RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
323 - Testo della trasmissione di giovedì 18 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
I 29
vescovi del Kenya hanno firmato un documento contro la legalizzazione
dell’aborto nel Paese
Il
2005 proclamato dell’ONU Anno internazionale del microcredito
La protesta dell'Egitto contro Israele per
l'uccisione accidentale di tre
poliziotti egiziani al confine con la striscia di Gaza
Circa 60 poliziotti iracheni rapiti e almeno
quattro persone uccise in Iraq.
18 novembre 2004
MUSULMANI,
EBREI E CRISTIANI UNITI PER LANCIARE ALL’UMANITÀ UN APPELLO CONTRO LA VIOLENZA
OMICIDA: QUESTA LA VIA DELLE RELIGIONI INDICATA STAMANE DAL PAPA, RICEVENDO I
LEADER RELIGIOSI DELL’AZERBAIGIAN
Musulmani, ebrei e cristiani si
uniscano per lanciare un appello all’umanità perché cessi nel mondo la violenza
omicida. E’ l’accorato invito di Giovanni Paolo II rivolto stamane durante
l’udienza ai leader religiosi dell’Azerbaigian: il capo della Presidenza dei
Musulmani del Caucaso, Allahurkur Pashazade, Sheikh-ul-Islam, il vescovo ortodosso
russo, Aleksandr, di Baku e della Regione del Caspio, e il capo della antica
Comunità degli Ebrei della Montagna. La delegazione è giunta in Vaticano – come
ha spiegato il portavoce della Santa Sede Navarro-Valls – per restituire la
visita compiuta da Giovanni Paolo II, nel maggio del 2002, in Azerbaigian, dove
esiste una minoranza di circa 300 cattolici. Ascoltiamo il servizio di Roberta
Gisotti:
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“Questa vostra visita al Papa di
Roma sia come un simbolo per il mondo: mostri cioè che la tolleranza è
possibile, e costituisce un valore di civiltà, che pone le premesse per un più
ampio e solidale sviluppo umano, civile e sociale”: cosi Giovanni Paolo II accogliendo
fraternamente i tre leader religiosi dell’Azerbaigian, Repubblica ex sovietica,
indipendente dal 1991, a stragrande maggioranza islamica afflitta per nove anni
da un sanguinoso conflitto, che l’ha opposta alla confinante Repubblica Armena
per il controllo della regione del Nagorno-Karabagh, abitata in prevalenza da
armeni. Conflitto poi sanato nel ’97 con il riconoscimento di un’ampia autonomia
a questa regione contesa con le armi.
Auspico – ha detto stamane il
Papa - che in questo Paese ora “ritorni in pienezza la pace”, perché “questa
come altre contese, vanno affrontate con buona volontà, nella mutua ricerca di
aperture reciproche e di comprensione, e con spirito di vera riconciliazione”.
“Nessuno – ha aggiunto il Santo Padre - ha il diritto di presentare o usare le
religioni come strumento di intolleranza, come mezzo di aggressione, di
violenza e di morte. Al contrario, la loro amicizia e stima reciproca, se è
anche sostenuta dall’impegno di tolleranza dei Governanti, costituisce una
ricca risorsa di autentico progresso e di pace”.
Insieme dunque “musulmani, ebrei
e cristiani” – ha sollecitato Giovanni Paolo II – vogliamo rivolgere in nome di
Dio e della civiltà, un appello all'umanità perché cessi la violenza omicida e
si percorra la via dell’amore e della giustizia per tutti. Questa è la via delle
religioni”, da “percorrere con perseveranza e pazienza”. Da parte loro i leader
religiosi hanno riconfermato al Papa il costante impegno a promuovere la
convivenza pacifica fra le diverse confessioni in Azerbaigian, dove la
tolleranza religiosa costituisce il cardine della vita del Paese.
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ALTRE UDIENZE
Il Papa nel corso della mattina
ha ricevuto in successive udienze il cardinale Bernard Agré, arcivescovo di
Abidjan in Costa d'Avorio; l’arcivescovo Alfio Rapisarda, nunzio apostolico in Portogallo; il reverendo canonico John Peterson,
segretario generale della Comunione Anglicana
a Londra, e direttore dell’Anglican
Communion Office; e infine il
signor Kazys Lozoraitis, ambasciatore di Lituania, in visita di congedo.
AL VIA
OGGI IN VATICANO LA 16.MA ASSEMBLEA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA
FAMIGLIA SUL TEMA:
“LA
MISSIONE DELLE COPPIE MATURE VERSO I FIDANZATI”
- Con noi, il cardinale Alfonso López Trujillo e
mons. Francesco Di Felice -
Si è aperta stamani, nell’Aula
Nuova del Sinodo in Vaticano, la 16.ma assemblea plenaria del Pontificio
Consiglio per la Famiglia. L’incontro, che si concluderà sabato prossimo, è
incentrato sul tema “La missione delle coppie mature e sperimentate verso i fidanzati
e le coppie giovani”. Nella plenaria ci sarà anche spazio per la riflessione
sul documento in preparazione su “Famiglia e Procreazione”. Ad aprire la
riunione è stato il cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del dicastero
vaticano, che – al microfono di Giovanni Peduto – sottolinea i punti chiave
della sua prolusione:
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Ho
sottolineato che oggi la famiglia subisce una certa ostilità. E questo lo riscontriamo
in parecchi progetti di legge, in diversi Parlamenti nel mondo. La famiglia
subisce dei colpi culturali assai forti. La famiglia non è una questione
soltanto – per così dire – confessionale o soltanto cattolica. E’ un problema
umano. Ho sottolineato questo aspetto: se svuotiamo la famiglia e la famiglia è
quindi privata dei valori fondamentali è la società stessa che si impoverisce,
diventa disumana ed i suoi figli ne sono le vittime. E anche gli sposi
subiscono le conseguenze di un ambiente ostile.
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Le dinamiche della vita affettiva
e della sfera psicologica delle coppie giovani riceveranno una particolare
attenzione nella tre giorni di lavori in Vaticano. Ma è possibile offrire dei
consigli utili a chi si sta per sposare? Risponde mons. Francesco Di Felice,
sotto segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, intervistato da
Giovanni Peduto:
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R. – Noi puntiamo su un lato umano e su un lato
soprannaturale. Il lato umano è quello rappresentato da una buona preparazione
durante il fidanzamento solidificando l’intesa, la simpatia, il rispetto e
anche quel saper sopportare e tollerare le diversità di carattere. E quella
forma di amicizia umana che deve sempre essere tenuta presente. C’è poi
l’aspetto soprannaturale, perché le difficoltà sorgeranno sempre ma c’è sempre
l’aiuto di Dio e quindi la famiglia vista come santuario della vita, come culla
dell’amore; l’aiuto di Dio li sostiene nei momenti più difficili. Importante
poi anche il ricorso alla vita sacramentale e quindi alla vita della preghiera.
Noi consigliamo di pregare: il Santo Padre ha parlato anche, nell’Anno del Rosario,
dell’importanza del Rosario nell’ambito della famiglia, quando si mettono cioè
i cuori insieme e quando si eleva il pensiero al Signore. Tutto allora acquista
un significato superiore e nell’altro si riesce a vedere proprio l’immagine di
Dio. Le cose, quindi, cambiano in quanto noi ci svuotiamo di quell’egoismo per
farci partecipi anche delle motivazioni, delle realtà e dei bisogni dell’altro.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’“incontro-simbolo” di Giovanni Paolo II con i capi religiosi
dell’Azerbaigian.
Un
incontro che mostra al mondo che la tolleranza è possibile e costituisce un valore
di civiltà.
Nell’occasione
il Papa ha detto: “Insieme, musulmani, ebrei e cristiani vogliamo rivolgere in
nome di Dio e della civiltà un appello all’umanità: cessi la violenza omicida”.
Sempre
in prima, la drammatica realtà dei bambini soldato: continuano i reclutamenti
di eserciti e gruppi armati. L’infanzia è costretta a fare la guerra ancora in
troppi Paesi del mondo.
Nelle
vaticane, una pagina dedicata alla figura dell’eroico vescovo Anton Vovk (morto
nel 1962), duramente perseguitato perché fedele alla Chiesa e al Papa.
Nelle
estere, in Iraq persistono i sanguinosi atti di violenza. Sempre più acuto lo
sdegno per il barbaro assassinio dell’operatrice umanitaria Margaret Hassan.
Nella
pagina culturale, un articolo di Armando Rigobello dal titolo “Si possono
conciliare metodo e creatività?”: in margine al convegno dell’Accademia di
Studi Italo-Tedeschi di Merano.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del fisco.
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18 novembre 2004
L’IMPEGNO DELL’ONU PER RISOLVERE
LE EMERGENZE DEL SUD SUDAN E DEL DARFUR. RIUNITO IL CONSIGLIO
DI SICUREZZA A NAIROBI
- Intervista con Sergio
Cecchini -
Si è
aperta stamani a Nairobi, in Kenya, la sessione straordinaria di due giorni del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulle emergenze in Sudan, nel sud e nel Darfur.
Le speranze di una conclusione positiva dell’incontro sono state espresse dal
Segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan: “E’ essenziale raggiungere a breve un
accordo di pace – ha detto Annan – che ponga fine alla guerra nel sud del Sudan,
anche per impedire che la guerra si estenda ad altre zone del Paese, com’è
successo con il conflitto interetnico nel Darfur”.
Hanno fatto eco alle parole di Annan
l’annuncio del leader dei ribelli indipendentisti del sud, John Garang, e del
rappresentante del governo circa la prossima firma di un memorandum di intesa,
che impegna guerriglia e governo di Karthoum a concludere un’intesa di pace entro
l’anno; un evento che porrebbe fine all’ultraventennale conflitto tra nord e
sud, che ha provocato circa due milioni di morti. Ma quali reali speranze ci sono
per una conclusione positiva del vertice ONU di Nairobi? Giancarlo La Vella ne
ha parlato con Sergio Cecchini di Medici Senza Frontiere, rientrato da poco dal
Sudan:
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R. – Ha detto
in maniera molto semplice che “dalle parole si passa ai fatti”. Ultimamente si
sono rincorse diverse risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, diversi impegni
sia da parte del governo sudanese, sia da parte della comunità internazionale.
Ma quello che ci raccontano le nostre équipe sul terreno è che la situazione
non è migliorata, anzi è peggiorata negli ultimi mesi: sono aumentati gli
attacchi, sono aumentate le violenze contro i civili del Darfur, ma anche contro
gli operatori umanitari. Aumentano anche i casi di stupro, segno evidente che
ci troviamo solo davanti alla punta di un iceberg.
D. – Se il Consiglio di
Sicurezza dovesse ritenere un rischio per la pace internazionale sia la
situazione nel sud Sudan e soprattutto quella in Darfur, ci sarebbe la
possibilità di un intervento umanitario più a largo raggio. Medici senza
Frontiere come si sta organizzando?
R. – Medici senza Frontiere è
presente in 26 località con 260 operatori internazionali e più di 2 mila
collaboratori locali. L’intervento in Darfur rappresenta in questo momento il nostro
maggiore intervento in tutto il mondo. Per noi lo sforzo è massimo, ma ci rendiamo
conto che è insufficiente per soddisfare le esigenze di un milione e mezzo di
sfollati presenti in Darfur. Ci auguriamo veramente che però siano facilitate e
siano migliorate e garantite le condizioni per portare un soccorso umanitario a
queste persone e finora ciò ancora non è possibile.
D. – Ritenete che situazione
umanitaria e situazione politica vadano di pari passo? Cioè risolvendo
politicamente queste questioni poi si possa veramente far qualcosa per la popolazione
civile?
R. – Vanno distinte a nostro
avviso le due agende. L’agenda del soccorso umanitario è un’agenda che si basa
sulla rapidità dell’intervento e della presenza sul terreno. L’agenda politica
segue altri tempi e altre procedure. Più volte abbiamo visto che sono due tipi
di agende che non si conciliano. Per noi la priorità è l’agenda umanitaria e
far sì che l’aiuto umanitario sia oggi presente in quantità e in qualità
sufficienti per soddisfare la popolazione civile.
D. – Il leader dei ribelli del
sud Sudan, John Garang, ha annunciato l’imminente firma dell’accordo. C’è da
sperare che sia un’intesa vera a tutti gli effetti, dato che in passato più
volte si era parlato di pace nella regione?
R. – Sicuramente se in Sudan si
riuscisse ad aprire una nuova era di stabilità e di cessazione dei conflitti
sarebbe un ottimo risultato soprattutto per la popolazione civile sudanese.
Purtroppo al momento restano i trattati, restano le firme politiche,
l’emergenza umanitaria sul terreno continua.
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RAFFORZARE
IL DIALOGO TRA EUROPA ED AFRICA:
E’
L’OBIETTIVO DEI VESCOVI DEI DUE CONTINENTI,
RIUNITI
NEI GIORNI SCORSI A ROMA PER UN SIMPOSIO
SUL TEMA “COMUNIONE E SOLIDARIETA’ TRA
L’AFRICA E L’EUROPA”
- Ai
nostri microfoni il cardinale Roberto Tucci -
Favorire
il “dialogo tra la cultura e la mentalità europea e quella africana”. E’ la
viva esortazione rivolta dal Papa – lo scorso 13 novembre – ai partecipanti
al Simposio dei Vescovi d'Africa ed Europa. Un incontro ricco di spunti,
incentrato sul tema “Comunione e solidarietà tra
l’Africa e l’Europa”. Nell’udienza in Vaticano, il Pontefice ha
inoltre colto
l’occasione per annunciare l’intenzione di convocare una seconda Assemblea
Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Ma torniamo al significato del
simposio tra i presuli dei due continenti con la riflessione del cardinale
Roberto Tucci, raccolta da Rosario Tronnolone:
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R. – Credo che l’obiettivo sia
principalmente di suscitare maggiore interesse presso i vescovi europei per i
grandi problemi dell’Africa. Temi per i quali il Santo Padre ha mostrato sempre
una grande attenzione. Basti pensare ai viaggi del Papa. Credo che il
continente africano sia quello più visitato da Giovanni Paolo II.
D. – Il Papa ha rivolto un
discorso ai partecipanti a questo Simposio dei vescovi di Africa ed Europa.
Quali sono, secondo lei, i punti più essenziali?
R. – Il Papa ha sottolineato
l’importanza della spiritualità di comunione, della solidarietà: la
comprensione tra le varie culture, la cultura africana e la cultura europea. Si
è anche rallegrato che ci fosse questo sforzo di comprensione reciproca.
D. – Tra l’altro il Simposio ha
anche espresso un comunicato. Quali sono le linee principali?
R. – I vescovi africani hanno
espresso le loro preoccupazioni di carattere umanitario, di carattere politico,
di carattere sociale, ai vescovi dell’Europa. Questo affinché i vescovi che
rappresentano l’episcopato europeo si preoccupino di dare una mano all’Africa.
D. – Sono forse in particolare
due le regioni dove la situazione è più grave…
R. – Ce ne sono
tante. Oggi emerge il problema della Costa d’Avorio, anche perché lì c’è uno
scontro tra un Paese europeo, la Francia, e certe fazioni di un Paese africano.
Certo dispiace vedere questo Paese nella situazione in cui si trova, quando –
ricordo - nelle tre visite del Papa compiute in Costa d’Avorio, c’era un Paese
pacifico, tra i migliori anche dal punto di vista politico e sociale. I fatti
dell’Iraq fanno in modo che i problemi dell’Africa vengano ogni tanto a galla,
ma poco. Si dimenticano tragedie umanitarie quali quella del Sudan. Adesso c’è
il grosso problema del Darfur. Si parla di genocidio, come si parla anche di
una gravissima situazione umanitaria nel nord dell’Uganda. Sì, sono state fatte
delle dichiarazioni: Powell, per esempio, parlò di genocidio per quanto
riguarda il Sudan. Però cosa viene fatto? Cosa fa l’Europa?
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ASSEGNATI STAMANE A ROMA, PRESSO L’ACCADEMIA DEI
LINCEI,
I PREMI BALZAN 2004: TRA I VINCITORI
LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
- Ai nostri microfoni Bruno Bottai, Paolo Matthiae e Mario Marazziti -
E’
stato il presidente della Repubblica Italiana, Carlo Azeglio Ciampi, come tradizione,
a consegnare questa mattina, presso l’Accademia dei Lincei, i Premi Balzan 2004
tra cui quello speciale per l’umanità, la pace e la fratellanza tra i popoli
assegnato alla Comunità di Sant’Egidio. A ciascun premiato un milione di
franchi svizzeri, di cui metà sarà devoluto dai candidati stessi all’attività
di ricerca in campo scientifico e umanistico. Il servizio di Gabriella Ceraso:
*********
Da
oltre 40 anni la Fondazione Balzan promuove la cultura, le scienze e le più meritevoli
iniziative di pace. Sulla scia dei Nobel, di cui intende essere un complemento,
ogni anno premia quattro studiosi di
prestigio senza distinzione di nazionalità, razza e religione. Archeologia
preistorica, storia dell’islam, matematica e epidemiologia, le materie del
2004, diverse eppure vicine, come spiega Bruno Bottai, presidente della
Fondazione:
“Mi
pare che ci sia un tratto di unione, cioè non credo che si sia capito bene
quanto grande è l’impegno intellettuale, culturale di ciascuno di loro. Quando
siamo a quei livelli è molto difficile distinguere tra le varie materie”.
Per
avere arricchito i domini della matematica, la conoscenza del mondo musulmano,
le ricerche sui legami tra status sociale e salute pubblica e per un nuovo
approccio all’archeologia preistorica sono stati premiati un belga, una statunitense
e due britannici: ma i meriti non sono solo scientifici. Paolo Matthiae, membro
della Commissione Premi:
“Quello
che il Comitato Premi considera sia nella scelta delle discipline, sia nella
valutazione dei candidati è in primo luogo il rilievo scientifico dell’opera di
questi studiosi; in secondo luogo l’impatto che l’opera scientifica ha avuto in
una sfera non ristretta specialistica. Il terzo è quello degli aspetti
assolutamente etici”.
Ai
premi annuali, quest’anno si è aggiunto anche il Premio speciale per l’umanità,
la pace e la fratellanza tra popoli, che fu tra gli altri di Madre Teresa e di
Papa Giovanni XXIII, assegnato alla Comunità di Sant’Egidio per il programma
Dream progetto di lotta all’AIDS e alla malnutrizione in Mozambico. Grazie a
Dream 5 mila persone usufruiscono della terapia completa e più di 30 mila sono
sotto osservazione. Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio:
R. -
Grazie a Dream 97 bambini su 100 nascono senza il virus da madri sieropositive
perché la madre è coperta con l’intera terapia e con un unico farmaco, come si
fa in altri Paesi dell’Africa. Con il Premio Balzan noi avvieremo il programma
in Guinea Conakry, che è uno dei Paesi più poveri del mondo.
D. - Ma
Dream non significa solo cura medica:
R. - Da
quando esiste la terapia, tutti vogliono sapere. Tanti hanno ripreso a lavorare,
ma soprattutto chi sta meglio, chi guarisce diventa un testimonial vivente
della speranza.
**********
IL
CARDINALE CAMILLO RUINI E LA SCRITTRICE SUSANNA TAMARO
HANNO
APERTO IERI “VIAM SCIRE”, INIZIATIVA INSERITA NELL’AMBITO
DEL PROGETTO CULTURALE DELLA CHIESA ITALIANA
-
Interviste con il cardinale Camillo Ruini e la scrittrice Susanna Tamaro -
Con gli
interventi del vicario del Papa per la diocesi di Roma, cardinale Camillo
Ruini, e della scrittrice Susanna Tamaro è stato inaugurato ieri a Roma, nel
Palazzo Lateranense, l’itinerario “Viam Scire”. Sui contenuti di questo
percorso culturale ci riferisce Amedeo Lomonaco:
*********
“Viam
Scire”, iniziativa inserita nell’ambito del Progetto culturale della Chiesa
italiana, ha una durata triennale ed affronta ogni anno sei differenti temi
scelti nelle aree tematiche: “Via”, i sentieri sui quali la visione cattolica
del mondo si incrocia con i campi della cultura e dell'esperienza umana;
“Verità”, la visione cattolica del mondo e della vita in dialogo aperto con
molteplici posizioni; “Vita”, le forme della civiltà, il riferimento morale e
la responsabilità etica, gli ambiti in cui l’esistenza interroga la fede. In
occasione della presentazione di questo itinerario il cardinale Ruini ha
tracciato un bilancio sul Progetto culturale, istituito nel 1994. Ascoltiamo il
porporato:
R. – Il Progetto culturale è un
tentativo di rendere la Chiesa italiana più consapevole dell’importanza e del
rapporto tra fede e cultura ed anche delle responsabilità nell’evangelizzare la
cultura e nell’incarnare la fede nella cultura. Credo che in questi anni sia
stato fatto un certo cammino. Questa idea è penetrata certamente tra i vescovi
ed anche tra molti responsabili di associazioni ecclesiastiche e di comunità
religiose. Il Progetto non ha fatto ancora breccia, invece, nel largo pubblico.
Queste problematiche affiorano quando, ad esempio, ci si pone l’interrogativo
sull’identità religiosa e culturale del popolo italiano nell’attuale contesto
storico, di fronte alla presenza dell’Islam e così via. Allora ci si interroga
sulle nostre radici.
Successivamente,
la scrittrice Susanna Tamaro ha sottolineato come nonostante “l’erosione in
Italia della tradizione cattolica e cristiana, esistano nel campo delle arti e
dei mass media spazi da utilizzare”. “Il richiamo etico del Vangelo può ancora
far sentire il proprio peso”, ha aggiunto la scrittrice evidenziando come sia
necessario riscoprire, nell’attuale contesto culturale offuscato da una
massiccia diffusione di prodotti mediatici mediocri, la bellezza di valori
autentici. Su questa esigenza, ascoltiamo proprio Susanna Tamaro:
R. - Incontro tante persone che
desiderano un mondo diverso e sono pronte a farlo. Solo che la voce non si
sente. Dovremmo fare uno sciopero delle persone indignate.
D. – E trovare nelle piccole
cose la grandezza dell’universo… Scoprire dalle gocce la bellezza del mare?
R. – E’ necessario favorire la
possibilità di crescere, creando un progetto che porti l’uomo al suo compimento
nella redenzione.
**********
IL CARDINALE WALTER KASPER CELEBRERÀ QUESTO POMERIGGIO
UNA MESSA PER LA MEMORIA LITURGICA DELLA
DEDICAZIONE
DELLA PATRIARCALE BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE
MURA
NEL 150.MO ANNO DALL’ULTIMA RICOSTRUZIONE.
- Servizio di Marco Cardinali -
**********
Dopo il martirio avvenuto nella
zona delle Acque Salvie, il corpo dell’apostolo Paolo fu sepolto in un’area
cimiteriale sulla via Ostiense chiamata “Predio Lucinae”. In quel luogo venne
eretto un edificio commemorativo, simile a quello costruito sulla tomba di San
Pietro; i due edifici nei primordi vennero chiamati “I trofei degli apostoli”.
Non appena Costantino liberò la religione cristiana dalla clandestinità, fu
l’imperatore stesso a trasformare i due “trofei” in basiliche. Quella di San
Paolo venne consacrata il 18 novembre 324 da Papa Silvestro.
Nel
1115 avvenne un grave incendio e Papa Innocenzo II dovette far costruire nuovamente
una parete e delle colonne nel transetto per sostenere il tetto pericolante. Ma
un altro incendio, nella notte tra il 15 e 16 luglio 1823, distrusse quasi
totalmente l’insigne costruzione sul luogo della sepoltura dell’Apostolo delle
Genti. Leone XII diede subito avvio ai lavori per la terza ricostruzione della
basilica, lavori che si protrassero per circa un secolo. La nuova basilica fu
consacrata da Pio IX il 10 dicembre 1854, con la partecipazione di molti
cardinali e vescovi venuti a Roma per la definizione del Dogma dell’Immacolata
Concezione.
La cura del luogo di culto,
l’onere e l’onore di cantare le lodi divine sulla tomba di Paolo fu,
praticamente, affidato dalle origini a comunità monastiche che, fin dal 300 circa,
sono state benedettine, ininterrottamente fino ai nostri giorni. Oggi
pomeriggio alle 17.00 il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio
Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, presiederà nella basilica
una celebrazione Eucaristica in ricordo dell’anniversario, con l’intenzione di
sottolineare il lavoro che la comunità monastica benedettina vuole svolgere,
ancora più incisivamente, in favore dell’unità dei cristiani. A tale proposito
abbiamo intervistato il Superiore della comunità monastica di San Paolo fuori
le mura, il Priore padre Edmund Power:
R. – Io vedo San Paolo, Apostolo delle Genti, in un certo senso come
l’apostolo di tutti questi anni. E’ vero che anche gli altri apostoli hanno
predicato il Vangelo, ma in un senso particolare, Paolo è uscito dalla sua
famiglia religiosa, quella degli ebrei, ed è andato nel mondo. Possiamo
ricordare che Pietro era per gli ebrei, Paolo per le genti. E questo aspetto di
apertura verso un mondo più ampio, è un aspetto che noi vediamo fortemente
nell’esempio di San Paolo. Poi, anche, negli ultimi anni, ogni 25 gennaio,
quando ricorre la festa della conversione di San Paolo apostolo, c’è sempre una
grande celebrazione, qui, in Basilica: i vespri ecumenici, normalmente
presieduti dal Santo Padre, e al quale sono invitati anche tanti ospiti ecumenici.
Ho ascoltato con attenzione quanto recentemente ha detto il Papa su questo
tema: egli è sempre molto incoraggiante in questa direzione ecumenica.
Veramente, noi vogliamo – seguendo il nostro apostolo – servire la causa dell’unità
dei cristiani, in questa basilica. Qui si cerca Dio. Ho visitato tutte le
basiliche; ogni basilica ha il suo tenore particolare. Ma qui, “fuori le mura”,
non siamo al centro della città, questo luogo è forse un po’ più ...“contemplativo”,
un po’ più sereno, un po’ più tranquillo, dove la gente che viene può trovare
una pace, un senso della presenza di Dio, un aiuto per la loro propria ricerca.
**********
UNA “CARTA DEI VALORI” PER LE SCUOLE MATERNE:
ALL’ESAME DEL CONGRESSO DELLA FISM, APERTO IERI A ROMA
- Intervista con Luigi Morgano -
La scuola come luogo di tutti e
per tutti dove la diversità diventa valore; la scuola come ambiente dove
vengono vissute la tolleranza, la solidarietà, la pace, lo spirito di carità,
l’amore per il prossimo. Questi alcuni dei punti della “Carta dei Valori” delle
scuole materne in discussione durante il IX Congresso nazionale della
Federazione Italiana Scuole Materne (FISM), aperto ieri a Roma. I partecipanti
al congresso, che hanno ricevuto il saluto del Papa all’Udienza Generale del
mercoledì, continueranno i propri lavori fino a sabato. Ma quali sono le novità
previste da questo documento? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Luigi Morgano,
segretario nazionale della FISM:
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R. – Lo sforzo è quello di una attualizzazione rispetto alle domande di
tipo educativo, di tipo pedagogico, di tipo sociale, che oggi vengono rivolte
alla scuola, ovviamente mantenendo fino in fondo la nostra identità. Tra le
questioni di cui dibatteremo a lungo c’è sicuramente il tema del rapporto tra
educazione e interculturalità, che caratterizza ovviamente anche contesti
importanti di vita di tante realtà del nostro Paese. E segnalo che una parte
rilevante di bambini che frequentano le nostre scuole, figli di genitori
cosiddetti extra comunitari - dalla terminologia ormai entrata in vigore - e di
religione musulmana, scelgono le nostre scuole. C’è la sfida dell’educazione a
costruire questo cittadino europeo, che evidentemente parte anche dalla scuola
dell’infanzia.
D. – Spesso si parla di valori,
senza nominarli. Pertanto potrebbe specificare i valori cristiani ai quali si
fa riferimento in questo caso?
R. – Più che parlare di valori,
bisogna parlare e praticare oggi delle virtù, cioè oltre ad indicare grandi
temi e grandi riferimenti, oggi il problema è quello di far sì che questi diventino
una pratica quotidiana. Affermare la centralità del bambino nell’ambito
dell’educazione significa riconoscere che il bambino è valore, cioè è attorno a
lui che vanno funzionalizzate altre esigenze, che pur sono legittime, ma sono
di tipo sociale e comunque vengono dopo le esigenze del bambino stesso.
D. – Quali possono essere,
concretamente, i cambiamenti a livello organizzativo nella scuola?
R. – Lo sforzo che la nostra
Federazione ha compiuto e sta compiendo è legato ad una formazione ulteriore,
quindi, ad un aggiornamento continuo delle coordinatrici delle nostre scuole e,
unitamente a loro, del personale insegnante in particolare. Perché? Perché
queste novità comportano da un lato un’acquisizione di nuove conoscenze, ma
soprattutto la capacità poi di tradurre queste conoscenze nell’attività quotidiana.
Quindi, questa Carta dei valori si traduce poi nel progetto educativo che lì si
esplicita e soprattutto nel cosiddetto piano dell’offerta formativa.
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18 novembre 2004
LE
PROSSIME ELEZIONI PRESIDENZIALI IN UCRAINA DEVONO RAPPRESENTARE
UN ULTERIORE PASSO DELLA
SOCIETA’ VERSO LA DEMOCRATIZZAZIONE:
E’ L’ESORTAZIONE DEI
LEADERS DELLE CHIESE LOCALI,
IN VISTA
DELL’APPUNTAMENTO ELETTORALE DEL PROSSIMO 21 NOVEMBRE
VARSAVIA. = In vista delle elezioni presidenziali
in Ucraina, il prossimo 21 novembre, i leader delle Chiese del Paese hanno
diffuso una dichiarazione congiunta in cui invitano gli elettori a non cedere
“alle falsificazioni e alle pressioni”, ricordando alle autorità “il loro
giuramento di fedeltà al popolo ucraino”. “L’elezione del presidente – si legge
nel documento, firmato, tra gli altri, dal cardinale greco-cattolico Lubomyr
Husar, arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini, e da mons. Markijan
Trofimiak, vescovo Latino di Lutsk – non dovrebbe essere un obiettivo in sé, ma
solo un altro deciso passo di questa società verso la sua democratizzazione”.
Le elezioni sono il più importante appuntamento elettorale dall’indipendenza
del Paese dall’ex Unione sovietica, nel 1991, poiché dal loro esito dipenderà
anche il futuro dei rapporti con la vicina Russia e con l’Unione Europea. In gioco,
infatti, c’è l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e nell’UE, cui è favorevole il
principale candidato dell’opposizione, Viktor Yushchenko, e a cui è, invece,
contrario il candidato pro-russo, l’attuale primo ministro, Viktor Yanukovovych.
A questo proposito il cardinale Husar ha rimproverato nei giorni scorsi i
governi occidentali per il loro scarso “sostegno politico” all’integrazione
dell’Ucraina nell’Unione Europea. Senza questo sostegno, ha detto all’agenzia
cattolica polacca Kai, “essa rischia di diventare ostaggio della politica russa”.
Un giudizio condiviso dal cardinale Marian Jaworski, arcivescovo di Lviv dei
Latini: “Se l’Europa occidentale non si apre all’Ucraina – ha detto – il nostro
Paese sarà costretto a cercarsi un altro alleato”. (L.Z.)
LA VITA E’ IL DONO PIU’
PREZIOSO DI DIO E IN QUANTO TALE DEVE ESSERE
SEMPRE RISPETTATO. LO
SOTTOLINEANO I VESCOVI DEL KENYA,
IN UN DOCUMENTO CONTRO
LA LEGALIZZAZIONE DELL’ABORTO NEL PAESE
NAIROBI.
= Un fermo “no” alla legalizzazione dell’aborto in Kenya; rispetto per la vita
sin dal suo concepimento; e tutela dei minori, spesso soggetti agli abusi degli
adulti. Sono i punti chiave contenuti in un documento firmato dai 29 vescovi
del Paese africano, preoccupati per le questioni morali che stanno agitando il
Kenya in questo periodo. L’attenzione dei presuli, riferisce l’agenzia Fides,
si è concentrata sul tentativo di alcune lobby, composte da medici e
parlamentari, di far legalizzare in Kenya l’interruzione volontaria della
gravidanza. “Vogliamo dire a tutti i kenyani – scrivono i vescovi – che il
diritto alla vita è una questione di giustizia legale, ma anche una legge
naturale. La scienza che ha studiato gli embrioni ha dimostrato senza ombra di
dubbio la presenza della vita nel bambino non nato”. I vescovi sottolineano,
inoltre, che “la vita umana deve essere rispettata e rispettata assolutamente,
fin dal momento del concepimento”, definendo l’aborto “un assassinio, una grave
offesa alla morale”. Il documento nota poi che “quanti cooperano all’aborto
sono colpevoli di un grave peccato” e che “è dovere delle autorità civili e
politiche salvaguardare la vita di ogni essere umano innocente”. Affrontando il
tema dei diritti dei bambini, il testo si sofferma anche sulla necessità di far
crescere i bambini in un’atmosfera di amore e rispetto. Tale responsabilità,
sottolineano i presuli, ricade sui genitori, ma anche sugli educatori e le
autorità civili. Tutti i kenyani, esortano, infine, i vescovi, devono
concorrere a fermare il fenomeno degli abusi sessuali e delle violenze sui
minori, in crescita in Kenya. (B.C.)
PER IL PROSSIMO
CONGRESSO INTERNAZIONALE BUDDISTA,
A
YANGOON, IN MYANMAR. ALLA BASE DELLA PROTESTA IL REGIME BIRMANO,
CHE REPRIME IN MANIERA
SISTEMATICA I MONACI BUDDISTI
YANGOON.
= Pesa la minaccia di boicottaggio sul prossimo congresso internazionale
buddista, in programma dal 9 al 13 dicembre a Yangoon. Al momento, infatti,
riferisce l’agenzia Asianews, solo 12 delegazioni su 40 hanno confermato la
propria presenza. Il 12 novembre scorso la setta giapponese Nenbutsushu, che 8 anni
fa ha organizzato il primo summit internazionale buddista, ha
annunciato che non prenderà parte all’evento per protestare contro l’arresto
del primo ministro birmano Khin Nyut, colpevole di aver avviato un tavolo di
trattative con l’opposizione democratica. Nei giorni scorsi, l’Associazione di
aiuto ai prigionieri politici (AAPP), un’organizzazione non governativa
thailandese, ha pubblicato un rapporto in cui vengono segnalati tutti i casi di
maltrattamento ai danni di monaci buddisti birmani. Secondo l’ong sono circa
300 i monaci rinchiusi nelle carceri birmane come prigionieri politici. Il
documento, intitolato “Birmania: un Paese in cui i monaci buddisti sono
arrestati e costretti a smettere l’abito”, denuncia gli arresti ai danni dei
religiosi, gli interrogatori e la segregazione nei campi di lavoro. Secondo
l’AAPP, il regime birmano reprime in maniera sistematica i monaci buddisti, accusandoli
di connivenza con il movimento che si batte per la democrazia nel Paese. Dal
1998, anno in cui è cominciata la repressione del regime militare, gli arresti
sono diventati una vera prassi. Dal 2003 ad oggi oltre 100 monaci sono finiti
in manette. Le autorità birmane hanno aiutato gli organizzatori ad allestire
l’evento, finanziando in modo diretto la costruzione di un centro internazionale
per le conferenze. La giunta militare, infatti, non disdegna di farsi vedere
nei templi e spera che il congresso rilanci il turismo nel Paese. Su una popolazione di 46.298.000 abitanti i buddisti sono
il 72,2%, i cristiani l’8,3% e i musulmani il 2,4%. (B.C.)
IN QUASI TUTTI I PAESI DOVE SONO IN CORSO
CONFLITTI, I BAMBINI CONTINUANO
AD ESSERE RECLUTATI COME SOLDATI, SIA DALLE FORZE
GOVERNATIVE
SIA DA QUELLE DELL’OPPOSIZIONE. VENGONO FERITI,
SOTTOPOSTI AD EFFERATI
ABUSI ED ASSASSINATI. LO DENUNCIA LA COALIZIONE
“STOP ALL’USO
DEI BAMBINI SOLDATO!”, PRESENTANDO IERI IL SUO
RAPPORTO GLOBALE
- A cura di Sagida Syed –
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LONDRA. = Promossa da una
coalizione di Organizzazioni non governative, fondata nel 1998, la relazione ha
analizzato in 196 Paesi l’uso di minorenni da parte di milizie governative o
ribelli, nel periodo compreso tra l’aprile 2001 e il marzo 2004. Le cifre
parlano chiaro: soltanto in Africa almeno 100 mila sarebbero, sotto i 18 anni
di età, coinvolti in vari conflitti, di cui 25 mila in Costa d’Avorio e in
Sudan. Sono almeno 21 le guerre in atto che sfruttano i bambini a scopi
militari. In alcuni casi i minori vengono non solo addestrati all’uso delle
armi, ma vengono avviati allo spionaggio, come in Israele, e sono obbligati ad
usare violenza sui coetanei, come in Angola e Sierra Leone, e ci si serve di
loro come corrieri della droga, nel caso della Colombia. Aspre le condanne
anche per chi apre le file dell’esercito ai minorenni, tra i 16 ed i 18 anni, e
tra i Paesi occidentali nominati figura l’Italia, la Gran Bretagna, l’Olanda e
gli Stati Uniti, che permettono il reclutamento volontario. Capitolo speciale
viene dedicato ai dissidenti ceceni per l’ingaggio di bambini, ma non viene
risparmiata la Federazione russa per le torture inflitte ai piccoli ribelli o
presunti tali. La coalizione accusa anche i membri del G8 e l’Unione Europea di
non fare abbastanza per fermare questo abuso e si impegna a far firmare a tutti
i Paesi delle Nazioni Unite un trattato per il divieto di reclutamento dei
minori a fini militari.
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2005 PROCLAMATO DALL’ONU ANNO INTERNAZIONALE DEL
MICROCREDITO.
LA MICROFINANZA, SOTTOLINEA ANNAN NEL MESSAGGIO
PER L’OCCASIONE,
PERMETTE
DI ANDARE OLTRE LA SOPRAVVIVENZA QUOTIDIANA E SI PRESENTA
COME UNO
STRUMENTO CONCRETO NELLA LOTTA ALLA POVERTA’
NEW YORK. = “La microfinanza ha dimostrato la
propria importanza in molti Paesi, come strumento per combattere povertà e fame
e, dunque, migliorare l’esistenza, specialmente di coloro che ne hanno più
bisogno”. Lo sottolinea il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan,
nel messaggio per il lancio dell’Anno Mondiale del Microcredito, che si celebrerà
nel 2005. “La microfinanza – scrive
ancora il capo del Palazzo di Vetro – permette di andare al di là della logica
di sopravvivenza quotidiana, per impostare, invece, una pianificazione di più
lungo termine. Con la microfinanza, inoltre, possono aumentare gli investimenti
nei settori della nutrizione, immobiliare, della salute e dell’educazione per
le giovani generazioni”. La microfinanza, dunque, costituisce “lo strumento per
rompere il circolo vizioso della povertà”, ma non deve essere intesa come
carità. “Si tratta piuttosto – specifica Annan – di un modo di estendere alla
famiglie di basso reddito gli stessi diritti e servizi disponibili a chiunque
altro”. “Utilizziamo questo Anno Mondiale del Microcredito – conclude nel
messaggio – per collocare milioni di famiglie lungo il percorso che porta al
benessere”. In vista del 2005, intanto, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo
Agricolo (IFAD), agenzia ONU specializzata nello sviluppo delle aree rurali, ha
reso noto che un miliardo di persone, il 90 per cento
dei poveri del pianeta, non ha accesso
ai servizi finanziari. La disponibilità di servizi finanziari quali credito, risparmio,
assicurazioni e trasferimenti di denaro ai poveri dei Paesi in via di sviluppo,
invece, potrebbe contribuire a trasformare le esistenze di queste persone,
facendone uscire milioni dalla condizione di povertà e contribuendo al
raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo del Millennio di dimezzare entro il
2015 la percentuale di quanti vivono con meno di 1 dollaro al giorno. Dal 1978
ad oggi, l’IFAD ha investito oltre 8 miliardi di dollari, realizzando 653 progetti,
che hanno fatto uscire dalla povertà 250 milioni di persone, in 115 Paesi.
(B.C.)
CON UNA PROLUSIONE DEL CARDINALE CARLO MARIA
MARTINI,
È INIZIATO IERI POMERIGGIO ALLA GREGORIANA UN
SIMPOSIO DI TRE GIORNI
PER I CENTO ANNI DELLA NASCITA DEL GRANDE TEOLOGO,
BERNARD LONERGAN
- Servizio di Marco Cardinali -
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ROMA. = Il teologo gesuita
canadese padre Bernard Lonergan ha consacrato tutta la sua vita alla ricerca e
all’insegnamento. Apprezzato in campo scientifico e teologico da molte
università del mondo è stato spesso definito come il Tommaso d’Aquino della
teologia del nostro tempo, con i suoi 14 dottorati “honoris causa” e il suo
amore profondo per l’umanità e la verità. Le celebrazioni per il centenario
dalla nascita si sono aperte nella Pontificia Università Gregoriana, in cui il
padre Lonergan ha studiato dal 1933 al 1940 e insegnato dal 1953 al 1964. Il
rettore della Gregoriana, il padre gesuita Gianfranco Ghirlanda, ha letto il
telegramma del Papa ai partecipanti al simposio, in cui vi è espresso l’augurio
di un proficuo lavoro nel ricordo di un teologo che ha dato tanto alla ricerca
e alla Chiesa. Nella sua prolusione il cardinale Carlo Maria Martini ha parlato
di Lonergan, che non ha mai conosciuto personalmente, partendo dagli scritti del
teologo, che hanno accompagnato i suoi studi da giovane prete e hanno segnato
profondamente il suo lavoro pastorale come arcivescovo di Milano. “La lettura
dei suoi testi – ha detto il porporato – metteva in ordine tanti miei pensieri
e dava risposte a tante mie domande”. Il cardinale ha parlato della “visuale
mistica” dell’esperienza umana che è possibile desumere dagli scritti del
teologo, in cui la ricerca della verità passa nel modo stesso di ragionare, conoscere,
pensare, un processo lungo e difficile che porta l’uomo a quella maturità
intellettuale, morale, religiosa, che non è disgiunta dall’amore di Dio donato
nel suo Spirito. Il pensiero di Lonergan – ha proseguito Martini – propone
“contributi irrinunciabili per un pensiero cristiano che sia all’altezza dei
tempi e delle sfide del mondo di oggi e di domani”.
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- A cura di Fausta Speranza -
L'Egitto ha accettato
le scuse e le spiegazioni di Israele per l'uccisione accidentale di tre suoi poliziotti, colpiti dalla cannonata di
un carro armato israeliano, al confine con la striscia di Gaza. E’ quanto
riferisce l'ufficio del premier israeliano Sharon che stamane ha telefonato al
presidente egiziano Mubarak per esprimergli il suo rammarico e assicurargli che
è stato un incidente: erano stati scambiati per trafficanti di armi. L'Egitto,
ha aggiunto, riceverà una copia della minuziosa inchiesta che l'esercito
sta conducendo sulle circostanze. C’è
notizia però di un comunicato del ministero degli esteri del Cairo in cui
l'Egitto ''condanna e protesta energicamente chiedendo spiegazioni. E, da parte
sua, Il rappresentante permanente palestinese presso la Lega Araba, Mohammed
Sobeih, ha condannato a sua volta l'episodio affermando che ''si tratta di un
atto premeditato'' ed ha rifiutato la spiegazione israeliana dell'uccisione per
errore. Per l’Egitto, quanto accaduto è ''una violazione degli accordi di Camp
David''. Per capire perché, Giada Aquilino ha intervistato Antonio Ferrari,
inviato speciale del Corriere della Sera e grande esperto di Medio Oriente:
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R. – Perché gli accordi di Camp
David, accordi di pace da parte dell’Egitto e da parte di Israele, sono stati
il primo tentativo di soluzione di un lungo conflitto. Negli accordi di Camp
David si era detto che le parti avrebbero fatto tutto il possibile per evitare
qualsiasi tipo di incidente che potesse in qualche modo macchiare quella che
era stata ritenuta, e che il tempo ha confermato essere, una decisione storica:
quella del primo trattato di pace tra un Paese arabo e Israele. Quindi,
l’Egitto può vedere in questo fatto, sia pur accidentale, una violazione di
quegli accordi.
D. – Gli accordi prevedono che
al confine tra Egitto e Territori vi sia una fascia controllata dall’esercito
israeliano. Di fatto che situazione c’è in quella zona?
R. – E’ un confine tra due Stati
e un’entità: tra l’Egitto, Israele e la Striscia di Gaza che, secondo il piano
di Sharon, dovrà essere evacuata, compreso lo smantellamento di tutti gli insediamenti
entro il prossimo anno. Gli israeliani hanno creato una specie di cuscinetto
tra Gaza e il confine egiziano, e questo cuscinetto si è caricato di tutte le
tensioni che in questo momento vi sono tra i palestinesi ed Israele.
D. – Ma in che modo si cambiano
gli equilibri? Quale sarà la posizione di Israele, dell’Autorità nazionale
palestinese e dell’Egitto?
R. – Il garante, quello che sta
lavorando per fare in modo che vi possa essere una situazione pacificata quando
Israele se ne andrà dalla Striscia di Gaza, è proprio l’Egitto. Quindi,
l’Egitto probabilmente non ha altra strada se non quella di accettare le scuse
di Israele. Soltanto l’Egitto in questo momento, come Paese arabo, può
esercitare quell’influenza, potendo parlare sia con i palestinesi sia con gli
israeliani, che nessun altro nella regione può esercitare.
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Circa 60 poliziotti iracheni
sono stati rapiti alla frontiera con la Giordania e anche oggi non mancano gli
episodi di violenza in Iraq con perdita di vite umane. In studio Fausta
Speranza:
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Quattro gli iracheni morti e uno
gravemente ferito nella zona di Kirkuk, per un’esplosione nella città
petrolifera dell'Iraq settentrionale. Una bomba è esplosa anche a Mossul, sempre
nel nord dell'Iraq: ci sarebbero vittime ma non si sa quante. Ennesima
autobomba anche a Baghdad: è esplosa all’esterno di un commissariato della
polizia irachena, sembra, facendo una vittima. Intanto, continuano le
operazioni americane a Falluja. Le forze statunitensi hanno bombardato con colpi
d’artiglieria postazioni dei ribelli nella parte sud della città. Intanto, il
premier iracheno provvisorio, Allawi, ha espresso viva inquietudine dopo l'uccisione,
da parte di un marine americano, di un iracheno ferito in una moschea di
Falluja. Un episodio che ha destato deprecazione in tutta la comunità internazionale.
I vertici militari americani hanno assicurato che è stata avviata un’inchiesta,
i cui risultati saranno resi noti in modo trasparente al governo iracheno. Il
marine, autore del gesto, è già stato tolto dai reparti combattenti. Per quanto riguarda il corpo mutilato della
“donna occidentale'' trovato dalle truppe Usa a Falluja, verrà sottoposto al
test del DNA per stabilire se sia quello di Margaret Hassan, l'operatrice
umanitaria anglo-irachena che risulta assassinata dai rapitori nel video
inviato a Al Jazeera.
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E di Iraq si parlerà a Londra,
dove è in visita il presidente francese, Jacques Chirac. La stampa inglese ha
accolto con freddezza l’arrivo del capo di Stato. In particolare sono state
contestate alcune dichiarazioni del capo dell’Eliseo che ha sottolineato che
non si vedono i vantaggi per l’Inghilterra per l’appoggio militare agli Usa
nella guerra in Iraq.
Il Parlamento europeo ha dato la
sua approvazione all'investitura della nuova Commissione presieduta dal
portoghese José Manuel Barroso. I voti a favore sono stati 449, i contrari 149
e le astensioni 82. Hanno partecipato alla votazione 680 eurodeputati. In
precedenza, l'Assemblea aveva approvato la mozione comune a sostegno della
Commissione nella quale i parlamentari chiedono l'impegno del presidente
designato su conflitto di interessi e su un’eventuale mozione di sfiducia
individuale nei confronti di un commissario. Visto il mandato dell’italiano
Frattini alla Commissione, l’incarico di ministro degli esteri in Italia viene
affidato a Gianfranco Fini, già vicepresidente del governo.
Con le ultime partenze di
stanotte, sono oltre 7000 i francesi che hanno lasciato la Costa d’Avorio, dopo
lo scoppio delle violenze tra i fedelissimi del presidente Gbagbo e i ribelli
del Nord. E per motivi di sicurezza prosegue anche l’esodo degli ivoriani verso
la Liberia. Diecimila persone hanno già oltrepassato la frontiera. E oggi
Gbagbo ha lanciato un appello, invitando gli imprenditori francesi a tornare in
Costa d’Avorio.
Slitta al 22 dicembre il
referendum costituzionale in Burundi, inizialmente previsto per la prossima
settimana. La decisione è stata adottata per “ragioni logistiche”, ha detto in
conferenza stampa il capo della Commissione Elettorale. In pratica non sono
ancora disponibili “le scatole dove deporre le schede, né le cabine per le
votazioni e i certificati per gli elettori”.
Manifestazioni di protesta si
sono verificate ieri a Santiago del Cile, in occasione della visita del
presidente americano George W. Bush al vertice dell’Apec, l’organizzazione di cooperazione
economica Asia-Pacifico, i cui lavori inizieranno sabato. Diversi gli scontri
scoppiati nel centro città fra gli agenti di polizia e i partecipanti ai cortei. Oltre 300
le persone arrestate.
Continua
in Kashmir la storica visita del primo ministro indiano Singh. Oggi i ribelli
separatisti filopakistani decideranno se accettare la proposta di dialogo incondizionato
sulla regione contesa tra New Delhi e Islamabad. Il servizio di Maria Grazia
Coggiola:
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Mentre dal Pakistan sono
arrivati commenti positivi sull’iniziativa del premier indiano Singh, di
ridurre le truppe in Kashmir e di promuovere la pace e l’economia nella travagliata
regione himalayana, i separatisti non sembrano molto convinti sulle buone intenzioni
del governo di New Delhi. Una delle loro richieste principali è di riavere il
permesso di recarsi in Pakistan per consultazioni. Un permesso, questo, finora
sempre negato dal governo indiano. Nella sua prima visita da premier, Singh ha
ribadito che i confini non si toccano e che l’India non accetterà alcuna
ulteriore divisione del Kashmir. E’ questo il punto critico del disgelo,
avviato quasi un anno fa tra India e Pakistan. Singh ha così rigettato la
proposta lanciata di recente da Musharraf. Il presidente pakistano aveva proposto
di demilitarizzare la regione, dividendola in sette settori autonomi sotto un
controllo congiunto o sotto l’amministrazione dell’ONU.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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