RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 321  - Testo della trasmissione di martedì 16 novembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

 “I pastori aiutino il gregge dei fedeli a crescere nella consapevolezza del mistero eucaristico”: così il Papa ai vescovi della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi

 

Ad un mese dall’apertura dell’Anno eucaristico, la riflessione del cardinale Francis Arinze.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dopo Falluja, ora è Mossul il nuovo epicentro delle operazioni USA. Il governo iracheno, al contrario di Amnesty International, sostiene che la popolazione di Falluja non ha bisogno di aiuti di emergenza. Ai nostri microfoni, Riccardo Noury e Ismail Daoud

 

Colin Powell lascia il Dipartimento di Stato americano: al suo posto, Condoleeza Rice. Il commento di Empedocle Maffia

 

La tolleranza serve agli uomini per vivere in pace: così Kofi Annan nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale della tolleranza. Ce ne parla Giovanni Puglisi

 

Conclusa a Roma la settimana di celebrazioni per il 1.650. mo anniversario della morte di Sant’Agostino: intervista con padre Miquelangel Martin Juarez e con padre Giustino Casciano

 

Chiesto dal Pm Gianfranco Amendola della Procura di Roma la responsabilità penale per i dirigenti della Radio Vaticana imputati nel processo sui disturbi da elettrosmog

 

CHIESA E SOCIETA’:

Eletto ieri a Washington il nuovo presidente della Conferenza episcopale statunitense

 

Appello della Conferenza episcopale indonesiana per l’impegno sociale contro la corruzione, la violenza e il degrado ambientale

 

Grande successo della campagna in favore dei poveri nelle Filippine, lanciata dall’arcivescovo di Manila

 

Si aprirà mercoledì a Cuba la nona Settimana sociale cattolica

 

Presentata presso la Radio Vaticana la Giornata nazionale delle migrazioni

 

Inaugurata a Genova una mostra che ripercorre i 70 anni di vita del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC)

 

24 ORE NEL MONDO:

Embargo immediato sull’acquisto di armi. Lo ha deciso l’ONU per la Costa d’Avorio

 

Con l’obiettivo di agevolare le elezioni presidenziali del prossimo 9 gennaio, la Jihad islamica e le brigate dei martiri di Al Aqsa intendono di voler cessare gli attacchi in Israele per 60 giorni.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 novembre 2004

 

 

I PASTORI AIUTINO IL GREGGE DEI FEDELI A CRESCERE

NELLA CONSAPEVOLEZZA DEL MISTERO EUCARISTICO,

FONTE DI COMUNIONE E DI CARITA’ PER I CREDENTI

E DI APOSTOLATO VERSO I LONTANI.

COSI’ IL PAPA AI PRESULI DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Nell’Anno dell’Eucaristia si rafforzi la comunione ecclesiale ad ogni livello, dalla gerarchia al popolo di Dio, e si allarghino i confini della carità pastorale. Giovanni Paolo II ha espresso questo auspicio ricevendo i presuli della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, riuniti per il loro decimo Consiglio ordinario. Una riunione che si svolge in vista della prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, che sarà dedicata proprio all’Eucaristia come “fonte e culmine della missione della Chiesa”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Comunione e carità, due parole nelle quali è racchiusa l’essenza dei rapporti che uniscono tutti i pastori della Chiesa con il Papa, tra di loro, con il clero e i fedeli. Due parole che trovano il loro significato nell’Eucaristia, mistero dal quale la Chiesa attinge “le energie vitali per la sua presenza e la sua azione nella storia degli uomini”. A un mese dall’istituzione dell’Anno speciale dedicato all’Eucaristia, Giovanni Paolo II è ritornato sull’argomento con i presuli della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, impegnata a preparare attorno al tema eucaristico l’undicesima Assemblea generale ordinaria del Sinodo. Questo appuntamento - ha affermato il Papa - fornirà “ancora una volta l’occasione propizia perché nella Chiesa si confermi la fede nell’adorabile mistero dell’Eucaristia, si rinnovi la comunione collegiale e gerarchica, si promuova la carità fraterna”.

 

Del resto - ha spiegato il Pontefice - la dottrina e la spiritualità della comunione sono state il tratto distintivo del Sinodo dei vescovi fin dalla nascita di questo organismo, avvenuta 39 anni fa per volontà di Paolo VI. E tale comunione trova la “sua prefigurazione ideale” solo nell’Eucaristia. Dunque, la coincidenza tra l’Anno dell’Eucaristia e la prossima Assemblea dedicata a questo tema rappresenta - ha detto Giovanni Paolo II - “uno speciale caso di reciprocità tra la Chiesa universale e il Sinodo stesso”. Il Papa ha quindi espresso un augurio: il magistero sulla dottrina e la prassi eucaristica, contenuto nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia e nella Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, trovi “universalmente gli animi pronti alla comunione con il Signore e con i fratelli nel mandato della carità”. I vescovi - ha aggiunto - avranno il compito specifico di essere “maestri autentici della comunione” e di aiutare il corpo ecclesiale a crescere nell’unità, perché “si dilatino gli spazi della carità pastorale” e “la collegialità e la comunione gerarchica fioriscano per i frutti santi dello Spirito”. Ed ha concluso:

 

“Possa la Chiesa, rinnovata nella riscoperta del dono e del mistero dell’Eucaristia, estendere tale inesauribile ricchezza di vita ai vicini e ai lontani in un’urgente opera di nuova evangelizzazione”.

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L’IMPEGNO DEI CATTOLICI IN QUESTO ANNO EUCARISTICO

- Intervista con il cardinale Francis Arinze -

 

Domani sarà un mese dall’indizione dell’Anno Eucaristico, avvenuta il 17 ottobre scorso, mentre a Guadalajara, in Messico, si concludeva il Congresso eucaristico internazionale. Giovanni Paolo II ha chiesto ai fedeli della Chiesa  cattolica un impegno più marcato a vivere con intensità e consapevolezza il mistero grande della nostra fede, l’Eucaristia, che Gesù ci ha lasciato il Giovedì Santo nell’ultima Cena. Su questo impegno, ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto, il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il cardinale Francis Arinze:

 

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R. – Mistero della fede, del quale non conosciamo mai abbastanza, che possiamo  riscoprire sempre di più, adorare sempre più, ammirare sempre più. Possiamo  contemplare Gesù e riceverlo. L’Anno dell’Eucaristia è una grazia per accrescere nella fede attraverso la preghiera, la riflessione, con giornate di studio, della Santissima Eucaristia. Un Anno di più attenta celebrazione del mistero eucaristico nella Santa Messa. Un Anno di adorazione fuori della Messa.

 

D. – Il Papa non chiede di fare cose straordinarie, ma che tutte le iniziative siano improntate a profonda interiorità ...

 

R. – Giustamente il Papa ha insistito su questo nella Lettera enciclica “Mane Nobiscum, Domine”. Egli privilegia la Messa domenicale. Niente ha la priorità sulla Messa della domenica. Poi adorazione della Santissima Eucaristia fuori della Messa: visite, Ore Sante, adorazione tutta la giornata, anche la notte. Il Santo Padre chiede alla Chiesa che in ogni diocesi, parrocchia, nazione si faccia un programma, senza interferire con il piano pastorale di nessuna diocesi, perché l’Eucaristia è la fonte dell’energia spirituale della Chiesa. Senza l’Eucaristia non si capisce la Chiesa. Senza l’Eucaristia la Chiesa non c’è.

 

D. – Il Papa chiede che in questo Anno i cristiani possano impegnarsi a testimoniare con più forza la presenza di Dio nel mondo, senza aver paura di parlare di Dio e di portare a testa alta i segni della fede...

 

R. – Giustamente Gesù ci ha detto: “Chi mi confessa davanti agli uomini, io lo confesserò davanti al Padre mio”. Perché il sacerdote deve esitare a mostrarsi sacerdote, vestendosi da chierico, o la suora da suora o il frate da frate? Perché il cristiano non fa il segno della Croce in un ristorante? Perché non dire il rosario sul treno, nell’autobus? Perché no? Non provochiamo nessuno, la religione non è un articolo di contrabbando. E’ la buona Novella che noi annunciamo alla luce del giorno senza provocare nessuno, ma senza nascondere che siamo lieti di essere seguaci di Gesù.

 

D. – Eucaristia e solidarietà. Il Papa esorta a non illudersi. L’amore vicendevole e la condivisione con i più poveri provano l’autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche...

 

R. – Anche su questa dimensione il Santo Padre insiste nella Lettera apostolica: la promozione della giustizia e della pace nella società fa parte del nostro impegno nell’Eucaristia. Pensiamo agli affamati, ai malati, alle persone sole, agli anziani. Pensiamo alla solidarietà internazionale verso i Paesi in via di sviluppo. Tutto questo non è fuori dall’Eucaristia. Alla fine della Messa siamo mandati a vivere ciò per cui noi abbiamo pregato e cantato. Questo è il senso di Ite Missa est.

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NOMINA

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo di San Francisco in Argentina il reverendo Carlos José Tissera, del clero della diocesi di Villa de la Concepción del Río Cuarto, finora parroco della cattedrale. Mons. Carlos José Tissera è nato a Río Cuarto il 10 settembre 1951. E’ stato direttore spirituale del Seminario di Río Cuarto (1983-1992) ed è membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori e coordinatore del gruppo incaricato della formazione permanente dei sacerdoti.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

"La Chiesa attinge dall'Eucaristia le energie vitali per la sua presenza e per la sua azione nella storia degli uomini": è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti all'ottava Riunione del Decimo Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei vescovi.

Sempre in prima, in evidenza l'Iraq. Nell'offensiva di Falluja catturati più di mille miliziani. Un operatore tv riprende la scena di un marine Usa che, in una moschea, uccide un iracheno rimasto ferito.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata al decimo anniversario della morte della Serva di Dio Maria Alfonsa di Gesù Bambino.

 

Nelle estere, Stati Uniti: Colin Powell si dimette da Segretario di Stato.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "Riflessioni sulla ricerca di una identità europea": in margine a un dibattito di viva attualità.

Per l'"Osservatore libri", un approfondito contributo critico di Claudio Toscani in merito ai "Romanzi e racconti" di Dashiell Hammett, nei Meridiani.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 novembre 2004

 

DOPO L’OFFENSIVA SU FALLUJA, LA CITTA DI MOSSUL È IL NUOVO EPICENTRO

 DELLE OPERAZIONI CONTRO POSTAZIONI DEI RIBELLI.

CONTRARIAMENTE ALLE DICHIARAZIONI DI AMNESTY INTERNATIONAL,

IL GOVERNO IRACHENO DICHIARA CHE LA POPOLAZIONE DI FALLUJA

NON HA BISOGNO DI AIUTI DI EMERGENZA

- Intervista con Riccardo Noury ed Ismail Daoud -

 

Alla seconda settimana di battaglia a Fallujah, i carri armati statunitensi sono penetrati ieri nell'ultimo bastione di resistenza nella parte meridionale della città. Oltre mille i guerriglieri catturati finora, ma gruppi di insorti continuano a bersagliare marines americani e governativi iracheni. Un nuovo fronte, intanto, si è aperto a Mossul, dove si concentrano gruppi di ribelli. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:

 

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Dopo Falluja, l’offensiva contro le formazioni di ribelli si è spostata a Mossul. Le operazioni militari sono cominciate dal lato occidentale del fiume Tigri per piegare le ultime sacche di resistenza. E sempre a Mossul, città a maggioranza sunnita, i ribelli hanno attaccato e distrutto tre commissariati di polizia. L’agguato non ha fortunatamente provocato vittime. Ma la guerriglia ha colpito anche in altre aree del Paese. A nord di Baghdad un soldato americano è rimasto ucciso in un attacco perpetrato da insorti. I guerriglieri hanno poi assassinato un camionista turco a Baiji e sabotato un oleodotto a Kirkuk. A sud della capitale sono stati trovati, inoltre, 18 cadaveri alcuni dei quali decapitati. E mentre si continua a combattere anche a Baquba, l’esecutivo iracheno rende noto che i civili rimasti a Falluja, circa 50 mila, non hanno bisogno di aiuti di emergenza perché nella città non c’è carenza di rifornimenti. Secondo il governo, inoltre, la maggior parte degli abitanti della roccaforte sunnita, dove vivevano oltre 300 mila persone prima dell’inizio dei combattimenti, ha abbandonato la città prima che scattasse l’offensiva delle forze americane e irachene. Sul versante politico, si deve registrare l’arresto da parte degli americani del vicepresidente del parlamento provvisorio appartenente al partito islamico. Il portavoce dello schieramento politico non ha escluso, in un’intervista rilasciata ad Al Jazeera, che il provvedimento sia legato a “pressioni esercitate sul partito a causa delle dure prese di posizione nazionaliste sugli avvenimenti in Iraq”.

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E intanto proprio sui fatti di Fallujah, Amnesty International ha invece denunciato che nei combattimenti nella città sunnita non sono state prese le necessarie precauzioni per garantire che i civili non fossero colpiti. Ce ne parla Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Le notizie che abbiamo testimoniano che entrambe le parti, sia i soldati americani ed iracheni, sia i gruppi armati, non hanno preso la minima precauzione e cautela per risparmiare alla popolazione civile questa ennesima prova. Le fonti statunitensi danno il numero degli insorti uccisi, quello dei propri soldati caduti, ma non ci sono notizie attendibili sulla sorte di centinaia, forse migliaia, di civili che sono rimasti nella città ed hanno subito le conseguenze più pesanti degli scontri.

 

D. – Esistono regole di condotta in guerra che proteggano i civili ed i combattenti feriti?

 

R. – Sono regole sancite nel diritto umanitario. Sono norme addirittura di diritto consuetudinario, vincolanti per tutti gli Stati e per tutte le parti non governative coinvolte in un conflitto. Sono regole estremamente chiare: i civili vanno risparmiati dal conflitto; non si può infierire su persone poste fuori combattimento; vanno assicurate particolari tutele di incolumità fisica alle persone arrestate. Queste salvaguardie non hanno possibilità di deroga. La deroga, in realtà, è quella che abbiamo sotto i nostri occhi: edifici civili presi di mira; civili assassinati, addirittura all’interno di una struttura medica; luoghi di culto utilizzati dagli insorti come arsenali per munizioni; combattenti iracheni uccisi a sangue freddo dopo essere stati feriti. Insomma si tratta di un elenco molto lungo che testimonia quanto queste regole siano state violate da entrambe le parti.

 

D. – Agli occhi degli iracheni come può apparire Fallujah?

 

R. – Per alcuni come una città martire, per altri come una città pacificata. Credo che l’attenzione debba oggi essere posta sugli abitanti. Abbiamo notizie di una crisi umanitaria che riguarda la scarsità di cibo, di acqua, di medicinali, di elettricità; l’impossibilità di dare sepoltura alle vittime e di curare i feriti. Vorremmo sperare di non trovarci di fronte ad un’ecatombe di dimensioni enormi.

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La situazione umanitaria a Fallujah è dunque allarmante: la Mezzaluna Rossa ha deciso di non entrare in città, per motivi di sicurezza, proprio quando nel Paese continuano le violazioni dei diritti umani. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Ismail Daud dell’associazione nazionale per la difesa dei diritti umani in Iraq:

 

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R. – (PAROLE IN ARABO)

I diritti dell’uomo in Iraq sta attraversando un momento molto critico. Ci sono tantissime violazioni. Per ora non è possibile neanche ipotizzare delle stime. L’unica cosa che possiamo fare è lavorare su due direttrici, per cercare di creare una coscienza sensibile ai diritti dell’uomo. Da una parte, monitorare ogni tipo di violazione, dall’altra lottare per diffondere un principio che fino ad oggi è neanche conosciuto nel Paese.

 

D. – Ma voi siete favorevoli all’aiuto delle organizzazioni internazionali, come la Croce Rossa, l’ONU …?

 

R. - (PAROLE IN ARABO)

Noi riteniamo che sia giusto ed essenziale che il popolo iracheno abbia il supporto di organismi internazionali come le Nazioni Unite o organizzazioni della società civile. Abbiamo bisogno dell’aiuto di queste forze di pace, per raggiungere i nostri obiettivi e soccorrere la nostra gente. Abbiamo bisogno di chi opera già da tempo nel campo dei diritti umani, per capire come fare per diffondere questo principio di diritto che ora è impossibile far rispettare a causa della guerra e del terrorismo.

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COLIN POWELL LASCIA IL DIPARTIMENTO DI STATO AMERICANO:

AL SUO POSTO BUSH SCEGLIE CONDOLEEZZA RICE E PREPARA

UN RIMPASTO DEL GOVERNO PER IL SUO SECONDO MANDATO ALLA CASA BIANCA

- Intervista con Empedocle Maffia -

 

Cambio della guardia al Dipartimento di Stato americano: Colin Powell lascia l’incarico di capo della diplomazia statunitense. Al suo posto andrà l’attuale Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Condoleezza Rice. L’ex generale resterà in carica fino a quando la Rice non sarà confermata dal Senato. Al più tardi, la nomina sarà comunque approvata per il 20 gennaio, data del giuramento di Bush per il suo secondo mandato alla Casa Bianca. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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“Sono contento – ha scritto l’ex generale nella lettera inviata al capo della Casa Bianca - di aver fatto parte della squadra che ha lanciato la guerra globale al terrorismo e ha liberato la popolazione dell’Afghanistan e dell’Iraq. Ora che le elezioni sono passate credo che sia arrivato il momento di dimettermi. Powell è sempre stato percepito come una voce di moderazione nel governo, messo a volte in minoranza dalla rivalità con il capo del Pentagono, Rumsfeld. Nel febbraio del 2003, proprio il segretario di Stato era andato all’Onu per denunciare la presenza delle armi di distruzione di massa in Iraq e chiedere l’appoggio internazionale all’invasione, ma poi aveva dovuto ammettere che alcune informazioni ricevute dalla CIA non erano corrette e ne aveva chiesto conto. Con Powell ieri hanno lasciato il governo anche il segretario dell’energia Abraham, quello dell’istruzione Paige, quello dell’agricoltura Veneman per un avvicendamento tra il primo e il secondo gabinetto che aveva già coinvolto il ministro della giustizia Ashcroft.

 

         Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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         Sul ruolo di Colin Powell nell’amministrazione Bush, Roberto Piermarini ha raccolto la riflessione del collega Empedocle Maffia, raggiunto telefonicamente a Washington:

 

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R. – Quando Colin Powell fu scelto da Bush perché diventasse segretario di Stato nel 2000 rappresentava la voce della continuità americana che affidava alla diplomazia la gestione politica della sua forza. Aveva alle spalle non solo la sua grande carriera militare ma anche la gestione della parte finale della Guerra Fredda e della guerra del Golfo del 1991. Due momenti nei quali, grazie alla diplomazia, l’America riuscì a prevalere alla testa di grandi alleanze. Poi ci fu l’11 settembre con la scelta di Bush della guerra preventiva come nuovo modo di imporre la volontà americana contro il terrorismo. E da quel momento Colin Powell, rispetto al vice presidente Cheney, al segretario alla Difesa Rumsfeld, alla stessa Condoleezza Rice e rispetto al presidente Bush è sempre stato un elemento di contraddizione. Spesso dai verbali delle riunioni del governo emergeva uno dei suoi oppositori che diceva: ma Powell ha sempre dei problemi rispetto a tutte le scelte militari che proponiamo. Da qui lo sfasamento della carica di Segretario di Stato rispetto alla conduzione complessiva della politica governativa, che ha portato alle dimissioni di Powell.

 

D. – Con Condoleezza Rice che cosa cambia per l’amministrazione Bush e che cosa rimane?

 

R. – Cambia l’assenza di questo elemento di contraddizione e rimane più compatta una scelta precisa: quella di affidare soprattutto alla forza americana la gestione della lotta al terrorismo. Condoleezza Rice nella sua indubbia capacità di analisi politica ha sempre fornito a Bush il sottofondo ideologico delle scelte che il presidente ha fatto dopo l’11 settembre. Aveva delle difficoltà a volte perché, per quanto debole politicamente, il segretario di Stato aveva comunque il rapporto con il resto del mondo. Adesso, assumendo ella stessa l’incarico di segretario di Stato, questa cortina cade. Si potrebbe dire in due modi: da una parte, non ci saranno più alibi per chi vorrà opporsi all’interno dell’amministrazione alla politica di Bush e, dall’altro, cresceranno elementi di contraddizione anche nel Congresso repubblicano rispetto ad una risolutezza americana tutta puntata sulla forza. Nonostante l’esito elettorale di pochi giorni fa, resta un punto di discussione all’interno dei repubblicani.

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LA TOLLERANZA SERVE AGLI UOMINI PER VIVERE IN PACE: COSÌ KOFI ANNAN

NEL MESSAGGIO PER L’ODIERNA GIORNATA MONDIALE DELLA TOLLERANZA

- Intervista con Giovanni Puglisi -

 

Tolleranza per la pace, per la democrazia, per lo sviluppo sostenibile. Non c’è società che possa fiorire senza promuovere questo valore essenziale. Così il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in occasione della Giornata Mondiale della Tolleranza che ricorre oggi. Per Annan, “lo scenario mondiale continua ad essere colpito da fanatismo, sfruttamento dell’ignoranza, paura dell’altro e la promozione della tolleranza rappresenta una delle risposte migliori a un comportamento tanto deleterio”. Inoltre, “tolleranza non significa semplicemente sopportare gli altri. Al contrario – aggiunge Annan - significa adoperarsi attivamente in favore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, riconoscendo costantemente che ciò che ci unisce è più potente di ciò che ci divide”. Inoltre –raccomanda il segretario delle Nazioni Unite- bisogna “conformarsi a regole di condotta che esaltino il senso di responsabilità, non solo verso se stessi, ma anche verso gli altri”. Dunque, la tolleranza al centro di tutto. Ma come è nata la Giornata mondiale della tolleranza? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Puglisi, presidente della commissione nazionale per l’UNESCO:

 

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R. – La Giornata mondiale della tolleranza nasce dalla necessità di mettere a confronto culture diverse in un mondo sempre più votato alla conflittualità strisciante emergente. E allora la Giornata mondiale è un momento in cui si invita tutto il mondo, i giovani, le persone più sensibili, cercando di arrivare in qualche maniera anche alle persone meno sensibili, alla necessità e alla opportunità che i conflitti si dirimano attraverso il dialogo e la comprensione reciproca. Lo scontro deve essere sempre più uno scontro di idee e sempre meno uno scontro tra uomini.

 

D. – Come si coniuga l’ideale di tolleranza con il principio politico di azione?

 

R. – Il principio politico di azione presuppone una progettualità dell’azione rispetto a dei fini e presuppone, a mio modo di vedere, l’intangibilità della persona. Da questo punto di vista, credo che il principio di tolleranza possa essere inteso come la griglia virtuale all’interno della quale si inseriscono queste coordinate, dove il momento dell’azione non può mai prescindere dal rispetto della persona, dal rispetto delle idee e dall’intelligenza dei problemi.

 

D. – Nella realtà sociale, dunque, quale può essere il valore della tolleranza?

 

R. – Il valore della tolleranza è sempre un valore determinato da una capacità di aprirsi al confronto con gli altri. Non esiste tolleranza se non c’è una capacità di articolare un confronto costante, diretto, mirato all’intelligenza dei problemi, delle cose, delle situazioni. Quindi, preferirei chiamare la tolleranza desiderio di conoscenza e rispetto dell’altro. In un mondo in cui crescono le violenze, cresce la risoluzione violenta dei problemi, credo che sia importante un richiamo alla possibilità, che ha sempre vinto nel mondo, sostanzialmente, anche se con tempi molto lunghi, del confronto delle idee e del rispetto reciproco.

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CONCLUSA A ROMA LA SETTIMANA DI CELEBRAZIONI

PER IL 1.650.MO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI SANT’AGOSTINO

- Intervista con padre Miguelangel Martin Juarez e con padre Giustino Casciano -

 

Si è conclusa a Roma la settimana delle celebrazioni per il 1650.mo anniversario della nascita di sant’Agostino. Dal 7 al 15 novembre le reliquie del vescovo di Ippona sono state ospitate nella basilica da lui dedicata, dove si sono svolti incontri, celebrazioni e concerti. Ieri mattina il suggestivo rito di congedo e una tavola rotonda. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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L’urna con le reliquie di Sant’Agostino è partita ieri mattina da Roma per Pavia, dove è custodita dall’VIII secolo, dopo il rito di congedo che si è svolto nella Basilica a lui dedicata. A presiederlo il segretario generale dell’Ordine di Sant’Agostino, Padre Miguelangel Martin Juarez:

 

“Sono stati giorni di intense celebrazioni, nelle quali abbiamo sentito tante parole, tante idee e tante riflessioni. Viene adesso il momento di interiorizzare, di mettere nel fondo della nostra coscienza, tutte queste realtà che abbiamo vissuto e celebrato. Viene ora il momento dell’impegno: un qualcosa che deve coinvolgere tutta la nostra vita e deve impegnarci in tutte le nostre attività. Quello è il vero momento in cui dobbiamo cercare di vedere la presenza di Dio”.

 

All’Istituto Patristico Augustinianum, in una tavola rotonda a chiusura della settimana dedicata al grande Padre della Chiesa, si è discusso di comunicazione ed etica, alla luce degli insegnamenti del vescovo di Ippona. Sono intervenuti il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasbarri, e il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, mons. John Foley. “Ogni comunicazione dovrebbe contribuire al bene comune e non sminuirlo”, ha detto mons. Foley. “Sono sicuro che Sant’Agostino stesso – ha proseguito – abbraccerebbe i principi della verità, della dignità personale e del bene comune”.

 

Le celebrazioni per il 1650.mo anniversario della nascita di Sant’Agostino hanno coinvolto migliaia di persone. Nelle diverse giornate, dedicate a svariate tematiche agostiniane, la Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio è stata meta di pellegrinaggi di fedeli e curiosi. Abbiamo chiesto a padre Giustino Casciano, religioso agostiniano e custode delle reliquie di Sant’Agostino a Pavia, un bilancio della Settimana Agostiniana a Roma:

 

“Una settimana di grazia; una settimana veramente bella e ricca di esperienze. Il momento più emozionante è stato quando siamo andati in Vaticano dal Santo Padre, che ci ha accolti nella Cappella privata.  Molti sono stati i vescovi, i sacerdoti ed i giovani che sono venuti a pregare Sant’Agostino. Moltissimi i giovani che hanno partecipato alla fiaccolata da Piazza Navona alla Basilica di Sant’Agostino. E’ stata veramente una testimonianza di come Sant’Agostino non è soltanto l’uomo della cultura, il vescovo che offre un insegnamento a tutta la Chiesa, ma anche il pastore che è vicino al popolo e vicino ai giovani”.

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IL PM GIANFRANCO AMENDOLA DELLA PROCURA DI ROMA

HA CHIESTO IERI LA RESPONSABILITA’ PENALE

PER I DIRIGENTI DELLA RADIO VATICANA

IMPUTATI NEL PROCESSO SUI DISTURBI DA ELETTROSMOG.

NELLE PROSSIME SETTIMANE, LA PAROLA ALLA DIFESA.

- Nota del direttore dei programmi, padre Federico Lombardi -

 

Il pubblico ministero della Procura di Roma, Gianfranco Amendola, ha concluso ieri pomeriggio la prima parte della sua requisitoria davanti al giudice monocratico Luisa Martoni in merito al processo sulla questione dell’elettrosmog, che vede coinvolti alcuni dirigenti della Radio Vaticana. Il magistrato ha chiesto che la sentenza riconosca la responsabilità penale degli imputati per il reato di “getto pericoloso di cose”, ovvero dei disagi e delle molestie per la popolazione che abita nelle zone circostanti il Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria. Giovedì prossimo, nel pomeriggio, una successiva udienza sarà dedicata al completamento della requisitoria del pubblico ministero e alla prima parte degli interventi delle parti civili. Una terza udienza, fissata per il prossimo 6 dicembre, darà spazio ai restanti interventi delle parti civili e all’intervento della difesa. Successivamente, sarà la volta delle eventuali repliche e, quindi, della sentenza di primo grado. In proposito, ascoltiamo la nota del nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi:

 

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Com’è noto, la Radio Vaticana ritiene di aver sempre svolto un’attività di radiodiffusione pienamente coerente con gli accordi esistenti fra lo Stato italiano e la Santa Sede fin dal 1951, che garantiscono alla Emittente vaticana piena libertà nell’esercizio della sua funzione. Ad ogni modo, a scanso di equivoci, è opportuno precisare che in questo processo l’accusa non riguarda danni alla salute della popolazione, ma solo disturbi arrecati dalle emissioni elettromagnetiche. Inoltre, essendo il processo ancora in corso, la Direzione della Radio ritiene giusto attenderne gli ulteriori sviluppi prima di fare dichiarazioni in merito.

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CHIESA E SOCIETA’

16 novembre 2004

 

ELETTO IERI A WASHINGTON IL NUOVO PRESIDENTE DELLA CONFERENZA

EPISCOPALE AMERICANA. SI TRATTA DEL VESCOVO DI SPOKANE, MONS. SKYLSTAD.

IL PRESULE SUCCEDE AL VESCOVO GREGORY

- Servizio di Paolo Mastrolilli -

 

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NEW YORK. = “La sollecitazione di Cristo agli apostoli per unificare la Chiesa assume oggi una forma speciale, nella cura e nella riconciliazione con quanti sono stati danneggiati da abusi sessuali e nel fornire un ambiente sicuro all’interno del nostro ministero per i giovani e i bambini”. Lo ha detto ieri il vescovo di Spokane, mons. William Skylstad, dopo l’elezione a Washington quale nuovo presidente della Conferenza episcopale americana. Il vescovo Skylstad succede al vescovo di Belleville, Wilton Gregory, mentre come vice presidente è stato scelto il cardinale di Chicago, Francis Eugene George. Nel suo discorso di commiato anche Gregory ha parlato dei temi degli abusi, definendolo forse il più grande scandalo che la Chiesa negli Stati Uniti abbia affrontato. Ha aggiunto che i vescovi sono impegnati nella revisione delle politiche per gestire il problema entro il prossimo giugno mantenendo la promessa di proteggere i bambini e continuare la cura e la riconciliazione con le vittime. Mons. Skylstad ha invitato i colleghi ad avere fiducia parlando di benedizioni e sfide per tutti: “Sembra facile essere intimiditi dalle sfide, ma lavorando insieme possiamo guardare al futuro con gioia e speranza”. Il nuovo presidente ha 70 anni, guida la diocesi di Sposane nello Stato occidentale di Washington ed è stato vice presidente della Conferenza episcopale. Nella liturgia di apertura della loro Assemblea autunnale, i vescovi hanno celebrato anche il 25.mo anniversario della Lettera pastorale, con cui avevano dichiarato il razzismo un peccato.

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IMPEGNO SOCIALE CONTRO LA CORRUZIONE,

LA VIOLENZA E IL DEGRADO AMBIENTALE.

LA CONFERENZA EPISCOPALE INDONESIANA INVITA TUTTI I FEDELI

AD UNA MAGGIORE COLLABORAZIONE

NELLA LOTTA AI MALI CHE AFFLIGGONO IL PAESE

 

GIACARTA. = I cattolici possono e devono dare un contributo maggiore per combattere la corruzione dilagante nel Paese. Questa, in sintesi, l’esortazione della Conferenza Episcopale dell’Indonesia, che in un messaggio indica le tre urgenze maggiori che il nuovo presidente, Susilo Bambang Yudhoyono, dovrà affrontare: corruzione, violenza generalizzata e degrado ambientale. “Speriamo che la nuova amministrazione del Paese – ha detto il cardinale Julius Riyadi Darmaatmadja, arcivescovo di Giacarta – possa impegnarsi a fondo per la giustizia sociale”. Dal 1997 – ha proseguito il porporato – il Paese ha vissuto un declino morale. “La corruzione – ha detto – è divenuta un male comune fra i funzionari pubblici”, ricordando che l’osservatorio internazionale indipendente ‘Transparency International’ ha collocato l’Indonesia “fra i cinque Paesi più corrotti al mondo”. Il cardinale Darmaatmadja ha poi ricordato l’impegno di tutti i leader religiosi indonesiani che, per due volte, nel corso del 2004, hanno lanciato forti appelli contro il male endemico della corruzione. “La Chiesa – scrivono ancora i vescovi – deve farsi vicina alle vittime della violenza, agli oppressi e ai rifugiati. Non possiamo soltanto pregare per loro: dobbiamo alzare la voce in loro favore e lottare per la giustizia”. La Conferenza episcopale locale ha invitato i fedeli ad accrescere la fiducia in se stessi e a lavorare, insieme con persone di altre comunità religiose, per controllare le attività e gli interventi pubblici denunciare la corruzione. (B.C.)



GRANDE SUCCESSO DI ADESIONE PER LA CAMPAGNA IN FAVORE DEI POVERI NELLE

FILIPPINE LANCIATA DALL’ARCIVESCOVO DI MANILA.

OBIETTIVO: RAGGIUNGERE 10 MILIONI DI PESOS ENTRO NATALE

 

MANILA. = Dieci milioni di pesos entro Natale. E’ l’obiettivo che si prefigge di raggiungere l’arcivescovo di Manila, mons. Gaudencio B. Rosales, con la campagna di solidarietà a favore dei poveri “Pondo ng Pinoy” (fondo per i filippini).  L’iniziativa, lanciata lo scorso aprile con il sostegno di 13 vescovi della regione ecclesiastica della capitale, ha incontrato una generosa adesione da parte di fedeli, sacerdoti e religiosi, come indica la somma sinora raccolta: 5 milioni di pesos (pari a 89 mila dollari). La campagna invita ciascun fedele a mettere da parte un minimo di 25 centavos (pari a 5 centesimi di euro) fino a un massimo 100 (un peso) e a consegnarli alle messe domenicali per alimentare un fondo che servirà a finanziare la realizzazione di nuovi alloggi, l’assistenza legale e programmi di inserimento nel mondo del lavoro per i più bisognosi. L’idea – spiega mons. Rosales – è di sensibilizzare i fedeli alla responsabilità ed alla carità cristiana, consentendo a tutti di partecipare. E così è stato: centinaia di migliaia di persone stanno aderendo, anche nei quartieri più poveri di Manila. (L.Z.)

 

 

AL VIA MERCOLEDI’ A CUBA LA NONA SETTIMANA SOCIALE CATTOLICA,

PROMOSSA DALLA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE CUBANA

 

CAMAGUEY. = Avrà inizio mercoledì prossimo, a Camagüey, la nona settimana sociale cattolica promossa dalla Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale cubana. Obiettivo dell’incontro: affrontare il tema della pace e dei suoi fondamenti (verità, giustizia, amore e libertà) a partire dall’Enciclica di Giovanni XXIII “Pacem in terris”. Aprirà i lavori, nella cattedrale della città, il segretario del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, mons. Giampaolo Crepaldi. Tra gli altri relatori, padre Jesus Espeja, dell’Aula F. Bartolomeo de las Casas; Susana Villaran, laica peruviana; Maria Caridad Campistrous, dell’Istituto Mons. Enrique Pérez Serantes (arcidiocesi di Santiago de Cuba); padre Arnaldo Al dama, del centro diocesano per la formazione beato Arnold Janssen (diocesi di Holguin). Domenica, ultimo giorno di dibattito, verrà presentato il programma della Dottrina sociale della Chiesa per Cuba. La messa di chiusura verrà presieduta dall’arcivescovo di Camagüey e presidente della Commissione nazionale Giustizia e Pace, mons. Juan García Rodríguez. (D.D.)

 

 

IL MONDO COME UNA CASA: DALLA DIFFIDENZA ALL’ACCOGLIENZA.

PRESENTATA PRESSO LA RADIO VATICANA

LA GIORNATA NAZIONALE DELLE MIGRAZIONI

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

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ROMA. = Sono passati 90 anni da quando nel 1914 per volontà di S. Pio X è stata indetta la prima Giornata delle Migrazioni. All’epoca, un evento dedicato all’emergenza dell’emigrazione italiana che raggiungeva picchi di esodo superiori alle 700 mila persone all’anno. Con la costituzione della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, nel 1987, l’attenzione si è estesa a tutte le forme di mobilità umana e quindi anche agli immigrati, ai rom e sinti, ai fieranti e circensi, ai marittimi. Quest’anno le principali celebrazioni della Giornata verranno ospitate dalla Regione Marche. Per quanto riguarda Roma, oltre alla presentazione del Dossier statistico Immigrazione, il 24 novembre si terrà presso l’Angelicum il convegno su “Le condizioni dei detenuti stranieri nelle carceri italiane”, mentre domenica scorsa è stata ufficialmente consegnata ai cattolici albanesi di Roma la Chiesa, di San Giovanni alla Malva, in Trastevere. In occasione della presentazione dell’attuale Giornata Nazionale delle Migrazioni, don Bruno Mioli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale degli immigrati e profughi, ha sottolineato la partecipazione della Migrantes, con Acli e Caritas Italiana, al tavolo di confronto con il Governo per l’elaborazione del Documento Programmatico Triennale 2004-2006 sull’immigrazione. La Migrantes ritiene che per la revisione dell’attuale legge sull’immigrazione non sia sufficiente un qualche ‘tagliando’, ma serva un ripensamento profondo che attraverso il dialogo e la collaborazione con il mondo politico inquadri la legge in un contesto più rispettoso della dignità della persona.

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UNA SINGOLARE MOSTRA PER RIPERCORRERE I 70 ANNI DEL MEIC.

LA RASSEGNA, A GENOVA, SARA’ APERTA FINO AL PROSSIMO 8 DICEMBRE

 

GENOVA. = Inaugurata lo scorso 12 novembre a Genova, presso il convento di santa Maria di Castello, la mostra che ripercorre i 70 anni di vita del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC), fondato nel 1932 a Cagliari, inizialmente con il nome di Movimento Laureati di Azione Cattolica. Lungo l’esposizione sfilano i volti e le figure più significativi del Movimento, così come della storia civile e politica italiana: Giovanni Battista Montini, Igino Righetti, Aldo Moro. Sullo sfondo il Concilio Vaticano II, la nascita della Repubblica e la stesura della Costituzione. L’inaugurazione della mostra è stata accompagnata da un dibattito sul ruolo degli intellettuali cattolici nella società italiana. La rassegna sarà aperta fino all’8 dicembre. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 novembre 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Decisa presa di posizione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU nei confronti della Costa d’Avorio. Ieri è stato votato l’embargo internazionale sull’acquisto di armi con decorrenza immediata. Ulteriori sanzioni, che invece saranno effettive dal mese prossimo, sono state adottate a carico sia del governo ivoriano sia dei ribelli. Le misure mirano a risolvere la grave crisi tra esecutivo e miliziani che ha coinvolto anche la forza di pace francese. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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Una decisa condanna della politica del presidente ivoriano Gbagbo, accusato dalla Francia di istigare la popolazione alla caccia al bianco, attraverso una propaganda razzista e xenofoba. In pratica in sede ONU, Parigi è riuscita a far prevalere la sua posizione con una risoluzione, approvata all’unanimità dai quindici Paesi membri del Consiglio di sicurezza. Il governo della Costa d’Avorio è stato punito per i sanguinosi attacchi aerei della settimana scorsa, che hanno infranto la tregua con i ribelli islamici secessionisti del Nord, firmata nel gennaio 2003. Un primo segnale di rottura della Comunità internazionale con il governo di Gbagbo era giunto già l’altro ieri dall’Unione Africana che nel Vertice nigeriano di Abuja si era trovata d’accordo sull’imposizione del blocco delle forniture militari a Yamoussoukro. Il voto dell’ONU è stato preceduto da un durissimo scambio di accuse tra Parigi, ex potenza coloniale, e Gbagbo. Quest’ultimo ha ricordato al presidente francese Chirac di aver sostenuto il precedente regime fascista ivoriano, durante il quale lui ed altri politici erano in carcere.

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Dopo la decisione delle Nazioni Unite, si allarga la frattura tra la comunità internazionale e le autorità della Costa d’Avorio, finora manifestatasi con lo scontro a distanza tra il presidente ivoriano Gbagbo e il francese Chirac. Ce ne parla Massimo Alberizzi, inviato del Corriere della Sera ad Abidjan:

 

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R. – Sembra quasi che ci sia un antagonismo furibondo tra due persone più che un antagonismo sulla politica di un Paese. Certo, il presidente Gbagbo non è sicuramente un esempio di grande democrazia, non è uno scandinavo. Su questo non c’è dubbio. Però esistono molti altri presidenti in Africa peggiori di lui. La Francia non ha mai aperto bocca, però, su questo. Forse perché lui per anni è stato nella Internazionale Socialista e per anni è stato antagonista di Chirac in Francia.

 

D. – Gbagbo accusa i ribelli del nord di non voler disarmare. Parigi accusa Gbagbo di incitare alla rivolta anti francese. Com’è la realtà?

 

R. – E’ vero che i ribelli non disarmano. Questo perché il presidente aveva promesso le modifiche di alcune leggi. Allora siamo in una impasse, per cui loro dicono: “Tu fai le leggi e noi disarmiamo” e lui dice “cominciate il disarmo e io faccio le leggi”. A questo punto, effettivamente, nei primi tre giorni, subito dopo l’attacco alle forze francesi aeree, la distruzione degli aerei, degli elicotteri a terra, effettivamente la televisione ha fatto una fortissima propaganda “anti bianca”, continuando a far vedere i resti degli aerei. In un Paese dove le accuse si trasformano in violenze, ovviamente la radiotelevisione ha avuto una grossa parte.

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Si vota anche oggi in Namibia per scegliere sia il successore del presidente Sam Nujoma, al potere dall’indipendenza del Paese africano nel ‘90, sia i 72 deputati dell’Assemblea Nazionale. Il più accreditato alla carica di capo dello Stato è l’attuale ministro delle Terre, Pohamba, stretto collaboratore di Nujoma e candidato di punta del partito Swapo. Lo schieramento, d’altra parte, è maggioritario nelle regioni del nord, le più popolose.

 

In Medio Oriente i capi della Jihad islamica e delle brigate dei martiri di Al Aqsa in Cisgiordania hanno dichiarato di voler cessare gli attacchi in Israele per 60 giorni in modo da agevolare le elezioni presidenziali del prossimo 9 gennaio. Ma per la nuova leadership dell’Autorità Nazionale Palestinese è sempre più difficile il dopo Arafat. Ascoltiamo Graziano Motta:

 

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Ricomporre l’unità dei palestinesi, ricominciando da quella all’interno del suo partito Al Fatah, in vista anche delle elezioni presidenziali del 9 gennaio. A questo obiettivo si sta dedicando il nuovo presidente dell’OLP, Abu Mazen, che è rimasto a Gaza dopo la sparatoria di domenica, nella quale sono rimasti uccisi due agenti dei servizi di sicurezza e dalla quale è uscito illeso. Cerca di convincere i gruppi impegnati nell’Intifada armata che la violenza non porta all’obiettivo dello Stato indipendente. Secondo Abu Mazen vale la pena tornare al dialogo con Israele. Il ministro della Difesa dello Stato ebraico ha reso noto, inoltre, che il governo di Tel Aviv farà il possibile per favorire il processo democratico palestinese e lo svolgimento di elezioni. Un impegno, questo, che il primo ministro Sharon ha già dato agli Stati Uniti e che il ministro degli Esteri Shalom, recatosi a Washington, sta per definire nei particolari con il segretario di Stato, Colin Powell. Anche se dimissionario, Powell sarà a Ramallah e a Gerusalemme tra una settimana, il 23 novembre, a termine della conferenza internazionale di Sharm el Sheikh sull’Iraq. Intanto, il primo ministro palestinese, Abu Ala, intende far luce sulle cause della morte di Arafat. Non cessano, infatti, le voci di un suo avvelenamento e le polemiche sulla mancata autopsia.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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La riforma del Patto di stabilità e il caso della Grecia al centro dell’odierna riunione dei ministri delle Finanze dell’Unione europea, in corso a Bruxelles. Ieri sera, il commissario UE agli Affari monetari ed economici, Joaquin Almunia, ha reso noto che Atene ha presentato dati erronei di bilancio dal 1997. E a Strasburgo intanto via libera a Franco Frattini, commissario designato alla commissione Giustizia, libertà e sicurezza. Questa mattina la commissione Libertà pubbliche del Parlamento europeo e quella della Giustizia hanno votato a grande maggioranza la nomina del ministro italiano.

 

“Sono totalmente contraria a qualsiasi taglio della finanziaria nei settori della scuola, dell’università e della ricerca. Il tavolo di dialogo con i sindacati e il mondo della scuola è sempre stato aperto e continuerà ad esserlo”. Lo ha dichiarato il ministro italiano dell’Istruzione Letizia Moratti a Tokyo, dove conclude oggi una visita di quattro giorni.

 

Scuse ufficiali della Cina al Giappone. Pechino ha espresso oggi il suo rammarico per la violazione delle acque territoriali nipponiche da parte di un suo sottomarino avvenuta la settimana scorsa. Lo ha riferito il ministro degli esteri di Tokyo, Nobutaka Machimura.

 

Tragedia nel porto brasiliano di Paranaguá, nello Stato meridionale di Paraná. Una nave cisterna che stava caricando combustibile è esplosa questa notte provocando la morte di numerose persone. Secondo alcune fonti, si parla addirittura di 31 morti. Restano per ora sconosciute le cause che hanno provocato le deflagrazioni.

 

 

 

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