RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
325 - Testo della trasmissione di sabato 20 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Domani,
21 novembre, giornata delle claustrali: ai nostri microfoni madre Maria Sofia
Cichetti
Il Vangelo di domani: la riflessione di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
L’esercito americano attorno a Mossul per sferrare l’attacco finale. Accordo di massima per cancellare fino all’80% del debito estero dell’Iraq
Bush a Santiago del Cile
per il Vertice Apec: ad accoglierlo numerose manifestazioni di protesta
In Myanmar: 4.000
prigionieri rilasciati dalla giunta militare birmana
20
novembre 2004
LE COPPIE CRISTIANE MATURE
AIUTINO QUELLE PIU’ GIOVANI
AD AFFRONTARE RESPONSABILMENTE L’ESPERIENZA DEL
MATRIMONIO
E DELL’ACCOGLIENZA DEI FIGLI. L’ESORTAZIONE DEL
PAPA
ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA
FAMIGLIA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Una ferita inferta alla famiglia
è una ferita, spesso irreparabile, inferta alla società. In questo difficile
contesto, soprattutto i giovani coniugi debbono poter contare sull’appoggio di
coppie consolidate per far fronte ai loro nuovi doveri. Giovanni Paolo II ha
ribadito questa mattina l’importanza della tutela della cellula base della
convivenza umana, ricevendo nella Sala Clementina circa 150 partecipanti
all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia, guidati dal
cardinale Alfonso Lopez Trujillo. I particolari nel servizio di Alessandro De
Carolis:
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La plenaria del dicastero
vaticano sulla famiglia, che termina oggi in lavori ma che già guarda al quinto
Incontro mondiale delle Famiglie del 2006 a Valencia, ha centrato in questi
giorni la propria attenzione sulla “missione” che investe le coppie mature nei
riguardi di quelle più giovani o dei fidanzati. Un compito importante, spesso
decisivo, di formazione e di sostegno, che il Papa ha ripreso e spiegato
attingendo ai numerosi documenti del magistero dedicati a quella che egli
stesso ha definito “un’istituzione naturale insostituibile ed elemento
fondamentale del bene comune di ogni società”. Di fronte ad uno scenario di
difficoltà varie in cui la famiglia fondata sul matrimonio si trova spesso a
vivere, Giovanni Paolo II è stato chiaro: “Chi distrugge questo tessuto
fondamentale dell’umana convivenza non rispettandone l’identità e
stravolgendone i compiti – ha affermato - causa una ferita profonda alla
società e provoca danni spesso irreparabili”.
Proprio per ovviare a ciò, il
Pontefice ha incoraggiato le famiglie cristiane già “sperimentate”, solide, ad
essere protagoniste di “un impegno rinnovato” in favore di quelle giovani,
insieme con una specifica azione pastorale da parte della Chiesa. Proprio la
Chiesa - ha ripetuto il Papa citando la Familiaris
consortio - deve porre “una specifica attenzione per educarle a vivere
responsabilmente l'amore coniugale in rapporto alle sue esigenze di comunione e
di servizio alla vita, come pure a conciliare l'intimità della vita di casa con
la comune e generosa opera per edificare la Chiesa e la società umana”. Immerse
in un “contesto di nuovi valori e di nuove responsabilità” – scriveva ancora
Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica – le giovani coppie sono più
esposte, specialmente nei primi anni di matrimonio, ad eventuali difficoltà,
come quelle create dall'adattamento alla vita in comune o dalla nascita di
figli. Ecco spiegata, dunque, l’importanza del ricorso all’aiuto “discreto,
delicato e generoso di altre coppie, che già da tempo vanno facendo
l’esperienza del matrimonio e della famiglia.
Il Pontefice ha concluso con una
constatazione, rilevata “con piacere”, riguardante “la crescente presenza in
tutto il mondo di movimenti a favore della famiglia e della vita”. Il loro
dinamismo - ha osservato - “messo al servizio di coloro che camminano sulla via
del matrimonio recentemente contratto, garantisce un aiuto prezioso nel
suscitare l’opportuna risposta alla ricchezza della vocazione alla quale il
Signore li chiama”.
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NEL SERVIZIO AI MALATI, E’ SEMPRE NECESSARIO
RISPETTARE LA DIGNITA’ UMANA:
COSI’
IL PAPA AI MEMBRI DELL’AMMINISTRAZIONE DELL’OSPEDALE SAN GIUSEPPE
DI
GERUSALEMME, RICEVUTI STAMANI IN VATICANO
- A cura di Alessandro Gisotti -
Parole di fiducia e di incoraggiamento. E’ quanto Giovanni Paolo II ha
offerto ai membri dell’International Board of Trustees dell’Ospedale di San Giuseppe
di Gerusalemme, ricevuti stamani in Vaticano. Il Papa ha esortato quanti
lavorano nell’ospedale a “dare sempre il meglio di se stessi in un generoso
servizio ai malati, con il massimo rispetto per la dignità umana”.
Il
Papa ha poi espresso apprezzamento per il “senso di solidarietà e preoccupazione
per i bisogni della comunità palestinese, che caratterizza il San Giuseppe,
unico ospedale cattolico in Gerusalemme”. Infine, ha augurato all’istituto
sanitario di “trovare un supporto materiale e morale, sia in Terra Santa che
all’estero”.
ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto nel corso della
mattina il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i
vescovi.
In
Malawi, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Mangochi,
presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Alessandro Assolari, dei religiosi
Monfortani. Al suo posto, il Pontefice ha nominato il sacerdote monfortano
padre Luciano Nervi. Bergamasco d’origine, il nuovo presule, 66 anni, ha
conseguito la licenza in Teologia presso l’Università Lateranense, la laurea in
Lettere e un diploma in giornalismo e scienze sociali presso l’Università
Cattolica di Milano. Oltre a incarichi di docenza in Italia, mons. Nervi è
stato missionario in Malawi, a servizio della diocesi di Mangochi presso il
lebbrosario di Utale, ricoprendo anche gli incarichi di parroco, superiore
regionale e vicario generale.
Giovanni Paolo II ha nominato membri del Pontificio
Consiglio per i Testi legislativi i cardinali: Crescenzio Sepe, prefetto della
Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli; Walter Kasper, presidente del
Pontificio Consiglio per la Promozione dell'unità dei cristiani; Attilio
Nicora, presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.
Inoltre, per il medesimo incarico, il Papa ha
nominato mons. Agostino Vallini, arcivescovo‑vescovo
emerito di Albano, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
In Burkina Faso, il Pontefice ha eretto la diocesi
di Dori con territorio dismembrato dalle diocesi di Fada N’Gourma e Ouahigouya,
rendendola suffraganea della Sede Metropolitana di Koupela. Come primo Vescovo
di Dori, Giovanni Paolo II ha nominato il 42.enne sacerdote Joachim Ouédraogo,
rettore del Seminario minore e vicario generale della diocesi di Ouahigouya. La
nuova diocesi di Dori conta 700 mila abitanti, dei quali 2.700 cattolici,
distribuiti in 5 parrocchie, con 16 sacerdoti, 32 religiose e 33 catechisti.
L’attuale chiesa parrocchiale di Dori, dedicata a Sant’Anna, è la cattedrale della
nuova Diocesi.
NEL 40.MO ANNIVERSARIO DEL DECRETO CONCILIARE
“ORIENTALIUM ECCLESIARUM”,
SI E’ APERTO, IERI POMERIGGIO, UN CONGRESSO PRESSO
LA SEDE
DEL PONTIFICIO ISTITUTO ORIENTALE, A ROMA
- Intervista con padre Philippe Luisier -
A 40 anni dalla promulgazione
del Decreto Conciliare “Orientalium Ecclesiarum” si tiene, da ieri
pomeriggio, un Congresso presso la sede del Pontificio Istituto Orientale a
Roma. Per ricordare i punti fondamentali del Decreto, nell’intervista di
Giovanni Peduto, ascoltiamo il vice rettore del Pontificio Istituto Orientale,
il padre gesuita svizzero Philippe Luisier:
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R. – Il Decreto, prima di tutto,
riconosce che le Chiese orientali cattoliche fanno parte del patrimonio
universale della Chiesa ed afferma la loro uguaglianza in dignità nei confronti
della Chiesa latina, chiedendo di restaurare le antiche tradizioni, spesso fin
troppo latinizzate; di ridare alla istituzione patriarcale il suo pieno valore;
di proporre norme per l’accesso ai sacramenti anche delle Chiese orientali non
cattoliche.
D. – Qual è stata l’importanza
di questo documento conciliare?
R. – Ha certamente aiutato molto
a cambiare le mentalità. Oggi tutti i fedeli sono, o dovrebbero essere,
consapevoli che nel seno della Chiesa cattolica esistono legittimamente altri
riti, oltre quello latino, ed altre Chiese oltre la Chiesa romana, con liturgie
e discipline ecclesiastiche diverse, nonché un ricchissimo patrimonio spirituale.
D. – Cosa è cambiato in questi
40 anni nelle Chiese orientali?
R. – Sicuramente lo spirito del
Concilio ha incoraggiato queste Chiese a vivere con maggiore franchezza la loro
specificità. Penso che sia la storia a scuotere di più le Chiese orientali:
basti pensare al crollo del comunismo nei Paesi dell’Est Europeo e alla forte
emigrazione dei cristiani del Medio Oriente. Un fenomeno, questo, che si
verifica tragicamente con la guerra in Iraq. Una parte, certo non indifferente,
di fedeli cattolici orientali vive oramai nella diaspora.
D. – Qual è la ricchezza
specifica della spiritualità delle Chiese orientali?
R. – E’ impossibile ridurre il
patrimonio spirituale dell’Oriente cristiano, così variegato, ad alcune
formule. Si può dire che la Liturgia è espressione completa della fede e molto
più che in Occidente; il senso del mistero, parola che significa pure
sacramento, permea tutta la vita; il ruolo della guida spirituale è fortemente
sentito e viene spesso affidato al monaco.
D. – Il Decreto Conciliare “Orientalium
Ecclesiarum” ha aiutato il cammino ecumenico?
R. – Sei paragrafi del Decreto
sono consacrati ai rapporti con le Chiese non cattoliche. Sul cammino ecumenico
sono convinto che le Chiese orientali cattoliche devono avere un ruolo di
punta, perché i loro fedeli conoscono e capiscono le realtà dell’Oriente, non
dai libri ma dalla vita. Forse non tutte le raccomandazioni del decreto hanno
trovato applicazione, anche a causa di un certo legalismo romano.
D. – Qual è stata la risposta
alla sfida della doppia fedeltà alla comunione romana e alla tradizione ecclesiologia
di Oriente?
R. – Il legame storico,
spirituale ed affettivo con la Chiesa di Roma dipende molto dall’appartenenza
alle diverse tradizioni dell’Oriente cristiano: la Bizantina, di lingua araba,
romena, slava; oppure Antiochena, di lingua araba, siriaca; la tradizione
armena; la tradizione alessandrina, in Egitto, in Etiopia o in Eritrea.
Tuttavia queste Chiese hanno in comune il fatto di essere di tipo patriarcale e
molto meno centralizzate della Chiesa latina. Le tensioni sono quindi
inevitabili, ma se regna la carità nella comunione, viene allora testimoniata
la vera cattolicità.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La
prima pagina si apre con l'Iraq: viva attesa per la Conferenza di Sharm el
Sheikh, in Egitto, che si apre all'inizio della prossima settimana. Tra i temi
in agenda, l'esigenza di riconoscere all'ONU un più forte ruolo nel processo di
ricostruzione e la necessità di un impegno meglio coordinato nella
lotta contro il terrorismo.
Nelle
vaticane, nel discorso all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia,
Giovanni Paolo II ha sottolineato con forza che la famiglia fondata sul
matrimonio è un'istituzione naturale insostituibile ed elemento fondamentale
del bene comune di ogni società.
L'udienza
del Papa ai membri dell'"International Board of Trustees":
nell'occasione il Santo Padre ha esortato affinché l'Ospedale San Giuseppe - l'unico
cattolico a Gerusalemme - continui a trovare sostegno morale e materiale in
Terra Santa e all'estero.
Due
pagine dedicate alla Giornata "Pro Orantibus".
Nelle
estere, Medio Oriente: il ministro degli esteri egiziano annulla la prevista
visita in Israele, dopo l'uccisione di tre militari del Cairo di pattuglia alla
frontiera.
Nella
pagina culturale, un articolo di Giuseppe Degli Agosti in merito alla mostra
"I miti greci" allestita al Palazzo Reale di Milano.
Un
elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Quando si vuole condire il
passato con una salsetta di modernità": a proposito di rifacimenti letterari.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la tragedia avvenuta a Foggia: sette morti e un
disperso nel crollo di una palazzina nel centro della città.
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20
novembre 2004
SCELTA DALL’ONU LA
VIA DI UN COMPROMESSO
TRA IL DIVIETO ASSOLUTO DI CLONAZIONE E LA SUA
AMMISSIBILITA’
PER SCOPI TERAPEUTICI
- Con noi mons. Elio Sgreccia -
Tra il divieto assoluto di clonazione e la sua
ammissibilità per scopi terapeutici, l’ONU ha scelto ieri un compromesso. Su
proposta dell’Italia, che ha voluto evitare una spaccatura all’interno
dell’Assemblea generale, si è approvata infatti una dichiarazione che si limita
a proibire “ogni tentativo di creare vita umana attraverso processi di
clonazione ed ogni ricerca intesa ad ottenere tale risultato”. Inoltre gli
Stati vengono invitati ad adottare leggi restrittive in materia, ma non si
tratta comunque di una richiesta vincolante. Andrea Sarubbi ha raccolto il commento
di mons. Elio Sgreccia, vicepresidente della Pontificia Accademia per la Vita:
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R. – Indubbiamente, si tratta di
un indebolimento della posizione iniziale, perché si passa ad una semplice
dichiarazione non vincolante. Verbalmente, quello che è detto risulta inoltre
un po’ ambiguo perché il termine “vita umana”, che sostituisce quello di
“essere umano”, risulta vago e anche – direi – inutile, perché “vita umana”
potrebbe essere anche una cellula. Questa espressione che l’Italia ha
suggerito, praticamente, non è né esatta né indicativa. Formalmente è una
difficoltà ad ammettere la clonazione, però, si avverte altrettanto forte la
volontà di trattare i processi di riproduzione come processi svincolati dalla
dignità umana e l’embrione come un oggetto sperimentale.
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A 15 ANNI DALLA CONVENZIONE INTERNAZIONALE DELL’INFANZIA,
NUOVI ALLARMANTI FENOMENI
DI VIOLAZIONI AI DANNI DEI MINORI
SI FANNO STRADA NEL MONDO
- Intervista con Giovanni
Micali -
Ricorre oggi il 15.mo anniversario della Convenzione internazionale sui
diritti dell’infanzia, proclamata dall’Onu il 20 novembre del 1989. Manifestazioni
ed iniziative nel mondo segnano questo anniversario. In Italia, l’Unicef ha
realizzato un Film animato intitolato “l’Isola degli smemorati”, tratto
dall’omonimo libro di Bianca Pitzorno e presentato questa settimana in Tv, al Cinema
e nelle Scuole, dedicato proprio a diffondere la cultura dei diritti
dell’infanzia. Ci troviamo di fronte a tante notizie di cronaca e rapporti che
documentano le crescenti offese e violazioni del mondo infantile, non solo nei
Paesi più poveri o lontani dalla democrazia ma anche nelle Nazioni più
avanzate, dove vediamo ad esempio crescere il fenomeno della pedofilia, specie
su Internet. Per un bilancio sulla
condizione dei minori, Roberta Gisotti ha interpellato il prof. Giovanni
Micali, presidente dell’UNICEF-Italia:
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R. – Fino a quando ci sarà un bambino che soffre, noi non saremo
soddisfatti. Però, dobbiamo dire che c’è molta più sensibilità da parte degli
adulti, da parte dei governi, da parte soprattutto di chi opera nel mondo
umanitario. Ma ancora oggi si profilano all’orizzonte situazioni inquietanti,
quali quelle delle insidie alla tranquillità del bambino, alle violenze che
ancora subiscono. Non si tratta tanto di
carenze che ci sono ancora, quanto di aspetti nuovi che ci inquietano
molto perché, praticamente, ci sfugge talvolta di mano anche il modo come
perseguire, perché si diffondono e si vedono e non si vedono, e insidiano molto
la tranquillità della società infantile. Su questo noi dobbiamo essere molto
guardinghi. E’ per questo che facciamo le grandi alleanze con i sindaci, con i
comuni, con le istituzioni, con i ministeri, a beneficio dei bambini.
D. – In questo senso è importante avere prodotto questo film, per
diffondere la cultura dei diritti dei bambini?
R. – E’ un esempio, direi, di come penetrare nelle case attraverso
qualcosa che si può gradire. Però, il problema di fondo è sempre quello: la
società deve necessariamente mettere al primo punto dei propri interessi quello
di difendere i diritti dell’infanzia, che sono sottoscritti nella Convenzione.
Forse varrebbe la pena riprenderla per capire quanto sforzo hanno fatto i
legislatori del tempo per auspicare una società del domani dell’infanzia.
D. – Forse, uno dei problemi è proprio questo: queste Carte vengono scritte
ma poi vengono proprio poco lette ...
R. – Il nostro dovere è questo: diffondere sempre più la sensibilità nei
riguardi di queste problematiche ed essere operativi. Non solo avere la coscienza
a posto per averlo detto, ma intervenire per risolvere i problemi e fare in
modo che la società cambi rotta per cercare di riportarla in un alveo che possa
essere quello dell’assistenza continua e della garanzia di una vita tranquilla
del bambino: che viva la sua vita!
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L’UCRAINA DOMANI AL BIVIO TRA YANUKOVIC E
YUSHENKO:
SULLE PRESIDENZIALI L’OMBRA DI BROGLI E MINACCE
- Intervista con Fabrizio Dragosei -
Trentasette
milioni di ucraini sono chiamati domani al voto per eleggere il nuovo
presidente. Una scelta su due, dopo il primo turno di tre settimane fa: il
filorusso Viktor Yanukovic, attuale premier, erede designato del presidente Kuchma,
ed il capo dell’opposizione, Viktor Yùshenko, alla guida di una coalizione
composta da liberali e nazionalisti. Un voto ad alto rischio, come conferma la
presenza di oltre 3 mila osservatori internazionali. Le violenze e le pressioni
registrate nelle ultime settimane hanno portato alcuni di loro a definire il
ballottaggio di domani “una delle elezioni più sporche nella storia
dell'Ucraina”. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Fabrizio Dragosei, inviato a
Kiev del Corriere della Sera:
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R. – Le strutture del potere si
sono tutte mobilitate perché il voto vada nella maniera voluta. Ci sono
pressioni fortissime, ci sono intimidazioni sui giornali, sui mass media: tutte
le televisioni parlano solamente del primo ministro Yanikovic, quindi candidato
alla presidenza. In tutte le fabbriche, in tutte le scuole, chiunque abbia un
minimo di pressione sui sottoposti la sta esercitando perché il voto vada in un
certo modo. In più, viene utilizzata anche una norma che consente di votare in
una sezione diversa da quella in cui si è registrati ma che viene usata in
maniera fraudolenta per consentire ad alcune persone, in realtà, di votare due
volte. Tutto questo si calcola che potrebbe dare un buon dieci per cento dei
voti al candidato al potere, Yanukovic.
D. – Yushenko e i suoi uomini,
comunque, sembrano piuttosto preparati alla sfida di domani?
R. – Prima del primo turno, loro
immaginavano magari che non si arrivasse più in là di un certo punto, invece
così non è. Stanno ricorrendo a contromisure, una delle quali è quella di
mandare osservatori in tutti i seggi: avranno 80 mila osservatori che sono
organizzati questa volta con macchine fotografiche e con automobili per portare
le notizie al quartier generale. Faranno anche un conto separato dei voti. In
più, alcuni dei candidati che al primo turno non sono passati al ballottaggio e
che hanno avuto quindi pochissimi voti, voteranno per Yushenko. Tra questi,
appunto i socialisti. Non si sono pronunciati invece i comunisti per i quali,
probabilmente, si sa che alcuni elettori favoriranno Yanukovic.
D. – Centrodestra e
centrosinistra così come li intendiamo noi, sono categorie applicabili al
ballottaggio di domani in Ucraina?
R. – No, direi che non si
possono applicare categorie di destra e di sinistra. Qui ci sono due categorie
fondamentali: una è quella di Yushenko, del business più innovativo, degli
uomini d’affari, anche della gente che vuole legare l’Ucraina di più all’Occidente,
all’Europa in particolare. L’altra, invece, è quella del primo ministro e anche
del presidente uscente Kutchma, il fronte dei potentati che già esistono, degli
oligarchi, di quelli che hanno fatto i soldi con le grandi privatizzazioni dei
primi anni Novanta e che guardano più verso la Russia come naturale alleato.
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DOMANI, 21 NOVEMBRE, GIORNATA DELLE CLAUSTRALI.
MEMORIA LITURGICA DELLA PRESENTAZIONE DI MARIA
BAMBINA AL TEMPIO
- Intervista con madre Maria Sofia Cichetti -
Domani, 21 novembre, memoria
liturgica della Presentazione di Maria Bambina al Tempio, ricorre la Giornata
delle claustrali. La Chiesa vuole richiamare l’attenzione dei fedeli a queste
nostre sorelle che spendono la loro vita nella preghiera e nel lavoro silenzioso
e nascosto ed anche ai loro bisogni materiali. Il monastero voluto da Giovanni
Paolo II, dieci anni fa, in Vaticano, ospita attualmente le monache
benedettine, dopo le clarisse e le carmelitane. Ogni cinque anni, infatti, si
alternano, un diverso ramo di religiose contemplative. Le benedettine sono
arrivate il 7 ottobre scorso e le guida madre Maria Sofia Cicchetti che ascoltiamo
nell’intervista di Giovanni Peduto:
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R. – Le claustrali sono una
testimonianza del primato di Dio, sopra tutte le cose e le creature. Suscitata
dalla Provvidenza, la vita claustrale è per tutto il popolo cristiano un dono
fecondo e prezioso: essa annuncia e testimonia il Regno di Dio, a fianco e in
armonia con gli altri ministeri ecclesiali, deputati all’evangelizzazione e
alle molteplici espressioni della prassi pastorale. Le comunità
contemplative-claustrali hanno sempre contribuito grandemente, anche se
misteriosamente, alla difesa e alla diffusione del Vangelo, spandendo accanto
ai passi e alle fatiche apostoliche dei missionari il prezioso “incenso” della
preghiera, dell’intercessione, della penitenza amorosa e riparatrice.
D. – Oggi però in molti si
chiedono a cosa servono le claustrali per la società?
R. – Nell’attuale società,
pragmatica ed efficentista per la quale vale solo ciò che è utile a me, che mi
piace e mi soddisfa, la vita delle claustrali “non serve” a nulla. La loro
esistenza acquista senso e significato reale e pieno solo in un’ottica di fede
e di amore. Sono chiamate a riamare l’Amore infinito di Dio a nome di tutti gli
uomini, per la salvezza integrale di tutti i fratelli e sorelle nel mondo. Come
afferma la “Venite Seorsum”, è più prezioso davanti a Dio e di maggiore utilità
per la Chiesa e la società un briciolo d’amore puro, che tutte le altre opere
insieme.
D. – Come ha presentato le
claustrali Pio XII nella Costituzione apostolica “Sponsa Christi?”
R. – Sua Santità Pio XII le ha
presentate nella suddetta Costituzione Apostolica come “monache” contemplative,
che devono professare sempre e ovunque, come loro primo e principale fine, la
vita contemplativa, tanto di tutta la comunità quanto delle singole monache.
Sottolinea, poi, fortemente il carattere apostolico delle claustrali, che
invita a “sentirsi sempre completamente consacrate alle necessità della Chiesa
intera e di tutti i bisognosi …, pronte a tutto ciò che in qualche modo può
riguardare l’amore dello Sposo e la salvezza delle anime”. Ma tale apostolato claustrale deve attuarsi
in una maniera propria, specifica attraverso i tre mezzi dell’esempio di
perfezione cristiana, della preghiera fatta sia pubblicamente (Liturgia delle
Ore) sia privatamente. Si parla di immolazione per compiere generosamente “ciò
che manca alla passione di Cristo per il suo Corpo che è la Chiesa”. Il Santo
Padre dà rilievo anche al lavoro adeguato e proficuo per guadagnarsi onestamente
il pane per vivere
D. – Rispetto al passato, cosa è
cambiato nel modo di vivere per queste religiose?
R. – L’essenza della vita
claustrale non è cambiata, né può cambiare, perché radicata nel Santo Vangelo
di cui esprime il radicalismo e la totalità. Ma il modo di vivere tale tensione
spirituale è cambiato, nel senso che essa s’incarna concretamente nelle diverse
culture e nei diversi luoghi in cui i monasteri esistono e vivono. Vedi, per esempio,
i vari monasteri di diversi Ordini, nelle giovani Chiese, ove sono molto
desiderati e richiesti dai vescovi ordinari. Forse l’elemento più nuovo e bello
è un più profondo senso di famiglia nelle Comunità claustrali, una maniera più
semplice di relazionarsi delle consorelle tra loro e con i superiori, pur nel
necessario rispetto religioso, obbediente e fraterno. Poi forse il modo più
vivo e adeguato di celebrare la Santa Liturgia delle Ore e della Santa Messa.
Infine, ma importantissimo, un più vivo e profondo senso ecclesiale, di
sentirsi Chiesa, cellula viva nella Chiesa particolare della diocesi e in
quella universale. Nella Chiesa, per la Chiesa e con la Chiesa sempre.
D. –Quante sono le claustrali nel mondo?
R. – Esattamente non lo so. Ma
credo 50 mila. Comunque sempre un “grande esercito” d’amore universale. In
particolare le Clarisse sono 20 mila, le Carmelitane 12 mila e noi Benedettine
siamo 5 mila.
D. – E’ potente la preghiera per
le vicende umane?
R. – Noi claustrali siamo come
la mani alzate di Mosé sul mondo, mentre nella valle della vita quotidiana i
nostri fratelli e sorelle nel mondo e nella Chiesa combattono la buona
battaglia dell’esistenza e della fede. Insieme con la preghiera di lode, di adorazione,
di riparazione, quella d’intercessione molto viva e sentita dalle claustrali, e
da moltissime persone di ogni età e ceto sociale, è sempre più richiesta di
fronte ai problemi, alle prove, alle sofferenze fisiche e morali della
vita. Nella nostra clausura, accolta
come dono e scelta come libera risposta d’amore, ci sentiamo immerse nel mistero
eucaristico di Cristo Gesù. Ci offriamo con Gesù, per Gesù, in Gesù per la
salvezza del mondo intero. In questo speciale Anno Eucaristico, indetto
provvidenzialmente dal Santo Padre Giovanni Paolo II, vogliamo ravvivare più
profondamente il nostro modo di vivere la Pasqua di Cristo che, da esperienza
di morte, diventa gioioso annuncio della possibilità offerta ad ogni persona di
vivere unicamente per Dio, per Dio solo, in Cristo Gesù.
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L’IMPRESSIONISTA
ITALIANO, GIUSEPPE DE NITTIS,
PROTAGONISTA
DI UNA GRANDE MOSTRA ROMANA AL CHIOSTRO DEL BRAMANTE
- Con noi, Renato Miracco -
Una festa di colori: si presenta così all’occhio del visitatore la grande
mostra romana su “Giuseppe De Nittis. Impressionista italiano”. L’esposizione,
ospitata al Chiostro del Bramante fino al 27 febbraio prossimo, è la prima
rassegna antologica dopo quella di Barletta - sua terra natia - nel lontano
1934. Se dunque il nome di De Nittis è legato a quello della corrente
dell’Impressionismo, l’opera dell’artista pugliese non può, tuttavia, essere rinchiusa
in una categoria precisa, come spiega il curatore del mostra, Renato Miracco,
intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Non dobbiamo essere legati
a questo termine, “impressionismo”. L’impressionismo nasce e muore in Francia.
Se siamo impressionisti italiani, attribuiamo a questo termine “impressionista”
tutto un’altra serie di valenze aggiuntive e non riduttive rispetto
all’impressionismo. De Nittis, quando è impressionista o quando fa la prima
mostra con gli impressionisti, porta comunque un bagaglio enorme con sé – dei
macchiaioli, dello studio della luce, che è una cosa anche italiana – quindi,
aggiunge e porta una sua tradizione italiana in un contesto, in un troncone –
diciamo – francese.
D. – Il critico Vittorio Pica
soleva affermare che De Nittis “è capace di essere meridionale al Sud, francese
a Parigi e londinese a Londra”. Un artista estremamente versatile, dunque?
R. – Sicuramente. Era una persona
di una grandissima curiosità. La curiosità la vediamo anche nelle tecniche: va
dall’acquerello, all’olio, al carboncino, ai pastelli, in cui veramente è
antesignano e paritario rispetto a Degas. Cioè, Degas e De Nittis sono i due
che sicuramente prima di tutti gli altri hanno usato il pastello, in maniera
anche totalmente nuova. Perché il pastello va in auge? Perché gli olii di quel
periodo alcune volte ingialliscono – la famosa “Olimpia”, dopo dieci anni è
ingiallita. Quindi, i coloristi gettano sul mercato questi pastelli. E loro
sono i primi a farne uso, in assoluto, molto prima di altri impressionisti,
molto prima anche dei pittori italiani.
D. – C’è tra i tanti dipinti in
mostra al Chiostro del Bramante uno che secondo lei colpirà il pubblico più
degli altri?
R. – Il pubblico, naturalmente,
è legato a “Colazione in giardino”; a “Sull’amaca”, alla “Giornata invernale”
... Io, per esempio, sono molto legato a “Passa il treno” o a “In alto mare”,
laddove De Nittis, attraversando la Manica, fa dei quadri che sono molto simili
a Manet quando rappresenta la Steamboat, la prima nave a vapore che attraversava
la Manica ...
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Domani, 21 novembre, 34.
ma ed ultima domenica dell'Anno liturgico, la Chiesa celebra la Solennità
di Cristo Re. Il Vangelo ci mostra Cristo in Croce schernito dai capi del
popolo e dai soldati. Questi dicono: "Se tu sei il re dei giudei,
salva te stesso". Uno dei malfattori in croce accanto al Signore
invece gli dice: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo
regno". E Gesù risponde:
“In verità ti dico, oggi sarai
con me nel paradiso”.
Su questo brano
evangelico il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Dio ha fatto l’alleanza
con il suo popolo quando questo era un popolo di pastori. Più tardi gli ebrei,
vedendo i loro vicini formare regni stabili con re potenti, vollero anche loro
avere un re. Ma Dio con fatica voleva far comprendere un significato nuovo,
diverso di “re”: quello del re come testa. La testa è garante dell’unità e del
coordinamento armonico di tutto l’organismo. Gesù Cristo è la piena
manifestazione di questa regalità. La Sua Passione viene persino scandita sulla
falsariga dell’incoronazione del re. E’ un oggetto di obbrobrio, di umiliazione,
di disprezzo ma attraverso questa via Lui compie l’opera del vero re, cioè
l’unità universale. L’unità si compie con la rinuncia di se stessi: solo
l’amore può far affermare gli altri senza chiedere niente per sé. L’amore crea
l’unione di tutto, ma l’amore è libero. Perciò è nascosto dietro a scenari di
lacerazione, antagonismi e conflitti, dietro a tanto sangue versato e al sangue
di Cristo Re, nel quale è realizzata l’unità di tutto.
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20
novembre 2004
IN UNA LETTERA RIVOLTA A TUTTE LE SCUOLE
CATTOLICHE, IL VESCOVO DI HONG KONG PROPONE LA “RESISTENZA PASSIVA” CONTRO LA
LEGGE DEL GOVERNO CHE VUOLE IL CONTROLLO TOTALE SULL’EDUCAZIONE
HONG
KONG. = Il vescovo cattolico di Hong Kong, mons. Joseph Zen, ha condannato il
tentativo del governo di controllare tutte le scuole del territorio, comprese
quelle cattoliche. Lo ha fatto con una lettera inviata a tutti i responsabili
delle scuole cattoliche, nella quale critica la nuova legge sull’educazione
varata dal parlamento di Hong Kong lo scorso 8 luglio. Mons. Zen afferma che la
sua “intenzione” non è uno scontro col governo, ma il tentativo estremo di
“salvaguardare la tradizione cattolica nell’educazione”. Ad Hong Kong, la
libertà nel campo dell’educazione – ammonisce il presule - è messa in pericolo
dalle ultime leggi varate dal parlamento locale, ma in realtà suggerite da
Pechino. Il vescovo chiede a tutte le scuole di attuare una resistenza passiva
bloccando il varo di un nuovo organismo di controllo che l’esecutivo di Hong
Kong vuole imporre agli istituti. Il presule sollecita le scuole cattoliche
anche a stimolare un maggiore contatto fra famiglie, insegnanti e responsabili
dell’educazione. Nella lettera, il vescovo afferma che la legge “ha cambiato il
sistema educativo di Hong Kong, molto efficace in passato”. La legge - prosegue - ha demolito la collaborazione e
la relazione di fiducia fra i responsabili scolastici e il governo. Tale
cambiamento è avvenuto in modo “unilaterale, rivoluzionario e indiscriminato,
senza tener conto di alcuna sollecitazione dalla base”. La Chiesa cattolica ad
Hong Kong è responsabile per oltre 300 scuole, rinomate per la loro qualità.
Moltissime personalità della cultura, della politica, dell’economia, come anche
numerosi rappresentanti del movimento democratico, hanno ricevuto un’educazione
cattolica. (A.L.)
TROVARE NUOVE FORME DI ASSISTENZA ALL’INTERNO
DELLA COREA DEL NORD: E’ L’OBIETTIVO INDICATO DALLA RESPONSABILE DEI PROGETTI CARITAS
PER GLI AIUTI UMANITARI DELLA CHIESA CATTOLICA ALLA POPOLAZIONE NORDCOREANA
PYONGYANG. = La Corea del Nord
“riceve aiuti da 9 anni”, ma ora intende promuovere “una rete di sviluppo e di
sussistenza all’interno del Paese” che sostituisca gli interventi
internazionali volti ad affrontare situazioni di emergenza. E’ quanto dichiara
la responsabile dei progetti Caritas ad Hong Kong, Kathi Zellweger, che
coordina gli aiuti umanitari della Chiesa cattolica alla Corea del Nord. “I
rapporti fra la comunità internazionale e la Corea del Nord sono difficili, ma
la Caritas deve trovare delle forme creative per rinnovare la propria
presenza”, aggiunge la donna. “Il nostro aiuto – spiega – è fondamentale per la
sopravvivenza di molti bambini, donne e anziani”. Anche i funzionari del
governo di Pyongyang appoggiano l’operato dell’organizzazione, chiedendo una
sua maggiore presenza sul territorio.
“Il nostro impegno è apprezzato e la fiducia nei nostri confronti cresce giorno
dopo giorno”, precisa Zellweger sottolineando però come uno dei problemi maggiori
sia la carenza di cibo. Gli aiuti internazionali hanno attenuato, infatti, i
danni provocati dalle carestie ma il livello di malnutrizione resta elevato. In
questo difficile contesto, la Caritas è
impegnata soprattutto nell’opera di assistenza agli orfanotrofi. Gli aiuti sono
rivolti, in particolare, ai bambini malati, denutriti e portatori di handicap. Per
continuare a portare il proprio sostegno, l’organizzazione umanitaria ha
bisogno di 1,86 milioni di euro. Finora ne ha raccolti solo la metà. Caritas
Hong Kong è stata una delle prime organizzazioni non governative a promuovere
progetti a favore della popolazione nordcoreana. (A.L.)
MESSE COMMEMORATIVE, SEMINARI,
INCONTRI E DIVERSE INIZIATIVE OGGI
IN MOLTE CITTÀ DEL BRASILE PER LA “GIORNATA DELLA COSCIENZA
NERA”,
CHE RICORDA LA RIBELLIONE NEL XVII SECOLO
DI UNA
COLONIA DI SCHIAVI CONTRO I PORTOGHESI
BRASILIA.
= Si celebra oggi in tutto il Brasile “Il giorno della coscienza nera”, dedicato
alla memoria di Zumbi l’ultimo dei capi di una colonia di schiavi scappati nel
1600 dagli insediamenti portoghesi. Messe commemorative, seminari, conferenze,
ma anche proiezioni cinematografiche, spettacoli di danza e musica sono
previsti in numerose città del Paese, dove il 50 per cento della popolazione,
comprendendo meticci e mulatti, è costituito da persone di colore. “Questa
ricorrenza intende far riflettere su tutti gli esempi che Zumbi ha lasciato
alla sua gente e sul significato che ha avuto la sua colonia nella nostra
storia”, ha detto Abdias do Nascimento, personalità di spicco della comunità
afro-brasiliana. A Rio de Janeiro, i giovani neri scenderanno in strada per una
marcia contro la violenza razziale. Messe commemorative verranno celebrate
nelle chiese di ‘Nossa Senhora do Rosario’ e ‘São Benedito dos Homens Pretos’,
nel centro della città. A San Paolo il museo afro-brasiliano del ‘Parco di
Ibirapuera’ inaugurerà una mostra intitolata “Brasileiro, Brasileiros” nella
quale verranno esposte oltre 600 opere artistiche provenienti da diverse zone
del Paese. Tra queste anche le effigi degli indigeni e i carri allegorici che
ogni anno, dal 1824, sfilano il 2 giugno nelle strade di Salvador in ricordo
dell’uscita dal Paese degli ultimi portoghesi che si opponevano
all’indipendenza. A Vitoria, nello Stato di Espirito Santo, dopo una settimana
di incontri dedicati all’Africa e all’uguaglianza tra i popoli, si terrà una
manifestazione per la pace che terminerà con una festa arricchita da danze e
cibi africani. (A.L.)
IN 15 ANNI ALMENO 600 PERSONE MORTE NELLO STATO
DELL’ASSAM, IN INDIA,
IN SEGUITO
A CARICHE DI ELEFANTI. ENTI FORESTALI LOCALI ATTRIBUISCONO
QUESTI EPISODI AL DISBOSCAMENTO, CHE CANCELLA
I TRACCIATI DELLE PISTE UTILIZZATE DAGLI ANIMALI
NEI LORO SPOSTAMENTI
ASSAM.
= Gli elefanti dell’Assam, Stato nel nordest dell’India, sono diventati un pericolo
per la popolazione locale a causa delle opere di disboscamento realizzate dagli
uomini. Secondo stime di enti forestali locali, almeno 600 persone sono morte
negli ultimi 15 anni in seguito a cariche di elefanti. Il taglio degli alberi
spesso interrompe le importanti ‘piste’ sulle quali gli animali si spostano in
branco e il cui percorso è fissato nella loro memoria. A spingere i pachidermi
verso i villaggi sono anche la fame e la sete. Questi imponenti quadrupedi si
sono scoperti, infatti, ghiotti di birra di riso che i coltivatori delle
piantagioni di tè distillano artigianalmente e conservano nelle case. Gli
animali annusano la bevanda e fanno di tutto per appropriarsene, calpestando
chiunque cerchi di fermarli. L’Assam è la patria della più numerosa popolazione
di elefanti in India, circa 5000 esemplari, a lungo orgoglio della popolazione.
Per questo il governo ha vietato il loro trasferimento in altre aree del Paese
ma la rabbia dei cittadini sta crescendo e nel 2001 sono stati uccisi 19
elefanti. (A.L.)
ADDIO USERNAME E PASSWORD: IN FUTURO SOLO
L’IDENTIFICAZIONE DELLE
IMPRONTE DIGITALI O IL RICONOSCIMENTO DELL’IRIDE.
LO HA ANNUNCIATO
IL PRESIDENTE DI MICROSOFT, BILL GATES, INTERVENDO
AL ‘FUTURSHOW 3004’,
FIERA DELLE TECNOLOGIE DIGITALI E MULTIMEDIALI IN
CORSO A MILANO
MILANO. = Le password faranno presto parte della nostra storia. A
lanciare la crociata contro i codici alfa-numerici è il presidente di
Microsoft, Bill Gates, l’uomo che più di ogni altro
ha legato la propria fortuna all’accoppiata username e
password. A mandare in archivio “una tecnologia
ormai moribonda”, ha detto Gates a Milano, inaugurando il Futurshow,
saranno le smart card e la biometria, un sistema di identificazione
legato alle impronte digitali o al riconoscimento dell’iride, misure
ritenute più sicure e affidabili. In futuro non sarà, quindi, necessario
ricordare a memoria il codice pin del cellulare, quello del bancomat o della
carta di credito. La biometria, cioè l’utilizzo di tratti
distintivi del corpo umano quale voce, retina, riconoscimento facciale e
impronte digitali, non manderà in archivio solo le password. Già utilizzati in
alcuni aeroporti per motivi di sicurezza, questi sistemi si stanno diffondendo
rapidamente ad altre applicazioni. Nella Carolina del Sud, ad esempio, una
catena di supermercati ha adottato un sistema di pagamento che utilizza le
impronte digitali. I clienti, dopo aver fatto la spesa, possono pagare il conto
semplicemente passando il pollice su appositi scanner
sistemati alle casse. L’utilizzo di chip per motivi di sicurezza si sta
diffondendo anche negli ospedali: in Inghilterra,
già dal 2003, undicimila dipendenti del servizio sanitario nazionale utilizzano
l’impronta digitale per farsi riconoscere dal computer e accedere alle aree
riservate. Grazie alle biometrie il futuro appare, dunque, più facile e sicuro,
ma non mancano le perplessità sulla tutela della privacy. (A.L.)
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20 novembre 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Si
stringe il cerchio attorno a Mossul. L’esercito americano, dopo aver
conquistato il totale controllo di Falluja, si concentra ora sulla città settentrionale.
Ma le violenze nelle ultime ore non hanno risparmiato Baghdad. E mentre
spuntano nuove informazioni sulla sorte dei due giornalisti francesi, finiti
oltre tre mesi fa in mano alla guerriglia, il debito estero nei confronti
dell’Iraq potrebbe essere cancellato per l’80%. Il nostro servizio:
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Mossul
come Fallujah. L’esercito americano si concentra sulla città settentrionale
irachena, e lo fa spostando la propria potente e sofisticata macchina da
guerra. Ma la guerriglia non sembra farsi intimorire, e fa ritrovare in una
zona periferica della città i cadaveri di 9 uomini, probabilmente appartenenti
alle forze di sicurezza irachene, uccisi in quella che sembra essere una nuova
esecuzione di massa. L’altra roccaforte sunnita, Ramadi, è stata invece
letteralmente sigillata dalle truppe americane: bloccate tutte le vie di
accesso alla città. Ma violenti scontri sono tornati a divampare in mattinata
anche a Baghdad: un soldato americano ha perso la vita, altri 9 sono rimasti
feriti in un agguato. Sempre nella capitale una consulente del ministero dei
lavori pubblici iracheno e tre suoi dipendenti sono stati uccisi in un attacco
contro la loro auto. Non si ferma la strategia della tensione nemmeno sul
fronte dei rapimenti. Il gruppo guerrigliero iracheno dell'Esercito di Ansar
al-Sunna ha rivendicato oggi l'uccisione di due ostaggi curdi ed ha trasmesso
sul suo sito web le immagini della brutale esecuzione. Si riaccendono, invece,
le speranze di trovare in vita i 2 giornalisti francesi rapiti 3 mesi fa a
Latifyah; un camionista egiziano liberato la settimana scorsa in Iraq, ha detto
di essere stato tenuto prigioniero insieme ai due. L’uomo ha poi aggiunto che i
francesi erano ancora detenuti nello stesso luogo quando è stato liberato. Ma
ci sono novità anche dal punto di vista militare: l'esercito americano
potrebbe, infatti, inviare altre unità in Iraq prima delle elezioni di gennaio.
A renderlo noto il generale Lance Smith durante una conferenza stampa al
Pentagono. Buone notizie anche per il debito estero dell’Iraq. I principali
Paesi creditori hanno raggiunto un accordo per un'ampia cancellazione, fino
all'80 per cento. Lo ha detto oggi il ministro delle finanze tedesco Hans Eichel.
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E’ stato condannato a morte da una corte afghana Reza
Khan, il responsabile dell'assassinio della giornalista del Corriere della Sera
Maria Grazia Cutuli e di altri tre colleghi. L’assassinio avvenne il 19
novembre 2001. I quattro viaggiavano a bordo di un convoglio dalla città
orientale di Jalalabad quando vennero sequestrati da un gruppo di uomini
armati. L’accusato potrà ora fare ricorso contro la sentenza. Se la decisione dovesse
essere confermata anche in secondo grado, sarà impiccato.
Diciotto
poliziotti indiani sono rimasti uccisi in un attentato compiuto contro
l'autobus sul quale viaggiavano nello stato indiano settentrionale dell'Uttar
Pradesh. A riferirlo la polizia. Secondo una prima ricostruzione, il mezzo è
saltato su un ordigno posto sulla strada a Chakia, 100 chilometri ad est di
Varanasi. Nella zona, confinante con il Nepal, è molto forte la presenza di
guerriglieri maoisti, che sono stati subito indicati come i principali
sospettati dell'attentato.
Circa
dieci persone sono state uccise durante bombardamenti aerei sferrati
dall’esercito filippino contro presunte basi terroristiche dove sarebbe stata
in corso una riunione di militanti fondamentalisti islamici del gruppo di Abu
Sayyaf e della Jamaah Islamiyah. Lo hanno indicato fonti di sicurezza locali.
In Medio
Oriente continua il processo elettorale nell’ANP per le elezioni del 9 gennaio.
Shaul Mofaz, ministro della Difesa del governo israeliano, si è detto disposto
ad aiutare la democrazia palestinese, specificando che ''i palestinesi di
Gerusalemme est dovrebbero poter votare per il successore di Arafat''. Ed è invece
crisi diplomatica tra Egitto e Israele dopo l'uccisione di tre agenti della
polizia di frontiera egiziana: il ministro degli Esteri del Cairo, Ahmed Abul
Gheit, ha infatti sospeso il suo viaggio in Israele previsto per mercoledì
prossimo.
Tra
imponenti misure di sicurezza e preceduto da manifestazioni di protesta che
hanno portato all’arresto di oltre 200 persone, è giunto ieri a Santiago del
Cile il presidente americano George W. Bush. Il capo della Casa Bianca
partecipa al XII Vertice dell’APEC, la Comunità economica Asia-Pacifico, i cui
lavori si tengono oggi e domani. Da Santiago del Cile ci riferisce Maurizio
Salvi:
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Nei due
giorni di permanenza in Cile, il capo della Casa Bianca cercherà di risolvere
il problema che più gli sta a cuore in questo momento e che riguarda il
potenziale nucleare a fini militari della Corea del Nord. La sua idea è quella
di riprendere il dialogo a sei, che Pyongyang ha lasciato cadere negli ultimi
mesi e che coinvolge anche Cina, Giappone, Corea del Sud e Russia. In linea
generale, comunque, Bush cercherà di convincere i leader dell’APEC che il
processo di liberalizzazione commerciale implica l’applicazione di misure di
sicurezza efficaci e rese necessarie dallo sviluppo di un terrorismo che ormai
non ha più frontiere. Gli osservatori si attendono, fra l’altro, dal capo della
Casa Bianca decisioni che gli permettano di riconquistare il centro della scena
internazionale. Un luogo, questo, dove negli ultimi giorni si è collocato il
presidente cinese Hu Jintao, che ha annunciato investimenti
in America Latina per 100 miliardi di dollari, e dove aspira a collocarsi anche il russo Vladimir
Putin, che ha criticato ieri le aspirazioni egemoni statunitensi e chiesto a
Bush un confronto sull’Iraq.
Da
Santiago del Cile, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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Al via in Costa Rica il XIV Vertice Iberoamericano. Ad
inaugurare la prima sessione dei lavori il presidente Abel Pacheco, che ha
incentrato il suo discorso sul tema centrale del summit: “Educare base per il
Progresso”. Il presidente costaricano ha parlato della “necessità di aprire
nuove scuole, più laboratori di scienze, più centri di informatica ed
università”, sottolineando che “l’educazione è lo strumento migliore dei
governi per combattere la povertà e sviluppare il benessere”.
Grande
soddisfazione in Myanmar. C’è anche il leader del movimento studentesco Min Ko
Naing tra i 4 mila prigionieri rilasciati ieri dalla giunta militare birmana.
Ce ne parla Riccardo Cascioli:
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Non è
ancora chiaro quanti appartengono alla schiera dei 1.350 prigionieri politici
censiti da Amnesty International; sicuramente almeno una trentina sono
dirigenti e membri della Lega Nazionale per la Democrazia, il partito guidato
dal Premio Nobel per la Pace, Aun San Suu Kyi,
a sua volta ancora agli arresti domiciliari. Ciò che, invece, è chiaro è che la
decisione del presidente Than Shwe è una delle
conseguenze della purga decisa il mese scorso con la destituzione del primo
ministro Kin Yunt, cui è seguito lo smantellamento dell’Intelligence militare
che l’ex premier controllava.”I quattromila – ha spiegato il governo – sono
stati rilasciati proprio perché ingiustamente tenuti in carcere
dall’Intelligence militare”. Ma anche perché – aggiungiamo noi – tra meno di
due settimane si tiene il vertice dei Paesi del Sud-Est Asiatico, che pur
volendo Myanmar tra i suoi membri, hanno molte cose da chiarire con le autorità
di Yangoon. L’ex premier Kin Yunt, infatti, ad agosto aveva annunciato una road
map verso la democrazia e in ogni caso sembrava propenso verso un dialogo
con la leader democratica Aun San Suu Kyi.
Cosa, questa, che non sembra invece nelle intenzioni dell’uomo forte Than Shwe. Questa sorta di amnistia vorrebbe,
dunque, rasserenare il clima, ma indubbiamente ben altri passi dovranno essere
compiuti per ridare credibilità al regime militare.
Per la
Radio Vaticana, Riccardo Cascioli.
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Sono
ufficiali i risultati delle elezioni presidenziali in Namibia. Con il 77,4% dei
voti, il candidato del partito di governo, Pohamba sarà il nuovo presidente del
Paese africano al posto di Sam Nujoma, alla guida del governo dal 1990. Il passaggio
ufficiale di potere avverrà a marzo 2005.
L’Antitrust
italiana ha multato la Telecom Italia per 152 milioni di Euro. La società di
telecomunicazioni, secondo l'Autorità, ha abusato della sua posizione dominante
nelle offerte alla clientela e nella gara Consip del 2002 per servizi di
telefonia alla pubblica amministrazione. Si tratta della più alta sanzione
pecuniaria mai comminata ad un unico operatore. Dal canto suo, la Telecom ha
reso noto che ricorrerà al TAR, il Tribunale Amministrativo Regionale, poiché
certa della legittimità delle sue posizioni.
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