiste una donna tipo che derivi, per esempio, dalle classi meno
agiate o dalle situazioni sociali meno avvertite. In realtà vengono da tutte le
classi sociali e da tutte le classi economiche. L’uomo che muove violenza in
circa il 90 per cento dei casi è legato alla vittima da una relazione
sentimentale, ha una vita sociale normale ed è stimato come persona per bene”.
Al
Centro della provincia della capitale bussano circa 500 donne ogni anno. Con
quali aspettative lo spiega la dott.ssa Gargano:
“Quelle che arrivano da noi vengono per risolvere il loro problema, ma
non vengono direttamente a fare la denuncia. Vengono a cercare un sostegno, ad
analizzare certi passaggi psicologici obbligatori, ad esempio che non è colpa
tua se sei vittima di violenza. Perché purtroppo, spesso, sono portate ad avere
dei sensi di colpa. Fanno anche denuncia, però ci arrivano con il tempo, con la
calma. Ovviamente ce ne sono tante altre che restano nelle loro case. Non le
vediamo. Non vengono qui. Non vanno negli altri centri anti violenza in Italia,
che sono oltre 80, e hanno una situazione più difficile. Molte rimangono nella
loro situazione perché pensano che riguardi soltanto loro, che ne siano in
qualche modo responsabili e che non sia possibile uscirne. Invece, con l’aiuto
dei centri specializzati, se ne può uscire”.
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DOPO IL CONTRASTO TRA IL
PRESIDENTE, CIAMPI, E IL GUARDASIGILLI, CASTELLI,
SI RIAPRE IN ITALIA IL
CONFRONTO SULLA CONCESSIONE DELLA GRAZIA AI DETENUTI.
UNA RIFLESSIONE, TRA ETICA
E DIRITTO, CON IL PROFESSORE ANTONIO MARIA BAGGIO DELLA PONTIFICIA UNIVERSITA’
GREGORIANA
“Non ritengo che Bompressi abbia requisiti per la grazia”.
Le parole del ministro della Giustizia italiana, Roberto Castelli, hanno
innescato un acceso dibattito politico in Italia. Il Guardasigilli sembra,
infatti, deciso ad opporsi all’intenzione del Capo dello Stato, Ciampi, a
concedere la grazia all’ex militante di Lotta Continua, condannato per
l’omicidio del commissario Calabresi. Ora della questione potrebbe essere
investita la Corte Costituzionale. In questi anni, Ciampi ha firmato in tutto
solo sei provvedimenti di grazia. Il più noto a beneficio dell’attentatore del
Papa, il turco Ali Agca. Sulla concessione della grazia, dunque, si è aperto in
Italia un confronto istituzionale. Tuttavia, quando si parla di provvedimenti
di clemenza per i detenuti, una domanda profonda viene posta alla coscienza di
ognuno. Qual è allora il rapporto tra morale e diritto, che fa da sfondo alla
questione della grazia? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al prof. Antonio Maria
Baggio, docente di Etica sociale alla Pontificia Università Gregoriana:
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R. - Il concetto di grazia ha
una derivazione culturale cristiana, perché viene proprio dall’idea di un dono
gratuito fatto da Dio. In questo senso è stato recepito anche dai sistemi
giuridici, perché a differenza di altri provvedimenti, quali l’amnistia o
l’indulto, la grazia è sempre ad personam. Non cancella dunque il giudizio
che c’é stato, ma è un istituto di civiltà, in quanto si pensa che le
condizioni nelle quali una persona ha maturato il proprio delitto possono
successivamente essere cambiate ed aver cambiato la persona stessa.
D. - Da una parte, la ricerca
della sicurezza dei cittadini, dall’altro, il reinserimento nella società di
chi ha commesso un crimine. E’ possibile un equilibrio?
R. - E’ lecito che la legge
preveda la possibilità di commutare la pena, di reinserire il detenuto. D’altra
parte, ci vuole una società pronta ad accoglierli, perché anche il detenuto che
cambia, se fuori continua ad essere rifiutato, troverebbe di nuovo come ultima
possibilità quella di ripetere quello che sa fare, cioè magari rubare.
D. - Qual è il rapporto fra il
perdono in senso cristiano e il concetto laico, politico di grazia?
R. - Abbiamo dei casi storici di
grandissimo interesse che testimoniano la necessità del perdono. Pensiamo alla
situazione del Sudafrica, dopo il superamento dell’Apartheid: si sarebbero
dovuti istituire migliaia di tribunali e questa era una cosa che il Paese non
si poteva permettere. Voleva dire perpetuare per anni il dolore che il Paese
aveva già attraversato: continuare a mantenere aperte le ferite. C’è un grande
libro del vescovo Tutu che dice che il perdono era la necessità del Paese.
Stessa cosa è stata fatta in Rwanda, quando sono stati istituiti i tribunali di
villaggio, nei quali il colpevole doveva ammettere di avere sbagliato, anche di
avere ucciso; riceveva una pena che era soprattutto simbolica e veniva
riammesso nella comunità. Il perdono è necessario perché la giustizia ha varie
funzioni, ma certamente non riesce a ricostruire un rapporto, per quello ci
vuole proprio l’elemento personale, la capacità di riguardare in faccia la
persona che ci ha fatto del male.
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OFFRIRE RISPOSTE ALLA SOCIETA’ DI OGGI,
DOMINATA
DALLA PAURA E ORIENTATA AD UNA CULTURA
DI
CONTROLLO E PROTEZIONE, E’ RESPONSABILITA’ ANCHE DEI CONSACRATI:
SE NE PARLA AL CONGRESSO MONDIALE DELLA VITA
CONSACRATA, IN CORSO A ROMA
Il Congresso mondiale sulla vita consacrata prosegue i suoi lavori a
Roma, tra conferenze, incontri, dibattiti e relazioni, molto ricche di
contenuto. Il servizio di Jean-Baptiste Sourou, che sta seguendo per noi i
lavori del Congresso:
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Era uno dei relatori più attesi
di questo Congresso e non ha certo deluso padre Timothy Radcliffe, ex superiore
generale dei dominicani, che ha focalizzato la sua attenzione su tre sfide che
l’11 settembre 2001 pone ormai alla società e quindi agli stessi religiosi: una
crisi di fiducia nell’altro e soprattutto in coloro che sono diversi o che la
pensano diversamente.
Questa è anche un’epoca
che fa intravedere un futuro di violenza tra le culture e di conseguenza la
crescita di una cultura di controllo e di protezione. In tutto ciò, la vita
consacrata può certamente offrire risposte, attraverso le sue comunità, dove la
diversità delle origini è vissuta come segno di forza del Regno. Questo
significa, quindi, una profonda attenzione a coloro che parlano lingue diverse
e vivono di simpatie ed immaginazioni differenti. Le comunità che sono
caratterizzate da persone con una stessa mentalità sono in realtà segni deboli
del Regno, ha detto il dominicano.
Dinanzi ad un futuro che ci
vogliono fare credere essere di violenza, la vita consacrata ha da offrire
un’alternativa per il futuro: cercare di accogliere con gioia un futuro
incerto, rimanendo però aperti al Dio delle sorprese, che sconvolge tutti i
piani umani e chiede invece di fare cose che non abbiamo mai immaginato. La
paura nata dall’11 settembre conduce a controlli serrati a livello nazionale.
Una cultura che si respira anche nelle famiglie religiose dove tutto deve
essere misurabile e la misura è soprattutto il denaro. Se i religiosi vogliono
essere segni del Regno nella società dovranno saper rinunciare a scegliere
sempre l’opzione sicura, accettando la precarietà e la vulnerabilità. “In
questo mondo spaventato ed angosciato – ha detto padre Timothy – la vita
religiosa dovrebbe essere un’oasi di libertà e di fiducia. Si può aver paura,
ma – ha concluso - non ci si deve lasciar guidare da essa”.
E proprio di coraggiosi
testimoni si parlerà stasera nella veglia, organizzata a Santa Maria in
Trastevere, per ricordare i religiosi martiri dell’ultimo decennio.
Per la Radio Vaticana,
Jean-Baptiste Sourou.
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MOLTE LE INIZIATIVE IN OCCASIONE
DEL 750.MO DELLA NASCITA DI MARCO POLO
-
Intervista con Cesare Mirabelli e Xu Xianmig -
Con la
collaborazione delle Università di Roma, Venezia e Pechino, si sono aperte nei
giorni scorsi a Roma, presso i Musei Capitolini, le celebrazioni per il 750.mo
anniversario della nascita di Marco Polo. Un’occasione particolare per
rinnovare gli scambi culturali fra i due popoli e per una riflessione in tema
di diritto. Eugenio Bonanata:
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Marco
Polo: il viaggio, il libro, il diritto. Questo il tema di un ampio ventaglio di
iniziative promosse per ricordare la nascita del viaggiatore veneziano. Al
primo incontro, nei giorni scorsi a Roma, un gruppo di giuristi cinesi e
italiani ha discusso sulla possibilità di aggiornare percorsi di conoscenza
reciproca fra i due popoli. Dunque, il vissuto lontano di Marco Polo ci riporta
immediatamente all’oggi, rinnovando quella dimensione di apertura culturale. Ma
sentiamo le parole di Cesare Mirabelli, già presidente della Corte Costituzionale
italiana, moderatore dell’incontro:
“Oggi
il contatto tra popoli e la ricerca di elementi di unità profondi si possono trovare
nei diritti fondamentali come diritto comune ai popoli e l’attuale fase di elaborazione
dell’ordinamento giuridico cinese che si apre e che ci vede quindi partecipi in
qualche modo culturalmente. Abbiamo visto come vi sia un’apertura rispetto al
sistema precedente: il riconoscimento di diritti individuali, la faticosa
attenzione anche al diritto di proprietà, al godimento dei beni, anche se
certamente non si tratta di problemi che si risolvono da un giorno all’altro”.
I progressi economici della Cina
sono sotto gli occhi di tutti. Ma le recenti revisioni del sistema giuridico
cinese lasciano intravedere importanti progressi. In particolare, l’inserimento
del comma “Lo Stato rispetta e protegge i diritti umani”, in occasione
dell’ultima revisione costituzionale, rappresenta il riconoscimento di una
realtà di fatto. Tuttavia, resta ancora molto da fare come ci conferma Xu
Xianmig, nella traduzione italiana, docente di Giurisprudenza all’Università di
Pechino:
“La
Costituzione cinese è una Costituzione che si trova in fase di riforma. Questa
volta si è trattato, però, di una revisione parziale e per questo nel sistema
dei diritti umani ci sono state delle occasioni perse. Avremmo, forse, dovuto introdurre
anche delle norme sul diritto della privacy, sul diritto all’informazione,
all’ambiente e allo sviluppo, perfezionando così il nostro sistema per produrre
una Costituzione ancora migliore. Sarà, inoltre, necessario migliorare ulteriormente
i meccanismi di garanzia del rispetto dei diritti umani e trasformare i diritti
sanciti dalla Costituzione in diritti effettivi”.
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NEL POMERIGGIO DI IERI SI È
INAUGURATA A ROMA LA MOSTRA
“I
CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO. I LUOGHI E LE IMMAGINI”
CHE SI PROTRARRÀ FINO AL 31 GENNAIO 2005
- Servizio di Marco Cardinali -
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L’inaugurazione
della mostra si è svolta nella suggestiva cornice del salone Borrominiano della
Biblioteca Vallicelliana voluta da S. Filippo Neri alla presenza del cardinale
Carlo Furno, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di
Gerusalemme, e dell’on. Nicola Bono, sottosegretario di Stato per i Beni e le
Attività Culturali. La mostra documenta la storia e l’evoluzione di una delle
più importanti istituzioni cavalleresche ed illustra immagini dei fotografi
viaggiatori che riportavano in Europa e in America i ritratti dei luoghi santi,
che potevano essere visti da chi non era mai stato in Terra Santa. L’itinerario
espositivo prevede, inoltre, antichi testi manoscritti a stampa, documenti,
insegne, decorazioni, emblemi e divise dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro
di Gerusalemme. La sua storia si radica in tradizioni antiche che si perpetuano
ancora attualizzando nel presente il messaggio e le attività in favore della
Terra di Gesù. Sul significato della mostra abbiamo intervistato Alberto
Consoli Navarra Palermo, Luogotenente dell’Ordine per l’Italia centrale e
Sardegna.
“E’ una
mostra molto particolare, molto bella. Questa mostra è stata offerta
all’Ordine, alla nostra Luogotenenza, dal Ministero per i Beni e le Attività
culturali. Si basa su circa 160 fotografie di fine ‘800, scattate da fotografi
viaggiatori. Allora non c’erano i turisti, c’erano i fotografi viaggiatori, i
fotografi artisti, che hanno fotografato immagini della Samaria, della Giudea,
così come erano una volta, carichi di fascino. Quindi anche questo è un messaggio,
che io colgo così come un atto di amore per quei luoghi santi. Io spero tanto
ed il mio augurio è che la visione di queste fotografie accresca, faccia
nascere in tutti noi e in tutti i visitatori, il desiderio di andare
personalmente in quei luoghi”.
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25
novembre 2004
LA POVERTA’, LE
DIFFICOLTA’ DEL MONDO RURALE E LA QUESTIONE DELLA SANITA’:
SONO I TEMI AL CENTRO DELLA SESSIONE ORDINARIA
DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE DEL SENEGAL, IN CORSO A DAKAR
DAKAR.
= Hanno preso il via a Dakar i lavori della Conferenza episcopale del Senegal
(Ces), riunita in sessione ordinaria fino al prossimo 28 novembre. Ai lavori
prenderanno parte sette vescovi senegalesi e l’arcivescovo di Dakar, monsignor
Théodore-Adrien Sarr, oltre ad autorità religiose in rappresentanza dei Paesi
vicini: Guinea-Bissau, Capo Verde e Mauritania. Oltre a questioni religiose e
spirituali, ha spiegato l’abate Alfred Wally Sarr, segretario della Ces, la
conferenza affronterà anche quelle relative alle strategie della Commissione
Giustizia e Pace e alla preparazione del grande sinodo romano del prossimo
anno. Una parte della settimana, infine, riferisce l’agenzia Misna, verrà
dedicata alle problematiche sociali, economiche e politiche del Paese africano
e di quelli vicini. “Scriveremo una lettera pastorale sulla situazione del
mondo rurale – ha detto il segretario della Conferenza episcopale del Senegal –
in particolare sulla sua povertà e sulle difficoltà dei nostri quattro Paesi”.
Altra urgenza sulla quale i presuli senegalesi intendono attirare l’attenzione
è quella sanitaria. (B.C.)
RISTABILIRE LA PACIFICA CONVIVENZA TRA LA COMUNITÀ
CRISTIANA
E QUELLA
ISLAMICA NELLE FILIPPINE. QUESTO LO SCOPO DELL’OTTAVA SETTIMANA
DELLA PACE, CHE SI APRE OGGI NELL’ISOLA
MERIDIONALE DI MINDANAO
MANILA. = “La più grande sfida
nel costruire la pace va oltre gli accordi politici; la pace è elemento
necessario e parte integrante in tutti i settori della società ed è una
responsabilità di tutti i cittadini”. Con queste parole padre Angel Calvo,
missionario claretiano, ha annunciato l’ottava Settimana della pace che si apre
oggi a Mindanao, isola nel sud dell’arcipelago filippino, da decenni teatro
della guerriglia islamica. Istituita nel 1997 dagli “Avvocati per la pace di
Zamboanga” (Paz), movimento di cui padre Calvo è presidente, la Settimana della
pace è stata celebrata, a partire dal 2000, da cristiani e musulmani insieme.
Il suo scopo è ristabilire la pacifica convivenza tra la comunità cristiana
dell’unico Stato asiatico a maggioranza cattolica e quella islamica, presente
in forte concentrazione nel sud del Paese. Il tema di quest’anno è: “Una
famiglia riconciliata come agente di riconciliazione” perché, come ha spiegato
padre Calvo, “è molto importante che la famiglia possa contribuire a formare
una nuova coscienza per la risoluzione dei conflitti partendo da casa propria”.
In occasione dell’inizio delle attività,
l’arcivescovo Carmelo Morelos, della Conferenza Vescovi-Ulama, invierà una dichiarazione
a nome della Conferenza stessa, mentre a Zamboanga, isola a sud di Mindanao è
prevista una grande manifestazione di piazza. Inoltre, i “Mindanao
Peaceweavers”, un network di gruppi a favore della pace sorto di recente
nell’isola filippina, coglieranno l’occasione per sollecitare la rapida ripresa
dei negoziati tra governo e “Fronte di liberazione islamico moro” (Milf),
principale movimento guerrigliero di Mindanao. Celebrazioni ed eventi speciali
sono previsti anche nella capitale Manila: una coalizione di organizzazioni non
governative, il “Kalinaw Organizing Committee”, ha promosso un’“Azione di
solidarietà alle celebrazioni della Settimana della Pace” nella Camera bassa
del parlamento filippino. (R.M.)
IL VIRUS DELL’INFLUENZA DEI POLLI
POTREBBE PROVOCARE UNA PANDEMIA
DI INFLUENZA UMANA IN TUTTO IL MONDO, CAUSANDO LA MORTE DI MILIONI
DI PERSONE. LO HA RIFERITO OGGI L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA
SANITA’
GINEVRA. = Nuovo allarme
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sul futuro del pianeta:
l’influenza dei polli sarà la probabile causa della prossima pandemia di
influenza umana, che potrebbe colpire oltre il 30 per cento della popolazione
mondiale e causare milioni di morti. Non si sa ancora se questa influenza
comincerà “la prossima settimana o nei prossimi anni”, ha detto oggi Klaus
Stohr, coordinatore del programma Oms per il contenimento dell’influenza
aviaria, ma è probabile che più di un quarto della popolazione mondiale si ammalerà.
“Le stime dei decessi variano tra i due e i sette milioni, ma il numero di coloro
che si ammaleranno supererà il miliardo di persone, tra il 25 e il 30 per
cento”. “Ogni centinaia di anni si sono registrate due o tre pandemie e non c’è
ragione di credere che noi saremo risparmiati”, ha osservato ancora. Stohr ha aggiunto
infine che due aziende statunitensi stanno attualmente lavorando a un vaccino
che potrebbe salvare milioni di vite umane, ma il farmaco non sarà sicuramente
pronto almeno prima di marzo 2005. (R.M.)
GRAVE INCURSIONE DI RISICOLTORI, LATIFONDISTI E
INDIOS MERCENARI
AI DANNI DI UNA COMUNITA’ INDIGENA DI RORAIMA,
NELL’AMAZZONIA BRASILIANA,
CHE DA TEMPO LOTTA PER IL RICONOSCIMENTO DELLA
PROPRIA TERRA
- A cura di Beatrice Luccardi -
RORAIMA.
= Si fa sempre più grave la situazione per gli indios della comunità indigena
della Serra do Sol nell’Amazzonia brasiliana, che da tempo lottano per far
riconoscere la zona come terra indigena. Come riportato da fonti della Chiesa locale
all’alba di martedì scorso un gruppo di circa 40 persone, composto da risicoltori,
latifondisti e indios mercenari ha compiuto una devastante incursione nel villaggio
della comunità Saraui, ferendo gravemente il fratello del capo indigeno e
distruggendo sia le case che le coltivazioni. Per completare l’opera in tutta
tranquillità gli assalitori hanno anche bloccato le strade di accesso alla zona
per tutto il tempo del raid, mirato a terrorizzare gli indigeni e ad impedire
che Rapasa Serra do Sol diventi un’area protetta. Gli aggressori hanno inoltre
obbligato gli abitanti del villaggio a lasciare la zona, abbandonando tutti i
loro averi, inclusi i generi di prima necessità. Gli sfollati, varie decine,
sono tuttora privi di cibo e di riparo e impauriti dalle minacce degli
aggressori che hanno dichiarato di voler tornare per distruggere quanto resta
della comunità. Secondo quanto precisato dalle stesse fonti ecclesiali, già nel
giugno scorso le autorità brasiliane erano state avvisate del grave acuirsi
delle tensioni nella zona, ma nessuna iniziativa è stata intrapresa per
dirimere il conflitto tra gli indios e i risicoltori che parimenti rivendicano
il territorio.
LA VITA E LA TESTIMONIANZA SACERDOTALE NEL MONDO:
E’ IL TEMA CENTRALE DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI DEL MADAGASCAR,
CONCLUSASI
NEI GIORNI SCORSI NELLA CAPITALE DEL PAESE
AFRICANO, ANTANANARIVO
ANTANANARIVO. = I vescovi del
Madagascar si sono riuniti recentemente nella loro assemblea plenaria nella
capitale del Paese, Antananarivo. All’incontro era presente anche un gruppo di
religiosi, sacerdoti e laici, per riflettere insieme sulla vita e sulla testimonianza
sacerdotale nel mondo. Durante i giorni di lavoro sono state trattate anche
diverse questioni che interpellano la Chiesa malgascia: lo studio sulla
ristrutturazione di varie diocesi secondo affinità culturali, geografiche ed
amministrative; l’Anno della Bibbia che si celebrerà in Africa nel 2005; gli
sforzi realizzati a livello ecumenico; il tentativo di creare una commissione
per lottare contro l’AIDS; la visita ad Limina prevista nel giugno 2005.
Naturalmente non sono stati trascurati la celebrazione dell’Anno
dell’Eucaristia e la Giornata mondiale della gioventù di Colonia, nell’agosto
2005, che per molte diocesi del Madagascar rappresenta una meta estremamente
difficile da raggiungere. All’assemblea è intervenuto anche il primo ministro
malgascio, Jacques Sylla, che ha
sollecitato la collaborazione di Chiesa e governo per lo sviluppo e la lotta contro
la povertà. (R.M.)
NUOVA FIORITURA DI VOCAZIONI FRA GLI ORDINI
RELIGIOSI FEMMINILI IN CINA.
LA CONGREGAZIONE DELLE SUORE DELLO SPIRITO SANTO E
DELLA MADRE
DI DIO HA VISTO LA PROFESSIONE PERPETUA DI 23
RELIGIOSE
HAN DAN. = Grande festa nella
diocesi cinese di Han Dan, dove la locale congregazione delle suore dello
Spirito Santo e della Madre di Dio ha visto recentemente la professione
perpetua di ben 23 religiose. E’ il numero più alto di professioni perpetue in
una sola volta per questa congregazione. Per l’occasione – riferisce l’Agenzia
Fides - oltre 20 sacerdoti hanno concelebrato la Santa Messa e 1500 fedeli vi
hanno partecipato, allietando un evento
che ha generato gioia e speranza nella Chiesa locale. La congregazione dello Spirito Santo e della Madre di Dio
venne fondata nel 1923 dal primo vescovo della diocesi di Han Dan, mons.
Giuseppe Cui, per poi venire sciolta nel 1952, in piena persecuzione comunista.
La congregazione riprese poi vita nel 1988,
registrando sempre nuove vocazioni. Oggi la comunità è composta da 137
suore, di cui 88 che hanno emesso i voti perpetui, 11 le novizie e 23 le
postulanti. Il loro servizio di evangelizzazione si svolge soprattutto
attraverso un grande impegno nell’assistenza sanitaria, negli asili, nelle
scuole elementari e nei lavori artigianali di ricamo e di arte sacra. La
diocesi di Han Dan, che include 19 distretti civili, si trova nel Sud della
provincia di He Bei e conta oltre 130 mila fedeli, su una popolazione di 8,3
milioni di persone. L’evangelizzazione della diocesi risale al grande
missionario gesuita Matteo Ricci nel
‘500. La diocesi di Han Dan gestisce diversi dispensari, ambulatori e strutture
impegnate nell’assistenza sociale. (A.M.)
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25 novembre 2004
- A cura di
Salvatore Sabatino -
Massiccia operazione militare
britannica stamani in Iraq: 500 soldati sono entrati in azione a sud di
Baghdad, arrestando più di 50 persone, tra le quali alcuni leader della guerriglia.
In altri scontri a ovest della capitale, due iracheni sono rimasti uccisi,
mentre ieri un dipendente del dipartimento di Stato americano, che lavorava in
Iraq come consigliere del ministero dell’Istruzione irachena, è stato ucciso
nel centro di Baghdad, vicino alla cosiddetta area verde.
Tensione
altissima anche in Afghanistan, dove l’esercito statunitense è convinto che Al
Qaeda stia riorganizzato la propria resistenza, per contrastare il successo
delle elezioni dell’ottobre scorso. A confermare questa tesi il ritrovamento
nella provincia occidentale di Nangarhar di un gruppo di combattenti arabi, in
procinto di organizzare una serie di attentati dinamitardi. Intanto ieri due
soldati americani sono rimasti uccisi dall’esplosione di un ordigno nella
provincia centrale dell’Uruzgan.
Contatti diretti tra l’Unione
europea e i responsabili del movimento estremista palestinese Hamas, inserito
dall’Ue nella lista delle organizzazioni terroristiche. Lo ha annunciato il
responsabile per la politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea, Javier
Solana, precisando di aver avuto nei mesi scorsi incontri segreti con il
movimento per comunicare un chiaro messaggio su dove si collocasse la comunità
internazionale rispetto alla crisi israelo-palestinese.
Prendendo apparentemente le
distanze dalla posizione del premier Ariel Sharon, il presidente israeliano
Moshe Katzav si è apertamente espresso per una risposta positiva a un’asserita
disponibilità della Siria a riprende i negoziati di pace senza condizioni
preliminari.
Dopo la
visita a New Delhi del premier pakistano Shaukat Aziz – che ieri ha incontrato
il suo collega indiano, Manmohan Singh – India e Pakistan riprendono il
dialogo. Rimangono, però, numerose divergenze sul Kashmir, regione contesa dai
due Paesi. Da New Delhi, ci riferisce Maria Grazia Coggiola:
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La notizia positiva emersa da
questa visita di due giorni è che India e Pakistan continueranno il processo di
distensione avviato lo scorso gennaio dall’ex premier indiano Vajpayee e
riconfermato a settembre dal presidente pakistano Musharraf. A dicembre si
terrà il secondo round di colloqui su misure di riappacificazione, come il
collegamento bus tra il Kashmir indiano e quello pakistano e il gasdotto
indo-iraniano. La notizia negativa, invece, è che le rispettive posizioni sul
Kashmir rimangono per ora inconciliabili. Islamabad ha accantonato l’idea
lanciata da Musharraf di demilitarizzare la vallata e metterla sotto un
controllo autonomo o sotto il controllo dell’ONU per non irritare ulteriormente
New Delhi e ha anche insistito sul fatto che la popolazione kashmira debba
essere coinvolta nei colloqui bilaterali. Un punto, questo, su cui l’India non
è d’accordo.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Accordo oggi
a Vienna tra l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e il Brasile. Fissate,
infatti, le modalità con cui gli ispettori dell’AIEA potranno procedere a verifiche
sulle installazioni nucleari del Brasile, il cui accesso era stato bloccato.
Nessuno sviluppo invece nelle trattative sulle attività atomiche dell’Iran:
secondo il direttore dell’AIEA, El Baradei, Teheran – che dal 22 novembre aveva
promesso di sospendere le attività per l’arricchimento dell’uranio – avrebbe
ancora in funzione una ventina di centrifughe.
Continuano a Londra le
trattative tra i democratici unionisti e i nazionalisti repubblicani per un
governo di coalizione nell’Ulster. La risposta si dovrebbe avere a giorni. Il
servizio di Enzo Farinella:
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Una squadra di specialisti ha
lavorato, senza tregua, durante la notte per fornire i chiarimenti richiesti
nelle trattative tra i democratici unionisti di Ian Paisley ed i nazionalisti
di Adams e i governi di Londra e di Dublino. Tony Blair e Berthie Ahern,
rispettivamente primo ministro di Gran Bretagna e della Repubblica di Irlanda,
considereranno le soluzioni trovate e le presenteranno ai due partiti in
serata. La soluzione non sarà perfetta, ha commentato Berthie Ahern, ma sarà la
più accettabile possibile. I democratici unionisti dovrebbero esprimere la loro
volontà a governare insieme ai nazionalisti repubblicani; questi ultimi
dovrebbero, invece, dichiarare che la guerra è finita per sempre, offrendo
prove visibili dell’avvenuta distruzione delle armi dell’IRA. Le due parti hanno
ancora qualche giorno per rispondere definitivamente alle proposte di Londra e
di Dublino. C’è, comunque, un cauto ottimismo che entro martedì prossimo si
possa sapere se si arriverà al compromesso storico tra i nazionalisti di Gerry
Adams e gli unionisti di Ian Paisley.
Da Dublino, per la Radio
Vaticana, Enzo Farinella.
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Ci trasferiamo in Africa. Rischia di precipitare la situazione nella Repubblica
Democratica del Congo. Le autorità rwandesi hanno nuovamente minacciato di
attaccare gruppi di ribelli che si sono rifugiati nel confinante Congo-ex
Zaire. Il Rwanda ha già invaso due volte le regioni orientali del Congo, per
tentare di soffocare le azioni dei ribelli hutu. L'ultima volta, nel 1998, si
scatenò una sanguinosa guerra civile che provocò la morte di tre milioni di
persone nel Congo-Kinshasa. Le Nazioni Unite condannano ogni presa di posizione
militare del governo rwandese contro i ribelli rifugiati nella vicina Repubblica
del Congo. A confermarlo il portavoce dell’ONU, Fred Eckhard.
La disputa quinquennale sul confine tra Etiopia ed
Eritrea potrebbe essere vicina ad una soluzione. Dopo aver respinto, lo scorso
anno, il tracciato proposto da una commissione indipendente, ora il governo di
Addis Abeba sembra disponibile a fare marcia indietro: il premier, Zenawi, ha
annunciato stamattina il sì al “principio” della decisione della commissione.
L’ultima parola tocca al Parlamento, convocato per oggi pomeriggio.
Quindici
ribelli sono stati uccisi nel corso di un attacco contro un villaggio del
Darfur meridionale. Imprecisato il numero dei civili coinvolti negli scontri.
La notizia è stata diffusa da fonti istituzionali sudanesi. L’attacco è
coinciso con la presa di distanza da parte di un portavoce del Movimento di
Liberazione del Sudan circa la tregua firmata con il governo di Khartoum nel
settembre 2003. Da parte sua, il presidente del Movimento, Abdel Wahid Mohamed
el-Nour, ha invece ribadito il suo impegno per il rispetto della tregua.
E’ sotto controllo la situazione in Nord Italia,
dopo il terremoto di magnitudo 5.2 sulla scala Richter, che è stato avvertito
la scorsa notte da Genova a Venezia. L’epicentro del sisma è stato registrato
in provincia di Brescia. Lo ha dichiarato il direttore del dipartimento della
protezione civile, Guido Bertolaso, giunto all’alba a Salò, la località più
colpita. Otto in tutto i feriti. Un’altra scossa, di
magnitudo 4.8, è poi stata localizzata questa mattina nel mar Adriatico, tra
l’Abruzzo e la Dalmazia. Ma per sapere qual è la situazione in queste ore, sentiamo
il sismologo Enzo Boschi, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e
vulcanologia, intervistato da Stefano Leszczynski:
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R. – Stiamo seguendo
attentamente tutto quello che sta succedendo. Come mentalità, come
organizzazione pensiamo sempre che possa succedere anche qualcos’altro. In via
di principio, insomma, questo sisma dovrebbe essere seguito da tutta una serie
di scosse per poi piano piano tranquillizzarsi. Stiamo molto attenti.
D. – Ci vuole ancora tempo,
quindi, per capire quale sia l’esatta natura di questo sisma?
R. – Ci vorranno un paio di
giorni. Abbiamo già registrato sette-otto piccole scosse successive, quindi prevediamo
di avere qualche altra scossa che potrebbe essere avvertita anche dalla
popolazione.
D. – Professore, nell’allarme
una nota positiva: i danni sono stati limitati nonostante la scossa sia stata
forte ...
R. – Sì, i danni sono stati
limitati; almeno dal nostro punto di vista, è come se non ci fossero stati
danni perché non ci sono state vittime. Quindi, gli edifici pur danneggiati
hanno retto. Non hanno schiacciato gli abitanti che si trovavano dentro. Per
noi, edifici che reggono, anche se poi sono da ricostruire, già sono edifici
fatti bene.
D. – Secondo lei, sta aumentando
la coscienza in Italia per quanto riguarda le cautele nei confronti dei
terremoti?
R. – Sì. C’è stato un grosso
progresso. Anche le reazioni della gente, pur terrorizzata, impaurita, sono
state molto positive. Non si sono avuti casi drammatici, fughe sconsiderate,
senza nessuna precauzione che potevano portare addirittura a vittime, come è accaduto
in passato. Quindi, c’è una maggiore sensibilità. Anche le costruzioni sono fatte
decisamente meglio: stiamo migliorando!
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