RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
319 - Testo della trasmissione di domenica
14 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Festeggiati ieri a Roma i 30 anni di UNICEF-Italia
Si celebra oggi la Giornata mondiale del diabete
La Chiesa coreana celebra oggi la Giornata del laicato
Ucciso un foto-reporter nelle Filippine.
Iraq: si combatte ancora a Falluja: 1200 i ribelli
morti negli scontri
Medio Oriente: entro il
9 gennaio la data delle elezioni palestinese
Continua la fuga dei
cittadini stranieri dalla Costa d’Avorio
14 novembre 2004
NELLA ODIERNA GIORNATA DEL
RINGRAZIAMENTO, CELEBRATA IN ITALIA,
L’INVITO DEL PAPA ALL’ANGELUS AD
ESPRIMERE GRATITUDINE A DIO
PER QUANTO LA NATURA E LA FATICA
UMANA PRODUCONO SULLA TERRA
La chiamata per ogni credente ad
offrire al Signore la propria vita e il lavoro quotidiano: su questo tema, la
riflessione del Papa all’Angelus, in occasione dell’odierna Giornata del
Ringraziamento, che si celebra oggi in Italia. Il servizio di Roberta Gisotti:
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Esprimere
gratitudine a Dio per i frutti della terra raccolti durante l’anno: questo il
significato della Festa del Ringraziamento celebrata oggi in tutte le diocesi
italiane e che vede la città di Genova – come ha ricordato Giovanni Paolo II –
ospitare la celebrazione principale, in felice coincidenza quest’anno con il
ruolo di “capitale europea della cultura”.
“Per noi cristiani il
ringraziamento si esprime pienamente nell’Eucaristia.”
Infatti – ha spiegato il Papa - “in ogni Santa Messa, benediciamo il Signore,
Dio dell’universo, presentandogli il pane e il vino, frutti ‘della terra e del
lavoro dell’uomo’.”
“A questi semplici alimenti Cristo ha legato la sua
oblazione sacrificale. Uniti a Lui, anche i credenti sono chiamati ad offrire a
Dio la loro esistenza e il quotidiano lavoro.”
E dunque Maria – ha concluso il
Santo Padre – “ci insegni ad essere grati al Signore di quanto la natura e la
fatica umana producono per il nostro sostentamento, e ci renda pronti a
condividere le nostre risorse con quanti sono nel bisogno.”
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L’INCORAGGIAMENTO DEL PAPA A PERSEVERARE NEL
CAMMINO VERSO LA PIENA UNITA’ DEI CRISTIANI DI FRONTE AD UN CRESCENTE ERRONEO
UMANESIMO SENZA DIO: L’APPELLO IERI NELLA BASILICA VATICANA DURANTE LA CELEBRAZIONE
DEI VESPRI,
NEL 40.MO ANNIVERSARIO DEL DECRETO CONCILIARE UNITATIS
REDINTEGRATIO
Si è svolta nel tardo pomeriggio
di ieri, nella Basilica di San Pietro, la celebrazione ecumenica dei Vespri
presieduta da Giovanni Paolo II. L’occasione è stata il 40.mo anniversario del
Decreto conciliare sull’ecumenismo “Unitatis Redintegratio”, al centro
nei giorni scorsi di un incontro voluto dal Pontificio Consiglio per la
Promozione dell’Unità dei Cristiani su presente, passato e futuro del movimento
ecumenico. Presenti alla celebrazione in San Pietro i partecipanti e gli ospiti
del raduno. Il servizio è di Gabriella Ceraso:
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(canto)
La via ecumenica è la via della
Chiesa. Molto è stato fatto, ma il traguardo della comunione piena non è stato
ancora raggiunto. I cristiani devono perse-verare. Questo, in sintesi, quanto
espresso dal Papa nell’omelia, letta in parte dal sostituto della Segreteria di
Stato, mons. Leonardo Sandri, durante la celebrazione dei Vespri. La preghiera
serale, con cui la Chiesa rende grazie a Dio dei benefici ricevuti e chiede
perdono per i peccati commessi durante la giornata, ha assunto subito un
respiro ecumenico con la mozione del Santo Padre: “Preghiamo – ha detto – e
chiediamo ‘fede, speranza e carità unanime per essere una cosa sola perché il
mondo creda’”. Quindi la salmodia vesperale, i Salmi 140 e 141: un’invocazione
dell’uomo a Dio perché lo preservi dal peccato e lo custodisca nel momento
della prova. Affidate a tre vescovi – un inglese, un francese e uno spagnolo –
le preghiere sui Salmi e sul Cantico, in cui l’apostolo Paolo esorta i Filippesi
e quindi i cristiani tutti a partire dall’amore e dalla carità per costruire le
loro relazioni. E anche il Papa ha citato San Paolo per aprire la sua omelia:
“Ora,
invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani, siete diventati i
vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace”.
“Siamo
qui per ringraziare Dio dei frutti recati in 40 anni dal Decreto “Unitatis
Redintegratio”, la cui attuazione è stata tra le priorità del mio
pontificato”. Quindi il Papa ha sottolineato che l’unità ecumenica
corrispondendo alla volontà del Signore, che ha pregato il Padre perché tutti
siano uno, coinvolge nelle opere e nelle preghiere ogni cristiano e ogni
comunità, oggi più che mai di fronte ad un crescente erroneo umanesimo senza
Dio e alla nostalgia di pace. Non poche differenze sono certo già state
superate, ma altre in materia di fede e di etica affiorano. Che fare dunque?
Non scoraggiarsi, dice il Papa, e addita per il futuro ecumenico la necessità
di rafforzare i fondamenti della fede e sviluppare la spiritualità di
Comunione. “Ecumenismo vero – ha concluso il Papa – non c’è senza conversione
interiore, preghiera e santità di vita”.
(Magnificat)
Così la
celebrazione si è avviata alla conclusione con il Cantico del “Magnificat”, le
intercessioni vespertine, quindi l’orazione conclusiva e la benedizione del
Santo Padre.
(canto)
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LE CURE PALLIATIVE COME
INTERVENTO FARMACOLOGICO
MA ANCHE COME IMPEGNO ETICO: E’ QUANTO EMERSO
DALLA 19.MA CONFERENZA
INTERNAZIONALE PROMOSSA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLA PASTORALE PER LA SALUTE CONCLUSASI IERI
- Intervista con il prof. Pierluigi Zucchi -
Si è conclusa ieri la 19.ma
Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio della pastorale per
la salute dedicata al tema delle cure palliative e delle terapie del dolore.
Delle prospettive emerse ci parla, nell’intervista di Giovanni Peduto, il prof.
Pierluigi Zucchi, direttore dell’Istituto per lo studio e la terapia del dolore
a Firenze e docente al Campus biomedico di Roma:
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R. – La terapia del dolore non
può essere identificata soltanto in una somministrazione anche appropriata di
farmaci antalgici, ma deve andare oltre: deve tener conto soprattutto del
substrato psicologico, etico e della formazione del paziente. Deve farlo
cercando di avvicinarsi al soggetto sofferente, identificandolo soprattutto
come persona e, quindi, cercando di instaurare un rapporto, rapporto che
tenderà sicuramente a migliorare l’efficacia dei farmaci.
D. – Se il rapporto
medico-paziente è così fondamentale come sembra, quali possono essere gli indirizzi
nuovi per una valida ed efficiente terapia del dolore?
R. – Come dicevo poc’anzi
ritengo che il rapporto fra il medico e il paziente in tutte le patologie sia
fondamentale, ma in particolare lo è per il paziente che è affetto da una patologia
algica, soprattutto nelle fasi terminali. Noi, per esempio, nel mio gruppo di
studio, insieme con l’aiuto validissimo e determinante del prof. Bonifacio
Honings, che è un teologo, abbiamo voluto evidenziare quanto questo rapporto, e
soprattutto il rapporto del paziente con una terapia che può essere definita
una terapia etica, ossia la somministrazione e la lettura meditata di un brano
evangelico, possa incidere sulla elevazione della soglia del dolore. Questi
sono studi che io ho affrontato insieme con il prof. Honings e la prof.ssa
Maria Rosa Voegelin, docente all’Università di Firenze, proprio per rendere
scientifici questi dati.
D. – Se gli aspetti educazionali
sono così importanti nel rapporto medico-paziente, quale deve essere la figura
nuova del futuro medico e, in particolare, del medico terapeuta del dolore?
R. – La figura del nuovo medico
deve essere una figura soprattutto etica. Si dà per scontato che un
professionista sia competente nella propria branca. Dovrebbe essere perlomeno
perfezionato, alimentato, accresciuto questo aspetto di rapporto che deve
obbligatoriamente instaurarsi tra due persone, che sono distinte nei loro ruoli
ma non distanti, perché accomunate entrambe dal desiderio del miglioramento di
un risultato terapeutico.
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14 novembre 2004
LE
CONCLUSIONI A ROMA DEL SIMPOSIO INTERNAZIONALE
DEI VESCOVI EUROPEI E AFRICANI: UN INCONTRO
STORICO PER INSTAURARE
FRUTTUOSI SCAMBI PER LA VITA DELLA CHIESA E DEI
POPOLI NEI DUE CONTINENTI
Si è concluso, ieri, il primo
Simposio dei Vescovi africani ed europei, tenutosi a Roma dal 10 al 13 Novembre
sul tema: “Comunione e solidarietà tra
Africa e Europa: Cristo ci chiama, Cristo ci invia”. Un centinaio i presuli che hanno partecipato all’incontro,
insieme con i delegati di una ventina di organismi che operano per promuovere
lo sviluppo nei Paesi africani. Il
servizio di Jean-Baptiste Sourou:
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Oltre al suo carattere storico
ed il clima molto fraterno in cui si è svolto, il Simposio tra Vescovi africani
ed europei ha portato frutti importanti per la vita della Chiesa nei due
continenti. Il primo è la vera comunione e il senso di una collaborazione
effettiva per l’annuncio del Regno. I vescovi hanno capito meglio in quali
condizioni i loro confratelli lavorano nelle Chiese particolari, per poi vedere
quali scelte pastorali degli uni potrebbero aiutare gli altri. Perciò è stata
decisa la creazione di un gruppo di lavoro che scenderà nei particolari per
continuare in modo concreto il dialogo.
I pastori hanno convenuto sulla
necessità di evangelizzare di più le strutture politiche, il che significa
trovare le modalità per applicare le idee positive contenute nella dottrina sociale
della Chiesa. Si è parlato anche della formazione dei fedeli laici per una
testimonianza sempre più incisiva nella società. Sicuramente si continuerà ad
inviare sacerdoti africani in missione in Europa. Ma la soluzione va studiata
meglio. L’arcivescovo di Abuja, in Nigeria, mons. John Onayekan, dice che prima
di tutto l’Europa deve convincersi della necessità di questi pastori, che a
volte non trovano la giusta accoglienza.
I vescovi vogliono costituire
assieme un gruppo di pressione a livello internazionale per il problema del
debito dei Paesi poveri ed hanno
ricordato ai ricchi l’impegno di dedicare lo 0,7 % del loro prodotto
interno lordo all’aiuto allo sviluppo. Si è parlato della possibilità di
scambio di seminaristi e laici, di gemellaggi tra diocesi nel senso del dare e
del ricevere. Il Simposio ha rivolto ai fedeli un messaggio di speranza. Si
ricorderà anche l’annuncio fatto dal Santo Padre ai Vescovi di convocare un
secondo Sinodo speciale per l’Africa.
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LA CHIESA CELEBRA OGGI
IN ITALIA
LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO PER I BENI DELLA
TERRA.
NEL CONVEGNO PROMOSSO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE
ITALIANA
A GENOVA, RAPPRESENTANTI DEL MONDO SINDACALE,
IMPRENDITORI
ED ESPONENTI DELL’UNIONE EUROPEA A CONFRONTO
SULLE NUOVE SFIDE PER IL MONDO DELL’AGRICOLTURA
La Chiesa celebra oggi in Italia
la Giornata del ringraziamento per i beni della terra. Nel suo messaggio, la
Conferenza episcopale italiana (CEI) invita a riflettere sulle nuove sfide che
il mondo dell’agricoltura è chiamato ad affrontare nel contesto europeo.
Proprio a questo tema è stato dedicato il convegno a Genova, organizzato
dall’Ufficio CEI per i problemi sociali ed il lavoro. A confronto
rappresentanti del mondo sindacale, imprenditori ed esponenti dell’Unione Europea.
Il servizio di Ignazio Ingrao:
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L’agricoltura è stato uno dei
punti chiave nei negoziati per l’allargamento dell’Unione Europea a 25 membri.
Buona parte dei dieci Paesi che hanno fatto l’ingresso nell’Unione, lo scorso
primo maggio, è stato caratterizzato infatti da una forte vocazione agricola, a
cominciare dalla Polonia. Ma i nostri agricoltori sono preoccupati per la concorrenza
dei nuovi Paesi dell’Unione Europea? Lo abbiamo chiesto al direttore
dell’Ufficio della Conferenza episcopale italiana per i problemi sociali e il
lavoro, mons. Paolo Tarchi:
“Certamente, tutto ciò che si presenta come nuovo può creare dei
turbamenti, però questo problema va letto nella globalità del processo di
integrazione europea, che richiede anche dei tempi di assestamento. Però, credo
che potremo verificare, alla lunga, maggiori benefici”.
I vescovi italiani hanno diffuso
un messaggio, intitolato “Cultura rurale e solidarietà in Europa”. Il messaggio
della CEI osserva che è ancora lunga la strada da fare per una piena
integrazione nel campo dell’economia agricola tra i Paesi dell’Unione. La
Chiesa italiana invita, insomma, gli agricoltori alla solidarietà. Mons.
Tarchi, in concreto, questo che cosa significa?
“Io credo
significhi prendere sul serio anche la nuova politica agricola comunitaria, che
mi pare guardi davvero al futuro, cercando di svincolare dalla semplice produzione
l’impianto agricolo, guardando invece allo sviluppo e alle problematiche
emergenti che vengono soprattutto dai cittadini. Parliamo dell’ambiente,
dell’accettabilità del prodotti, del rispetto della natura, degli animali e
così via ...”.
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DAL CONGRESSO MONDIALE
SUL TEMA “SPORT PER TUTTI”, ORGANIZZATO A ROMA,
UN MESSAGGIO CHIARO E FORTE PERCHE’ L’ATTIVITà
SPORTIVA
SIA SEMPRE VEICOLO DI VALORI DI RISPETTO PER SE’ E
PER GLI ALTRI
- Ai nostri microfoni, Giovanni Petrucci ed Edio
Costantini -
A pochi
giorni dalla proclamazione del 2005 come “Anno internazionale per lo sport e
l’educazione fisica” da parte del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, si
chiude oggi a Roma, presso il Complesso olimpico del Foro Italico, il 10.mo
Congresso mondiale “Sport per tutti”. L’iniziativa, organizzata dal Coni, in
collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Associazione
Generale delle Federazioni sportive internazionali, ha per tema: “Sport per
tutti: uno strumento a favore dell’educazione e dello sviluppo”. Il servizio di
Roberta Moretti:
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Un
Congresso per garantire la possibilità di fare sport proprio a tutti, perché lo
sport insegna il rispetto delle regole e degli altri; permette all’individuo di
inserirsi nella società e di sviluppare uno spirito di squadra; è medicina per
il corpo e per lo spirito. Un’occasione anche per dire “no” alle diverse forme
di violenza in campo e sugli spalti, “no” al doping, “no” alla vittoria a tutti
i costi. Ai nostri microfoni il presidente del Coni, il dott. Giovanni
Petrucci:
“Noi diciamo che ottenere un risultato sportivo è difficile, ma è ancora
più difficile poi mantenere questo risultato sportivo e dare dei valori
significativi al risultato sportivo. Noi non vogliamo la scorciatoia del
doping, la stiamo combattendo. E’ una battaglia difficile, ma non ci daremo mai
per vinti. Dare messaggi positivi significa anche frenare i messaggi negativi
che si danno la domenica sui campi. Basta con le bestemmie, e non perché questo
risolva il problema, ma perché oltre ad una questione di religione – non ci
dobbiamo vergognare che il nostro è un Paese cattolico – è anche una questione
di civiltà”.
Presenti al Congresso, anche i
rappresentanti di molti Paesi in via di sviluppo. Ma quali strategie sono in
atto per garantire lo “sport per tutti” anche in questi territori? Ascoltiamo
il dott. Edio Costantini, presidente del Centro Sportivo Italiano, associazione
cattolica per la promozione dello sport:
“La pratica sportiva si è
diffusa nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto attraverso le grandi
competizioni internazionali. Il CSI in questi anni ha lavorato molto con i
Paesi dell’Est, dell’Africa, con l’Albania in modo particolare. Non ha soltanto
esportato un modello di fare sport tipico italiano, ma soprattutto
quell’aspetto del costituire la società sportiva, il gruppo, dei percorsi
formativi per gli allenatori, per i dirigenti. Lo ha fatto proprio attraverso
dei gemellaggi ed ha ottenuto un grande successo”.
“Sport per tutti” significa rendere accessibile
l’attività sportiva anche ai diversamente abili. Ancora la parola al dott.
Costantini:
“Bisognerebbe –
e noi del CSI stiamo investendo molto su questo – che la società sportiva
potesse accogliere persone normodotate e persone disabili. Le società sportive
che fanno questo hanno un grande successo, perché il bello dello sport è quello
dell’integrazione”.
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NELLA CHIESA DI SAN
GIOVANNI DELLA MALVA A TRASTEVERE, A ROMA,
LA COMUNITÀ CATTOLICA DEGLI EMIGRATI ALBANESI IN
ITALIA RIUNITA,
NEL POMERIGGIO, PER L’INAUGURAZIONE DELLE
ATTIVITA’ PASTORALI
- Intervista con don Pasquale Ferraro -
Nella chiesa di San Giovanni
della Malva a Trastevere, oggi pomeriggio, la comunità cattolica degli emigrati
albanesi in Italia si riunisce per inaugurare le attività pastorali. Saranno
presenti alla cerimonia, presieduta dal presidente della Conferenza episcopale
albanese, mons. Angelo Massafra, diversi vescovi albanesi e italiani insieme a
sacerdoti che in tutta Italia si occupano dei numerosi centri pastorali per gli
albanesi, nonché gli ambasciatori di Albania presso lo Stato italiano e presso
la Santa Sede. Sul significativo appuntamento, al microfono di Katarina Nushi, ascoltiamo il rettore, don Pasquale
Ferraro:
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R. – San Giovanni della Malva è
la prima chiesa in Italia che viene affidata esclusivamente agli albanesi.
Rappresenta un vero patrimonio incomparabile di arte e, come la storia di
questa chiesa testimonia, il luogo dove i pellegrini più disagiati hanno
trovato, nel centro di Roma, rifugio e aiuto. A conferma di ciò, c’è la
tradizione che il 27 di dicembre ci si recava per ricevere un pane benedetto
proprio a San Giovanni della Malva. E all’insegna di questa ospitalità, si
augura alla giovane comunità albanese, che si radunerà in questa chiesa, di
fare di essa la casa di accoglienza di ogni albanese affinché nella preghiera e
nella carità si renda visibile l’amore di Dio. San Giovanni della Malva è la
prima chiesa in Italia che Giovanni Paolo II, con decreto del suo vicario,
cardinale Camillo Ruini, ha voluto concedere alla vicina Chiesa d’Albania,
uscita dal regime comunista, quale segno di accoglienza e di attenzione
pastorale. L’inaugurazione delle attività pastorali sarà sicuramente un evento
storico per l’Albania. La gioia e l’entusiasmo possano sempre rimanere nei
nostri cuori e siano l’espressione migliore del nostro augurio più sentito per
il futuro dell’Albania.
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GLI AMICI SOLIDALI, “ANGELI CUSTODI” IN TERRA DI
OGNI PERSONA.
PUBBLICATO IN ITALIA DALLA BEISLER “TUTTI I SOGNI
PORTANO AL MARE”,
ULTIMO LIBRO DI JUTTA RICHTER,
LA PIU’ AMATA SCRITTRICE TEDESCA PER L’INFANZIA
- Intervista con l’autrice -
E’ una presenza preziosa nella
vita di chiunque, l’angelo custode. Ma c’è chi, preso dalla foga di realizzare
un grande sogno, pensi di “venderlo”, in quanto unico bene in suo possesso, e
si renda conto che, di lì in poi, la sua vita non va più come prima. Sta in questo
originale spunto il centro narrativo dell’ultimo libro di Jutta Richter, la più
nota scrittrice tedesca per l’infanzia, finalista
nel 2000 per il premio UNESCO sull'alfabetizzazione dei bambini. La
Beisler Editore ha pubblicato in Italia il volumetto che racconta l’avventura
di due bambini, Nove e Kosmos, decisi a raggiungere ad ogni costo il mare, che
non hanno mai visto. Ma se “Tutti i sogni portano al mare”, come recita il
titolo del libro, è anche vero che per inseguire un sogno si debbono fare delle
scelte. E’ la morale di fondo di un libro che, come gli altri della Richter,
coniuga la semplicità di espressione ad un gusto dell’azione che non va a
scapito di ciò che si muove nel profondo dell’animo umano, anche di un bambino.
Alessandro De Carolis ha incontrato l’autrice e le ha chiesto se un sogno
giustifichi sempre il sacrificio di un bene prezioso:
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R. –
ICH HABE ZWEI ANTWORTEN. AUF DER EINEN SEITE, ...
Sono due le risposte. Da un
lato, direi, e voglio dire “sì”, si dovrebbe cercare di fare l’impossibile per
realizzare il proprio sogno. Però, ci sono cose che non si possono “vendere”.
Tra queste, senza dubbio, c’è l’angelo custode...
D. – Quindi, è questo il
messaggio centrale del libro, o ce ne sono anche altri?
R. –
ES GIBT NOCH EINE BOTSCHAFT: DASS SELBST WENN MAN IN EINER ...
C’è anche un altro messaggio: se
proprio ci si dovesse trovare in una situazione d’emergenza, ci sarà qualcuno
come Kosmos pronto ad intervenire, quindi una specie di angelo custode “di
riserva”. Credo che sia un messaggio importante, quello che possiamo essere
soccorsi anche da forze buone, non solo da angeli, ma anche da esseri umani.
D. – A questo punto, una domanda
personale: chi è per lei l’angelo custode?
R. –
ICH GLAUBE, ICH HABE VERSCHIEDENE SCHUTZENGEL. GANZ SICHER ...
Credo di avere parecchi “angeli
custodi”. Sicuramente fanno parte di questa schiera i miei amici più cari. Ma
credo e sento di essere circondata e protetta, su questa terra, da una forza
buona.
D. – Perché ha scelto i bambini
come protagonisti e come destinatari delle sue storie?
R. –
WEIL ICH GLAUBE, DASS KINDER SICH IMMER FÜR KINDER ALS ...
Perché credo che i bambini siano
sempre interessati ai bambini, quando sono protagonisti. Voglio però
specificare, in questa occasione, che io non scrivo per i bambini,
perché credo che la letteratura non si possa dividere: viviamo tutti sotto lo
stesso cielo e nulla può quindi essere suddiviso. La letteratura è letteratura,
come la poesia: esiste per tutti, per gli adulti e per i bambini.
D. – Come vede il suo ruolo di
scrittrice che ha per pubblico una massa, oggi in particolare, più spesso
interessata al consumo di tecnologia che di lettura?
R. –
ICH GLAUBE, DASS DIE SEHNSUCHT DER JUGENDLICHEN UND DER KINDER ...
Credo che la nostalgia dei
giovani e dei bambini non sia cambiata. Credo che nonostante, o forse proprio a
causa di questo esasperato predominio della tecnologia, ci sia una grande
esigenza di quell’angolo di silenziosa tranquillità che ti offre la lettura di
un libro. Oggi ci sono tanti – o tanto pochi – lettori come ieri: credo che non
sia cambiato molto, e penso anche che non cambierà molto.
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14 novembre 2004
FESTEGGIATI IERI A ROMA I 30 ANNI DI UNICEF
ITALIA.
NEL 2003 RACCOLTI OLTRE 40 MILIONI DI EURO
PER TUTELARE L’INFANZIA NEL MONDO
- A cura di Barbara Castelli -
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ROMA. = Grande festa ieri a
Roma, presso la Pontificia Università degli Studi San Tommaso d'Aquino, per i
30 anni del Comitato italiano per l’UNICEF. “Il legame tra l’Italia e l’UNICEF
– ha detto Carol Bellamy, direttore esecutivo dell’organizza-zione umanitaria –
risale al periodo immediatamente successivo la II guerra mondiale, quando il
principale programma dell’UNICEF consisteva nel fornire ad oltre un milione di
scolari italiani una razione di latte al giorno”. “Oggi – ha proseguito – è il
popolo italiano che ha assunto l’iniziativa di garantire i diritti
dell’in-fanzia a livello globale”. Carol Bellamy ha, inoltre, ricordato come in
un quadro economico globale che supera i 30 mila miliardi di dollari, un quinto
dell’umanità, pari a 1,3 miliardi di persone, siano condannate ad una vita di
miseria. La metà di queste persone sono bambini. Giovanni Micali, presidente di
UNICEF Italia, ha poi illustrato i risultati dell’ultimo anno di lavoro: 40
milioni e 876 mila euro destinati a programmi in Africa, Asia, America latina,
Europa orientale. Calcolando i fondi trasferiti ogni anno all’UNICEF, dalle
origini al 2003, tradotti in euro, il Comitato ha trasferito 461 milioni di
euro, che hanno finanziato e sostenuto il lavoro dell’Organizzazione nei Paesi
in via di sviluppo per le vaccinazioni, la lotta alla malnutrizione, la sanità,
la scuola, i servizi sociali e per gli interventi di emergenza. Prosegue instancabile,
quindi, l’impegno dell’UNICEF nel mondo per impedire che l’infanzia sia calpestata
e negata. Secondo gli ultimi dati: sono 50 milioni i bambini che non vengono
registrati alla nascita; 121 milioni non hanno mai potuto, soprattutto le
bambine, frequentare la scuola; 246 milioni lavorano e tre quarti in attività
dannose; due milioni sono vittime di sfruttamento sessuale e pornografia; 600
milioni vivono in condizioni di estrema povertà. Un bambino su 12, infine,
muore prima di avere compiuto cinque anni.
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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DEL DIABETE.
NEL PIANETA SONO 170 MILIONI LE PERSONE CHE
SOFFRONO PER QUESTO PROBLEMA
ROMA. = Ha preso il via oggi in
Italia, in occasione della Giornata mondiale del diabete, la prima campagna
nazionale di comunicazione promossa nel 2004/2005 dal Ministero della Salute,
in collaborazione con le associazioni e le società scientifiche. Con iniziative
in 300 piazze d'Italia – pubblicità su autobus, autostrade, stazioni
ferroviarie, distribuzione e affissione di materiale informativo e di locandine
nelle farmacie – la campagna vuole puntare l’attenzione su due obiettivi: la
prevenzione della malattia mediante l’adozione di corretti stili di vita e la
riduzione dell’incidenza del diabete e delle sue complicanze. Nel mondo sono circa 170 milioni le persone
affette da diabete, un numero destinato a crescere in modo esponenziale nei
prossimi anni, soprattutto tra la popolazione con oltre 40 anni. Se non
trattato adeguatamente il diabete può comportare conseguenze anche invalidanti.
Ogni anno, più di 70.000 ricoveri per diabete sono causati principalmente dalle
sue complicanze, che coinvolgono il sistema cardiovascolare, la retina, i reni
e il sistema nervoso periferico. Il 90 per cento dei diabetici risulta affetto
da diabete di tipo 2, tipico dell’età adulta e dovuto alla incapacità
dell'organismo di produrre una quantità adeguata di insulina. Ipertensione,
ipercolesterolemia e obesità sono tre fattori che aumentano il rischio delle
complicanze e la mortalità fra i diabetici. La maggioranza, circa il 73 per cento,
dei pazienti ha almeno uno di questi fattori, mentre il 42 per cento almeno
due. (B.C.)
MIGLIAIA DI BURUNDESI
IMPARANO A LEGGERE E SCRIVERE.
PROSEGUE CON SUCCESSO
NEL PAESE AFRICANO IL LAVORO DEL CENTRO NAZIONALE ALFABETIZZAZIONE, CHE DI
RECENTE HA RICEVUTO OLTRE 14.000 LIBRI DALL’UNESCO
BUJUMBURA. = Nell’ultimo anno oltre 12.000 burundesi hanno
imparato a leggere e scrivere. Lo riferisce Prime Hakiza, direttore del “Centro
nazionale di alfabetizzazione”, ricordando che il 63% della popolazione del
Burundi è analfabeta, secondo statistiche non ancora aggiornate degli anni
Novanta. Il direttore del Cna ha, inoltre, spiegato che la sua azione di
formazione si concentra soprattutto sui gruppi considerati più deboli, le
giovani donne e i pigmei. Secondo Hakiza, infine, una buona alfabetizzazione
deve essere “funzionale” e riuscire a provocare dei significativi cambiamenti
nella vita quotidiana. Oltre a leggere e scrivere, ad esempio, i destinatari
dei corsi devono imparare a gestire piccoli progetti dai quali possono ricavare
il sostentamento. Obiettivo del “Centro nazionale di alfabetizzazione”, che di
recente ha ricevuto dall’Unesco oltre 14.000 libri destinati ad alunni ed
educatori, è ridurre fino al 32% il tasso di analfabetismo del Paese africano.
(B.C.)
LA CHIESA COREANA
CELEBRA OGGI LA GIORNATA DEL LAICATO.
L’APPUNTAMENTO E’
DEDICATO QUEST’ANNO AL PROTAGONISMO DEI LAICI
NELLA NUOVA
EVANGELIZZAZIONE, E ALLA FAMIGLIA
SEUL.
= “Rendiamo bella la famiglia e la società”: con questo slogan la Chiesa
coreana celebra oggi la Giornata del Laicato. L’evento, riferisce l’agenzia
Fides, intende sottolineare la necessità che il laicato sia protagonista
effettivo della vita pastorale e dell’apostolato e che dia testimonianza
soprattutto all’interno delle famiglie. La Giornata, infatti, è incentrata sul
tema della famiglia, prima cellula della vita cristiana e primo luogo da
evangelizzare per ogni laico cristiano. “Noi laici – afferma il Consiglio
dell’Apostolato dei Laici in un messaggio – abbiamo il dovere di testimoniare
il Signore e proclamare il Vangelo secondo i talenti a noi donati, restando in
prima linea per l’evangelizzazione”. “Nei nostri tempi – si legge ancora –
dobbiamo rispondere a numerose sfide: contrastare una cultura anti-cristiana,
una cultura della morte e gli aspetti negativi del pluralismo religioso
dell’era post-moderna. A queste sfide dobbiamo rispondere con coraggio, riscoprendo
lo spirito del martirio dei nostri predecessori nella fede”. Riferendosi poi
alla famiglia il Consiglio dell’Apostolato dei Laici ribadisce che “quando la
famiglia è in buona salute, anche la società lo diventa”. “Rendiamo le famiglie
scuole di amore – concludono i vescovi coreani – e preghiamo per la
santificazione delle famiglie e per la diffusione di una cultura della vita”.
(B.C.)
LA
SITUAZIONE NELLA REGIONE ORIENTALE CONGOLESE DI WALUNGU E’ ALLARMANTE.
LO RIFERISCE IL
PORTAVOCE DELLE NAZIONI UNITE, PRECISANDO CHE I CONTINUI
ATTACCHI DEI GRUPPI
ARMATI IMPEDISCONO LA DISTRIBUZIONE DI AIUTI
KINSHASA.
= La situazione umanitaria nel territorio di
Walungu, dove “la popolazione ha smesso di coltivare a causa dei saccheggi
sistematici da parte dei gruppi armati e rischia gravi problemi di
malnutrizione”, è “allarmante”. La denuncia è stata lanciata dal portavoce
della Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo
(Monuc), Mamadou Bah. Questi ha, inoltre, precisato che i continui attacchi ai
villaggi della regione orientale, dove sono ancora presenti i ribelli rwandesi,
impediscono l’accesso agli operatori umanitari e la distribuzione di aiuti.
Walungu, situata a circa 80 chilometri da Bukavu, riferisce l’agenzia Misna, da
dieci anni è rifugio per ex-truppe governative rwandesi ed estremisti
‘interahamwe’, considerati responsabili dei massacri di massa contro la popolazione.
Da lunedì scorso a Walungu è in corso una vasta operazione dell’esercito per
individuare i ribelli hutu fuggiti nella Repubblica Democratica del Congo dopo
il genocidio in Rwanda del 1994 e convincerli ad abbandonare le armi e ad
accettare il rimpatrio. (B.C.)
UCCISO
FOTO-REPORTER NELLE FILIPPINE.
DIETRO L’OMICIDIO
POTREBBE NASCONDERSI LA MANO DEL GRUPPO
ESTREMISTA ISLAMICO ABU
SAYYAF
JOLO. = Un giovane fotografo di 26 anni è stato
ucciso venerdì da presunti componenti del gruppo estremista islamico “Abu Sayyaf”,
nella zona commerciale di Jolo, nella provincia di Mindanao, nelle Filippine.
Lo riferisce il sito “Mindanews, per il quale Gene Boyd Lumawag lavorava,
precisando che l’uomo è stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco alla testa,
mentre fotografava il tramonto. Diversi passanti hanno assistito alla scena del
crimine, ma nessuno di loro ha voluto testimoniare. Sgomento fra i colleghi del
giornalista ucciso: “Nessuno fra i presenti ha saputo (o voluto) dirmi nulla su
quanto è accaduto”, afferma Carol Arguillas, direttore di “Mindanews”. Il direttore e il
giornalista erano a Jolo per girare un documentario sulla fine del Ramadan. La
località è da alcuni anni centro di sanguinosi scontri e violenze di
fondamentalisti islamici: fra le vittime di questa sanguinosa faida il primo
vescovo della città, mons. Benjamin de Jesus, ucciso il 4 febbraio del 1997. (B.C.)
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14 novembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Fallujah “occupata”, ma non ancora del tutto “sotto
controllo”. E’ quanto dichiarano fonti dell’esercito americano aggiungendo che
potrebbero passare ancora alcuni giorni prima di soffocare completamente la
ribellione degli insorti. E in Iraq, intanto, la fase finale dell’offensiva su
Falluja coincide con l’apertura di un nuovo fronte a Mossul. Nei pressi di
questa città si sono arroccati, infatti, i ribelli riusciti a fuggire da
Falluja. Il nostro servizio:
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Si
combatte ancora a Falluja ma il governo iracheno ha comunque dichiarato conclusa
l’offensiva militare. Più caute invece le dichiarazioni rilasciate dai militari
statunitensi. Dopo sette giorni di battaglia non è stata ancora completamente
espugnata, infatti, la zona sudovest della città. Secondo l’ultimo bilancio
fornito dall’esercito americano sono almeno 1200 i guerriglieri rimasti uccisi
durante i combattimenti ed oltre 400 quelli catturati. Ma uno degli obiettivi
principali dell’assalto, la cattura del terrorista giordano Al Zarqawi, è stato
mancato: il consigliere per la sicurezza nazionale ha detto infatti che il
leader di Al Qaeda in Iraq è riuscito a fuggire. I militari statunitensi hanno
annunciato inoltre il ritrovamento, a Falluja, del cadavere di una
donna non araba. Sono in corso accertamenti per stabilire l’identità della
vittima che potrebbe essere una delle due straniere recentemente rapite in
Iraq, l’anglo irlandese Margaret Hassan o la polacca Teresa Borcz. Dopo
l’operazione condotta a Falluja unità delle forze americane e irachene sono ora state
spostate verso Mosul, dove si sono concentrati numerosi gruppi di ribelli provenienti
dalla città sunnita. Il tentativo della guerriglia è quello di impegnare le
forze della coalizione per alleggerire la pressione su Falluja. A Baghdad,
infine, uomini armati hanno ucciso, in due distinti attacchi, un membro del
governo e cinque civili.
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Restiamo
in Medio Oriente, dove il primo ministro palestinese Abu Ala ha ribadito che le
presidenziali per il successore di Arafat si terranno entro 60 giorni, prima
del 9 gennaio. Le elezioni amministrative, ha aggiunto, si svolgeranno a
dicembre, le parlamentari nel primo trimestre del 2005. Il ministro degli
Esteri israeliano, Silvan Shalom, ha precisato inoltre che alle
presidenziali non
parteciperanno i cittadini arabi residenti a Gerusalemme perché “la votazione potrebbe
legittimare le richieste palestinesi sulle zone orientali della città”. Intanto
in vista di queste elezioni, cresce l’ipotesi della candidatura di Barghuti,
che sta scontando cinque ergastoli in Israele. Secondo la stampa kuwaitiana,
sarebbe in atto una trattativa per la sua liberazione in cambio del rilascio di
Azam, cittadino israeliano da sette anni in carcere in Egitto con l’accusa di
spionaggio.
La situazione della Costa
d’Avorio, al centro dell’odierno summit dell’Unione Africana organizzato in
Nigeria, appare sempre più tesa: il presidente ivoriano Gabagbo ha sostituito
il capo di Stato maggiore nominando per questo
incarico l’ufficiale che la scorsa settimana ha ordinato l’attacco aereo,
costato la vita a nove militari francesi, sulla città di Bouaké. Ed il presidente francese
Chirac ha dichiarato che la Francia porterà a termine il proprio mandato
internazionale in Costa d’Avorio. Nel Paese, intanto, sono più di 4000 gli
stranieri decisi a fuggire. Sono invece
intenzionati a rimanere i missionari di San Luigi Orione che si trovano a
Korhogo, città
settentrionale controllata dai ribelli. Ascoltiamo in proposito la
testimonianza di un sacerdote, che per motivi di sicurezza intende rimanere
anonimo, raggiunto telefonicamente a Korhogo da Roberto Piermarini:
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R. – Sì, a Korhogo praticamente siamo
rimasti solo noi missionari e vogliamo continuare a rimanere.
D. – Anche a Korhogo c’è stato un
atteggiamento antifrancese?
R. – No, attualmente non più.
All’inizio, la presenza dei francesi era vista in maniera molto ambigua e c’è
stato quindi un momento in cui un gruppo della popolazione, spinta dalle
autorità militari, ha voluto che i francesi partissero. Non si sapeva bene
quale fosse la loro posizione: che fa qui la Francia? Che ci sta a fare l’Onu a
Korhogo? Tutti cercano una soluzione definitiva alla guerra e i ribelli
attendono che ci sia la riforma dell’articolo 35 della Costituzione per
permettere anche a Ouattara di
presentarsi come candidato per le prossime presidenziali. Quindi, fino a quando
non ci sarà questa riforma dell’articolo, loro non saranno disposti al disarmo.
Gbagbo vorrebbe che l’articolo fosse cambiato con un referendum, cosa che i
ribelli non accettano. Il capo di Stato ivoriano non vuole che si cambi la
Costituzione, non vuole prendersi tale responsabilità. Ma in questo clima di tensione
è soprattutto la popolazione a soffrire per la mancanza di sicurezza e di
stabilità politica.
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Cresce
l’attesa in Namibia per le elezioni presidenziali e parlamentari previste
domani e martedì. Il favorito a succedere all’attuale presidente Sam Nujoma
è Pohamba, candidato dell’Organizzazione del popolo
dell’Africa del sudovest (SWAPO). Secondo le previsioni il partito ‘SWAPO’
dovrebbe anche conquistare la maggioranza in parlamento. In Namibia vivono
quasi due milioni di persone ed il 70 per cento della popolazione è dislocato
nelle aree rurali.
Il vicepresidente degli Stati
Uniti Dick Cheney è stato dimesso dall’ospedale “George Washington”, dopo una serie
di analisi. Cheney era stato ricoverato per insufficienza respiratoria,
probabilmente provocata da un forte raffreddore.
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