RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 152 - Testo della trasmissione di lunedì 31 maggio
2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Realizzato da Rtl uno studio sull’ascolto
radiofonico in Italia.
In Arabia Saudita è caccia ai terroristi, fuggiti
dopo aver ucciso 22 stranieri
Ancora morti in Iraq dove è ormai rotta la tregua
ed è stallo nella formazione del nuovo governo
Deficit pubblico molto alto: è l’allarme lanciato
dal governatore di Bankitalia, Fazio.
31 maggio 2004
IL PAPA INVOCA PACE E
RICONCILIAZIONE PER IL MEDIO ORIENTE,
TERRA “TORMENTATA DALLA VIOLENZA”. L’APPELLO LEVATO
DURANTE L’UDIENZA ALLE MONACHE DI BETLEMME, DELLA VERGINE MARIA
E SAN BRUNO, RIUNITE IN
CAPITOLO GENERALE
- A cura di Alessandro De Carolis -
La grazia divina della pace e della riconciliazione per le
popolazioni del Medio Oriente tormentate dalla violenza. Giovanni Paolo II l’ha
invocata nuovamente questa mattina nel suo breve saluto alle monache di
Betlemme, della Vergine Maria e di San Bruno, ricevute in udienza per il loro
Capitolo generale. Alle 90 rappresentanti dell’Istituto monastico, il Pontefice
aveva anzitutto chiesto di raggiungere una nuova e più grande “intimità con
Cristo”. “Per un’umile e coraggiosa fedeltà, nel silenzio che caratterizza la
vostra vita nascosta”, voi siete sostenute dalla preghiera della Vergine
Maria”, ha osservato il Pontefice. “Attraverso la vostra vita contemplativa,
voi elevate il mondo a Dio e rammentate agli uomini del nostro tempo il posto
del silenzio e della preghiera nell’esistenza”. Nel salutare anche il ramo
maschile della famiglia religiosa, Giovanni Paolo II ha ricordato la figura di
San Bruno, “sentinella infaticabile del Regno che viene”, ed ha invitato i
monaci e le monache ad essere, come lui, costantemente vigilanti nella
preghiera.
La Famiglia monastica di Betlemme è nata come
Ordine femminile, in Francia, nel 1950 e ha vissuto un forte sviluppo: oggi
conta una trentina di monasteri sparsi in tutto il mondo. Il ramo maschile è
nato nel 1976 e possiede per ora tre monasteri: in Italia (Monte Corona), in
Francia ed in Israele. L'ordine è stato
ufficialmente riconosciuto di diritto
pontificio dalla Santa Sede nel 1998.
QUESTA SERA, A CONCLUSIONE DEL MESE
MARIANO,
ROSARIO
E PROCESSIONE CON FIACCOLATA NEI GIARDINI VATICANI
-
Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -
Questa
sera alle 20.00, il cardinale Francesco Marchisano, arciprete della Basilica di
San Pietro e vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, guiderà la
cerimonia di chiusura del mese mariano, che si svolgerà nei giardini vaticani.
Un rito suggestivo, aperto a chiunque voglia partecipare, che comprende la
recita del Rosario, la processione con fiaccolata dalla chiesa di Santo Stefano
degli Abissini fino alla Grotta di Lourdes, sulla sommità del colle Vaticano.
Quindi il porporato presiederà la liturgia della Parola. La nostra emittente
seguirà l’evento in radiocronaca diretta a partire dalle ore 20.00 con commento
in italiano sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105
MHz. Ma sulla conclusione del mese mariano ascoltiamo la riflessione
dell’arcivescovo Angelo Comastri, prelato di Loreto, intervistato da Giovanni
Peduto.
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R. - Il mese di maggio è un mese durante il quale noi ci
mettiamo alla scuola di Maria, perché Maria ci insegna a credere. Maria ci insegna
a dire di sì. Maria ci insegna a fare della vita “un eccomi” continuo a Dio.
Ecco perché terminato il mese di maggio non finisce la devozione a Maria,
perché noi dobbiamo continuamente imparare a credere. Non esiste maestra più
idonea per insegnarci a credere di quanto lo sia Maria.
D. - Oggi, 31 maggio, si celebra la festa della
Visitazione della Beata Vergine, che significato ha questa ricorrenza?
R. - Alla fine del mese di maggio, questa festa significa
“abbiamo ascoltato Maria, abbiamo imparato il suo ‘eccomi’”. Ora bisogna
mettersi in viaggio. Ora bisogna uscire e andare a vivere la fede in opere di
carità. Maria esce dalla casetta di Nazareth subito dopo aver ascoltato le
parole dell’Angelo e subito dopo aver pronunciato il suo sì perché Maria
capisse che ogni sì detto a Dio ci impegna in opere di amore, ci impegna in
opere di misericordia. E la preghiera non è vera, non è autentica se non
sboccia in carità. Dopo aver pregato, noi abbiamo la verifica della preghiera
fatta bene, se la nostra preghiera sboccia in carità. Maria ha detto un ‘sì’
vero, un ‘sì’ autentico, un ‘sì’ senza reticenze, perché dopo averlo
pronunciato immediatamente sente il bisogno di andare a vivere la carità, il
bisogno di correre da Elisabetta per mettersi al servizio della cugina anziana,
che attendeva la nascita di un bambino. La festa del 31 maggio significa
questo: ora è tempo di uscire dal momento della preghiera intima, dal momento
dell’ascolto, dal momento in cui ci si mette ai piedi di Maria per imparare da
lei la bellezza della fede; ora la fede va vissuta; la fede va tradotta in
opere di misericordia.
D. - Diceva Grignion de Montfort “Chi ama Maria va in
Paradiso”…
R. - E’ una frase, un’affermazione che presa così può far
arricciare il naso a qualcuno, ma spiegata bene è un’affermazione splendida.
Chi ama Maria va in Paradiso non perché Maria prende il posto di Gesù. Chi ama
Maria va in Paradiso perché Maria porta a Gesù, perché chi ama Maria trova la
strada più sicura per andare a Gesù. Perché Maria non ha altro desiderio che
portarci a Gesù. Maria è tutta relativa a Gesù. Pensiamo alle parole che Maria
pronuncia alle Nozze di Cana. Sono parole di una bellezza, di una profondità
straordinaria e sono le ultime parole riportate nel Vangelo, pronunciate da
Maria. Quindi, in qualche modo sono il suo testamento. Maria dice ai servi: “Qualsiasi cosa Lui
dirà voi fatela”. Ecco perché amando Maria si ama Gesù ed ecco perché chi ama
Maria va in Paradiso.
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IN SVIZZERA, CRESCE L’ATTESA PER LA VISITA
DEL PAPA, IL 5 E 6 GIUGNO A BERNA
-
Intervista con mons. Renato Boccardo -
Ultimi preparativi a Berna per
la visita di Giovanni Paolo II, che torna per la terza volta in Svizzera, dopo
i viaggi del 1982 e del 1984. Il 103.mo viaggio apostolico del Papa – il 5 e 6 giugno
prossimi – sarà caratterizzato dal primo incontro degli svizzeri cattolici, sul
tema “Alzati”, a cui il Santo Padre prenderà parte sabato 5 giugno al
Palaghiaccio di Berna. Sull’importanza di questo viaggio per la Chiesa della
Svizzera, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo Renato Boccardo,
segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali ed
organizzatore dei viaggi pontifici:
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R. - I
vescovi hanno voluto raccogliere i giovani dei diversi Cantoni della Svizzera
per una giornata dedicata interamente loro, invitandoli a riaffermare la loro
appartenenza ecclesiale e anche a conoscersi più da vicino. Sappiamo che la
Svizzera è ricca di tradizioni diverse e anche di diverse sensibilità. E’
chiaro che la Svizzera è un Paese variegato anche nelle sue sensibilità
ecclesiali. Mi sembra di poter dire che c’è una grande attesa ed una grande
disponibilità per questo incontro preparato, tra l’altro, da un lungo cammino
di catechesi, di formazione a diversi livelli. Ci saranno forse alcune voci un
po’ discordanti o più critiche. Direi che il Papa va incontro a tutti… li
riconosce tutti come figli della Chiesa e a tutti dirige il suo messaggio.
D. – I giovani ed il Papa di nuovo protagonisti in queste
due giornate di Berna. Quanto viene ascoltato il messaggio di Giovanni Paolo II
dalla gioventù svizzera?
R. – Ci sono coloro che si riconoscono in pieno
nell’insegnamento del Papa e quelli che, per sensibilità diversa, hanno un
atteggiamento più critico, ma io credo che in fondo ci sia un apprezzamento per
la persona, per la coerenza, per la forza del messaggio che continua a
presentare. Ci sono poi delle sensibilità che a volte diventano più critiche…
dovute, probabilmente, ad una mentalità diffusa e forse anche al clima di
educazione e di sensibilità ecclesiale nel quale questi giovani crescono e sono
guidati dai responsabili.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Nel
corso della mattina il Papa ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza
Episcopale degli Stati Uniti d' America (Regione XIII), in visita "ad
Limina".
Sempre oggi il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare
dell’arcidiocesi di Manila nelle Filippine mons. Bernardino C. Cortez, del
clero della diocesi di San Pablo, finora parroco della Parrocchia di Santa
Teresa del Bambin Gesù in Los Baños, assegnandogli la sede titolare vescovile
di Bladia.
Mons. Bernardino C. Cortez è nato il 3 luglio 1949 a
Baclaran, diocesi di Parañaque, ed è stato ordinato sacerdote il 23 giugno
1974.
DA OGGI AL 4 GIUGNO IMPORTANTE VISITA DEL
CARDINALE MARTINO IN UGANDA,
IN SEGNO DI SOLIDARIETA’ ALLE VITTIME DELLA
GUERRA CHE SCONVOLGE IL PAESE
-
Intervista con padre Giulio Albanese -
Inizia oggi una importante visita in Uganda del cardinale
Renato Raffaele Martino presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace,
in segno di solidarietà e di sostegno alle vittime del conflitto che da anni
sconvolge il Paese africano. Nel pomeriggio di oggi, a Kampala, il porporato
terrà un discorso ai parlamentari ugandesi. Domani e mercoledì il cardinale
Martino si sposterà nel nord dell’Uganda per incontrare gli sfollati dei campi
di Gulu, Kalongo e Kitgum e per visitare i feriti di guerra in alcuni ospedali
della regione; in agenda anche riunioni con le associazioni locali dei
“Genitori” e delle “Donne africane”. Per la pace e lo sviluppo nel Paese si
pregherà con particolare intensità nella solenne Liturgia Eucaristica, che il
cardinale Martino presiederà al mattino di giovedì 3 giugno presso il Santuario dei Martiri Ugandesi a
Namugongo, nella festa annuale di San Carlo Lwanga e i 21 Compagni,
martirizzati il 3 giugno 1886 e canonizzati da Paolo VI nel 1964. Nel pomeriggio di giovedì avrà infine luogo
una riunione con la Conferenza episcopale del Paese, ultimo impegno del
cardinale in terra ugandese, prima del rientro a Roma previsto nella giornata
di venerdì 4 giugno. Ma quali le attese per questa visita? Ci risponde da
Kitgum in Nord-Uganda padre Giulio Albanese, direttore dell’agenzia missionaria
Misna, che seguirà gli incontri del cardinale Martino. L’intervista è di Sergio
Centofanti.
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R. - Innanzitutto c’è soddisfazione da parte sia dei
missionari che del clero locale, dei religiosi, delle religiose che operano in
questa periferia del mondo. Non fosse altro perché questa è una regione dove si
combatte, dalla fine degli anni ’80, la classica guerra dimenticata. E il fatto
che il cardinal Martino venga qui a nome del Santo Padre con un messaggio di
verità, di riconciliazione, è certamente considerato un fatto importante,
soprattutto la sollecitudine della Santa Sede nei confronti di un milione e
mezzo quasi di sfollati che vivono in questa parte dell’Uganda, dove davvero le
condizioni di vita sono a dir poco subumane. Mentre parlo mi trovo nella
missione di Kitgum, che verrà visitata dal cardinal Martino il 2 giugno
prossimo, e qui abbiamo tantissimi sfollati che vengono a dormire a trascorrere
la notte, vivono all’addiaccio, in condizioni davvero penose. La missione,
infatti, come tutti gli altri centri urbani, è praticamente circondata dai
ribelli che seminano morte e distruzione. C’è davvero molta soddisfazione,
dunque, per questa decisione del cardinal Martino di venire qui e naturalmente
ci si attende una parola di incoraggiamento, anche perché i missionari, i
religiosi, i volontari che operano qui nel Nord Uganda in genere sono distanti
dai riflettori e dall’attenzione della grande stampa.
D. – Che cosa chiede la Chiesa ugandese alla comunità
internazionale?
R. – Innanzitutto c’è una situazione umanitaria disperata.
Molta gente vive in campi profughi dove mancano farmaci, medicine e manca
soprattutto il cibo. Io stesso ho visto in questi giorni situazioni davvero
terribili. Quindi, un appello perché la comunità internazionale si mobiliti sul
versante umanitario. Ma c’è un secondo aspetto: questa è una guerra dimenticata
anche perché, purtroppo, per troppi anni la diplomazia internazionale ha
sottovalutato il fenomeno della violenza dei ribelli di Joseph Kony, ed è
importante la mobilitazione di tutti i governi della regione. Non dimentichiamo
che i ribelli di Kony sono stati sostenuti per anni e per certi versi vengono
tuttora sostenuti dal governo di Karthoum. E’ chiaro, dunque, che la situazione
di questo conflitto non può essere trovata solamente nel Nord Uganda, ma deve
essere ricercata a livello regionale. E’ necessario il coinvolgimento di più
forze.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"Pentecoste: il Soffio vitale della Verità e della Pace": in Piazza
San Pietro, diventata un grande "Cenacolo" a cielo aperto, Giovanni
Paolo II presiede la celebrazione dei Primi Vespri di Pentecoste.
Nelle vaticane, al Regina Coeli
il Santo Padre ha sottolineato che conformati dallo Spirito a Cristo uomo
nuovo, i credenti diventano suoi testimoni.
Nel discorso al Capitolo
Generale delle Sorelle della Famigia Monastica di Betlemme, dell'Assunzione
della Beata Vergine Maria e di san Bruno il Papa ha esortato ad intensificare
la preghiera per il Medio Oriente, affinché il Signore conceda la pace e la
riconciliazione a tutti gli abitanti di questa regione ferita.
Nelle estere,in rilievo il
terrorismo con un articolo dal titolo "Trucidati senza pietà", in riferimento
all'attacco al centro petrolifero di Al Khobar da parte di estremisti collegati
con "Al Qaeda".
Nella pagina
culturale,l'editore Giuliano Vigini intervistato da Giuseppe Costa.
Nelle pagine italiane, in primo
piano l'articolo sulla morte di Antonio Amato, il cuoco di Giuliano (Napoli)
brutalmente assassinato, con altri civili inermi, in un assalto terroristico in
Arabia Saudita.
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31 maggio 2004
“TABACCO E POVERTA’, UN CIRCOLO VIZIOSO”. E’ LO SLOGAN SCELTO
DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’
PER L’ODIERNA
GIORNATA MONDIALE SENZA TABACCO
- Intervista con
Roberto Bertollini -
Lo
stato di dipendenza causato dalla nicotina, l’alterata azione dei muscoli e del
cervello provocato dal monossido di carbonio ed il rischio di cancro per il
deposito di catrame nei bronchi e nei polmoni. Sono alcuni dei drammatici
effetti provocati dalle sostanze tossiche, irritanti e cancerogene che assorbe
il corpo di un fumatore. Per denunciare questo nocivo impatto del fumo sulla salute si celebra, oggi, la Giornata
mondiale senza tabacco promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità. Sul
tema dell’iniziativa, incentrato sul controllo del tabacco e la povertà, ascoltiamo il direttore tecnico
dell’Oms Europa, Roberto Bertollini, intervistato da Amedeo Lomonaco:
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R. - Il
tema scelto quest’anno è di particolare importanza e possiamo riassumerne gli
elementi fondamentali in quattro punti. Innanzi tutto, il tabagismo è ormai un
fenomeno molto più diffuso nei Paesi in via di sviluppo, dove si concentra il
maggior numero di fumatori. Secondo punto: all’interno di ogni società, anche
di quelle sviluppate, l’abitudine al fumo è ormai più frequente tra coloro che
hanno condizioni sociali ed economiche più precarie. In terzo luogo, la
componente di salario che viene utilizzata per comprare le sigarette,
specialmente nelle famiglie più povere, è una percentuale considerevole che va
sottraendo risorse ad altre spese importanti, come quelle per l’educazione e
l’alimentazione. Il quarto elemento è quello che caratterizza una delle
argomentazioni più frequentemente addotte nei confronti delle campagne dirette
contro il tabagismo, secondo cui i contadini privati della coltura del tabacco
verrebbero privati di una possibile attività economica. Ma i contadini che
coltivano il tabacco sono quelli che ricevono la percentuale più bassa dei
redditi derivanti dal tabacco.
D. - Perché le
persone più povere tendono ad usare i prodotti del tabacco più di coloro che
vivono negli Stati più ricchi?
R. –
Queste popolazioni sono più vulnerabili ai messaggi seduttivi della pubblicità
e anche alle massicce campagne che si sono verificate e che si stanno
verificando ad opera delle multinazionali. E’ una popolazione a cui i messaggi
di prevenzione e di informazione giungono con maggiore difficoltà.
D. - Numerosi studi
dimostrano che coltivazione e consumo di tabacco fanno aumentare la povertà e
diminuire le risorse nazionali, determinando ogni anno circa 5 milioni di
morti. Come arginare questa catastrofe?
R. -
Noi abbiamo provato, negli ultimi anni, a far approvare un accordo
internazionale, approvato nel maggio dell’anno scorso, che prevede una serie di
misure a cui tutti i Paesi dovranno accedere, per poter consentire alla
comunità della sanità pubblica internazionale di agire contro la minaccia
globale legata al fenomeno del tabagismo.
D. - Il
diritto delle persone all’aria pulita nei luoghi chiusi, la prevenzione e
l’informazione, la lotta al contrabbando, il controllo della pubblicità, le
politiche fiscali e quelle dei prezzi. Quali altri strumenti è necessario
utilizzare per affrontare l’emergenza tabacco?
R. –
Abbiamo due priorità: da un lato quella di impedire alla gente di assumere
l’abitudine, ma dall’altro abbiamo il problema di far smettere coloro che già
fumano. Su questo secondo, fondamentale problema è molto importante enfatizzare
il ruolo non solo dell’informazione, ma anche quello della classe medica e
degli operatori sanitari in generale.
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Nel 2005 il numero di fumatori
nel mondo supererà il miliardo e mezzo. Per quanto riguarda l’Italia, i
fumatori costituiscono attualmente il 26,2 per cento della popolazione adulta,
la percentuale più bassa registrata negli ultimi 47 anni e accompagnata, per la
prima volta negli ultimi 20 anni, da una diminuzione della vendita di
sigarette.
LA LIRICA DI SCENA DAL 3 LUGLIO ALLE
ANTICHE TERME DI CARACALLA:
FESTIVAL
VERDIANO PER LA STAGIONE ESTIVA
DEL
TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
- Con
noi il direttore artistico Mauro Trombetta -
L'Opera
di Roma apre la sua stagione estiva a Caracalla, scenografia unica e
monumentale per la lirica sin dal 1937, con tre titoli verdiani (il Requiem,
“Nabucco” e “Trovatore”), e il balletto “Il lago dei cigni” di Čajkovskij,
sul palcoscenico allestito davanti al Calidarium delle antiche terme romane.
A.V.:
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Il melodramma a Caracalla, consuetudine estiva per il
pubblico romano, attrattiva unica al mondo per quello internazionale. Un
connubio che fa bene alla musica e all’archeologia, spiega il direttore
artistico del Teatro dell’Opera Mauro Trombetta:
“Io sono convinto che l’Opera lirica, ma qualsiasi
manifestazione degna, sia fondamentale ed importante perché i monumenti vivano
e non siano solamente un ricordo magari straordinario di vestigia del passato,
ma comunque entrino ancora a far parte del mondo e del patrimonio culturale,
vitale di una nazione”.
La sovrintendenza ha imposto restrizioni agli spettacoli,
un tempo realizzati fra i resti monumentali, per tutelare gli scavi, fino a
causarne, qualche anno fa, il trasloco allo stadio.
“Il fascino di Caracalla è che si entra in un altro tempo,
in un’altra dimensione. La difficoltà più grande è riuscire ad entrare in
questo luogo, rispettandolo e inserendo l’opera nel monumento senza traumi”.
Ma oggi entrambi i nuovi allestimenti tengono conto delle
esigenze conservative, continua il maestro Trombetta:
“Si è voluto pensare ad allestimenti che si integrassero
con il monumento, una mise en espace, cioè utilizzeremo un palcoscenico
comune diviso in due segmenti sia per il Nabucco che per il Trovatore,
sui quali verranno inseriti elementi che evochino il dramma ed anche la
posizione storica di Nabucco e di Trovatore”.
L’apertura il 3 luglio è con il Requiem di Verdi, sul
podio Gianluigi Gelmetti.
“Il concetto di inaugurazione voleva essere sulla scia di
un Festival verdiano. E poi, a mio parere, al di là della parola Requiem non è
un elogio funebre, è un elogio alla speranza, ad una vita futura”.
Poi
dal 13 al 18 luglio Nabucco diretto da Nello Santi con Alberto Gazale, Roberto
Scandiuzzi, Micaela Carosi e Rossana Rinaldi interpreti con la regia di Jacobo
Kaufmann.
“Nabucco
è stato scelto perché è un’Opera corale, anche se Verdi ha sempre avuto come
intenzione nelle sue opere, Nabucco, I Lombardi alla Prima
Crociata, l’introspezione psicologica dei personaggi”.
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31 maggio 2004
ALMENO 22
PERSONE MORTE E MIGLIAIA DI SFOLLATI
PER LA RIPRESA DI SANGUINOSI COMBATTIMENTI
TRA FAZIONI RIBELLI.
E’ QUESTO IL DRAMMATICO SCENARIO
CHE STA COLPENDO LA SOMALIA
MOGADISCIO. = In Somalia, sono migliaia le persone
che stanno abbandonando le proprie abitazioni nella zona nord di Mogadiscio a
causa degli scontri, i più violenti degli ultimi anni, in corso da quattro
giorni nel Paese africano tra due fazioni somale. Secondo fonti ospedaliere
della capitale somala, solo nelle ultime 24 ore, sarebbero oltre 22 le persone
uccise, portando così il bilancio totale dei combattimenti a più di 60 vittime.
Tra queste figurano sia miliziani, sia moltissimi civili rimasti coinvolti
nelle sparatorie per strada o raggiunti da pallottole vaganti. I timori
maggiori sono legati alla possibilità che i combattimenti si allarghino ad
altre zone. Dal 1991, in seguito alla caduta del dittatore Siad Barre, la
Somalia è un Paese senza Stato né istituzioni, sconvolta da scontri tra clan
rivali, che continuano a ricevere armi dall’esterno. A nulla sono servite,
finora, le 13 conferenze di pace tra i numerosi clan somali. I mediatori
impegnati nei colloqui di pace, che si trascinano stancamente dall'ottobre 2002
in Kenya, sarebbero riusciti a riportare tutti i protagonisti della crisi
somala al tavolo dei negoziati per discutere la composizione di un nuovo
governo di transizione. Ma nei mesi scorsi molti dei principali ‘signori della
guerra’ hanno abbandonato polemicamente le trattative organizzate dall’Autorità
intergovernativa per lo sviluppo dei Paesi del Corno d'Africa mettendo a
rischio gli sforzi per il processo di pace. (A.L.)
DURANTE IL
RECENTE INCONTRO TRA IL VESCOVO DI HONG KONG,
MONS. JOSEPH ZEN, E UN ESPONENTE
DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE,
IL POLITICO DEL PAESE ASIATICO HA
LODATO IL RUOLO DELLA RELIGIONE PER LA SOCIETÀ
HONG KONG. = Il vescovo di Hong Kong, mons. Joseph
Zen Ze-kiun ed il vescovo ausiliare dell’ex-colonia britannica, mons. John Tong
Hon, hanno incontrato nei giorni scorsi un’esponente del governo della
Repubblica Popolare Cinese, Liu Yandong. Lo riferisce l’agenzia asiatica
cattolica UcaNews, sottolineando che questo episodio conferma il processo di
riavvicinamento tra Pechino e mons. Zen, da anni molto critico nei confronti
della Cina continentale. L’incontro tra i due presuli e Liu, alla guida del
‘Dipartimento del fronte unito per il lavoro’ del Partito comunista cinese, è
avvenuto durante un banchetto a Hong Kong al quale erano invitati altri
esponenti religiosi. Liu, che è anche vicepresidente della ‘Conferenza
consultiva politica del popolo cinese’, ha affermato che la religione ha
un’influenza significativa sulla società multiculturale di Hong Kong e ha
giocato un ruolo positivo nello sviluppo sociale. Un primo segnale di apparente
disgelo nei rapporti tra Pechino e mons. Joseph Zen Ze-kiun risale a fine aprile,
quando il vescovo di Hong Kong - protagonista di tante battaglie per la
democrazia e la libertà di espressione - si era potuto recare a sorpresa a
Shangai, sua città natale in Cina, nella quale gli era proibito rientrare dal
1998. Pochi giorni fa il vescovo di Hong Kong, parlando al quotidiano ‘Sunday
Examiner’, aveva inoltre esortato i “fedeli a unirsi alle attività in vista del
4 giugno e del 1 primo luglio - rispettivamente anniversario del massacro del
1989 in piazza Tiananmen a Pechino e della grande manifestazione del 2003
contro la proposta di legge anti-repressione a Hong Long – per promuovere i
diritti umani e la giustizia”.
PRESENTATO IERI A LAGOS, DA DUE
ASSOCIAZIONI NIGERIANE, IL PROGETTO DI CONFERENZA NAZIONALE
PER AFFRONTARE IN MANIERA DEFINITIVA IL PROBLEMA
DELLO SFRUTTAMENTO DELLE MINORANZE
E DEI CONFLITTI POLITICI IN NIGERIA
LAGOS. = Dopo i recenti scontri
in Nigeria – l’ultimo dei quali, venerdì scorso, ha portato alla morte di tre persone
e all’arresto di altre 200 - nello Stato centrale del Plateau, tra gruppi di
agricoltori stanziali cristiani (Tarok) e di pastori nomadi musulmani (Fulani),
l’attenzione delle autorità locali e della società civile è tornata sul tema
dello sfruttamento delle minoranze e dei conflitti etnici nello Stato africano.
Su questo tema è stata organizzata una conferenza, promossa da due associazioni
nigeriane: il Forum delle nazionalità etniche e l’Afenifere. All’incontro,
orientato a porre “basi di coesistenza e i principi di una nuova costituzione
da ratificare con un grande referendum”, è prevista la partecipazione di
rappresentanti delle circa 300 etnie a cui appartengono oltre 120 milioni di
abitanti del Paese. Alla conferenza è stato invitato anche il capo di Stato
nigeriano, Olusegun Obasanjo. (R.M.)
IL VESCOVO DI
RORAIMA, MONS. APPARECIDO JOSÉ DIAS,
È MORTO SABATO SCORSO A CAUSA DI
UN MALE INCURABILE
RORAIMA. = Mons. Apparecido José Dias, vescovo di
Roraima, in Brasile, è morto sabato scorso all’età di 72 anni a causa di un
male incurabile. Il presule, appartenente alla Società dei Verbiti, era
particolarmente attivo per i diritti degli indigeni. Circa un anno e mezzo fa
gli era stata diagnosticata la malattia e dopo un primo intervento chirurgico a
San Paolo, mons. Dias si era ripreso e ultimamente era fiducioso di poter
continuare l’impegnativo ministero pastorale nella sua diocesi. Ma alcuni
giorni fa, le sue condizioni si sono improvvisamente aggravate, costringendolo
al ricovero in ospedale. Venerdì la situazione é precipitata e sabato sera è
giunta la notizia della sua morte. Fonti della Misna riferiscono, inoltre, che
la scomparsa del vescovo ha colto di sorpresa l’intera comunità alla vigilia
della grande celebrazione di ieri della solennità di Pentecoste, che
costituisce, ogni anno, un grande evento per l’intera diocesi. Le persone a lui
vicine lo ricordano come “grande alleato della causa indigena e degli ultimi di
Roraima, che portava costantemente dentro il suo cuore”. (A.L.)
DIECI
ANNI DI UTILIZZO DELLA RADIO DURANTE LA VITA,
L’AUTOMOBILE COME PRINCIPALE LUOGO
DI ASCOLTO E I GIOVANI TRA I PRIMI UTENTI.
SONO ALCUNI DEI DATI RICAVATI DA
UN RECENTE STUDIO REALIZZATO DA RTL SULL’ASCOLTO RADIOFONICO IN ITALIA
- A cura di Amedeo Lomonaco -
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ROMA.
= Dieci anni di ascolto della radio durante la vita, ovvero 180 minuti al
giorno, soprattutto per i giovani e gli anziani. E’ uno dei dati emersi dallo
studio condotto da Rtl con la collaborazione di una squadra di psicologi che si
sono avvalsi dei dati del sistema di rilevazione italiano Audiradio riferiti al
primo ciclo del 2004. Secondo gli studiosi, la radio è considerata una compagna
fedele e sono diverse le occasioni per ascoltarla nelle sue molteplici forme di
radio sveglia, autoradio, hi-fi o attraverso altri strumenti quali il computer
e il telefono cellulare. Le rilevazioni annuali di Audiradio hanno inoltre
evidenziato come la Lombardia sia la regione italiana con il maggior numero di
ascoltatori; durante l’arco di una settimana, inoltre, ascoltano la radio in
automobile oltre 17 milioni e mezzo di persone. Altri contesti importanti –
rileva ancora la ricerca - sono i luoghi di lavoro o di studio, i locali
pubblici e grandi spazi come stazioni o aeroporti. Gli ascoltatori sono principalmente
giovani tra i 25 e i 34 anni e i pensionati. Tra i contenuti preferiti, la
musica costituisce in assoluto la prima scelta ma la radio, intesa come
importante mezzo di informazione, è stata protagonista, negli ultimi anni,
anche di grandi fatti di interesse sociale: ne sono alcuni esempi l’11
settembre 2001, i black out elettrici, l’attentato di Nassirya e la strage
dell’11 marzo a Madrid.
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31 maggio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Una gigantesca
caccia all'uomo è in corso in Arabia Saudita. Si cerca di catturare i tre
terroristi di Al Qaida che ieri sono riusciti a sfuggire al blitz delle forze
di sicurezza del Regno, dopo aver ucciso 22 civili stranieri, tra cui un
italiano, e tenuto in ostaggio per circa 25 ore altre dozzine di persone, nel
centro residenziale nella città petrolifera di Khobar. Il nostro servizio:
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Il commando terroristico era formato da quattro uomini: il
capo è rimasto ferito durante l'assalto al residence compiuto dai reparti di
sicurezza sauditi ed è stato catturato. I tre compagni, facendosi scudo con gli
ostaggi, sono riusciti a scappare – sembra - senza portarsi dietro nessuno
straniero. Oltre alle 22 persone uccise, altre 25 sono state ferite e si trovano
ricoverate in ospedale. La più alta autorità religiosa saudita ha definito i
terroristi ''pupazzi'' manipolati dai nemici del Regno. Quello di Khobar è
stato il secondo attacco, in meno di un mese, contro l'industria petrolifera
saudita. Attraverso un comunicato su Internet, Al Qaida ha rivendicato
l'operazione ed ha annunciato un anno di ''sangue e di dolore'', promettendo
che il Regno sarà ripulito dalla presenza degli infedeli. In un messaggio audio
diffuso via Internet, Abdulaziz Al Muqrin, presunto capo di Al Qaida in Arabia
saudita dice:''Abbiamo sgozzato un italiano e lo regaliamo al governo italiano
ed al suo capo, sciocco e superbo, che annuncia con chiarezza la sua ostilità
all'Islam e manda le sue truppe a combattere i musulmani in guerre come in Iraq
e in altri Paesi''. Sempre nel comunicato che la tv del Qatar, 'Al Arabiya', ha pubblicato sul proprio sito, si
legge anche: ''Rinnoviamo la nostra volontà
di combattere le forze della croce e l'infedeltà, di liberare la terra dei musulmani e di stabilire la
Sharia (legge islamica)”. L'obiettivo primario di Al Qaida è quello di
destabilizzare l'Arabia Saudita, i cui leader sono considerati servi
dell'Occidente. Nel 1996, l'allora piccolo e poco conosciuto gruppo
terroristico aveva scelto proprio Khobar come teatro di uno dei suoi primi
sanguinosi attacchi, costato la vita a 19 soldati statunitensi. Resta da dire
che il movimento radicale palestinese Hamas ha definito l'attacco a Khobar una
''vile aggressione'' che nuoce ai Paesi arabi e islamici.
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E’ di tre morti e di una ventina di feriti il bilancio
provvisorio dell'esplosione di un'auto avvenuta questa mattina nei pressi della
“zona verde” a Baghdad, secondo quanto riferito da un giornalista dell’agenzia France
presse. Ma in quasi tutti i punti “caldi” del Paese le violenze si sono
susseguite senza interruzione. Alessandro De Carolis:
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Ieri sera il responsabile dell'informazione del partito
islamico iracheno (sunnita), Kazem Al
Rubai, è stato assassinato a sud della capitale. E in diversi attacchi nei
pressi di Kufa e a sud di Baghdad hanno perso la vita, nelle ultime ore, 3
soldati statunitensi e più di una dozzina di soldati iracheni. Sono state
ridimensionate invece le notizie sull’attacco ad un convoglio occidentale a
nord-ovest della capitale: i quattro inglesi ed un iracheno, che viaggiavano
sui mezzi assaliti dai ribelli, sono riusciti a mettersi in salvo e non sono
stati uccisi o sequestrati come detto ieri. Una ripresa delle ostilità tra
militari americani e milizie sciite, a Najaf e a Kufa, ha cancellato le ultime
illusioni sulla tregua dichiarata giovedì scorso. Intanto è stallo nella
formazione del nuovo governo. Ufficialmente, la Casa Bianca e il Palazzo di
Vetro dell'Onu attendono comunicazioni sicure, prima di prendere posizione
sulla composizione del governo iracheno ad interim, su cui continuano a
giungere da Baghdad informazioni contraddittorie. Sul nome del presidente non
c'è intesa tra Onu, Usa e iracheni. C’è da dire che secondo il quotidiano iraniano
Towse'e, una manifestazione di sciiti iracheni si è svolta nella città santa di
Najaf per protestare contro la presenza delle milizie del leader estremista
Moqtada al Sadr.
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Al di là dell’intenzione di creare instabilità
nella penisola arabica e data la situazione in Iraq, qual è ora l’obiettivo dei
terroristi? Risponde Alberto Negri, inviato speciale del ‘Sole 24 Ore’,
intervistato da Giada Aquilino:
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R. – Sembra abbastanza chiaro che uno degli obiettivi di
Al Qaeda sia quello di mettere in crisi i regimi arabi conservatori o moderati
e soprattutto mettere in crisi il più importante Paese petrolifero del mondo.
L’Arabia Saudita è, infatti, una sorta di banca centrale del petrolio mondiale.
E’ il maggiore produttore, quello che ha le più importanti riserve. E’ il Paese
che è sempre intervenuto, aumentando la produzione, per evitare gli shock
petroliferi internazionali. E’ chiaro, quindi, che l’Arabia Saudita svolge un
ruolo centrale, non solo per la stabilizzazione dei mercati, ma in genere per
la stabilità mondiale. E’ però un Paese vulnerabile, perché gli apparati di
sicurezza non sono probabilmente in grado di garantire la sicurezza di tutte le
installazioni petrolifere, come è stato dimostrato dall’attentato di Al Khobar
e da molti altri che si sono susseguiti nell’ultimo anno.
D. – Secondo un sito israeliano, i terroristi cercano di
far saltare un accordo segreto tra Stati Uniti e sauditi sulla produzione di
petrolio: è davvero così?
R. – C’è un accordo segreto. Ma ce n’è anche uno molto
palese che in realtà dura dal 1945, quando il presidente Roosevelt incontrò
il fondatore della casa dei Saud - Abdelaziz Ibn Saud - e fondò un patto basato
su una formula piuttosto semplice, che è durata fino ad oggi: sicurezza in
cambio di petrolio. Gli Stati Uniti avrebbero cioè garantito la sicurezza
internazionale del regno e la sua stabilità in cambio dell’accesso alle risorse
petrolifere saudite. Ebbene: l’occupazione militare dell’Iraq l’anno scorso ha
avuto come conseguenza
la chiusura delle basi militari americane in Arabia Saudita. Una decisione che
è stata presa quando la casa reale si è accorta che l’opinione pubblica saudita
e i gruppi d’elite al potere non potevano più tollerare una presenza americana
così evidente. Veniva occupato militarmente un altro Paese arabo confinante. E
da quel momento questo patto ha cominciato a vacillare.
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Il premier israeliano Ariel Sharon non terrà stasera al Parlamento, Knesset, l’annunciato
intervento sul suo piano di ritiro da Gaza. Sharon ha spiegato di essere stato
obbligato a rinunciare a quell'intervento ''per impegni assunti in
precedenza''. La precisazione del premier è stata annunciata dopo che esponenti
della coalizione avevano minacciato di votare contro di lui e dopo il duro
confronto di ieri con i 'falchi' del suo governo. A quanto pare, Sharon terrà
la settimana prossima il suo discorso sul nuovo piano di ritiro da Gaza. Il suo
partito, il Likud, insiste affinché egli si attenga al voto negativo sul ritiro
da Gaza espresso all'inizio di maggio dalla maggior parte dei membri.
E' cominciato stamani a Istanbul, tra eccezionali misure
di sicurezza, il processo ai 69 cittadini turchi, presumibilmente legati ad al
Qaida, sospettati di avere partecipato
ai quattro attacchi suicidi del 15 e del 20 novembre 2003 a Istanbul contro due sinagoghe e contro due obbiettivi
britannici (il consolato e la banca Hsbc), che provocarono 63 morti, tra cui i
quattro kamikaze ed il console britannico, e oltre 700 feriti. Cinquanta degli
imputati sono giudicati in stato di detenzione e 19 a piede libero. A causa del
loro numero elevato gli imputati sono stati divisi in scaglioni a seconda della
gravità delle imputazioni.
“Vi
sono i segnali di una ripresa”. Dall’assemblea di Bankitalia il governatore,
Antonio Fazio, sembra ottimista sul futuro dell’Italia, ma incita governo e
imprese a ritrovare la strada della competitività. E avverte: in assenza di
correzioni, nel 2004 il rapporto fra deficit e pil ''eccederà il 3 per cento''
e ''potrebbe portarsi fino al 3,5 per cento del prodotto''. Il servizio di
Alessandro Guarasci:
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L’Italia
può farcela ad agganciare il treno della ripresa. Davanti alla platea della
110.ma assemblea della Banca d'Italia, il governatore Fazio sottolinea: ''il
sistema bancario deve avere la forza per dare sostegno in questa difficile fase
congiunturale alla produzione e agli investimenti; può contribuire
all'inversione della tendenza''. Linea diretta, quindi, fra banchieri e
imprenditori, ma senza dimenticare il ruolo del sindacato, coinvolto in una
sorta di santa alleanza per il rilancio del Paese. ''Con un rinnovato rapporto
di collaborazione tra le parti sociali - spiega Fazio – si può tornare a
guardare allo sviluppo in un orizzonte di medio termine''. ''E' indispensabile
il mantenimento di una moderazione salariale che salvaguardi il nesso con la
produttività''. Il ragionamento di Fazio si snoda lungo un percorso che spesso
coincide con quello del numero uno di Confindustria, Luca Cordero di
Montezemolo, investimenti nella ricerca, mezzogiorno, made in Italy, crescita
delle imprese, sostegno alle esportazioni. Fazio, però, invita la politica a
fare la sua parte e a prevedere interventi a sostegno della ripresa, altrimenti
debole. Le tasse possono calare, secondo il governatore, ma bisogna prevedere
correttivi per non sforare con la spesa pubblica. Il governatore di Bankitalia
sottolinea, inoltre, la forte ripresa degli Usa, dove un mix di tassi di
interesse bassi, di riduzione delle imposte e di aumento della spesa pubblica,
sembra "aver innescato una nuova fase di crescita sostenuta".
L’Europa, purtroppo, lo scorso anno è cresciuta molto di meno.
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''Cercherò di continuare l’opera di risanamento di Umberto
Agnelli. La squadra c'è ed è forte''. Sono le parole del neo presidente di
Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, che ha annunciato per domani il Consiglio di
Amministrazione per nominare l’amministratore delegato. Delle dimissioni da
tale incarico di Morchio, Montezemolo si è detto dispiaciuto. Del suo nuovo
impegnativo incarico ha detto che non poteva rifiutare, assicurando di non
diminuire l’intensità dell’impegno in quanto capo della Confindustria.
E' tornato a casa con un nulla di fatto Erik Solheim,
l’inviato norvegese incaricato di svolgere una mediazione nel difficile
processo di pace che in Sri Lanka vede contrapposti il governo di Colombo e i
separatisti del movimento Tigri per la liberazione della patria Tamil (Ltte).
Il servizio di Andrea Sarubbi:
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Il punto discordante è nella richiesta, da parte delle
Tigri, di cominciare da subito una gestione autonoma ad interim dei territori
settentrionali e orientali a maggioranza Tamil. Questa richiesta vede la ferma
opposizione di molti deputati del Governo che intravedono, in questo modo,
l'apertura della strada verso la secessione dell'area. Il capo dello stato, la
presidente, Kumaratunga, e il premier, Rajapakse, sono al centro di una crisi
politica: guidano una coalizione di governo uscita dalle scorse elezioni
politiche del 2 aprile con pochi numeri per governare. Il fatto di essere stato giudicato
abbastanza accondiscendente con i separatisti era costata la poltrona di
premier, con conseguenti elezioni anticipate, a Wickremesinghe, promotore dei
colloqui. In ogni caso, sia la presidente che l'attuale primo ministro devono
accelerare il passo verso la riapertura dei negoziati di pace: il primo giugno,
infatti, a Bruxelles si riuniranno i Paesi donatori che, in cambio dei 4,7
miliardi di dollari stanziati per la ricostruzione delle aree devastate dalla
guerra civile, hanno chiesto la ripresa e la prosecuzione del processo
negoziale. Da quando è in atto il conflitto tra maggioranza cingalese e
minoranza tamil, sono oltre 60 mila i morti.
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Nella Cina centrale, diciotto persone, tra cui 12 bambini,
sono morte quando una massa d' acqua uscita da un serbatoio ha travolto
l'autobus sul quale viaggiavano. Uno dei funzionari che stanno dirigendo le
operazioni di soccorso ha detto che sono stati recuperati 11 cadaveri e che non
ci sono speranze di trovare superstiti.. Con i piccoli sono morti il loro
insegnante, l'autista e quattro operai che lavoravano alla costruzione di una
diga nei pressi del luogo dell’incidente.
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