RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 330 - Testo della trasmissione di giovedì 25 novembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La centralità della parrocchia per la missione della Chiesa nel mondo e la preparazione della Giornata mondiale della gioventù: sono alcuni dei temi toccati dal Papa nel discorso rivolto stamani

ai membri del Pontificio Consiglio per i Laici

 

Sabato prossimo la consegna delle reliquie dei Santi Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo

al Patriarca di Costantinopoli: ce ne parla l’archimandrita Ignazio Sotiriadis

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ancora tensione in Ucraina: i sostenitori di Yushenko in piazza a Kiev: ce ne parla Vittorio Strada

 

Nel mondo la violenza domestica è la principale causa di morte o di grave invalidità per le donne tra i 16 e i 44 anni: un dato ricordato nella Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne: intervista con Cecilia Nava ed Oria Gargano

 

Dopo il confronto tra il presidente Ciampi e il Guardasigilli Castelli si riapre in Italia il confronto sulla concessione della grazia ai detenuti: la riflessione del prof. Antonio Maria Baggio

 

Offrire risposte alla società di oggi è responsabilità anche dei consacrati: se ne parla al Congresso mondiale della vita consacrata, in corso a Roma

 

Molte le iniziative in occasione del 750.mo dalla nascita di Marco Polo: ce ne parlano Cesare Mirabelli e Xu Xianmig

 

Nel pomeriggio di ieri si è inaugurata a Roma la mostra “I cavalieri del Santo Sepolcro. I luoghi e le immagini”: con noi Alberto Consoli Navarra Palermo.

 

CHIESA E SOCIETA’:

In corso a Dakar la sessione ordinaria della Conferenza episcopale del Senegal

 

Si apre oggi nell’isola meridionale di Mindanao l’ottava Settimana della pace

 

Il virus dell’influenza dei polli potrebbe provocare una pandemia di influenza umana in tutto il mondo, causando la morte di milioni di persone

 

Grave incursione di risicoltori, latifondisti e indios mercenari ai danni di una comunità indigena di Roraima, nell’Amazzonia brasiliana

 

Conclusasi nei giorni scorsi, nella capitale del Madagascar l’Assemblea plenaria dei vescovi

 

Nuova fioritura di vocazioni fra gli ordini religiosi femminili in Cina

 

24 ORE NEL MONDO:

Massiccia operazione militare britannica in Iraq: arrestate oltre 50 persone

 

India e Pakistan sulla via del dialogo: la visita di ieri a New Delhi del premier pachistano Aziz.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 novembre 2004

 

LA CENTRALITÀ DELLA PARROCCHIA PER LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO

 E LA PREPARAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ:

SONO ALCUNI DEI TEMI TOCCATI DAL PAPA NEL DISCORSO RIVOLTO STAMANI

AI MEMBRI DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI

 

“La parrocchia è la cellula vitale nella quale trova naturale collocazione la partecipazione dei laici all’edificazione e alla missione della Chiesa  nel mondo”. Lo ha detto il Papa nel discorso rivolto stamani ai membri del Pontificio Consiglio per i Laici, in occasione della XXI Assemblea plenaria del dicastero. L’incontro, in programma fino a domenica prossima a Roma, è incentrato sul tema: “Riscoprire il vero volto della parrocchia”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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La missione del dicastero per i laici – ha detto il Papa - è tesa a rinvigorire nei battezzati, mediante molteplici progetti, la consapevolezza della propria identità e della vocazione cristiana. Tra le iniziative promosse dal Pontificio Consiglio per i Laici, il Santo Padre ha ricordato l’incontro dei cattolici dell’Europa dell’Est organizzato l’anno scorso a Kiev, in Ucraina, Paese oggi scosso da gravi tensioni politiche. “L’incontro – ha proseguito il Papa – ha evidenziato il ruolo svolto dai fedeli laici nella ricostruzione spirituale e materiale di quelle nazioni dopo lunghi anni di totalitarismo ateo”.

 

Giovanni Paolo II ha poi manifestato apprezzamento per la promozione di una “nuova stagione aggregativa” dei laici e per la recente istituzione della sezione “Chiesa e Sport”. Il Papa si è quindi soffermato sull’intensa preparazione della Giornata mondiale della gioventù che si celebrerà a Colonia, in Germania, nell’agosto del 2005: “Questo appuntamento – ha detto - sollecita tutta la Chiesa, e specialmente i giovani, a mettersi in cammino come i magi per incontrare il Dio fatto Uomo per la nostra salvezza”. Il Papa ha anche espresso l’augurio che la riflessione sulla parrocchia aiuti tutti a comprenderne la centralità:

 

“La comunità parrocchiale è luogo dell’incontro con Cristo e con i fratelli”.

 

Giovanni Paolo II ha sottolineato infine l’importanza di quest’anno dedicato all’Eucaristia. “L’Eucaristia - ha spiegato - è il cuore pulsante della parrocchia”.

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ALTRE UDIENZE

 

Il Papa ha ricevuto, inoltre, questa mattina in Udienza i presuli della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America (Regione IX), in visita "ad Limina Apostolorum": mons. Elden Francis Curtiss, Arcivescovo di Omaha; mons. Fabian Wendelin Bruskewitz, vescovo di Lincoln; mons. William J. Dendinger, vescovo eletto di Grand Island;  mons. Paul S. Coakley, vescovo eletto di Salina con il vescovo emerito mons. George Kinzie Fitzisimons.  

 

NOMINA

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo di Guaranda (Ecuador) il sacerdote Ángel Polibio Sánchez Loayza, vicario generale della diocesi di Machala.  Nato il 10 settembre 1946 ad Ayapamba, allora diocesi di Loja ed attualmente diocesi di Machala, ha compiuto gli studi filosofici nel Seminario Intermissionale di Ambato. Ha poi continuato la sua formazione nel Seminario Maggiore "San José" di Quito e presso la Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador. E’ stato ordinato sacerdote nel 1975 a Machala.

 

 

SABATO PROSSIMO LA CONSEGNA DELLE RELIQUIE

DEI SANTI GREGORIO NAZIANZENO E GIOVANNI CRISOSTOMO

AL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI

- Intervista con l’archimandrita Ignazio Sotiriadis -

 

Sabato prossimo alle ore 11.00, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre presiederà assieme al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, una celebrazione ecumenica nel corso della quale avverrà la consegna al Patriarca delle reliquie dei Santi Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo, vescovi e dottori della Chiesa, reliquie conservate finora a Roma. Sul significato di questo evento, Giovanni Peduto ha intervistato l’archimandrita Ignazio Sotiriadis della Chiesa ortodossa di Grecia:

 

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R. – Il significato di questo evento per noi è molto grande perché la consegna di queste reliquie significa che si crea un ponte in più tra le Chiese sorelle di Costantinopoli e di Roma, tra le Chiese cattolica e ortodossa certamente. Allora questo gesto di carità e di fraternità segue i grandi gesti che hanno segnato il tempo del dopo Concilio con le consegne di altre insigni reliquie come quella di Sant’Andrea alla Chiesa di Grecia, alla Chiesa locale di Patrasso; di San Saba a Gerusalemme e di San Tito a Creta.

 

D. - Che messaggio viene ai cristiani da San Giovanni Crisostomo e da San Gregorio Nazianzeno?

 

R. – San Giovanni Crisostomo è l’esempio di un apostolo molto coraggioso nella società. San Giovanni parlava con molto coraggio agli imperatori e criticava le autorità del suo tempo, perciò ha meritato - tra virgolette - l’esilio e la morte. Per noi è un impegno ad essere attivi nella società e ad essere coraggiosi. Invece San Gregorio Nazianzeno, come patriarca e arcivescovo di Costantinopoli, è anche lui un esempio di un cuore molto devoto al Signore, ma anche una personalità coraggiosa che, quando fu accusato, non ha esitato a lasciare il suo ufficio, così importante in quell’epoca, per tornare a vivere in esilio nel suo Paese natale.

 

D. - Come procede il dialogo teologico tra cattolici ed ortodossi, a suo parere?

 

R. – Bisogna essere sinceri. Ci sono stati dei momenti molto interessanti. Sono state discusse tante cose. Certamente il problema ancora da superare è quello dell’uniatismo. Questo problema bisogna superarlo ma si è deciso che il dialogo ecumenico, come dialogo teologico, ricomincerà dopo la consegna di queste insigni reliquie al Patriarca ecumenico e dopo la festa di Sant’Andrea, secondo le mie informazioni, se non sbaglio verrà annunciato il riavvio del dialogo teologico. Le discussioni, comunque, cominceranno dal Ministero petrino e poi si vedranno le altre questioni.

 

D. – Cosa si potrebbe fare di più?

 

R. – Io credo che i nostri capi religiosi, ecclesiastici, i nostri superiori delle Chiese non si sono messi ancora tutti intorno ad una tavola rotonda, magari a porte chiuse, a discutere sul processo veloce di riavvicinamento delle Chiese. Secondo me, i grandi gesti sono stati compiuti, le foto sono state fatte, i regali scambiati. Adesso, c’è bisogno di coraggio ed anche di un ecumenismo più spirituale, cioè un ecumenismo di base. Adesso devono parlare i popoli, i sacerdoti, le parrocchie, le persone tra di loro. Bisogna diventare amici e parlare non da diplomatici, ma da fratelli l’uno con l’altro.

 

D. – Quale unità Lei prevede per il futuro?

 

R. - Io direi che l’unità debba essere segnata da quello che dicono tutti i nostri teologici ortodossi e tutti i nostri storici, ma anche insigni teologi dell’Occidente, della Chiesa cattolica, come il cardinale Ratzinger, che parla di una unità o una riunificazione secondo i modelli storici del primo millennio. 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici.

Il Papa ha sottolineato che la parrocchia è cellula vitale e luogo naturale dove i laici partecipano all'edificazione e alla missione della Chiesa nel mondo. 

Sempre in prima, l'Ucraina: dilaga la pacifica protesta in tutto il Paese. Si fa sempre più tesa la crisi politica dopo che la Commissione elettorale centrale ha proclamato presidente il premier filorusso Viktor Yanukovic.

 

Nelle vaticane, la visita pastorale in Laos del cardinale Crescenzio Sepe.

Una pagina in occasione del 200.mo anniversario della morte del cardinale Stefano Borgia, antico Prefetto di "Propaganda Fide".

 

Nelle estere, Repubblica Democratica del Congo: il Rwanda minaccia interventi armati nel Nord Kivu.

Per la rubrica dell'"Atlante geopolitico", un articolo di Giuseppe M. Petrone dal titolo "APEC: liberalizzare i commerci mondiali".

 

Nella pagina culturale, un articolo di Clotilde Paternostro in merito alla mostra "Classico e moderno": al Vittoriano un’esposizione dedicata all'artista Degas.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terremoto verificatosi nel Bresciano. Le forti scosse sono state avvertite anche in altre regioni del Nord.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 novembre 2004

 

 

UCRAINA ANCORA SPACCATA SULLA VITTORIA

ALLE PRESIDENZIALI DI DOMENICA SCORSA DEL FILO-RUSSO YANUCOVIC.

I SOSTENITORI DI YUSHENKO IN PIAZZA A KIEV.

LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE IN PRIMA LINEA PER RISTABILIRE LA CALMA

- Intervista con Vittorio Strada -

 

E’ ripresa questa mattina a Kiev la mobilitazione dei sostenitori del candidato dell'opposizione, Yushenko, dopo la pubblicazione dei risultati elettorali che ieri ha sancito la vittoria, al ballottaggio presidenziale di domenica, del premier filorusso Yanukovic. La situazione resta, dunque, ad altissima tensione, mentre ci sarebbero trattative in corso per evitare una pericolosa spaccatura del Paese. Il servizio è di Giuseppe D’Amato:

 

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Lo scontro pubblico verbale continua, mentre si tratta dietro le quinte. Il Paese slavo è per metà paralizzato da scioperi e proteste, soprattutto nelle regioni occidentali. A Kiev sono tornati in decine di migliaia in piazza per esprimere la propria protesta per l’esito delle elezioni. Centinaia di manifestanti hanno occupato edifici pubblici, stazioni e strade in varie città. Il comitato elettorale dello sconfitto Yushenko ha deciso di seguire le vie legali e ha presentato un documento di appello alla Corte costituzionale.

 

Notizie su un incontro tra il premier Yanukovich ed il capo dell’opposizione corrono incontrollate. Le basi della trattativa sarebbero già state poste: nuovo ballottaggio nei prossimi mesi con l’uscente presidente Kuchma come garante. All’Aja, nel corso del Summit semestrale Unione Europea-Russia, si sta parlando anche della crisi ucraina. Le posizioni sono assai lontane. Il presidente russo Putin si è felicitato di nuovo con Yanukovich per la vittoria, affermando che gli ucraini hanno scelto nel segno della continuità e della stabilità. Gli europei hanno invece un approccio negativo all’esito della consultazione e sottolineano i brogli e le falsificazioni. Gli Stati Uniti sono sulla stessa posizione, ma fonti del dipartimento di Stato affermano che gli USA non sono intenzionati a rivedere la loro politica nei confronti di Mosca.

 

Per la Radio vaticana, Giuseppe D’Amato.

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A 15 anni esatti dalla caduta del muro di Berlino, la crisi in Ucraina sta mostrando al mondo una spaccatura tra est ed ovest più profonda del previsto. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Vittorio Strada, esperto di questioni dell’area ex sovietica e docente all’Università di Venezia:

 

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R. - Che ci siano stati dei brogli sembra fuori discussione. C’è stato da parte di Yushenko un gesto avventuristico, quello di autoproclamarsi, presistenti di fronte ad un parlamento dimezzato, prima ancora che venissero proclamati ufficialmente i risultati, sia pur dubbi - ripeto - delle elezioni. Quindi si è soffiato sul fuoco ucraino piuttosto che cercare di smorzarlo. Questo mi sembra da tutte e due le parti, anche da parte della Russia perché Putin si è congratulato con Yanukovic prima ancora che i risultati ufficiali fossero emanati. D’altra parte era chiaro che il candidato cosiddetto occidentale, o americano evidentemente, rispondeva a precisi interessi geopolitici.

 

D. - Pare, insomma, che il muro di Berlino si sia spostato in Ucraina?

 

R. - Sì, in un certo senza c’è un’aria di guerra fredda, i venti della guerra fredda che erano già in qualche modo avvertibili al tempo delle elezioni in Georgia. Qui in modo più netto perché gli interessi russi in Ucraina sono molto più forti di quanto non potessero esserlo in Georgia.

 

D. – Secondo lei, di cosa ha paura veramente la Russia?

 

R. – Il timore, da parte russa è di vedere un giorno le basi della Nato in Crimea. Quindi sarebbe un fatto per la Russia certamente negativo, soprattutto anche sul piano del prestigio internazionale russo. Tenga presente che una mentalità diffusissima è che sia in atto una congiura antirussa.

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NEL MONDO, IL 20 PER CENTO DELLE DONNE SUBISCE ABUSI FISICI

E LA VIOLENZA DOMESTICA È LA PRINCIPALE CAUSA DI MORTE O

DI GRAVE INVALIDITÀ TRA I 16 E I 44 ANNI: DATI RICORDATI IN OCCASIONE

DELL’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE

PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

- Intervista con Cecilia Nava ed Oria Gargano -

 

“Dobbiamo proteggere le donne, eliminare le diverse forme di violenza e costruire un mondo in cui le donne godano dei loro diritti e libertà allo stesso modo degli uomini”. Così, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nell’odierna Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nel mondo, il 20% delle donne subisce abusi fisici e la violenza domestica è la principale causa di morte o di grave invalidità tra i 16 e i 44 anni. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Terrorizzate dalle violenze tra le mura di casa, schiavizzate in matrimoni forzati, comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, violentate come trofei di guerra, mutilate nell’intimità o torturate in stato di detenzione. Nel mondo, una donna su tre subisce una forma di violenza. Ascoltiamo la dott.ssa Cecilia Nava, vice presidente di Amnesty International Italia:

 

“La violenza sulle donne è uno dei fenomeni più nascosti. Prendiamo ad esempio la Colombia: lì esiste una guerra dimenticata e le donne vengono violentate nell’ambito di questo conflitto sia dalle forze governative che dai gruppi armati di opposizione e hanno paura di parlare di quello che è successo. Spesso se chiedono aiuto vengono discriminate da parte della comunità di appartenenza. Anche la violenza domestica è spesso un fenomeno nascosto. Le donne hanno difficoltà a denunciare proprio perché in molti Paesi le denunce non hanno un seguito, anzi espongono la donna ad ulteriore violenza”.

 

Ma gli abusi sono più frequenti in determinate classi sociali? La parola alla dott.ssa Oria Gargano, responsabile del Centro Antiviolenza della provincia di Roma dell’Associazione Differenza Donna:

 

“Non esiste una donna tipo che derivi, per esempio, dalle classi meno agiate o dalle situazioni sociali meno avvertite. In realtà vengono da tutte le classi sociali e da tutte le classi economiche. L’uomo che muove violenza in circa il 90 per cento dei casi è legato alla vittima da una relazione sentimentale, ha una vita sociale normale ed è stimato come persona per bene”.

 

Al Centro della provincia della capitale bussano circa 500 donne ogni anno. Con quali aspettative lo spiega la dott.ssa Gargano:

 

“Quelle che arrivano da noi vengono per risolvere il loro problema, ma non vengono direttamente a fare la denuncia. Vengono a cercare un sostegno, ad analizzare certi passaggi psicologici obbligatori, ad esempio che non è colpa tua se sei vittima di violenza. Perché purtroppo, spesso, sono portate ad avere dei sensi di colpa. Fanno anche denuncia, però ci arrivano con il tempo, con la calma. Ovviamente ce ne sono tante altre che restano nelle loro case. Non le vediamo. Non vengono qui. Non vanno negli altri centri anti violenza in Italia, che sono oltre 80, e hanno una situazione più difficile. Molte rimangono nella loro situazione perché pensano che riguardi soltanto loro, che ne siano in qualche modo responsabili e che non sia possibile uscirne. Invece, con l’aiuto dei centri specializzati, se ne può uscire”.

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DOPO IL CONTRASTO TRA IL PRESIDENTE, CIAMPI, E IL GUARDASIGILLI, CASTELLI,

SI RIAPRE IN ITALIA IL CONFRONTO SULLA CONCESSIONE DELLA GRAZIA AI DETENUTI.

UNA RIFLESSIONE, TRA ETICA E DIRITTO, CON IL PROFESSORE ANTONIO MARIA BAGGIO DELLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ GREGORIANA

 

         “Non ritengo che Bompressi abbia requisiti per la grazia”. Le parole del ministro della Giustizia italiana, Roberto Castelli, hanno innescato un acceso dibattito politico in Italia. Il Guardasigilli sembra, infatti, deciso ad opporsi all’intenzione del Capo dello Stato, Ciampi, a concedere la grazia all’ex militante di Lotta Continua, condannato per l’omicidio del commissario Calabresi. Ora della questione potrebbe essere investita la Corte Costituzionale. In questi anni, Ciampi ha firmato in tutto solo sei provvedimenti di grazia. Il più noto a beneficio dell’attentatore del Papa, il turco Ali Agca. Sulla concessione della grazia, dunque, si è aperto in Italia un confronto istituzionale. Tuttavia, quando si parla di provvedimenti di clemenza per i detenuti, una domanda profonda viene posta alla coscienza di ognuno. Qual è allora il rapporto tra morale e diritto, che fa da sfondo alla questione della grazia? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al prof. Antonio Maria Baggio, docente di Etica sociale alla Pontificia Università Gregoriana:

 

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R. - Il concetto di grazia ha una derivazione culturale cristiana, perché viene proprio dall’idea di un dono gratuito fatto da Dio. In questo senso è stato recepito anche dai sistemi giuridici, perché a differenza di altri provvedimenti, quali l’amnistia o l’indulto, la grazia è sempre ad personam. Non cancella dunque il giudizio che c’é stato, ma è un istituto di civiltà, in quanto si pensa che le condizioni nelle quali una persona ha maturato il proprio delitto possono successivamente essere cambiate ed aver cambiato la persona stessa.

 

D. - Da una parte, la ricerca della sicurezza dei cittadini, dall’altro, il reinserimento nella società di chi ha commesso un crimine. E’ possibile un equilibrio?

 

R. - E’ lecito che la legge preveda la possibilità di commutare la pena, di reinserire il detenuto. D’altra parte, ci vuole una società pronta ad accoglierli, perché anche il detenuto che cambia, se fuori continua ad essere rifiutato, troverebbe di nuovo come ultima possibilità quella di ripetere quello che sa fare, cioè magari rubare.

 

D. - Qual è il rapporto fra il perdono in senso cristiano e il concetto laico, politico di grazia?

 

R. - Abbiamo dei casi storici di grandissimo interesse che testimoniano la necessità del perdono. Pensiamo alla situazione del Sudafrica, dopo il superamento dell’Apartheid: si sarebbero dovuti istituire migliaia di tribunali e questa era una cosa che il Paese non si poteva permettere. Voleva dire perpetuare per anni il dolore che il Paese aveva già attraversato: continuare a mantenere aperte le ferite. C’è un grande libro del vescovo Tutu che dice che il perdono era la necessità del Paese. Stessa cosa è stata fatta in Rwanda, quando sono stati istituiti i tribunali di villaggio, nei quali il colpevole doveva ammettere di avere sbagliato, anche di avere ucciso; riceveva una pena che era soprattutto simbolica e veniva riammesso nella comunità. Il perdono è necessario perché la giustizia ha varie funzioni, ma certamente non riesce a ricostruire un rapporto, per quello ci vuole proprio l’elemento personale, la capacità di riguardare in faccia la persona che ci ha fatto del male.

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OFFRIRE RISPOSTE ALLA SOCIETA’ DI OGGI,

 DOMINATA DALLA PAURA E ORIENTATA AD UNA CULTURA

 DI CONTROLLO E PROTEZIONE, E’ RESPONSABILITA’ ANCHE DEI CONSACRATI:

SE NE PARLA AL CONGRESSO MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA, IN CORSO A ROMA

 

Il Congresso mondiale sulla vita consacrata prosegue i suoi lavori a Roma, tra conferenze, incontri, dibattiti e relazioni, molto ricche di contenuto. Il servizio di Jean-Baptiste Sourou, che sta seguendo per noi i lavori del Congresso:

 

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Era uno dei relatori più attesi di questo Congresso e non ha certo deluso padre Timothy Radcliffe, ex superiore generale dei dominicani, che ha focalizzato la sua attenzione su tre sfide che l’11 settembre 2001 pone ormai alla società e quindi agli stessi religiosi: una crisi di fiducia nell’altro e soprattutto in coloro che sono diversi o che la pensano diversamente.

 

Questa è anche un’epoca che fa intravedere un futuro di violenza tra le culture e di conseguenza la crescita di una cultura di controllo e di protezione. In tutto ciò, la vita consacrata può certamente offrire risposte, attraverso le sue comunità, dove la diversità delle origini è vissuta come segno di forza del Regno. Questo significa, quindi, una profonda attenzione a coloro che parlano lingue diverse e vivono di simpatie ed immaginazioni differenti. Le comunità che sono caratterizzate da persone con una stessa mentalità sono in realtà segni deboli del Regno, ha detto il dominicano.

 

Dinanzi ad un futuro che ci vogliono fare credere essere di violenza, la vita consacrata ha da offrire un’alternativa per il futuro: cercare di accogliere con gioia un futuro incerto, rimanendo però aperti al Dio delle sorprese, che sconvolge tutti i piani umani e chiede invece di fare cose che non abbiamo mai immaginato. La paura nata dall’11 settembre conduce a controlli serrati a livello nazionale. Una cultura che si respira anche nelle famiglie religiose dove tutto deve essere misurabile e la misura è soprattutto il denaro. Se i religiosi vogliono essere segni del Regno nella società dovranno saper rinunciare a scegliere sempre l’opzione sicura, accettando la precarietà e la vulnerabilità. “In questo mondo spaventato ed angosciato – ha detto padre Timothy – la vita religiosa dovrebbe essere un’oasi di libertà e di fiducia. Si può aver paura, ma – ha concluso - non ci si deve lasciar guidare da essa”.

 

E proprio di coraggiosi testimoni si parlerà stasera nella veglia, organizzata a Santa Maria in Trastevere, per ricordare i religiosi martiri dell’ultimo decennio.

 

Per la Radio Vaticana, Jean-Baptiste Sourou.

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MOLTE LE INIZIATIVE IN OCCASIONE DEL 750.MO DELLA NASCITA DI MARCO POLO

- Intervista con Cesare Mirabelli e Xu Xianmig -

 

Con la collaborazione delle Università di Roma, Venezia e Pechino, si sono aperte nei giorni scorsi a Roma, presso i Musei Capitolini, le celebrazioni per il 750.mo anniversario della nascita di Marco Polo. Un’occasione particolare per rinnovare gli scambi culturali fra i due popoli e per una riflessione in tema di diritto. Eugenio Bonanata:

 

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Marco Polo: il viaggio, il libro, il diritto. Questo il tema di un ampio ventaglio di iniziative promosse per ricordare la nascita del viaggiatore veneziano. Al primo incontro, nei giorni scorsi a Roma, un gruppo di giuristi cinesi e italiani ha discusso sulla possibilità di aggiornare percorsi di conoscenza reciproca fra i due popoli. Dunque, il vissuto lontano di Marco Polo ci riporta immediatamente all’oggi, rinnovando quella dimensione di apertura culturale. Ma sentiamo le parole di Cesare Mirabelli, già presidente della Corte Costituzionale italiana, moderatore dell’incontro:

 

“Oggi il contatto tra popoli e la ricerca di elementi di unità profondi si possono trovare nei diritti fondamentali come diritto comune ai popoli e l’attuale fase di elaborazione dell’ordinamento giuridico cinese che si apre e che ci vede quindi partecipi in qualche modo culturalmente. Abbiamo visto come vi sia un’apertura rispetto al sistema precedente: il riconoscimento di diritti individuali, la faticosa attenzione anche al diritto di proprietà, al godimento dei beni, anche se certamente non si tratta di problemi che si risolvono da un giorno all’altro”.

 

I progressi economici della Cina sono sotto gli occhi di tutti. Ma le recenti revisioni del sistema giuridico cinese lasciano intravedere importanti progressi. In particolare, l’inserimento del comma “Lo Stato rispetta e protegge i diritti umani”, in occasione dell’ultima revisione costituzionale, rappresenta il riconoscimento di una realtà di fatto. Tuttavia, resta ancora molto da fare come ci conferma Xu Xianmig, nella traduzione italiana, docente di Giurisprudenza all’Università di Pechino:

 

“La Costituzione cinese è una Costituzione che si trova in fase di riforma. Questa volta si è trattato, però, di una revisione parziale e per questo nel sistema dei diritti umani ci sono state delle occasioni perse. Avremmo, forse, dovuto introdurre anche delle norme sul diritto della privacy, sul diritto all’informazione, all’ambiente e allo sviluppo, perfezionando così il nostro sistema per produrre una Costituzione ancora migliore. Sarà, inoltre, necessario migliorare ulteriormente i meccanismi di garanzia del rispetto dei diritti umani e trasformare i diritti sanciti dalla Costituzione in diritti effettivi”.

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NEL POMERIGGIO DI IERI SI È INAUGURATA A ROMA LA MOSTRA

 “I CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO. I LUOGHI E LE IMMAGINI”

CHE SI PROTRARRÀ FINO AL 31 GENNAIO 2005

- Servizio di Marco Cardinali -

 

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L’inaugurazione della mostra si è svolta nella suggestiva cornice del salone Borrominiano della Biblioteca Vallicelliana voluta da S. Filippo Neri alla presenza del cardinale Carlo Furno, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, e dell’on. Nicola Bono, sottosegretario di Stato per i Beni e le Attività Culturali. La mostra documenta la storia e l’evoluzione di una delle più importanti istituzioni cavalleresche ed illustra immagini dei fotografi viaggiatori che riportavano in Europa e in America i ritratti dei luoghi santi, che potevano essere visti da chi non era mai stato in Terra Santa. L’itinerario espositivo prevede, inoltre, antichi testi manoscritti a stampa, documenti, insegne, decorazioni, emblemi e divise dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La sua storia si radica in tradizioni antiche che si perpetuano ancora attualizzando nel presente il messaggio e le attività in favore della Terra di Gesù. Sul significato della mostra abbiamo intervistato Alberto Consoli Navarra Palermo, Luogotenente dell’Ordine per l’Italia centrale e Sardegna.

 

“E’ una mostra molto particolare, molto bella. Questa mostra è stata offerta all’Ordine, alla nostra Luogotenenza, dal Ministero per i Beni e le Attività culturali. Si basa su circa 160 fotografie di fine ‘800, scattate da fotografi viaggiatori. Allora non c’erano i turisti, c’erano i fotografi viaggiatori, i fotografi artisti, che hanno fotografato immagini della Samaria, della Giudea, così come erano una volta, carichi di fascino. Quindi anche questo è un messaggio, che io colgo così come un atto di amore per quei luoghi santi. Io spero tanto ed il mio augurio è che la visione di queste fotografie accresca, faccia nascere in tutti noi e in tutti i visitatori, il desiderio di andare personalmente in quei luoghi”.

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CHIESA E SOCIETA’

25 novembre 2004

 

 

LA POVERTA’, LE DIFFICOLTA’ DEL MONDO RURALE E LA QUESTIONE DELLA SANITA’:

SONO I TEMI AL CENTRO DELLA SESSIONE ORDINARIA DELLA CONFERENZA

EPISCOPALE DEL SENEGAL, IN CORSO A DAKAR

 

DAKAR. = Hanno preso il via a Dakar i lavori della Conferenza episcopale del Senegal (Ces), riunita in sessione ordinaria fino al prossimo 28 novembre. Ai lavori prenderanno parte sette vescovi senegalesi e l’arcivescovo di Dakar, monsignor Théodore-Adrien Sarr, oltre ad autorità religiose in rappresentanza dei Paesi vicini: Guinea-Bissau, Capo Verde e Mauritania. Oltre a questioni religiose e spirituali, ha spiegato l’abate Alfred Wally Sarr, segretario della Ces, la conferenza affronterà anche quelle relative alle strategie della Commissione Giustizia e Pace e alla preparazione del grande sinodo romano del prossimo anno. Una parte della settimana, infine, riferisce l’agenzia Misna, verrà dedicata alle problematiche sociali, economiche e politiche del Paese africano e di quelli vicini. “Scriveremo una lettera pastorale sulla situazione del mondo rurale – ha detto il segretario della Conferenza episcopale del Senegal – in particolare sulla sua povertà e sulle difficoltà dei nostri quattro Paesi”. Altra urgenza sulla quale i presuli senegalesi intendono attirare l’attenzione è quella sanitaria. (B.C.)

 

 

RISTABILIRE LA PACIFICA CONVIVENZA TRA LA COMUNITÀ CRISTIANA

 E QUELLA ISLAMICA NELLE FILIPPINE. QUESTO LO SCOPO DELL’OTTAVA SETTIMANA

DELLA PACE, CHE SI APRE OGGI NELL’ISOLA MERIDIONALE DI MINDANAO

 

MANILA. = “La più grande sfida nel costruire la pace va oltre gli accordi politici; la pace è elemento necessario e parte integrante in tutti i settori della società ed è una responsabilità di tutti i cittadini”. Con queste parole padre Angel Calvo, missionario claretiano, ha annunciato l’ottava Settimana della pace che si apre oggi a Mindanao, isola nel sud dell’arcipelago filippino, da decenni teatro della guerriglia islamica. Istituita nel 1997 dagli “Avvocati per la pace di Zamboanga” (Paz), movimento di cui padre Calvo è presidente, la Settimana della pace è stata celebrata, a partire dal 2000, da cristiani e musulmani insieme. Il suo scopo è ristabilire la pacifica convivenza tra la comunità cristiana dell’unico Stato asiatico a maggioranza cattolica e quella islamica, presente in forte concentrazione nel sud del Paese. Il tema di quest’anno è: “Una famiglia riconciliata come agente di riconciliazione” perché, come ha spiegato padre Calvo, “è molto importante che la famiglia possa contribuire a formare una nuova coscienza per la risoluzione dei conflitti partendo da casa propria”. In occasione dell’inizio delle attività, l’arcivescovo Carmelo Morelos, della Conferenza Vescovi-Ulama, invierà una dichiarazione a nome della Conferenza stessa, mentre a Zamboanga, isola a sud di Mindanao è prevista una grande manifestazione di piazza. Inoltre, i “Mindanao Peaceweavers”, un network di gruppi a favore della pace sorto di recente nell’isola filippina, coglieranno l’occasione per sollecitare la rapida ripresa dei negoziati tra governo e “Fronte di liberazione islamico moro” (Milf), principale movimento guerrigliero di Mindanao. Celebrazioni ed eventi speciali sono previsti anche nella capitale Manila: una coalizione di organizzazioni non governative, il “Kalinaw Organizing Committee”, ha promosso un’“Azione di solidarietà alle celebrazioni della Settimana della Pace” nella Camera bassa del parlamento filippino. (R.M.)

 

 

IL VIRUS DELL’INFLUENZA DEI POLLI POTREBBE PROVOCARE UNA PANDEMIA

 DI INFLUENZA UMANA IN TUTTO IL MONDO, CAUSANDO LA MORTE DI MILIONI

 DI PERSONE. LO HA RIFERITO OGGI L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’

 

GINEVRA. = Nuovo allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) sul futuro del pianeta: l’influenza dei polli sarà la probabile causa della prossima pandemia di influenza umana, che potrebbe colpire oltre il 30 per cento della popolazione mondiale e causare milioni di morti. Non si sa ancora se questa influenza comincerà “la prossima settimana o nei prossimi anni”, ha detto oggi Klaus Stohr, coordinatore del programma Oms per il contenimento dell’influenza aviaria, ma è probabile che più di un quarto della popolazione mondiale si ammalerà. “Le stime dei decessi variano tra i due e i sette milioni, ma il numero di coloro che si ammaleranno supererà il miliardo di persone, tra il 25 e il 30 per cento”. “Ogni centinaia di anni si sono registrate due o tre pandemie e non c’è ragione di credere che noi saremo risparmiati”, ha osservato ancora. Stohr ha aggiunto infine che due aziende statunitensi stanno attualmente lavorando a un vaccino che potrebbe salvare milioni di vite umane, ma il farmaco non sarà sicuramente pronto almeno prima di marzo 2005. (R.M.)  

 

 

GRAVE INCURSIONE DI RISICOLTORI, LATIFONDISTI E INDIOS MERCENARI

AI DANNI DI UNA COMUNITA’ INDIGENA DI RORAIMA, NELL’AMAZZONIA BRASILIANA,

CHE DA TEMPO LOTTA PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROPRIA TERRA

- A cura di Beatrice Luccardi -

 

RORAIMA. = Si fa sempre più grave la situazione per gli indios della comunità indigena della Serra do Sol nell’Amazzonia brasiliana, che da tempo lottano per far riconoscere la zona come terra indigena. Come riportato da fonti della Chiesa locale all’alba di martedì scorso un gruppo di circa 40 persone, composto da risicoltori, latifondisti e indios mercenari ha compiuto una devastante incursione nel villaggio della comunità Saraui, ferendo gravemente il fratello del capo indigeno e distruggendo sia le case che le coltivazioni. Per completare l’opera in tutta tranquillità gli assalitori hanno anche bloccato le strade di accesso alla zona per tutto il tempo del raid, mirato a terrorizzare gli indigeni e ad impedire che Rapasa Serra do Sol diventi un’area protetta. Gli aggressori hanno inoltre obbligato gli abitanti del villaggio a lasciare la zona, abbandonando tutti i loro averi, inclusi i generi di prima necessità. Gli sfollati, varie decine, sono tuttora privi di cibo e di riparo e impauriti dalle minacce degli aggressori che hanno dichiarato di voler tornare per distruggere quanto resta della comunità. Secondo quanto precisato dalle stesse fonti ecclesiali, già nel giugno scorso le autorità brasiliane erano state avvisate del grave acuirsi delle tensioni nella zona, ma nessuna iniziativa è stata intrapresa per dirimere il conflitto tra gli indios e i risicoltori che parimenti rivendicano il territorio.

 

 

LA VITA E LA TESTIMONIANZA SACERDOTALE NEL MONDO: E’ IL TEMA CENTRALE DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI DEL MADAGASCAR, CONCLUSASI

NEI GIORNI SCORSI NELLA CAPITALE DEL PAESE AFRICANO, ANTANANARIVO

 

ANTANANARIVO. = I vescovi del Madagascar si sono riuniti recentemente nella loro assemblea plenaria nella capitale del Paese, Antananarivo. All’incontro era presente anche un gruppo di religiosi, sacerdoti e laici, per riflettere insieme sulla vita e sulla testimonianza sacerdotale nel mondo. Durante i giorni di lavoro sono state trattate anche diverse questioni che interpellano la Chiesa malgascia: lo studio sulla ristrutturazione di varie diocesi secondo affinità culturali, geografiche ed amministrative; l’Anno della Bibbia che si celebrerà in Africa nel 2005; gli sforzi realizzati a livello ecumenico; il tentativo di creare una commissione per lottare contro l’AIDS; la visita ad Limina prevista nel giugno 2005. Naturalmente non sono stati trascurati la celebrazione dell’Anno dell’Eucaristia e la Giornata mondiale della gioventù di Colonia, nell’agosto 2005, che per molte diocesi del Madagascar rappresenta una meta estremamente difficile da raggiungere. All’assemblea è intervenuto anche il primo ministro malgascio, Jacques Sylla, che ha sollecitato la collaborazione di Chiesa e governo per lo sviluppo e la lotta contro la povertà. (R.M.)

 

 

NUOVA FIORITURA DI VOCAZIONI FRA GLI ORDINI RELIGIOSI FEMMINILI IN CINA.

LA CONGREGAZIONE DELLE SUORE DELLO SPIRITO SANTO E DELLA MADRE

DI DIO HA VISTO LA PROFESSIONE PERPETUA DI 23 RELIGIOSE

 

HAN DAN. = Grande festa nella diocesi cinese di Han Dan, dove la locale congregazione delle suore dello Spirito Santo e della Madre di Dio ha visto recentemente la professione perpetua di ben 23 religiose. E’ il numero più alto di professioni perpetue in una sola volta per questa congregazione. Per l’occasione – riferisce l’Agenzia Fides - oltre 20 sacerdoti hanno concelebrato la Santa Messa e 1500 fedeli vi hanno partecipato,  allietando un evento che ha generato gioia e speranza nella Chiesa locale. La congregazione  dello Spirito Santo e della Madre di Dio venne fondata nel 1923 dal primo vescovo della diocesi di Han Dan, mons. Giuseppe Cui, per poi venire sciolta nel 1952, in piena persecuzione comunista. La congregazione riprese poi vita nel 1988,  registrando sempre nuove vocazioni. Oggi la comunità è composta da 137 suore, di cui 88 che hanno emesso i voti perpetui, 11 le novizie e 23 le postulanti. Il loro servizio di evangelizzazione si svolge soprattutto attraverso un grande impegno nell’assistenza sanitaria, negli asili, nelle scuole elementari e nei lavori artigianali di ricamo e di arte sacra. La diocesi di Han Dan, che include 19 distretti civili, si trova nel Sud della provincia di He Bei e conta oltre 130 mila fedeli, su una popolazione di 8,3 milioni di persone. L’evangelizzazione della diocesi risale al grande missionario gesuita  Matteo Ricci nel ‘500. La diocesi di Han Dan gestisce diversi dispensari, ambulatori e strutture impegnate nell’assistenza sociale. (A.M.)

 

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24 ORE NEL MONDO

25 novembre 2004

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Massiccia operazione militare britannica stamani in Iraq: 500 soldati sono entrati in azione a sud di Baghdad, arrestando più di 50 persone, tra le quali alcuni leader della guerriglia. In altri scontri a ovest della capitale, due iracheni sono rimasti uccisi, mentre ieri un dipendente del dipartimento di Stato americano, che lavorava in Iraq come consigliere del ministero dell’Istruzione irachena, è stato ucciso nel centro di Baghdad, vicino alla cosiddetta area verde.

Tensione altissima anche in Afghanistan, dove l’esercito statunitense è convinto che Al Qaeda stia riorganizzato la propria resistenza, per contrastare il successo delle elezioni dell’ottobre scorso. A confermare questa tesi il ritrovamento nella provincia occidentale di Nangarhar di un gruppo di combattenti arabi, in procinto di organizzare una serie di attentati dinamitardi. Intanto ieri due soldati americani sono rimasti uccisi dall’esplosione di un ordigno nella provincia centrale dell’Uruzgan.

 

Contatti diretti tra l’Unione europea e i responsabili del movimento estremista palestinese Hamas, inserito dall’Ue nella lista delle organizzazioni terroristiche. Lo ha annunciato il responsabile per la politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea, Javier Solana, precisando di aver avuto nei mesi scorsi incontri segreti con il movimento per comunicare un chiaro messaggio su dove si collocasse la comunità internazionale rispetto alla crisi israelo-palestinese.

 

Prendendo apparentemente le distanze dalla posizione del premier Ariel Sharon, il presidente israeliano Moshe Katzav si è apertamente espresso per una risposta positiva a un’asserita disponibilità della Siria a riprende i negoziati di pace senza condizioni preliminari.

  

Dopo la visita a New Delhi del premier pakistano Shaukat Aziz – che ieri ha incontrato il suo collega indiano, Manmohan Singh – India e Pakistan riprendono il dialogo. Rimangono, però, numerose divergenze sul Kashmir, regione contesa dai due Paesi. Da New Delhi, ci riferisce Maria Grazia Coggiola:

 

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La notizia positiva emersa da questa visita di due giorni è che India e Pakistan continueranno il processo di distensione avviato lo scorso gennaio dall’ex premier indiano Vajpayee e riconfermato a settembre dal presidente pakistano Musharraf. A dicembre si terrà il secondo round di colloqui su misure di riappacificazione, come il collegamento bus tra il Kashmir indiano e quello pakistano e il gasdotto indo-iraniano. La notizia negativa, invece, è che le rispettive posizioni sul Kashmir rimangono per ora inconciliabili. Islamabad ha accantonato l’idea lanciata da Musharraf di demilitarizzare la vallata e metterla sotto un controllo autonomo o sotto il controllo dell’ONU per non irritare ulteriormente New Delhi e ha anche insistito sul fatto che la popolazione kashmira debba essere coinvolta nei colloqui bilaterali. Un punto, questo, su cui l’India non è d’accordo.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Accordo oggi a Vienna tra l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e il Brasile. Fissate, infatti, le modalità con cui gli ispettori dell’AIEA potranno procedere a verifiche sulle installazioni nucleari del Brasile, il cui accesso era stato bloccato. Nessuno sviluppo invece nelle trattative sulle attività atomiche dell’Iran: secondo il direttore dell’AIEA, El Baradei, Teheran – che dal 22 novembre aveva promesso di sospendere le attività per l’arricchimento dell’uranio – avrebbe ancora in funzione una ventina di centrifughe.

 

Continuano a Londra le trattative tra i democratici unionisti e i nazionalisti repubblicani per un governo di coalizione nell’Ulster. La risposta si dovrebbe avere a giorni. Il servizio di Enzo Farinella:

 

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Una squadra di specialisti ha lavorato, senza tregua, durante la notte per fornire i chiarimenti richiesti nelle trattative tra i democratici unionisti di Ian Paisley ed i nazionalisti di Adams e i governi di Londra e di Dublino. Tony Blair e Berthie Ahern, rispettivamente primo ministro di Gran Bretagna e della Repubblica di Irlanda, considereranno le soluzioni trovate e le presenteranno ai due partiti in serata. La soluzione non sarà perfetta, ha commentato Berthie Ahern, ma sarà la più accettabile possibile. I democratici unionisti dovrebbero esprimere la loro volontà a governare insieme ai nazionalisti repubblicani; questi ultimi dovrebbero, invece, dichiarare che la guerra è finita per sempre, offrendo prove visibili dell’avvenuta distruzione delle armi dell’IRA. Le due parti hanno ancora qualche giorno per rispondere definitivamente alle proposte di Londra e di Dublino. C’è, comunque, un cauto ottimismo che entro martedì prossimo si possa sapere se si arriverà al compromesso storico tra i nazionalisti di Gerry Adams e gli unionisti di Ian Paisley.

 

Da Dublino, per la Radio Vaticana, Enzo Farinella.

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Ci trasferiamo in Africa. Rischia di precipitare la situazione nella Repubblica Democratica del Congo. Le autorità rwandesi hanno nuovamente minacciato di attaccare gruppi di ribelli che si sono rifugiati nel confinante Congo-ex Zaire. Il Rwanda ha già invaso due volte le regioni orientali del Congo, per tentare di soffocare le azioni dei ribelli hutu. L'ultima volta, nel 1998, si scatenò una sanguinosa guerra civile che provocò la morte di tre milioni di persone nel Congo-Kinshasa. Le Nazioni Unite condannano ogni presa di posizione militare del governo rwandese contro i ribelli rifugiati nella vicina Repubblica del Congo. A confermarlo il portavoce dell’ONU, Fred Eckhard.

 

La disputa quinquennale sul confine tra Etiopia ed Eritrea potrebbe essere vicina ad una soluzione. Dopo aver respinto, lo scorso anno, il tracciato proposto da una commissione indipendente, ora il governo di Addis Abeba sembra disponibile a fare marcia indietro: il premier, Zenawi, ha annunciato stamattina il sì al “principio” della decisione della commissione. L’ultima parola tocca al Parlamento, convocato per oggi pomeriggio.

 

Quindici ribelli sono stati uccisi nel corso di un attacco contro un villaggio del Darfur meridionale. Imprecisato il numero dei civili coinvolti negli scontri. La notizia è stata diffusa da fonti istituzionali sudanesi. L’attacco è coinciso con la presa di distanza da parte di un portavoce del Movimento di Liberazione del Sudan circa la tregua firmata con il governo di Khartoum nel settembre 2003. Da parte sua, il presidente del Movimento, Abdel Wahid Mohamed el-Nour, ha invece ribadito il suo impegno per il rispetto della tregua.

 

E’ sotto controllo la situazione in Nord Italia, dopo il terremoto di magnitudo 5.2 sulla scala Richter, che è stato avvertito la scorsa notte da Genova a Venezia. L’epicentro del sisma è stato registrato in provincia di Brescia. Lo ha dichiarato il direttore del dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, giunto all’alba a Salò, la località più colpita. Otto in tutto i feriti. Un’altra scossa, di magnitudo 4.8, è poi stata localizzata questa mattina nel mar Adriatico, tra l’Abruzzo e la Dalmazia. Ma per sapere qual è la situazione in queste ore, sentiamo il sismologo Enzo Boschi, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e vulcanologia, intervistato da Stefano Leszczynski:

 

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R. – Stiamo seguendo attentamente tutto quello che sta succedendo. Come mentalità, come organizzazione pensiamo sempre che possa succedere anche qualcos’altro. In via di principio, insomma, questo sisma dovrebbe essere seguito da tutta una serie di scosse per poi piano piano tranquillizzarsi. Stiamo molto attenti.

 

D. – Ci vuole ancora tempo, quindi, per capire quale sia l’esatta natura di questo sisma?

 

R. – Ci vorranno un paio di giorni. Abbiamo già registrato sette-otto piccole scosse successive, quindi prevediamo di avere qualche altra scossa che potrebbe essere avvertita anche dalla popolazione.

 

D. – Professore, nell’allarme una nota positiva: i danni sono stati limitati nonostante la scossa sia stata forte ...

 

R. – Sì, i danni sono stati limitati; almeno dal nostro punto di vista, è come se non ci fossero stati danni perché non ci sono state vittime. Quindi, gli edifici pur danneggiati hanno retto. Non hanno schiacciato gli abitanti che si trovavano dentro. Per noi, edifici che reggono, anche se poi sono da ricostruire, già sono edifici fatti bene.

 

D. – Secondo lei, sta aumentando la coscienza in Italia per quanto riguarda le cautele nei confronti dei terremoti?

 

R. – Sì. C’è stato un grosso progresso. Anche le reazioni della gente, pur terrorizzata, impaurita, sono state molto positive. Non si sono avuti casi drammatici, fughe sconsiderate, senza nessuna precauzione che potevano portare addirittura a vittime, come è accaduto in passato. Quindi, c’è una maggiore sensibilità. Anche le costruzioni sono fatte decisamente meglio: stiamo migliorando!

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