RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
328- Testo della trasmissione di Martedì 23 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Iniziata ieri la Plenaria autunnale della Conferenza
episcopale spagnola
Approvata la dichiarazione finale della Conferenza internazionale
sull'Iraq in corso a Sharm el Sheik.
23 novembre 2004
SUPERARE LA
CONTRAPPOSIZIONE TRA FEDE E SCIENZA NELLA RICERCA DELLA VERITA’: E’
L’ESORTAZIONE DEL PAPA AI RAPPRESENTANTI DELL’UNIVERSITA’ POLACCA
“NICOLO’ COPERNICO” DI TORUŃ, CHE, STAMANI IN
VATICANO,
HANNO
CONSEGNATO AL PONTEFICE IL DOTTORATO HONORIS CAUSA
- Intervista con mons. Rino Fisichella -
Favorire il dialogo tra scienza
e fede, nella ricerca della verità. E’ l’esortazione di Giovanni Paolo II ai
rappresentanti dell’Università polacca “Nicolò Copernico” della città di
Toruń, ricevuti stamani in Vaticano per il conferimento al Pontefice del
dottorato honoris causa. Nel 1999, il Papa aveva visitato l’ateneo
polacco pronunciando un discorso proprio sul dialogo tra fede e ragione. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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Bisogna
“superare la contrapposizione illuministica della verità raggiunta dalla ragione
e di quella conosciuta mediante la fede”. E’ quanto affermato da Giovanni Paolo
II, che ha ribadito come oggi si comprenda sempre meglio che si tratta “della
stessa verità e che bisogna che gli uomini, giungendo ad essa sulle vie a loro
proprie, non camminino da soli, ma cerchino la conferma delle proprie
intuizioni anche nell’incontro con altri”. Soltanto allora, ha proseguito
riecheggiando un suo discorso alle Istituzioni accademiche, “gli studiosi e gli
uomini di cultura saranno realmente in grado di assumersi quella speciale responsabilità”,
ovvero la “responsabilità per la verità – il tendere ad essa, il difenderla e
il vivere secondo essa”. Infine, rallegrandosi per l’impegno profuso
dell’ateneo di Toruń, il Papa ha sottolineato che “non vi è in una nazione
una ricchezza maggiore di quella di essere formata da cittadini dotti”.
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Come in
molte altre occasioni, dunque, il Papa ha ribadito l’urgenza di un dialogo
costruttivo tra fede e ragione. Un richiamo sul quale Alessandro Gisotti ha
raccolto la riflessione di mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia
Università Lateranense:
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R. – La
scienza non è neutrale. Non si può pensare che i risultati della scienza siano
come tali neutrali. Hanno sempre bisogno di essere accompagnati da quello che
potremmo chiamare il senso dell’uomo, il senso dell’umanità. E questo proviene
soltanto dalla fede. Quindi un cammino comune tra scienza e fede non solo è
possibile, ma è anche augurabile perché il futuro che ci sta dinnanzi possa,
attraverso le conquiste della scienza, essere accompagnato da un senso sempre
più profondo dell’uomo e dell’umanità.
D. – Ecco, se oggi è più
approfondito il dialogo fra scienza e fede, si registrano, però, delle spinte
laiciste che tendono a togliere spazio alla dimensione religiosa. C’è il rischio
di un impoverimento del confronto dialettico fra fede e ragione?
R. – Nel momento in cui una
della due viene isolata, sicuramente si indebolisce. La scienza priva
dell’apporto che viene dalla fede diventa più debole, ma – alla stessa stregua
– una fede che è priva del sostegno della ragione e delle conquiste che la ragione
compie, si rifugia nell’esperienza personale.
D. – Nella Fides et Ratio l’uomo
è definito come colui che cerca la verità. Come si concretizza questo impegno
per un credente nella società di oggi, dove a volte sembra dominare un
dogmatismo ideologico?
R. – Nel momento in cui una
verità raggiunta non è più vista come un frammento che si rapporta alla unità
della verità, ma viene il frammento assolutizzato, è evidente che da qualsiasi
parte questo venga porta un dogmatismo inspiegabile. L’importante è che permanga
sempre – come la chiama anche il Papa – questa passione per la verità. E’ una
passione che ci consente di andare, tappa dopo tappa, attraverso quel
raggiungimento finale, per usare le espressioni dell’evangelista Giovanni, che
ci porterà sotto la guida dello Spirito alla verità tutta intera.
D. – E’ possibile trovare un
equilibrio tra progresso scientifico e rispetto della morale, rispetto
dell’uomo?
R. – Questo è possibile nel
momento in cui si rispettano due obiettivi: sono poi i principi che fanno parte
della dottrina sociale della Chiesa, che mai come in questo momento richiedono
di essere applicati fortemente. Il primo riguarda il rispetto della dignità
della persona. Al secondo punto, c’è inevitabilmente la conquista scientifica e
il progresso che non possono riguardare soltanto una parte dell’umanità, ma
devono riguardare tutta l’umanità nel suo insieme.
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SABATO 27 NOVEMBRE, SOLENNE CELEBRAZIONE ECUMENICA
PRESIEDUTA
DA GIOVANNI PAOLO II E BARTOLOMEO I
PER LA CONSEGNA AL PATRIARCA
DELLE RELIQUIE
DEI SANTI GREGORIO NAZIANZENO E GIOVANNI CRISOSTOMO
- A cura di Alessandro Gisotti -
Un momento significativo sulla
via dell’ecumenismo: sabato 27 novembre, alle ore 11, nella Basilica Vaticana,
Giovanni Paolo II presiederà insieme con il Patriarca Ecumenico di
Costantinopoli Bartolomeo I la solenne Celebrazione ecumenica per la consegna
al Patriarca delle Reliquie dei Santi Gregorio Nazianzeno e Giovanni
Crisostomo, vescovi e dottori della Chiesa.
La cerimonia,
sottolinea una nota dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche, rappresenta “un
segno del desiderio della Chiesa d’Occidente e d’Oriente di camminare insieme
verso il dono dell’unità visibile, affinché il mondo creda in Cristo unico Salvatore”.
ALTRE UDIENZE
Nel
corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto un gruppo di vescovi degli
Stati Uniti d’America, al termine della visita ad limina.
INIZIA DOMANI LA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER I LAICI
SUL TEMA
“RISCOPRIRE IL VERO VOLTO DELLA PARROCCHIA”
- Intervista con mons. Stanislaw Rylko -
Inizia domani a Roma la 21.ma
Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici sul tema: “Riscoprire
il vero volto della parrocchia”. Durante l’incontro, che durerà fino a domenica
prossima, si parlerà del rinnovamento della parrocchia di fronte alle sfide
della società odierna, della situazione del laicato, del rapporto con i
movimenti e le nuove comunità, della collaborazione tra sacerdoti e laici.
Ascoltiamo in proposito il presidente del dicastero mons. Stanislaw Rylko,
intervistato da Giovanni Peduto:
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R. – Siamo convinti che la parrocchia di oggi ha proprio bisogno di
essere riscoperta, soprattutto da tanti fedeli laici. In una società
secolarizzata come la nostra, il senso di appartenenza ecclesiale si è
affievolito molto, di conseguenza anche il senso di appartenenza ad una
parrocchia. Sembra che questa sia una delle grandi sfide pastorali dei nostri
tempi.
D. – Il Papa ha detto che la
parrocchia è al centro della vita della Chiesa. Cosa significa?
R. – E’ molto significativo
quanto spazio occupa la parrocchia nella sollecitudine pastorale di Giovanni
Paolo II. Ricordiamo che in questi 26 anni del suo Pontificato il Papa ha visitato
più di 300 parrocchie romane. Questo fatto è molto eloquente. Giovanni Paolo II
vede nella parrocchia il mistero della Chiesa, che si fa presente e operante
tra gli uomini; una comunità che si sviluppa, cresce, intorno alla celebrazione
eucaristica. E’ una conferma concreta di come la Chiesa effettivamente viva
dell’Eucaristia. Certo, dati i profondi e vasti cambiamenti socioculturali in
atto nel nostro mondo, la parrocchia deve rinnovarsi, deve cambiare anch’essa
nelle sue strutture e nei suoi metodi pastorali, per rispondere meglio ai
compiti, alle sfide del nostro tempo. Il Papa sottolinea, però, che la
parrocchia continua a conservare e ad esercitare una sua missione
indispensabile e di grande attualità.
D. – Come valorizzare il ruolo
dei laici nella parrocchia?
R. – Il rinnovamento della
parrocchia di oggi passa necessariamente attraverso il rinnovato impegno dei
laici. Uno dei compiti pastorali più grandi è quello di risvegliare nei nostri
fedeli il vivo senso di corresponsabilità per la parrocchia. Bisogna che ognuno
faccia la propria parte, affinché la parrocchia diventi veramente una comunità
viva e missionaria. Bisogna dare una nuova vitalità agli organismi collegiali
delle nostre parrocchie, come i Consigli pastorali, e a tante aggregazioni
laicali e movimenti ecclesiali, perché si sentano ancor più corresponsabili per
l’insieme della comunità parrocchiale. Il modello della parrocchia,
sviluppatosi dopo il Concilio Vaticano II, è quello di una comunità delle comunità.
D. – Eccellenza, per quanto
riguarda la collaborazione tra laici e sacerdoti, come individuarla e
tratteggiarla?
R. – La qualità di questa
collaborazione è molto importante. Ognuno deve fare la propria parte, secondo
la propria vocazione, rispettando la vocazione dell’altro, nello spirito di
comunione ecclesiale. Sbaglia chi pensa di poter fare da solo, sia un sacerdote
sia un laico, perché c’è sempre in agguato una mentalità a volte troppo
clericale da una parte, e dall’altra, per quanto riguarda i laici, forse troppo
“democratica”.
D. – Come organizzare il ruolo
dei movimenti e delle varie comunità nella vita della parrocchia, valorizzando
i carismi di tutti e senza mortificare nessuno?
R. – Oggi, non di rado, si parla
di una crisi che coinvolge le nostre parrocchie, che è un risultato dei
cambiamenti profondi in atto nel nostro mondo moderno. La secolarizzazione,
l’indifferenza religiosa, la crescente privatizzazione del fatto religioso,
l’individualismo e, di conseguenza, anche il calo, a volte abbastanza forte,
delle pratiche religiose: tutti questi fattori influiscono negativamente sulla
vita delle nostre parrocchie. Ma c’è anche un risveglio. Sono ormai tanti i laici
che riscoprono il valore della fede e il ruolo della comunità cristiana nella
loro vita e cercano di vivere il Vangelo in modo veramente radicale. Li
troviamo spesso nelle associazioni laicali, nei movimenti ecclesiali, presenti
nelle nostre parrocchie. E sono sempre più numerosi questi laici. Sono un
importante segno di speranza.
D. – E per quanto riguarda la
collaborazione fra parrocchie?
R. – Oggi, a volte, si parla di
un rischio di un certo campanilismo, per quanto riguarda la vita delle nostre
parrocchie. Così come c’è un rischio di ripiegamento su se stessi da parte dei
gruppi delle comunità, dei movimenti, così c’è un rischio simile per quanto
riguarda le parrocchie. La parrocchia per crescere bene ha bisogno di essere
una comunità aperta, accogliente, missionaria, una parrocchia aperta ai bisogni
del territorio, una comunità aperta ai bisogni delle parrocchie vicine, della
diocesi e ai bisogni della Chiesa universale. Questa apertura è l’antidoto
migliore contro il rischio di un campanilismo, contro il rischio di essere
ripiegati su se stessi.
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LE SFIDE PASTORALI PER LA CHIESA IN EUROPA,
DI FRONTE AL SECOLARISMO
AVANZANTE, RICHIEDONO L’IMPEGNO COMUNE
DEI CRISTIANI DELLE DIVERSE CONFESSIONI:
IL BILANCIO DELLA VISITA
DEL CARDINALE POUPARD A MOSCA
- A cura di Roberta
Gisotti -
Sono stati incontri e colloqui fruttuosi di “alto profilo ecumenico”,
mirati a dibattere le grandi questioni che attraversano il Continente europeo
alla luce del messaggio cristiano. Il cardinale Paul Poupard, presidente del
Pontifico Consiglio per la cultura, traccia un bilancio della visita compiuta a
Mosca, la scorsa settimana, accompagnato dal segretario del Dicastero, padre
Bernard Ardura.
Una missione sotto gli auspici di Giovanni Paolo II, perché la cultura
sia veicolo di diffusione del Vangelo. E tanti sono stati gli appuntamenti e le
occasioni per la delegazione vaticana di rinsaldare il dialogo tra la Chiesa
cattolica e quella ortodossa. Il cardinale Poupard si è incontrato con
l’arcivescovo Kondrusiewicz e la comunità cattolica e con i massimi
rappresentanti della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Alessio II ed i
metropoliti Kyrill e Filaret. Evento di particolare significato simbolico è
stata l’inaugurazione dei nuovi locali della Biblioteca dello Spirito a Mosca,
che ospitano una libreria, una casa editrice e un centro culturale.
Un’iniziativa “provvida” - secondo le parole del Papa nel suo messaggio
d’augurio – che è stata animata insieme da cattolici e ortodossi.
Ma
ascoltiamo le impressioni di questa visita riportate dal cardinale Poupard intervistato,
al suo rientro a Roma, da Giovanni Peduto:
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Il frutto di questa
settimana, caratterizzata da incontri e conversazioni, è anzitutto la
convergenza di vedute nel discernimento delle sfide pastorali per la Chiesa, soprattutto
riguardo al secolarismo. In secondo luogo si è concordato sul fatto che occorre
un’azione comune sul piano culturale, caratterizzata da valori radicati nel
Vangelo e nella storia. Concretamente ci saranno una serie di incontri
preparati insieme, che mirano ad una manifestazione pubblica dei valori
culturali, spirituali dell’Europa di fronte – possiamo dire - a quel
secolarismo che vorrebbe fare a meno di essi. C’è poi il progetto di incontri comuni per fronteggiare
una triplice tematica: quella riguardante la bioetica, l’ecologia e la cultura
mediatica.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’udienza del Papa al Senato Accademico dell’Università “Nicolò
Copernico” di Toruń (Polonia), per il conferimento del titolo di dottore “honoris
causa”.
Sempre
in prima, un articolo di Andrea Riccardi dal titolo “Un testo di ‘sapienza
sociale’ in un mondo in cui languono i discorsi”: il Compendio della Dottrina sociale
della Chiesa.
Afghanistan:
liberati i tre impiegati delle Nazioni Unite sequestrati a Kabul il 28 ottobre
scorso.
Nelle
vaticane, la visita pastorale del cardinale Crescenzio Sepe in Thailandia.
Nelle
estere, Iraq: la Conferenza internazionale in Egitto sostiene la scelta di
tenere le elezioni generali a gennaio.
Nella
pagina culturale, un articolo di Pietro Borzomati sulla spiritualità del beato
Placido Riccardi.
Per
la pagina dell’“Osservatore libri”, un articolo di Paolo Miccoli in merito al
“Simposio” di Platone, a cura di Giovanni Reale, nella Fondazione Lorenzo
Valla.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del fisco.
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23 novembre 2004
PROSEGUE LA PROTESTA DI PIAZZA
A KIEV DEI SOSTENITORI DI YUSHENKO,
IL LEADER
FILO OCCIDENTALE DICHIARATO SCONFITTO DAI RISULTATI UFFICIALI DELLE
PRESIDENZIALI DI DOMENICA IN UCRAINA.
GRAVI IRREGOLARITA’, SECONDO OSCE E OSSERVATORI
USA
- Intervista con Fulvio Scaglione -
Il cuore di Kiev, la Piazza
dell’Indipendenza, continua stamani a riempirsi di oppositori e sostenitori di
Yushenko, il leader filo occidentale dichiarato sconfitto dai risultati
ufficiali delle presidenziali di domenica in Ucraina, contestati come
“fraudolenti”. Sulle ragioni della contestazione, Giuseppe D’Amato:
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Lo scontro in Ucraina prosegue:
parecchie migliaia di manifestanti, fedelissimi a Yushenko restano in Piazza
Indipendenza a Kiev. La notte è stata piena di tensioni, con le voci più
disparate a rincorrersi: qualcuno aveva anche invitato la folla a dare
l’assalto al Palazzo presidenziale. Le forze di sicurezza sono pronte a
controllare possibili disordini e l’accesso alla capitale è presidiato.
Scioperi sono stati indetti in numerose fabbriche. “Terrò conto dell’opinione
dell’opposizione”, ha dichiarato in Tv il neo eletto Yanukovic, nel tentativo
di aprire un dialogo. “Non andatevene fino alla vittoria” è, invece, l’invito rivolto
ai suoi sostenitori da parte di Yushenko. I leader delle fazioni parlamentari
si stanno adoperando per mediare tra le parti, mentre cinque città
dell’occidente ucraino hanno riconosciuto Yushenko come il legittimo eletto. E’
prevista una sessione straordinaria del Parlamento nel pomeriggio. Gli
osservatori della CSI considerano valide le consultazioni, nonostante i tanti
problemi. Il presidente russo Putin si è congratulato con Yanukovic per la
vittoria. Mosca teme il ripetersi della Rivoluzione delle Rose georgiana di cui
oggi si celebra il primo anniversario.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato.
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Ma
dietro questo scontro tra i due candidati alla presidenza si può leggere un confronto
a distanza tra Russia e Stati Uniti? Roberto Piermarini lo ha chiesto al
vicedirettore di Famiglia Cristiana Fulvio Scaglione, esperto dell’area
postsovietica:
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R. – E’ questo
il vero duello: un duello combattuto per interposta persona. D’altra parte, da
quando è cascato il Muro di Berlino, gli Stati Uniti stanno cercando di
spostare verso est, in maniera molto rapida e molto decisa, il baricentro della
loro politica di avanzata commerciale. La Russia difende il suo spazio
strategico e non solo. Cerca anche di recuperare quella sorta di contrazione e
mortificazione politica che ha subito appunto con la fine dell’Unione
Sovietica. Quello che accade in Ucraina è assolutamente identico a quello che
accade per esempio nella Georgia post sovietica ed è in effetti un confronto diretto
in casa d’altri tra Russia e Stati Uniti.
D. – Questa situazione di caos
non può compromettere un eventuale ingresso dell’Ucraina in Europa?
R. – Certo, elezioni così tarate
da pesanti brogli, come dicono gli osservatori, manifestazioni di piazza,
minacce di usare la forza da parte dell’opposizione che si ritiene vincitrice,
città, come si vede in queste ore, che proclamano l’uno o l’altro vincitore
delle elezioni in maniera assolutamente autonoma e indipendente, non sono un
gran viatico per entrare nell’Unione Europea, che come sappiamo, anche ad altri
Paesi pone delle condizioni di funzionamento democratico piuttosto precise.
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GRANDE COMMOZIONE A FOGGIA AI FUNERALI DELLE OTTO
PERSONE
MORTE NEL CROLLO DI UNA PALAZZINA.
L’ARCIVESCOVO TAMBURRINO CHIEDE CASE PIU’ SICURE
- Intervista con il presule -
Oltre seimila persone, questa
mattina, hanno reso l’ultimo omaggio nella cattedrale di Foggia alle otto
persone morte sabato scorso nel crollo della palazzina di via delle Frasche.
Nel corso dei funerali alla presenza del presidente della Camera italiana, Pier
Ferdinando Casini, il vescovo della città mons. Francesco Pio Tamburrino ha
chiesto “case più sicure per una maggiore vivibilità”. Ascoltiamo il presule
nell’intervista di Paolo Ondarza.
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R. – Purtroppo, l’arcidiocesi di
Foggia non è nuova a questo tipo di disastri e di eventi calamitosi. Sono
nostri fratelli e sorelle che soffrono e purtroppo anche con gravi problemi di
sopravvivenza, perché le persone che vengono sottratte all’affetto dei familiari
sono quelli che portano avanti anche l’economia domestica, oltre che gli affetti.
D. – Nella sua omelia, questa mattina,
lei faceva un riferimento all’urgenza di case più sicure nel foggiano?
R. – La città di Foggia ha due
nuclei abitativi che risalgono al post-terremoto del 1731, sono case piuttosto
basse, di un piano o due, costruire nell’immediato dopo-terremoto, da allora
praticamente mai risanate a fondo. Ora, questo fenomeno è noto anche alle autorità.
L’attuale amministrazione ha in progetto un piano di risanamento, però finché
si aspetta, succedono questi eventi così dolorosi.
D. – Dunque, la tragedia di sabato
mattina potrebbe anche non essere un episodio isolato, vista la situazione?
R. – Certamente, le case del
rione delle Croci sono tutte in condizioni di slabbramento, sono case vecchie
mai restaurate a fondo ... Noi speriamo che questo episodio dia una “frustata”
alla comunità cittadina, all’amministrazione per porre mano in modo sistematico
e urgente a questa necessità. Noi speriamo, da cristiani, di dimostrare la
solidarietà non solo a parole, ma nella vita quotidiana, nei problemi
quotidiani. Speriamo di attivarci anche come Caritas diocesana, di dare un
sostegno insieme a tutta la popolazione della città di Foggia a questi nostri
fratelli provati.
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INIZIATO OGGI A ROMA IL
PRIMO CONGRESSO MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA
PER RIBADIRE CHE LA PASSIONE PER CRISTO E’
PASSIONE PER L’UMANITA’
- Intervista con suor Christine Vladimirov -
“Non cercate di scappare quando
la vita vi fa vivere situazioni di destabilizzazione, perché solo quando
rinuncerete a definirvi per comparazione con gli altri emergerà la parte autentica
che è in voi”. Così, la teologa spagnola, suor Dolores Aleixandre, stamani a
Roma, nella relazione d’apertura del primo Congresso Mondiale della Vita
Consacrata, sul tema: “Passione per Cristo, passione per l’umanità”.
All’incontro partecipano 850 religiosi appartenenti alle Unioni internazionali
dei superiori e delle superiore, con l’obiettivo di rilanciare la vita consacrata
nel mondo contemporaneo. Roberta Moretti:
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Anche
le religiose hanno dei “mariti” che sono “ingombranti” quando impediscono di
svolgere la missione cui sono chiamate! Con queste parole suor Aleixandre ha
voluto giocare sull’analogia e il paradosso. I “mariti”, infatti, sono quelle
“realtà con cui scendiamo a patti”, come la “stupidità disinformata e conformista”.
La teologa ha descritto, uno alla volta, i tranelli da evitare: “il marito
neoliberista e consumista”, ad esempio, che cerca rifugio nel comfort; il
“marito individualista”, che fa pensare a se stessi e non agli altri; il
“marito psicoterapeuta”, che impone lo psicologismo dei rapporti; il “marito
secolarista”, che allontana da Dio. C’è poi il “marito spiritualista”, che
separa dalla realtà concreta; il “marito idolatra”, che adora tecnologie e
riti; e il “marito delle mille occupazioni”, che vuole sempre agire e poco
pensare. Ai religiosi e alle religiose, suor Aleixandre ha proposto di osare
con coraggio anche nelle difficoltà, nel ricordo dell’incontro di Gesù e la Samaritana.
A lei, infatti, che ha già avuto un marito, ma si trova arida e sola interiormente,
Cristo offre “acqua di vita eterna”. Ma quali difficoltà incontrano le donne
che oggi scelgono la vita consacrata? Al microfono di Fabio Colagrande,
ascoltiamo suor Christine Vladimirov, benedettina, presidente della Conferenza
delle superiore generali degli Stati Uniti:
R. – WELL, I THINK THAT THERE ARE MANY OPPORTUNITIES
FOR WOMEN...
Penso ci siano molte opportunità
per le donne consacrate di crescere come singoli individui e di contribuire
alla società; ma per fare parte di una Congregazione è necessaria una forte
determinazione per essere un dono per la Chiesa e per vivere in una comunità
dove le persone condividono i tuoi stessi valori: è necessaria molta disciplina
e questo necessità molto tempo della vita.
D. – Com’è cambiata oggi la vita
delle religiose negli Stati Uniti?
R. – CONSECRATED LIFE IN THE UNITED STATES HAS CHANGED
GREATLY ...
La vita consacrata negli Stati
Uniti è cambiata moltissimo. Mi sono consacrata nel 1957. Ho vissuto il
Concilio Vaticano II e il meraviglioso rinnovamento che la vita religiosa ebbe.
Ora stiamo affrontando sfide ed ostacoli diversi, e penso che nel mio Paese ci
sia la forza di superare le difficoltà rimanendo aperti allo Spirito Santo che
ci indicherà la nuova strada.
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23 novembre 2004
DALLA TUTELA DELLA VITA E DELL’INSEGNAMENTO
RELIGIOSO
AL RISPETTO DELLA FAMIGLIA E DEGLI ANZIANI:
SONO I TEMI AL CENTRO
DELLA
PLENARIA AUTUNNALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA,
INIZIATA
IERI
-
A cura di Antonio Mancini -
MADRID. = Eutanasia, matrimoni tra
persone dello stesso sesso, ora di religione, nuove emarginazioni. “Non sono
pochi i problemi che attualmente preoccupano la società e la Chiesa in Spagna”,
ha affermato del cardinale Antonio M. Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e
presidente della Conferenza episcopale spagnola, nella sua prolusione di ieri
in apertura della sessione autunnale dell’Assemblea plenaria. “Fortunatamente
non si prevede per questa legislatura la depenalizzazione dell’eutanasia”, ha
osservato il porporato, ma “è preoccupante che l’apologia di questo delitto
abbia acquisito questa enorme risonanza pubblica”. Riguardo alla tutela del
matrimonio e della famiglia, il presidente dei presuli spagnoli ha ricordato
che se “non verranno protetti dalle leggi, il danno sociale sarà di enorme
rilevanza”, considerata l’apertura del governo al matrimonio tra omosessuali.
Ed ha aggiunto, in merito all’educazione religiosa, che “lo studio della
religione cattolica a scuola deve essere facoltativo”, chiedendo tuttavia “che
venga effettivamente rispettato il diritto dei genitori a scegliere la
formazione religiosa e morale dei propri figli”. Tra le “nuove emarginazioni”
il cardinale ha ricordato quella delle persone senza tetto “tra cui molti giovani”,
degli immigrati, oltre al “numero crescente di persone anziane con difficoltà
di salute e di integrazione sociale”. Nell’assemblea, i vescovi prenderanno in
esame la nuova edizione del Rituale di iniziazione cristiana, le Norme
sull’assoluzione generale per penitenti senza confessioni individuali e gli
Statuti dell’Università pontificia di Salamanca. I presuli esamineranno anche
uno studio sulla situazione dell’ecumenismo in Spagna e approveranno una nota
sui 150 anni del dogma dell’Immacolata Concezione. La plenaria d'autunno dei
vescovi spagnoli si concluderà il 26 novembre con un pellegrinaggio a Santiago
de Compostela.
CELEBRATI IERI, A BUENOS AIRES,
I FUNERALI DEL CARDINALE JUAN CARLOS ARAMBURU.
DURANTE LA MESSA, LETTI I MESSAGGI DEL PAPA, DEL CARDINALE
SODANO
E DELL’ARCIVESCOVO SANDRI
- A cura di Maurizio Salvi -
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BUENOS AIRES.= Un rito funebre
solenne per porgere l’estremo saluto al cardinale Juan Carlos Aramburu, primate
della Chiesa argentina, spentosi all’età di 92 anni, lo scorso 18 novembre a
Buenos Aires. La Messa di esequie è stata concelebrata dal cardinale Jorge
Mario Bergoglio, rientrato in anticipo da Roma, insieme con 25 vescovi e un
centinaio di sacerdoti. Durante la cerimonia, sono stati letti, tra gli altri,
i messaggi del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e del sostituto,
l’arcivescovo Leonardo Sandri. Sono risuonate anche le parole di Giovanni Paolo
II che, nel suo messaggio, ha ricordato che il cardinale Aramburu visse con
sobrietà, distinguendosi per la prudenza e l’integrità. Nel messaggio, il Papa
ha sottolineato il generoso ed intenso lavoro del porporato, la sua grande
dedizione alla causa del Vangelo, il suo profondo amore per la Chiesa e la preoccupazione
per la salvezza delle anime. Da parte sua, il cardinale Bergoglio ha rilevato
nell’omelia il lungo e fecondo cammino realizzato dal cardinale scomparso
durante la sua vita pastorale ed ha sottolineato la scaltrezza che lo
caratterizzava, al pari di un grande equilibrio. Terminata la Messa, il feretro
con le spoglie del cardinale Aramburu è stato portato in processione fino alla
cappella laterale, dedicata a San Giovanni Battista, dove è stato tumulato. La
stampa di Buenos Aires si è fatta eco della perdita, sottolineando che il
cardinale fu un testimone privilegiato, quando non un vero protagonista, degli
ultimi 45 anni della storia e della Chiesa argentina.
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LA “FONDAZIONE NELSON MANDELA” HA LANCIATO UNA
CAMPAGNA ANTI-AIDS,
PER RACCOGLIERE LE ADESIONI DEI VOLONTARI
INTENZIONATI A COMBATTERE IL VIRUS
JOHANNESBURG.
= Da numero di matricola di detenuto a numero di telefono di una nuova speranza
nella lotta all’Aids: per 27 anni il “46664” ha identificato il prigioniero
Nelson Mandela, vittima dell’era segregazionista e poi uomo-simbolo della lotta
contro l’apartheid e presidente del Sudafrica dal 1994 al 1999. Ora, quel
numero sarà un riferimento telefonico gratuito per i volontari che si vogliono
impegnare a favore dei malati colpiti dal virus dell’Hiv. La nuova campagna è
stata annunciata a Johannesburg da John Samuel, direttore generale della
“Nelson Mandela Foundation”. I malati di Aids “sono nostri fratelli e nostre
sorelle: hanno bisogno di sostegno e compassione da parte nostra” si legge nel
messaggio di Mandela diffuso dai media. La nuova iniziativa è rivolta ad unificare
gli sforzi di organizzazioni e soggetti diversi impegnati nel garantire
assistenza a chi ha sviluppato la malattia, in un Paese dove quasi 5 milioni di
persone (il 22% della popolazione adulta) ha contratto il virus, uno dei tassi
più alti al mondo. Il nuovo numero di telefono – quel 46664 venne usato anche
durante un grande concerto l’anno scorso per raccogliere nuovi fondi – sarà ora
a disposizione di chi intende dedicare parte del proprio tempo per alleviare le
sofferenze altrui. “Il Sudafrica ha un problema molto serio con gli orfani
delle vittime dell’Aids, che andrà aumentando negli anni”, ha spiegato la
dottoressa Olive Shisana, responsabile del Comitato Aids della Fondazione
Mandela. (A.D.C.)
APPELLO DEL PRESIDENTE DEI VESCOVI PAKISTANI AL
PREMIER MUSHARRAF
PERCHE’ SIANO ABROGATE LE LEGGI
CHE DISCRIMINANO LE DONNE E LE MINORANZE RELIGIOSE
LAHORE. = Che il 2005 sia l’anno l’anno
del “cambiamento e dell’abrogazione delle leggi contro donne e minoranze religiose”.
Suona così la richiesta di mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo di Lahore e
presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, contenuta in una lettera
aperta, indirizzata al presidente pakistano Pervez Musharraf e al primo ministro
Shuakat Aziz. Nella missiva, riferisce l’agenzia Asianews, il vescovo ha fatto
apprezzamenti per l’impegno del Pakistan nel promuovere la convivenza pacifica
e la giustizia sociale. Allo stesso tempo, ha chiesto al governo di
concentrarsi sulla questione dei diritti umani e della libertà religiosa. Mons.
Saldanha ha evidenziato le questioni cruciali che ritiene Islamabad abbia il
dovere di risolvere: l’abolizione del sistema elettorale basato
sull’appartenenza religiosa, ancora in vigore nelle amministrazioni
locali, il “delitto di onore”, previsto per le donne ritenute adultere, la
legge sulla blasfemia, che prevede l’ergastolo per chi offende il Corano e la
pena di morte in caso di offesa a Maometto, ma spesso usata per regolare
questioni private. Secondo mons. Saldanha, queste leggi colpiscono in modo
particolare le donne, ridotte a “mere entità legali”, e le minoranze religiose,
causando un effetto nocivo sulla società. (A.D.C.)
UN’ASSOCIAZIONE LAICALE CATTOLICA HA PROMOSSO UNA
RACCOLTA DI FIRME
PER CHIEDERE L’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE IN
INDIA,
- A cura di Lisa Zengarini -
BHOPAL. = Una raccolta di firme
per chiedere l’abolizione della pena di morte in India. A promuoverla è la “Prison
Ministry India”, un’associazione cattolica laicale impegnata da più di 15 anni
nella pastorale carceraria. La campagna è stata lanciata la settimana scorsa,
durante la sua ottava convention nazionale a Bhopal. L’obiettivo,
spiegano i responsabili dell’associazione, è di sensibilizzare la classe
politica e l’opinione pubblica indiana sul fatto che la pena capitale non solo
è contraria al principio dell’intangibilità della vita umana, ma è anche uno
strumento antiquato e inefficace deterrente al crimine. Il diritto alla vita,
ha evidenziato il cofondatore dell’UCAN, padre Varghese Karippery, deve essere
difeso e ai detenuti “va data l’opportunità di riformarsi”. Un’altra
considerazione contro la pena di morte, come più volte enfatizzato dalle
organizzazioni per i diritti umani e confermato dalle statistiche, è che nella
stragrande maggioranza dei casi essa viene comminata a persone già emarginate
che non hanno mezzi per potersi difendere in sede legale. In India, come in
altri Paesi dove è in vigore, la maggior parte dei condannati a morte proviene
infatti da famiglie povere. Fondata nel 1988 con il nome di “Jesus’
Fraternity” e riconosciuta dalla Conferenza episcopale indiana, “Prison
Ministry India” è oggi presente con i suoi circa duemila tra sacerdoti,
religiosi e laici in 850 carceri indiane, dove offre assistenza legale, medica
e psicologica ai detenuti e alle loro famiglie. L’associazione gestisce anche
una quindicina di centri di riabilitazione per aiutare gli ex detenuti a
reinserirsi nella società.
INIZIA OGGI A COSTANTINOPOLI LA 23.MA CONFERENZA
ECUMENICA
DEI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI. VI
PARTECIPANO
50 PRESULI CATTOLICI E ORTODOSSI DI VARI RITI,
PROVENIENTI DA 23 PAESI
ROMA. = Cinquanta vescovi tra
cattolici e ortodossi, di 23 nazioni e di quattro continenti, riuniti per una
grande assise ecumenica nel “cuore” dell’ortodossia, Costantinopoli. Sarà la
città sul Bosforo la sede della 23.ma Conferenza ecumenica di vescovi amici del
Movimento dei Focolari, promossa dal cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo di
Praga, che inizia oggi e terminerà il primo prossimo dicembre. Presuli
ortodossi, siro ortodossi, armeni apostolici, anglicani, evangelico-luterani e
cattolici di vari riti vivranno una decina di giorni di convivenza fraterna nel
segno della spiritualità ecumenica, di recente incoraggiata con forza dal Papa
nella Unitatis Redintegratio, e nel
segno della spiritualità del Movimento dei focolari improntata all’unità. Momenti culmine della Conferenza
saranno gli incontri-dialogo con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, con il cardinale
Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei
cristiani, il Patriarca
armeno apostolico di Costantinopoli, Mesrob II, e il vicario patriarcale
siro-ortodosso per la Turchia, Filüksinos Yusuf Çetin. Durante il loro
soggiorno, i vescovi si recheranno, tra l’altro, a Nicea, sede di due dei primi Concili
ecumenici, e al Monastero della SS. Trinità ad Halki, insigne centro di studi
del Patriarcato ecumenico. Inoltre, parteciperanno all'accoglienza delle
reliquie dei Padri della
Chiesa ancora indivisa, i Santi
Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno, consegnate da Giovanni
Paolo II al Patriarca Bartolomeo in questi giorni. (A.D.C.)
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23 novembre 2004
- A cura di
Fausta Speranza -
I partecipanti alla Conferenza
internazionale sull’Iraq in corso a Sharm el Sheikh, in Egitto, hanno approvato
il testo della dichiarazione finale. L’annuncio da parte del ministro degli
esteri egiziano Ahmad Abul Gheit. La Conferenza si era aperta questa mattina
con un appello alla riconciliazione nazionale prima delle elezioni del 30
gennaio e con un monito che la questione irachena non è scindibile da una
soluzione del conflitto israelo-palestinese. Il nostro servizio:
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C’è la conferma ufficiale che i
responsabili politici iracheni fanno tutti i preparativi per le elezioni che
restano confermate al 30 gennaio prossimo. Un’altra notizia è che il processo a
Saddam Hussein inizierà entro il 2004. C’è poi la richiesta avanzata nel corso
della Conferenza dal ministro degli Esteri iracheno, Zebari: “per garantire il
libero svolgimento di elezioni democratiche in Iraq, la comunità internazionale
deve fare la sua parte fornendo truppe a protezione del personale impegnato
nella missione dell’ONU”. Ricordiamo che la conclusione della conferenza che ha
riunito venti ministri degli esteri dei Paesi del G8 e arabi, ma anche
rappresentanti di quattro organizzazioni internazionali, era attesa nel
pomeriggio. L’attesa era ed è, fin quando non si conosce il testo della dichiarazione,
per una presa di posizione di sostegno al governo iracheno e alle elezioni,
sulla base della risoluzione 1546 approvata nel giugno scorso dal Consiglio di
sicurezza dell’ONU. E per quanto riguarda la posizione del segretario generale
dell'Onu, si sa che ha affermato che “bisogna incoraggiare i vari gruppi
iracheni a partecipare al processo di riconciliazione nazionale”.
L'Onu, che ha ritirato i suoi
dipendenti stranieri dopo l’attentato dell'agosto dello scorso anno, è sotto
pressione perché ritorni in forze in Iraq, in particolare per l’appuntamento
elettorale. Annan, ricordando l’insicu-rezza sul campo, ha sottolineato che il
successo della missione ONU “non si misura con il numero degli impiegati”
presenti nel Paese. Il segretario generale, come fatto altre volte,
indirettamente ha criticato il governo iracheno per aver permesso le offensive
militari contro Falluja e altre città sunnite. Combattere il terrorismo “è un
diritto e un dovere” - ha affermato - ma le autorità irachene dovrebbero tener
conto dell'impatto generale che tali azioni hanno sul processo di transizione
pacifica. Da parte sua, il ministro degli esteri francese Barnier ribadisce che
l’adesione e la partecipazione del maggior numero di iracheni alla transizione
in corso attualmente nel loro Paese è uno dei punti sui quali la Francia
ritiene si basi il successo del processo politico in corso in Iraq. E ancora:
possiamo riferire delle dichiarazioni del ministro degli esteri egiziano: ha
auspicato un “ritorno dell’Iraq nella sua famiglia araba”, affermando che nelle
acque chiare del Mar Rosso si specchiano le aspettative per la sicurezza, la pace
e la stabilità di tutta l’area mediorientale.
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Il rilancio del piano di pace
israelo-palestinese è stato al centro di una breve riunione, stamani, fra i
membri del cosiddetto Quartetto di mediatori (che comprende Onu, Ue, Usa e
Russia) riuniti a Sharm el Sheikh in occasione della conferenza internazionale
sull’Iraq. In esame un piano di aiuti finanziari e l’invio di un gruppo di
osservatori per garantire il regolare svolgimento delle elezioni palestinesi.
Ieri, il segretario di Stato americano, Colin Powell, aveva incontrato
direttamente sia le autorità palestinesi che quelle israeliane. Secondo le
fonti, “preparativi molto discreti” sono in corso per seguire gli sviluppi
nell’Autorità nazionale palestinese (ANP), dopo la morte del presidente Arafat.
Secondo la stampa egiziana, nei prossimi giorni Abu Mazen, dopo
l’ufficializzazione della sua candidatura da parte di Al Fatah, sarà al Cairo
dal presidente egiziano Mubarak per informarlo degli argomenti esaminati con il
segretario di Stato americano Colin Powell.
Ma proprio stamani ha annunciato
la sua candidatura alla presidenza palestinese Marwan Barghuti, capo di Al
Fatah in Cisgiordania, attualmente detenuto nelle carceri israeliane,
condannato a cinque ergastoli. Quale il significato di questa sfida aperta al
candidato ufficiale Abu Mazen? Andrea Sarubbi lo ha chiesto a Marcella
Emiliani, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi mediorientali
all’Univer-sità di Bologna:
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R. – E’ in atto da tempo un
braccio di ferro molto violento tra la vecchia guardia e la nuova guardia.
Chiaramente fin tanto che Arafat è stato vivo questo scontro è riamato
mascherato. Adesso sta emergendo a tutti gli effetti. La candidatura di Barguti
sta a significare che la nuova generazione, quella nata nei territori, cresciuta
nei territori attraverso le intifade – quella del 1987 e quella odierna – non
intende più fare concessioni alla generazione dell’esilio, tanto più quanto
questa generazione è quella disponibile a trattare sia con gli israeliani sia
con gli americani con un atteggiamento che, evidentemente, viene giudicato
troppo condiscendente.
D. – Quindi, è una cattiva
notizia per il processo di pace?
R. – Da questo punto di vista
sì, perché ci si illudeva che Abu Mazen potesse in qualche maniera gestire una
transizione anche dopo ed arrivare ad una qualche forma di accordo soprattutto
con le Brigate dei martiri di Al Aqsa. La candidatura di Barguti toglie
illusioni in merito.
D. – Sembra, tra l’altro, che
Arafat in punto di morte avesse detto: il mio successor sarà Karduni. Ora, se
Al Fatah candida Abu Mazen, se Barguti si candida da solo vuol dire comunque
che i palestinesi stanno voltando pagina...
R. – Questo sicuramente, anche
perché a questo punto se deve essere Karduni cosa significa? Che Arafat
sconfessava tutto il processo di pace? Karduni non ha mai riconosciuto gli
accordi di Oslo. Intransigenza per intransigenza le piazze palestinesi a questo
punto seguono Marwan Barguti, non Karduni che se ne continua a stare a Tunisi.
D. – In ogni caso – per citare
un dirigente dell’ANP – è finita l’era delle nomine con il dito. Questo apre un
capitolo nuovo per i palestinesi?
R. – Assolutamente nuovo, perché
forme di democrazia i palestinesi sinora non ne hanno conosciuta mezza. Quindi
è evidente che si aspetta che ci sia un processo di designazione molto più
trasparente.
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Non c'è stato nessuno
scambio con i rapitori dei tre
funzionari dell'Onu tenuti in ostaggio in Afghanistan per ottenere la loro
liberazione. E’ quanto ha detto il ministro dell’interno afgano, Jalali, dopo
che il presunto capo del gruppo armato che li aveva rapiti aveva fatto sapere
che erano stati liberati in cambio della liberazione di 24 detenuti vicini ai
taleban.
Nuovi violenti scontri sono
esplosi domenica nel Darfur, la martoriata regione del Sudan nord occidentale, costringendo circa 30.000
persone alla fuga disperata, sotto l'incalzare delle truppe sudanesi e dei miliziani arabi loro alleati. Anche il
personale umanitario di Save the Children, che operava proprio nell’epicentro
dei combattimenti, è stato costretto ad evacuare: una trentina di persone sono
state portate in salvo da elicotteri militari dell’Unione Africana (UA).
Secondo testimonianze di Save the Children, ci sarebbero stati anche bombardamenti
da parte dell'aviazione sudanese, con ordigni caduti ad appena 50 metri dal
centro dove viene distribuito cibo ai bambini. Questa testimonianza non ha finora
ricevuto conferme. La violenta ripresa degli scontri giunge a un paio di settimane
da un’intesa tra le parti, negoziata ad Abuja (Nigeria), in cui si impegnavano,
tra l'altro, a cessare le violenze, fornire tutte le garanzie di libero accesso
ed operatività agli aiuti internazionali,
rispettare il cessate il fuoco firmato
lo scorso aprile e rimasto sempre lettera
morta.
Veniamo alle questioni europee.
“Il Patto di stabilità e di crescita non obbliga gli stati membri ad avere un
certo livello di tassazione fiscale o di spesa pubblica sul pil”. Lo ha detto
il Commissario UE agli Affari Monetari ed Economici, Almunia, interpellato dai
giornalisti a Bruxelles, dopo le discussioni all’interno del governo italiano
sulla possibilità o meno di ridurre anche di poco alcune imposte nazionali e
dopo alcune dichiarazioni polemiche nei confronti del patto di stabilità.
Secondo alcuni della maggioranza sarebbe un vincolo che limita l’Italia. “Quello che per il Patto di stabilità è
importante è il deficit pubblico che deve restare sotto al 3 per cento”, ha
detto Almunia, ribadendo la posizione dell’esecutivo sul fatto che i tagli alle
tasse devono essere finanziati “e non gravare sul deficit”.
Brevissima permanenza di George
W. Bush in Colombia. Ha lasciato Cartagena quando da noi era sera. Era arrivato
proveniente dal Cile e si è fermato prima di rientrare a Washington. Nonostante
la città colombiana fosse blindata da circa 15 mila uomini, poco prima del suo
arrivo, un gruppuscolo di manifestanti ha protestato contro la sua presenza
nelle strade del centro, bruciando alcune bandiere statunitensi. Al pranzo in onore di Bush offerto da Uribe
hanno partecipato, tra gli altri, anche il Premio Nobel per la letteratura
Gabriel Garcia Marquez e due glorie del baseball locale che il presidente USA
ha voluto conoscere. Ma dei contenuti
di questa visita ci parla Maurizio Salvi:
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Nelle tre ore e 45 minuti in cui
è rimasto in territorio colombiano, Bush ha assicurato al collega Alvaro Uribe
il suo impegno a rinnovare il finanziamento del Piano Colombia, interrotto
nel Duemila, per lottare contro il narcotraffico ed ampliato di recente alla
guerriglia di sinistra delle FARC. La nuova scommessa diplomatica degli Stati
Uniti in Colombia è avvenuta mentre l’America Latina è al centro di una grande
offensiva economica e commerciale da parte di vari Paesi asiatici, primo fra
tutti la Cina. Il presidente cinese Hu Jintao, che ha trascorso nel
sub-continente 12 giorni, visitando Brasile, Argentina e Cile, annunciando
investimenti per miliardi di dollari, è sbarcato ora anche a Cuba. Da parte
sua, il premier giapponese Junichiro Koizumi, ha realizzato una vista di Stato
in Cile; ed anche il presidente vietnamita Tran Duc Luong in Argentina; e il
leader russo, Vladimir Putin in Brasile.
Da Santiago del Cile, Maurizio
Salvi.
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I presidenti di Cina e Cuba, Hu
Jintao e Fidel Castro, hanno sottoscritto ieri sera 16 accordi di cooperazione,
in particolare nel settore del nichel. Gli accordi sono stati firmati al
Palazzo della Rivoluzione, sede del governo cubano, dopo l’arrivo per una
visita ufficiale del capo di Stato cinese e dopo circa due ore di colloqui tra
Castro e Jintao. La nuova fabbrica, battezzata “Las Cariocas” e situata nella
provincia di Holguin (800 km a est della capitale), permetterà un importante
aumento della produzione di nichel cubano, dalle attuali 75 mila tonnellate
all’anno a quasi a 100 mila tonnellate, un obiettivo a lungo pubblicizzato dal
governo di Fidel Castro.
C’è molta attesa per i risultati
dei colloqui che il premier pakistano Aziz, in visita ufficiale in india, avrà
con i vertici di New Delhi, sulla questione del Kashmir, la regione contesa al
confine tra i due Paesi. Previsti per domani i colloqui con l’omologo indiano
Singh che la settimana scorsa si è recato proprio nel Kashmir indiano.
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