RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
321 - Testo della trasmissione di martedì
16 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Ad un
mese dall’apertura dell’Anno eucaristico, la riflessione del cardinale Francis
Arinze.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Eletto ieri a Washington il nuovo presidente della Conferenza
episcopale statunitense
Si aprirà mercoledì a Cuba la nona Settimana sociale cattolica
Presentata presso la Radio Vaticana la Giornata nazionale delle
migrazioni
Embargo immediato sull’acquisto di armi. Lo ha deciso l’ONU per la Costa d’Avorio
Con l’obiettivo di
agevolare le elezioni presidenziali del prossimo 9 gennaio, la Jihad islamica e
le brigate dei martiri di Al Aqsa intendono di voler cessare gli attacchi in
Israele per 60 giorni.
16
novembre 2004
I PASTORI AIUTINO IL GREGGE DEI FEDELI A CRESCERE
NELLA CONSAPEVOLEZZA DEL MISTERO EUCARISTICO,
FONTE DI COMUNIONE E DI CARITA’ PER I CREDENTI
E DI APOSTOLATO VERSO I LONTANI.
COSI’ IL PAPA AI PRESULI DELLA SEGRETERIA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Nell’Anno dell’Eucaristia si
rafforzi la comunione ecclesiale ad ogni livello, dalla gerarchia al popolo di
Dio, e si allarghino i confini della carità pastorale. Giovanni Paolo II ha
espresso questo auspicio ricevendo i presuli della Segreteria generale del
Sinodo dei vescovi, riuniti per il loro decimo Consiglio ordinario. Una
riunione che si svolge in vista della prossima Assemblea generale ordinaria del
Sinodo dei vescovi, che sarà dedicata proprio all’Eucaristia come “fonte e
culmine della missione della Chiesa”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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Comunione e carità, due parole
nelle quali è racchiusa l’essenza dei rapporti che uniscono tutti i pastori
della Chiesa con il Papa, tra di loro, con il clero e i fedeli. Due parole che
trovano il loro significato nell’Eucaristia, mistero dal quale la Chiesa
attinge “le energie vitali per la sua presenza e la sua azione nella storia
degli uomini”. A un mese dall’istituzione dell’Anno speciale dedicato
all’Eucaristia, Giovanni Paolo II è ritornato sull’argomento con i presuli
della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, impegnata a preparare attorno
al tema eucaristico l’undicesima Assemblea generale ordinaria del Sinodo.
Questo appuntamento - ha affermato il Papa - fornirà “ancora una volta
l’occasione propizia perché nella Chiesa si confermi la fede nell’adorabile
mistero dell’Eucaristia, si rinnovi la comunione collegiale e gerarchica, si
promuova la carità fraterna”.
Del
resto - ha spiegato il Pontefice - la dottrina e la spiritualità della
comunione sono state il tratto distintivo del Sinodo dei vescovi fin dalla
nascita di questo organismo, avvenuta 39 anni fa per volontà di Paolo VI. E
tale comunione trova la “sua prefigurazione ideale” solo nell’Eucaristia.
Dunque, la coincidenza tra l’Anno dell’Eucaristia e la prossima Assemblea
dedicata a questo tema rappresenta - ha detto Giovanni Paolo II - “uno speciale
caso di reciprocità tra la Chiesa universale e il Sinodo stesso”. Il Papa ha
quindi espresso un augurio: il magistero sulla dottrina e la prassi
eucaristica, contenuto nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia e nella
Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, trovi “universalmente gli animi
pronti alla comunione con il Signore e con i fratelli nel mandato della
carità”. I vescovi - ha aggiunto - avranno il compito specifico di essere
“maestri autentici della comunione” e di aiutare il corpo ecclesiale a crescere
nell’unità, perché “si dilatino gli spazi della carità pastorale” e “la
collegialità e la comunione gerarchica fioriscano per i frutti santi dello
Spirito”. Ed ha concluso:
“Possa la Chiesa, rinnovata nella riscoperta del dono
e del mistero dell’Eucaristia, estendere tale inesauribile ricchezza di vita ai
vicini e ai lontani in un’urgente opera di nuova evangelizzazione”.
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L’IMPEGNO DEI CATTOLICI IN QUESTO ANNO EUCARISTICO
- Intervista con il cardinale Francis Arinze -
Domani sarà un mese
dall’indizione dell’Anno Eucaristico, avvenuta il 17 ottobre scorso, mentre a
Guadalajara, in Messico, si concludeva il Congresso eucaristico internazionale.
Giovanni Paolo II ha chiesto ai fedeli della Chiesa cattolica un impegno più marcato a vivere con intensità e
consapevolezza il mistero grande della nostra fede, l’Eucaristia, che Gesù ci
ha lasciato il Giovedì Santo nell’ultima Cena. Su questo impegno, ascoltiamo,
nell’intervista di Giovanni Peduto, il prefetto della Congregazione per il
culto divino e la disciplina dei sacramenti, il cardinale Francis Arinze:
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R. – Mistero della fede, del
quale non conosciamo mai abbastanza, che possiamo riscoprire sempre di più, adorare sempre più, ammirare sempre
più. Possiamo contemplare Gesù e
riceverlo. L’Anno dell’Eucaristia è una grazia per accrescere nella fede
attraverso la preghiera, la riflessione, con giornate di studio, della
Santissima Eucaristia. Un Anno di più attenta celebrazione del mistero
eucaristico nella Santa Messa. Un Anno di adorazione fuori della Messa.
D. – Il Papa non chiede di fare
cose straordinarie, ma che tutte le iniziative siano improntate a profonda
interiorità ...
R. – Giustamente il Papa ha
insistito su questo nella Lettera enciclica “Mane Nobiscum, Domine”. Egli
privilegia la Messa domenicale. Niente ha la priorità sulla Messa della
domenica. Poi adorazione della Santissima Eucaristia fuori della Messa: visite,
Ore Sante, adorazione tutta la giornata, anche la notte. Il Santo Padre chiede
alla Chiesa che in ogni diocesi, parrocchia, nazione si faccia un programma,
senza interferire con il piano pastorale di nessuna diocesi, perché
l’Eucaristia è la fonte dell’energia spirituale della Chiesa. Senza
l’Eucaristia non si capisce la Chiesa. Senza l’Eucaristia la Chiesa non c’è.
D. – Il Papa chiede che in
questo Anno i cristiani possano impegnarsi a testimoniare con più forza la
presenza di Dio nel mondo, senza aver paura di parlare di Dio e di portare a
testa alta i segni della fede...
R. – Giustamente Gesù ci ha
detto: “Chi mi confessa davanti agli uomini, io lo confesserò davanti al Padre
mio”. Perché il sacerdote deve esitare a mostrarsi sacerdote, vestendosi da
chierico, o la suora da suora o il frate da frate? Perché il cristiano non fa il
segno della Croce in un ristorante? Perché non dire il rosario sul treno,
nell’autobus? Perché no? Non provochiamo nessuno, la religione non è un
articolo di contrabbando. E’ la buona Novella che noi annunciamo alla luce del
giorno senza provocare nessuno, ma senza nascondere che siamo lieti di essere
seguaci di Gesù.
D. – Eucaristia e solidarietà.
Il Papa esorta a non illudersi. L’amore vicendevole e la condivisione con i più
poveri provano l’autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche...
R. – Anche su questa dimensione
il Santo Padre insiste nella Lettera apostolica: la promozione della giustizia
e della pace nella società fa parte del nostro impegno nell’Eucaristia.
Pensiamo agli affamati, ai malati, alle persone sole, agli anziani. Pensiamo alla
solidarietà internazionale verso i Paesi in via di sviluppo. Tutto questo non è
fuori dall’Eucaristia. Alla fine della Messa siamo mandati a vivere ciò per cui
noi abbiamo pregato e cantato. Questo è il senso di Ite Missa est.
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NOMINA
Il Santo
Padre ha nominato vescovo di San Francisco in Argentina il reverendo Carlos
José Tissera, del clero della diocesi di Villa de la Concepción del Río Cuarto, finora parroco della cattedrale. Mons. Carlos José
Tissera è nato a Río Cuarto il 10 settembre 1951. E’ stato direttore spirituale
del Seminario di Río Cuarto (1983-1992) ed è membro del Consiglio Presbiterale
e del Collegio dei Consultori e coordinatore del gruppo incaricato della
formazione permanente dei sacerdoti.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"La
Chiesa attinge dall'Eucaristia le energie vitali per la sua presenza e per la
sua azione nella storia degli uomini": è il titolo che apre la prima pagina,
in riferimento al discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti all'ottava
Riunione del Decimo Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo
dei vescovi.
Sempre
in prima, in evidenza l'Iraq. Nell'offensiva di Falluja catturati più di mille
miliziani. Un operatore tv riprende la scena di un marine Usa che, in una moschea, uccide
un iracheno rimasto ferito.
Nelle
vaticane, una pagina dedicata al decimo anniversario della morte della Serva di
Dio Maria Alfonsa di Gesù Bambino.
Nelle
estere, Stati Uniti: Colin Powell si dimette da Segretario di Stato.
Nella
pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "Riflessioni
sulla ricerca di una identità europea": in margine a un dibattito di viva
attualità.
Per
l'"Osservatore libri", un approfondito contributo critico di Claudio
Toscani in merito ai "Romanzi e racconti" di Dashiell Hammett, nei
Meridiani.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della finanziaria.
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16 novembre 2004
DOPO L’OFFENSIVA SU FALLUJA, LA CITTA DI MOSSUL È
IL NUOVO EPICENTRO
DELLE
OPERAZIONI CONTRO POSTAZIONI DEI RIBELLI.
CONTRARIAMENTE ALLE DICHIARAZIONI DI AMNESTY
INTERNATIONAL,
IL GOVERNO IRACHENO DICHIARA CHE LA POPOLAZIONE DI
FALLUJA
NON HA BISOGNO DI AIUTI DI EMERGENZA
- Intervista con Riccardo Noury ed Ismail
Daoud -
Alla
seconda settimana di battaglia a Fallujah, i carri armati statunitensi sono penetrati
ieri nell'ultimo bastione di resistenza nella parte meridionale della città.
Oltre mille i guerriglieri catturati finora, ma gruppi di insorti continuano a
bersagliare marines americani e governativi iracheni. Un nuovo fronte, intanto,
si è aperto a Mossul, dove si concentrano gruppi di ribelli. Ce ne parla Amedeo
Lomonaco:
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Dopo
Falluja, l’offensiva contro le formazioni di ribelli si è spostata a Mossul. Le
operazioni militari sono cominciate dal lato occidentale del fiume Tigri per
piegare le ultime sacche di resistenza. E sempre a Mossul, città a maggioranza
sunnita, i ribelli hanno attaccato e distrutto tre commissariati di polizia.
L’agguato non ha fortunatamente provocato vittime. Ma la guerriglia ha colpito
anche in altre aree del Paese. A nord di Baghdad un soldato americano è rimasto
ucciso in un attacco perpetrato da insorti. I guerriglieri hanno poi assassinato
un camionista turco a Baiji e sabotato un oleodotto a Kirkuk. A sud della capitale
sono stati trovati, inoltre, 18 cadaveri alcuni dei quali decapitati. E mentre
si continua a combattere anche a Baquba, l’esecutivo iracheno rende noto che i
civili rimasti a Falluja, circa 50 mila, non hanno bisogno di aiuti di
emergenza perché nella città non c’è carenza di rifornimenti. Secondo il
governo, inoltre, la maggior parte degli abitanti della roccaforte sunnita,
dove vivevano oltre 300 mila persone prima dell’inizio dei combattimenti, ha abbandonato
la città prima che scattasse l’offensiva delle forze americane e irachene. Sul
versante politico, si deve registrare l’arresto da parte degli americani del
vicepresidente del parlamento provvisorio appartenente al partito islamico. Il
portavoce dello schieramento politico non ha escluso, in un’intervista
rilasciata ad Al Jazeera, che il provvedimento sia legato a “pressioni esercitate sul partito a
causa delle dure prese di posizione nazionaliste sugli avvenimenti in Iraq”.
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E
intanto proprio sui fatti di Fallujah, Amnesty International ha invece denunciato
che nei combattimenti nella città sunnita non sono state prese le necessarie
precauzioni per garantire che i civili non fossero colpiti. Ce ne parla
Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International,
intervistato da Giada Aquilino:
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R. – Le notizie che abbiamo
testimoniano che entrambe le parti, sia i soldati americani ed iracheni, sia i
gruppi armati, non hanno preso la minima precauzione e cautela per risparmiare
alla popolazione civile questa ennesima prova. Le fonti statunitensi danno il
numero degli insorti uccisi, quello dei propri soldati caduti, ma non ci sono
notizie attendibili sulla sorte di centinaia, forse migliaia, di civili che
sono rimasti nella città ed hanno subito le conseguenze più pesanti degli
scontri.
D. – Esistono regole di condotta
in guerra che proteggano i civili ed i combattenti feriti?
R. – Sono regole sancite nel
diritto umanitario. Sono norme addirittura di diritto consuetudinario, vincolanti
per tutti gli Stati e per tutte le parti non governative coinvolte in un conflitto.
Sono regole estremamente chiare: i civili vanno risparmiati dal conflitto; non
si può infierire su persone poste fuori combattimento; vanno assicurate particolari
tutele di incolumità fisica alle persone arrestate. Queste salvaguardie non
hanno possibilità di deroga. La deroga, in realtà, è quella che abbiamo sotto i
nostri occhi: edifici civili presi di mira; civili assassinati, addirittura
all’interno di una struttura medica; luoghi di culto utilizzati dagli insorti
come arsenali per munizioni; combattenti iracheni uccisi a sangue freddo dopo
essere stati feriti. Insomma si tratta di un elenco molto lungo che testimonia
quanto queste regole siano state violate da entrambe le parti.
D. – Agli occhi degli iracheni
come può apparire Fallujah?
R. – Per alcuni come una città
martire, per altri come una città pacificata. Credo che l’attenzione debba oggi
essere posta sugli abitanti. Abbiamo notizie di una crisi umanitaria che
riguarda la scarsità di cibo, di acqua, di medicinali, di elettricità;
l’impossibilità di dare sepoltura alle vittime e di curare i feriti. Vorremmo
sperare di non trovarci di fronte ad un’ecatombe di dimensioni enormi.
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La
situazione umanitaria a Fallujah è dunque allarmante: la Mezzaluna Rossa ha
deciso di non entrare in città, per motivi di sicurezza, proprio quando nel
Paese continuano le violazioni dei diritti umani. Massimiliano Menichetti ha
raccolto il commento di Ismail Daud dell’associazione nazionale per la difesa
dei diritti umani in Iraq:
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R. – (PAROLE IN ARABO)
I
diritti dell’uomo in Iraq sta attraversando un momento molto critico. Ci sono
tantissime violazioni. Per ora non è possibile neanche ipotizzare delle stime.
L’unica cosa che possiamo fare è lavorare su due direttrici, per cercare di
creare una coscienza sensibile ai diritti dell’uomo. Da una parte, monitorare
ogni tipo di violazione, dall’altra lottare per diffondere un principio che
fino ad oggi è neanche conosciuto nel Paese.
D. – Ma voi siete favorevoli
all’aiuto delle organizzazioni internazionali, come la Croce Rossa, l’ONU …?
R. - (PAROLE IN ARABO)
Noi riteniamo che sia giusto ed
essenziale che il popolo iracheno abbia il supporto di organismi internazionali
come le Nazioni Unite o organizzazioni della società civile. Abbiamo bisogno
dell’aiuto di queste forze di pace, per raggiungere i nostri obiettivi e
soccorrere la nostra gente. Abbiamo bisogno di chi opera già da tempo nel campo
dei diritti umani, per capire come fare per diffondere questo principio di
diritto che ora è impossibile far rispettare a causa della guerra e del
terrorismo.
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COLIN POWELL LASCIA IL
DIPARTIMENTO DI STATO AMERICANO:
AL SUO POSTO BUSH SCEGLIE CONDOLEEZZA RICE E
PREPARA
UN RIMPASTO DEL GOVERNO PER IL SUO SECONDO MANDATO
ALLA CASA BIANCA
- Intervista con Empedocle
Maffia -
Cambio della guardia al
Dipartimento di Stato americano: Colin Powell lascia l’incarico di capo della
diplomazia statunitense. Al suo posto andrà l’attuale Consigliere per la Sicurezza
Nazionale, Condoleezza Rice. L’ex generale resterà in carica fino a quando la
Rice non sarà confermata dal Senato. Al più tardi, la nomina sarà comunque approvata
per il 20 gennaio, data del giuramento di Bush per il suo secondo mandato alla
Casa Bianca. Da New York, Paolo Mastrolilli:
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“Sono contento – ha scritto l’ex
generale nella lettera inviata al capo della Casa Bianca - di aver fatto parte
della squadra che ha lanciato la guerra globale al terrorismo e ha liberato la
popolazione dell’Afghanistan e dell’Iraq. Ora che le elezioni sono passate
credo che sia arrivato il momento di dimettermi. Powell è sempre stato
percepito come una voce di moderazione nel governo, messo a volte in minoranza
dalla rivalità con il capo del Pentagono, Rumsfeld. Nel febbraio del 2003,
proprio il segretario di Stato era andato all’Onu per denunciare la presenza
delle armi di distruzione di massa in Iraq e chiedere l’appoggio internazionale
all’invasione, ma poi aveva dovuto ammettere che alcune informazioni ricevute
dalla CIA non erano corrette e ne aveva chiesto conto. Con Powell ieri hanno lasciato
il governo anche il segretario dell’energia Abraham, quello dell’istruzione
Paige, quello dell’agricoltura Veneman per un avvicendamento tra il primo e il
secondo gabinetto che aveva già coinvolto il ministro della giustizia Ashcroft.
Da
New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Sul
ruolo di Colin Powell nell’amministrazione Bush, Roberto Piermarini ha raccolto
la riflessione del collega Empedocle Maffia, raggiunto telefonicamente a Washington:
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R. – Quando Colin Powell fu
scelto da Bush perché diventasse segretario di Stato nel 2000 rappresentava la
voce della continuità americana che affidava alla diplomazia la gestione
politica della sua forza. Aveva alle spalle non solo la sua grande carriera
militare ma anche la gestione della parte finale della Guerra Fredda e della
guerra del Golfo del 1991. Due momenti nei quali, grazie alla diplomazia,
l’America riuscì a prevalere alla testa di grandi alleanze. Poi ci fu l’11
settembre con la scelta di Bush della guerra preventiva come nuovo modo di imporre
la volontà americana contro il terrorismo. E da quel momento Colin Powell,
rispetto al vice presidente Cheney, al segretario alla Difesa Rumsfeld, alla
stessa Condoleezza Rice e rispetto al presidente Bush è sempre stato un elemento
di contraddizione. Spesso dai verbali delle riunioni del governo emergeva uno
dei suoi oppositori che diceva: ma Powell ha sempre dei problemi rispetto a
tutte le scelte militari che proponiamo. Da qui lo sfasamento della carica di
Segretario di Stato rispetto alla conduzione complessiva della politica
governativa, che ha portato alle dimissioni di Powell.
D. – Con Condoleezza Rice che
cosa cambia per l’amministrazione Bush e che cosa rimane?
R. – Cambia l’assenza di questo
elemento di contraddizione e rimane più compatta una scelta precisa: quella di
affidare soprattutto alla forza americana la gestione della lotta al terrorismo.
Condoleezza Rice nella sua indubbia capacità di analisi politica ha sempre
fornito a Bush il sottofondo ideologico delle scelte che il presidente ha fatto
dopo l’11 settembre. Aveva delle difficoltà a volte perché, per quanto debole
politicamente, il segretario di Stato aveva comunque il rapporto con il resto
del mondo. Adesso, assumendo ella stessa l’incarico di segretario di Stato,
questa cortina cade. Si potrebbe dire in due modi: da una parte, non ci saranno
più alibi per chi vorrà opporsi all’interno dell’amministrazione alla politica
di Bush e, dall’altro, cresceranno elementi di contraddizione anche nel
Congresso repubblicano rispetto ad una risolutezza americana tutta puntata
sulla forza. Nonostante l’esito elettorale di pochi giorni fa, resta un punto
di discussione all’interno dei repubblicani.
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LA TOLLERANZA SERVE AGLI UOMINI PER VIVERE IN
PACE: COSÌ KOFI ANNAN
NEL MESSAGGIO PER L’ODIERNA GIORNATA MONDIALE
DELLA TOLLERANZA
- Intervista con Giovanni Puglisi -
Tolleranza per la pace, per la
democrazia, per lo sviluppo sostenibile. Non c’è società che possa fiorire
senza promuovere questo valore essenziale. Così il segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan, in occasione della Giornata Mondiale della
Tolleranza che ricorre oggi. Per Annan, “lo scenario mondiale continua ad
essere colpito da fanatismo, sfruttamento dell’ignoranza, paura dell’altro e la
promozione della tolleranza rappresenta una delle risposte migliori a un
comportamento tanto deleterio”. Inoltre, “tolleranza non significa
semplicemente sopportare gli altri. Al contrario – aggiunge Annan - significa
adoperarsi attivamente in favore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
riconoscendo costantemente che ciò che ci unisce è più potente di ciò che ci divide”.
Inoltre –raccomanda il segretario delle Nazioni Unite- bisogna “conformarsi a
regole di condotta che esaltino il senso di responsabilità, non solo verso se
stessi, ma anche verso gli altri”. Dunque, la tolleranza al centro di tutto. Ma
come è nata la Giornata mondiale della tolleranza? Lo abbiamo chiesto a
Giovanni Puglisi, presidente della commissione nazionale per l’UNESCO:
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R. – La Giornata mondiale della
tolleranza nasce dalla necessità di mettere a confronto culture diverse in un
mondo sempre più votato alla conflittualità strisciante emergente. E allora la
Giornata mondiale è un momento in cui si invita tutto il mondo, i giovani, le
persone più sensibili, cercando di arrivare in qualche maniera anche alle
persone meno sensibili, alla necessità e alla opportunità che i conflitti si
dirimano attraverso il dialogo e la comprensione reciproca. Lo scontro deve
essere sempre più uno scontro di idee e sempre meno uno scontro tra uomini.
D. – Come si coniuga l’ideale di
tolleranza con il principio politico di azione?
R. – Il principio politico di
azione presuppone una progettualità dell’azione rispetto a dei fini e
presuppone, a mio modo di vedere, l’intangibilità della persona. Da questo
punto di vista, credo che il principio di tolleranza possa essere inteso come
la griglia virtuale all’interno della quale si inseriscono queste coordinate,
dove il momento dell’azione non può mai prescindere dal rispetto della persona,
dal rispetto delle idee e dall’intelligenza dei problemi.
D. – Nella realtà sociale,
dunque, quale può essere il valore della tolleranza?
R. – Il valore della tolleranza
è sempre un valore determinato da una capacità di aprirsi al confronto con gli
altri. Non esiste tolleranza se non c’è una capacità di articolare un confronto
costante, diretto, mirato all’intelligenza dei problemi, delle cose, delle
situazioni. Quindi, preferirei chiamare la tolleranza desiderio di conoscenza e
rispetto dell’altro. In un mondo in cui crescono le violenze, cresce la
risoluzione violenta dei problemi, credo che sia importante un richiamo alla
possibilità, che ha sempre vinto nel mondo, sostanzialmente, anche se con tempi
molto lunghi, del confronto delle idee e del rispetto reciproco.
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CONCLUSA A ROMA LA SETTIMANA DI CELEBRAZIONI
PER IL 1.650.MO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI
SANT’AGOSTINO
- Intervista con padre Miguelangel Martin Juarez e
con padre Giustino Casciano -
Si è conclusa a Roma la
settimana delle celebrazioni per il 1650.mo anniversario della nascita di
sant’Agostino. Dal 7 al 15 novembre le reliquie del vescovo di Ippona sono state
ospitate nella basilica da lui dedicata, dove si sono svolti incontri,
celebrazioni e concerti. Ieri mattina il suggestivo rito di congedo e una
tavola rotonda. Il servizio di Tiziana Campisi:
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L’urna con le reliquie di
Sant’Agostino è partita ieri mattina da Roma per Pavia, dove è custodita
dall’VIII secolo, dopo il rito di congedo che si è svolto nella Basilica a lui
dedicata. A presiederlo il segretario generale dell’Ordine di Sant’Agostino,
Padre Miguelangel Martin Juarez:
“Sono stati giorni di intense celebrazioni, nelle quali abbiamo sentito
tante parole, tante idee e tante riflessioni. Viene adesso il momento di
interiorizzare, di mettere nel fondo della nostra coscienza, tutte queste
realtà che abbiamo vissuto e celebrato. Viene ora il momento dell’impegno: un
qualcosa che deve coinvolgere tutta la nostra vita e deve impegnarci in tutte
le nostre attività. Quello è il vero momento in cui dobbiamo cercare di vedere
la presenza di Dio”.
All’Istituto Patristico
Augustinianum, in una tavola rotonda a chiusura della settimana dedicata al
grande Padre della Chiesa, si è discusso di comunicazione ed etica, alla luce degli
insegnamenti del vescovo di Ippona. Sono intervenuti il ministro delle Comunicazioni,
Maurizio Gasbarri, e il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni
Sociali, mons. John Foley. “Ogni comunicazione dovrebbe contribuire al bene
comune e non sminuirlo”, ha detto mons. Foley. “Sono sicuro che Sant’Agostino
stesso – ha proseguito – abbraccerebbe i principi della verità, della dignità
personale e del bene comune”.
Le celebrazioni per il 1650.mo
anniversario della nascita di Sant’Agostino hanno coinvolto migliaia di
persone. Nelle diverse giornate, dedicate a svariate tematiche agostiniane, la
Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio è stata meta di pellegrinaggi di fedeli
e curiosi. Abbiamo chiesto a padre Giustino Casciano, religioso agostiniano e
custode delle reliquie di Sant’Agostino a Pavia, un bilancio della Settimana Agostiniana
a Roma:
“Una settimana
di grazia; una settimana veramente bella e ricca di esperienze. Il momento più
emozionante è stato quando siamo andati in Vaticano dal Santo Padre, che ci ha
accolti nella Cappella privata. Molti sono
stati i vescovi, i sacerdoti ed i giovani che sono venuti a pregare
Sant’Agostino. Moltissimi i giovani che hanno partecipato alla fiaccolata da
Piazza Navona alla Basilica di Sant’Agostino. E’ stata veramente una testimonianza
di come Sant’Agostino non è soltanto l’uomo della cultura, il vescovo che offre
un insegnamento a tutta la Chiesa, ma anche il pastore che è vicino al popolo e
vicino ai giovani”.
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IL PM GIANFRANCO AMENDOLA DELLA PROCURA DI ROMA
HA CHIESTO IERI LA RESPONSABILITA’ PENALE
PER I DIRIGENTI DELLA RADIO VATICANA
IMPUTATI NEL PROCESSO SUI DISTURBI DA ELETTROSMOG.
NELLE PROSSIME SETTIMANE, LA PAROLA ALLA DIFESA.
- Nota del direttore dei programmi, padre Federico
Lombardi -
Il pubblico ministero della
Procura di Roma, Gianfranco Amendola, ha concluso ieri pomeriggio la prima
parte della sua requisitoria davanti al giudice monocratico Luisa Martoni in
merito al processo sulla questione dell’elettrosmog, che vede coinvolti alcuni
dirigenti della Radio Vaticana. Il magistrato ha chiesto che la sentenza
riconosca la responsabilità penale degli imputati per il reato di “getto
pericoloso di cose”, ovvero dei disagi e delle molestie per la popolazione che
abita nelle zone circostanti il Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria.
Giovedì prossimo, nel pomeriggio, una successiva udienza sarà dedicata al
completamento della requisitoria del pubblico ministero e alla prima parte
degli interventi delle parti civili. Una terza udienza, fissata per il prossimo
6 dicembre, darà spazio ai restanti interventi delle parti civili e
all’intervento della difesa. Successivamente, sarà la volta delle eventuali
repliche e, quindi, della sentenza di primo grado. In proposito, ascoltiamo la
nota del nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi:
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Com’è noto,
la Radio Vaticana ritiene di aver sempre svolto un’attività di radiodiffusione
pienamente coerente con gli accordi esistenti fra lo Stato italiano e la Santa
Sede fin dal 1951, che garantiscono alla Emittente vaticana piena libertà
nell’esercizio della sua funzione. Ad ogni modo, a scanso di equivoci, è
opportuno precisare che in questo processo l’accusa non riguarda danni alla
salute della popolazione, ma solo disturbi arrecati dalle emissioni
elettromagnetiche. Inoltre, essendo il processo ancora in corso, la Direzione
della Radio ritiene giusto attenderne gli ulteriori sviluppi prima di fare
dichiarazioni in merito.
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16 novembre 2004
ELETTO IERI A WASHINGTON IL NUOVO PRESIDENTE DELLA
CONFERENZA
EPISCOPALE AMERICANA. SI TRATTA DEL VESCOVO DI
SPOKANE, MONS. SKYLSTAD.
IL PRESULE SUCCEDE AL VESCOVO GREGORY
- Servizio di Paolo Mastrolilli -
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NEW YORK. = “La sollecitazione di Cristo agli apostoli per
unificare la Chiesa assume oggi una forma speciale, nella cura e nella
riconciliazione con quanti sono stati danneggiati da abusi sessuali e nel
fornire un ambiente sicuro all’interno del nostro ministero per i giovani e i
bambini”. Lo ha detto ieri il vescovo di Spokane, mons. William Skylstad, dopo
l’elezione a Washington quale nuovo presidente della Conferenza episcopale
americana. Il vescovo Skylstad succede al vescovo di Belleville, Wilton Gregory,
mentre come vice presidente è stato scelto il cardinale di Chicago, Francis
Eugene George. Nel suo discorso di commiato anche Gregory ha parlato dei temi
degli abusi, definendolo forse il più grande scandalo che la Chiesa negli Stati
Uniti abbia affrontato. Ha aggiunto che i vescovi sono impegnati nella
revisione delle politiche per gestire il problema entro il prossimo giugno
mantenendo la promessa di proteggere i bambini e continuare la cura e la riconciliazione
con le vittime. Mons. Skylstad ha invitato i colleghi ad avere fiducia parlando
di benedizioni e sfide per tutti: “Sembra facile essere intimiditi dalle sfide,
ma lavorando insieme possiamo guardare al futuro con gioia e speranza”. Il
nuovo presidente ha 70 anni, guida la diocesi di Sposane nello Stato
occidentale di Washington ed è stato vice presidente della Conferenza
episcopale. Nella liturgia di apertura della loro Assemblea autunnale, i
vescovi hanno celebrato anche il 25.mo anniversario della Lettera pastorale,
con cui avevano dichiarato il razzismo un peccato.
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IMPEGNO SOCIALE CONTRO
LA CORRUZIONE,
LA VIOLENZA E IL DEGRADO
AMBIENTALE.
LA CONFERENZA EPISCOPALE
INDONESIANA INVITA TUTTI I FEDELI
AD UNA MAGGIORE
COLLABORAZIONE
NELLA LOTTA AI MALI CHE
AFFLIGGONO IL PAESE
GIACARTA.
= I cattolici possono e devono dare un contributo maggiore per combattere la
corruzione dilagante nel Paese. Questa, in sintesi, l’esortazione della
Conferenza Episcopale dell’Indonesia, che in un messaggio indica le tre urgenze
maggiori che il nuovo presidente, Susilo Bambang Yudhoyono, dovrà affrontare:
corruzione, violenza generalizzata e degrado ambientale. “Speriamo che la nuova
amministrazione del Paese – ha detto il cardinale Julius Riyadi Darmaatmadja,
arcivescovo di Giacarta – possa impegnarsi a fondo per la giustizia sociale”.
Dal 1997 – ha proseguito il porporato – il Paese ha vissuto un declino morale.
“La corruzione – ha detto – è divenuta un male comune fra i funzionari
pubblici”, ricordando che l’osservatorio internazionale indipendente ‘Transparency
International’ ha collocato l’Indonesia “fra i cinque Paesi più corrotti al
mondo”. Il cardinale Darmaatmadja ha poi ricordato l’impegno di tutti i leader
religiosi indonesiani che, per due volte, nel corso del 2004, hanno lanciato
forti appelli contro il male endemico della corruzione. “La Chiesa – scrivono ancora
i vescovi – deve farsi vicina alle vittime della violenza, agli oppressi e ai
rifugiati. Non possiamo soltanto pregare per loro: dobbiamo alzare la voce in
loro favore e lottare per la giustizia”. La Conferenza episcopale locale ha
invitato i fedeli ad accrescere la fiducia in se stessi e a lavorare, insieme
con persone di altre comunità religiose, per controllare le attività e gli
interventi pubblici denunciare la corruzione. (B.C.)
GRANDE SUCCESSO DI
ADESIONE PER LA CAMPAGNA IN FAVORE DEI POVERI NELLE
FILIPPINE LANCIATA DALL’ARCIVESCOVO DI MANILA.
OBIETTIVO: RAGGIUNGERE 10 MILIONI DI PESOS ENTRO
NATALE
MANILA. = Dieci
milioni di pesos entro Natale. E’ l’obiettivo che si prefigge di raggiungere
l’arcivescovo di Manila, mons. Gaudencio B. Rosales, con la campagna di
solidarietà a favore dei poveri “Pondo ng Pinoy” (fondo per i filippini). L’iniziativa, lanciata lo scorso aprile con
il sostegno di 13 vescovi della regione ecclesiastica della capitale, ha
incontrato una generosa adesione da parte di fedeli, sacerdoti e religiosi,
come indica la somma sinora raccolta: 5 milioni di pesos (pari a 89 mila
dollari). La campagna invita ciascun fedele a mettere da parte un minimo di 25
centavos (pari a 5 centesimi di euro) fino a un massimo 100 (un peso) e a
consegnarli alle messe domenicali per alimentare un fondo che servirà a
finanziare la realizzazione di nuovi alloggi, l’assistenza legale e programmi
di inserimento nel mondo del lavoro per i più bisognosi. L’idea – spiega mons.
Rosales – è di sensibilizzare i fedeli alla responsabilità ed alla carità cristiana,
consentendo a tutti di partecipare. E così è stato: centinaia di migliaia di
persone stanno aderendo, anche nei quartieri più poveri di Manila. (L.Z.)
AL VIA MERCOLEDI’ A CUBA
LA NONA SETTIMANA SOCIALE CATTOLICA,
PROMOSSA DALLA
COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE
DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE CUBANA
CAMAGUEY. = Avrà inizio
mercoledì prossimo, a Camagüey, la nona settimana sociale cattolica promossa
dalla Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale cubana.
Obiettivo dell’incontro: affrontare il tema della pace e dei suoi fondamenti
(verità, giustizia, amore e libertà) a partire dall’Enciclica di Giovanni XXIII
“Pacem in terris”. Aprirà i lavori, nella cattedrale della città, il segretario
del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, mons. Giampaolo
Crepaldi. Tra gli altri relatori, padre Jesus Espeja, dell’Aula F. Bartolomeo
de las Casas; Susana Villaran, laica peruviana; Maria Caridad Campistrous,
dell’Istituto Mons. Enrique Pérez Serantes (arcidiocesi di Santiago de Cuba);
padre Arnaldo Al dama, del centro diocesano per la formazione beato Arnold Janssen
(diocesi di Holguin). Domenica, ultimo giorno di dibattito, verrà presentato il
programma della Dottrina sociale della Chiesa per Cuba. La messa di chiusura
verrà presieduta dall’arcivescovo di Camagüey e presidente della Commissione
nazionale Giustizia e Pace, mons. Juan García Rodríguez. (D.D.)
IL MONDO COME UNA CASA: DALLA DIFFIDENZA
ALL’ACCOGLIENZA.
PRESENTATA PRESSO LA RADIO VATICANA
LA GIORNATA NAZIONALE DELLE MIGRAZIONI
- A cura di Stefano Leszczynski -
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ROMA. = Sono passati 90 anni da
quando nel 1914 per volontà di S. Pio X è stata indetta la prima Giornata delle
Migrazioni. All’epoca, un evento dedicato all’emergenza dell’emigrazione
italiana che raggiungeva picchi di esodo superiori alle 700 mila persone
all’anno. Con la costituzione della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale
italiana, nel 1987, l’attenzione si è estesa a tutte le forme di mobilità umana
e quindi anche agli immigrati, ai rom e
sinti, ai fieranti e circensi, ai marittimi. Quest’anno le principali
celebrazioni della Giornata verranno ospitate dalla Regione Marche. Per quanto
riguarda Roma, oltre alla presentazione del Dossier statistico Immigrazione, il
24 novembre si terrà presso l’Angelicum il convegno su “Le condizioni dei
detenuti stranieri nelle carceri italiane”, mentre domenica scorsa è stata
ufficialmente consegnata ai cattolici albanesi di Roma la Chiesa, di San Giovanni alla Malva, in Trastevere.
In occasione della presentazione dell’attuale Giornata Nazionale delle
Migrazioni, don Bruno Mioli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale
degli immigrati e profughi, ha sottolineato la partecipazione della Migrantes,
con Acli e Caritas Italiana, al tavolo di confronto con il Governo per
l’elaborazione del Documento Programmatico Triennale 2004-2006
sull’immigrazione. La Migrantes ritiene che per la revisione dell’attuale legge
sull’immigrazione non sia sufficiente un qualche ‘tagliando’, ma serva un
ripensamento profondo che attraverso il dialogo e la collaborazione con il
mondo politico inquadri la legge in un contesto più rispettoso della dignità
della persona.
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UNA SINGOLARE MOSTRA PER RIPERCORRERE I 70 ANNI DEL
MEIC.
LA RASSEGNA, A GENOVA, SARA’ APERTA FINO AL
PROSSIMO 8 DICEMBRE
GENOVA. = Inaugurata lo scorso
12 novembre a Genova, presso il convento di santa Maria di Castello, la mostra
che ripercorre i 70 anni di vita del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale
(MEIC), fondato nel 1932 a Cagliari, inizialmente con il nome di Movimento
Laureati di Azione Cattolica. Lungo l’esposizione sfilano i volti e le figure
più significativi del Movimento, così come della storia civile e politica
italiana: Giovanni Battista Montini, Igino Righetti, Aldo Moro. Sullo sfondo il
Concilio Vaticano II, la nascita della Repubblica e la stesura della
Costituzione. L’inaugurazione della mostra è stata accompagnata da un dibattito
sul ruolo degli intellettuali cattolici nella società italiana. La rassegna
sarà aperta fino all’8 dicembre. (B.C.)
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16 novembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Decisa presa di posizione del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU nei confronti della Costa d’Avorio. Ieri è
stato votato l’embargo internazionale sull’acquisto di armi con decorrenza
immediata. Ulteriori sanzioni, che invece saranno effettive dal mese prossimo,
sono state adottate a carico sia del governo ivoriano sia dei ribelli. Le
misure mirano a risolvere la grave crisi tra esecutivo e miliziani che ha
coinvolto anche la forza di pace francese. Il servizio di Giancarlo La Vella:
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Una decisa condanna della
politica del presidente ivoriano Gbagbo, accusato dalla Francia di istigare la
popolazione alla caccia al bianco, attraverso una propaganda razzista e xenofoba.
In pratica in sede ONU, Parigi è riuscita a far prevalere la sua posizione con
una risoluzione, approvata all’unanimità dai quindici Paesi membri del
Consiglio di sicurezza. Il governo della Costa d’Avorio è stato punito per i
sanguinosi attacchi aerei della settimana scorsa, che hanno infranto la tregua
con i ribelli islamici secessionisti del Nord, firmata nel gennaio 2003. Un
primo segnale di rottura della Comunità internazionale con il governo di Gbagbo
era giunto già l’altro ieri dall’Unione Africana che nel Vertice nigeriano di
Abuja si era trovata d’accordo sull’imposizione del blocco delle forniture
militari a Yamoussoukro. Il voto dell’ONU è stato preceduto da un durissimo
scambio di accuse tra Parigi, ex potenza coloniale, e Gbagbo. Quest’ultimo ha
ricordato al presidente francese Chirac di aver sostenuto il precedente regime
fascista ivoriano, durante il quale lui ed altri politici erano in carcere.
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Dopo la decisione delle Nazioni
Unite, si allarga la frattura tra la comunità internazionale e le autorità
della Costa d’Avorio, finora manifestatasi con lo scontro a distanza tra il presidente
ivoriano Gbagbo e il francese Chirac. Ce ne parla Massimo Alberizzi, inviato
del Corriere della Sera ad Abidjan:
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R. – Sembra
quasi che ci sia un antagonismo furibondo tra due persone più che un antagonismo
sulla politica di un Paese. Certo, il presidente Gbagbo non è sicuramente un esempio
di grande democrazia, non è uno scandinavo. Su questo non c’è dubbio. Però esistono
molti altri presidenti in Africa peggiori di lui. La Francia non ha mai aperto
bocca, però, su questo. Forse perché lui per anni è stato nella Internazionale
Socialista e per anni è stato antagonista di Chirac in Francia.
D. – Gbagbo accusa i ribelli del
nord di non voler disarmare. Parigi accusa Gbagbo di incitare alla rivolta anti
francese. Com’è la realtà?
R. – E’ vero che i ribelli non
disarmano. Questo perché il presidente aveva promesso le modifiche di alcune
leggi. Allora siamo in una impasse, per cui loro dicono: “Tu fai le leggi
e noi disarmiamo” e lui dice “cominciate il disarmo e io faccio le leggi”. A
questo punto, effettivamente, nei primi tre giorni, subito dopo l’attacco alle
forze francesi aeree, la distruzione degli aerei, degli elicotteri a terra,
effettivamente la televisione ha fatto una fortissima propaganda “anti bianca”,
continuando a far vedere i resti degli aerei. In un Paese dove le accuse si
trasformano in violenze, ovviamente la radiotelevisione ha avuto una grossa
parte.
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Si vota anche oggi in Namibia
per scegliere sia il successore del presidente Sam Nujoma, al potere
dall’indipendenza del Paese africano nel ‘90, sia i 72 deputati dell’Assemblea
Nazionale. Il più accreditato alla carica di capo dello Stato è l’attuale ministro
delle Terre, Pohamba, stretto collaboratore di Nujoma e candidato di punta del
partito Swapo. Lo schieramento, d’altra parte, è maggioritario nelle regioni
del nord, le più popolose.
In Medio Oriente i capi della
Jihad islamica e delle brigate dei martiri di Al Aqsa in Cisgiordania hanno
dichiarato di voler cessare gli attacchi in Israele per 60 giorni in modo da
agevolare le elezioni presidenziali del prossimo 9 gennaio. Ma per la nuova leadership
dell’Autorità Nazionale Palestinese è sempre più difficile il dopo Arafat.
Ascoltiamo Graziano Motta:
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Ricomporre l’unità dei
palestinesi, ricominciando da quella all’interno del suo partito Al Fatah, in
vista anche delle elezioni presidenziali del 9 gennaio. A questo obiettivo si
sta dedicando il nuovo presidente dell’OLP, Abu Mazen, che è rimasto a Gaza
dopo la sparatoria di domenica, nella quale sono rimasti uccisi due agenti dei
servizi di sicurezza e dalla quale è uscito illeso. Cerca di convincere i
gruppi impegnati nell’Intifada armata che la violenza non porta all’obiettivo
dello Stato indipendente. Secondo Abu Mazen vale la pena tornare al dialogo con
Israele. Il ministro della Difesa dello Stato ebraico ha reso noto, inoltre,
che il governo di Tel Aviv farà il possibile per favorire il processo
democratico palestinese e lo svolgimento di elezioni. Un impegno, questo, che
il primo ministro Sharon ha già dato agli Stati Uniti e che il ministro degli
Esteri Shalom, recatosi a Washington, sta per definire nei particolari con il
segretario di Stato, Colin Powell. Anche se dimissionario, Powell sarà a
Ramallah e a Gerusalemme tra una settimana, il 23 novembre, a termine della
conferenza internazionale di Sharm el Sheikh sull’Iraq. Intanto, il primo ministro
palestinese, Abu Ala, intende far luce sulle cause della morte di Arafat. Non
cessano, infatti, le voci di un suo avvelenamento e le polemiche sulla mancata
autopsia.
Per la Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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La
riforma del Patto di stabilità e il caso della Grecia al centro dell’odierna riunione
dei ministri delle Finanze dell’Unione europea, in corso a Bruxelles. Ieri
sera, il commissario UE agli Affari monetari ed economici, Joaquin Almunia, ha
reso noto che Atene ha presentato dati erronei di bilancio dal 1997. E a
Strasburgo intanto via libera a Franco Frattini, commissario designato
alla commissione Giustizia, libertà e sicurezza. Questa mattina la
commissione Libertà pubbliche del Parlamento europeo e quella della Giustizia
hanno votato a grande maggioranza la nomina del ministro italiano.
“Sono
totalmente contraria a qualsiasi taglio della finanziaria nei settori della
scuola, dell’università e della ricerca. Il tavolo di dialogo con i sindacati e
il mondo della scuola è sempre stato aperto e continuerà ad esserlo”. Lo ha
dichiarato il ministro italiano dell’Istruzione Letizia Moratti a Tokyo, dove
conclude oggi una visita di quattro giorni.
Scuse
ufficiali della Cina al Giappone. Pechino ha espresso oggi il suo rammarico per
la violazione delle acque territoriali nipponiche da parte di un suo
sottomarino avvenuta la settimana scorsa. Lo ha riferito il ministro degli
esteri di Tokyo, Nobutaka Machimura.
Tragedia nel porto
brasiliano di Paranaguá, nello Stato meridionale di Paraná. Una nave cisterna
che stava caricando combustibile è esplosa questa notte provocando la morte di
numerose persone. Secondo alcune fonti, si parla addirittura di 31 morti. Restano
per ora sconosciute le cause che hanno provocato le deflagrazioni.
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