RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 73 - Testo della Trasmissione di sabato 13 marzo 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Russia oltre 109
milioni di persone domani al voto per eleggere il nuovo presidente
Ennesimi episodi di
violenza in Iraq, dove sono rimasti uccisi due soldati americani, e in Medio
Oriente, teatro di un nuovo raid israeliano costato la vita a due palestinesi.
13
marzo 2004
UN
SERVO FEDELE DI DIO, CHE NELLA SUA LUNGA E INTENSA ATTIVITA’ PASTORALE
HA
PROMOSSO CON IMPEGNO LA PACE E LA RICONCILIAZIONE.
CON
QUESTE PAROLE IL PAPA RICORDA IL CARDINALE AUSTRIACO FRANZ KÖNIG,
MORTO
LA SCORSA NOTTE.
I
FUNERALI SI SVOLGERANNO A VIENNA IL PROSSIMO 27 MARZO
“La sua
testimonianza per il messaggio di Cristo e il suo impegno per la pace e la
riconciliazione hanno esercitato il loro grande positivo influsso ben oltre i
confini della Sua patria”. Lo scrive Giovanni Paolo II nel telegramma per la
morte, la scorsa notte, del cardinale austriaco, Franz König, già arcivescovo
di Vienna. “Fedele al suo motto: ‘Veritatem facientes in caritate’ (Operando la
verità nella carità, n.d.r.) - si legge ancora - gli si deve, inoltre,
riconoscere il merito di costruttore di ponti verso le Chiese di tradizioni
orientali”. Ricordiamo la figura del porporato nel servizio di Barbara
Castelli.
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Con il
cardinale Franz König, morto nel sonno a quasi 99 anni, scompare una
personalità della Chiesa, un uomo di grande cultura e spiritualità. Presidente
emerito del Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non credenti, nonché
arcivescovo emerito di Vienna, il cardinale König nacque in Rabenstein, in Austria,
il 3 agosto 1905. Ordinato sacerdote ventottenne, tra il 1934 e il 1945 ha
lavorato in Austria come parroco. Dal 1945 è stato professore di religione a
Krems e dal 1948 docente di teologia morale a Salisburgo. Nel 1952 è stato
nominato vescovo a St. Pölten e nel 1956 arcivescovo di Vienna, dove è rimasto
fino al compimento dei suoi ottant’anni, nel 1985. Il cardinale König era
l’ultimo porporato creato da Giovanni XXIII, nel Concistoro del 15 dicembre
1958.
Accanto
al ministero pastorale, ha giocato un ruolo da protagonista durante il
Concilio, intervenendo più volte sul ministero episcopale, la riforma liturgica
e del diritto canonico, i compiti del laicato, la collegialità episcopale e la
mariologia. Altrettanto intensa e attiva è stata la sua presenza discreta e
continua nel dialogo con i non credenti: dalle numerose missioni e viaggi nei
diversi Paesi dell’Est europeo, alla linea d’apertura portata avanti nella sua
Diocesi, con il rinnovamento dei metodi pastorali e l’impulso dato alla
posizione privilegiata di Vienna per il dialogo con l’Est, fino al ruolo svolto
nell’ambito del Segretariato per i Non Credenti.
Ma
ascoltiamo un pensiero del cardinale König sulla pace in Europa e nel mondo.
L’intervista è stata realizzata nel 1995, in occasione del ricevimento del
premio della fondazione “Together for peace”.
“Io
sono ottimista e credo che a volte si possa mutare l’aspetto negativo in un
pensiero positivo. Io ho partecipato al Concilio Vaticano II e ne ho tratto
l’insegnamento che è necessario promuovere il dialogo tra di noi e una formazione
contraria all’egoismo, a cui siamo più o meno tutti legati. Per un cattolico
esiste, dunque, l’aspetto sia personale che sociale, e non possiamo separarli;
cosa che, invece, molti fanno. Se però consideriamo l’importanza dell’aspetto
personale e sociale insieme, potremo fare dei passi avanti. Ma dovremo avere
pazienza!”
Con la
morte del cardinale Franz König, il cui funerale si svolgerà il prossimo 27
marzo nel Duomo di Santo Stefano, a Vienna, l’Austria ha ora due cardinali, di
cui uno elettore: il cardinale Christoph Schönborn e il
cardinale Alfons Maria Stickler. Il collegio cardinalizio, invece,
è composto da 191 porporati, di cui 126 elettori e 65 non elettori.
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DI FRONTE ALLA SFIDA POSTA DALLA NON CREDENZA E DALL’INDIFFERENZA
RELIGIOSA IL PAPA INVITA I CATTOLICI A
COMPIERE UNO SCATTO INTELLETTUALE
PER COMUNICARE CON ORIGINALITA’ IL
MESSAGGIO DEL VANGELO
Occorre
entrare in dialogo con le persone, i popoli e le culture, per proporre in modo
originale il Vangelo e rispondere così alla sfida posta da chi non crede o è
indifferente alla fede. Queste le parole che il Papa ha rivolto questa mattina
in Vaticano ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la
cultura, a conclusione dei suoi lavori. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Giovanni Paolo II, di fronte al relativismo morale e
filosofico del nostro tempo, ha invitato i cattolici a procedere su due vie:
quella del dialogo e quella della proposta.
La Chiesa non deve mai rinchiudersi in se stessa: è chiamata invece ad
andare incontro ai lontani, a quanti non credono o sono indifferenti alla
dimensione religiosa. Bisogna inoltre saper “discernere i grandi cambiamenti culturali
e i loro aspetti positivi”. Il Papa parte da una duplice notazione: da un lato
oggi si assiste ad “una rottura del processo di trasmissione della fede e dei
valori cristiani”, dall’altro si registra “una ricerca di senso dei nostri
contemporanei” che manifestano il desiderio “di comprendere il senso profondo
della propria esistenza” e di “rispondere alle questioni fondamentali
dell’origine e dello scopo della vita e di camminare verso la felicità alla
quale aspirano”. Di qui il fenomeno – ricorda
il Papa – della diffusione dei nuovi movimenti religiosi in particolare in America
del Sud, Africa ed Asia.
Giovanni Paolo II esorta tutti i cattolici “a prendere in
considerazione gli interrogativi e le aspirazioni fondamentali degli uomini del
nostro tempo, per entrare in dialogo con le persone e i popoli e proporre in
modo originale e inculturato il messaggio del Vangelo e la persona di Cristo
Redentore”.
Per questo – afferma - occorre “sostenere il mondo della cultura, delle arti e delle lettere”
per contribuire “all’edificazione di una società fondata non sul materialismo,
ma sui valori spirituali”. Infatti “le espressioni culturali e artistiche non
mancano né di ricchezze né di risorse per trasmettere il messaggio cristiano”.
Il Papa chiede ai cattolici uno “scatto nel campo intellettuale al fine di proporre
delle riflessioni forti” che possano mostrare “alle giovani generazioni la
verità sull’uomo e su Dio, invitandole ad entrare in una intelligenza della
fede sempre più affinata”.
Dunque ha sottolineato l’importanza della formazione
filosofica e di un metodo razionale serio, baluardo contro le ideologie. Il
momento successivo – conclude il Papa - sarà il passaggio dalla dimensione
razionale a quella spirituale “per aprire l’uomo alla novità della Parola di Cristo”.
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NELLA LOTTA ALLA POVERTA’ UN FATTORE ESSENZIALE E’
LO SRADICAMENTO
DELLA
CORRUZIONE, CHE SVILISCE IL GIUSTO SVILUPPO SOCIALE E POLITICO
DI
TANTI POPOLI: COSI’ OGGI IL PAPA, RICEVENDO IL NUOVO AMBASCIATORE
DEL
NICARAGUA PRESSO LA SANTA SEDE, ARMANDO LUNA SILVA,
PER LA
PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI
La
lotta alla povertà e alle ingiustizie sociali sono state al centro del discorso
di Giovanni Paolo II al nuovo ambasciatore del Nicaragua presso la Santa Sede,
Armando Luna Silva, ricevuto stamani in Vaticano per la presentazione delle
lettere credenziali. Memore dei diversi viaggi apostolici compiuti nel Paese
centroamericano, in special mondo quello del 1996, il Papa ha elogiato lo
spirito “allegro e dinamico” del popolo nicaraguense, nonché il loro
attaccamento alle radici cristiane. Il servizio di Barbara Castelli.
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“Le
situazioni di estrema povertà”, in qualunque angolo del mondo, sono al primo
posto tra le ingiustizie e la loro eliminazione deve essere per tutti oggetto
di impegno continuo, “tanto a livello nazionale quanto a livello
internazionale”. Lo ha ribadito stamani Giovanni Paolo II, incontrando in Vaticano
il nuovo ambasciatore del Nicaragua presso la Santa Sede, Armando Luna Silva.
Apprezzando
gli sforzi che il Governo di Managua ha intrapreso in questo ambito, il
Pontefice ha ricordato come la povertà non possa essere considerata “un male
endemico, quanto piuttosto il risultato di una serie di fattori che vanno
affrontati con decisione ed entusiasmo, in modo da arrivare a un effettivo
miglioramento della qualità della vita dei cittadini”. Condizione essenziale
poi per il raggiungimento di “una società pacifica, giusta e solidale, che
risponda veramente alle aspirazioni dei nicaraguesi”, è “una gestione
trasparente, onesta ed edificante”. “Nella lotta alla povertà - ha detto,
infatti, il Papa - un fattore importante è lo sradicamento della corruzione,
che svilisce il giusto sviluppo sociale e politico di tanti popoli”.
Il
Nicaragua, in diversi momenti della storia, è stato messo alla prova da avversità
di varia natura. I terremoti e gli uragani, così come anni di scontri sociali e
problemi interni hanno causato “situazioni di difficoltà e povertà”:
disgregazione familiare, impossibilità di ricevere un’educazione adeguata,
problemi sanitari. Nonostante questo, tuttavia, Giovanni Paolo II ha espresso
ottimismo per il futuro del popolo nicaraguese, che ha sempre dimostrato
“laboriosità, forza morale e spirito di sacrificio”.
In
questo processo di rinascita, infine, il Papa ha ricordato il ruolo fondamentale
che deve giocare la Chiesa. “La Chiesa locale - ha sottolineato - deve
promuovere la riconciliazione e favorire lo sviluppo di una società più
democratica, affinché valori come la giustizia e la solidarietà, il rispetto
del Diritto e l’amore per la verità siano sempre presenti nella vita dei
nicaraguensi”.
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Sposato
con tre figli, l’ambasciatore Armando Luna Silva è nato a Diriamba il 26
gennaio 1929. Laureato in Diritto presso l’Università Nazionale di Leòn, ha,
inoltre, frequentato la Scuola Diplomatica a Madrid e si è specializzato in
Diritto Internazionale a Washington D.C. Tra gli incarichi ricoperti:
vice-ministro degli Affari Esteri; ambasciatore in Honduras, Uruguay, El
Salvador, Spagna e Marocco.
PER
L’EUROPA, STACCARSI DALLE RADICI CRISTIANE SIGNIFICHEREBBE UN’AUTODISTRUZIONE
SPIRITUALE: COSI’ IL PAPA, IN UN MESSAGGIO
AI
PARTECIPANTI AL QUINTO CONGRESSO
DELLE ASSOCIAZIONI CRISTIANE IN
CORSO NELLA CITTA’ POLACCA DI GNIEZNO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
“Non ci sarà l’unità dell’Europa
fino a quando essa non si fonderà nell’unità dello spirito”, fondamento dato al
Vecchio Continente dal Cristianesimo con il suo Vangelo. E’ la riflessione
offerta da Giovanni Paolo II ai partecipanti al Congresso dei movimenti
cristiani, in corso nella città polacca di Gniezno ed organizzato dal Forum di
Sant’Adalberto. In un messaggio per l’evento, letto ieri dall’arcivescovo
Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il Papa
assicura la sua vicinanza ai popoli dell’Europa, che hanno a cuore l’unità del
continente e “intendono partecipare alla sua costruzione”. All’iniziativa
ecumenica sul tema “L’Europa dello spirito” prendono parte figure di spicco dei
movimenti e comunità ecclesiali come Chiara Lubich, Kiko Argüello e Andrea
Riccardi. Ma torniamo al messaggio del Papa, con il servizio di Alessandro
Gisotti:
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L’unità dell’Europa affonda le sue radici nel
Cristianesimo, con la sua “comprensione dell’uomo e con il suo contributo allo
sviluppo della storia dei popoli e delle nazioni”. Lo ribadisce con forza
Giovanni Paolo II che avverte: occorre ripetere questa verità ad alta voce,
“specialmente oggi quando nel grembo dell’Unione Europea, che si sta allargando
si è tentati di separare il presente dalla storia, la cultura dalla tradizione
e alla fine la politica e l’economia dai valori fondamentali per l’identità
europea”. Esorta così i laici cristiani ad impegnarsi personalmente “per la
costruzione di un’unità europea di cuori e di spirito”. I padri della cultura
europea sia religiosi che laici, scrive il Santo Padre, hanno attinto dalle
“antiche fonti greche e latine della cultura e filosofia”. Tuttavia, prosegue,
“erano pienamente consapevoli che questa sapienza è superata dalla dottrina e
dall’opera salvifica di Gesù Cristo”.
La tradizione giudaico-cristiana della Verità, Bellezza e
Bontà, che nel Cristo “hanno assunto la forma del sacrificio salvifico della
Croce, ha dato origine ad una tappa di formazione dell’identità europea che
oggi non si può abbandonare senza staccarsi dalle radici che affondano nel
vivificante suolo della fede”. Staccarsene, avverte ancora il Papa,
“significherebbe un’autodistruzione spirituale”. Soffermandosi sul programma
del convegno di Gniezno, indica come sia molto significativo il “collegamento
dello sforzo intellettuale e l’impressione estetica con l’esperienza
religiosa”. Quando si parla di Europa dello spirito, “queste tre dimensioni non
possono essere mai separate”, giacché “secoli interi, intere generazioni hanno
faticato per questa armonia dei valori”. D’altro canto, afferma il Papa i
“valori spirituali originati dal Vangelo non appartengono solo al passato delle
Nazioni europee”, ma anche al presente e al futuro. E’ infatti, “una sorgente
di speranza per un avvenire migliore vissuto nell’amore fraterno”.
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OGGI POMERIGGIO IN VATICANO VEGLIA DI PREGHIERA
DEL PAPA
CON
GLI UNIVERSITARI EUROPEI SUL TEMA “CRISTO SPERANZA PER L’EUROPA”
-
Intervista con don Mirco Perletti -
In
occasione della “II Giornata europea degli universitari”, oggi pomeriggio alle
17,45 nell’aula Paolo VI in Vaticano, il Papa incontrerà i giovani per
riflettere e pregare per l’Europa. All’evento interverranno, grazie ad un
collegamento via satellite, anche gli studenti degli atenei europei dei 10 Paesi
che entreranno nell’Unione il prossimo 1 maggio. L’incontro si apre con
l’ingresso della Croce nell’Aula, seguito da testimonianze e meditazioni sul tema
“Cristo speranza per l’Europa”. Alle 18,30 la recita del santo Rosario
presieduta dal Papa che alla fine
pronuncerà un discorso. Animano la veglia
oltre 1500 coristi di università e
conservatori italiani. Sul significato di questa veglia Giovanni Peduto
ha intervistato uno degli organizzatori, don Mirco Perletti, impegnato nella
pastorale universitaria per la diocesi di Roma.
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R. – Come ormai da consolidata tradizione la veglia
mariana con gli universitari è un momento di gioia e di grazia che il Santo
Padre, Giovanni Paolo II, presiede per aiutare docenti e studenti degli atenei
a guardare a Maria ed invocarla come Sede Sapientiae, in una corale preghiera
che si immerge nel mistero di Dio, da cui proviene ogni conoscenza e a cui
dovrebbe tendere ogni ricerca, ogni sviluppo umano.
D. – Cosa chiede il Papa ai giovani europei?
R. – Il Santo Padre, prendendo spunto dall’immagine delle
cattedrali europee che testimoniano la fede cristiana visibile, anche se
silenziosa, chiede ai giovani che sappiano gridare con la vita la loro speranza
e la loro fede in Cristo redentore dell’uomo.
D. – Ma i giovani del continente hanno ancora sete di
Cristo?
R. – I giovani europei hanno sete di Cristo, perché
cercano la verità e la felicità. E se si propongono a loro itinerari o cammini
forti, che li aiutino a vivere l’amore con la ‘a’ maiuscola, sono capaci di
grandi gesti e non si tirano mai indietro.
D. – Quale messaggio ha inteso lanciare Giovanni Paolo II
con la sua esortazione apostolica Ecclesia in Europa?
R. – Riannunciare il Verbo della vita, la speranza che la
fede cristiana porta come ricchezza per il bene del continente, la capacità di
comunione e collaborazione, così importanti nella composizione di un popolo
fatto di tanti popoli.
D. – Cosa possono fare insieme cattolici, protestanti e
ortodossi per il continente europeo?
R. – Penso molto. Fare passi più incisivi in tutti quei
valori che nutrono uno sviluppo positivo per l’uomo e dell’uomo e un servizio
all’uomo, che oggi fa fatica a vivere con la sua dignità, che si sente solo,
che si sente smarrito o senza prospettive.
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La Radio Vaticana trasmetterà la veglia del Papa con gli
universitari in radiocronaca diretta a partire dalle 17,40 con commento in
italiano sull’onda media di 585 kHz e modulazione di frequenza di 105 MHz.
ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Nel
corso della mattina il Papa ha ricevuto anche il card. Giovanni Battista Re,
prefetto della Congregazione per i vescovi, mons. Ivo Scapolo, nunzio apostolico
in Bolivia e mons. Józef Mirosław Żyċiński, arcivescovo di
Lublin (Polonia).
Sempre oggi il Santo Padre ha nominato il card. Achille
Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, suo
inviato speciale alla ricorrenza del 4° centenario dell'arrivo in Lituania del
Breve Quae ad sanctorum, di Papa
Clemente VIII, che autorizzava la celebrazione della Festa di San Casimiro in
Polonia ed in Lituania. Le festività avranno luogo a Vilnius (Lituania) il 9 maggio
2004.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“I popoli europei uniti contro il terrorismo”: in tutto il Continente la
società civile si affianca a milioni di persone scese in piazza in Spagna per
dire “no” all’orrore.
Sempre in prima, un articolo di
riflessione dal titolo “Patricia, la figlia straziata dell’intera umanità”: la
neonata polacca - morta alle 14 di ieri - dopo che per trenta ore il suo piccolo
cuore ha continuato a battere in una lotta divenuta alla fine per lei impari.
Nelle vaticane, nel discorso al
nuovo ambasciatore di Nicaragua, il Pontefice ha auspicato che la giustizia e
la solidarietà, il rispetto del diritto e l’amore per la verità siano sempre
più presenti nella vita dei nicaraguensi.
Nel discorso all’Assemblea
plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, il Papa ha ribadito l’esigenza
di fondare la società sui valori morali e spirituali.
La dettagliata biografia del
compianto cardinale König. Il telegramma di cordoglio del Santo Padre.
Nelle estere, la Grecia chiede
alla Nato assistenza per i Giochi olimpici di Atene.
Nella pagina culturale, una
valutazione critica di Marco Testi sul romanzo di John Michael Coetzee dal
titolo “Elisabeth Costello”.
Nelle pagine italiane, il tema
del terrorismo: più controlli, ma nessuna misura eccezionale.
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13
marzo 2004
DOPO IL DOLORE E LO SBIGOTTIMENTO PER LA TRAGEDIA
DI MADRID,
DOPO IL FERMO NO ESPRESSO IERI DA 11 MILIONI DI
PERSONE SCESE IN PIAZZA,
OGGI UNA GIORNATA DI SILENZIOSA SOFFERENZA PER LA
SPAGNA,
ALLA VIGILIA DEL VOTO LEGISLATIVO
- A cura di Fausta Speranza -
Dopo lo sbigottimento e l’orrore dell’11 marzo, dopo il
fermo no a qualsiasi strategia del terrore espresso da circa 11 milioni di
persone scese in piazza ieri, la
giornata di oggi per la Spagna è una giornata difficile, di silenzio e di
riflessione e anche di vigilia per il voto legislativo di domani. Di nuovo,
dolore e vicinanza alle vittime sono stati espressi dal Papa all’arcivescovo di
Madrid, mons. Antonio M. Rouco Varela, in una telefonata che ha raggiunto il
presule sul telefono portatile mentre si trovava all’ospedale di La Princesa.
Il Papa si è detto commosso e ha rinnovato la sua preghiera.
Le stragi di giovedì sui treni
di Madrid non hanno ancora un colpevole, né un bilancio definitivo. Quello
attuale è arrivato a 200 morti, ma sono gravi le condizioni di oltre 150 dei
288 feriti ricoverati in ospedale. Intanto, l’Eta ha smentito ogni
coinvolgimento e sembra sia stato trovato materiale riconducibile a Al Qaeda.
Ufficialmente il premier Aznar non esclude nessuna ipotesi, mentre l’erede
designato del partito popolare, Rajoy, afferma di avere la convinzione morale
che siano stati i separatisti. E’ stato unanime l’appello delle forze politiche
a restare uniti. Il leader socialista, Zapatero, ha sottolineato la necessità
di una sola comune strategia da parte del Paese. E l’unità non è di certo
mancata alla popolazione civile che ha dato prova eloquente di dignitosa,
dolorosa compattezza. Ascoltiamo come vive la giornata di oggi, nel
collegamento da Madrid con il nostro inviato Giancarlo la Vella:
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E’ una città
che porta ancora visibili i segni della profonda ferita subita. Dalla stazione
Atocha al viale del Prado o a Plaza Colon, teatro ieri della grande
manifestazione con la presenza del premier Aznar, di parte della famiglia reale
e di numerosi leader europei, ogni persona, ogni monumento, ogni esercizio
commerciale, porta il segno del lutto oppure un biglietto con una frase di
solidarietà nei confronti delle vittime. Numerosissime le bandiere nazionali
gialle e rosse esposte listate di nero. E sono ancora visibili gli striscioni
che campeggiano su tutto il percorso e
che, più o meno duramente, dicono ‘no’ al terrorismo da qualsiasi parte
provenga. Tra i più toccanti, un cartello su cui è scritto “Patrizia aveva solo
sette mesi”, in riferimento ad una delle più giovani vittime degli attentati.
Tutta Madrid, insomma, vuole rimanere vicino ai suoi
morti. Ne è un esempio la piazza della stazione Atocha, uno degli snodi
ferroviari colpiti dagli attentati, che fino a pochi giorni fa era crocevia di
lavoratori, di uomini, donne, pendolari, studenti e turisti e che oggi è quasi
un sacrario, meta di pellegrinaggi. Un padre mostra a chiunque piangendo la
foto del figlio sorridente, vittima della violenza.
Domani saranno in 34 milioni gli spagnoli che dovranno recarsi
alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. Sia che si confermi il
centro-destra di Rajoy, delfino di Aznar, sia che vi sia un’avanzata dei
socialisti di Zapatero, il Paese vuole oggi una sola cosa: cancellare il
terrorismo e vivere nella pace.
Da Madrid, Giancarlo La Vella, Radio Vaticana.
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Circa
mille persone hanno partecipato oggi alla messa funebre celebrata dal vescovo
di Alcalà de Heneras, mons. Jesus Català, per alcune delle vittime, ne
palazzetto dello sport della località da dove sono partiti tre dei quattro
treni colpiti. Su quei treni di periferia, c’erano numerosi stranieri e tra i
morti almeno 19 rappresentano dodici nazionalità diverse, immigrati della
Madrid multietnica.
In
ogni caso, la tragedia che ha colpito al cuore l’intera Europa è storia di un
mondo ormai globale. E globale, infatti, è la cooperazione invocata dagli Stati
per far fronte agli allarmi terroristici. Si chiede un continuo scambio tra
organi informativi e di polizia. Ma su che cosa, ad altri livelli, si deve
puntare non solo per sventare i singoli attentati ma per sconfiggere la matrice
terroristica? Fausta Speranza lo ha chiesto al prof. Luigi Bonanate, docente di
relazioni internazionali all’Università di Torino.
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R. – Le forze dell’ordine sostanzialmente
possono intervenire dopo. Reprimere è estremamente difficile. La prevenzione è
un fatto, in generale, politico. E’ una politica diversa che dobbiamo fare:
dobbiamo far capire al mondo che la discussione politica non si fa con le
bombe, non si fa con gli attentati ma discutendo e più che altro considerando i
risultati della discussione.
D. – Il primo problema per il
terrorismo è discutere con chi perché non c’è un interlocutore visibile …
R. – E’ perfettamente vero, ma
il fatto è che i terroristi, a loro volta, non sanno chi siano i loro
interlocutori visibili. Noi, Occidente, in certi momenti siamo una grande
coalizione. Ai tempi di Kennedy eravamo tutti berlinesi, l’11 settembre siamo
stati tutti newyorkese, l’altro ieri eravamo tutti madrileni, ma questa può
essere solo retorica. Se noi continuiamo a pensare che la politica
internazionale, che oggi è in realtà la politica di tutti gli Stati, sia una
cosa di cui ci si occupa solo ogni tanto, tra un affare e l’altro, temo che
siamo destinati a farci dire dai terroristi: ma dove siete. Non riusciamo
neanche a sapere chi sono gli interlocutori. Dobbiamo fare attenzione. Se noi
vogliamo capire chi sono i terroristi, dobbiamo far capire loro chi siamo noi e
quanto siamo chiari, limpidi, solidi e sicuri di noi stessi, e democratici.
D. – Dobbiamo dire una parola
sulla mobilitazione della gente. E’ stata imponen-te la risposta.
R. – Straordinaria. La gente è
la grande risorsa. Abbiamo appena passato l’ann-iversario delle grandi
manifestazioni per la pace un anno fa, a febbraio del 2003. Abbiamo visto in
piazza civilmente, e per fortuna allora non sotto l’impatto di una tragedia
come quella di Madrid, milioni e milioni di persone manifestare per la pace.
Non dimentichiamo che l’opinione pubblica è il sangue della democrazia, è ciò
che consente alla democrazia di vivere, perché senza l’opinione pubblica si
cade comunque in una oligarchia. Ebbene, se ascoltassimo di più l’opinione
pubblica, forse avremmo un po’ di terrorismo in meno e, di sicuro, meno guerre.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 14 marzo, III domenica di Quaresima,
la liturgia ci propone un brano molto forte del Vangelo laddove Gesù, interrogato su due fatti di sangue
della sua epoca che videro la morte di numerose persone, risponde: “Se non vi
convertite, perirete tutti allo stesso modo”.
Su queste parole ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Fa riferimento ad un incidente e ad un atto di violenza:
dunque, due fatti di cronaca. La gente ne parla e cerca di darne
un’interpretazione. Vogliono soprattutto sapere che male abbiano mai fatto
quelli per morire così. Ma Cristo sposta l’attenzione, chiamando in causa la
conversione. Accadono terremoti, guerre, stragi terroristiche e Cristo ci dice
di essere attenti per vedere come tutto questo possa diventare per noi motivo
di un più profondo, più radicale orientamento verso Dio. Lo sguardo spirituale
cerca di vedere come i fatti di ogni giorno incidano sul rapporto tra me e Dio.
Ciò che succede, diventa spirituale quando ci unisce a Cristo. La vita con Lui
è la salvezza per l’uomo.
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13
marzo 2004
IL RUOLO DELLA PARROCCHIA PER LE
NUOVE GENERAZIONI IN PRIMO PIANO ALL’ASSEMBLEA DEL FORUM DEGLI ORATORI
ITALIANI, OGGI E DOMANI A ROMA
ROMA.
= Il Forum degli oratori italiani (Foi) si riunisce in assemblea a Roma oggi e
domani, concentrandosi sul tema del rinnovamento dell’identità delle
parrocchie. “L’oratorio è un cantiere che pone in primo piano il crescere dei
giovani – spiega al quotidiano Avvenire, don Massimiliano Sabbadini, presidente
del Foi – una dimensione che richiede un costante impegno nella ricerca di
nuove soluzioni”. Dietro a questi luoghi di aggregazione si trova spesso una
comunità parrocchiale, che “se davvero sa rinnovarsi – sottolinea Sabbadini –
tiene alto il progetto educativo umano e spirituale offerto alle nuove generazioni”.
Il rapporto con la parrocchia sarà dunque il tema della tavola rotonda che aprirà
l’assemblea dei membri del Forum degli oratori. Nell’assise si discuterà, oltre
al progetto di un “Meeting degli oratori”, anche dei materiali da proporre per
l’iniziativa “26 maggio: oggi oratorio” giorno della festa di san Filippo Neri,
ispiratore di tutti gli oratori. Domenica mattina, infine, l’assemblea del
Forum si concluderà con la relazione di monsignor Domenico Sigalini,
viceassistente generale dell’Azione cattolica, sul tema “La parrocchia: Chiesa
che vive tra le case degli uomini”. L’assemblea odierna è la quarta dalla
nascita del Foi, avvenuta nel settembre 2001, che ha dato voce alla volontà
della Cei di creare un organismo capace di dare vita a spazi di condivisione
tra gli oratori italiani. Il Forum riunisce oltre una trentina di
associazioni e organizzazioni. Tra i membri ci sono diverse congregazioni
religiose come i salesiani, le Figlie di Maria ausiliatrice, i filippini, gli
orionini, i giuseppini e l’Azione
Cattolica. Fra le attività realizzate dal Foi c’è anche l’avvio di una mappatura
degli oratori sul territorio nazionale. In Italia sono oltre 6 mila gli
oratori: ben 3 mila si trovano in Lombardia. (A.G.)
PRESENTATO ALL’UNIVERSITA’ LUMSA
DI ROMA UN VOLUME SU SAN PIO X,
CHE METTE IN LUCE L’IMPEGNO
RIFORMATORE DI PAPA SARTO.
“IL SUO PONTIFICATO – HA DETTO IL
CARDINALE SILVESTRINI,
INTERVENUTO ALLA PRESENTAZIONE –
HA TRAGHETTATO LA CHIESA DA UN
TEMPO ALL’ALTRO”
ROMA.=
Un volume per scoprire un aspetto inedito del Pontefice elevato agli onori
degli altari nel 1954. E’ questo l’obiettivo di una raccolta di atti del
convegno internazionale su San Pio X, tenutosi a Treviso nel 2000. Papa Giuseppe
Sarto - Vescovo di Roma dal 1903 al 1914 - fu prima di tutto un “Papa parroco,
una figura buona, paterna”, secondo il cardinale Achille Silvestrini
intervenuto alla presentazione del volume presso l'Università Lumsa. Articolato
in quattro parti, il libro – curato del prof. Gianni La Bella – punta soprattutto
a mettere in luce il lato riformatore del Pontefice cui è dedicata tutta la
seconda parte. La prima: “Il Papa pastore”, la terza “Pio X e il sistema delle
potenze” e l'ultima “Pio X e il mondo moderno” aiutano a ricostruire il
contesto storico-sociale e il clima ideologico emergente in cui il Papa operò
le proprie scelte. “La sua preoccupazione è la ricostruzione cristiana,
riportare l'Italia, l'Europa, l'umanità al cristianesimo insidiato dalle
ideologie del progresso e del positivismo”, ha rilevato il cardinal
Silvestrini. E’ sotto il suo Pontificato che avviene l’ammorbidimento del non expedit e che “si prepara la conciliazione”
e il superamento della questione romana. Tra le riforme intraprese da Papa
Sarto: la riorganizzazione della Curia romana, la codificazione del diritto
canonico, la riforma del breviario e dei seminari. E, ancora, l’introduzione
del canto gregoriano, la promozione di congressi eucaristici internazionali, i
decreti eucaristici con cui si invitavano i fedeli a partecipare alla comunione
in modo più frequente e se ne estendeva il diritto anche ai bambini di 7-8
anni, la promozione della intercomunione per i fedeli di riti cattolici diversi
come quello orientale e latino. “Non si può farne la bandiera
dell'intransigenza - ha avvertito il cardinale Silvestrini - il suo pontificato
ha traghettato la Chiesa da un tempo all’altro”. (A.G.)
L’AIWA, ASSOCIAZIONE DELLE DONNE
ARABE ED ITALIANE, ASSIEME AL COMUNE DI ROMA PROMUOVE UN CONCERTO IN MEMORIA
DEI CADUTI ITALIANI DI NASSIRIYA.
I PROVENTI DELL’EVENTO MUSICALE,
CHE SI TERRA’ ALL’AUDITORIUM PIO
IL PROSSIMO 17 MARZO, SARANNO DEVOLUTI ALL’OSPEDALE PEDIATRICO
DELLA CITTA’ IRACHENA
ROMA.= “La guerra è un danno per tutti, per chi la subisce
e chi la fa, gli italiani sono lì per dimostrare che anche gli uomini in armi
sono utili per pacificare i popoli”. E’ quanto affermato dal vice sindaco di
Roma, Maria Pia Garavaglia, presentando una iniziativa benefica
dell’associazione Aiwa, Arab and italian women association. Si tratta di
un concerto in memoria dei caduti di Nassiriya i cui fondi saranno devoluti
all'ospedale pediatrico della città irachena. Il concerto, della cantante
libanese Jahida Wehbè, si svolgerà mercoledì 17 marzo alle ore 21 all'Auditorium
Pio di via della Conciliazione. Nell'ambito delle proprie attività, Aiwa ha
deciso di onorare i giovani delle forze armate - 12 carabinieri, cinque soldati
dell'esercito e due civili - morti l'11 novembre scorso a Nassiriya e di
cogliere questa occasione anche per portare sollievo ai bambini ricoverati
nell'ospedale pediatrico. “I piccoli in quella struttura - ha detto il
presidente di Aiwa - Yasmine Reguieg - hanno bisogno di tutto, dai medicinali
agli indumenti, dai letti alle coperte, al personale medico e di assistenza; ci
è sembrato che fosse nello spirito della nostra associazione che è quello di
avvicinare culture diverse anziché allontanarle unire la commemorazione dei
caduti italiani di Nassiriya alle esigenze dei bambini iracheni”. Durante la
serata - realizzata con il patrocinio del ministero degli Interni, del Comune e
della Provincia di Roma e della Regione Lazio - l'attrice Paola Pitagora
reciterà una poesia della poetessa algerina Ilham Mestaghanemi, che avrà come
tema la pace e l’unione tra i popoli. (A.G.)
ALLARME
MINE ANTIUOMO PER DUE MILIONI DI ETIOPI:
E’ LA DENUNCIA DI
UN’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA NORVEGESE,
CHE CHIEDE ALLA COMUNITA’
INTERNAZIONALE DI AIUTARE IL PAESE AFRICANO
NELLE OPERAZIONI DI SMINAMENTO
DEGLI ORDIGNI INESPLOSI
ADDIS ABEBA. = Due milioni di persone in Etiopia
rischiano di saltare su mine inesplose, che ancora pullulano in Etiopia, in
particolare nelle aree limitrofe ai confini con l'Eritrea e con la Somalia, due
Paesi con cui l’Etiopia ha recentemente combattuto sanguinosi conflitti. E’
quanto emerge da una ricerca effettuata da un’organizzazione non governativa
norvegese, la Norwegian People’s Aid. Secondo lo studio, nel Paese africano
esistono ancora 2 milioni di mine antipersona di oltre 30 tipi diversi, rimaste
dai conflitti che negli ultimi 70 anni hanno attraversato il Corno d’Africa, a
cominciare dalla colonizzazione italiana del 1935. Le regioni con la maggior
presenza di mine e ordigni bellici inesplosi sono il Tigray, l’Afar – entrambe
nella parte settentrionale dell’Etiopia al confine con l’Eritrea – e la regione
del Somali, conosciuta anche come Ogaden, al confine orientale con la Somalia.
Si stima che decine di migliaia di mine rimasero sul campo in seguito al
conflitto con l’Eritrea del 1998-2000, e altrettante durante l’invasione somala
dell’Ogaden nel 1977. Il governo di Addis Abeba ritiene che ci vorranno almeno
altri venti anni con aiuti internazionali per ripulire il territorio da tutti
gli ordigni esplosivi. In Etiopia, negli ultimi due anni sono morte o rimaste
ferite a causa delle mine 1295 persone, e quasi seimila hanno sofferto
un’amputazione a causa dell’esplosione di residuati bellici. (A.G.)
sbloccare
la situazione dei rifugiati bhutanesi in nepal,
consentendone
il rientro in patria sotto il diretto controllo dell’onu.
lo
chiedono a gran voce dodici organizzazioni non governative,
tra cui
il jesuit refugee service
KATMANDU.=
Sono ormai più di dieci anni che la comunità di rifugiati bhutanesi in Nepal
cerca senza successo di essere riammessa in Patria. La situazione delle 100
mila persone emigrate negli anni ‘90 per sfuggire alle persecuzioni etniche si
sta facendo sempre più pressante. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per
i Rifugiati (Acnur) ha infatti annunciato l’intenzione di ritirare la propria
missione entro il 2005, rendendo ancora più urgente una soluzione della
vicenda. Non ci sono però progressi nei colloqui tra Nepal e Bhutan, sospesi in
seguito a scontri avvenuti durante una visita della commissione nepalo-bhutanese
nel campo di Khundunabari. Per sbloccare questa situazione di stallo, dodici
organizzazioni non governative, tra le quali il Jesuit Refugee Service e
Amnesty International, hanno lanciato un appello alla comunità
internazionale per il rimpatrio degli emigrati bhutanesi sotto il diretto
controllo dell’Acnur. (P.C.)
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13
marzo 2004
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Domani in Russia oltre 109 milioni di elettori si recheranno
alle urne per eleggere il nuovo presidente. Un voto che vede un vincitore
annunciato, il presidente in carica, Vladimir Putin. Il servizio di Giuseppe
D’Amato:
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Sono sei i candidati in lizza
per le presidenziali, ma è meglio dire che sono cinque gli invitati alla
vittoria scontata di Vladimir Putin. L’unico dubbio riguarda l’affluenza alle
urne: se sarà inferiore al 50 per cento degli aventi diritto, la consultazione
verrà invalidata. Ecco perché nelle ultime ore si succedono gli inviti ad
andare a votare. Ha iniziato il presidente uscente, hanno poi continuato il
Patriarca di Mosca Alessio II, il capo muftì Nurdin, il sindaco della capitale.
Bisogna battere l’apatia e l’astensionismo. Sono circa 94 mila i seggi
elettorali disposti su 11 fusi orari per 109 milioni di elettori. Domenica alle
21, ora di Mosca, i primi risultati. Secondo gli ultimi sondaggi, Putin dovrebbe
vincere le presidenziali al primo turno con il 70-80 per cento delle
preferenze, mentre gli sfidanti otterrebbero una cocente delusione, spartendosi
le briciole.
Per la Radio Vaticana,
Giuseppe D’Amato.
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Elezioni in Russia, dunque,
dall’esito apparentemente scontato. L’attuale favoritissimo presidente Vladimir
Putin non ha partecipato alla campagna elettorale e gli altri 5 candidati non
sembrano poter assumere un ruolo diverso da quello di comparse. Ma qual è la situazione
socioeconomica della Russia alla vigilia del voto? Risponde l’inviato di
Avvenire, Luigi Geninazzi, raggiunto telefonicamente a Mosca da Amedeo
Lomonaco:
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R. – Certamente con Putin la
Russia è uscita dal caos degli anni di Eltsin: l’economia è stabile soprattutto
per i proventi del petrolio ma questo non vuol dire che la produzione sia
ripresa. La situazione sociale è migliorata, anche se esistono grossi divari:
c’è ancora un russo su quattro che vive al di sotto della soglia di povertà.
D. – Le elezioni di domani
fanno apparire scontata la vittoria di Putin: ma chi è per i russi Vladimir Putin?
R. – Putin ha sempre goduto di
una grande popolarità, perché è stato visto come l’uomo che ha portato
stabilità e ha ridato anche un certo orgoglio alla nazione russa, dopo il
crollo dell’Unione Sovietica e gli anni abbastanza tormentati della gestione
Eltsin. I russi lo appoggiano anche se non c’è un grande entusiasmo. Si
aspettano ancora qualcosa di buono dai prossimi anni, ma i grossi problemi, da
quello economico a quello della Cecenia, non sono stati risolti!
D. – A proposito della
Cecenia, come viene vissuta in Russia la questione della Repubblica caucasica?
R. – Negli ultimi anni,
soprattutto da quando nell’ottobre del 2002 c’è stato il tragico fatto del
Teatro Dubrovska con tanti ostaggi uccisi, i russi hanno alimentato un meccanismo
di identificazione tra il ceceno, il caucasico ed il terrorista. Questo,
ovviamente, significa che il potere ha buon gioco nel sottolineare il pericolo
che viene dal terrorismo ceceno in combutta con il terrorismo islamico internazionale.
D. – Quali sono state le
reazioni in Russia, Paese colpito frequentemente dall’emergenza terrorismo,
all’indomani dei tragici attentati in Spagna?
R. – A livello ufficiale, ci
sono state ovviamente partecipazione, dolore per la tragedia della Spagna, con
il solito richiamo alla lotta che deve vedere tutti uniti contro il terrorismo.
Dal punto di vista sociale, i russi di fronte al terrorismo hanno un
atteggiamento di una certa apatia. Basti fare un paragone: se ieri in Spagna,
contro il terribile attentato di tre giorni fa, sono scesi in piazza in 11
milioni, in Russia nessuno si è mosso dopo la tragedia della Dubrovska o dopo
altri attentati!
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Due soldati morti, cinque
feriti, tutti in gravi condizioni. E’ questo il drammatico bilancio
dell’attacco dinamitardo che stamani ha colpito, in Iraq, una pattuglia
americana in servizio a Tikrit, città natale di Saddam Hussein. Un’ennesima,
violentissima deflagrazione ha inoltre interessato, poco fa, il centro di
Baghdad. Al momento non si hanno ulteriori informazioni su questo nuovo
episodio di violenza. La tensione è alta anche a Najaf, dove è stato sventato
un attentato, e a Mossul, teatro di una manifestazione di centinaia di studenti
sciiti contro la nuova Costituzione provvisoria approvata lunedì scorso.
Notizie preoccupanti anche dal
Medio Oriente. Due palestinesi sono stati uccisi questa mattina da militari
israeliani vicino a Karni, località di confine tra Israele e la Striscia di
Gaza. Sul fronte politico, c’è attesa per l’incontro di domani tra i rappresentanti
dei due governi: dal suo esito dipende lo svolgimento di un possibile Vertice a
due tra Sharon ed Abu Ala, in programma la prossima settimana.
Ad Haiti il neo primo
ministro, Gérard Latortue, ha insistito sulla riconciliazione nazionale, pur
precisando che i crimini ed i delitti non resteranno impuniti. La situazione
del Paese continua, intanto, ad essere tesa: almeno 36 tra imprenditori e
uomini di affari della Repubblica Dominicana sono stati catturati e presi in
ostaggio ieri da un gruppo di ribelli haitiani. E’ inoltre slittata a venerdì
prossimo la presentazione del nuovo esecutivo, mentre il governo cileno ha
smentito di aver preso in considerazione la possibilità di concedere asilo
politico all’ex presidente, Jean Bertrand Aristide. Dalla Repubblica
Centrafricana, il deposto capo di Stato ha annunciato l’intenzione di recarsi
con la famiglia in Giamaica.
Il Consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica (Aiea) ha oggi approvato una risoluzione di condanna verso l’Iran,
ritenuto responsabile di non aver illustrato in modo trasparente il proprio
programma nucleare. Il provvedimento per ora non prevede il ricorso al Consiglio
di sicurezza in vista di eventuali sanzioni.
In Corea del Sud tutti i
quotidiani nazionali e oltre il 70 per cento dell’elettorato hanno criticato
aspramente il Parlamento che ha votato ieri la messa in stato d’accusa del
presidente Roh Moo Hyun, accusato di aver violato la legge elettorale parlando
in favore di un partito governativo prima delle elezioni del 15 aprile
prossimo.
Dopo le stragi di Madrid,
cresce la preoccupazione in Grecia per le prossime olimpiadi. Il governo di
Atene ha annunciato di “aver chiesto formalmente il contributo della Nato per
la sicurezza dei Giochi”. Riguarderà il controllo dello spazio aereo, il
pattugliamento marittimo e la protezione contro attacchi nucleari, biologici
o chimici.
Nell’est della Bosnia si è
riaperta la caccia a Radovan Karadzic, ricercato numero uno per i crimini di
guerra nella ex Jugoslavia. La polizia è impegnata dall’alba in un’operazione
su vasta scala nella regione di Bratunac, dove lo psichiatra ultranazionalista
si sarebbe spostato nel tentativo di attraversare la frontiera con la Serbia.
Negli ultimi otto anni, Karadzic è sfuggito più volte alle forze della Nato.
Arrestato in Polonia il boss
della camorra Francesco Schiamone. Era latitante dal 2002 e figurava
nell’elenco dei ricercati più pericolosi. Schiamone è stato arrestato nella
città di Krosmo da agenti italiani e poliziotti polacchi.
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