RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 73 - Testo della Trasmissione di sabato 13 marzo 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Un servo fedele di Dio, che nella sua lunga e intensa attività pastorale ha promosso con impegno la pace e la riconciliazione. Con queste parole il Papa ricorda il cardinale austriaco Franz König, morto la scorsa notte. I funerali si svolgeranno a Vienna il prossimo 27 marzo

 

Di Fronte alla sfida posta dalla non credenza e dall’indifferenza religiosa il Papa invita i cattolici  a compiere uno scatto intellettuale per comunicare con originalità il messaggio del Vangelo

 

Nella lotta alla povertà un fattore essenziale è lo sradicamento della corruzione: così oggi il Papa, ricevendo il nuovo ambasciatore del Nicaragua presso la Santa Sede, Armando Luna Silva, per la presentazione delle lettere credenziali

 

Per l’Europa, staccarsi dalle radici cristiane significherebbe un’autodistruzione spirituale: così il Papa, in un messaggio ai partecipanti al quinto Congresso delle associazioni cristiane in corso nella città polacca di Gniezno

 

Oggi pomeriggio in Vaticano veglia di preghiera del Papa con gli universitari europei sul tema “Cristo speranza per l’Europa”: intervista con don Mirco Perletti

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

200 i morti per la tragedia di Madrid ma nessuna certezza sui responsabili. Dopo il ‘no’ al terrorismo espresso ieri da 11 milioni di persone scese in piazza, oggi una giornata di silenziosa sofferenza per la Spagna, alla vigilia del voto legislativo: ce ne parla Luigi Bonanate

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il ruolo della parrocchia per le nuove generazioni in primo piano all’Assemblea del Forum degli oratori italiani, oggi e domani a Roma

 

Presentato all’Università Lumsa di Roma un volume su San Pio X, che mette in luce l’impegno riformatore di Papa Sarto

 

L’Aiwa, associazione delle donne arabe ed italiane, assieme al comune di Roma promuove un concerto in memoria dei caduti italiani di Nassiriya

 

Allarme mine antiuomo per due milioni di etiopi: è la denuncia di un’organizzazione umanitaria norvegese

 

Sbloccare la situazione dei rifugiati bhutanesi in Nepal, consentendone il rientro in patria sotto il diretto controllo dell’Onu. Lo chiedono a gran voce 12 organizzazioni non governative, tra cui il Jesuit Refugee Service

 

24 ORE NEL MONDO:

In Russia oltre 109 milioni di persone domani al voto per eleggere il nuovo presidente

 

Ennesimi episodi di violenza in Iraq, dove sono rimasti uccisi due soldati americani, e in Medio Oriente, teatro di un nuovo raid israeliano costato la vita a due palestinesi.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 marzo 2004

 

 

UN SERVO FEDELE DI DIO, CHE NELLA SUA LUNGA E INTENSA ATTIVITA’ PASTORALE

HA PROMOSSO CON IMPEGNO LA PACE E LA RICONCILIAZIONE.

CON QUESTE PAROLE IL PAPA RICORDA IL CARDINALE AUSTRIACO FRANZ KÖNIG,

MORTO LA SCORSA NOTTE.

I FUNERALI SI SVOLGERANNO A VIENNA IL PROSSIMO 27 MARZO

 

“La sua testimonianza per il messaggio di Cristo e il suo impegno per la pace e la riconciliazione hanno esercitato il loro grande positivo influsso ben oltre i confini della Sua patria”. Lo scrive Giovanni Paolo II nel telegramma per la morte, la scorsa notte, del cardinale austriaco, Franz König, già arcivescovo di Vienna. “Fedele al suo motto: ‘Veritatem facientes in caritate’ (Operando la verità nella carità, n.d.r.) - si legge ancora - gli si deve, inoltre, riconoscere il merito di costruttore di ponti verso le Chiese di tradizioni orientali”. Ricordiamo la figura del porporato nel servizio di Barbara Castelli.

 

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Con il cardinale Franz König, morto nel sonno a quasi 99 anni, scompare una personalità della Chiesa, un uomo di grande cultura e spiritualità. Presidente emerito del Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non credenti, nonché arcivescovo emerito di Vienna, il cardinale König nacque in Rabenstein, in Austria, il 3 agosto 1905. Ordinato sacerdote ventottenne, tra il 1934 e il 1945 ha lavorato in Austria come parroco. Dal 1945 è stato professore di religione a Krems e dal 1948 docente di teologia morale a Salisburgo. Nel 1952 è stato nominato vescovo a St. Pölten e nel 1956 arcivescovo di Vienna, dove è rimasto fino al compimento dei suoi ottant’anni, nel 1985. Il cardinale König era l’ultimo porporato creato da Giovanni XXIII, nel Concistoro del 15 dicembre 1958.

 

Accanto al ministero pastorale, ha giocato un ruolo da protagonista durante il Concilio, intervenendo più volte sul ministero episcopale, la riforma liturgica e del diritto canonico, i compiti del laicato, la collegialità episcopale e la mariologia. Altrettanto intensa e attiva è stata la sua presenza discreta e continua nel dialogo con i non credenti: dalle numerose missioni e viaggi nei diversi Paesi dell’Est europeo, alla linea d’apertura portata avanti nella sua Diocesi, con il rinnovamento dei metodi pastorali e l’impulso dato alla posizione privilegiata di Vienna per il dialogo con l’Est, fino al ruolo svolto nell’ambito del Segretariato per i Non Credenti.

 

Ma ascoltiamo un pensiero del cardinale König sulla pace in Europa e nel mondo. L’intervista è stata realizzata nel 1995, in occasione del ricevimento del premio della fondazione “Together for peace”. 

 

“Io sono ottimista e credo che a volte si possa mutare l’aspetto negativo in un pensiero positivo. Io ho partecipato al Concilio Vaticano II e ne ho tratto l’insegnamento che è necessario promuovere il dialogo tra di noi e una formazione contraria all’egoismo, a cui siamo più o meno tutti legati. Per un cattolico esiste, dunque, l’aspetto sia personale che sociale, e non possiamo separarli; cosa che, invece, molti fanno. Se però consideriamo l’importanza dell’aspetto personale e sociale insieme, potremo fare dei passi avanti. Ma dovremo avere pazienza!”

 

Con la morte del cardinale Franz König, il cui funerale si svolgerà il prossimo 27 marzo nel Duomo di Santo Stefano, a Vienna, l’Austria ha ora due cardinali, di cui uno elettore: il cardinale Christoph Schönborn e il cardinale Alfons Maria Stickler. Il collegio cardinalizio, invece, è composto da 191 porporati, di cui 126 elettori e 65 non elettori.

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DI FRONTE ALLA SFIDA POSTA DALLA NON CREDENZA E DALL’INDIFFERENZA RELIGIOSA IL PAPA INVITA I CATTOLICI  A COMPIERE UNO SCATTO INTELLETTUALE

PER COMUNICARE CON ORIGINALITA’ IL MESSAGGIO DEL VANGELO

 

Occorre entrare in dialogo con le persone, i popoli e le culture, per proporre in modo originale il Vangelo e rispondere così alla sfida posta da chi non crede o è indifferente alla fede. Queste le parole che il Papa ha rivolto questa mattina in Vaticano ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la cultura, a conclusione dei suoi lavori. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Giovanni Paolo II, di fronte al relativismo morale e filosofico del nostro tempo, ha invitato i cattolici a procedere su due vie: quella del dialogo e quella della proposta.  La Chiesa non deve mai rinchiudersi in se stessa: è chiamata invece ad andare incontro ai lontani, a quanti non credono o sono indifferenti alla dimensione religiosa. Bisogna inoltre saper “discernere i grandi cambiamenti culturali e i loro aspetti positivi”. Il Papa parte da una duplice notazione: da un lato oggi si assiste ad “una rottura del processo di trasmissione della fede e dei valori cristiani”, dall’altro si registra “una ricerca di senso dei nostri contemporanei” che manifestano il desiderio “di comprendere il senso profondo della propria esistenza” e di “rispondere alle questioni fondamentali dell’origine e dello scopo della vita e di camminare verso la felicità alla quale aspirano”.  Di qui il fenomeno – ricorda il Papa – della diffusione dei nuovi movimenti religiosi in particolare in America del Sud, Africa ed Asia.

 

Giovanni Paolo II esorta tutti i cattolici “a prendere in considerazione gli interrogativi e le aspirazioni fondamentali degli uomini del nostro tempo, per entrare in dialogo con le persone e i popoli e proporre in modo originale e inculturato il messaggio del Vangelo e la persona di Cristo Redentore”.

 

Per questo – afferma - occorre  “sostenere il mondo della cultura, delle arti e delle lettere” per contribuire “all’edificazione di una società fondata non sul materialismo, ma sui valori spirituali”. Infatti “le espressioni culturali e artistiche non mancano né di ricchezze né di risorse per trasmettere il messaggio cristiano”. Il Papa chiede ai cattolici uno “scatto nel campo intellettuale al fine di proporre delle riflessioni forti” che possano mostrare “alle giovani generazioni la verità sull’uomo e su Dio, invitandole ad entrare in una intelligenza della fede sempre più affinata”.

 

Dunque ha sottolineato l’importanza della formazione filosofica e di un metodo razionale serio, baluardo contro le ideologie. Il momento successivo – conclude il Papa - sarà il passaggio dalla dimensione razionale a quella spirituale “per aprire l’uomo alla novità della Parola di Cristo”.

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NELLA LOTTA ALLA POVERTA’ UN FATTORE ESSENZIALE E’ LO SRADICAMENTO

DELLA CORRUZIONE, CHE SVILISCE IL GIUSTO SVILUPPO SOCIALE E POLITICO

DI TANTI POPOLI: COSI’ OGGI IL PAPA, RICEVENDO IL NUOVO AMBASCIATORE

DEL NICARAGUA PRESSO LA SANTA SEDE, ARMANDO LUNA SILVA,

PER LA PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI

 

La lotta alla povertà e alle ingiustizie sociali sono state al centro del discorso di Giovanni Paolo II al nuovo ambasciatore del Nicaragua presso la Santa Sede, Armando Luna Silva, ricevuto stamani in Vaticano per la presentazione delle lettere credenziali. Memore dei diversi viaggi apostolici compiuti nel Paese centroamericano, in special mondo quello del 1996, il Papa ha elogiato lo spirito “allegro e dinamico” del popolo nicaraguense, nonché il loro attaccamento alle radici cristiane. Il servizio di Barbara Castelli.

 

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“Le situazioni di estrema povertà”, in qualunque angolo del mondo, sono al primo posto tra le ingiustizie e la loro eliminazione deve essere per tutti oggetto di impegno continuo, “tanto a livello nazionale quanto a livello internazionale”. Lo ha ribadito stamani Giovanni Paolo II, incontrando in Vaticano il nuovo ambasciatore del Nicaragua presso la Santa Sede, Armando Luna Silva.

 

Apprezzando gli sforzi che il Governo di Managua ha intrapreso in questo ambito, il Pontefice ha ricordato come la povertà non possa essere considerata “un male endemico, quanto piuttosto il risultato di una serie di fattori che vanno affrontati con decisione ed entusiasmo, in modo da arrivare a un effettivo miglioramento della qualità della vita dei cittadini”. Condizione essenziale poi per il raggiungimento di “una società pacifica, giusta e solidale, che risponda veramente alle aspirazioni dei nicaraguesi”, è “una gestione trasparente, onesta ed edificante”. “Nella lotta alla povertà - ha detto, infatti, il Papa - un fattore importante è lo sradicamento della corruzione, che svilisce il giusto sviluppo sociale e politico di tanti popoli”.

 

Il Nicaragua, in diversi momenti della storia, è stato messo alla prova da avversità di varia natura. I terremoti e gli uragani, così come anni di scontri sociali e problemi interni hanno causato “situazioni di difficoltà e povertà”: disgregazione familiare, impossibilità di ricevere un’educazione adeguata, problemi sanitari. Nonostante questo, tuttavia, Giovanni Paolo II ha espresso ottimismo per il futuro del popolo nicaraguese, che ha sempre dimostrato “laboriosità, forza morale e spirito di sacrificio”.

 

In questo processo di rinascita, infine, il Papa ha ricordato il ruolo fondamentale che deve giocare la Chiesa. “La Chiesa locale - ha sottolineato - deve promuovere la riconciliazione e favorire lo sviluppo di una società più democratica, affinché valori come la giustizia e la solidarietà, il rispetto del Diritto e l’amore per la verità siano sempre presenti nella vita dei nicaraguensi”.

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Sposato con tre figli, l’ambasciatore Armando Luna Silva è nato a Diriamba il 26 gennaio 1929. Laureato in Diritto presso l’Università Nazionale di Leòn, ha, inoltre, frequentato la Scuola Diplomatica a Madrid e si è specializzato in Diritto Internazionale a Washington D.C. Tra gli incarichi ricoperti: vice-ministro degli Affari Esteri; ambasciatore in Honduras, Uruguay, El Salvador, Spagna e Marocco.

 

 

PER L’EUROPA, STACCARSI DALLE RADICI CRISTIANE SIGNIFICHEREBBE UN’AUTODISTRUZIONE SPIRITUALE: COSI’ IL PAPA, IN UN MESSAGGIO

AI PARTECIPANTI AL QUINTO CONGRESSO

DELLE ASSOCIAZIONI CRISTIANE IN CORSO NELLA CITTA’ POLACCA DI GNIEZNO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

“Non ci sarà l’unità dell’Europa fino a quando essa non si fonderà nell’unità dello spirito”, fondamento dato al Vecchio Continente dal Cristianesimo con il suo Vangelo. E’ la riflessione offerta da Giovanni Paolo II ai partecipanti al Congresso dei movimenti cristiani, in corso nella città polacca di Gniezno ed organizzato dal Forum di Sant’Adalberto. In un messaggio per l’evento, letto ieri dall’arcivescovo Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il Papa assicura la sua vicinanza ai popoli dell’Europa, che hanno a cuore l’unità del continente e “intendono partecipare alla sua costruzione”. All’iniziativa ecumenica sul tema “L’Europa dello spirito” prendono parte figure di spicco dei movimenti e comunità ecclesiali come Chiara Lubich, Kiko Argüello e Andrea Riccardi. Ma torniamo al messaggio del Papa, con il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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L’unità dell’Europa affonda le sue radici nel Cristianesimo, con la sua “comprensione dell’uomo e con il suo contributo allo sviluppo della storia dei popoli e delle nazioni”. Lo ribadisce con forza Giovanni Paolo II che avverte: occorre ripetere questa verità ad alta voce, “specialmente oggi quando nel grembo dell’Unione Europea, che si sta allargando si è tentati di separare il presente dalla storia, la cultura dalla tradizione e alla fine la politica e l’economia dai valori fondamentali per l’identità europea”. Esorta così i laici cristiani ad impegnarsi personalmente “per la costruzione di un’unità europea di cuori e di spirito”. I padri della cultura europea sia religiosi che laici, scrive il Santo Padre, hanno attinto dalle “antiche fonti greche e latine della cultura e filosofia”. Tuttavia, prosegue, “erano pienamente consapevoli che questa sapienza è superata dalla dottrina e dall’opera salvifica di Gesù Cristo”.

 

La tradizione giudaico-cristiana della Verità, Bellezza e Bontà, che nel Cristo “hanno assunto la forma del sacrificio salvifico della Croce, ha dato origine ad una tappa di formazione dell’identità europea che oggi non si può abbandonare senza staccarsi dalle radici che affondano nel vivificante suolo della fede”. Staccarsene, avverte ancora il Papa, “significherebbe un’autodistruzione spirituale”. Soffermandosi sul programma del convegno di Gniezno, indica come sia molto significativo il “collegamento dello sforzo intellettuale e l’impressione estetica con l’esperienza religiosa”. Quando si parla di Europa dello spirito, “queste tre dimensioni non possono essere mai separate”, giacché “secoli interi, intere generazioni hanno faticato per questa armonia dei valori”. D’altro canto, afferma il Papa i “valori spirituali originati dal Vangelo non appartengono solo al passato delle Nazioni europee”, ma anche al presente e al futuro. E’ infatti, “una sorgente di speranza per un avvenire migliore vissuto nell’amore fraterno”.

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OGGI POMERIGGIO IN VATICANO VEGLIA DI PREGHIERA DEL PAPA

CON GLI UNIVERSITARI EUROPEI SUL TEMA “CRISTO SPERANZA PER L’EUROPA”

- Intervista con don Mirco Perletti -

 

In occasione della “II Giornata europea degli universitari”, oggi pomeriggio alle 17,45 nell’aula Paolo VI in Vaticano, il Papa incontrerà i giovani per riflettere e pregare per l’Europa. All’evento interverranno, grazie ad un collegamento via satellite, anche gli studenti degli atenei europei dei 10 Paesi che entreranno nell’Unione il prossimo 1 maggio. L’incontro si apre con l’ingresso della Croce nell’Aula, seguito da testimonianze e meditazioni sul tema “Cristo speranza per l’Europa”. Alle 18,30 la recita del santo Rosario presieduta dal  Papa che alla fine pronuncerà un discorso.  Animano la veglia oltre 1500 coristi di università e  conservatori italiani. Sul significato di questa veglia Giovanni Peduto ha intervistato uno degli organizzatori, don Mirco Perletti, impegnato nella pastorale universitaria per la diocesi di Roma.

 

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R. – Come ormai da consolidata tradizione la veglia mariana con gli universitari è un momento di gioia e di grazia che il Santo Padre, Giovanni Paolo II, presiede per aiutare docenti e studenti degli atenei a guardare a Maria ed invocarla come Sede Sapientiae, in una corale preghiera che si immerge nel mistero di Dio, da cui proviene ogni conoscenza e a cui dovrebbe tendere ogni ricerca, ogni sviluppo umano.

 

D. – Cosa chiede il Papa ai giovani europei?

 

R. – Il Santo Padre, prendendo spunto dall’immagine delle cattedrali europee che testimoniano la fede cristiana visibile, anche se silenziosa, chiede ai giovani che sappiano gridare con la vita la loro speranza e la loro fede in Cristo redentore dell’uomo.

 

D. – Ma i giovani del continente hanno ancora sete di Cristo?

 

R. – I giovani europei hanno sete di Cristo, perché cercano la verità e la felicità. E se si propongono a loro itinerari o cammini forti, che li aiutino a vivere l’amore con la ‘a’ maiuscola, sono capaci di grandi gesti e non si tirano mai indietro.

 

D. – Quale messaggio ha inteso lanciare Giovanni Paolo II con la sua esortazione apostolica Ecclesia in Europa?

 

R. – Riannunciare il Verbo della vita, la speranza che la fede cristiana porta come ricchezza per il bene del continente, la capacità di comunione e collaborazione, così importanti nella composizione di un popolo fatto di tanti popoli.

 

D. – Cosa possono fare insieme cattolici, protestanti e ortodossi per il continente europeo?

 

R. – Penso molto. Fare passi più incisivi in tutti quei valori che nutrono uno sviluppo positivo per l’uomo e dell’uomo e un servizio all’uomo, che oggi fa fatica a vivere con la sua dignità, che si sente solo, che si sente smarrito o senza prospettive.

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La Radio Vaticana trasmetterà la veglia del Papa con gli universitari in radiocronaca diretta a partire dalle 17,40 con commento in italiano sull’onda media di 585 kHz e modulazione di frequenza di 105 MHz.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto anche il card. Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, mons. Ivo Scapolo, nunzio apostolico in Bolivia e mons. Józef Mirosław Żyċiński, arcivescovo di Lublin (Polonia).

 

Sempre oggi il Santo Padre ha nominato il card. Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, suo inviato speciale alla ricorrenza del 4° centenario dell'arrivo in Lituania del Breve Quae ad sanctorum, di Papa Clemente VIII, che autorizzava la celebrazione della Festa di San Casimiro in Polonia ed in Lituania. Le festività avranno luogo a Vilnius (Lituania) il 9 maggio 2004.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo “I popoli europei uniti contro il terrorismo”: in tutto il Continente la società civile si affianca a milioni di persone scese in piazza in Spagna per dire “no” all’orrore.

Sempre in prima, un articolo di riflessione dal titolo “Patricia, la figlia straziata dell’intera umanità”: la neonata polacca - morta alle 14 di ieri - dopo che per trenta ore il suo piccolo cuore ha continuato a battere in una lotta divenuta alla fine per lei impari.

 

Nelle vaticane, nel discorso al nuovo ambasciatore di Nicaragua, il Pontefice ha auspicato che la giustizia e la solidarietà, il rispetto del diritto e l’amore per la verità siano sempre più presenti nella vita dei nicaraguensi.

Nel discorso all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, il Papa ha ribadito l’esigenza di fondare la società sui valori morali e spirituali.

La dettagliata biografia del compianto cardinale König. Il telegramma di cordoglio del Santo Padre.

 

Nelle estere, la Grecia chiede alla Nato assistenza per i Giochi olimpici di Atene. 

 

Nella pagina culturale, una valutazione critica di Marco Testi sul romanzo di John Michael Coetzee dal titolo “Elisabeth Costello”.

 

Nelle pagine italiane, il tema del terrorismo: più controlli, ma nessuna misura eccezionale.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 marzo 2004

 

 

DOPO IL DOLORE E LO SBIGOTTIMENTO PER LA TRAGEDIA DI MADRID,

DOPO IL FERMO NO ESPRESSO IERI DA 11 MILIONI DI PERSONE SCESE IN PIAZZA,

OGGI UNA GIORNATA DI SILENZIOSA SOFFERENZA PER LA SPAGNA,

ALLA VIGILIA DEL VOTO LEGISLATIVO

- A cura di Fausta Speranza -

 

Dopo lo sbigottimento e l’orrore dell’11 marzo, dopo il fermo no a qualsiasi strategia del terrore espresso da circa 11 milioni di persone scese in piazza  ieri, la giornata di oggi per la Spagna è una giornata difficile, di silenzio e di riflessione e anche di vigilia per il voto legislativo di domani. Di nuovo, dolore e vicinanza alle vittime sono stati espressi dal Papa all’arcivescovo di Madrid, mons. Antonio M. Rouco Varela, in una telefonata che ha raggiunto il presule sul telefono portatile mentre si trovava all’ospedale di La Princesa. Il Papa si è detto commosso e ha rinnovato la sua preghiera.

 

Le stragi di giovedì sui treni di Madrid non hanno ancora un colpevole, né un bilancio definitivo. Quello attuale è arrivato a 200 morti, ma sono gravi le condizioni di oltre 150 dei 288 feriti ricoverati in ospedale. Intanto, l’Eta ha smentito ogni coinvolgimento e sembra sia stato trovato materiale riconducibile a Al Qaeda. Ufficialmente il premier Aznar non esclude nessuna ipotesi, mentre l’erede designato del partito popolare, Rajoy, afferma di avere la convinzione morale che siano stati i separatisti. E’ stato unanime l’appello delle forze politiche a restare uniti. Il leader socialista, Zapatero, ha sottolineato la necessità di una sola comune strategia da parte del Paese. E l’unità non è di certo mancata alla popolazione civile che ha dato prova eloquente di dignitosa, dolorosa compattezza. Ascoltiamo come vive la giornata di oggi, nel collegamento da Madrid con il nostro inviato Giancarlo la Vella:

 

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         E’ una città che porta ancora visibili i segni della profonda ferita subita. Dalla stazione Atocha al viale del Prado o a Plaza Colon, teatro ieri della grande manifestazione con la presenza del premier Aznar, di parte della famiglia reale e di numerosi leader europei, ogni persona, ogni monumento, ogni esercizio commerciale, porta il segno del lutto oppure un biglietto con una frase di solidarietà nei confronti delle vittime. Numerosissime le bandiere nazionali gialle e rosse esposte listate di nero. E sono ancora visibili gli striscioni che campeggiano su tutto il percorso  e che, più o meno duramente, dicono ‘no’ al terrorismo da qualsiasi parte provenga. Tra i più toccanti, un cartello su cui è scritto “Patrizia aveva solo sette mesi”, in riferimento ad una delle più giovani vittime degli attentati.

 

Tutta Madrid, insomma, vuole rimanere vicino ai suoi morti. Ne è un esempio la piazza della stazione Atocha, uno degli snodi ferroviari colpiti dagli attentati, che fino a pochi giorni fa era crocevia di lavoratori, di uomini, donne, pendolari, studenti e turisti e che oggi è quasi un sacrario, meta di pellegrinaggi. Un padre mostra a chiunque piangendo la foto del figlio sorridente, vittima della violenza.

 

Domani saranno in 34 milioni gli spagnoli che dovranno recarsi alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. Sia che si confermi il centro-destra di Rajoy, delfino di Aznar, sia che vi sia un’avanzata dei socialisti di Zapatero, il Paese vuole oggi una sola cosa: cancellare il terrorismo e vivere nella pace.

 

Da Madrid, Giancarlo La Vella, Radio Vaticana.

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Circa mille persone hanno partecipato oggi alla messa funebre celebrata dal vescovo di Alcalà de Heneras, mons. Jesus Català, per alcune delle vittime, ne palazzetto dello sport della località da dove sono partiti tre dei quattro treni colpiti. Su quei treni di periferia, c’erano numerosi stranieri e tra i morti almeno 19 rappresentano dodici nazionalità diverse, immigrati della Madrid multietnica. 

 

In ogni caso, la tragedia che ha colpito al cuore l’intera Europa è storia di un mondo ormai globale. E globale, infatti, è la cooperazione invocata dagli Stati per far fronte agli allarmi terroristici. Si chiede un continuo scambio tra organi informativi e di polizia. Ma su che cosa, ad altri livelli, si deve puntare non solo per sventare i singoli attentati ma per sconfiggere la matrice terroristica? Fausta Speranza lo ha chiesto al prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino.

 

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R. – Le forze dell’ordine sostanzialmente possono intervenire dopo. Reprimere è estremamente difficile. La prevenzione è un fatto, in generale, politico. E’ una politica diversa che dobbiamo fare: dobbiamo far capire al mondo che la discussione politica non si fa con le bombe, non si fa con gli attentati ma discutendo e più che altro considerando i risultati della discussione.

 

D. – Il primo problema per il terrorismo è discutere con chi perché non c’è un interlocutore visibile …

 

R. – E’ perfettamente vero, ma il fatto è che i terroristi, a loro volta, non sanno chi siano i loro interlocutori visibili. Noi, Occidente, in certi momenti siamo una grande coalizione. Ai tempi di Kennedy eravamo tutti berlinesi, l’11 settembre siamo stati tutti newyorkese, l’altro ieri eravamo tutti madrileni, ma questa può essere solo retorica. Se noi continuiamo a pensare che la politica internazionale, che oggi è in realtà la politica di tutti gli Stati, sia una cosa di cui ci si occupa solo ogni tanto, tra un affare e l’altro, temo che siamo destinati a farci dire dai terroristi: ma dove siete. Non riusciamo neanche a sapere chi sono gli interlocutori. Dobbiamo fare attenzione. Se noi vogliamo capire chi sono i terroristi, dobbiamo far capire loro chi siamo noi e quanto siamo chiari, limpidi, solidi e sicuri di noi stessi, e democratici.

 

D. – Dobbiamo dire una parola sulla mobilitazione della gente. E’ stata imponen-te la risposta.

 

R. – Straordinaria. La gente è la grande risorsa. Abbiamo appena passato l’ann-iversario delle grandi manifestazioni per la pace un anno fa, a febbraio del 2003. Abbiamo visto in piazza civilmente, e per fortuna allora non sotto l’impatto di una tragedia come quella di Madrid, milioni e milioni di persone manifestare per la pace. Non dimentichiamo che l’opinione pubblica è il sangue della democrazia, è ciò che consente alla democrazia di vivere, perché senza l’opinione pubblica si cade comunque in una oligarchia. Ebbene, se ascoltassimo di più l’opinione pubblica, forse avremmo un po’ di terrorismo in meno e, di sicuro, meno guerre.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 14 marzo, III domenica di Quaresima, la liturgia ci propone un brano molto forte del Vangelo laddove  Gesù, interrogato su due fatti di sangue della sua epoca che videro la morte di numerose persone, risponde: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

 

Su queste parole ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Fa riferimento ad un incidente e ad un atto di violenza: dunque, due fatti di cronaca. La gente ne parla e cerca di darne un’interpretazione. Vogliono soprattutto sapere che male abbiano mai fatto quelli per morire così. Ma Cristo sposta l’attenzione, chiamando in causa la conversione. Accadono terremoti, guerre, stragi terroristiche e Cristo ci dice di essere attenti per vedere come tutto questo possa diventare per noi motivo di un più profondo, più radicale orientamento verso Dio. Lo sguardo spirituale cerca di vedere come i fatti di ogni giorno incidano sul rapporto tra me e Dio. Ciò che succede, diventa spirituale quando ci unisce a Cristo. La vita con Lui è la salvezza per l’uomo.

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                                   CHIESA E SOCIETA’     

13 marzo 2004

 

 

IL RUOLO DELLA PARROCCHIA PER LE NUOVE GENERAZIONI IN PRIMO PIANO ALL’ASSEMBLEA DEL FORUM DEGLI ORATORI ITALIANI, OGGI E DOMANI A ROMA

 

ROMA. = Il Forum degli oratori italiani (Foi) si riunisce in assemblea a Roma oggi e domani, concentrandosi sul tema del rinnovamento dell’identità delle parrocchie. “L’oratorio è un cantiere che pone in primo piano il crescere dei giovani – spiega al quotidiano Avvenire, don Massimiliano Sabbadini, presidente del Foi – una dimensione che richiede un costante impegno nella ricerca di nuove soluzioni”. Dietro a questi luoghi di aggregazione si trova spesso una comunità parrocchiale, che “se davvero sa rinnovarsi – sottolinea Sabbadini – tiene alto il progetto educativo umano e spirituale offerto alle nuove generazioni”. Il rapporto con la parrocchia sarà dunque il tema della tavola rotonda che aprirà l’assemblea dei membri del Forum degli oratori. Nell’assise si discuterà, oltre al progetto di un “Meeting degli oratori”, anche dei materiali da proporre per l’iniziativa “26 maggio: oggi oratorio” giorno della festa di san Filippo Neri, ispiratore di tutti gli oratori. Domenica mattina, infine, l’assemblea del Forum si concluderà con la relazione di monsignor Domenico Sigalini, viceassistente generale dell’Azione cattolica, sul tema “La parrocchia: Chiesa che vive tra le case degli uomini”. L’assemblea odierna è la quarta dalla nascita del Foi, avvenuta nel settembre 2001, che ha dato voce alla volontà della Cei di creare un organismo capace di dare vita a spazi di condivisione tra gli oratori italiani. Il Forum riunisce oltre una trentina di associazioni e organizzazioni. Tra i membri ci sono diverse congregazioni religiose come i salesiani, le Figlie di Maria ausiliatrice, i filippini, gli orionini,  i giuseppini e l’Azione Cattolica. Fra le attività realizzate dal Foi c’è anche l’avvio di una mappatura degli oratori sul territorio nazionale. In Italia sono oltre 6 mila gli oratori: ben 3 mila si trovano in Lombardia. (A.G.)

 

 

PRESENTATO ALL’UNIVERSITA’ LUMSA DI ROMA UN VOLUME SU SAN PIO X,

CHE METTE IN LUCE L’IMPEGNO RIFORMATORE DI PAPA SARTO.

“IL SUO PONTIFICATO – HA DETTO IL CARDINALE SILVESTRINI,

INTERVENUTO ALLA PRESENTAZIONE –

HA TRAGHETTATO LA CHIESA DA UN TEMPO ALL’ALTRO”

 

ROMA.= Un volume per scoprire un aspetto inedito del Pontefice elevato agli onori degli altari nel 1954. E’ questo l’obiettivo di una raccolta di atti del convegno internazionale su San Pio X, tenutosi a Treviso nel 2000. Papa Giuseppe Sarto - Vescovo di Roma dal 1903 al 1914 - fu prima di tutto un “Papa parroco, una figura buona, paterna”, secondo il cardinale Achille Silvestrini intervenuto alla presentazione del volume presso l'Università Lumsa. Articolato in quattro parti, il libro – curato del prof. Gianni La Bella – punta soprattutto a mettere in luce il lato riformatore del Pontefice cui è dedicata tutta la seconda parte. La prima: “Il Papa pastore”, la terza “Pio X e il sistema delle potenze” e l'ultima “Pio X e il mondo moderno” aiutano a ricostruire il contesto storico-sociale e il clima ideologico emergente in cui il Papa operò le proprie scelte. “La sua preoccupazione è la ricostruzione cristiana, riportare l'Italia, l'Europa, l'umanità al cristianesimo insidiato dalle ideologie del progresso e del positivismo”, ha rilevato il cardinal Silvestrini. E’ sotto il suo Pontificato che avviene l’ammorbidimento del non  expedit e che “si prepara la conciliazione” e il superamento della questione romana. Tra le riforme intraprese da Papa Sarto: la riorganizzazione della Curia romana, la codificazione del diritto canonico, la riforma del breviario e dei seminari. E, ancora, l’introduzione del canto gregoriano, la promozione di congressi eucaristici internazionali, i decreti eucaristici con cui si invitavano i fedeli a partecipare alla comunione in modo più frequente e se ne estendeva il diritto anche ai bambini di 7-8 anni, la promozione della intercomunione per i fedeli di riti cattolici diversi come quello orientale e latino. “Non si può farne la bandiera dell'intransigenza - ha avvertito il cardinale Silvestrini - il suo pontificato ha traghettato la Chiesa da un tempo all’altro”. (A.G.)

 

 

L’AIWA, ASSOCIAZIONE DELLE DONNE ARABE ED ITALIANE, ASSIEME AL COMUNE DI ROMA PROMUOVE UN CONCERTO IN MEMORIA DEI CADUTI ITALIANI DI NASSIRIYA.

I PROVENTI DELL’EVENTO MUSICALE, CHE SI TERRA’ ALL’AUDITORIUM PIO

 IL PROSSIMO 17 MARZO, SARANNO DEVOLUTI ALL’OSPEDALE PEDIATRICO

 DELLA CITTA’ IRACHENA

 

ROMA.= “La guerra è un danno per tutti, per chi la subisce e chi la fa, gli italiani sono lì per dimostrare che anche gli uomini in armi sono utili per pacificare i popoli”. E’ quanto affermato dal vice sindaco di Roma, Maria Pia Garavaglia, presentando una iniziativa benefica dell’associazione Aiwa, Arab and italian women association. Si tratta di un concerto in memoria dei caduti di Nassiriya i cui fondi saranno devoluti all'ospedale pediatrico della città irachena. Il concerto, della cantante libanese Jahida Wehbè, si svolgerà mercoledì 17 marzo alle ore 21 all'Auditorium Pio di via della Conciliazione. Nell'ambito delle proprie attività, Aiwa ha deciso di onorare i giovani delle forze armate - 12 carabinieri, cinque soldati dell'esercito e due civili - morti l'11 novembre scorso a Nassiriya e di cogliere questa occasione anche per portare sollievo ai bambini ricoverati nell'ospedale pediatrico. “I piccoli in quella struttura - ha detto il presidente di Aiwa - Yasmine Reguieg - hanno bisogno di tutto, dai medicinali agli indumenti, dai letti alle coperte, al personale medico e di assistenza; ci è sembrato che fosse nello spirito della nostra associazione che è quello di avvicinare culture diverse anziché allontanarle unire la commemorazione dei caduti italiani di Nassiriya alle esigenze dei bambini iracheni”. Durante la serata - realizzata con il patrocinio del ministero degli Interni, del Comune e della Provincia di Roma e della Regione Lazio - l'attrice Paola Pitagora reciterà una poesia della poetessa algerina Ilham Mestaghanemi, che avrà come tema la pace e l’unione tra i popoli. (A.G.)

 

 

ALLARME MINE ANTIUOMO PER DUE MILIONI DI ETIOPI:

E’ LA DENUNCIA DI UN’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA NORVEGESE,

CHE CHIEDE ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE DI AIUTARE IL PAESE AFRICANO

NELLE OPERAZIONI DI SMINAMENTO DEGLI ORDIGNI INESPLOSI

 

ADDIS ABEBA. = Due milioni di persone in Etiopia rischiano di saltare su mine inesplose, che ancora pullulano in Etiopia, in particolare nelle aree limitrofe ai confini con l'Eritrea e con la Somalia, due Paesi con cui l’Etiopia ha recentemente combattuto sanguinosi conflitti. E’ quanto emerge da una ricerca effettuata da un’organizzazione non governativa norvegese, la Norwegian People’s Aid. Secondo lo studio, nel Paese africano esistono ancora 2 milioni di mine antipersona di oltre 30 tipi diversi, rimaste dai conflitti che negli ultimi 70 anni hanno attraversato il Corno d’Africa, a cominciare dalla colonizzazione italiana del 1935. Le regioni con la maggior presenza di mine e ordigni bellici inesplosi sono il Tigray, l’Afar – entrambe nella parte settentrionale dell’Etiopia al confine con l’Eritrea – e la regione del Somali, conosciuta anche come Ogaden, al confine orientale con la Somalia. Si stima che decine di migliaia di mine rimasero sul campo in seguito al conflitto con l’Eritrea del 1998-2000, e altrettante durante l’invasione somala dell’Ogaden nel 1977. Il governo di Addis Abeba ritiene che ci vorranno almeno altri venti anni con aiuti internazionali per ripulire il territorio da tutti gli ordigni esplosivi. In Etiopia, negli ultimi due anni sono morte o rimaste ferite a causa delle mine 1295 persone, e quasi seimila hanno sofferto un’amputazione a causa dell’esplosione di residuati bellici. (A.G.)

 

 

sbloccare la situazione dei rifugiati bhutanesi in nepal,

consentendone il rientro in patria sotto il diretto controllo dell’onu.

lo chiedono a gran voce dodici organizzazioni non governative,

tra cui il jesuit refugee service

 

KATMANDU.= Sono ormai più di dieci anni che la comunità di rifugiati bhutanesi in Nepal cerca senza successo di essere riammessa in Patria. La situazione delle 100 mila persone emigrate negli anni ‘90 per sfuggire alle persecuzioni etniche si sta facendo sempre più pressante. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) ha infatti annunciato l’intenzione di ritirare la propria missione entro il 2005, rendendo ancora più urgente una soluzione della vicenda. Non ci sono però progressi nei colloqui tra Nepal e Bhutan, sospesi in seguito a scontri avvenuti durante una visita della commissione nepalo-bhutanese nel campo di Khundunabari. Per sbloccare questa situazione di stallo, dodici organizzazioni non governative, tra le quali il Jesuit Refugee Service e Amnesty International, hanno lanciato un appello alla comunità internazionale per il rimpatrio degli emigrati bhutanesi sotto il diretto controllo dell’Acnur. (P.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 marzo 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Domani in Russia  oltre 109 milioni di elettori si recheranno alle urne per eleggere il nuovo presidente. Un voto che vede un vincitore annunciato, il presidente in carica, Vladimir Putin. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Sono sei i candidati in lizza per le presidenziali, ma è meglio dire che sono cinque gli invitati alla vittoria scontata di Vladimir Putin. L’unico dubbio riguarda l’affluenza alle urne: se sarà inferiore al 50 per cento degli aventi diritto, la consultazione verrà invalidata. Ecco perché nelle ultime ore si succedono gli inviti ad andare a votare. Ha iniziato il presidente uscente, hanno poi continuato il Patriarca di Mosca Alessio II, il capo muftì Nurdin, il sindaco della capitale. Bisogna battere l’apatia e l’astensionismo. Sono circa 94 mila i seggi elettorali disposti su 11 fusi orari per 109 milioni di elettori. Domenica alle 21, ora di Mosca, i primi risultati. Secondo gli ultimi sondaggi, Putin dovrebbe vincere le presidenziali al primo turno con il 70-80 per cento delle preferenze, mentre gli sfidanti otterrebbero una cocente delusione, spartendosi le briciole.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Elezioni in Russia, dunque, dall’esito apparentemente scontato. L’attuale favoritissimo presidente Vladimir Putin non ha partecipato alla campagna elettorale e gli altri 5 candidati non sembrano poter assumere un ruolo diverso da quello di comparse. Ma qual è la situazione socioeconomica della Russia alla vigilia del voto? Risponde l’inviato di Avvenire, Luigi Geninazzi, raggiunto telefonicamente a Mosca da Amedeo Lomonaco:

 

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R. – Certamente con Putin la Russia è uscita dal caos degli anni di Eltsin: l’economia è stabile soprattutto per i proventi del petrolio ma questo non vuol dire che la produzione sia ripresa. La situazione sociale è migliorata, anche se esistono grossi divari: c’è ancora un russo su quattro che vive al di sotto della soglia di povertà.

 

D. – Le elezioni di domani fanno apparire scontata la vittoria di Putin: ma chi è per i russi Vladimir Putin?

 

R. – Putin ha sempre goduto di una grande popolarità, perché è stato visto come l’uomo che ha portato stabilità e ha ridato anche un certo orgoglio alla nazione russa, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e gli anni abbastanza tormentati della gestione Eltsin. I russi lo appoggiano anche se non c’è un grande entusiasmo. Si aspettano ancora qualcosa di buono dai prossimi anni, ma i grossi problemi, da quello economico a quello della Cecenia, non sono stati risolti!

 

D. – A proposito della Cecenia, come viene vissuta in Russia la questione della Repubblica caucasica?

 

R. – Negli ultimi anni, soprattutto da quando nell’ottobre del 2002 c’è stato il tragico fatto del Teatro Dubrovska con tanti ostaggi uccisi, i russi hanno alimentato un meccanismo di identificazione tra il ceceno, il caucasico ed il terrorista. Questo, ovviamente, significa che il potere ha buon gioco nel sottolineare il pericolo che viene dal terrorismo ceceno in combutta con il terrorismo islamico internazionale.

 

D. – Quali sono state le reazioni in Russia, Paese colpito frequentemente dall’emergenza terrorismo, all’indomani dei tragici attentati in Spagna?

 

R. – A livello ufficiale, ci sono state ovviamente partecipazione, dolore per la tragedia della Spagna, con il solito richiamo alla lotta che deve vedere tutti uniti contro il terrorismo. Dal punto di vista sociale, i russi di fronte al terrorismo hanno un atteggiamento di una certa apatia. Basti fare un paragone: se ieri in Spagna, contro il terribile attentato di tre giorni fa, sono scesi in piazza in 11 milioni, in Russia nessuno si è mosso dopo la tragedia della Dubrovska o dopo altri attentati!

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Due soldati morti, cinque feriti, tutti in gravi condizioni. E’ questo il drammatico bilancio dell’attacco dinamitardo che stamani ha colpito, in Iraq, una pattuglia americana in servizio a Tikrit, città natale di Saddam Hussein. Un’ennesima, violentissima deflagrazione ha inoltre interessato, poco fa, il centro di Baghdad. Al momento non si hanno ulteriori informazioni su questo nuovo episodio di violenza. La tensione è alta anche a Najaf, dove è stato sventato un attentato, e a Mossul, teatro di una manifestazione di centinaia di studenti sciiti contro la nuova Costituzione provvisoria approvata lunedì scorso.

 

Notizie preoccupanti anche dal Medio Oriente. Due palestinesi sono stati uccisi questa mattina da militari israeliani vicino a Karni, località di confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Sul fronte politico, c’è attesa per l’incontro di domani tra i rappresentanti dei due governi: dal suo esito dipende lo svolgimento di un possibile Vertice a due tra Sharon ed Abu Ala, in programma la prossima settimana.

 

Ad Haiti il neo primo ministro, Gérard Latortue, ha insistito sulla riconciliazione nazionale, pur precisando che i crimini ed i delitti non resteranno impuniti. La situazione del Paese continua, intanto, ad essere tesa: almeno 36 tra imprenditori e uomini di affari della Repubblica Dominicana sono stati catturati e presi in ostaggio ieri da un gruppo di ribelli haitiani. E’ inoltre slittata a venerdì prossimo la presentazione del nuovo esecutivo, mentre il governo cileno ha smentito di aver preso in considerazione la possibilità di concedere asilo politico all’ex presidente, Jean Bertrand Aristide. Dalla Repubblica Centrafricana, il deposto capo di Stato ha annunciato l’intenzione di recarsi con la famiglia in Giamaica.

 

Il Consiglio dei  governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha oggi approvato una risoluzione di condanna verso l’Iran, ritenuto responsabile di non aver illustrato in modo trasparente il proprio programma nucleare. Il provvedimento per ora non prevede il ricorso al Consiglio di sicurezza in vista di eventuali sanzioni. 

 

In Corea del Sud tutti i quotidiani nazionali e oltre il 70 per cento dell’elettorato hanno criticato aspramente il Parlamento che ha votato ieri la messa in stato d’accusa del presidente Roh Moo Hyun, accusato di aver violato la legge elettorale parlando in favore di un partito governativo prima delle elezioni del 15 aprile prossimo.

 

Dopo le stragi di Madrid, cresce la preoccupazione in Grecia per le prossime olimpiadi. Il governo di Atene ha annunciato di “aver chiesto formalmente il contributo della Nato per la sicurezza dei Giochi”. Riguarderà il controllo dello spazio aereo, il pattugliamento marittimo e la protezione contro attacchi nucleari, biologici o  chimici.

 

Nell’est della Bosnia si è riaperta la caccia a Radovan Karadzic, ricercato numero uno per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. La polizia è impegnata dall’alba in un’operazione su vasta scala nella regione di Bratunac, dove lo psichiatra ultranazionalista si sarebbe spostato nel tentativo di attraversare la frontiera con la Serbia. Negli ultimi otto anni, Karadzic è sfuggito più volte alle forze della Nato.

 

Arrestato in Polonia il boss della camorra Francesco Schiamone. Era latitante dal 2002 e figurava nell’elenco dei ricercati più pericolosi. Schiamone è stato arrestato nella città di Krosmo da agenti italiani e poliziotti polacchi.

 

 

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