RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 323 - Testo della trasmissione di giovedì 18 novembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Musulmani, ebrei e cristiani si uniscano per lanciare un appello all’umanità perché cessi nel mondo la violenza omicida. E’ l’accorato invito del Papa rivolto stamane durante l’udienza ai leader religiosi dell’Azerbaigian: “Nessuno – ha detto Giovanni Paolo II - ha il diritto di presentare o usare le religioni come strumento di intolleranza, aggressione e morte”

 

Al via oggi in Vaticano la plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia sul tema: “La missione delle coppie mature verso i fidanzati”: ai nostri microfoni, il cardinale Alfonso Lopez Trujillo e mons. Francesco Di Felice

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Sudan verso la pace: domani la firma di una prima intesa a Nairobi, patrocinata dall’ONU. Ce ne parla Sergio Cecchini

 

Rafforzare il dialogo tra Europa ed Africa: è l’obiettivo dei vescovi dei due continenti, riuniti nei giorni scorsi a Roma per un simposio sul tema “Comunione e solidarietà tra l’Africa e l’Europa”. Ai nostri microfoni, il cardinale Roberto Tucci

 

Consegnati questa mattina dal presidente della Repubblica i Premi Balzan 2004: quello speciale per l’umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli assegnato alla Comunità di Sant’Egidio. Con noi, Bruno Bottai, Paolo Matthiae e Mario Marazziti

 

Ai nostri microfoni il cardinale Camillo Ruini e la scrittrice Susanna Tamaro che hanno aperto ieri a Roma una nuova iniziativa nell’ambito del progetto culturale della Chiesa italiana

 

Il cardinale Walter Kasper celebrerà questo pomeriggio una messa per la memoria liturgica della dedicazione della patriarcale Basilica di San Paolo fuori le Mura nel 150.mo anno dall’ultima ricostruzione. Intervista con padre Edmund Power

 

La “Carta dei valori” delle Scuole materne in discussione durante il IX Congresso nazionale della Federazione Italiana Scuole Materne (FISM): intervista con Luigi Morgano

 

CHIESA E SOCIETA’:

I leader delle Chiese in Ucraina esortano gli elettori ad un ulteriore passo della società verso la democratizzazione in occasione delle presidenziali il prossimo 21 novembre

 

I 29 vescovi del Kenya hanno firmato un documento contro la legalizzazione dell’aborto nel Paese

 

I monaci buddisti boicottano il prossimo Congresso internazionale buddista per protestare contro il regime del Myanmar che li reprime in maniera sistematica

 

Forte denuncia della coalizione “Stop all’uso dei bambini soldato!” nel suo Rapporto globale presentato ieri

 

Il 2005 proclamato dell’ONU Anno internazionale del microcredito

 

Iniziata ieri pomeriggio alla Gregoriana, con una prolusione del cardinale Carlo Maria Martini, un simposio di tre giorni per i cento anni della nascita del teologo canadese Bernard Lonergan.

 

24 ORE NEL MONDO:

La protesta dell'Egitto contro Israele per l'uccisione accidentale di tre  poliziotti egiziani al confine con la striscia di Gaza

 

Circa 60 poliziotti iracheni rapiti e almeno quattro persone uccise in Iraq.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 novembre 2004

 

 

MUSULMANI, EBREI E CRISTIANI UNITI PER LANCIARE ALL’UMANITÀ UN APPELLO CONTRO LA VIOLENZA OMICIDA: QUESTA LA VIA DELLE RELIGIONI INDICATA STAMANE DAL PAPA, RICEVENDO I LEADER RELIGIOSI DELL’AZERBAIGIAN

 

Musulmani, ebrei e cristiani si uniscano per lanciare un appello all’umanità perché cessi nel mondo la violenza omicida. E’ l’accorato invito di Giovanni Paolo II rivolto stamane durante l’udienza ai leader religiosi dell’Azerbaigian: il capo della Presidenza dei Musulmani del Caucaso, Allahurkur Pashazade, Sheikh-ul-Islam, il vescovo ortodosso russo, Aleksandr, di Baku e della Regione del Caspio, e il capo della antica Comunità degli Ebrei della Montagna. La delegazione è giunta in Vaticano – come ha spiegato il portavoce della Santa Sede Navarro-Valls – per restituire la visita compiuta da Giovanni Paolo II, nel maggio del 2002, in Azerbaigian, dove esiste una minoranza di circa 300 cattolici. Ascoltiamo il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Questa vostra visita al Papa di Roma sia come un simbolo per il mondo: mostri cioè che la tolleranza è possibile, e costituisce un valore di civiltà, che pone le premesse per un più ampio e solidale sviluppo umano, civile e sociale”: cosi Giovanni Paolo II accogliendo fraternamente i tre leader religiosi dell’Azerbaigian, Repubblica ex sovietica, indipendente dal 1991, a stragrande maggioranza islamica afflitta per nove anni da un sanguinoso conflitto, che l’ha opposta alla confinante Repubblica Armena per il controllo della regione del Nagorno-Karabagh, abitata in prevalenza da armeni. Conflitto poi sanato nel ’97 con il riconoscimento di un’ampia autonomia a questa regione contesa con le armi.

 

Auspico – ha detto stamane il Papa - che in questo Paese ora “ritorni in pienezza la pace”, perché “questa come altre contese, vanno affrontate con buona volontà, nella mutua ricerca di aperture reciproche e di comprensione, e con spirito di vera riconciliazione”. “Nessuno – ha aggiunto il Santo Padre - ha il diritto di presentare o usare le religioni come strumento di intolleranza, come mezzo di aggressione, di violenza e di morte. Al contrario, la loro amicizia e stima reciproca, se è anche sostenuta dall’impegno di tolleranza dei Governanti, costituisce una ricca risorsa di autentico progresso e di pace”.

 

Insieme dunque “musulmani, ebrei e cristiani” – ha sollecitato Giovanni Paolo II – vogliamo rivolgere in nome di Dio e della civiltà, un appello all'umanità perché cessi la violenza omicida e si percorra la via dell’amore e della giustizia per tutti. Questa è la via delle religioni”, da “percorrere con perseveranza e pazienza”. Da parte loro i leader religiosi hanno riconfermato al Papa il costante impegno a promuovere la convivenza pacifica fra le diverse confessioni in Azerbaigian, dove la tolleranza religiosa costituisce il cardine della vita del Paese.

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ALTRE UDIENZE

 

Il Papa nel corso della mattina ha ricevuto in successive udienze il cardinale Bernard Agré, arcivescovo di Abidjan in Costa d'Avorio; l’arcivescovo Alfio Rapisarda, nunzio apostolico in Portogallo; il reverendo canonico John Peterson, segretario generale della Comunione Anglicana a Londra, e direttore dell’Anglican Communion Office; e infine il signor Kazys Lozoraitis, ambasciatore di Lituania, in visita di congedo.

 

 

AL VIA OGGI IN VATICANO LA 16.MA ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA SUL TEMA:

“LA MISSIONE DELLE COPPIE MATURE VERSO I FIDANZATI”

- Con noi, il cardinale Alfonso López Trujillo e mons. Francesco Di Felice -

 

Si è aperta stamani, nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano, la 16.ma assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia. L’incontro, che si concluderà sabato prossimo, è incentrato sul tema “La missione delle coppie mature e sperimentate verso i fidanzati e le coppie giovani”. Nella plenaria ci sarà anche spazio per la riflessione sul documento in preparazione su “Famiglia e Procreazione”. Ad aprire la riunione è stato il cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del dicastero vaticano, che – al microfono di Giovanni Peduto – sottolinea i punti chiave della sua prolusione:

 

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Ho sottolineato che oggi la famiglia subisce una certa ostilità. E questo lo riscontriamo in parecchi progetti di legge, in diversi Parlamenti nel mondo. La famiglia subisce dei colpi culturali assai forti. La famiglia non è una questione soltanto – per così dire – confessionale o soltanto cattolica. E’ un problema umano. Ho sottolineato questo aspetto: se svuotiamo la famiglia e la famiglia è quindi privata dei valori fondamentali è la società stessa che si impoverisce, diventa disumana ed i suoi figli ne sono le vittime. E anche gli sposi subiscono le conseguenze di un ambiente ostile.

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Le dinamiche della vita affettiva e della sfera psicologica delle coppie giovani riceveranno una particolare attenzione nella tre giorni di lavori in Vaticano. Ma è possibile offrire dei consigli utili a chi si sta per sposare? Risponde mons. Francesco Di Felice, sotto segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – Noi puntiamo su un lato umano e su un lato soprannaturale. Il lato umano è quello rappresentato da una buona preparazione durante il fidanzamento solidificando l’intesa, la simpatia, il rispetto e anche quel saper sopportare e tollerare le diversità di carattere. E quella forma di amicizia umana che deve sempre essere tenuta presente. C’è poi l’aspetto soprannaturale, perché le difficoltà sorgeranno sempre ma c’è sempre l’aiuto di Dio e quindi la famiglia vista come santuario della vita, come culla dell’amore; l’aiuto di Dio li sostiene nei momenti più difficili. Importante poi anche il ricorso alla vita sacramentale e quindi alla vita della preghiera. Noi consigliamo di pregare: il Santo Padre ha parlato anche, nell’Anno del Rosario, dell’importanza del Rosario nell’ambito della famiglia, quando si mettono cioè i cuori insieme e quando si eleva il pensiero al Signore. Tutto allora acquista un significato superiore e nell’altro si riesce a vedere proprio l’immagine di Dio. Le cose, quindi, cambiano in quanto noi ci svuotiamo di quell’egoismo per farci partecipi anche delle motivazioni, delle realtà e dei bisogni dell’altro.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’“incontro-simbolo” di Giovanni Paolo II con i capi religiosi dell’Azerbaigian.

Un incontro che mostra al mondo che la tolleranza è possibile e costituisce un valore di civiltà.

Nell’occasione il Papa ha detto: “Insieme, musulmani, ebrei e cristiani vogliamo rivolgere in nome di Dio e della civiltà un appello all’umanità: cessi la violenza omicida”.

Sempre in prima, la drammatica realtà dei bambini soldato: continuano i reclutamenti di eserciti e gruppi armati. L’infanzia è costretta a fare la guerra ancora in troppi Paesi del mondo.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alla figura dell’eroico vescovo Anton Vovk (morto nel 1962), duramente perseguitato perché fedele alla Chiesa e al Papa.

 

Nelle estere, in Iraq persistono i sanguinosi atti di violenza. Sempre più acuto lo sdegno per il barbaro assassinio dell’operatrice umanitaria Margaret Hassan. 

 

Nella pagina culturale, un articolo di Armando Rigobello dal titolo “Si possono conciliare metodo e creatività?”: in margine al convegno dell’Accademia di Studi Italo-Tedeschi di Merano.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del fisco.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 novembre 2004

 

L’IMPEGNO DELL’ONU PER RISOLVERE LE EMERGENZE DEL SUD SUDAN E DEL DARFUR. RIUNITO IL CONSIGLIO DI SICUREZZA A NAIROBI

- Intervista con Sergio Cecchini -

 

Si è aperta stamani a Nairobi, in Kenya, la sessione straordinaria di due giorni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulle emergenze in Sudan, nel sud e nel Darfur. Le speranze di una conclusione positiva dell’incontro sono state espresse dal Segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan: “E’ essenziale raggiungere a breve un accordo di pace – ha detto Annan – che ponga fine alla guerra nel sud del Sudan, anche per impedire che la guerra si estenda ad altre zone del Paese, com’è successo con il conflitto interetnico nel Darfur”.

 

 Hanno fatto eco alle parole di Annan l’annuncio del leader dei ribelli indipendentisti del sud, John Garang, e del rappresentante del governo circa la prossima firma di un memorandum di intesa, che impegna guerriglia e governo di Karthoum a concludere un’intesa di pace entro l’anno; un evento che porrebbe fine all’ultraventennale conflitto tra nord e sud, che ha provocato circa due milioni di morti. Ma quali reali speranze ci sono per una conclusione positiva del vertice ONU di Nairobi? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Sergio Cecchini di Medici Senza Frontiere, rientrato da poco dal Sudan:

 

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R. – Ha detto in maniera molto semplice che “dalle parole si passa ai fatti”. Ultimamente si sono rincorse diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, diversi impegni sia da parte del governo sudanese, sia da parte della comunità internazionale. Ma quello che ci raccontano le nostre équipe sul terreno è che la situazione non è migliorata, anzi è peggiorata negli ultimi mesi: sono aumentati gli attacchi, sono aumentate le violenze contro i civili del Darfur, ma anche contro gli operatori umanitari. Aumentano anche i casi di stupro, segno evidente che ci troviamo solo davanti alla punta di un iceberg.

 

D. – Se il Consiglio di Sicurezza dovesse ritenere un rischio per la pace internazionale sia la situazione nel sud Sudan e soprattutto quella in Darfur, ci sarebbe la possibilità di un intervento umanitario più a largo raggio. Medici senza Frontiere come si sta organizzando?

 

R. – Medici senza Frontiere è presente in 26 località con 260 operatori internazionali e più di 2 mila collaboratori locali. L’intervento in Darfur rappresenta in questo momento il nostro maggiore intervento in tutto il mondo. Per noi lo sforzo è massimo, ma ci rendiamo conto che è insufficiente per soddisfare le esigenze di un milione e mezzo di sfollati presenti in Darfur. Ci auguriamo veramente che però siano facilitate e siano migliorate e garantite le condizioni per portare un soccorso umanitario a queste persone e finora ciò ancora non è possibile.

 

D. – Ritenete che situazione umanitaria e situazione politica vadano di pari passo? Cioè risolvendo politicamente queste questioni poi si possa veramente far qualcosa per la popolazione civile?

 

R. – Vanno distinte a nostro avviso le due agende. L’agenda del soccorso umanitario è un’agenda che si basa sulla rapidità dell’intervento e della presenza sul terreno. L’agenda politica segue altri tempi e altre procedure. Più volte abbiamo visto che sono due tipi di agende che non si conciliano. Per noi la priorità è l’agenda umanitaria e far sì che l’aiuto umanitario sia oggi presente in quantità e in qualità sufficienti per soddisfare la popolazione civile.

 

D. – Il leader dei ribelli del sud Sudan, John Garang, ha annunciato l’imminente firma dell’accordo. C’è da sperare che sia un’intesa vera a tutti gli effetti, dato che in passato più volte si era parlato di pace nella regione?

 

R. – Sicuramente se in Sudan si riuscisse ad aprire una nuova era di stabilità e di cessazione dei conflitti sarebbe un ottimo risultato soprattutto per la popolazione civile sudanese. Purtroppo al momento restano i trattati, restano le firme politiche, l’emergenza umanitaria sul terreno continua.

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RAFFORZARE IL DIALOGO TRA EUROPA ED AFRICA:

E’ L’OBIETTIVO DEI VESCOVI DEI DUE CONTINENTI,

RIUNITI NEI GIORNI SCORSI A ROMA PER UN SIMPOSIO

 SUL TEMA “COMUNIONE E SOLIDARIETA’ TRA L’AFRICA E L’EUROPA”

- Ai nostri microfoni il cardinale Roberto Tucci -

 

Favorire il “dialogo tra la cultura e la mentalità europea e quella africana”. E’ la viva esortazione rivolta dal Papa – lo scorso 13 novembre – ai partecipanti al Simposio dei Vescovi d'Africa ed Europa. Un incontro ricco di spunti, incentrato sul tema “Comunione e solidarietà tra l’Africa e l’Europa”. Nell’udienza in Vaticano, il Pontefice ha inoltre colto l’occasione per annunciare l’intenzione di convocare una seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Ma torniamo al significato del simposio tra i presuli dei due continenti con la riflessione del cardinale Roberto Tucci, raccolta da Rosario Tronnolone:

 

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R. – Credo che l’obiettivo sia principalmente di suscitare maggiore interesse presso i vescovi europei per i grandi problemi dell’Africa. Temi per i quali il Santo Padre ha mostrato sempre una grande attenzione. Basti pensare ai viaggi del Papa. Credo che il continente africano sia quello più visitato da Giovanni Paolo II.

 

D. – Il Papa ha rivolto un discorso ai partecipanti a questo Simposio dei vescovi di Africa ed Europa. Quali sono, secondo lei, i punti più essenziali?

 

R. – Il Papa ha sottolineato l’importanza della spiritualità di comunione, della solidarietà: la comprensione tra le varie culture, la cultura africana e la cultura europea. Si è anche rallegrato che ci fosse questo sforzo di comprensione reciproca.

 

D. – Tra l’altro il Simposio ha anche espresso un comunicato. Quali sono le linee principali?

 

R. – I vescovi africani hanno espresso le loro preoccupazioni di carattere umanitario, di carattere politico, di carattere sociale, ai vescovi dell’Europa. Questo affinché i vescovi che rappresentano l’episcopato europeo si preoccupino di dare una mano all’Africa.

 

D. – Sono forse in particolare due le regioni dove la situazione è più grave…

 

R. – Ce ne sono tante. Oggi emerge il problema della Costa d’Avorio, anche perché lì c’è uno scontro tra un Paese europeo, la Francia, e certe fazioni di un Paese africano. Certo dispiace vedere questo Paese nella situazione in cui si trova, quando – ricordo - nelle tre visite del Papa compiute in Costa d’Avorio, c’era un Paese pacifico, tra i migliori anche dal punto di vista politico e sociale. I fatti dell’Iraq fanno in modo che i problemi dell’Africa vengano ogni tanto a galla, ma poco. Si dimenticano tragedie umanitarie quali quella del Sudan. Adesso c’è il grosso problema del Darfur. Si parla di genocidio, come si parla anche di una gravissima situazione umanitaria nel nord dell’Uganda. Sì, sono state fatte delle dichiarazioni: Powell, per esempio, parlò di genocidio per quanto riguarda il Sudan. Però cosa viene fatto? Cosa fa l’Europa?

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ASSEGNATI STAMANE A ROMA, PRESSO L’ACCADEMIA DEI LINCEI,

I PREMI BALZAN 2004: TRA I VINCITORI LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

- Ai nostri microfoni Bruno Bottai, Paolo Matthiae e Mario Marazziti -

 

E’ stato il presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi, come tradizione, a consegnare questa mattina, presso l’Accademia dei Lincei, i Premi Balzan 2004 tra cui quello speciale per l’umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli assegnato alla Comunità di Sant’Egidio. A ciascun premiato un milione di franchi svizzeri, di cui metà sarà devoluto dai candidati stessi all’attività di ricerca in campo scientifico e umanistico. Il servizio di Gabriella Ceraso:

 

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Da oltre 40 anni la Fondazione Balzan promuove la cultura, le scienze e le più meritevoli iniziative di pace. Sulla scia dei Nobel, di cui intende essere un complemento, ogni anno premia  quattro studiosi di prestigio senza distinzione di nazionalità, razza e religione. Archeologia preistorica, storia dell’islam, matematica e epidemiologia, le materie del 2004, diverse eppure vicine, come spiega Bruno Bottai, presidente della Fondazione:

 

“Mi pare che ci sia un tratto di unione, cioè non credo che si sia capito bene quanto grande è l’impegno intellettuale, culturale di ciascuno di loro. Quando siamo a quei livelli è molto difficile distinguere tra le varie materie”.

 

Per avere arricchito i domini della matematica, la conoscenza del mondo musulmano, le ricerche sui legami tra status sociale e salute pubblica e per un nuovo approccio all’archeologia preistorica sono stati premiati un belga, una statunitense e due britannici: ma i meriti non sono solo scientifici. Paolo Matthiae, membro della Commissione Premi:

 

“Quello che il Comitato Premi considera sia nella scelta delle discipline, sia nella valutazione dei candidati è in primo luogo il rilievo scientifico dell’opera di questi studiosi; in secondo luogo l’impatto che l’opera scientifica ha avuto in una sfera non ristretta specialistica. Il terzo è quello degli aspetti assolutamente etici”.

 

Ai premi annuali, quest’anno si è aggiunto anche il Premio speciale per l’umanità, la pace e la fratellanza tra popoli, che fu tra gli altri di Madre Teresa e di Papa Giovanni XXIII, assegnato alla Comunità di Sant’Egidio per il programma Dream progetto di lotta all’AIDS e alla malnutrizione in Mozambico. Grazie a Dream 5 mila persone usufruiscono della terapia completa e più di 30 mila sono sotto osservazione. Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio:

 

R. - Grazie a Dream 97 bambini su 100 nascono senza il virus da madri sieropositive perché la madre è coperta con l’intera terapia e con un unico farmaco, come si fa in altri Paesi dell’Africa. Con il Premio Balzan noi avvieremo il programma in Guinea Conakry, che è uno dei Paesi più poveri del mondo.

 

D. - Ma Dream non significa solo cura medica:

 

R. - Da quando esiste la terapia, tutti vogliono sapere. Tanti hanno ripreso a lavorare, ma soprattutto chi sta meglio, chi guarisce diventa un testimonial vivente della speranza.

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IL CARDINALE CAMILLO RUINI E LA SCRITTRICE SUSANNA TAMARO

HANNO APERTO IERI “VIAM SCIRE”, INIZIATIVA INSERITA NELL’AMBITO

 DEL PROGETTO CULTURALE DELLA CHIESA ITALIANA

- Interviste con il cardinale Camillo Ruini e la scrittrice Susanna Tamaro -

 

Con gli interventi del vicario del Papa per la diocesi di Roma, cardinale Camillo Ruini, e della scrittrice Susanna Tamaro è stato inaugurato ieri a Roma, nel Palazzo Lateranense, l’itinerario “Viam Scire”. Sui contenuti di questo percorso culturale ci riferisce Amedeo Lomonaco:

 

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“Viam Scire”, iniziativa inserita nell’ambito del Progetto culturale della Chiesa italiana, ha una durata triennale ed affronta ogni anno sei differenti temi scelti nelle aree tematiche: “Via”, i sentieri sui quali la visione cattolica del mondo si incrocia con i campi della cultura e dell'esperienza umana; “Verità”, la visione cattolica del mondo e della vita in dialogo aperto con molteplici posizioni; “Vita”, le forme della civiltà, il riferimento morale e la responsabilità etica, gli ambiti in cui l’esistenza interroga la fede. In occasione della presentazione di questo itinerario il cardinale Ruini ha tracciato un bilancio sul Progetto culturale, istituito nel 1994. Ascoltiamo il porporato:

 

R. – Il Progetto culturale è un tentativo di rendere la Chiesa italiana più consapevole dell’importanza e del rapporto tra fede e cultura ed anche delle responsabilità nell’evangelizzare la cultura e nell’incarnare la fede nella cultura. Credo che in questi anni sia stato fatto un certo cammino. Questa idea è penetrata certamente tra i vescovi ed anche tra molti responsabili di associazioni ecclesiastiche e di comunità religiose. Il Progetto non ha fatto ancora breccia, invece, nel largo pubblico. Queste problematiche affiorano quando, ad esempio, ci si pone l’interrogativo sull’identità religiosa e culturale del popolo italiano nell’attuale contesto storico, di fronte alla presenza dell’Islam e così via. Allora ci si interroga sulle nostre radici.

 

Successivamente, la scrittrice Susanna Tamaro ha sottolineato come nonostante “l’erosione in Italia della tradizione cattolica e cristiana, esistano nel campo delle arti e dei mass media spazi da utilizzare”. “Il richiamo etico del Vangelo può ancora far sentire il proprio peso”, ha aggiunto la scrittrice evidenziando come sia necessario riscoprire, nell’attuale contesto culturale offuscato da una massiccia diffusione di prodotti mediatici mediocri, la bellezza di valori autentici. Su questa esigenza, ascoltiamo proprio Susanna Tamaro:

 

R. - Incontro tante persone che desiderano un mondo diverso e sono pronte a farlo. Solo che la voce non si sente. Dovremmo fare uno sciopero delle persone indignate.

 

D. – E trovare nelle piccole cose la grandezza dell’universo… Scoprire dalle gocce la bellezza del mare?

 

R. – E’ necessario favorire la possibilità di crescere, creando un progetto che porti l’uomo al suo compimento nella redenzione.

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IL CARDINALE WALTER KASPER CELEBRERÀ QUESTO POMERIGGIO

UNA MESSA PER LA MEMORIA LITURGICA DELLA DEDICAZIONE

DELLA PATRIARCALE BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA

NEL 150.MO ANNO DALL’ULTIMA RICOSTRUZIONE.

- Servizio di Marco Cardinali -

 

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Dopo il martirio avvenuto nella zona delle Acque Salvie, il corpo dell’apostolo Paolo fu sepolto in un’area cimiteriale sulla via Ostiense chiamata “Predio Lucinae”. In quel luogo venne eretto un edificio commemorativo, simile a quello costruito sulla tomba di San Pietro; i due edifici nei primordi vennero chiamati “I trofei degli apostoli”. Non appena Costantino liberò la religione cristiana dalla clandestinità, fu l’imperatore stesso a trasformare i due “trofei” in basiliche. Quella di San Paolo venne consacrata il 18 novembre 324 da Papa Silvestro.

 

Nel 1115 avvenne un grave incendio e Papa Innocenzo II dovette far costruire nuovamente una parete e delle colonne nel transetto per sostenere il tetto pericolante. Ma un altro incendio, nella notte tra il 15 e 16 luglio 1823, distrusse quasi totalmente l’insigne costruzione sul luogo della sepoltura dell’Apostolo delle Genti. Leone XII diede subito avvio ai lavori per la terza ricostruzione della basilica, lavori che si protrassero per circa un secolo. La nuova basilica fu consacrata da Pio IX il 10 dicembre 1854, con la partecipazione di molti cardinali e vescovi venuti a Roma per la definizione del Dogma dell’Immacolata Concezione.

 

La cura del luogo di culto, l’onere e l’onore di cantare le lodi divine sulla tomba di Paolo fu, praticamente, affidato dalle origini a comunità monastiche che, fin dal 300 circa, sono state benedettine, ininterrottamente fino ai nostri giorni. Oggi pomeriggio alle 17.00 il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, presiederà nella basilica una celebrazione Eucaristica in ricordo dell’anniversario, con l’intenzione di sottolineare il lavoro che la comunità monastica benedettina vuole svolgere, ancora più incisivamente, in favore dell’unità dei cristiani. A tale proposito abbiamo intervistato il Superiore della comunità monastica di San Paolo fuori le mura, il Priore padre Edmund Power:

 

R. – Io vedo San Paolo, Apostolo delle Genti, in un certo senso come l’apostolo di tutti questi anni. E’ vero che anche gli altri apostoli hanno predicato il Vangelo, ma in un senso particolare, Paolo è uscito dalla sua famiglia religiosa, quella degli ebrei, ed è andato nel mondo. Possiamo ricordare che Pietro era per gli ebrei, Paolo per le genti. E questo aspetto di apertura verso un mondo più ampio, è un aspetto che noi vediamo fortemente nell’esempio di San Paolo. Poi, anche, negli ultimi anni, ogni 25 gennaio, quando ricorre la festa della conversione di San Paolo apostolo, c’è sempre una grande celebrazione, qui, in Basilica: i vespri ecumenici, normalmente presieduti dal Santo Padre, e al quale sono invitati anche tanti ospiti ecumenici. Ho ascoltato con attenzione quanto recentemente ha detto il Papa su questo tema: egli è sempre molto incoraggiante in questa direzione ecumenica. Veramente, noi vogliamo – seguendo il nostro apostolo – servire la causa dell’unità dei cristiani, in questa basilica. Qui si cerca Dio. Ho visitato tutte le basiliche; ogni basilica ha il suo tenore particolare. Ma qui, “fuori le mura”, non siamo al centro della città, questo luogo è forse un po’ più ...“contemplativo”, un po’ più sereno, un po’ più tranquillo, dove la gente che viene può trovare una pace, un senso della presenza di Dio, un aiuto per la loro propria ricerca.

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UNA “CARTA DEI VALORI” PER LE SCUOLE MATERNE:

ALL’ESAME DEL CONGRESSO DELLA FISM, APERTO IERI A ROMA

- Intervista con Luigi Morgano -

 

La scuola come luogo di tutti e per tutti dove la diversità diventa valore; la scuola come ambiente dove vengono vissute la tolleranza, la solidarietà, la pace, lo spirito di carità, l’amore per il prossimo. Questi alcuni dei punti della “Carta dei Valori” delle scuole materne in discussione durante il IX Congresso nazionale della Federazione Italiana Scuole Materne (FISM), aperto ieri a Roma. I partecipanti al congresso, che hanno ricevuto il saluto del Papa all’Udienza Generale del mercoledì, continueranno i propri lavori fino a sabato. Ma quali sono le novità previste da questo documento? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Luigi Morgano, segretario nazionale della FISM:

 

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R. – Lo sforzo è quello di una attualizzazione rispetto alle domande di tipo educativo, di tipo pedagogico, di tipo sociale, che oggi vengono rivolte alla scuola, ovviamente mantenendo fino in fondo la nostra identità. Tra le questioni di cui dibatteremo a lungo c’è sicuramente il tema del rapporto tra educazione e interculturalità, che caratterizza ovviamente anche contesti importanti di vita di tante realtà del nostro Paese. E segnalo che una parte rilevante di bambini che frequentano le nostre scuole, figli di genitori cosiddetti extra comunitari - dalla terminologia ormai entrata in vigore - e di religione musulmana, scelgono le nostre scuole. C’è la sfida dell’educazione a costruire questo cittadino europeo, che evidentemente parte anche dalla scuola dell’infanzia.

 

D. – Spesso si parla di valori, senza nominarli. Pertanto potrebbe specificare i valori cristiani ai quali si fa riferimento in questo caso?

 

R. – Più che parlare di valori, bisogna parlare e praticare oggi delle virtù, cioè oltre ad indicare grandi temi e grandi riferimenti, oggi il problema è quello di far sì che questi diventino una pratica quotidiana. Affermare la centralità del bambino nell’ambito dell’educazione significa riconoscere che il bambino è valore, cioè è attorno a lui che vanno funzionalizzate altre esigenze, che pur sono legittime, ma sono di tipo sociale e comunque vengono dopo le esigenze del bambino stesso.

 

D. – Quali possono essere, concretamente, i cambiamenti a livello organizzativo nella scuola?

 

R. – Lo sforzo che la nostra Federazione ha compiuto e sta compiendo è legato ad una formazione ulteriore, quindi, ad un aggiornamento continuo delle coordinatrici delle nostre scuole e, unitamente a loro, del personale insegnante in particolare. Perché? Perché queste novità comportano da un lato un’acquisizione di nuove conoscenze, ma soprattutto la capacità poi di tradurre queste conoscenze nell’attività quotidiana. Quindi, questa Carta dei valori si traduce poi nel progetto educativo che lì si esplicita e soprattutto nel cosiddetto piano dell’offerta formativa.

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CHIESA E SOCIETA’

18 novembre 2004

 

 

LE PROSSIME ELEZIONI PRESIDENZIALI IN UCRAINA DEVONO RAPPRESENTARE

UN ULTERIORE PASSO DELLA SOCIETA’ VERSO LA DEMOCRATIZZAZIONE:

E’ L’ESORTAZIONE DEI LEADERS DELLE CHIESE LOCALI,

IN VISTA DELL’APPUNTAMENTO ELETTORALE DEL PROSSIMO 21 NOVEMBRE

  

VARSAVIA. = In vista delle elezioni presidenziali in Ucraina, il prossimo 21 novembre, i leader delle Chiese del Paese hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui invitano gli elettori a non cedere “alle falsificazioni e alle pressioni”, ricordando alle autorità “il loro giuramento di fedeltà al popolo ucraino”. “L’elezione del presidente – si legge nel documento, firmato, tra gli altri, dal cardinale greco-cattolico Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini, e da mons. Markijan Trofimiak, vescovo Latino di Lutsk – non dovrebbe essere un obiettivo in sé, ma solo un altro deciso passo di questa società verso la sua democratizzazione”. Le elezioni sono il più importante appuntamento elettorale dall’indipendenza del Paese dall’ex Unione sovietica, nel 1991, poiché dal loro esito dipenderà anche il futuro dei rapporti con la vicina Russia e con l’Unione Europea. In gioco, infatti, c’è l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e nell’UE, cui è favorevole il principale candidato dell’opposizione, Viktor Yushchenko, e a cui è, invece, contrario il candidato pro-russo, l’attuale primo ministro, Viktor Yanukovovych. A questo proposito il cardinale Husar ha rimproverato nei giorni scorsi i governi occidentali per il loro scarso “sostegno politico” all’integrazione dell’Ucraina nell’Unione Europea. Senza questo sostegno, ha detto all’agenzia cattolica polacca Kai, “essa rischia di diventare ostaggio della politica russa”. Un giudizio condiviso dal cardinale Marian Jaworski, arcivescovo di Lviv dei Latini: “Se l’Europa occidentale non si apre all’Ucraina – ha detto – il nostro Paese sarà costretto a cercarsi un altro alleato”. (L.Z.)

 

 

LA VITA E’ IL DONO PIU’ PREZIOSO DI DIO E IN QUANTO TALE DEVE ESSERE

SEMPRE RISPETTATO. LO SOTTOLINEANO I VESCOVI DEL KENYA,

IN UN DOCUMENTO CONTRO LA LEGALIZZAZIONE DELL’ABORTO NEL PAESE

 

NAIROBI. = Un fermo “no” alla legalizzazione dell’aborto in Kenya; rispetto per la vita sin dal suo concepimento; e tutela dei minori, spesso soggetti agli abusi degli adulti. Sono i punti chiave contenuti in un documento firmato dai 29 vescovi del Paese africano, preoccupati per le questioni morali che stanno agitando il Kenya in questo periodo. L’attenzione dei presuli, riferisce l’agenzia Fides, si è concentrata sul tentativo di alcune lobby, composte da medici e parlamentari, di far legalizzare in Kenya l’interruzione volontaria della gravidanza. “Vogliamo dire a tutti i kenyani – scrivono i vescovi – che il diritto alla vita è una questione di giustizia legale, ma anche una legge naturale. La scienza che ha studiato gli embrioni ha dimostrato senza ombra di dubbio la presenza della vita nel bambino non nato”. I vescovi sottolineano, inoltre, che “la vita umana deve essere rispettata e rispettata assolutamente, fin dal momento del concepimento”, definendo l’aborto “un assassinio, una grave offesa alla morale”. Il documento nota poi che “quanti cooperano all’aborto sono colpevoli di un grave peccato” e che “è dovere delle autorità civili e politiche salvaguardare la vita di ogni essere umano innocente”. Affrontando il tema dei diritti dei bambini, il testo si sofferma anche sulla necessità di far crescere i bambini in un’atmosfera di amore e rispetto. Tale responsabilità, sottolineano i presuli, ricade sui genitori, ma anche sugli educatori e le autorità civili. Tutti i kenyani, esortano, infine, i vescovi, devono concorrere a fermare il fenomeno degli abusi sessuali e delle violenze sui minori, in crescita in Kenya. (B.C.)

 

 

APPELLI AL BOICOTTAGGIO

PER IL PROSSIMO CONGRESSO INTERNAZIONALE BUDDISTA,

A YANGOON, IN MYANMAR. ALLA BASE DELLA PROTESTA IL REGIME BIRMANO,

CHE REPRIME IN MANIERA SISTEMATICA I MONACI BUDDISTI

 

YANGOON. = Pesa la minaccia di boicottaggio sul prossimo congresso internazionale buddista, in programma dal 9 al 13 dicembre a Yangoon. Al momento, infatti, riferisce l’agenzia Asianews, solo 12 delegazioni su 40 hanno confermato la propria presenza. Il 12 novembre scorso la setta giapponese Nenbutsushu, che 8 anni fa ha organizzato il primo summit internazionale buddista, ha annunciato che non prenderà parte all’evento per protestare contro l’arresto del primo ministro birmano Khin Nyut, colpevole di aver avviato un tavolo di trattative con l’opposizione democratica. Nei giorni scorsi, l’Associazione di aiuto ai prigionieri politici (AAPP), un’organizzazione non governativa thailandese, ha pubblicato un rapporto in cui vengono segnalati tutti i casi di maltrattamento ai danni di monaci buddisti birmani. Secondo l’ong sono circa 300 i monaci rinchiusi nelle carceri birmane come prigionieri politici. Il documento, intitolato “Birmania: un Paese in cui i monaci buddisti sono arrestati e costretti a smettere l’abito”, denuncia gli arresti ai danni dei religiosi, gli interrogatori e la segregazione nei campi di lavoro. Secondo l’AAPP, il regime birmano reprime in maniera sistematica i monaci buddisti, accusandoli di connivenza con il movimento che si batte per la democrazia nel Paese. Dal 1998, anno in cui è cominciata la repressione del regime militare, gli arresti sono diventati una vera prassi. Dal 2003 ad oggi oltre 100 monaci sono finiti in manette. Le autorità birmane hanno aiutato gli organizzatori ad allestire l’evento, finanziando in modo diretto la costruzione di un centro internazionale per le conferenze. La giunta militare, infatti, non disdegna di farsi vedere nei templi e spera che il congresso rilanci il turismo nel Paese. Su una popolazione di 46.298.000 abitanti i buddisti sono il 72,2%, i cristiani l’8,3% e i musulmani il 2,4%. (B.C.)

 

 

 

 

IN QUASI TUTTI I PAESI DOVE SONO IN CORSO CONFLITTI, I BAMBINI CONTINUANO

AD ESSERE RECLUTATI COME SOLDATI, SIA DALLE FORZE GOVERNATIVE

SIA DA QUELLE DELL’OPPOSIZIONE. VENGONO FERITI, SOTTOPOSTI AD EFFERATI

ABUSI ED ASSASSINATI. LO DENUNCIA LA COALIZIONE “STOP ALL’USO

DEI BAMBINI SOLDATO!”, PRESENTANDO IERI IL SUO RAPPORTO GLOBALE

- A cura di Sagida Syed –

 

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LONDRA. = Promossa da una coalizione di Organizzazioni non governative, fondata nel 1998, la relazione ha analizzato in 196 Paesi l’uso di minorenni da parte di milizie governative o ribelli, nel periodo compreso tra l’aprile 2001 e il marzo 2004. Le cifre parlano chiaro: soltanto in Africa almeno 100 mila sarebbero, sotto i 18 anni di età, coinvolti in vari conflitti, di cui 25 mila in Costa d’Avorio e in Sudan. Sono almeno 21 le guerre in atto che sfruttano i bambini a scopi militari. In alcuni casi i minori vengono non solo addestrati all’uso delle armi, ma vengono avviati allo spionaggio, come in Israele, e sono obbligati ad usare violenza sui coetanei, come in Angola e Sierra Leone, e ci si serve di loro come corrieri della droga, nel caso della Colombia. Aspre le condanne anche per chi apre le file dell’esercito ai minorenni, tra i 16 ed i 18 anni, e tra i Paesi occidentali nominati figura l’Italia, la Gran Bretagna, l’Olanda e gli Stati Uniti, che permettono il reclutamento volontario. Capitolo speciale viene dedicato ai dissidenti ceceni per l’ingaggio di bambini, ma non viene risparmiata la Federazione russa per le torture inflitte ai piccoli ribelli o presunti tali. La coalizione accusa anche i membri del G8 e l’Unione Europea di non fare abbastanza per fermare questo abuso e si impegna a far firmare a tutti i Paesi delle Nazioni Unite un trattato per il divieto di reclutamento dei minori a fini militari.

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2005 PROCLAMATO DALL’ONU ANNO INTERNAZIONALE DEL MICROCREDITO.

LA MICROFINANZA, SOTTOLINEA ANNAN NEL MESSAGGIO PER L’OCCASIONE,

 PERMETTE DI ANDARE OLTRE LA SOPRAVVIVENZA QUOTIDIANA E SI PRESENTA

 COME UNO STRUMENTO CONCRETO NELLA LOTTA ALLA POVERTA’

 

NEW YORK. = “La microfinanza ha dimostrato la propria importanza in molti Paesi, come strumento per combattere povertà e fame e, dunque, migliorare l’esistenza, specialmente di coloro che ne hanno più bisogno”. Lo sottolinea il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per il lancio dell’Anno Mondiale del Microcredito, che si celebrerà nel 2005. “La microfinanza – scrive ancora il capo del Palazzo di Vetro – permette di andare al di là della logica di sopravvivenza quotidiana, per impostare, invece, una pianificazione di più lungo termine. Con la microfinanza, inoltre, possono aumentare gli investimenti nei settori della nutrizione, immobiliare, della salute e dell’educazione per le giovani generazioni”. La microfinanza, dunque, costituisce “lo strumento per rompere il circolo vizioso della povertà”, ma non deve essere intesa come carità. “Si tratta piuttosto – specifica Annan – di un modo di estendere alla famiglie di basso reddito gli stessi diritti e servizi disponibili a chiunque altro”. “Utilizziamo questo Anno Mondiale del Microcredito – conclude nel messaggio – per collocare milioni di famiglie lungo il percorso che porta al benessere”. In vista del 2005, intanto, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), agenzia ONU specializzata nello sviluppo delle aree rurali, ha reso noto che un miliardo di persone, il 90 per cento dei poveri del pianeta, non ha accesso ai servizi finanziari. La disponibilità di servizi finanziari quali credito, risparmio, assicurazioni e trasferimenti di denaro ai poveri dei Paesi in via di sviluppo, invece, potrebbe contribuire a trasformare le esistenze di queste persone, facendone uscire milioni dalla condizione di povertà e contribuendo al raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo del Millennio di dimezzare entro il 2015 la percentuale di quanti vivono con meno di 1 dollaro al giorno. Dal 1978 ad oggi, l’IFAD ha investito oltre 8 miliardi di dollari, realizzando 653 progetti, che hanno fatto uscire dalla povertà 250 milioni di persone, in 115 Paesi. (B.C.)

 

 

CON UNA PROLUSIONE DEL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI,

È INIZIATO IERI POMERIGGIO ALLA GREGORIANA UN SIMPOSIO DI TRE GIORNI

PER I CENTO ANNI DELLA NASCITA DEL GRANDE TEOLOGO, BERNARD LONERGAN

- Servizio di Marco Cardinali -

 

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ROMA. = Il teologo gesuita canadese padre Bernard Lonergan ha consacrato tutta la sua vita alla ricerca e all’insegnamento. Apprezzato in campo scientifico e teologico da molte università del mondo è stato spesso definito come il Tommaso d’Aquino della teologia del nostro tempo, con i suoi 14 dottorati “honoris causa” e il suo amore profondo per l’umanità e la verità. Le celebrazioni per il centenario dalla nascita si sono aperte nella Pontificia Università Gregoriana, in cui il padre Lonergan ha studiato dal 1933 al 1940 e insegnato dal 1953 al 1964. Il rettore della Gregoriana, il padre gesuita Gianfranco Ghirlanda, ha letto il telegramma del Papa ai partecipanti al simposio, in cui vi è espresso l’augurio di un proficuo lavoro nel ricordo di un teologo che ha dato tanto alla ricerca e alla Chiesa. Nella sua prolusione il cardinale Carlo Maria Martini ha parlato di Lonergan, che non ha mai conosciuto personalmente, partendo dagli scritti del teologo, che hanno accompagnato i suoi studi da giovane prete e hanno segnato profondamente il suo lavoro pastorale come arcivescovo di Milano. “La lettura dei suoi testi – ha detto il porporato – metteva in ordine tanti miei pensieri e dava risposte a tante mie domande”. Il cardinale ha parlato della “visuale mistica” dell’esperienza umana che è possibile desumere dagli scritti del teologo, in cui la ricerca della verità passa nel modo stesso di ragionare, conoscere, pensare, un processo lungo e difficile che porta l’uomo a quella maturità intellettuale, morale, religiosa, che non è disgiunta dall’amore di Dio donato nel suo Spirito. Il pensiero di Lonergan – ha proseguito Martini – propone “contributi irrinunciabili per un pensiero cristiano che sia all’altezza dei tempi e delle sfide del mondo di oggi e di domani”.  

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24 ORE NEL MONDO

18 novembre 2004

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

L'Egitto ha accettato le scuse e le spiegazioni di Israele per l'uccisione accidentale di tre  suoi poliziotti, colpiti dalla cannonata di un carro armato israeliano, al confine con la striscia di Gaza. E’ quanto riferisce l'ufficio del premier israeliano Sharon che stamane ha telefonato al presidente egiziano Mubarak per esprimergli il suo rammarico e assicurargli che è stato un incidente: erano stati scambiati per trafficanti di armi. L'Egitto, ha aggiunto, riceverà una copia della minuziosa inchiesta che l'esercito sta  conducendo sulle circostanze. C’è notizia però di un comunicato del ministero degli esteri del Cairo in cui l'Egitto ''condanna e protesta energicamente chiedendo spiegazioni. E, da parte sua, Il rappresentante permanente palestinese presso la Lega Araba, Mohammed Sobeih, ha condannato a sua volta l'episodio affermando che ''si tratta di un atto premeditato'' ed ha rifiutato la spiegazione israeliana dell'uccisione per errore. Per l’Egitto, quanto accaduto è ''una violazione degli accordi di Camp David''. Per capire perché, Giada Aquilino ha intervistato Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera e grande esperto di Medio Oriente:

 

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R. – Perché gli accordi di Camp David, accordi di pace da parte dell’Egitto e da parte di Israele, sono stati il primo tentativo di soluzione di un lungo conflitto. Negli accordi di Camp David si era detto che le parti avrebbero fatto tutto il possibile per evitare qualsiasi tipo di incidente che potesse in qualche modo macchiare quella che era stata ritenuta, e che il tempo ha confermato essere, una decisione storica: quella del primo trattato di pace tra un Paese arabo e Israele. Quindi, l’Egitto può vedere in questo fatto, sia pur accidentale, una violazione di quegli accordi.

 

D. – Gli accordi prevedono che al confine tra Egitto e Territori vi sia una fascia controllata dall’esercito israeliano. Di fatto che situazione c’è in quella zona?

 

R. – E’ un confine tra due Stati e un’entità: tra l’Egitto, Israele e la Striscia di Gaza che, secondo il piano di Sharon, dovrà essere evacuata, compreso lo smantellamento di tutti gli insediamenti entro il prossimo anno. Gli israeliani hanno creato una specie di cuscinetto tra Gaza e il confine egiziano, e questo cuscinetto si è caricato di tutte le tensioni che in questo momento vi sono tra i palestinesi ed Israele.

 

D. – Ma in che modo si cambiano gli equilibri? Quale sarà la posizione di Israele, dell’Autorità nazionale palestinese e dell’Egitto?

 

R. – Il garante, quello che sta lavorando per fare in modo che vi possa essere una situazione pacificata quando Israele se ne andrà dalla Striscia di Gaza, è proprio l’Egitto. Quindi, l’Egitto probabilmente non ha altra strada se non quella di accettare le scuse di Israele. Soltanto l’Egitto in questo momento, come Paese arabo, può esercitare quell’influenza, potendo parlare sia con i palestinesi sia con gli israeliani, che nessun altro nella regione può esercitare.

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Circa 60 poliziotti iracheni sono stati rapiti alla frontiera con la Giordania e anche oggi non mancano gli episodi di violenza in Iraq con perdita di vite umane. In studio Fausta Speranza:

 

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Quattro gli iracheni morti e uno gravemente ferito nella zona di Kirkuk, per un’esplosione nella città petrolifera dell'Iraq settentrionale. Una bomba è esplosa anche a Mossul, sempre nel nord dell'Iraq: ci sarebbero vittime ma non si sa quante. Ennesima autobomba anche a Baghdad: è esplosa all’esterno di un commissariato della polizia irachena, sembra, facendo una vittima. Intanto, continuano le operazioni americane a Falluja. Le forze statunitensi hanno bombardato con colpi d’artiglieria postazioni dei ribelli nella parte sud della città. Intanto, il premier iracheno provvisorio, Allawi, ha espresso viva inquietudine dopo l'uccisione, da parte di un marine americano, di un iracheno ferito in una moschea di Falluja. Un episodio che ha destato deprecazione in tutta la comunità internazionale. I vertici militari americani hanno assicurato che è stata avviata un’inchiesta, i cui risultati saranno resi noti in modo trasparente al governo iracheno. Il marine, autore del gesto, è già stato tolto dai reparti combattenti.  Per quanto riguarda il corpo mutilato della “donna occidentale'' trovato dalle truppe Usa a Falluja, verrà sottoposto al test del DNA per stabilire se sia quello di Margaret Hassan, l'operatrice umanitaria anglo-irachena che risulta assassinata dai rapitori nel video inviato a Al Jazeera.

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E di Iraq si parlerà a Londra, dove è in visita il presidente francese, Jacques Chirac. La stampa inglese ha accolto con freddezza l’arrivo del capo di Stato. In particolare sono state contestate alcune dichiarazioni del capo dell’Eliseo che ha sottolineato che non si vedono i vantaggi per l’Inghilterra per l’appoggio militare agli Usa nella guerra in Iraq.

 

Il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione all'investitura della nuova Commissione presieduta dal portoghese José Manuel Barroso. I voti a favore sono stati 449, i contrari 149 e le astensioni 82. Hanno partecipato alla votazione 680 eurodeputati. In precedenza, l'Assemblea aveva approvato la mozione comune a sostegno della Commissione nella quale i parlamentari chiedono l'impegno del presidente designato su conflitto di interessi e su un’eventuale mozione di sfiducia individuale nei confronti di un commissario. Visto il mandato dell’italiano Frattini alla Commissione, l’incarico di ministro degli esteri in Italia viene affidato a Gianfranco Fini, già vicepresidente del governo.

 

Con le ultime partenze di stanotte, sono oltre 7000 i francesi che hanno lasciato la Costa d’Avorio, dopo lo scoppio delle violenze tra i fedelissimi del presidente Gbagbo e i ribelli del Nord. E per motivi di sicurezza prosegue anche l’esodo degli ivoriani verso la Liberia. Diecimila persone hanno già oltrepassato la frontiera. E oggi Gbagbo ha lanciato un appello, invitando gli imprenditori francesi a tornare in Costa d’Avorio.

 

Slitta al 22 dicembre il referendum costituzionale in Burundi, inizialmente previsto per la prossima settimana. La decisione è stata adottata per “ragioni logistiche”, ha detto in conferenza stampa il capo della Commissione Elettorale. In pratica non sono ancora disponibili “le scatole dove deporre le schede, né le cabine per le votazioni e i certificati per gli elettori”.

 

Manifestazioni di protesta si sono verificate ieri a Santiago del Cile, in occasione della visita del presidente americano George W. Bush al vertice dell’Apec, l’organizzazione di cooperazione economica Asia-Pacifico, i cui lavori inizieranno sabato. Diversi gli scontri scoppiati nel centro città fra gli agenti di polizia e i partecipanti ai cortei.  Oltre 300  le persone arrestate.

 

Continua in Kashmir la storica visita del primo ministro indiano Singh. Oggi i ribelli separatisti filopakistani decideranno se accettare la proposta di dialogo incondizionato sulla regione contesa tra New Delhi e Islamabad. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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Mentre dal Pakistan sono arrivati commenti positivi sull’iniziativa del premier indiano Singh, di ridurre le truppe in Kashmir e di promuovere la pace e l’economia nella travagliata regione himalayana, i separatisti non sembrano molto convinti sulle buone intenzioni del governo di New Delhi. Una delle loro richieste principali è di riavere il permesso di recarsi in Pakistan per consultazioni. Un permesso, questo, finora sempre negato dal governo indiano. Nella sua prima visita da premier, Singh ha ribadito che i confini non si toccano e che l’India non accetterà alcuna ulteriore divisione del Kashmir. E’ questo il punto critico del disgelo, avviato quasi un anno fa tra India e Pakistan. Singh ha così rigettato la proposta lanciata di recente da Musharraf. Il presidente pakistano aveva proposto di demilitarizzare la regione, dividendola in sette settori autonomi sotto un controllo congiunto o sotto l’amministrazione dell’ONU.

                                                                             

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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