RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 152 - Testo della trasmissione di lunedì 31 maggio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa invoca pace e riconciliazione per il Medio Oriente, terra “tormentata dalla violenza”. L’appello levato durante l’udienza alle monache di Betlemme, della Vergine Maria e San Bruno, riunite in capitolo generale

 

Questa sera, a conclusione del mese mariano, Rosario e processione con fiaccolata nei giardini Vaticani. La riflessione dell’arcivescovo Angelo Comastri

 

In Svizzera cresce l’attesa per la visita del Papa il 5 e 6 giugno a Berna. Intervista con il vescovo Renato Boccardo

 

Da oggi al 4 giugno importante visita del cardinale Martino in Uganda, in segno di solidarietà con le vittime della guerra che sconvolge il Paese. Intervista con padre Giulio Albanese.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

‘Tabacco e povertà, un circolo vizioso’: questo lo slogan scelto dall’Organizzazione Mondiale della sanità per l’odierna Giornata Mondiale senza tabacco. Intervista con Roberto Bertollini, direttore tecnico dell’Oms Europa

 

La lirica dal 3 luglio alle antiche Terme di Caracalla: Festival verdiano per la stagione estiva del teatro dell’Opera di Roma. Con noi il direttore artistico, Mauro Trombetta.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Almeno 22 persone morte e migliaia di sfollati per la ripresa di sanguinosi combattimenti tra fazioni ribelli. E’ questo il drammatico scenario che sta colpendo la Somalia

 

Durante il recente incontro tra il vescovo di Hong Kong, mons. Joseph Zen, e un esponente del governo della Repubblica Popolare Cinese, il politico del Paese asiatico ha lodato il ruolo della religione per la società

 

Presentato ieri, a Lagos, il progetto di Conferenza nazionale per affrontare in maniera definitiva il problema dello sfruttamento delle minoranze e dei conflitti politici in Nigeria

 

Il vescovo di Roraima, mons. Apparecido José Dias, è morto sabato scorso a causa di un male incurabile

 

Realizzato da Rtl uno studio sull’ascolto radiofonico in Italia.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Arabia Saudita è caccia ai terroristi, fuggiti dopo aver ucciso 22 stranieri

 

Ancora morti in Iraq dove è ormai rotta la tregua ed è stallo nella formazione del nuovo governo

 

Deficit pubblico molto alto: è l’allarme lanciato dal governatore di Bankitalia, Fazio.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

31 maggio 2004

 

 

IL PAPA INVOCA PACE E RICONCILIAZIONE PER IL MEDIO ORIENTE,

TERRA “TORMENTATA DALLA VIOLENZA”. L’APPELLO LEVATO

DURANTE L’UDIENZA ALLE MONACHE DI BETLEMME, DELLA VERGINE MARIA

 E SAN BRUNO, RIUNITE IN CAPITOLO GENERALE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

La grazia divina della pace e della riconciliazione per le popolazioni del Medio Oriente tormentate dalla violenza. Giovanni Paolo II l’ha invocata nuovamente questa mattina nel suo breve saluto alle monache di Betlemme, della Vergine Maria e di San Bruno, ricevute in udienza per il loro Capitolo generale. Alle 90 rappresentanti dell’Istituto monastico, il Pontefice aveva anzitutto chiesto di raggiungere una nuova e più grande “intimità con Cristo”. “Per un’umile e coraggiosa fedeltà, nel silenzio che caratterizza la vostra vita nascosta”, voi siete sostenute dalla preghiera della Vergine Maria”, ha osservato il Pontefice. “Attraverso la vostra vita contemplativa, voi elevate il mondo a Dio e rammentate agli uomini del nostro tempo il posto del silenzio e della preghiera nell’esistenza”. Nel salutare anche il ramo maschile della famiglia religiosa, Giovanni Paolo II ha ricordato la figura di San Bruno, “sentinella infaticabile del Regno che viene”, ed ha invitato i monaci e le monache ad essere, come lui, costantemente vigilanti nella preghiera.

 

La Famiglia monastica di Betlemme è nata come Ordine femminile, in Francia, nel 1950 e ha vissuto un forte sviluppo: oggi conta una trentina di monasteri sparsi in tutto il mondo. Il ramo maschile è nato nel 1976 e possiede per ora tre monasteri: in Italia (Monte Corona), in Francia ed in Israele. L'ordine è stato ufficialmente riconosciuto di diritto pontificio dalla Santa Sede nel 1998.

 

 

QUESTA SERA, A CONCLUSIONE DEL MESE MARIANO,

ROSARIO E PROCESSIONE CON FIACCOLATA NEI GIARDINI VATICANI

- Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -

 

Questa sera alle 20.00, il cardinale Francesco Marchisano, arciprete della Basilica di San Pietro e vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, guiderà la cerimonia di chiusura del mese mariano, che si svolgerà nei giardini vaticani. Un rito suggestivo, aperto a chiunque voglia partecipare, che comprende la recita del Rosario, la processione con fiaccolata dalla chiesa di Santo Stefano degli Abissini fino alla Grotta di Lourdes, sulla sommità del colle Vaticano. Quindi il porporato presiederà la liturgia della Parola. La nostra emittente seguirà l’evento in radiocronaca diretta a partire dalle ore 20.00 con commento in italiano sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Ma sulla conclusione del mese mariano ascoltiamo la riflessione dell’arcivescovo Angelo Comastri, prelato di Loreto, intervistato da Giovanni Peduto.

 

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R. - Il mese di maggio è un mese durante il quale noi ci mettiamo alla scuola di Maria, perché Maria ci insegna a credere. Maria ci insegna a dire di sì. Maria ci insegna a fare della vita “un eccomi” continuo a Dio. Ecco perché terminato il mese di maggio non finisce la devozione a Maria, perché noi dobbiamo continuamente imparare a credere. Non esiste maestra più idonea per insegnarci a credere di quanto lo sia Maria.

 

D. - Oggi, 31 maggio, si celebra la festa della Visitazione della Beata Vergine, che significato ha questa ricorrenza?

 

R. - Alla fine del mese di maggio, questa festa significa “abbiamo ascoltato Maria, abbiamo imparato il suo ‘eccomi’”. Ora bisogna mettersi in viaggio. Ora bisogna uscire e andare a vivere la fede in opere di carità. Maria esce dalla casetta di Nazareth subito dopo aver ascoltato le parole dell’Angelo e subito dopo aver pronunciato il suo sì perché Maria capisse che ogni sì detto a Dio ci impegna in opere di amore, ci impegna in opere di misericordia. E la preghiera non è vera, non è autentica se non sboccia in carità. Dopo aver pregato, noi abbiamo la verifica della preghiera fatta bene, se la nostra preghiera sboccia in carità. Maria ha detto un ‘sì’ vero, un ‘sì’ autentico, un ‘sì’ senza reticenze, perché dopo averlo pronunciato immediatamente sente il bisogno di andare a vivere la carità, il bisogno di correre da Elisabetta per mettersi al servizio della cugina anziana, che attendeva la nascita di un bambino. La festa del 31 maggio significa questo: ora è tempo di uscire dal momento della preghiera intima, dal momento dell’ascolto, dal momento in cui ci si mette ai piedi di Maria per imparare da lei la bellezza della fede; ora la fede va vissuta; la fede va tradotta in opere di misericordia.

 

D. - Diceva Grignion de Montfort “Chi ama Maria va in Paradiso”…

 

R. - E’ una frase, un’affermazione che presa così può far arricciare il naso a qualcuno, ma spiegata bene è un’affermazione splendida. Chi ama Maria va in Paradiso non perché Maria prende il posto di Gesù. Chi ama Maria va in Paradiso perché Maria porta a Gesù, perché chi ama Maria trova la strada più sicura per andare a Gesù. Perché Maria non ha altro desiderio che portarci a Gesù. Maria è tutta relativa a Gesù. Pensiamo alle parole che Maria pronuncia alle Nozze di Cana. Sono parole di una bellezza, di una profondità straordinaria e sono le ultime parole riportate nel Vangelo, pronunciate da Maria. Quindi, in qualche modo sono il suo testamento.  Maria dice ai servi: “Qualsiasi cosa Lui dirà voi fatela”. Ecco perché amando Maria si ama Gesù ed ecco perché chi ama Maria va in Paradiso.

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IN SVIZZERA, CRESCE L’ATTESA PER LA VISITA

 DEL PAPA, IL 5 E 6 GIUGNO A BERNA

- Intervista con mons. Renato Boccardo -

 

Ultimi preparativi a Berna per la visita di Giovanni Paolo II, che torna per la terza volta in Svizzera, dopo i viaggi del 1982 e del 1984. Il 103.mo viaggio apostolico del Papa – il 5 e 6 giugno prossimi – sarà caratterizzato dal primo incontro degli svizzeri cattolici, sul tema “Alzati”, a cui il Santo Padre prenderà parte sabato 5 giugno al Palaghiaccio di Berna. Sull’importanza di questo viaggio per la Chiesa della Svizzera, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo Renato Boccardo, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali ed organizzatore dei viaggi pontifici:

 

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R. - I vescovi hanno voluto raccogliere i giovani dei diversi Cantoni della Svizzera per una giornata dedicata interamente loro, invitandoli a riaffermare la loro appartenenza ecclesiale e anche a conoscersi più da vicino. Sappiamo che la Svizzera è ricca di tradizioni diverse e anche di diverse sensibilità. E’ chiaro che la Svizzera è un Paese variegato anche nelle sue sensibilità ecclesiali. Mi sembra di poter dire che c’è una grande attesa ed una grande disponibilità per questo incontro preparato, tra l’altro, da un lungo cammino di catechesi, di formazione a diversi livelli. Ci saranno forse alcune voci un po’ discordanti o più critiche. Direi che il Papa va incontro a tutti… li riconosce tutti come figli della Chiesa e a tutti dirige il suo messaggio.

 

D. – I giovani ed il Papa di nuovo protagonisti in queste due giornate di Berna. Quanto viene ascoltato il messaggio di Giovanni Paolo II dalla gioventù svizzera?

 

R. – Ci sono coloro che si riconoscono in pieno nell’insegnamento del Papa e quelli che, per sensibilità diversa, hanno un atteggiamento più critico, ma io credo che in fondo ci sia un apprezzamento per la persona, per la coerenza, per la forza del messaggio che continua a presentare. Ci sono poi delle sensibilità che a volte diventano più critiche… dovute, probabilmente, ad una mentalità diffusa e forse anche al clima di educazione e di sensibilità ecclesiale nel quale questi giovani crescono e sono guidati dai responsabili.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d' America (Regione XIII), in visita "ad Limina".

 

Sempre oggi il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Manila nelle Filippine mons. Bernardino C. Cortez, del clero della diocesi di San Pablo, finora parroco della Parrocchia di Santa Teresa del Bambin Gesù in Los Baños, assegnandogli la sede titolare vescovile di Bladia.

 

Mons. Bernardino C. Cortez è nato il 3 luglio 1949 a Baclaran, diocesi di Parañaque, ed è stato ordinato sacerdote il 23 giugno 1974.

 

 

DA OGGI AL 4 GIUGNO IMPORTANTE VISITA DEL CARDINALE MARTINO IN UGANDA,

 IN SEGNO DI SOLIDARIETA’ ALLE VITTIME DELLA GUERRA CHE SCONVOLGE IL PAESE

- Intervista con padre Giulio Albanese -

 

Inizia oggi una importante visita in Uganda del cardinale Renato Raffaele Martino presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, in segno di solidarietà e di sostegno alle vittime del conflitto che da anni sconvolge il Paese africano. Nel pomeriggio di oggi, a Kampala, il porporato terrà un discorso ai parlamentari ugandesi. Domani e mercoledì il cardinale Martino si sposterà nel nord dell’Uganda per incontrare gli sfollati dei campi di Gulu, Kalongo e Kitgum e per visitare i feriti di guerra in alcuni ospedali della regione; in agenda anche riunioni con le associazioni locali dei “Genitori” e delle “Donne africane”. Per la pace e lo sviluppo nel Paese si pregherà con particolare intensità nella solenne Liturgia Eucaristica, che il cardinale Martino presiederà al mattino di giovedì 3 giugno  presso il Santuario dei Martiri Ugandesi a Namugongo, nella festa annuale di San Carlo Lwanga e i 21 Compagni, martirizzati il 3 giugno 1886 e canonizzati da Paolo VI nel 1964.  Nel pomeriggio di giovedì avrà infine luogo una riunione con la Conferenza episcopale del Paese, ultimo impegno del cardinale in terra ugandese, prima del rientro a Roma previsto nella giornata di venerdì 4 giugno. Ma quali le attese per questa visita? Ci risponde da Kitgum in Nord-Uganda padre Giulio Albanese, direttore dell’agenzia missionaria Misna, che seguirà gli incontri del cardinale Martino. L’intervista è di Sergio Centofanti.

 

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R. - Innanzitutto c’è soddisfazione da parte sia dei missionari che del clero locale, dei religiosi, delle religiose che operano in questa periferia del mondo. Non fosse altro perché questa è una regione dove si combatte, dalla fine degli anni ’80, la classica guerra dimenticata. E il fatto che il cardinal Martino venga qui a nome del Santo Padre con un messaggio di verità, di riconciliazione, è certamente considerato un fatto importante, soprattutto la sollecitudine della Santa Sede nei confronti di un milione e mezzo quasi di sfollati che vivono in questa parte dell’Uganda, dove davvero le condizioni di vita sono a dir poco subumane. Mentre parlo mi trovo nella missione di Kitgum, che verrà visitata dal cardinal Martino il 2 giugno prossimo, e qui abbiamo tantissimi sfollati che vengono a dormire a trascorrere la notte, vivono all’addiaccio, in condizioni davvero penose. La missione, infatti, come tutti gli altri centri urbani, è praticamente circondata dai ribelli che seminano morte e distruzione. C’è davvero molta soddisfazione, dunque, per questa decisione del cardinal Martino di venire qui e naturalmente ci si attende una parola di incoraggiamento, anche perché i missionari, i religiosi, i volontari che operano qui nel Nord Uganda in genere sono distanti dai riflettori e dall’attenzione della grande stampa.

 

D. – Che cosa chiede la Chiesa ugandese alla comunità internazionale?

 

R. – Innanzitutto c’è una situazione umanitaria disperata. Molta gente vive in campi profughi dove mancano farmaci, medicine e manca soprattutto il cibo. Io stesso ho visto in questi giorni situazioni davvero terribili. Quindi, un appello perché la comunità internazionale si mobiliti sul versante umanitario. Ma c’è un secondo aspetto: questa è una guerra dimenticata anche perché, purtroppo, per troppi anni la diplomazia internazionale ha sottovalutato il fenomeno della violenza dei ribelli di Joseph Kony, ed è importante la mobilitazione di tutti i governi della regione. Non dimentichiamo che i ribelli di Kony sono stati sostenuti per anni e per certi versi vengono tuttora sostenuti dal governo di Karthoum. E’ chiaro, dunque, che la situazione di questo conflitto non può essere trovata solamente nel Nord Uganda, ma deve essere ricercata a livello regionale. E’ necessario il coinvolgimento di più forze.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Pentecoste: il Soffio vitale della Verità e della Pace": in Piazza San Pietro, diventata un grande "Cenacolo" a cielo aperto, Giovanni Paolo II presiede la celebrazione dei Primi Vespri di Pentecoste.

 

Nelle vaticane, al Regina Coeli il Santo Padre ha sottolineato che conformati dallo Spirito a Cristo uomo nuovo, i credenti diventano suoi testimoni.

Nel discorso al Capitolo Generale delle Sorelle della Famigia Monastica di Betlemme, dell'Assunzione della Beata Vergine Maria e di san Bruno il Papa ha esortato ad intensificare la preghiera per il Medio Oriente, affinché il Signore conceda la pace e la riconciliazione a tutti gli abitanti di questa regione ferita.

 

Nelle estere,in rilievo il terrorismo con un articolo dal titolo "Trucidati senza pietà", in riferimento all'attacco al centro petrolifero di Al Khobar da parte di estremisti collegati con "Al Qaeda".

 

Nella pagina culturale,l'editore Giuliano Vigini intervistato da Giuseppe Costa.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'articolo sulla morte di Antonio Amato, il cuoco di Giuliano (Napoli) brutalmente assassinato, con altri civili inermi, in un assalto terroristico in Arabia Saudita.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 maggio 2004

 

 

“TABACCO E POVERTA’, UN CIRCOLO VIZIOSO”. E’ LO SLOGAN SCELTO DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’

PER L’ODIERNA GIORNATA MONDIALE SENZA TABACCO

- Intervista con Roberto Bertollini -

 

Lo stato di dipendenza causato dalla nicotina, l’alterata azione dei muscoli e del cervello provocato dal monossido di carbonio ed il rischio di cancro per il deposito di catrame nei bronchi e nei polmoni. Sono alcuni dei drammatici effetti provocati dalle sostanze tossiche, irritanti e cancerogene che assorbe il corpo di un fumatore. Per denunciare questo nocivo impatto del fumo sulla salute si celebra, oggi, la Giornata mondiale senza tabacco promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità. Sul tema dell’iniziativa, incentrato sul controllo del tabacco e la povertà, ascoltiamo il direttore tecnico dell’Oms Europa, Roberto Bertollini, intervistato da Amedeo Lomonaco:

 

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R. - Il tema scelto quest’anno è di particolare importanza e possiamo riassumerne gli elementi fondamentali in quattro punti. Innanzi tutto, il tabagismo è ormai un fenomeno molto più diffuso nei Paesi in via di sviluppo, dove si concentra il maggior numero di fumatori. Secondo punto: all’interno di ogni società, anche di quelle sviluppate, l’abitudine al fumo è ormai più frequente tra coloro che hanno condizioni sociali ed economiche più precarie. In terzo luogo, la componente di salario che viene utilizzata per comprare le sigarette, specialmente nelle famiglie più povere, è una percentuale considerevole che va sottraendo risorse ad altre spese importanti, come quelle per l’educazione e l’alimentazione. Il quarto elemento è quello che caratterizza una delle argomentazioni più frequentemente addotte nei confronti delle campagne dirette contro il tabagismo, secondo cui i contadini privati della coltura del tabacco verrebbero privati di una possibile attività economica. Ma i contadini che coltivano il tabacco sono quelli che ricevono la percentuale più bassa dei redditi derivanti dal tabacco.

 

D. - Perché le persone più povere tendono ad usare i prodotti del tabacco più di coloro che vivono negli Stati più ricchi?

 

R. – Queste popolazioni sono più vulnerabili ai messaggi seduttivi della pubblicità e anche alle massicce campagne che si sono verificate e che si stanno verificando ad opera delle multinazionali. E’ una popolazione a cui i messaggi di prevenzione e di informazione giungono con maggiore difficoltà.

 

D. - Numerosi studi dimostrano che coltivazione e consumo di tabacco fanno aumentare la povertà e diminuire le risorse nazionali, determinando ogni anno circa 5 milioni di morti. Come arginare questa catastrofe?

 

R. - Noi abbiamo provato, negli ultimi anni, a far approvare un accordo internazionale, approvato nel maggio dell’anno scorso, che prevede una serie di misure a cui tutti i Paesi dovranno accedere, per poter consentire alla comunità della sanità pubblica internazionale di agire contro la minaccia globale legata al fenomeno del tabagismo.

 

D. - Il diritto delle persone all’aria pulita nei luoghi chiusi, la prevenzione e l’informazione, la lotta al contrabbando, il controllo della pubblicità, le politiche fiscali e quelle dei prezzi. Quali altri strumenti è necessario utilizzare per affrontare l’emergenza tabacco?

 

R. – Abbiamo due priorità: da un lato quella di impedire alla gente di assumere l’abitudine, ma dall’altro abbiamo il problema di far smettere coloro che già fumano. Su questo secondo, fondamentale problema è molto importante enfatizzare il ruolo non solo dell’informazione, ma anche quello della classe medica e degli operatori sanitari in generale.

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Nel 2005 il numero di fumatori nel mondo supererà il miliardo e mezzo. Per quanto riguarda l’Italia, i fumatori costituiscono attualmente il 26,2 per cento della popolazione adulta, la percentuale più bassa registrata negli ultimi 47 anni e accompagnata, per la prima volta negli ultimi 20 anni, da una diminuzione della vendita di sigarette.

 

 

LA LIRICA DI SCENA DAL 3 LUGLIO ALLE ANTICHE TERME DI CARACALLA:

FESTIVAL VERDIANO PER LA STAGIONE ESTIVA

DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

- Con noi il direttore artistico Mauro Trombetta -

 

L'Opera di Roma apre la sua stagione estiva a Caracalla, scenografia unica e monumentale per la lirica sin dal 1937, con tre titoli verdiani (il Requiem, “Nabucco” e “Trovatore”), e il balletto “Il lago dei cigni” di Čajkovskij, sul palcoscenico allestito davanti al Calidarium delle antiche terme romane. A.V.:

 

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Il melodramma a Caracalla, consuetudine estiva per il pubblico romano, attrattiva unica al mondo per quello internazionale. Un connubio che fa bene alla musica e all’archeologia, spiega il direttore artistico del Teatro dell’Opera Mauro Trombetta:

 

“Io sono convinto che l’Opera lirica, ma qualsiasi manifestazione degna, sia fondamentale ed importante perché i monumenti vivano e non siano solamente un ricordo magari straordinario di vestigia del passato, ma comunque entrino ancora a far parte del mondo e del patrimonio culturale, vitale di una nazione”.

 

La sovrintendenza ha imposto restrizioni agli spettacoli, un tempo realizzati fra i resti monumentali, per tutelare gli scavi, fino a causarne, qualche anno fa, il trasloco allo stadio.

 

“Il fascino di Caracalla è che si entra in un altro tempo, in un’altra dimensione. La difficoltà più grande è riuscire ad entrare in questo luogo, rispettandolo e inserendo l’opera nel monumento senza traumi”.

 

Ma oggi entrambi i nuovi allestimenti tengono conto delle esigenze conservative, continua il maestro Trombetta:

 

“Si è voluto pensare ad allestimenti che si integrassero con il monumento, una mise en espace, cioè utilizzeremo un palcoscenico comune diviso in due segmenti sia per il Nabucco che per il Trovatore, sui quali verranno inseriti elementi che evochino il dramma ed anche la posizione storica di Nabucco e di Trovatore”.

 

L’apertura il 3 luglio è con il Requiem di Verdi, sul podio Gianluigi Gelmetti.

 

“Il concetto di inaugurazione voleva essere sulla scia di un Festival verdiano. E poi, a mio parere, al di là della parola Requiem non è un elogio funebre, è un elogio alla speranza, ad una vita futura”.

 

Poi dal 13 al 18 luglio Nabucco diretto da Nello Santi con Alberto Gazale, Roberto Scandiuzzi, Micaela Carosi e Rossana Rinaldi interpreti con la regia di Jacobo Kaufmann.

 

Nabucco è stato scelto perché è un’Opera corale, anche se Verdi ha sempre avuto come intenzione nelle sue opere, Nabucco, I Lombardi alla Prima Crociata, l’introspezione psicologica dei personaggi”.

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CHIESA E SOCIETA’

31 maggio 2004

 

 

ALMENO 22 PERSONE MORTE E MIGLIAIA DI SFOLLATI

PER LA RIPRESA DI SANGUINOSI COMBATTIMENTI TRA FAZIONI RIBELLI.

E’ QUESTO IL DRAMMATICO SCENARIO CHE STA COLPENDO LA SOMALIA

 

MOGADISCIO. = In Somalia, sono migliaia le persone che stanno abbandonando le proprie abitazioni nella zona nord di Mogadiscio a causa degli scontri, i più violenti degli ultimi anni, in corso da quattro giorni nel Paese africano tra due fazioni somale. Secondo fonti ospedaliere della capitale somala, solo nelle ultime 24 ore, sarebbero oltre 22 le persone uccise, portando così il bilancio totale dei combattimenti a più di 60 vittime. Tra queste figurano sia miliziani, sia moltissimi civili rimasti coinvolti nelle sparatorie per strada o raggiunti da pallottole vaganti. I timori maggiori sono legati alla possibilità che i combattimenti si allarghino ad altre zone. Dal 1991, in seguito alla caduta del dittatore Siad Barre, la Somalia è un Paese senza Stato né istituzioni, sconvolta da scontri tra clan rivali, che continuano a ricevere armi dall’esterno. A nulla sono servite, finora, le 13 conferenze di pace tra i numerosi clan somali. I mediatori impegnati nei colloqui di pace, che si trascinano stancamente dall'ottobre 2002 in Kenya, sarebbero riusciti a riportare tutti i protagonisti della crisi somala al tavolo dei negoziati per discutere la composizione di un nuovo governo di transizione. Ma nei mesi scorsi molti dei principali ‘signori della guerra’ hanno abbandonato polemicamente le trattative organizzate dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo dei Paesi del Corno d'Africa mettendo a rischio gli sforzi per il processo di pace. (A.L.)

 

 

DURANTE IL RECENTE INCONTRO TRA IL VESCOVO DI HONG KONG,

MONS. JOSEPH ZEN, E UN ESPONENTE DEL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE,

IL POLITICO DEL PAESE ASIATICO HA LODATO IL RUOLO DELLA RELIGIONE PER LA SOCIETÀ

 

HONG KONG. = Il vescovo di Hong Kong, mons. Joseph Zen Ze-kiun ed il vescovo ausiliare dell’ex-colonia britannica, mons. John Tong Hon, hanno incontrato nei giorni scorsi un’esponente del governo della Repubblica Popolare Cinese, Liu Yandong. Lo riferisce l’agenzia asiatica cattolica UcaNews, sottolineando che questo episodio conferma il processo di riavvicinamento tra Pechino e mons. Zen, da anni molto critico nei confronti della Cina continentale. L’incontro tra i due presuli e Liu, alla guida del ‘Dipartimento del fronte unito per il lavoro’ del Partito comunista cinese, è avvenuto durante un banchetto a Hong Kong al quale erano invitati altri esponenti religiosi. Liu, che è anche vicepresidente della ‘Conferenza consultiva politica del popolo cinese’, ha affermato che la religione ha un’influenza significativa sulla società multiculturale di Hong Kong e ha giocato un ruolo positivo nello sviluppo sociale. Un primo segnale di apparente disgelo nei rapporti tra Pechino e mons. Joseph Zen Ze-kiun risale a fine aprile, quando il vescovo di Hong Kong - protagonista di tante battaglie per la democrazia e la libertà di espressione - si era potuto recare a sorpresa a Shangai, sua città natale in Cina, nella quale gli era proibito rientrare dal 1998. Pochi giorni fa il vescovo di Hong Kong, parlando al quotidiano ‘Sunday Examiner’, aveva inoltre esortato i “fedeli a unirsi alle attività in vista del 4 giugno e del 1 primo luglio - rispettivamente anniversario del massacro del 1989 in piazza Tiananmen a Pechino e della grande manifestazione del 2003 contro la proposta di legge anti-repressione a Hong Long – per promuovere i diritti umani e la giustizia”.

 

 

PRESENTATO IERI A LAGOS, DA DUE ASSOCIAZIONI NIGERIANE, IL PROGETTO DI CONFERENZA NAZIONALE

PER AFFRONTARE IN MANIERA DEFINITIVA IL PROBLEMA DELLO SFRUTTAMENTO DELLE MINORANZE

E DEI CONFLITTI POLITICI IN NIGERIA

 

LAGOS. = Dopo i recenti scontri in Nigeria – l’ultimo dei quali, venerdì scorso, ha portato alla morte di tre persone e all’arresto di altre 200 - nello Stato centrale del Plateau, tra gruppi di agricoltori stanziali cristiani (Tarok) e di pastori nomadi musulmani (Fulani), l’attenzione delle autorità locali e della società civile è tornata sul tema dello sfruttamento delle minoranze e dei conflitti etnici nello Stato africano. Su questo tema è stata organizzata una conferenza, promossa da due associazioni nigeriane: il Forum delle nazionalità etniche e l’Afenifere. All’incontro, orientato a porre “basi di coesistenza e i principi di una nuova costituzione da ratificare con un grande referendum”, è prevista la partecipazione di rappresentanti delle circa 300 etnie a cui appartengono oltre 120 milioni di abitanti del Paese. Alla conferenza è stato invitato anche il capo di Stato nigeriano, Olusegun Obasanjo. (R.M.)

 

 

IL VESCOVO DI RORAIMA, MONS. APPARECIDO JOSÉ DIAS,

È MORTO SABATO SCORSO A CAUSA DI UN MALE INCURABILE

 

RORAIMA. = Mons. Apparecido José Dias, vescovo di Roraima, in Brasile, è morto sabato scorso all’età di 72 anni a causa di un male incurabile. Il presule, appartenente alla Società dei Verbiti, era particolarmente attivo per i diritti degli indigeni. Circa un anno e mezzo fa gli era stata diagnosticata la malattia e dopo un primo intervento chirurgico a San Paolo, mons. Dias si era ripreso e ultimamente era fiducioso di poter continuare l’impegnativo ministero pastorale nella sua diocesi. Ma alcuni giorni fa, le sue condizioni si sono improvvisamente aggravate, costringendolo al ricovero in ospedale. Venerdì la situazione é precipitata e sabato sera è giunta la notizia della sua morte. Fonti della Misna riferiscono, inoltre, che la scomparsa del vescovo ha colto di sorpresa l’intera comunità alla vigilia della grande celebrazione di ieri della solennità di Pentecoste, che costituisce, ogni anno, un grande evento per l’intera diocesi. Le persone a lui vicine lo ricordano come “grande alleato della causa indigena e degli ultimi di Roraima, che portava costantemente dentro il suo cuore”. (A.L.)

 

 

DIECI ANNI DI UTILIZZO DELLA RADIO DURANTE LA VITA,

L’AUTOMOBILE COME PRINCIPALE LUOGO DI ASCOLTO E I GIOVANI TRA I PRIMI UTENTI.

SONO ALCUNI DEI DATI RICAVATI DA UN RECENTE STUDIO REALIZZATO DA RTL SULL’ASCOLTO RADIOFONICO IN ITALIA

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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ROMA. = Dieci anni di ascolto della radio durante la vita, ovvero 180 minuti al giorno, soprattutto per i giovani e gli anziani. E’ uno dei dati emersi dallo studio condotto da Rtl con la collaborazione di una squadra di psicologi che si sono avvalsi dei dati del sistema di rilevazione italiano Audiradio riferiti al primo ciclo del 2004. Secondo gli studiosi, la radio è considerata una compagna fedele e sono diverse le occasioni per ascoltarla nelle sue molteplici forme di radio sveglia, autoradio, hi-fi o attraverso altri strumenti quali il computer e il telefono cellulare. Le rilevazioni annuali di Audiradio hanno inoltre evidenziato come la Lombardia sia la regione italiana con il maggior numero di ascoltatori; durante l’arco di una settimana, inoltre, ascoltano la radio in automobile oltre 17 milioni e mezzo di persone. Altri contesti importanti – rileva ancora la ricerca - sono i luoghi di lavoro o di studio, i locali pubblici e grandi spazi come stazioni o aeroporti. Gli ascoltatori sono principalmente giovani tra i 25 e i 34 anni e i pensionati. Tra i contenuti preferiti, la musica costituisce in assoluto la prima scelta ma la radio, intesa come importante mezzo di informazione, è stata protagonista, negli ultimi anni, anche di grandi fatti di interesse sociale: ne sono alcuni esempi l’11 settembre 2001, i black out elettrici, l’attentato di Nassirya e la strage dell’11 marzo a Madrid.

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24 ORE NEL MONDO

31 maggio 2004

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Una  gigantesca caccia all'uomo è in corso in Arabia Saudita. Si cerca di catturare i tre terroristi di Al Qaida che ieri sono riusciti a sfuggire al blitz delle forze di sicurezza del Regno, dopo aver ucciso 22 civili stranieri, tra cui un italiano, e tenuto in ostaggio per circa 25 ore altre dozzine di persone, nel centro residenziale nella città petrolifera di Khobar. Il nostro servizio:

 

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Il commando terroristico era formato da quattro uomini: il capo è rimasto ferito durante l'assalto al residence compiuto dai reparti di sicurezza sauditi ed è stato catturato. I tre compagni, facendosi scudo con gli ostaggi, sono riusciti a scappare – sembra - senza portarsi dietro nessuno straniero. Oltre alle 22 persone uccise, altre 25 sono state ferite e si trovano ricoverate in ospedale. La più alta autorità religiosa saudita ha definito i terroristi ''pupazzi'' manipolati dai nemici del Regno. Quello di Khobar è stato il secondo attacco, in meno di un mese, contro l'industria petrolifera saudita. Attraverso un comunicato su Internet, Al Qaida ha rivendicato l'operazione ed ha annunciato un anno di ''sangue e di dolore'', promettendo che il Regno sarà ripulito dalla presenza degli infedeli. In un messaggio audio diffuso via Internet, Abdulaziz Al Muqrin, presunto capo di Al Qaida in Arabia saudita dice:''Abbiamo sgozzato un italiano e lo regaliamo al governo italiano ed al suo capo, sciocco e superbo, che annuncia con chiarezza la sua ostilità all'Islam e manda le sue truppe a combattere i musulmani in guerre come in Iraq e in altri Paesi''. Sempre nel comunicato che la tv del Qatar, 'Al  Arabiya', ha pubblicato sul proprio sito, si legge anche: ''Rinnoviamo la nostra volontà  di combattere le forze della croce e l'infedeltà, di liberare  la terra dei musulmani e di stabilire la Sharia (legge islamica)”. L'obiettivo primario di Al Qaida è quello di destabilizzare l'Arabia Saudita, i cui leader sono considerati servi dell'Occidente. Nel 1996, l'allora piccolo e poco conosciuto gruppo terroristico aveva scelto proprio Khobar come teatro di uno dei suoi primi sanguinosi attacchi, costato la vita a 19 soldati statunitensi. Resta da dire che il movimento radicale palestinese Hamas ha definito l'attacco a Khobar una ''vile aggressione'' che nuoce ai Paesi arabi e islamici. 

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E’ di tre morti e di una ventina di feriti il bilancio provvisorio dell'esplosione di un'auto avvenuta questa mattina nei pressi della “zona verde” a Baghdad, secondo quanto riferito da un giornalista dell’agenzia France presse. Ma in quasi tutti i punti “caldi” del Paese le violenze si sono susseguite senza interruzione. Alessandro De Carolis:

 

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Ieri sera il responsabile dell'informazione del partito islamico iracheno (sunnita),   Kazem Al Rubai, è stato assassinato a sud della capitale. E in diversi attacchi nei pressi di Kufa e a sud di Baghdad hanno perso la vita, nelle ultime ore, 3 soldati statunitensi e più di una dozzina di soldati iracheni. Sono state ridimensionate invece le notizie sull’attacco ad un convoglio occidentale a nord-ovest della capitale: i quattro inglesi ed un iracheno, che viaggiavano sui mezzi assaliti dai ribelli, sono riusciti a mettersi in salvo e non sono stati uccisi o sequestrati come detto ieri. Una ripresa delle ostilità tra militari americani e milizie sciite, a Najaf e a Kufa, ha cancellato le ultime illusioni sulla tregua dichiarata giovedì scorso. Intanto è stallo nella formazione del nuovo governo. Ufficialmente, la Casa Bianca e il Palazzo di Vetro dell'Onu attendono comunicazioni sicure, prima di prendere posizione sulla composizione del governo iracheno ad interim, su cui continuano a giungere da Baghdad informazioni contraddittorie. Sul nome del presidente non c'è intesa tra Onu, Usa e iracheni. C’è da dire che secondo il quotidiano iraniano Towse'e, una manifestazione di sciiti iracheni si è svolta nella città santa di Najaf per protestare contro la presenza delle milizie del leader estremista Moqtada al Sadr.

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Al di là dell’intenzione di creare instabilità nella penisola arabica e data la situazione in Iraq, qual è ora l’obiettivo dei terroristi? Risponde Alberto Negri, inviato speciale del ‘Sole 24 Ore’, intervistato da Giada Aquilino:

                                                        

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R. – Sembra abbastanza chiaro che uno degli obiettivi di Al Qaeda sia quello di mettere in crisi i regimi arabi conservatori o moderati e soprattutto mettere in crisi il più importante Paese petrolifero del mondo. L’Arabia Saudita è, infatti, una sorta di banca centrale del petrolio mondiale. E’ il maggiore produttore, quello che ha le più importanti riserve. E’ il Paese che è sempre intervenuto, aumentando la produzione, per evitare gli shock petroliferi internazionali. E’ chiaro, quindi, che l’Arabia Saudita svolge un ruolo centrale, non solo per la stabilizzazione dei mercati, ma in genere per la stabilità mondiale. E’ però un Paese vulnerabile, perché gli apparati di sicurezza non sono probabilmente in grado di garantire la sicurezza di tutte le installazioni petrolifere, come è stato dimostrato dall’attentato di Al Khobar e da molti altri che si sono susseguiti nell’ultimo anno.

 

D. – Secondo un sito israeliano, i terroristi cercano di far saltare un accordo segreto tra Stati Uniti e sauditi sulla produzione di petrolio: è davvero così?

 

R. – C’è un accordo segreto. Ma ce n’è anche uno molto palese che in realtà dura dal 1945, quando il presidente Roosevelt incontrò il fondatore della casa dei Saud - Abdelaziz Ibn Saud - e fondò un patto basato su una formula piuttosto semplice, che è durata fino ad oggi: sicurezza in cambio di petrolio. Gli Stati Uniti avrebbero cioè garantito la sicurezza internazionale del regno e la sua stabilità in cambio dell’accesso alle risorse petrolifere saudite. Ebbene: l’occupazione militare dell’Iraq l’anno scorso ha avuto come conseguenza la chiusura delle basi militari americane in Arabia Saudita. Una decisione che è stata presa quando la casa reale si è accorta che l’opinione pubblica saudita e i gruppi d’elite al potere non potevano più tollerare una presenza americana così evidente. Veniva occupato militarmente un altro Paese arabo confinante. E da quel momento questo patto ha cominciato a vacillare.

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Il premier israeliano Ariel Sharon non  terrà stasera al Parlamento, Knesset, l’annunciato intervento sul suo piano di ritiro da Gaza. Sharon ha spiegato di essere stato obbligato a rinunciare a quell'intervento ''per impegni assunti in precedenza''. La precisazione del premier è stata annunciata dopo che esponenti della coalizione avevano minacciato di votare contro di lui e dopo il duro confronto di ieri con i 'falchi' del suo governo. A quanto pare, Sharon terrà la settimana prossima il suo discorso sul nuovo piano di ritiro da Gaza. Il suo partito, il Likud, insiste affinché egli si attenga al voto negativo sul ritiro da Gaza espresso all'inizio di maggio dalla maggior parte dei membri.

 

E' cominciato stamani a Istanbul, tra eccezionali misure di sicurezza, il processo ai 69 cittadini turchi, presumibilmente legati ad al Qaida, sospettati di avere  partecipato ai quattro attacchi suicidi del 15 e del 20 novembre  2003 a Istanbul contro due sinagoghe e contro due obbiettivi britannici (il consolato e la banca Hsbc), che provocarono 63 morti, tra cui i quattro kamikaze ed il console britannico, e oltre 700 feriti. Cinquanta degli imputati sono giudicati in stato di detenzione e 19 a piede libero. A causa del loro numero elevato gli imputati sono stati divisi in scaglioni a seconda della gravità delle imputazioni.

 

“Vi sono i segnali di una ripresa”. Dall’assemblea di Bankitalia il governatore, Antonio Fazio, sembra ottimista sul futuro dell’Italia, ma incita governo e imprese a ritrovare la strada della competitività. E avverte: in assenza di correzioni, nel 2004 il rapporto fra deficit e pil ''eccederà il 3 per cento'' e ''potrebbe portarsi fino al 3,5 per cento del prodotto''. Il servizio di Alessandro Guarasci:

 

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L’Italia può farcela ad agganciare il treno della ripresa. Davanti alla platea della 110.ma assemblea della Banca d'Italia, il governatore Fazio sottolinea: ''il sistema bancario deve avere la forza per dare sostegno in questa difficile fase congiunturale alla produzione e agli investimenti; può contribuire all'inversione della tendenza''. Linea diretta, quindi, fra banchieri e imprenditori, ma senza dimenticare il ruolo del sindacato, coinvolto in una sorta di santa alleanza per il rilancio del Paese. ''Con un rinnovato rapporto di collaborazione tra le parti sociali - spiega Fazio – si può tornare a guardare allo sviluppo in un orizzonte di medio termine''. ''E' indispensabile il mantenimento di una moderazione salariale che salvaguardi il nesso con la produttività''. Il ragionamento di Fazio si snoda lungo un percorso che spesso coincide con quello del numero uno di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, investimenti nella ricerca, mezzogiorno, made in Italy, crescita delle imprese, sostegno alle esportazioni. Fazio, però, invita la politica a fare la sua parte e a prevedere interventi a sostegno della ripresa, altrimenti debole. Le tasse possono calare, secondo il governatore, ma bisogna prevedere correttivi per non sforare con la spesa pubblica. Il governatore di Bankitalia sottolinea, inoltre, la forte ripresa degli Usa, dove un mix di tassi di interesse bassi, di riduzione delle imposte e di aumento della spesa pubblica, sembra "aver innescato una nuova fase di crescita sostenuta". L’Europa, purtroppo, lo scorso anno è cresciuta molto di meno.

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''Cercherò di continuare l’opera di risanamento di Umberto Agnelli. La squadra c'è ed è forte''. Sono le parole del neo presidente di Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, che ha annunciato per domani il Consiglio di Amministrazione per nominare l’amministratore delegato. Delle dimissioni da tale incarico di Morchio, Montezemolo si è detto dispiaciuto. Del suo nuovo impegnativo incarico ha detto che non poteva rifiutare, assicurando di non diminuire l’intensità dell’impegno in quanto capo della Confindustria.

 

E' tornato a casa con un nulla di fatto Erik Solheim, l’inviato norvegese incaricato di svolgere una mediazione nel difficile processo di pace che in Sri Lanka vede contrapposti il governo di Colombo e i separatisti del movimento Tigri per la liberazione della patria Tamil (Ltte). Il servizio di Andrea Sarubbi:

 

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Il punto discordante è nella richiesta, da parte delle Tigri, di cominciare da subito una gestione autonoma ad interim dei territori settentrionali e orientali a maggioranza Tamil. Questa richiesta vede la ferma opposizione di molti deputati del Governo che intravedono, in questo modo, l'apertura della strada verso la secessione dell'area. Il capo dello stato, la presidente, Kumaratunga, e il premier, Rajapakse, sono al centro di una crisi politica: guidano una coalizione di governo uscita dalle scorse elezioni politiche del 2 aprile con pochi numeri per governare.  Il fatto di essere stato giudicato abbastanza accondiscendente con i separatisti era costata la poltrona di premier, con conseguenti elezioni anticipate, a Wickremesinghe, promotore dei colloqui. In ogni caso, sia la presidente che l'attuale primo ministro devono accelerare il passo verso la riapertura dei negoziati di pace: il primo giugno, infatti, a Bruxelles si riuniranno i Paesi donatori che, in cambio dei 4,7 miliardi di dollari stanziati per la ricostruzione delle aree devastate dalla guerra civile, hanno chiesto la ripresa e la prosecuzione del processo negoziale. Da quando è in atto il conflitto tra maggioranza cingalese e minoranza tamil, sono oltre 60 mila i morti.

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Nella Cina centrale, diciotto persone, tra cui 12 bambini, sono morte quando una massa d' acqua uscita da un serbatoio ha travolto l'autobus sul quale viaggiavano. Uno dei funzionari che stanno dirigendo le operazioni di soccorso ha detto che sono stati recuperati 11 cadaveri e che non ci sono speranze di trovare superstiti.. Con i piccoli sono morti il loro insegnante, l'autista e quattro operai che lavoravano alla costruzione di una diga nei pressi del luogo dell’incidente. 

 

 

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