RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 313 - Testo della trasmissione di lunedì 8 novembre 2004

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Gli scienziati rispettino la natura e promuovano sempre i diritti dell’uomo: così il Papa ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze

 

Cattolici e indù difendano insieme i diritti dei bambini: così il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso in occasione della festa indù del Diwali: intervista con mons. Felix Machado

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Con l’arrivo ieri a Roma delle reliquie di Sant’Agostino, si è aperta la settimana di celebrazioni per il 1650.mo anniversario della nascita del Santo di Ippona

 

La “guerra all’indifferenza” nel nome di una solidarietà senza frontiere: pubblicato in Italia, il libro di Jean-Sèlim Kanaan, giovane funzionario ONU ucciso nell’attentato nel 2003 a Baghdad, in cui morì Sergio Viera de Mello: ce ne parla Laura Dolci

 

Dialogo e diritti umani, protagonisti del Medfilm Fest, giunto alla X edizione. Ai nostri microfoni la  presidente della manifestazione cinematografica, Ginella Vocca

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nel messaggio della CEI per la giornata del ringraziamento, l’invito a lavorare per una maggiore integrazione tra le economie agricole dell’Unione Europea

 

Una strada collegherà il Brasile e il Perú da una costa all’altra

 

Rischia la chiusura “Luce del Vangelo”, l’unico settimanale cattolico russo

 

La Corte Suprema del Pakistan con un’ordinanza ha bandito i banchetti matrimoniali e le cerimonie sfarzose

 

Nasce un servizio informazione sul dialogo ebraico cristiano, realizzato dalla Fondazione internazionale Raoul Wallenberg in collaborazione con l’agenzia Zenit

  

24 ORE NEL MONDO:

Si combatte a Falluja: i marines hanno lanciato l'offensiva contro la roccaforte sunnita: almeno 12 i civili uccisi

 

Ancora violenza ad Abidjan in Costa d’Avorio. I fedelissimi del presidente tentano di impedire l’avanzata delle truppe francesi

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 novembre 2004

 

 

GLI SCIENZIATI RISPETTINO LA NATURA E PROMUOVANO SEMPRE I DIRITTI DELL’UOMO: E’ L’ESORTAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI ALLA SESSIONE PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE, RICEVUTI STAMANI IN VATICANO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Le verità della scienza e quelle della fede “convergono alla fine in quella Verità, che i credenti riconoscono nella sua pienezza nel volto di Gesù Cristo”. E’ la riflessione offerta da Giovanni Paolo II ai partecipanti alla sessione Plenaria della Pontificia accademia delle Scienze, guidati dal presidente, il prof. Nicola Cabibbo, e ricevuti stamani in Vaticano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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In quanto creati ad immagine e somiglianza di Dio, gli esseri umani devono “rispettare l’ordine naturale” e, soprattutto, la dignità dell’uomo. E’ il richiamo del Pontefice, che nel suo discorso ha rivolto una particolare esortazione al mondo scientifico, impegnato a risolvere problemi che hanno ripercussioni su tutto il pianeta. “Gli scienziati – ha affermato – sono chiamati a mettere il proprio ingegno sempre più al servizio della famiglia umana, lavorando per il miglioramento della vita e promuovendo uno sviluppo integrale della persona, tanto materialmente quanto spiritualmente”. Per questo la scienza deve rimanere “libera da ogni forma di condizionamento economico e ideologico”.

 

Le nuove scoperte - ha detto ancora - devono riunire la comunità scientifica e i popoli del mondo, in un clima di cooperazione “che valorizzi la conoscenza comune rispetto alla competitività e agli interessi individuali”. Nonostante le incertezze che comporta ogni lavoro mirato ad interpretare la realtà - ha poi constatato - “il cammino della ricerca è sempre un cammino verso la verità”. Quindi, ha sottolineato come “ogni uomo che cerchi la verità stia in realtà seguendo una strada che porta a Dio”. Gli scienziati - ha constatato - di fronte “all’esplosione delle nuove scoperte” si sentono spesso dinnanzi ad un “vasto, infinito orizzonte”. In realtà - ha concluso - “l’inesauribile abbondanza della natura” va vista “oltre se stessa verso il Creatore che ce l’ha consegnata” come un dono da usare saggiamente.

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CATTOLICI E INDU’ DIFENDANO INSIEME I DIRITTI DEI  BAMBINI:

COSI’ NEL MESSAGGIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

AGLI INDU’ IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL DIWALI,

CHE CELEBRA LA VITTORIA DELLA LUCE SULLE TENEBRE

- Intervista con mons. Felix Machado -

 

Indù e cristiani si uniscano “per un’azione comune a favore dei bambini più sfortunati”. E’ questo il cuore del messaggio indirizzato agli indù dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in occasione della ormai prossima Festa del Diwali, la Festa induista della Luce. Come per il recente messaggio ai musulmani per la conclusione del Ramadan, il documento contiene un appello a collaborare per la difesa dei diritti dei bambini nel mondo. Diritti – si legge – spesso tragicamente calpestati, a causa della guerra, della fame e di “tante forme di ingiustizia presenti in questo mondo”. Nel documento, che esprime sentimenti di amicizia verso gli indù, si sottolinea come “uno degli scopi delle feste religiose sia quello di renderci persone migliori”. Nessuna celebrazione – evidenzia il messaggio firmato dall’arcivescovo Fitzgerald, presidente del dicastero vaticano – “è degna di questo nome se non è dato ai bambini un posto centrale, tanto più che lo spirito di festa richiede che ognuno acquisisca un cuore da bambino”.  Il messaggio ricorda così le parole di Gesù: “Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Ma ascoltiamo il sottosegretario del dicastero, mons. Felix Machado, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Noi inviamo, ormai come nostra consuetudine, messaggi augurali in occasione delle grandi festività delle diverse religioni. Adesso noi vorremmo che la festa del Diwali fosse l’occasione per un cattolico di portare personalmente questo messaggio di auguri ai nostri amici indù, che sono tanti, dicendo loro che noi siamo contenti di questa amicizia e che auspichiamo che la loro gioia possa crescere sempre di più.

 

D. – Qual è il significato della Festa del Diwali?

 

R. – La Festa del Diwali è la festa più antica dell’induismo ed anche la più grande. Questa festa viene, infatti, celebrata da quasi tutti gli indù. Come è noto l’induismo è caratterizzato da una grande varietà di tradizioni, grandi e piccole. Per tutti gli indù questa festa rappresenta la vittoria del bene sul male: la vittoria della luce sulle tenebre; la vittoria della verità sulla falsità. E gli indù celebrano questa festa con grande gioia e con grande vigore, con l’augurio che la loro vita sia sempre moralmente più giusta e che, nella loro ricerca di Dio, vengano aiutati da Dio per riuscire sempre a superare tutti i problemi ed i mali della vita.

 

D. – Come sono attualmente i rapporti fra indù e cristiani?

 

R. – I nostri rapporti, stando a quanto dicono le Chiese locali, sono abbastanza buoni. Negli ultimi anni, però, in India soprattutto, c’è stata una forza fondamentalista che ha creato dei gravi problemi di sicurezza per la Chiesa cattolica, uccidendo in alcuni casi anche il personale presente, distruggendo anche alcune chiese. Malgrado questa situazione, i vescovi indiani hanno cercato di portare sempre avanti il dialogo interreligioso. Abbiamo aperto loro le nostre mani con grande generosità per dire loro che noi siamo discepoli di Gesù Cristo, che ci ha sempre insegnato a rispondere al male con il bene. E credo che, tenendo conto di questo, i nostri rapporti sono buoni.

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UDIENZE E NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto nel corso della mattina, in successive udienze, il cardinale Jozef Glemp, arcivescovo di Varsavia e Primate della Polonia ed un gruppo di vescovi della Conferenza episcopale dell’Oceano Indiano in visita ad limina.

 

In Spagna, il Santo Padre ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Valencia il reverendo Enrique Benavent Vidal, finora Decano preside della facoltà di Teologia di Valencia, assegnandogli la sede titolare vescovile di Rotdon.

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'appello di Giovanni Paolo II - all'Angelus - di fronte alle gravi notizie provenienti dalla Costa d'Avorio dove la violenza ha seminato morte e sofferenze: "Tacciano le armi, si riprenda la via del dialogo!".

 

Nelle vaticane, Angelus: all'inizio del mese di novembre il Papa invita ad accostarsi alla santa Comunione per rafforzare i vincoli di amore spirituale con coloro che sono morti: "Nell'Eucaristia trova il suo culmine la preghiera per i fedeli defunti".

Nel discorso ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, il Papa ha sottolineato che le "vie della scoperta" sono vie orientate alla verità. Chiunque cerchi la verità percorre un cammino che conduce a Dio.

Il Messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della Settimana di preghiera e di riflessione mariana svoltasi su iniziativa della Conferenza Episcopale Siciliana e dei Ministri Provinciali delle Famiglie Francescane di Sicilia, nel 150 anniversario della proclamazione del dogma.

Il Santo Padre, nel Messaggio, esorta le nuove generazioni a conservare intatto quel patrimonio di valori che ha reso illustre la storia dell'Isola.

Una monografica sul tema: "Le origini della spiritualità nella Sardegna cristiana".

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq: il Governo proclama lo stato d'emergenza a causa del dilagare delle violenze; in vigore la legge marziale.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Danilo Mazzoleni sui 150 anni della Collezione d'Arte Paleocristiana dei Musei Vaticani.

Un articolo di Franco Patruno dal titolo "I disvalori di un'informazione scorretta che irride la dignità della persona": un servizio televisivo sull'attrice Claudia Koll ripropone l'esigenza del rispetto di un parametro etico nelle comunicazioni sociali.

 

Nelle pagine italiane,  "Spesa proletari": "Tolleranza zero" per i responsabili; incursioni in negozi a Roma.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 novembre 2004

 

CON L’ARRIVO IERI A ROMA DELLE RELIQUIE DI SANT’AGOSTINO,

COMINCIATA LA SETTIMANA DI CELEBRAZIONI PER IL 1650.MO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DEL SANTO DI IPPONA

 

Con l’arrivo ieri a Roma delle reliquie di Sant’Agostino, si è aperta la settimana di celebrazioni per il 1650.mo anniversario della nascita del santo, che si svolgeranno nella Basilica dedicata al vescovo di Ippona in Campo Marzio. Oggi, giornata dedicata ai vescovi e ai cardinali; alle 18.00 presiederà la Messa solenne il prefetto della Congregazione per i vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, e questa sera alle 21.00, Marco Frisina dirigerà un concerto dedicato alla figura di Agostino e alla madre Monica. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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(canto)

 

Centinaia di fedeli hanno gremito ieri pomeriggio a Roma il sagrato della Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio, per accogliere le reliquie del vescovo di Ippona. L’urna è arrivata da Pavia per le celebrazioni del 1650.mo anniversario della nascita del Santo, che ricorre il 13 novembre. Per una settimana, incontri ed eventi saranno dedicati alla figura del grande Dottore della Chiesa. Ad inaugurarli, il prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, cardinale José Saraiva Martins, che ha presieduto i Vespri solenni. Nel suo discorso, il porporato ha descritto l’esperienza di Agostino e il percorso che lo ha condotto alla conversione:

 

“Agostino si presenta a noi per ricordarci che i nostri problemi di oggi sono stati anche i suoi problemi e per proporci il suo cammino di ricerca della verità, del bene e della felicità. ‘Torna in te stesso’, ci ripete oggi Agostino. ‘Nelle tue aspirazioni più profonde, nel tuo cuore, e lì scoprirai ciò che ti manca, Colui cioè che è alla fonte di ogni bene che desideri’.

 

A celebrare l’eucaristia, ieri, mons. Ernesto Mandara, vescovo ausiliare di Roma che nella sua omelia ha ricordato il ministero pastorale di Sant’Agostino e la sua teologia della grazia:

 

“Celebriamo Sant’Agostino ringraziando il Signore per tutti i doni di insegnamento che, attraverso questo santo, sono giunti alla Chiesa. Celebriamo Sant’Agostino celebrando il primato della grazia di Dio, celebrando il primato dell’amore di Dio. Questo amore, è il fondamento della vita cristiana ed è questo amore, l’amore di Dio, che è il fondamento della dignità dell’uomo. Ed è solo attraverso questo amore che l’uomo ritrova se stesso”.

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LA “GUERRA ALL’INDIFFERENZA” NEL NOME DI UNA SOLIDARIETA’ SENZA FRONTIERE:

PUBBLICATO IN ITALIA IL LIBRO DI JEAN-SELIM KANAAN,

GIOVANE FUNZIONARIO ONU UCCISO NELL’ATTENTATO NEL 2003 A BAGHDAD, NELL’ATTENTATO IN CUI MORI’ SERGIO VIERA DE MELLO

- Intervista con Laura Dolci -

 

Il 19 agosto 2003 l’ONU fu colpita a Baghdad. Un camion-bomba, lanciato da un kamikaze, fece crollare un’ala dell’Hotel Canal, dove risiedevano i funzionari delle Nazioni Unite nel Paese, che entrava nel suo travagliatissimo dopoguerra. Tra le macerie, oltre al corpo del rappresentante di Kofi Annan in Iraq, Sergio Viera de Mello, fu ritrovato tra gli altri anche quello di un giovane funzionario medio-alto del Palazzo di Vetro, Jean-Sélim Kanaan. A 33 anni appena, moriva un uomo che dall’età di vent’anni aveva deciso di spendere la propria vita sulle frontiere più “calde” del pianeta, per portare solidarietà in mezzo alle tragedie della guerra: Somalia, Sarajevo, Kosovo e poi la collaborazione sempre più stretta con l’ONU nei panni di collaboratore dell’Alto Commissariato per i rifugiati. E’ a New York quando crollano le Torri Gemelle, vive in prima linea la nuova era del terrore globale che lo porta in Iraq, dove perde la vita.

 

Due anni fa aveva deciso di raccogliere le sue esperienze in un libro, intitolato “La mia guerra all’indifferenza”. Nei giorni scorsi, sua moglie, Livia Dolci – che lavora nello staff dell’Alto Commissariato dell’ONU per i diritti umani di Ginevra - ha presentato il volume in Italia. Alessandro De Carolis l’ha incontrata e le ha chiesto com’era nata la vocazione alla solidarietà del marito:

 

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R. – Penso che sia nata crescendo nella famiglia dove è cresciuto, una famiglia con diverse radici, diverse culture. Forse, è nata dopo la morte di suo padre. Suo padre è venuto a mancare nell’età dell’adolescenza e Jean-Sèlim mi diceva ogni tanto: non sapevo chi io fossi, sapevo soltanto di avere tanto materiale grezzo dentro di me ed ho fatto un po’ come Michelangelo, iniziando a darmi delle grandi scalpellate. E le grandi scalpellate ha cominciato a darsele nelle zone dove si vede l’uomo nelle peggiori e migliori condizioni e quindi anche nelle zone di guerra.

 

D. – Jean-Sèlim è stato per lungo tempo un membro di alcune Organizzazioni non governative, eppure, senza voler generalizzare, dalle sue pagine esce un quadro talvolta poco lusinghiero del panorama delle ONG. Lui parla anche di sprechi, di abusi, di arroganza…

 

R. – Sì, è entrato nelle Organizzazioni non governative molto giovane, con tantissime speranze e con tantissime aspettative. Ne rimase scottato, perché sul terreno si incontrano anche persone che sono lì non tanto forse per aiutare gli altri ma per risolvere o dimenticare questioni proprie. Anche se poi ha imparato molto ed ha conosciuto persone splendide. Un’altra cosa che lo scottò e che criticava era questa poca capacità, che poi nel tempo invece è andata migliorandosi, delle Organizzazioni non governative, come anche quelle governative, di occuparsi del proprio personale. Quando si fa questo lavoro e c’è un malessere, si vedono cose che non si dovrebbero vedere: traumi, pressioni tenute, però, nascoste, perché non c’era la possibilità di dire: “non mi sento bene, ho bisogno di essere tirato fuori per un po’”.

 

D. – Che cosa ha significato per Jean-Sèlim l’11 settembre 2001… Lui che era a New York quel giorno e che aveva conosciuto da vicino le brutture della violenza e degli integralismi?

 

R. – L’11 settembre – e questo Jean-Sèlim lo dice nel libro – è come se due mondi, che per tanto tempo nella sua vita lui pensava non conciliabili, si fossero fusi. Ha cominciato a stare molto male ed è da lì che è nato il libro. E’ stato, quindi, uno spartiacque.

 

D. – A leggere il libro si ha l’impressione che ad un apolide, ma con il mondo nel cuore, come suo marito, stesse piuttosto stretto il ruolo di funzionario dell’ONU, Organizzazione per la quale lui ha poi dato la vita?

 

R. – Gli stava stretto ed ha subito un po’ il disagio soprattutto del ritorno dall’azione concreta al quartier generale, il Palazzo, la carta che si muove lentamente tra un tavolo e l’altro. Questo sì, non ci si ritrovava. Detto questo, però, va anche detto che aveva voluto lasciare il campo per un periodo, che lo criticava dal di dentro, anche perché, in fondo, sperava che le cose potessero essere migliorate.

 

D. – Jean-Sèlim ha intitolato il suo libro “La mia guerra all’indifferenza”. Oggi Jean-Sèlim non c’è più…. Chi continua la sua guerra all’indifferenza?

 

R. – Forse molte più persone di quello che si creda. C’è gente che crede che ci si possa guardare dentro un po’ di più, per fare una piccola differenza nell’indifferenza. Ci provo anche io, nei confronti soprattutto di nostro figlio, a cercare di tenere alta la fiamma, che mio marito aveva nel cuore.

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DIALOGO E DIRITTI UMANI SONO I PROTAGONISTI DEL MEDFILM FEST,

GIUNTO ALLA DECIMA EDIZIONE. AI NOSTRI MICROFONI GINELLA VOCCA,

PRESIDENTE DELLA MANIFESTAZIONE CINEMATOGRAFICA

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

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Giovanni Paolo II, in più occasioni, ha sottolineato quanto il cinema sia un veicolo insostituibile di cultura e di arte per il progresso civile e spirituale dell’uomo e per il dialogo tra i popoli. Ed è proprio questa l’anima del MedFilm Festival, unica manifestazione cinematografica a carattere competitivo dedicata al tema dei diritti umani e con l’intento di gettare un ponte fra le culture ed i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, in un momento storico particolarmente difficile e doloroso. La prima tappa del Festival è a Roma fino al 21 novembre. Successivamente la rassegna assumerà un aspetto itinerante svolgendosi in contemporanea anche a Gerusalemme ed in sette carceri per poi concludersi al Cairo, in Egitto, dal 1 al 12 dicembre. Una scelta dei luoghi non casuale, come ci conferma Ginella Vocca, Presidente del Festival:

 

R. – La scelta non è casuale, perché l’Egitto è un Paese moderato, un Paese attento e desideroso di creare opportunità di contatto con l’Occidente, con l’Europa. E Gerusalemme deve al più presto diventare terra di pace. Oggi, è più che mai importante capire che non si tratta di numeri, ma si tratta di persone. Non si tratta di astratti politicismi, ma si tratta di popoli con una identità e con una esistenza culturale forte, della quale avere cognizione per averne rispetto, considerazione e interesse. Ciò che si conosce non si teme.

 

D. – Tema centrale dell’edizione di quest’anno, gemellata con il quinto Summit mondiale dei premi Nobel per la Pace che si svolge questa settimana a Roma, è il rapporto tra “Cinema e realtà”. In quale senso?

 

R. – Nel senso che l’audiovisivo è il cinema. In modo particolare è un modo di vedere le realtà degli altri, ma di vederla in un modo approfondito e non veloce. Vedere un film è fermarsi a riflettere, subire delle suggestioni visive, emotive e sonore e farle entrare dentro di noi; avere una nuova cognizione di chi ci sta parlando.

 

Sono duecento le opere selezionate per il Festival, provenienti da 40 Paesi. Particolari approfondimenti tematici riguarderanno la guerra e la famiglia con anteprime, una vetrina del cinema algerino, seminari e laboratori ed un’interessante retrospettiva dedicata ai capolavori del maestro del cinema egiziano Youssef Chaine.

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CHIESA E SOCIETA’

8 novembre 2004

 

 

BISOGNA LAVORARE PER UNA MAGGIORE INTEGRAZIONE TRA LE ECONOMIE AGRICOLE DELL’UNIONE EUROPEA, CON PARTICOLARE ATTENZIONE AI NUOVI PAESI MEMBRI. E’ LA RACCOMANDAZIONE CONTENUTA NEL MESSAGGIO DELLA CEI PER LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO CHE VERRA’ CELEBRATA DOMENICA PROSSIMA

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

GENOVA. = Con un’insolita conferenza stampa a bordo di una motonave a largo del porto di Genova, è stato presentato oggi il programma di celebrazioni promosse dalla Conferenza episcopale italiana per l’annuale Giornata del ringraziamento, che ricorre domenica 14 novembre. “Cultura rurale e solidarietà in Europa” è il tema della Giornata che, come ogni anno, offre l’occasione per una riflessione della Chiesa italiana sul mondo agricolo. “L’ingresso nell’Unione accentua il confronto con l’agricoltura degli altri Paesi già membri e mette in evidenza le differenze: quelle di natura tecnologica come anche quelle relative ai problemi biologici ed ecologici”, afferma il messaggio per la Giornata della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. E di questo tema si discuterà sabato 13 novembre, nel convegno organizzato dalla Cei presso i Magazzini del cotone del Porto antico di Genova, con la partecipazione, tra gli altri, dell’arcivescovo della città, cardinale Tarcisio Bertone, del presidente della Coldiretti Paolo Bedoni e di rappresentanti del mondo sindacale e imprenditoriale impegnati nella realtà agricola. “È ancora lunga la strada da fare per una piena integrazione anche nel campo dell’economia agricola tra i Paesi dell’Unione, come pure tra nord e sud del nostro Paese”, osserva il messaggio della Cei. Pertanto, si legge ancora nel documento, “l’allargamento dell’Unione Europea deve portare con sé un allargamento di orizzonti nella ricerca di rapporti di giustizia, a livello continentale e a livello globale, poiché un’Unione Europea più grande ha responsabilità maggiori nell’economia globalizzata”. Il messaggio si sofferma quindi sul problema del ricorso agli organismi geneticamente modificati in agricoltura: “Il progresso biotecnologico – raccomanda la Cei - ha bisogno di rigorosi controlli scientifici e soprattutto etici, per non compromettere la salute delle persone ed il futuro stesso”.

 

 

UNA STRADA COLLEGHERA’ IL BRASILE E IL PERU’ DA UNA COSTA ALL’ALTRA.

IL PROGETTO, PER UNA SPESA DI OLTRE 700 MILIONI DI DOLLARI, E’ STATO

SOTTOSCRITTO A RIO DE JANEIRO DAL PRESIDENTE BRASILIANO LULA

 E DA QUELLO PERUVIANO TOLEDO

 

RIO DE JANEIRO. = La via di comunicazione “interoceanica” partirà da Assis Brasil, nello Stato settentrionale di Acre in Brasile, per raggiungere Iñapari nel dipartimento peruviano di Madre de Dios, all'interno del Paese, da dove proseguiranno poi altri collegamenti viari diretti ai porti meridionali di Ilo, Matarani e Martorain. L’opera  avrà un costo complessivo di 700 milioni di dollari, e il Brasile ne assicurerù 417 e il restante sarà versato dal governo peruviano e dalla banca di sviluppo regionale “Corporacion andina de Fomento”. Il progetto è stato sottoscritto in occasione del XVIII vertice del Gruppo di Rio, conclusosi nei giorni scorsi nella città brasiliana dal presidente Luiz Inacio Lula da Silva e dal suo omologo peruviano, Alejandro Toledo. Con questa opera il Brasile punta a realizzare l’antica ambizione di avere un accesso sull'oceano Pacifico, di cui potersi avvantaggiare per le esportazioni, in particolare verso la Repubblica popolare cinese, divenuta negli ultimi anni uno dei suoi principali partner commerciali. Il governo peruviano e quello brasiliano presto definiranno i particolari dei piani di sviluppo e di collaborazione regionale per meglio sfruttare il nuovo collegamento. (I.I.)

 

 

RISCHIA LA CHIUSURA “LUCE DEL VANGELO”, L’UNICO SETTIMANALE CATTOLICO RUSSO. LA TESTATA, CHE HA APPENA COMPIUTO DIECI ANNI DI VITA, HA URGENTE BISOGNO DI AIUTI FINANZIARI

 

MOSCA. = In Russia l'unico settimanale cattolico è in grave difficoltà finanziaria tanto da rischiare la chiusura. Si tratta di "Svet Evangelija" (“Luce del Vangelo”), 4500 copie distribuite in Russia, in Ucraina, in Bielorussia e nel Kazakistan. Il caporedattore, Victor Khroul, lamenta un calo di abbonati e il venire meno del sostegno economico soprattutto da parte delle grandi opere caritative della Germania. Proprio per cercare aiuti economici, Khroul in questi giorni si sta recando in molti paesi dell’Europa occidentale. “Luce del Vangelo” ha appena compiuto dieci anni di vita e nel mese di ottobre ha ricevuto a Bangkok il Premio Titus Brandsma, nell’ambito del congresso mondiale dell’Unione cattolica internazionale della stampa (Ucip). Il premio del valore di 1.500 euro, messi a disposizione dalla Conferenza episcopale dei Paesi Bassi e dall’Ucip, è intitolato al  Beato sacerdote carmelitano Titus Brandsma, insegnante e giornalista olandese ucciso nel campo di concentramento di Dachau nel 1942. Il riconoscimento è stato ritirato da mons. Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca. (I.I.)

 

 

LA CORTE SUPREMA DEL PAKISTAN CON UN’ORDINANZA HA BANDITO I BANCHETTI

MATRIMONIALI E LE CERIMONIE SFARZOSE. I VESCOVI APPROVANO IL PROVVEDIMENTO

 

ISLAMABAD. = Più sobrietà nelle cerimonie nuziali. E’ quanto ha stabilito la Corte suprema del Pakistan in un’ordinanza in cui si afferma che “hotel, clubs, ristoranti e sale per matrimoni potranno servire agli invitati solo bevande fredde o calde”. La Corte, citando il Corano e riprendendo le direttive del Consiglio dell’Ideologia islamica, ha affermato che banchetti ricchi e sfarzosi sono contrari ai precetti dell’Islam. Il testo del provvedimento, diffuso dall’agenzia di stampa “Asianews”, deplora inoltre l’abitudine di ostentare la dote agli invitati poiché tale tradizione mette in crisi le finanze delle classi medie e basse della società: “Queste diaboliche stravaganze e l’ostentazione smisurata del benessere sono inaccettabili – afferma Nazim Hussain Siddiqui, giudice capo della Corte -. Esse sono contro le norme e i valori propri di una società civile e devono essere fermati”. La Corte suprema intende così promuovere uno stile di vita più sobrio “e rispettoso dei valori dell’Islam” e sottolinea che “è compito dello Stato incoraggiare i coniugi a celebrare matrimoni semplici e informali”. L’ordinanza della Corte sostituisce il ‘Punjab Marriage Function Act’ del 2003 e riprende la precedente ordinanza sui matrimoni del 2000 che bandiva la carne dai banchetti nuziali. Pieno appoggio alla normativa dalla Conferenza episcopale pakistana. I vescovi invitano infatti le famiglie a risparmiare per investire nell’educazione dei figli: “In tempo di crisi – osservano –  dobbiamo contenere le spese. Le famiglie corrono il rischio di indebitarsi per celebrare matrimoni sfarzosi e poi non hanno risorse da spendere nell’educazione dei figli”. Immediate le proteste dei ristoratori e degli organizzatori di feste e banchetti per un’ordinanza che, affermano, rischia di mettere in crisi l’intero settore. (I.I.)

 

 

NASCE UN SERVIZIO INFORMAZIONE SUL DIALOGO EBRAICO CRISTIANO,

REALIZZATO DALLA FONDAZIONE INTERNAZIONALE RAOUL WALLENBERG

 IN COLLABORAZIONE CON L’AGENZIA ZENIT

 

GERUSALEMME. = La Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg ha annunciato la prossima edizione di un servizio informativo di notizie in inglese e spagnolo, dedicate al dialogo ebraico-cristiano, realizzato in collaborazione con l’agenzia stampa Zenit. La Fondazione Wallenberg è un’organizzazione non governativa, educativa e indipendente, la cui missione è quella di promuovere i valori della solidarietà e del coraggio civile, messi in atto dalle decine di migliaia di persone che hanno salvato gli Ebrei durante la tragedia dell’Olocausto. Più di 60 capi di Stato e 50 Premi Nobel fanno parte della Commissione Onoraria della Fondazione. Nel 2000 la Fondazione ha dato vita al Comitato “Angelo Giuseppe Roncalli”, il cui obiettivo è rendere onore alle azioni di salvataggio di Ebrei dalla persecuzione nazista ad opera del delegato apostolico del Vaticano a Istanbul, che nel 1958 venne poi eletto Papa con il nome di Giovanni XXIII. “La Fondazione dà molta importanza al dialogo interreligioso come fattore decisivo per la costruzione di una pace sostenibile e duratura”, ha spiegato Baruch Tenembaum, promotore della Fondazione, annunciando la nascita della nuova agenzia di informazione. Sempre nell’ambito del dialogo interreligioso, lo scorso 26 settembre, la Fondazione ha inaugurato un Murale Commemorativo delle Vittime dell’Olocausto nella chiesa Vaterunser di Berlino. (I.I.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

8 novembre 2004

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Si combatte a Falluja: i marines hanno lanciato l'offensiva contro la roccaforte sunnita: almeno 12 i civili e 38 i guerriglieri rimasti uccisi nelle prime fasi dell’operazione militare. E mentre il resto del Paese del Golfo non viene risparmiato dalle violenze, il terrorista giordano Al Zarqawi su un sito internet lancia nuovi proclami per la guerra santa. La cronaca di quest’ennesima difficile giornata, da Salvatore Sabatino:

 

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Falluja ora zero. E’ scattata l’offensiva dei 20 mila soldati statunitensi sulla roccaforte sunnita. A dare il via libera lo stesso presidente ad interim Iyad Allawi. Testimoni sul posto riferiscono che l'artiglieria americana ha intensificato da questa mattina il fuoco di sbarramento contro la  città.  Ma l’offensiva è arrivata soprattutto dal cielo, con 8 raid aerei nel giro di 20 minuti. Nella notte, inoltre, le forze statunitensi ed irachene sono entrate nei quartieri occidentali, occupando il maggiore ospedale cittadino e due ponti sul fiume Eufrate. Intanto, dagli altoparlanti delle moschee di Falluja è stato annunciato che sarebbero stati catturati 35 soldati americani. Confermata, invece, la morte di 2 marines. E accanto alla battaglia vera si continua a combattere anche sul fronte mediatico: il terrorista giordano Al Zarqawi su un sito internet ha lanciato un nuovo appello alle armi: “La guerra è cominciata – ha scritto - l'appello alla Jihad è compiuto”.

 

A complicare ulteriormente lo scenario c’è la presa di posizione dell’Iran, contrario alla soluzione militare di Falluja, mentre Giordania e Siria hanno sigillato le frontiere per motivi di sicurezza. Lo stesso Iraq è isolato dal mondo: l’aeroporto internazionale di Baghdad, l’unico nel Paese con collegamenti internazionali, è stato chiuso per 48 ore, mentre in tutto il Paese da oggi entra in vigore la legge marziale. Nonostante questo, la guerriglia prosegue nella sua opera di terrore. Due autobomba sono esplose a Mosul  e a Ramadi, causando la morte di 4 persone ed il ferimento di altre 20. A Baghdad, invece, almeno due persone sono rimaste uccise nell'esplosione di un'auto imbottita di tritolo sulla strada per l'aeroporto, dove stava viaggiando un convoglio delle forze statunitensi. Nei pressi di Samarra è stato ucciso un autista turco. Da segnalare, infine, il sabotaggio di un pozzo di petrolio a Zoubeir vicino a Bassora, nel sud del Paese. 

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Fallujah, dunque, 50 km a ovest di Baghdad, risulta essere per il momento il maggior ostacolo per gli americani, concentrati sul loro obiettivo militare per colpire l’organizzazione terroristica guidata dal giordano Al Zarqawi, che proprio a Falluja avrebbe i suoi campi di addestramento e reclutamento di kamikaze.                           La città, a maggioranza sunnita, conta oltre 300 mila abitanti, anche se dopo le ultime operazioni militari lanciate dagli statunitensi sarebbero rimasti in 100 mila. Ma perché gli americani hanno deciso di attaccare proprio Fallujah? Risponde Renzo Cianfanelli inviato del Corriere della Sera in Iraq:

 

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R. – Sicuramente, Falluja è un punto cruciale di questa offensiva contro il triangolo sunnita. Se si riesce a far cadere questa città – questa la strategia della coalizione comandata dagli americani – sicuramente si indeboliscono i sunniti che sono uno degli elementi di forza di questa offensiva molto violenta che si sta manifestando soprattutto nella zona di Baghdad, anche nel Nord e in altre parti del Paese, ma soprattutto nel Centro e nel Nord dell’Iraq.

 

D. – La popolazione come vive l’attacco finale su Falluja?

 

R. – Sicuramente è terrorizzata. Falluja è una grande città che si è svuotata di buona parte della popolazione, perché certamente un’offensiva di queste dimensioni è catastrofica per la popolazione civile, che vorrebbe vivere in pace e non vorrebbe la presenza di estremisti o terroristi come quelli che sembrano essersi insediati lì. D’altra parte, il governo di Allawi è visto come un governo imposto da una forza straniera, in particolare dagli americani, e quindi appoggiano o perlomeno indirettamente non ostacolano la presenza di queste forze estremiste a sfondo islamico.

 

D. – Nei giorni scorsi, Kofi Annan aveva detto che attaccare Falluja avrebbe compromesso le elezioni di gennaio ...

 

R. – La violenza ha raggiunto un livello tale che si deve considerare endemica almeno per un lungo periodo e quindi le elezioni potranno anche tenersi, però con un grosso punto interrogativo sulla loro effettiva rappresentatività. Ora, anche se le autorità religiose islamiche hanno emesso una “fatwa”, cioè una specie di decreto religioso di invito a votare, è possibile che una buona parte della popolazione si astenga.

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Ci trasferiamo su un altro fronte caldo dello scenario internazionale. Dopo una notte di calma armata, torna la violenza ad Abidjan in Costa d’Avorio. I fedelissimi del presidente Gbagbo si sono schierati oggi davanti alle truppe francesi, per impedirne l’avanzata. La radio di Stato, stamani, aveva trasmesso un messaggio per chiedere alla popolazione di fare da scudo umano. Da Parigi, intanto, il presidente Chirac ha dichiarato che la Francia ha come ''unico obiettivo'' nel Paese africano la sicurezza dei connazionali. Intanto, dopo le violenze del fine settimana, si sono perse le tracce di due cittadini francesi. Ma cosa fa da sfondo a questa crisi in Costa d’Avorio, che si trascina ormai da 2 anni? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Raffaello Zordan, della rivista missionaria “Nigrizia”:

 

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R. – Non dimentichiamo che la Costa d’Avorio è Paese di immigrazione, cioè arrivano dai Paesi vicini, Burkina Faso, ad esempio, ma anche dagli altri, numerosissimi immigrati attratti dalle possibilità di lavoro nelle piantagioni di cacao e di caffè, ma anche di banane e ananas. Si parla di qualche milione di persone. C’è poi uno strano meccanismo, la cosiddetta “condizione di ivorità”, cioè essere ivoriani al 100 per cento per avere al 100 per cento i diritti politici. Il  presidente Gbagbo ha tentato lo scorso gennaio di presentare un progetto di legge che la abolisce. E’ stata introdotta da un presidente che ha sostituito Boigny nel 1993 e si è rivelata veramente un boomerang. Ha scatenato situazioni molto complicate e ha messo fuori gioco un leader dell’opposizione, questo Ouattara, che è oggi l’oppositore di Gbagbo. Il problema maggiore di  Gbagbo è che si rifiuta di riconoscere un’opposizione. Questo non funziona in Occidente e, ovviamente, non funziona a maggior ragione in Africa.

 

D. – Che cosa potrà dare una svolta a questa crisi?

 

R. – E’ evidente che se la Francia non riesce a tirarsi fuori da questa situazione, in cui in pratica sta difendendo un governo che invece la sta attaccando, ed è invisa anche ai ribelli che operano nel Nord del Paese, farà fatica a proporsi come forza d’interposizione; ciò che di fatto sta facendo. Cioè, ora in una fascia “centrale” del Paese, operano forze dell’ECOMOG, della Comunità economica dell’Africa occidentale, forze francesi e forze dell’ONU. Naturalmente, le forze francesi sono intervenute per prime, ancora all’inizio della crisi, avendo un mandato ONU in questa direzione. Però, il rischio è che questa crisi diventi ancora più forte, ancora più feroce e la Francia si trovi impantanata in una situazione in cui non sa bene da chi guardarsi, né da una parte, né dall’altra.

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La missione internazionale schierata in Afghanistan si dice ottimista su una eventuale liberazione degli operatori delle Nazioni Unite, sequestrati a Kabul il 28 ottobre scorso. Ieri i rapitori, dopo colloqui con le autorità locali, non avevano escluso un rilascio dei tre. In cambio però chiedono la liberazione di un gruppo di detenuti, prigionieri a Guantanamo, a Cuba.

 

L’Iran sta discutendo solo di una prosecuzione “per un periodo breve” delle sue attività per l’arricchimento dell’uranio e non di una rinuncia permanente a tale tecnologia. Lo ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi, specificando un aspetto degli accordi preliminari definiti ieri con Francia, Germania e Gran Bretagna. Accordi che permetterebbero alla Repubblica    islamica di non essere giudicata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Secondo il capo della diplomazia di Teheran, che ha valutato positivamente i colloqui, questo servirebbe a creare un clima di fiducia necessario per aprire la strada ad ulteriore cooperazione tra l’Iran e la Comunità Europea.

 

Tra mille polemiche, è stato rimandato a domani il viaggio che il premier palestinese, Abu Ala, il numero due dell'Olp, Abu Mazen e il ministro degli Esteri, Nabil Shaat, avrebbero dovuto compiere oggi a Parigi per accertarsi delle condizioni di salute del presidente palestinese Arafat. Stamani la moglie di Arafat, Suha, aveva duramente attaccato in un’intervista alla Tv araba Al Jazeera la nuova direzione palestinese, accusandola di voler ''seppellire vivo'' Arafat, ricoverato da 10 giorni in fin di vita in un ospedale militare di Parigi. Subito dopo si era riunito a Ramallah il governo palestinese.

 

Esplosione questa mattina in una scuola islamica di Eindhoven, nel sud-est dell’Olanda. Le autorità locali ritengono che la deflagrazione, che non ha causato vittime, sia da collegare agli incendi scoppiati nel fine settimana in diverse moschee olandesi, in rappresaglia all'uccisione del regista Theo Van Gogh. Dell’omicidio è accusato un presunto estremista islamico di origine marocchina.

 

Da oggi niente più dollari a Cuba. La decisione era stata presa una decina di giorni fa dal presidente Fidel Castro in ritorsione a quelle che aveva definito “nuove aggressioni economiche del governo statunitense”. Sull’isola, dunque, si potrà utilizzare solo il peso convertibile, una moneta scambiata alla pari con il dollaro statunitense, ma che non ha alcun valore fuori dal territorio nazionale. Maurizio Salvi:

 

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Il lungo braccio di ferro tra l’Avana e Washington ha toccato anche il mondo delle finanze al punto che da oggi la moneta statunitense, il dollaro, non è più benvenuta nelle transazioni monetarie cubane, sostituita dal Peso convertibile. Ancora per una settimana, comunque, chi disponesse di dollari potrà cambiarli nelle banche, ma a partire dal 15 novembre ogni biglietto verde, presentato al cambio, subirà una decurtazione del 10 per cento. La nuova misura è stata disposta da Fidel Castro, in risposta all’annuncio di ulteriori restrizioni all’invio di denaro da parte dei cubani   esiliati negli Stati Uniti. La nuova star nelle transazioni a Cuba è ora il chavito, così è noto familiarmente il peso convertible, che ha lo stesso valore del dollaro ed è naturalmente riconosciuto solo nell’isola.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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In Macedonia è fallito per il mancato raggiungimento del quorum il referendum di ieri. Lo avevano proposto i nazionalisti per abrogare una legge a favore della minoranza albanese. Ha votato infatti meno del 30% del milione e 700 mila elettori.

 

Dopo il forte sisma del 23 ottobre scorso, una nuova serie di scosse ha colpito oggi il Giappone nella prefettura centro-occidentale di Niigata. Il sisma, di 5,9 gradi Richter, è stato avvertito chiaramente anche a Tokio e per 40 minuti si sono registrate altre sei sette scosse di assestamento in tutta la prefettura. Non si hanno per il momento notizie di vittime.

 

 

 

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