RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 148 - Testo della trasmissione di giovedì 27 maggio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Ha preso il via oggi in Qatar la Conferenza sul dialogo tra cristiani e musulmani.
OGGI IN PRIMO PIANO:
Aperta a Roma la
Conferenza contro la tratta degli esseri umani. Intervista con Teresa Albano
CHIESA E SOCIETA’:
Scoppia la paura ebola in Sudan. L’Organizzazione mondiale della sanità conferma il focolaio nel Sud del Paese ma smentisce nuovo ceppo.
Si parla di circa duemila morti per le piogge torrenziali sull’isola
d’Hispaniola
Attesa per la conferma di una tregua tra Moqtada Al Sadr e le truppe
della coalizione a Najaf. Tre soldati Usa sono morti nella provincia di Al
Anbar
Protesta contro la
privatizzazione dei lavoratori francesi del settore energetico.
27 maggio 2004
IL PAPA, RICEVENDO OGGI 7 NUOVI
AMBASCIATORI PRESSO LA SANTA SEDE,
ESPRIME LA PROPRIA PREOCCUPAZIONE PER LE NOTIZIE INQUIETANTI
CHE PROVENGONO DA TUTTI I CONTINENTI SULLA SITUAZIONE
DEI DIRITTI DELL’UOMO
- A
cura di Alessandro Gisotti, Roberta Gisotti, Barbara Castelli e Sergio Centofanti
-
Il rispetto assoluto della
persona umana, la condanna di ogni tipo di tortura e terrorismo, il dialogo tra
le religioni per la pace, la solidarietà della comunità internazionale con i
Paesi poveri sono stati i temi forti dei discorsi del Papa a 7 nuovi
ambasciatori presso la Santa Sede, ricevuti stamani per la presentazione delle
lettere credenziali. Si tratta dei diplomatici di Suriname, Sri Lanka, Mali,
Yemen, Zambia, Nigeria e Tunisia. Ce ne parla Sergio Centofanti, che si
sofferma in particolare sui discorsi agli ambasciatori africani.
**********
Nel suo
discorso comune ai 7 ambasciatori il Papa ha rilevato con preoccupazione come
da tutti i continenti provengano continuamente “notizie inquietanti sulla
situazione dei diritti dell’uomo”:
“hommes, femmes, enfantes, sont torturéè…
“uomini,
donne, bambini sono torturati e profondamente scherniti nella loro dignità,
contrariamente alla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo”.
“E’ l’umanità tutta intera che è così ferita e schernita”.
E poiché “ogni uomo è nostro fratello in umanità - ha detto il Papa - noi non possiamo
tacere davanti a tali violazioni, che non sono tollerabili. Appartiene a tutti
gli uomini di buona volontà, sia che abbiano responsabilità o che siano
semplici cittadini, fare di tutto per il rispetto di ogni essere umano”.
“Oggi - ha detto Giovanni Paolo II - faccio appello alla
coscienza dei nostri contemporanei. Infatti è la coscienza degli uomini che
deve essere educata, perché cessino per sempre le violenze insopportabili che
pesano sui nostri fratelli in umanità”. “Tutti gli uomini si mobilitino per il
rispetto dei diritti fondamentali di tutte le persone. Noi non potremo vivere
nella pace e il nostro cuore non potrà restare in pace finché tutti gli uomini
non saranno trattati degnamente. E’ nostro dovere essere solidali con tutti. La
pace non potrà arrivare se noi non ci mobilitiamo tutti… perché ogni uomo del
pianeta sia rispettato. Solo la pace permette di sperare nel futuro”.
Nel
discorso al nuovo ambasciatore della Tunisia, Afi Hendaoui, il Papa ha
condannato ancora una volta “la violenza intollerabile del terrorismo”, ricordando
d’altra parte la necessità di rispettare il diritto internazionale. E ha
lanciato un nuovo appello ai leader del Medio Oriente a riprendere la via del
negoziato: “la violenza e la guerra, lo sappiamo fin troppo - ha detto - non
possono risolvere i conflitti”. Al contrario generano una catena di altre
violenze e “odi durevoli”. Giovanni Paolo II sottolinea l’urgenza che il
cristianesimo e l’islam stabiliscano “un vero dialogo, rispettoso e fecondo,
per denunciare ogni manipolazione della religione al servizio della violenza”.
Gli
sforzi sulla via della democratizzazione in Nigeria hanno caratterizzato il
discorso all’ambasciatore nigeriano, Kingsley Sunny Ebenyi. Il Papa ha espresso
parole di incoraggiamento per il popolo del Paese africano, che deve affrontare
molte complesse sfide per rafforzare la propria democrazia. In particolare, ha
citato gli episodi di violenza nella regione del Delta del Niger e le tensioni
etnico-politiche nel nordovest del Paese. In tale contesto, ha sottolineato il
ruolo vitale delle religioni per la costruzione della pace. Mai, ha ribadito,
la violenza può trovare una giustificazione religiosa. Ha così espresso
l’auspicio che i contrasti, anche sanguinosi, tra le comunità nigeriane di diversa
etnia o credo religioso possano essere risolti all’insegna di un sincero
dialogo volto alla riconciliazione e alla mutua comprensione.
La
solidarietà è lo strumento sicuro per superare i contrasti etnici e
l’intolleranza religiosa. E’ la riflessione offerta dal Santo Padre ad Anderson
Kaseba Chibwa, ambasciatore della Zambia, che proprio quest’anno celebra il suo
40.mo anniversario dell’indipendenza. Le piaghe che affliggono l’Africa –
conflitti, povertà, aids – ha detto, possono essere sanate solo attraverso
iniziative basate su uno spirito di solidarietà, che difende la libertà di ogni
persona e la sicurezza di ogni nazione. Per questo, ha avvertito, ricercare la
superiorità economica e politica a danno degli altri, mette a rischio ogni prospettiva
di sviluppo e vera pace. Il Papa ha quindi lodato l’impegno della Zambia per la
riconciliazione in Africa, specialmente nella regione dei Grandi Laghi.
Su tema del traffico dei bambini e del lavoro minorile si
è soffermato nel discorso al nuovo ambasciatore del Mali, Mohamed Salia Sokona:
si tratta ha detto il Papa – di “pratiche inammissibili che mortificano la
dignità primordiale di queste fragili creature”. Giovanni Paolo II non ha
dimenticato poi di porre l’accento sulla questione della desertificazione, che
genera “precarietà e miseria” e che spesso costringe gli abitanti ad abbandonare
le proprie radici per cercare fortuna altrove. “Invito la comunità
internazionale - ha concluso il Papa - ad esprimere in maniera sempre più significativa
la propria solidarietà e il proprio sostegno ai Paesi poveri”, soprattutto
“mantenendo le promesse fatte in tema di investimenti, sovvenzioni pubbliche e
riduzione del debito”.
*********
Veniamo ora ai discorsi del Papa agli ambasciatori di
Suriname, Sri Lanka e Yemen. Il servizio di Roberta Gisotti.
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La ripresa dei colloqui di pace, la promozione del dialogo
per dare una soluzione politica alle continue sommosse civili, e ancora la
tolleranza etnica e religiosa, e il rispetto dei diritti umani: sono le questioni
cruciali da affrontare nello Sri Lanka, sottolineate da Giovanni Paolo II al
nuovo ambasciatore del Paese asiatico, la signora Sarala Manourie Fernando. In
questo contesto, ha detto il Papa, l’attuale cessate il fuoco rappresenta una
“preziosa opportunità” per costruire “una pace durevole, fondata sul rispetto
delle diversità” e “una responsabilità di riconciliazione, giustizia e
solidarietà”, ma anche un incentivo – ha auspicato il Santo Padre - per la
comunità internazionale a sostenere lo Sri Lanka di fronte alle sfide della
ricostruzione e per raggiungere un solido sviluppo sociale. Giovanni Paolo II
si è riferito poi alla lunga tradizione di tolleranza della diversità che vanta
questo Paese, “prezioso dono che deve essere protetto e promosso”, specie dai
fedeli delle varie fedi, ispirati dalle “loro comuni convinzioni sulla
sacralità della creazione, la dignità di ogni individuo e l’unità dell’intera
famiglia umana.” Il Papa ha quindi assicurato che la comunità cattolica, sebbene
minoranza nel Paese è fortemente impegnata ad essere “strumento di pace”, e che
i cattolici dello Sri Lanka si aspettano che la loro religione e loro libertà civili
siano pienamente garantiti, incluso il loro diritto di proporre ad altri la
loro verità salvifica. Del resto la libertà religiosa – ha chiarito ancora il
Papa – è un’espressione inviolabile della dignità umana, che è stata inclusa
nella Costituzione dello Sri Lanka.
Rivolto al nuovo ambasciatore dello Yemen, Yahya Ali
Mohamed Al-Abiad, Giovanni Paolo II ha anzitutto sottolineato le relazioni di
amicizia che si sono sviluppate negli ultimi anni tra questo Paese arabo e la
Santa Sede, auspicando “ulteriori segnali di mutua fiducia e rispetto” e
ribadendo la visione della Chiesa sulla necessità di rispettare i diritti
umani, per garantire la pace e lo sviluppo: e tra questi la libertà di
un’autentica pratica religiosa, la possibilità di costruire e mantenere luoghi
di culto, inclusi quelli delle minoranze religiose, l’attiva partecipazione di
tutti i cittadini alla vita democratica civile, l’accesso all’educazione. Il
Santo Padre ha chiesto in particolare per la comunità cattolica dello Yemen
l’autorizzazione - già promessa - di costruire una Chiesa ed un Centro
pastorale nella capitale San’a e nella città di Aden, le sia restituita la sua
proprietà. Ha lodato poi i recenti
sforzi del governo yemenita, “ben accolti dalla comunità internazionale”, “per
sradicare il male perpetrato dai gruppi terroristi”. Venendo quindi alle
questioni interne, il Papa ha ricordato che i vari programmi che lo Yemen ha
avviato per elevare lo standard di vita dei suoi cittadini, avranno esito
durevole se saranno fondati “nella pratica di un governo trasparente e
accompagnati da un sistema giudiziario imparziale, da libertà politica e da una
forte stampa indipendente”.
La
globalizzazione e il dialogo tra le diverse religioni e culture sono stati i
temi chiave del discorso indirizzato all’ambasciatore del Suriname, Edgard
Stephanus Ragoenath Amanh. Giovanni Paolo II ha sottolineato come, per avere
una pacifica coesistenza tra comunità con diverse tradizioni culturali e
religiose, è necessaria una vigorosa difesa e promozione della persona umana.
Quindi, ha rivolto il suo pensiero alla globalizzazione, fenomeno, ha
constatato, di per sé neutrale. Tuttavia, non ha mancato di mettere l’accento
su quegli aspetti della globalizzazione che peggiorano la situazione dei
poveri. Per questo, ha avvertito, la comunità internazionale deve impegnarsi
per una globalizzazione eticamente responsabile e quale tangibile segno di
solidarietà, ha rinnovato l’appello per la riduzione del debito estero dei
Paesi in via di sviluppo.
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SAN PIETROBURGO CONTINUI AD ESSERE ESEMPIO DI
DIALOGO TRA OCCIDENTE
E
ORIENTE D’EUROPA: COSI’ IL PAPA NEL DISCORSO AL PRESIDENTE
DELL’ASSEMBLEA
LEGISLATIVA DELLA CITTA’ RUSSA, RICEVUTO STAMANI IN VATICANO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Giovanni Paolo II ha ricevuto stamani in udienza il
presidente dell’Assemblea Legislativa di San Pietroburgo, Igor Sergeevich
Rimmer con il seguito. Il Papa ha sottolineato come a San Pietroburgo, porta
della Federazione Russa, tutto parli “del fecondo dialogo culturale,
spirituale, artistico e umano fra l’occidente e l’oriente d’Europa”. Ha quindi
auspicato “che tale costruttivo atteggiamento di apertura continui ad
esercitare il suo positivo influsso a tutto vantaggio della reciproca
comprensione fra genti di tradizioni umane, religiose e spirituali diverse”. Il
Papa è stato omaggiato di una medaglia commemorativa del terzo centenario di fondazione
di San Pietroburgo, evento celebrato l’anno scorso. In tale contesto, il Santo
Padre non ha mancato di ricordare i “sentimenti di reciproca attenzione” e gli
“intensi rapporti” intrattenuti dalla città sul fiume Neva e la Sede Apostolica,
nel corso di questi tre secoli.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto in successive
udienze alcuni presuli della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d'America
(Regione VII), in visita "ad Limina"; il cardinale Francisco Javier Errázuriz
Ossa, arcivescovo di Santiago del Cile, presidente del Consiglio Episcopale
Latinoamericano (CELAM) con il segretario generale interinale, mons. Andrés
Stanovnik, vescovo di Reconquista in Argentina.
Sempre oggi il Santo Padre ha accolto la rinuncia,
presentata dal cardinale Mario Francesco Pompedda, per raggiunti limiti di età,
all’incarico di prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica ed ha
nominato suo successore mons. Agostino Vallini, finora vescovo di Albano, promuovendolo
in pari tempo alla dignità di arcivescovo.
Il Papa inoltre ha accolto la rinuncia, presentata dal
cardinale Carlo Furno, all’incarico di arciprete della Patriarcale Basilica di
Santa Maria Maggiore in Roma ed ha chiamato a succedergli il cardinale Bernard Francis
Law, arcivescovo emerito di Boston.
DECINE DI MIGLIAIA DI PERSONE, MOLTE DELLE
QUALI FEDELI MUSULMANI,
HANNO PARTECIPATO OGGI A DAKAR ALLE ESEQUIE
DEL CARDINALE SENEGALESE THIANDOUM
Si sono svolte oggi nella cattedrale metropolitana di
Dakar, capitale del Senegal, le esequie del cardinale senegalese Hyacinthe
Thiandoum, morto il 18 maggio scorso all’età di 83 anni. Ha presieduto il rito
funebre, a nome del Papa, il cardinale Bernardin Gantin. Imponente e commossa la partecipazione sia dentro che fuori la
cattedrale. Si parla di oltre 30 mila persone, di cui molti dignitari e fedeli
islamici. Il porporato senegalese, arcivescovo
emerito di Dakar, era amato e apprezzato dagli stessi musulmani, che in Senegal
sono oltre il 90%. Il cardinale Thiandoum infatti è stato un ardente promotore
del dialogo tra islam e cristianesimo e in questo piccolo Paese africano regna
una grande armonia tra le varie religioni. Ha partecipato ai lavori del
Concilio Vaticano II sostenendo l’opportunità dell’introduzione delle lingue
locali africane nella liturgia. E’ stato fautore dell’autodeterminazione dei
popoli. Il Papa, esprimendo la sua profonda commozione per la scomparsa del
cardinale Thiandoum, lo ha definito “una voce illuminata dell’Africa”.
HA PRESO IL VIA OGGI IN QATAR LA CONFERENZA SUL
DIALOGO TRA CRISTIANI
E
MUSULMANI. DIVERSE LE PERSONALITA’ CIVILI E RELIGIOSE CHE PRENDONO PARTE
ALLA
TRE GIORNI DI STUDIO. PREVISTO UN COMUNICATO FINALE CONGIUNTO
“La libertà religiosa: un tema
per il dialogo tra cristiani e musulmani”. Con questo slogan si è aperta oggi a
Doha, in Qatar, un’interessante conferenza dedicata al dialogo tra due delle
tre grandi religioni monoteiste. L’iniziativa nasce in seguito all’invito
rivolto dall’Emiro del Qatar, Shaykh Hamad bin Khalifa Al Thani, e dal suo governo alla
Commissione per i rapporti religiosi con i musulmani del Pontificio Consiglio
per il dialogo interreligioso a tenere la riunione annuale nella città
qatariota. La seduta inaugurale è stata aperta al pubblico, a differenza del
resto dei lavori che si svolgeranno a porte chiuse. Numerose le personalità
religiose musulmane e cristiane presenti. Tra queste: il cardinale Jean
Louis Tauran,
Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa; Shaykh Youssef Qaradawi,
docente nell’Università di Qatar; Muhammad Sayyed Tantawi, Grande Imam di al-Azhar, Egitto; Papa Shenouda III, Patriarca Copto
Ortodosso, Egitto. Il
servizio del collega del programma arabo della nostra emittente, Rabih Abi
Abdallah.
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La seduta inaugurale è stata
presieduta da Abdallah bin Khalifa Al Thani, primo ministro dello Stato
del Qatar, che ha dato il benvenuto ai partecipanti e ha auspicato che il
dialogo rafforzi la comprensione tra i musulmani e i cristiani, esprimendo la
speranza, allo stesso tempo, che questa conferenza veda negli anni prossimi una
partecipazione ebraica. E’ seguito poi l’intervento del cardinale Jean
Louis Tauran, che
ha rivolto i saluti del Papa all’Emiro del Qatar, assicurando che il Santo
Padre prega per il successo dei lavori. Il porporato ha, quindi, sottolineato
come la guerra in corso non molto lontano dal Qatar spinga tutti a interrogarsi
sulle proprie responsabilità di credenti. “I credenti hanno una missione ben
precisa nella società - ha detto il cardinale Tauran - essi sono, infatti,
chiamati a rafforzare tutto quello che unisce i popoli”. “La libertà religiosa
può diventare un fattore per costruire la pace - ha aggiunto il cardinal Tauran
- quando tutti i credenti si considerano membri di un’unica famiglia umana, quando
partecipano a promuovere la giustizia sociale, quando lavorano per la pace, la
solidarietà, quando hanno un alto senso della dignità umana e cercano di
difendere i più deboli e quando rifiutano la violenza e cercano di promuovere
la comprensione e la riconciliazione, con mezzi onesti che rispettano,
soprattutto, la legalità internazionale”. “Per questo motivo - ha concluso -
ogni società deve promuovere un dialogo di fiducia tra le autorità civili e
religiose, per assicurare la libertà religiosa e il rispetto reciproco nella società
in ogni Paese del mondo.
Per la Radio Vaticana, Rabih
Abi Abdallah, da Doha, Qatar.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Oggi faccio appello alla
coscienza degli uomini: la pace non potrà giungere se non ci mobilitiamo tutti”
è il titolo che apre la Prima Pagina in riferimento al discorso di Giovanni
Paolo II diretto ai sette nuovi ambasciatori di Suriname, Sri Lanka, Mali,
Yemen, Zambia, Nigeria e Tunisia ricevuti in udienza in occasione della
presentazione delle Lettere Credenziali. “A San Pietroburgo tutto parla del
dialogo fra Occidente e Oriente” è il messaggio del Papa al presidente
dell’Assemblea Legislativa di San Pietroburgo ricevuto in udienza. Maltempo:
sale a duemila il numero delle vittime per le alluvioni provocate dalle piogge
torrenziali ad Haiti e nella Repubblica Dominicana. Iraq: nuove proposte di
modifica alla risoluzione anglo-statunitense. Terrorismo: il segretario alla
Giustizia Ashcroft annuncia che sette presunti terroristi sono ricercati
dall’Fbi.
Nelle pagine vaticane,
l’articolo di Gabriele Nicolò dal Qatar sul Convegno interreligioso tra
cristiani e musulmani.
Nelle pagine estere, Sudan:
firmata l’intesa globale che chiude di fatto la guerra tra Nord e Sud. Medio
Oriente: fazioni palestinesi al Cairo per i colloqui sul ritiro dalla Striscia
di Gaza.
Nella pagina culturale: un
articolo sulle iniziative culturali promosse in occasione dei cento anni della
fondazione della Sinagoga di Roma.
Nelle pagine italiane, scontri tra
maggioranza e opposizione sulla risoluzione per l’Iraq; i risultati ufficiali
delle perizie sulla salma di Quattrocchi. A seguire, i temi dell’Alitalia e della
Confindustria.
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27 maggio 2004
DOPO IL RINVIO,
FIRMATO IERI SERA L’ACCORDO DI PACE PER IL SUDAN.
IL PIU’ ESTESO PAESE AFRICANO ESCE COSI’ DA 21
ANNI DI GUERRA CIVILE,
COSTATI LA
VITA A OLTRE DUE MILIONI DI PERSONE.
RESTANO LE
PERPLESSITA’ SU ALCUNE QUESTIONI
-Intervista con mons. Cesare Mazzolari
-
Sono state dieci ore di
suspense, in qualche momento si è temuto il peggio. Ma alla fine, oramai a
tarda sera, l'intesa politica globale sul Sudan, annunciata ufficialmente ieri
mattina, è stata firmata. L'accordo, raggiunto dopo due anni di negoziati
difficili, chiude di fatto 21 anni di guerra civile in Sudan, Paese più esteso
del Continente africano. Si tratterà ora di mettere a punto le misure di applicazione
ed i controlli internazionali, poi sarà formalmente pace tra il Nord, cioè il
governo di Khartoum, di etnia araba e bianca e di religione musulmana, ed il
Sud, nero ed animista o cristiano. Sono previsti sei anni e mezzo di
transizione. Sulla difficile tappa della firma, il servizio di Giulio Albanese:
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La cerimonia della firma è
avvenuta a Naivasha,
ridente località turistica ad una sessantina di km da Nairobi, alla presenza di
delegazioni estere, diplomatici e mediatori. L’accordo è importante e di fatto
è considerato in gran parte risolutivo del conflitto che dal 1983 insanguina il
Sudan meridionale e che ha causato oltre 2 milioni e mezzo di vittime. La
pressione diplomatica ieri pomeriggio si è intensificata quando alle 13.00, ora
locale, è stato annunciato un rinvio tecnico della firma, per motivi però
imprecisati. Omar el Bashir, il
presidente golpista sudanese, rimane al suo posto, mentre il colonnello John
Garang, leader del’Splà (Esercito di Liberazione del Popolo Sudanese), assumerà
la carica di vice presidente. Soddisfazione è stata espressa dal presidente
keniano, Mwai Kibaki, che ha
invitato oggi a colazione Beshir e Garang alla State House, la residenza
ufficiale della presidenza del Kenya. Il timore è che comunque con questo
accordo Khartoum faccia
la parte del leone ed il sud, troppo diviso al suo interno, rischia di subire
lo strapotere nordista. Molto dipenderà dal ruolo della società civile e dal
sostegno dei Paesi occidentali coinvolti, che dovranno vigilare attentamente
sul rispetto dell’intesa.
Per la Radio Vaticana, da
Nairobi, Giulio Albanese.
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Ma l’accordo raggiunto in Kenya porterà davvero il Sudan
alla pace stabile? Giada Aquilino lo ha chiesto a mons. Cesare Mazzolari,
vescovo della diocesi di Rumbek, nella parte meridionale del Paese africano:
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R. – Sì, senz’altro. Però è
un’intesa molto delicata che dovrà essere finalizzata anzitutto politicamente
nelle prossime settimane o mesi. Questo trattato di pace è avvenuto in tempi
diversi. Le prime quattro parti sono state firmate negli ultimi mesi e ieri
notte hanno firmato gli ultimi due negoziati.
D. – In ogni caso, rimane da
risolvere il nodo del Darfur, escluso da questo accordo…
R. – Ci sono piaghe non sanate,
completamente coperte da questo trattato di pace. Quella più pietosa è quella
del Darfur, ma al sud ci troviamo in una situazione di assoluto bisogno. Non abbiamo
infrastrutture per la salute, per l’educazione, per l’acqua potabile. Quindi,
per noi è indispensabile, perchè l’accordo regga, che ci sia l’intervento,
l’assistenza, l’accompagnamento della comunità internazionale. Le vere cause
della guerra sono state camuffate da questo trattato di pace.
D. – Quali sono le vere cause?
R. – Vecchie ingiustizie
commesse dal governo o da rappresentanti del governo che non sono mai state
risolte con giustizia dai magistrati.
D. – Ci sono anche ragioni
economiche?
R. – Purtroppo anche questo è un
punto forte. C’è da vedere come la condivisione delle risorse veramente si
realizzerà. Per esempio, al sud possiamo vedere i risultati del 50 per cento di
condivisione del petrolio. Se ciò non avvenisse il nostro popolo reagirà e
speriamo non violentemente.
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APERTA A
ROMA LA CONFERENZA CONTRO LA TRATTA DEGLI ESSERI UMANI
- Intervista con Teresa Albano -
Sconfiggere la tratta di esseri umani, un fenomeno che
coinvolge tra i 700 mila e i 2 milioni di persone. Questa la sfida
dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni che oggi a Roma ha aperto
una conferenza di due giorni sul “Potenziamento delle attività di ricerca e la
raccolta dei dati”. Presenti tra gli altri anche Laura Langberg, specialista
sulla tratta delle persone della Commissione inter-Americana delle donne, e
padre Graziano Battistella, presidente dell’Istituto di migrazioni
internazionali degli Scalabriniani. Ma come si orienta il traffico di esseri
umani? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Teresa Albano dell’Oim di Roma.
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R. – Diciamo che il mercato si orienta moltissimo verso il
traffico di esseri umani per motivi di sfruttamento. Il mercato si sta
ampiamente, purtroppo, diversificando e lo sfruttamento sessuale può essere
considerata la forma di sfruttamento più visibile, ma non è quella
quantitativamente maggiore. Purtroppo lo sfruttamento lavorativo, lo
sfruttamento per motivi di accattonaggio, di coinvolgimento in attività
illecite o anche per l’espianto di organi stanno prendendo sempre più piede.
Quindi, è importante dotarsi di strumenti metodologici statistici, per una
comprensione da un punto di vista sia quantitativo che qualitativo. E’
sicuramente vero che è un fenomeno che si trasforma molto velocemente. E’,
dunque, importante che gli strumenti di ricerca si adeguino con la stessa
velocità.
D. – Quali sono le direttrici sconosciute, quelle di cui
non si parla solitamente?
R. – Ci sono delle direttrici all’interno di stessi
continenti. Mi riferisco all’Asia, all’America Latina, all’America del Nord e
zone africane. Sono flussi di tratta che vengono meno alla ribalta perché non
colpiscono direttamente i nostri interessi, non colpiscono direttamente le
nostre regioni geografiche. Sono dei fenomeni estremamente gravi che colpiscono
in Asia soprattutto i bambini per scopo di sfruttamento sessuale e lavorativo,
nel mercato della pedo-pornografia. E sempre maggiormente comunque il fenomeno
si sta appropriando di mezzi telematici. La tratta comincia a svolgersi su
Internet. Questo è un ambito ancora nuovo e assolutamente da esplorare.
D. – Com’è possibile che ancora oggi esista il traffico di
esseri umani?
R. – Io temo che le divisioni, che ancora affliggono il
nostro mondo in maniera drammatica, siano all’origine di questo fenomeno. Si
combinano elementi quali l’umana, legittima aspirazione a migliorare il proprio
tenore di vita, il proprio stato di vita, a politiche migratorie sempre più
restrittive, a instabilità politica, violenze etniche, che comunque spingono le
persone a migrare. Il fatto che i canali regolari si restringano sempre più
progressivamente purtroppo implica il fatto che la migrazione non si fermi, ma
si nasconda.
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PUBBLICATO OGGI IL COMUNICATO FINALE
DELLA 53.MA ASSEMBLEA GENERALE
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
“Il
volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia” è titolo della Nota
pastorale approvata alla 53.ma Assemblea generale della Conferenza episcopale
italiana che si è tenuta in Vaticano dal 17 al 21 maggio. Nel comunicato finale,
reso noto oggi, i vescovi tornano a esprimere la necessità che la pastorale
della parrocchia rafforzi l’evangelizzazione. Lo sguardo dei vescovi italiani
si concentra anche sull’Iraq e, in Italia, sulla necessità di politiche
familiari di più ampio respiro. Il servizio di Debora Donnini.
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La
conversione missionaria della parrocchia all’attenzione dei vescovi italiani
che riflettono sull’importanza dell’iniziazione cristiana e del primo annuncio
agli adulti. I vescovi tornano a ringraziare il Papa per il suo magistero e in
particolare rinnovano la gratitudine per la sua vicinanza all’Italia espressa
anche a favore degli italiani uccisi, feriti o tenuti in ostaggio in Iraq. La
scottante attualità internazionale è ancora protagonista del comunicato dei
vescovi con l’auspicio che l’opera dell’inviato speciale dell’Onu, Lakhdar
Brahimi abbia successo e si continui a sostenere gli iracheni nel processo di
autodeterminazione. Non vengono però dimenticati gli altri luoghi di conflitto
e dolore - Sudan, Nigeria, Corea del nord - e si chiede un maggiore
coinvolgimento internazionale per favorire il rispetto dei diritti di ciascun
popolo. Rinnovato anche l’auspicio che nel trattato europeo vi sia un richiamo
alle radici cristiane. Piena adesione al documento della Comece sulle 12
questioni nodali sottoposte alla considerazione dei candidati e ispirate alla
dottrina sociale della Chiesa, in vista delle prossime elezioni del parlamento
europeo. Stringendo il discorso all’Italia, l’assemblea ha approvato un
direttorio sulle comunicazioni sociali. Centrale, tra l’altro, in questo campo
la necessità di un’opera capillare di formazione senza la quale potrebbe
esserci il rischio di vanificare l’investimento in risorse umane ed economiche
fatto negli ultimi anni. Ribadita l’urgenza di una più sincera collaborazione
tra le forze politiche e sociali, e di un clima più disteso nel Paese, in cui
si rilevano le incertezze della situazione economica. Sottolineata anche la
necessità di una più organica politica per la famiglia: dal carico fiscale
proporzionato al numero dei componenti all’incremento dei nidi e scuole
materne. Alla luce della riforma scolastica, l’importanza della costituzione di
laboratori di pastorale dell’educazione e della scuola a livello regionale,
luoghi di elaborazione e di qualificazione di proposte formative, collegati alle
Consulte regionali e diocesane della pastorale scolastica. Preso in esame anche
il rapporto annuale della Caritas italiana. Sul fronte della solidarietà la
Chiesa italiana conferma per il 2003 l’impegno a sostegno dell’opera caritativa
del Papa con un incremento di quasi il 40 per cento, rispetto all’anno
precedente, delle offerte che ammontano a oltre 3 milioni e mezzo di euro cui
va aggiunta una somma equivalente di contributo che le diocesi hanno dato.
Decisa anche la ripartizione delle somme derivate dall'8 per mille dell’Irpef
per l’anno 2004 che, secondo i dati del ministero dell'Economia, registra un decremento
di circa 80 milioni di euro. Una flessione dovuta anzitutto al minor importo
del conguaglio, riferito all’anno 2001, e a una lieve riduzione del gettito
complessivo dell’Irpef, mentre si registra un ulteriore aumento delle firme dei
contribuenti a favore della Chiesa cattolica.
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“LO SGUARDO DI MICHELANGELO” DEL REGISTA ANTONIONI
ISPIRATO
AL MAUSOLEO DI GIULIO II
-
Intervista con la moglie del regista, Enrica -
Lo sguardo di Michelangelo,
l’intenso cortometraggio di Michelangelo Antonioni presentato al Festival di
Cannes e ispirato al Mausoleo di Giulio II scolpito da Michelangelo Buonarroti
nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, ha inaugurato la prima edizione
del Festival di Palazzo Venezia dedicato ai film e documentari sull’arte in
programma fino al 2 giugno. Servizio di Luca Pellegrini.
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Michelangelo Antonioni entra
risoluto nella Basilica romana di San Pietro in Vincoli per quindici intensi e
silenziosi minuti. Di fronte al capolavoro più sofferto di un altro grande
artista dallo stesso nome, Michelangelo Buonarroti, inizia a dialogare con la figura giacente di Giulio
II, al quale il mausoleo è dedicato. Poi la sua attenzione scivola sulle vesti
del profeta, Mosè, sugli occhi e la barba marmoree e candide, sulle dita
carnose, sulle tavole della Legge. E’ Lo
sguardo di Michelangelo. E’ l’emozione dell’incontro e dell’accordo tacito,
cinque secoli dopo, tra due arti e due artisti. Documentario? Molto di più:
sintesi filmica di primi e primissimi piani, attenzione umana e cinematografica
mai invasiva ma di sommo, pudico rispetto per l’aura sacrale del sepolcro, del
luogo, dell’effige e della memoria. E’ il motivo per cui l’Istituto Luce
candiderà all’Oscar per il miglior cortometraggio questa testimonianza
raffinata di dialogo tra cinema e arte. Ed altrettanto giustamente è stato questo
lavoro ad inaugurare all’Auditorium, alla presenza del 92enne regista, la prima
edizione del Festival di Palazzo Venezia - in programma fino al 2 giugno - una
rassegna internazionale di film e documentari sull’arte ideata da Carlo
Fuscagni, con l’intento - sono le sue parole - “di creare una sorta di National
Geographic dell'Arte da divulgare nelle forme avanzate che la tecnologia della
comunicazione consente oggi per un pubblico sempre più vasto”. La direzione
scientifica della rassegna è stata affidata a Claudio Strinati e quella
artistica a Rubino Rubini. Oltre 300 i film e documentari in cartellone, suddivisi
in un concorso - con la giuria presieduta da Arnaldo Pomodoro -, una sezione
speciale chiamata Lo spirito del tempo e
tre rassegne collaterali: 50 anni
d’arte in TV, L’arte del
costruire, Filmare l’arte. Mentre assistiamo alla grande lezione di Antonioni
che filma l’arte in modo incomparabile, la moglie Enrica, collaboratrice
artistica insieme a Carlo Di Carlo, commenta:
“Questa
è una grande lezione di regia innanzitutto, ma è anche una grande lezione di
vita. Sfido veramente qualsiasi uomo di 92 anni, che ha passato quello che ha
passato Michelangelo Antonioni, a lavorare sempre con il suo rigore intatto e
approfondendo tutto. Lui va a cogliere sempre il lato più poetico, la sua
ispirazione più poetica. E poi si mette in scena e diventa eterno per noi,
perché la sua arte rimarrà sempre pura e sempre come una lezione di regia, come
una lezione di vita. Ho visto un Michelangelo umile di fronte alla grande arte
di un grande artista come il Buonarroti, di fronte ai grandi temi della vita:
la vita, la morte, la religiosità. Nel documentario c’è anche questo grande
spirito religioso. E’ un film che ci lascia con un senso di questo dialogo con
se stessi, con la propria anima, con la propria interiorità. E si esce con lui
da questa Chiesa con grandi domande, ma anche con grande pacificazione”.
Ultimi dettagli inquadrati dal
regista: le mani giunte in preghiera di Lia e Rachele, racchiuse nelle due nicchie
a lato, simboli della vita attiva e contemplativa. Mosè guarda ora severo
Michelangelo. Lui, sulle note di Palestrina, si allontana pacificato.
(musica)
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27 maggio 2004
“ELEZIONI 2004: DISCERNIMENTO E RESPONSABILITÀ”.
E’ LO
SLOGAN DEL DOCUMENTO CHE LA CONFERENZA EPISCOPALE CANADESE
HA
PUBBLICATO IN VISTA DELLE
PROSSIME
ELEZIONI POLITICHE. L’IMPEGNO DEI DIVERSI SCHIERAMENTI,
SOTTOLINEANO
I PRESULI, NON PUO’ LIMITARSI SOLO ALLE CAMPAGNE ELETTORALI
TORONTO. = “L’impegno
nel processo politico è un dovere civico costante e non limitato alle sole
campagne elettorali”. In vista delle prossime elezioni politiche in Canada, i
vescovi del Paese esortano i cattolici a fare sentire la propria voce non solo
alle urne, ma in tutti i dibattiti politici nazionali in cui sono in gioco
valori morali fondamentali, dai matrimoni omosessuali alla politica militare
nazionale. L’esortazione è contenuta nel loro tradizionale messaggio
pre-elettorale, preparato dalla Commissione episcopale per gli affari sociali e
intitolato “Elezioni 2004: discernimento e responsabilità”. Come nelle
precedenti dichiarazioni in materia, i presuli non prendono posizione a favore
di determinati partiti, ma richiamano piuttosto l’attenzione dei fedeli su questioni
importanti come la difesa della vita umana, la lotta alla povertà o la difesa
dei diritti dei rifugiati. “Dal momento che i principi morali della Chiesa sono
chiari e definiti - sottolineano - essi possono essere rispettati e promossi in
molti modi diversi nell’arena politica”. Sul diritto-dovere dei cattolici di
fare sentire la propria voce nelle questioni di rilevanza pubblica è
intervenuto recentemente anche il vescovo di Calgary, mons. Frederick Bernard Henry. “In Canada tutti hanno diritto di intervenire su materie
che interessano la comunità”, ha affermato il presule che, replicando alle
obiezioni di chi in nome della separazione tra Chiesa e Stato vorrebbe relegare
la religione alla sfera privata, ha evidenziato come la libertà religiosa
riconosciuta dall’ordinamento canadese implica “che le diverse Chiese e
organizzazioni religiose possono parlare liberamente dell’operato dei governi”.
(L.Z.)
LA DIFESA DELLA VITA UMANA E’ UNA SFIDA
PRIORITARIA PER TUTTI:
LO RIBADISCONO I VESCOVI DELL’INGHILTERRA E DEL GALLES,
IN UN DOCUMENTO PRESENTATO A LONDRA
LONDRA. = “Cherishing
Life” (Avere a cuore la vita) è il titolo di un documento recentemente
presentato a Londra dai vescovi dell’Inghilterra e del Galles. Lo scritto, che
si pone in linea di continuità con “The Common Good” (Il bene comune),
pubblicato dalla stessa Conferenza episcopale nel 1996, è un forte richiamo al
dovere morale di difendere fermamente i valori della vita. Il testo si propone
di presentare gli insegnamenti della Chiesa in materia “in termini positivi”,
per “educare la coscienza dei cattolici” e “di tutti coloro che condividono i
suoi valori”, in un mondo in cui essi sono sempre più messi in discussione. In
un centinaio di pagine i vescovi affrontano una vasta gamma di questioni: matrimonio,
famiglia, divorzio, aborto, eutanasia, procreazione assistita, educazione
sessuale, omosessualità, abusi sessuali, come anche le discusse politiche
demografiche delle Nazioni Unite, che “minacciano ripetutamente la dignità
umana”. In vista delle prossime elezioni europee e locali di giugno, quindi, i
vescovi inglesi e gallesi rivolgono un fermo appello ai cattolici britannici a
scegliere candidati che sostengano posizioni coerenti con i principi e gli
insegnamenti della Chiesa, “soprattutto quando sono a rischio vite umane
innocenti”. (L.Z.)
LA COREA DEL SUD GUARDA CON
PREOCCUPAZIONE COSTRUTTIVA
ALLA CRISI DELLE VOCAZIONI. PROMOSSI UNO STUDIO E UN SEMINARIO
PER ARGINARE IL TREND NEGATIVO NEL PAESE
SEOUL. = La Conferenza
dei Superiori maggiori degli Istituti religiosi maschili e delle Società di
vita apostolica e l’Associazione delle Superiore maggiori della Corea hanno
recentemente organizzato a Seoul un seminario sul declino delle vocazioni alla
vita consacrata nel Paese. Una novantina di religiosi e religiose responsabili
delle vocazioni nelle loro rispettive congregazioni hanno discusso i risultati
di un’indagine conoscitiva in materia per analizzare le cause di questa crisi.
Alla base del problema ci sarebbero soprattutto i profondi cambiamenti sociali
degli ultimi decenni. Tra questi: il peso minore della religione nella società,
i moderni stili di vita che rendono meno “attraente” la vita disciplinata in
una comunità religiosa, il minore valore attribuito al celibato, come pure le
maggiori possibilità offerte oggi di svolgere attività di utilità sociale anche
in ambiti non religiosi. Il più marcato calo delle vocazioni religiose
femminili nel Paese è stato, invece, in parte attribuito al carattere ancora
molto “patriarcale” della Chiesa coreana. Tra le misure proposte per
contrastare questo trend negativo vi sono state quella di fare conoscere meglio
i vari aspetti della vita consacrata attraverso i media, di una più stretta
cooperazione con le diocesi nella promozione vocazionale, ma soprattutto di una
maggiore attenzione nella selezione dei candidati più adatti ai carismi
specifici di ciascuna congregazione. Le proposte saranno sottoposte
all’approvazione delle commissioni permanenti dei due organismi collegiali dei
religiosi e delle religiose coreani. (L.Z.)
SPIRAGLI DI
DIALOGO IN THAILANDIA.
I RIBELLI ISLAMICI PRONTI A COLLOQUI
DI PACE, PRUDENTE IL GOVERNO DI BANGKOK
BANGKOK. = Possibile
soluzione nella crisi tra il governo di Bangkok e le forze di resistenza. Wan
Kadir Che Man, leader del Bersatu, la sigla che riunisce i gruppi ribelli, ha
proposto al governo thailandese colloqui ufficiali per mettere fine agli
scontri che hanno causato quest’anno 200 morti. Wan Kadir chiede l’autonomia e
non più l’indipendenza per le regioni meridionali del Paese: “Nell’età della
globalizzazione - ha detto - il mondo cammina e non c’è più spazio per il
separatismo”. Il primo ministro, Thaksin Shinawatra, ha accettato la proposta
del capo dei ribelli, precisando, tuttavia, che i colloqui si svolgeranno “a livello
informale”. Il vice primo ministro, Chavalit Yongchaiyudh, invece, è rimasto
tiepido nei confronti dell’offerta dei ribelli, affermando che Wan Kadir vuole
approfittare dei colloqui per rafforzare la sua notorietà internazionale ed
entrare così nella Conferenza delle organizzazioni islamiche (Oic). La
difficile situazione al sud, intanto, sta spingendo i rappresentanti religiosi
a rafforzare il dialogo. Il buddismo è la religione predominante in Thailandia
(95%), seguita dall’islam (4%). I cristiani sono solo lo 0,5 per cento della
popolazione.
SI TERRÀ IL PROSSIMO 5 GIUGNO IN TANZANIA UN NUOVO
SUMMIT REGIONALE
DEI
GRANDI LAGHI DEDICATO AL BURUNDI. SI CALCOLA CHE NEGLI ULTIMI DIECI ANNI
IL
CONFLITTO NEL PAESE AFRICANO ABBIA PROVOCATO 300 MILA MORTI
E
UN MILIONE DI SFOLLATI
DAR ES
SALAAM. = Un nuovo summit regionale dei Grandi Laghi sarà dedicato
nei prossimi giorni al Burundi, nel tentativo di coinvolgere nel processo di
pace anche le Forze nazionali di liberazione, l’ultimo gruppo armato del Paese.
Il vertice si terrà il prossimo 5 giugno a Dar Es Salaam, in Tanzania, e sarà
dedicato anche alle elezioni del prossimo autunno. Lo ha annunciato Lakela
Kaunda, portavoce del vicepresidente sudafricano Jacob Zuma, principale
mediatore della complessa trattativa negoziale per il Burundi. Il Paese
africano dovrebbe organizzare nei prossimi mesi un’importante consultazione
elettorale che metta fine al triennio di transizione, iniziato nel 2001, deciso
in occasione dei precedenti accordi di pace di Arusha. Intanto, anche sul piano
politico interno proseguono le consultazioni tra i tre principali partiti: le
due formazioni politiche tradizionali, il Frodebu e l’Uprona, e le Forze per la
difesa della democrazia. I tre partiti sono stati invitati in Sudafrica, dove
discuteranno anche la proposta di una nuova Costituzione, che potrebbe entrare
in vigore da novembre. L’ultimo decennio di
guerra tra le due maggiori componenti etniche del Burundi, i Tutsi e gli Hutu, iniziato
nel 1993, ha provocato almeno 300 mila
morti e un milione di sfollati. (G.L.)
SCOPPIA
LA PAURA EBOLA IN SUDAN. L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’ CONFERMA IL
FOCOLAIO NEL SUD DEL PAESE MA SMENTISCE NUOVO CEPPO
KHARTOUM.
= Cinque morti e 20 contagiati: è il bilancio del nuovo focolaio di Ebola
scoperto recentemente nel sud Sudan. Lo ha confermato all’agenzia Misna Dick
Thompson, portavoce dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), sottolineando
che per il momento l’emergenza sarebbe sotto controllo e il dilagare della
terribile febbre emorragica arrestato. Thompson ha, inoltre, sottolineato che
l’organizzazione Medici senza frontiere (Msf) è stata incaricata di isolare la
zona di Hay Cuba, nella contea di Yambio (nel sud del Paese), individuata come
epicentro del focolaio. Il portavoce dell’Oms ha anche smentito le voci secondo
cui in sud Sudan sarebbe stato individuata una nuova variante della febbre emorragica,
che deve il suo nome al fiume della Repubblica democratica del Congo dove fu
isolato per la prima volta nel 1976. Attualmente non sono disponibili né cura,
né vaccino, ma ricerche sono in corso sui meccanismi biochimici del virus e
sulla presenza di anticorpi. L’indice di mortalità dei contagiati può
raggiungere il 90 per cento. (B.C.)
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27 maggio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Si parla di circa duemila morti e di gravissimi danni
all’agricoltura per le piogge torrenziali
e le alluvioni che stanno colpendo da giorni l’isola d’Hispaniola. Oltre a
quella della Repubblica Dominicana, è particolarmente difficile la condizione
della popolazione haitiana, che già a febbraio ha dovuto subire un sanguinoso
conflitto civile che ha portato alla deposizione dell’ex presidente Aristide.
Ascoltiamo, nell’intervista di Lucas Duran, Joanny de Matteis, viceconsole
onorario ad Haiti:
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R. – La situazione è drammatica in quanto gli aiuti non
arrivano. Le strade sono tagliate e quindi è difficile portare aiuto alle
popolazioni colpite da queste piogge torrenziali. La popolazione più colpita è
quella residente a nord est e a sud. Ci sono parecchi morti ma non c’è un
censimento preciso perché ci sono persone che sono sparite e che non
rispondono. Fortuna che ci sono i militari stranieri che con gli elicotteri
riescono a portare i primi soccorsi.
D. – A quasi tre mesi dalla partenza dell’ex presidente
Jean Bertrand Aristide, qual è lo stato d’animo della popolazione haitiana,
colpita ulteriormente da questa catastrofe naturale?
R. – Devo dire che la popolazione non è molto contenta di
questo governo provvisorio, che tarda a prendere disposizioni per diminuire il
caro vita. Devo dire anche, ad onor del vero, che le casse dello Stato sono
assolutamente vuote. L’amministrazione precedente ha messo il Paese in uno
stato di grande emergenza. Anche gli aiuti internazionali tardano ad arrivare.
Quindi, la squadra adesso al governo è un po’ in difficoltà.
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Una mattinata di attesa per una conferma sulla tregua a
Najaf tra la coalizione e il leader radicale sciita Moqtada Al Sadr. Dopo
l’annuncio anche da parte di esponenti religiosi di una disponibilità ad
intavolare negoziati, i miliziani estremisti che occupano la città santa fanno
sapere che manca ancora l'approvazione delle autorità militari americane.
Intanto, purtroppo non si può fare a meno di riferire anche oggi di scontri
sanguinosi: tre soldati americani sono morti in un combattimento nella provincia
di Al Anbar, nella zona ovest dell’Iraq. Il nostro servizio:
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Difficili da interpretare le notizie giunte durante la
mattina da Najaf, dopo il primo annuncio di un accordo. Miliziani e forze della
coalizione sarebbero scomparsi dalle strade della città santa proprio in virtù
dell’impegno di una tregua in vista di negoziati. Ma c’è una manifestazione di
gruppi di miliziani attorno alla principale moschea: si dichiarano in favore di
Moqtada Al Sadr e si dicono pronti al sacrificio. Non si capisce se in contrasto
con la presunta disponibilità al negoziato del leader stesso. Si capisce che si
sta ancora trattando. Da parte sua, un esponente dell’attuale Consiglio di
governo iracheno, Al Rubai, assicura che i militari americani sospenderanno le
operazioni offensive e rispetteranno l'accordo per porre fine a settimane di combattimenti.
Tra i punti del piano, il ritiro di tutti i combattenti dell'armata del Mahdi
non originari della regione e, soprattutto, un impegno preciso: nessuna misura
contro Moqtada Al Sadr, già ricercato dagli americani per l'assassinio l'anno
scorso di un rivale politico.
A richiamare l’attenzione della comunità internazionale,
poi, sono sempre i tentativi di formare un governo iracheno. Hussain
Shahristani, lo scienziato nucleare che disse no a Saddam Hussein, non vuole
essere premier del nuovo governo iracheno ad interim. Lo rende noto da Baghdad,
Brahimi, l'inviato in Iraq del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi
Annan. E sembra complicarsi in extremis la formazione dell'esecutivo che il 30
giugno assumerà i poteri. Almeno quattro Paesi, fra cui tre membri permanenti
con diritto di veto del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, annunciano di voler
proporre ''importanti cambiamenti'' alla bozza di risoluzione sull'Iraq presentata
lunedì da Stati Uniti e Gran Bretagna.
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L'imam estremista Abu Amza al Masri, arrestato la notte
scorsa a Londra nel quadro di una richiesta di estradizione degli Stati Uniti,
dovrà comparire in giornata davanti a un tribunale londinese dove dovrebbe
essere incriminato. L'imam è il più controverso esponente religioso islamico
britannico, sempre nell'occhio del ciclone per le sue veementi invettive e per
aver organizzato un centro ritenuto eversivo nella moschea di Finsbury Park.
Gli era stata tolta la nazionalità britannica l'anno scorso perché accusato di
appoggiare il terrorismo, ma un mese fa aveva ottenuto una proroga di nove mesi
alla sua richiesta di appello per poterla invece mantenere.
Intanto, negli Stati Uniti, si è tenuta ieri la prima
riunione della commissione
presidenziale incaricata di capire perché l'Amministrazione americana fu indotta a credere, sulla base d'informazioni
d'intelligence inaccurate, che l'Iraq possedeva armi di distruzione di massa
(Adm). Fra la decina di esperti
ascoltati, a porte chiuse, c'era David Kay, un ex ispettore dell'Onu in Iraq
che guidò l'infruttuosa ricerca americana dopo l'invasione del Paese. Kay si
dimise a gennaio, affermando di dubitare che le Adm sarebbero mai state trovate
in Iraq. Le sue critiche contribuirono alla creazione della commissione, che
presenterà un rapporto l'anno prossimo, dopo le elezioni presidenziali del 2
novembre.
La Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, ha
proclamato per domani una giornata di
lutto nella Repubblica islamica per i combattimenti avvenuti nei giorni scorsi nelle città sante sciite di
Kerbala e Najaf, per i quali ha accusato gli Stati Uniti. Il messaggio è stato
scritto prima che si diffondessero le voci di una tregua tra le truppe
americane e i miliziani dell'Esercito del Mehdì del leader estremista sciita
Moqtada al Sadr, da molte settimane asserragliati nei luoghi santi. In ogni
caso, la Guida iraniana ha paragonato le azioni delle forze americane in Iraq a
quelle delle truppe israeliane nei territori palestinesi. “Più brutali sono le
loro politiche - ha affermato - e più devastante sarà la loro caduta”.
E guardiamo alla politica
interna dell’Iran: il nuovo Parlamento, dominato dai conservatori, si è
insediato oggi, succedendo all'assemblea riformista che negli ultimi quattro
anni ha svolto un ruolo da protagonista
nella vita politica del Paese. I neo-deputati hanno prestato giuramento dopo
avere ascoltato un messaggio inviato dalla Guida suprema, l'ayatollah Ali
Khamenei. Resteranno in carica fino al 2008, ma nel primo anno convivranno con
il governo del presidente Khatami. Quest’ultimo è stato eletto sulla base di un
programma di riforme democratiche che poi sono state ostacolate a più riprese
dagli organi conservatori non eletti. Il suo secondo e ultimo mandato scade
alla metà del 2005. Il nuovo Parlamento conservatore è uscito dalle elezioni
del 20 febbraio scorso, dopo che le candidature dei maggiori esponenti
riformisti, tra cui un'ottantina di deputati allora in carica, erano state respinte dal Consiglio
dei guardiani della Costituzione,
organo conservatore.
In Libano, sono tre i morti e poco meno di una decina i
feriti per i violenti scontri avvenuti stamani ad Hay al-Silom, sobborgo
meridionale di Beirut a prevalenza musulmano sciita. E’ quanto ha riferito
l'emittente Tv al-Manar (il faro) di proprietà del movimento sciita libanese
Hezbollah, mostrando le immagini di scontri tra soldati dell'esercito e
dimostranti che manifestavano contro il recente aumento del prezzo del
carburante deciso dal governo libanese.
C’è attesa per il piano di disimpegno da Gaza che il
premier Sharon oggi consegnerà ai membri del governo. Per domenica è attesa la
votazione su questa seconda proposta. Il primo piano, presentato settimane fa,
è stato bocciato dal suo partito, Likud. In base a indiscrezioni, il documento
dovrebbe prevedere l’evacuazione per il 2005 di tutte le 21 colonie ebraiche da
Gaza e di 4 insediamenti isolati nel nord della Cisgiordania.
Protesta contro la
privatizzazione dei lavoratori francesi del settore energetico. Sono
state annunciate per oggi anche interruzioni dei contratti di fornitura con
l'estero, in particolare con l'Italia, dove dunque si estende il rischio di
sospensioni di erogazioni di luce. Già questa notte si è registrato un calo
dell'erogazione di elettricità in Francia di 10 mila megawatts. Stamane quasi
50 mila lavoratori sono affluiti alla Bastiglia per una manifestazione
nazionale ed è stata tagliata la corrente per diversi minuti al quartiere
parigino della Defense e in diverse città della Costa Azzurra.
E’
salito a 18 il numero dei guerriglieri islamici ceceni uccisi nelle ultime ore
dalle forze federali russe e dalle milizie del governo locale unionista, in una
serie di scontri e rastrellamenti concentrati soprattutto nelle impervie
montagne del sud della regione. A Grozny, dove il 9 maggio è stato ucciso in un
attentato il presidente ceceno unionista Akhmad Kadyrov, colpi d'arma da fuoco
sono stati sparati stamattina contro un edificio dell'amministrazione locale
fedele al governo federale russo, quello che ospita il Consiglio di Stato. Due
impiegate civili cecene sono rimaste ferite in modo non grave.
Apprezzamento
dalle regioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud ai propositi di negoziazione
offerti ieri dal presidente georgiano, Mikhaïl Saakachvili, durante il
discorso pronunciato in occasione del
“Giorno dell’Indipendenza” della Georgia. Saakachvili ha proposto la creazione
di uno “Stato federale” con “statuto speciale” e delle “garanzie di sicurezza”
per i due territori per riunificare tutti i georgiani.
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