RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 319  - Testo della trasmissione di domenica 14 novembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Esprimere gratitudine per quanto la natura e la fatica umana producono sulla terra: l’invito del Papa all’Angelus nella Giornata del Ringraziamento, celebrata oggi in Italia

 

Perseverare nel cammino verso la piena unità dei cristiani: l’appello di Giovanni Paolo durante i Vespri di ieri sera, nel 40.mo del Decreto conciliare Unitatis Redintengratio

 

Le cure palliative, urgenza farmacologia ma anche scelta etica: è quanto emerso nel Congresso internazionale sul tema, organizzato in Vaticano. Un bilancio con il prof. Pierluigi Zucchi.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Concluso a Roma il Simposio dei vescovi europei ed africani per favorire la solidarietà tra i due Continenti

 

Promosso dalla Conferenza episcopale italiana un Convegno a Genova sulle nuove sfide in Europa per il mondo dell’agricoltura. Ai nostri microfoni, mons. Paolo Tarchi

 

Messaggio chiaro e forte dal Congresso mondiale sullo “sport per tutti”: l’attività sportiva sia sempre veicolo di valori di rispetto per sé e per gli altri. Ce ne parlano Giovanni Petrucci ed Edio Costantini

 

La chiesa romana di San Giovanni della Malva a Trastevere affidata dal Papa alla comunità cattolica degli emigrati albanesi in Italia: con noi, don Pasquale Ferraro

 

“Tutti i sogni portano al mare”: nell’ultimo libro di Jutta Richter, personaggi centrali gli “angeli custodi” di ogni persona. Intervista con l’autrice.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Festeggiati ieri a Roma i 30 anni di UNICEF-Italia

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale del diabete

 

Migliaia di burundesi sui banchi di scuola, grazie al Centro nazionale di alfabetizzazione, sostenuto dall’Unesco

 

La Chiesa coreana celebra oggi la Giornata del laicato

 

Allarme dell’Onu per la regione di Walungu, nel Congo orientale: i continui attacchi dei ribelli  impediscono di aiutare le popolazioni

 

Ucciso un foto-reporter nelle Filippine.

 

24 ORE NEL MONDO:

Iraq: si combatte ancora a Falluja: 1200 i ribelli morti negli scontri

 

Medio Oriente: entro il 9 gennaio la data delle elezioni palestinese

 

Continua la fuga dei cittadini stranieri dalla Costa d’Avorio

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 novembre 2004

 

NELLA ODIERNA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO, CELEBRATA IN ITALIA,

L’INVITO DEL PAPA ALL’ANGELUS AD ESPRIMERE GRATITUDINE A DIO

PER QUANTO LA NATURA E LA FATICA UMANA PRODUCONO SULLA TERRA

 

La chiamata per ogni credente ad offrire al Signore la propria vita e il lavoro quotidiano: su questo tema, la riflessione del Papa all’Angelus, in occasione dell’odierna Giornata del Ringraziamento, che si celebra oggi in Italia. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Esprimere gratitudine a Dio per i frutti della terra raccolti durante l’anno: questo il significato della Festa del Ringraziamento celebrata oggi in tutte le diocesi italiane e che vede la città di Genova – come ha ricordato Giovanni Paolo II – ospitare la celebrazione principale, in felice coincidenza quest’anno con il ruolo di “capitale europea della cultura”.

 

“Per noi cristiani il ringraziamento si esprime pienamente nell’Eucaristia.”

 

Infatti – ha spiegato il Papa - “in ogni Santa Messa, benediciamo il Signore, Dio dell’universo, presentandogli il pane e il vino, frutti ‘della terra e del lavoro dell’uomo’.”

 

“A questi semplici alimenti Cristo ha legato la sua oblazione sacrificale. Uniti a Lui, anche i credenti sono chiamati ad offrire a Dio la loro esistenza e il quotidiano lavoro.”

 

E dunque Maria – ha concluso il Santo Padre – “ci insegni ad essere grati al Signore di quanto la natura e la fatica umana producono per il nostro sostentamento, e ci renda pronti a condividere le nostre risorse con quanti sono nel bisogno.”

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L’INCORAGGIAMENTO DEL PAPA A PERSEVERARE NEL CAMMINO VERSO LA PIENA UNITA’ DEI CRISTIANI DI FRONTE AD UN CRESCENTE ERRONEO UMANESIMO SENZA DIO: L’APPELLO IERI NELLA BASILICA VATICANA DURANTE LA CELEBRAZIONE DEI VESPRI,

NEL 40.MO ANNIVERSARIO DEL DECRETO CONCILIARE UNITATIS REDINTEGRATIO

        

Si è svolta nel tardo pomeriggio di ieri, nella Basilica di San Pietro, la celebrazione ecumenica dei Vespri presieduta da Giovanni Paolo II. L’occasione è stata il 40.mo anniversario del Decreto conciliare sull’ecumenismo “Unitatis Redintegratio”, al centro nei giorni scorsi di un incontro voluto dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani su presente, passato e futuro del movimento ecumenico. Presenti alla celebrazione in San Pietro i partecipanti e gli ospiti del raduno. Il servizio è di Gabriella Ceraso:

 

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(canto)

 

La via ecumenica è la via della Chiesa. Molto è stato fatto, ma il traguardo della comunione piena non è stato ancora raggiunto. I cristiani devono perse-verare. Questo, in sintesi, quanto espresso dal Papa nell’omelia, letta in parte dal sostituto della Segreteria di Stato, mons. Leonardo Sandri, durante la celebrazione dei Vespri. La preghiera serale, con cui la Chiesa rende grazie a Dio dei benefici ricevuti e chiede perdono per i peccati commessi durante la giornata, ha assunto subito un respiro ecumenico con la mozione del Santo Padre: “Preghiamo – ha detto – e chiediamo ‘fede, speranza e carità unanime per essere una cosa sola perché il mondo creda’”. Quindi la salmodia vesperale, i Salmi 140 e 141: un’invocazione dell’uomo a Dio perché lo preservi dal peccato e lo custodisca nel momento della prova. Affidate a tre vescovi – un inglese, un francese e uno spagnolo – le preghiere sui Salmi e sul Cantico, in cui l’apostolo Paolo esorta i Filippesi e quindi i cristiani tutti a partire dall’amore e dalla carità per costruire le loro relazioni. E anche il Papa ha citato San Paolo per aprire la sua omelia:

 

“Ora, invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani, siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace”.

 

“Siamo qui per ringraziare Dio dei frutti recati in 40 anni dal Decreto “Unitatis Redintegratio”, la cui attuazione è stata tra le priorità del mio pontificato”. Quindi il Papa ha sottolineato che l’unità ecumenica corrispondendo alla volontà del Signore, che ha pregato il Padre perché tutti siano uno, coinvolge nelle opere e nelle preghiere ogni cristiano e ogni comunità, oggi più che mai di fronte ad un crescente erroneo umanesimo senza Dio e alla nostalgia di pace. Non poche differenze sono certo già state superate, ma altre in materia di fede e di etica affiorano. Che fare dunque? Non scoraggiarsi, dice il Papa, e addita per il futuro ecumenico la necessità di rafforzare i fondamenti della fede e sviluppare la spiritualità di Comunione. “Ecumenismo vero – ha concluso il Papa – non c’è senza conversione interiore, preghiera e santità di vita”.

 

(Magnificat)

 

Così la celebrazione si è avviata alla conclusione con il Cantico del “Magnificat”, le intercessioni vespertine, quindi l’orazione conclusiva e la benedizione del Santo Padre.

 

(canto)

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LE CURE PALLIATIVE COME INTERVENTO FARMACOLOGICO

MA ANCHE COME IMPEGNO ETICO: E’ QUANTO EMERSO DALLA 19.MA CONFERENZA

INTERNAZIONALE PROMOSSA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO

DELLA PASTORALE PER LA SALUTE CONCLUSASI IERI

- Intervista con il prof. Pierluigi Zucchi -

 

Si è conclusa ieri la 19.ma Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio della pastorale per la salute dedicata al tema delle cure palliative e delle terapie del dolore. Delle prospettive emerse ci parla, nell’intervista di Giovanni Peduto, il prof. Pierluigi Zucchi, direttore dell’Istituto per lo studio e la terapia del dolore a Firenze e docente al Campus biomedico di Roma:

 

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R. – La terapia del dolore non può essere identificata soltanto in una somministrazione anche appropriata di farmaci antalgici, ma deve andare oltre: deve tener conto soprattutto del substrato psicologico, etico e della formazione del paziente. Deve farlo cercando di avvicinarsi al soggetto sofferente, identificandolo soprattutto come persona e, quindi, cercando di instaurare un rapporto, rapporto che tenderà sicuramente a migliorare l’efficacia dei farmaci.

 

D. – Se il rapporto medico-paziente è così fondamentale come sembra, quali possono essere gli indirizzi nuovi per una valida ed efficiente terapia del dolore?

 

R. – Come dicevo poc’anzi ritengo che il rapporto fra il medico e il paziente in tutte le patologie sia fondamentale, ma in particolare lo è per il paziente che è affetto da una patologia algica, soprattutto nelle fasi terminali. Noi, per esempio, nel mio gruppo di studio, insieme con l’aiuto validissimo e determinante del prof. Bonifacio Honings, che è un teologo, abbiamo voluto evidenziare quanto questo rapporto, e soprattutto il rapporto del paziente con una terapia che può essere definita una terapia etica, ossia la somministrazione e la lettura meditata di un brano evangelico, possa incidere sulla elevazione della soglia del dolore. Questi sono studi che io ho affrontato insieme con il prof. Honings e la prof.ssa Maria Rosa Voegelin, docente all’Università di Firenze, proprio per rendere scientifici questi dati.

 

D. – Se gli aspetti educazionali sono così importanti nel rapporto medico-paziente, quale deve essere la figura nuova del futuro medico e, in particolare, del medico terapeuta del dolore?

 

R. – La figura del nuovo medico deve essere una figura soprattutto etica. Si dà per scontato che un professionista sia competente nella propria branca. Dovrebbe essere perlomeno perfezionato, alimentato, accresciuto questo aspetto di rapporto che deve obbligatoriamente instaurarsi tra due persone, che sono distinte nei loro ruoli ma non distanti, perché accomunate entrambe dal desiderio del miglioramento di un risultato terapeutico.

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 novembre 2004

 

LE CONCLUSIONI A ROMA DEL SIMPOSIO INTERNAZIONALE

DEI VESCOVI EUROPEI E AFRICANI: UN INCONTRO STORICO PER INSTAURARE

FRUTTUOSI SCAMBI PER LA VITA DELLA CHIESA E DEI POPOLI NEI DUE CONTINENTI

 

 

Si è concluso, ieri, il primo Simposio dei Vescovi africani ed europei, tenutosi a Roma dal 10 al 13 Novembre sul tema: “Comunione e solidarietà tra Africa e Europa: Cristo ci chiama, Cristo ci invia”. Un centinaio i presuli che hanno partecipato all’incontro, insieme con i delegati di una ventina di organismi che operano per promuovere lo sviluppo nei Paesi africani. Il servizio di Jean-Baptiste Sourou:

 

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Oltre al suo carattere storico ed il clima molto fraterno in cui si è svolto, il Simposio tra Vescovi africani ed europei ha portato frutti importanti per la vita della Chiesa nei due continenti. Il primo è la vera comunione e il senso di una collaborazione effettiva per l’annuncio del Regno. I vescovi hanno capito meglio in quali condizioni i loro confratelli lavorano nelle Chiese particolari, per poi vedere quali scelte pastorali degli uni potrebbero aiutare gli altri. Perciò è stata decisa la creazione di un gruppo di lavoro che scenderà nei particolari per continuare in modo concreto il dialogo.

 

I pastori hanno convenuto sulla necessità di evangelizzare di più le strutture politiche, il che significa trovare le modalità per applicare le idee positive contenute nella dottrina sociale della Chiesa. Si è parlato anche della formazione dei fedeli laici per una testimonianza sempre più incisiva nella società. Sicuramente si continuerà ad inviare sacerdoti africani in missione in Europa. Ma la soluzione va studiata meglio. L’arcivescovo di Abuja, in Nigeria, mons. John Onayekan, dice che prima di tutto l’Europa deve convincersi della necessità di questi pastori, che a volte non trovano la giusta accoglienza.

 

I vescovi vogliono costituire assieme un gruppo di pressione a livello internazionale per il problema del debito dei Paesi poveri ed hanno  ricordato ai ricchi l’impegno di dedicare lo 0,7 % del loro prodotto interno lordo all’aiuto allo sviluppo. Si è parlato della possibilità di scambio di seminaristi e laici, di gemellaggi tra diocesi nel senso del dare e del ricevere. Il Simposio ha rivolto ai fedeli un messaggio di speranza. Si ricorderà anche l’annuncio fatto dal Santo Padre ai Vescovi di convocare un secondo Sinodo speciale per l’Africa.

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LA CHIESA CELEBRA OGGI IN ITALIA

LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO PER I BENI DELLA TERRA.

NEL CONVEGNO PROMOSSO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

A GENOVA, RAPPRESENTANTI DEL MONDO SINDACALE, IMPRENDITORI

ED ESPONENTI DELL’UNIONE EUROPEA A CONFRONTO

SULLE NUOVE SFIDE PER IL MONDO DELL’AGRICOLTURA

 

La Chiesa celebra oggi in Italia la Giornata del ringraziamento per i beni della terra. Nel suo messaggio, la Conferenza episcopale italiana (CEI) invita a riflettere sulle nuove sfide che il mondo dell’agricoltura è chiamato ad affrontare nel contesto europeo. Proprio a questo tema è stato dedicato il convegno a Genova, organizzato dall’Ufficio CEI per i problemi sociali ed il lavoro. A confronto rappresentanti del mondo sindacale, imprenditori ed esponenti dell’Unione Europea. Il servizio di Ignazio Ingrao:

 

 

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L’agricoltura è stato uno dei punti chiave nei negoziati per l’allargamento dell’Unione Europea a 25 membri. Buona parte dei dieci Paesi che hanno fatto l’ingresso nell’Unione, lo scorso primo maggio, è stato caratterizzato infatti da una forte vocazione agricola, a cominciare dalla Polonia. Ma i nostri agricoltori sono preoccupati per la concorrenza dei nuovi Paesi dell’Unione Europea? Lo abbiamo chiesto al direttore dell’Ufficio della Conferenza episcopale italiana per i problemi sociali e il lavoro, mons. Paolo Tarchi:

 

“Certamente, tutto ciò che si presenta come nuovo può creare dei turbamenti, però questo problema va letto nella globalità del processo di integrazione europea, che richiede anche dei tempi di assestamento. Però, credo che potremo verificare, alla lunga, maggiori benefici”.

 

I vescovi italiani hanno diffuso un messaggio, intitolato “Cultura rurale e solidarietà in Europa”. Il messaggio della CEI osserva che è ancora lunga la strada da fare per una piena integrazione nel campo dell’economia agricola tra i Paesi dell’Unione. La Chiesa italiana invita, insomma, gli agricoltori alla solidarietà. Mons. Tarchi, in concreto, questo che cosa significa?

 

“Io credo significhi prendere sul serio anche la nuova politica agricola comunitaria, che mi pare guardi davvero al futuro, cercando di svincolare dalla semplice produzione l’impianto agricolo, guardando invece allo sviluppo e alle problematiche emergenti che vengono soprattutto dai cittadini. Parliamo dell’ambiente, dell’accettabilità del prodotti, del rispetto della natura, degli animali e così via ...”.

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DAL CONGRESSO MONDIALE SUL TEMA “SPORT PER TUTTI”, ORGANIZZATO A ROMA,

UN MESSAGGIO CHIARO E FORTE PERCHE’ L’ATTIVITà SPORTIVA

SIA SEMPRE VEICOLO DI VALORI DI RISPETTO PER SE’ E PER GLI ALTRI

- Ai nostri microfoni, Giovanni Petrucci ed Edio Costantini -

 

A pochi giorni dalla proclamazione del 2005 come “Anno internazionale per lo sport e l’educazione fisica” da parte del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, si chiude oggi a Roma, presso il Complesso olimpico del Foro Italico, il 10.mo Congresso mondiale “Sport per tutti”. L’iniziativa, organizzata dal Coni, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Associazione Generale delle Federazioni sportive internazionali, ha per tema: “Sport per tutti: uno strumento a favore dell’educazione e dello sviluppo”. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Un Congresso per garantire la possibilità di fare sport proprio a tutti, perché lo sport insegna il rispetto delle regole e degli altri; permette all’individuo di inserirsi nella società e di sviluppare uno spirito di squadra; è medicina per il corpo e per lo spirito. Un’occasione anche per dire “no” alle diverse forme di violenza in campo e sugli spalti, “no” al doping, “no” alla vittoria a tutti i costi. Ai nostri microfoni il presidente del Coni, il dott. Giovanni Petrucci:

 

“Noi diciamo che ottenere un risultato sportivo è difficile, ma è ancora più difficile poi mantenere questo risultato sportivo e dare dei valori significativi al risultato sportivo. Noi non vogliamo la scorciatoia del doping, la stiamo combattendo. E’ una battaglia difficile, ma non ci daremo mai per vinti. Dare messaggi positivi significa anche frenare i messaggi negativi che si danno la domenica sui campi. Basta con le bestemmie, e non perché questo risolva il problema, ma perché oltre ad una questione di religione – non ci dobbiamo vergognare che il nostro è un Paese cattolico – è anche una questione di civiltà”. 

 

Presenti al Congresso, anche i rappresentanti di molti Paesi in via di sviluppo. Ma quali strategie sono in atto per garantire lo “sport per tutti” anche in questi territori? Ascoltiamo il dott. Edio Costantini, presidente del Centro Sportivo Italiano, associazione cattolica per la promozione dello sport:

 

“La pratica sportiva si è diffusa nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto attraverso le grandi competizioni internazionali. Il CSI in questi anni ha lavorato molto con i Paesi dell’Est, dell’Africa, con l’Albania in modo particolare. Non ha soltanto esportato un modello di fare sport tipico italiano, ma soprattutto quell’aspetto del costituire la società sportiva, il gruppo, dei percorsi formativi per gli allenatori, per i dirigenti. Lo ha fatto proprio attraverso dei gemellaggi ed ha ottenuto un grande successo”.

 

“Sport per tutti” significa rendere accessibile l’attività sportiva anche ai diversamente abili. Ancora la parola al dott. Costantini:

 

“Bisognerebbe – e noi del CSI stiamo investendo molto su questo – che la società sportiva potesse accogliere persone normodotate e persone disabili. Le società sportive che fanno questo hanno un grande successo, perché il bello dello sport è quello dell’integrazione”.

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NELLA CHIESA DI SAN GIOVANNI DELLA MALVA A TRASTEVERE, A ROMA,

LA COMUNITÀ CATTOLICA DEGLI EMIGRATI ALBANESI IN ITALIA RIUNITA,

NEL POMERIGGIO, PER L’INAUGURAZIONE DELLE ATTIVITA’ PASTORALI

- Intervista con don Pasquale Ferraro -

 

Nella chiesa di San Giovanni della Malva a Trastevere, oggi pomeriggio, la comunità cattolica degli emigrati albanesi in Italia si riunisce per inaugurare le attività pastorali. Saranno presenti alla cerimonia, presieduta dal presidente della Conferenza episcopale albanese, mons. Angelo Massafra, diversi vescovi albanesi e italiani insieme a sacerdoti che in tutta Italia si occupano dei numerosi centri pastorali per gli albanesi, nonché gli ambasciatori di Albania presso lo Stato italiano e presso la Santa Sede. Sul significativo appuntamento, al microfono di Katarina  Nushi, ascoltiamo il rettore, don Pasquale Ferraro:

 

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R. – San Giovanni della Malva è la prima chiesa in Italia che viene affidata esclusivamente agli albanesi. Rappresenta un vero patrimonio incomparabile di arte e, come la storia di questa chiesa testimonia, il luogo dove i pellegrini più disagiati hanno trovato, nel centro di Roma, rifugio e aiuto. A conferma di ciò, c’è la tradizione che il 27 di dicembre ci si recava per ricevere un pane benedetto proprio a San Giovanni della Malva. E all’insegna di questa ospitalità, si augura alla giovane comunità albanese, che si radunerà in questa chiesa, di fare di essa la casa di accoglienza di ogni albanese affinché nella preghiera e nella carità si renda visibile l’amore di Dio. San Giovanni della Malva è la prima chiesa in Italia che Giovanni Paolo II, con decreto del suo vicario, cardinale Camillo Ruini, ha voluto concedere alla vicina Chiesa d’Albania, uscita dal regime comunista, quale segno di accoglienza e di attenzione pastorale. L’inaugurazione delle attività pastorali sarà sicuramente un evento storico per l’Albania. La gioia e l’entusiasmo possano sempre rimanere nei nostri cuori e siano l’espressione migliore del nostro augurio più sentito per il futuro dell’Albania.

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         GLI AMICI SOLIDALI, “ANGELI CUSTODI” IN TERRA DI OGNI PERSONA.

PUBBLICATO IN ITALIA DALLA BEISLER “TUTTI I SOGNI PORTANO AL MARE”,

ULTIMO LIBRO DI JUTTA RICHTER,

LA PIU’ AMATA SCRITTRICE TEDESCA PER L’INFANZIA

- Intervista con l’autrice -

 

E’ una presenza preziosa nella vita di chiunque, l’angelo custode. Ma c’è chi, preso dalla foga di realizzare un grande sogno, pensi di “venderlo”, in quanto unico bene in suo possesso, e si renda conto che, di lì in poi, la sua vita non va più come prima. Sta in questo originale spunto il centro narrativo dell’ultimo libro di Jutta Richter, la più nota scrittrice tedesca per l’infanzia, finalista nel 2000 per il premio UNESCO sull'alfabetizzazione dei bambini. La Beisler Editore ha pubblicato in Italia il volumetto che racconta l’avventura di due bambini, Nove e Kosmos, decisi a raggiungere ad ogni costo il mare, che non hanno mai visto. Ma se “Tutti i sogni portano al mare”, come recita il titolo del libro, è anche vero che per inseguire un sogno si debbono fare delle scelte. E’ la morale di fondo di un libro che, come gli altri della Richter, coniuga la semplicità di espressione ad un gusto dell’azione che non va a scapito di ciò che si muove nel profondo dell’animo umano, anche di un bambino. Alessandro De Carolis ha incontrato l’autrice e le ha chiesto se un sogno giustifichi sempre il sacrificio di un bene prezioso:

 

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R. – ICH HABE ZWEI ANTWORTEN. AUF DER EINEN SEITE, ...

Sono due le risposte. Da un lato, direi, e voglio dire “sì”, si dovrebbe cercare di fare l’impossibile per realizzare il proprio sogno. Però, ci sono cose che non si possono “vendere”. Tra queste, senza dubbio, c’è l’angelo custode...

 

D. – Quindi, è questo il messaggio centrale del libro, o ce ne sono anche altri?

 

R. – ES GIBT NOCH EINE BOTSCHAFT: DASS SELBST WENN MAN IN EINER ...

C’è anche un altro messaggio: se proprio ci si dovesse trovare in una situazione d’emergenza, ci sarà qualcuno come Kosmos pronto ad intervenire, quindi una specie di angelo custode “di riserva”. Credo che sia un messaggio importante, quello che possiamo essere soccorsi anche da forze buone, non solo da angeli, ma anche da esseri umani.

 

D. – A questo punto, una domanda personale: chi è per lei l’angelo custode?

 

R. – ICH GLAUBE, ICH HABE VERSCHIEDENE SCHUTZENGEL. GANZ SICHER ...

Credo di avere parecchi “angeli custodi”. Sicuramente fanno parte di questa schiera i miei amici più cari. Ma credo e sento di essere circondata e protetta, su questa terra, da una forza buona.

 

D. – Perché ha scelto i bambini come protagonisti e come destinatari delle sue storie?

 

R. – WEIL ICH GLAUBE, DASS KINDER SICH IMMER FÜR KINDER ALS ...

Perché credo che i bambini siano sempre interessati ai bambini, quando sono protagonisti. Voglio però specificare, in questa occasione, che io non scrivo per i bambini, perché credo che la letteratura non si possa dividere: viviamo tutti sotto lo stesso cielo e nulla può quindi essere suddiviso. La letteratura è letteratura, come la poesia: esiste per tutti, per gli adulti e per i bambini.

 

D. – Come vede il suo ruolo di scrittrice che ha per pubblico una massa, oggi in particolare, più spesso interessata al consumo di tecnologia che di lettura?

 

R. – ICH GLAUBE, DASS DIE SEHNSUCHT DER JUGENDLICHEN UND DER KINDER ...

Credo che la nostalgia dei giovani e dei bambini non sia cambiata. Credo che nonostante, o forse proprio a causa di questo esasperato predominio della tecnologia, ci sia una grande esigenza di quell’angolo di silenziosa tranquillità che ti offre la lettura di un libro. Oggi ci sono tanti – o tanto pochi – lettori come ieri: credo che non sia cambiato molto, e penso anche che non cambierà molto.

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CHIESA E SOCIETA’

14 novembre 2004

 

FESTEGGIATI IERI A ROMA I 30 ANNI DI UNICEF ITALIA.

NEL 2003 RACCOLTI OLTRE 40 MILIONI DI EURO

PER TUTELARE L’INFANZIA NEL MONDO

- A cura di Barbara Castelli -

 

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ROMA. = Grande festa ieri a Roma, presso la Pontificia Università degli Studi San Tommaso d'Aquino, per i 30 anni del Comitato italiano per l’UNICEF. “Il legame tra l’Italia e l’UNICEF – ha detto Carol Bellamy, direttore esecutivo dell’organizza-zione umanitaria – risale al periodo immediatamente successivo la II guerra mondiale, quando il principale programma dell’UNICEF consisteva nel fornire ad oltre un milione di scolari italiani una razione di latte al giorno”. “Oggi – ha proseguito – è il popolo italiano che ha assunto l’iniziativa di garantire i diritti dell’in-fanzia a livello globale”. Carol Bellamy ha, inoltre, ricordato come in un quadro economico globale che supera i 30 mila miliardi di dollari, un quinto dell’umanità, pari a 1,3 miliardi di persone, siano condannate ad una vita di miseria. La metà di queste persone sono bambini. Giovanni Micali, presidente di UNICEF Italia, ha poi illustrato i risultati dell’ultimo anno di lavoro: 40 milioni e 876 mila euro destinati a programmi in Africa, Asia, America latina, Europa orientale. Calcolando i fondi trasferiti ogni anno all’UNICEF, dalle origini al 2003, tradotti in euro, il Comitato ha trasferito 461 milioni di euro, che hanno finanziato e sostenuto il lavoro dell’Organizzazione nei Paesi in via di sviluppo per le vaccinazioni, la lotta alla malnutrizione, la sanità, la scuola, i servizi sociali e per gli interventi di emergenza. Prosegue instancabile, quindi, l’impegno dell’UNICEF nel mondo per impedire che l’infanzia sia calpestata e negata. Secondo gli ultimi dati: sono 50 milioni i bambini che non vengono registrati alla nascita; 121 milioni non hanno mai potuto, soprattutto le bambine, frequentare la scuola; 246 milioni lavorano e tre quarti in attività dannose; due milioni sono vittime di sfruttamento sessuale e pornografia; 600 milioni vivono in condizioni di estrema povertà. Un bambino su 12, infine, muore prima di avere compiuto cinque anni.

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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DEL DIABETE.

NEL PIANETA SONO 170 MILIONI LE PERSONE CHE SOFFRONO PER QUESTO PROBLEMA

 

ROMA. = Ha preso il via oggi in Italia, in occasione della Giornata mondiale del diabete, la prima campagna nazionale di comunicazione promossa nel 2004/2005 dal Ministero della Salute, in collaborazione con le associazioni e le società scientifiche. Con iniziative in 300 piazze d'Italia – pubblicità su autobus, autostrade, stazioni ferroviarie, distribuzione e affissione di materiale informativo e di locandine nelle farmacie – la campagna vuole puntare l’attenzione su due obiettivi: la prevenzione della malattia mediante l’adozione di corretti stili di vita e la riduzione dell’incidenza del diabete e delle sue complicanze.  Nel mondo sono circa 170 milioni le persone affette da diabete, un numero destinato a crescere in modo esponenziale nei prossimi anni, soprattutto tra la popolazione con oltre 40 anni. Se non trattato adeguatamente il diabete può comportare conseguenze anche invalidanti. Ogni anno, più di 70.000 ricoveri per diabete sono causati principalmente dalle sue complicanze, che coinvolgono il sistema cardiovascolare, la retina, i reni e il sistema nervoso periferico. Il 90 per cento dei diabetici risulta affetto da diabete di tipo 2, tipico dell’età adulta e dovuto alla incapacità dell'organismo di produrre una quantità adeguata di insulina. Ipertensione, ipercolesterolemia e obesità sono tre fattori che aumentano il rischio delle complicanze e la mortalità fra i diabetici. La maggioranza, circa il 73 per cento, dei pazienti ha almeno uno di questi fattori, mentre il 42 per cento almeno due.  (B.C.)

 

 

MIGLIAIA DI BURUNDESI IMPARANO A LEGGERE E SCRIVERE.

PROSEGUE CON SUCCESSO NEL PAESE AFRICANO IL LAVORO DEL CENTRO NAZIONALE ALFABETIZZAZIONE, CHE DI RECENTE HA RICEVUTO OLTRE 14.000 LIBRI DALL’UNESCO

 

BUJUMBURA. = Nell’ultimo anno oltre 12.000 burundesi hanno imparato a leggere e scrivere. Lo riferisce Prime Hakiza, direttore del “Centro nazionale di alfabetizzazione”, ricordando che il 63% della popolazione del Burundi è analfabeta, secondo statistiche non ancora aggiornate degli anni Novanta. Il direttore del Cna ha, inoltre, spiegato che la sua azione di formazione si concentra soprattutto sui gruppi considerati più deboli, le giovani donne e i pigmei. Secondo Hakiza, infine, una buona alfabetizzazione deve essere “funzionale” e riuscire a provocare dei significativi cambiamenti nella vita quotidiana. Oltre a leggere e scrivere, ad esempio, i destinatari dei corsi devono imparare a gestire piccoli progetti dai quali possono ricavare il sostentamento. Obiettivo del “Centro nazionale di alfabetizzazione”, che di recente ha ricevuto dall’Unesco oltre 14.000 libri destinati ad alunni ed educatori, è ridurre fino al 32% il tasso di analfabetismo del Paese africano. (B.C.)

 

 

LA CHIESA COREANA CELEBRA OGGI LA GIORNATA DEL LAICATO.

L’APPUNTAMENTO E’ DEDICATO QUEST’ANNO AL PROTAGONISMO DEI LAICI

NELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE, E ALLA FAMIGLIA

 

SEUL. = “Rendiamo bella la famiglia e la società”: con questo slogan la Chiesa coreana celebra oggi la Giornata del Laicato. L’evento, riferisce l’agenzia Fides, intende sottolineare la necessità che il laicato sia protagonista effettivo della vita pastorale e dell’apostolato e che dia testimonianza soprattutto all’interno delle famiglie. La Giornata, infatti, è incentrata sul tema della famiglia, prima cellula della vita cristiana e primo luogo da evangelizzare per ogni laico cristiano. “Noi laici – afferma il Consiglio dell’Apostolato dei Laici in un messaggio – abbiamo il dovere di testimoniare il Signore e proclamare il Vangelo secondo i talenti a noi donati, restando in prima linea per l’evangelizzazione”. “Nei nostri tempi – si legge ancora – dobbiamo rispondere a numerose sfide: contrastare una cultura anti-cristiana, una cultura della morte e gli aspetti negativi del pluralismo religioso dell’era post-moderna. A queste sfide dobbiamo rispondere con coraggio, riscoprendo lo spirito del martirio dei nostri predecessori nella fede”. Riferendosi poi alla famiglia il Consiglio dell’Apostolato dei Laici ribadisce che “quando la famiglia è in buona salute, anche la società lo diventa”. “Rendiamo le famiglie scuole di amore – concludono i vescovi coreani – e preghiamo per la santificazione delle famiglie e per la diffusione di una cultura della vita”. (B.C.)

 

 

LA SITUAZIONE NELLA REGIONE ORIENTALE CONGOLESE DI WALUNGU E’ ALLARMANTE. 

LO RIFERISCE IL PORTAVOCE DELLE NAZIONI UNITE, PRECISANDO CHE I CONTINUI

ATTACCHI DEI GRUPPI ARMATI IMPEDISCONO LA DISTRIBUZIONE DI AIUTI

 

KINSHASA. = La situazione umanitaria nel territorio di Walungu, dove “la popolazione ha smesso di coltivare a causa dei saccheggi sistematici da parte dei gruppi armati e rischia gravi problemi di malnutrizione”, è “allarmante”. La denuncia è stata lanciata dal portavoce della Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo (Monuc), Mamadou Bah. Questi ha, inoltre, precisato che i continui attacchi ai villaggi della regione orientale, dove sono ancora presenti i ribelli rwandesi, impediscono l’accesso agli operatori umanitari e la distribuzione di aiuti. Walungu, situata a circa 80 chilometri da Bukavu, riferisce l’agenzia Misna, da dieci anni è rifugio per ex-truppe governative rwandesi ed estremisti ‘interahamwe’, considerati responsabili dei massacri di massa contro la popolazione. Da lunedì scorso a Walungu è in corso una vasta operazione dell’esercito per individuare i ribelli hutu fuggiti nella Repubblica Democratica del Congo dopo il genocidio in Rwanda del 1994 e convincerli ad abbandonare le armi e ad accettare il rimpatrio. (B.C.)

 

 

UCCISO FOTO-REPORTER NELLE FILIPPINE.

DIETRO L’OMICIDIO POTREBBE NASCONDERSI LA MANO DEL GRUPPO

ESTREMISTA ISLAMICO ABU SAYYAF

 

JOLO. = Un giovane fotografo di 26 anni è stato ucciso venerdì da presunti componenti del gruppo estremista islamico “Abu Sayyaf”, nella zona commerciale di Jolo, nella provincia di Mindanao, nelle Filippine. Lo riferisce il sito “Mindanews, per il quale Gene Boyd Lumawag lavorava, precisando che l’uomo è stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco alla testa, mentre fotografava il tramonto. Diversi passanti hanno assistito alla scena del crimine, ma nessuno di loro ha voluto testimoniare. Sgomento fra i colleghi del giornalista ucciso: “Nessuno fra i presenti ha saputo (o voluto) dirmi nulla su quanto è accaduto”, afferma Carol Arguillas, direttore di “Mindanews”. Il direttore e il giornalista erano a Jolo per girare un documentario sulla fine del Ramadan. La località è da alcuni anni centro di sanguinosi scontri e violenze di fondamentalisti islamici: fra le vittime di questa sanguinosa faida il primo vescovo della città, mons. Benjamin de Jesus, ucciso il 4 febbraio del 1997. (B.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 novembre 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Fallujah “occupata”, ma non ancora del tutto “sotto controllo”. E’ quanto dichiarano fonti dell’esercito americano aggiungendo che potrebbero passare ancora alcuni giorni prima di soffocare completamente la ribellione degli insorti. E in Iraq, intanto, la fase finale dell’offensiva su Falluja coincide con l’apertura di un nuovo fronte a Mossul. Nei pressi di questa città si sono arroccati, infatti, i ribelli riusciti a fuggire da Falluja. Il nostro servizio:

 

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Si combatte ancora a Falluja ma il governo iracheno ha comunque dichiarato conclusa l’offensiva militare. Più caute invece le dichiarazioni rilasciate dai militari statunitensi. Dopo sette giorni di battaglia non è stata ancora completamente espugnata, infatti, la zona sudovest della città. Secondo l’ultimo bilancio fornito dall’esercito americano sono almeno 1200 i guerriglieri rimasti uccisi durante i combattimenti ed oltre 400 quelli catturati. Ma uno degli obiettivi principali dell’assalto, la cattura del terrorista giordano Al Zarqawi, è stato mancato: il consigliere per la sicurezza nazionale ha detto infatti che il leader di Al Qaeda in Iraq è riuscito a fuggire. I militari statunitensi hanno annunciato inoltre il ritrovamento, a Falluja, del cadavere di una donna non araba. Sono in corso accertamenti per stabilire l’identità della vittima che potrebbe essere una delle due straniere recentemente rapite in Iraq, l’anglo irlandese Margaret Hassan o la polacca Teresa Borcz. Dopo l’operazione condotta a Falluja unità delle forze americane e irachene sono ora state spostate verso Mosul, dove si sono concentrati numerosi gruppi di ribelli provenienti dalla città sunnita. Il tentativo della guerriglia è quello di impegnare le forze della coalizione per alleggerire la pressione su Falluja. A Baghdad, infine, uomini armati hanno ucciso, in due distinti attacchi, un membro del governo e cinque civili.

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Restiamo in Medio Oriente, dove il primo ministro palestinese Abu Ala ha ribadito che le presidenziali per il successore di Arafat si terranno entro 60 giorni, prima del 9 gennaio. Le elezioni amministrative, ha aggiunto, si svolgeranno a dicembre, le parlamentari nel primo trimestre del 2005. Il ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, ha precisato inoltre che alle presidenziali non parteciperanno i cittadini arabi residenti a Gerusalemme perché “la votazione potrebbe legittimare le richieste palestinesi sulle zone orientali della città”. Intanto in vista di queste elezioni, cresce l’ipotesi della candidatura di Barghuti, che sta scontando cinque ergastoli in Israele. Secondo la stampa kuwaitiana, sarebbe in atto una trattativa per la sua liberazione in cambio del rilascio di Azam, cittadino israeliano da sette anni in carcere in Egitto con l’accusa di spionaggio.

 

La situazione della Costa d’Avorio, al centro dell’odierno summit dell’Unione Africana organizzato in Nigeria, appare sempre più tesa: il presidente ivoriano Gabagbo ha sostituito il capo di Stato maggiore nominando per questo incarico l’ufficiale che la scorsa settimana ha ordinato l’attacco aereo, costato la vita a nove militari francesi, sulla città di Bouaké. Ed il presidente francese Chirac ha dichiarato che la Francia porterà a termine il proprio mandato internazionale in Costa d’Avorio. Nel Paese, intanto, sono più di 4000 gli stranieri decisi a fuggire. Sono invece intenzionati a rimanere i missionari di San Luigi Orione che si trovano a Korhogo, città settentrionale controllata dai ribelli. Ascoltiamo in proposito la testimonianza di un sacerdote, che per motivi di sicurezza intende rimanere anonimo, raggiunto telefonicamente a Korhogo da Roberto Piermarini:

 

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R. – Sì, a Korhogo praticamente siamo rimasti solo noi missionari e vogliamo continuare a rimanere.

 

D. – Anche a Korhogo c’è stato un atteggiamento antifrancese?

 

R. – No, attualmente non più. All’inizio, la presenza dei francesi era vista in maniera molto ambigua e c’è stato quindi un momento in cui un gruppo della popolazione, spinta dalle autorità militari, ha voluto che i francesi partissero. Non si sapeva bene quale fosse la loro posizione: che fa qui la Francia? Che ci sta a fare l’Onu a Korhogo? Tutti cercano una soluzione definitiva alla guerra e i ribelli attendono che ci sia la riforma dell’articolo 35 della Costituzione per permettere anche a Ouattara di presentarsi come candidato per le prossime presidenziali. Quindi, fino a quando non ci sarà questa riforma dell’articolo, loro non saranno disposti al disarmo. Gbagbo vorrebbe che l’articolo fosse cambiato con un referendum, cosa che i ribelli non accettano. Il capo di Stato ivoriano non vuole che si cambi la Costituzione, non vuole prendersi tale responsabilità. Ma in questo clima di tensione è soprattutto la popolazione a soffrire per la mancanza di sicurezza e di stabilità politica.

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Cresce l’attesa in Namibia per le elezioni presidenziali e parlamentari previste domani e martedì. Il favorito a succedere all’attuale presidente Sam Nujoma è Pohamba, candidato dell’Organizzazione del popolo dell’Africa del sudovest (SWAPO). Secondo le previsioni il partito ‘SWAPO’ dovrebbe anche conquistare la maggioranza in parlamento. In Namibia vivono quasi due milioni di persone ed il 70 per cento della popolazione è dislocato nelle aree rurali.

 

Il vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney è stato dimesso dall’ospedale “George Washington”, dopo una serie di analisi. Cheney era stato ricoverato per insufficienza respiratoria, probabilmente provocata da un forte raffreddore.

 

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