RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 146 - Testo della trasmissione di martedì 25 maggio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Aperto in Cina il Vertice della
Banca Mondiale sulla riduzione della povertà
Al
via domani a Roma una Conferenza sulle vittime della tratta di schiavi
Attacco Usa al cimitero di Najaf: morti 9 iracheni
e arrestato il cognato di Moqtada Sadr . In
un agguato uccisi due tecnici russi.
Kofi Annan annuncia: il nuovo esecutivo iracheno forse già lunedì
prossimo
E’ stata rimandata la firma dell’accordo di pace in Sudan, prevista
stamane
Impegni per l’economia ma anche fedeltà alla democrazia: Putin traccia
il so programma davanti al Parlamento
26
maggio 2004
IL
GIUDIZIO DI DIO, SOVRANO DEL MONDO E DELLA STORIA E LA LOTTA
TRA IL
BENE ED IL MALE: NE HA PARLATO STAMANE IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE
“Il giudizio di Dio”, sovrano del mondo
e della storia”: al centro della catechesi del Papa, all’udienza generale,
stamane, in Piazza San Pietro, affollata da migliaia di pellegrini, oltre 15
mila, di ogni parte del mondo, allietati da una bellissima giornata
primaverile. Il servizio di Roberta Gisotti.
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“Un libro di lotta
e speranza”, quello dell’Apocalisse, da cui ha preso le mosse la riflessione di
Giovanni Paolo II, soffermandosi in particolare sulla scena simbolica che vede
i ventiquattro anziani della corte celeste intonare un inno di lode a Dio,
“pronto ormai ad instaurare il suo regno di giustizia, di amore e di verità”. I
vegliardi “rappresentano – ha spiegato il Santo Padre – tutti i giusti della
Antica e della Nuova Alleanza”. E “in questa preghiera – ha aggiunto - si sente
pulsare il cuore dei giusti che attendono nella speranza la venuta del Signore:
“Egli renderà più luminosa la vicenda dell’umanità, spesso
immersa nelle tenebre del peccato, dell’ingiustizia, della menzogna e della violenza.”
Si vuole perciò esaltare “il giudizio giusto e risolutivo
che il Signore sta per eseguire sull’intera storia umana”. Egli è giudice sì,
ma anche salvatore: condanna il male, ma ricompensa la fedeltà; è giustizia, ma
soprattutto amore.” Ma chi sono i
giusti salvati ora nel regno di Dio? Sono “i profeti, i santi e coloro che temono
il suo nome”, “secondo i doni ricevuti nel battesimo e fatti fiorire nella vita
di fede e di amore”.
Vi è poi un’altra scena simbolica – cui il Papa si è
riferito nella catechesi – quella del “serpente antico”, “il drago della
violenza e della malvagità”, che lotta contro la donna che ha partorito il
Messia. E’ il “duello tra il bene e il male, tra la Chiesa e Satana”, che
termina con la definitiva felicità degli eletti che “hanno vinto per mezzo del
sangue dell’Agnello e grazie alla loro testimonianza”. La vittoria
dell’Agnello-Messia sul peccato e sul male, dunque, fonte anche della nostra
gioia e incoraggiamento a perseverare nelle prove che segnano la nostra
esistenza terrena.
Conclusa la catechesi, Giovanni Paolo II, si è rivolto a
tutti i fedeli nelle loro lingue, ricordando in particolare la solennità, domenica
prossima, della Pentecoste, e la figura di San Filippo Neri, di cui oggi
ricorre la festa, esortando i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli a
seguire il suo esempio:
“Sforzatevi, come lui, di servire
Dio nella gioia e di amare il prossimo con semplicità evangelica.”
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E sulla scorta dell’invito del Papa parliamo della figura
di questo santo, fiorentino di nascita e romano di adozione, conosciuto come il
Patrono della gioia. San Filippo Neri, vissuto dal 1515 al 1595, fondatore
della Congregazione dei Fratelli dell’Oratorio, si trasferì infatti a Roma a 20
anni e qui rimase per il resto della sua vita. Il servizio di Sergio
Centofanti.
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“State
buoni se potete!”: è la più nota delle esortazioni di “Pippo buono”, come lo
chiamavano i suoi ragazzi, piuttosto vivaci, raccolti nelle borgate di Roma.
Ragazzi poveri, abbandonati a se stessi: San Filippo Neri li cerca uno per uno,
li fa giocare, cantare, e li educa alla preghiera , all’ascolto della Parola di
Dio e alle opere di carità: nasceva così l’Oratorio. Obiettivo principale:
annunciare il Vangelo ai più piccoli in modo simpatico e piacevole e, piuttosto
che denunciando il male, puntando lo sguardo sul bene, con proposte
coinvolgenti. “Figlioli – diceva – state allegramente: non voglio né scrupoli,
né malinconie: mi basta che non facciate peccati”. Parla al cuore dei giovani,
sta dalla loro parte ma non è un santo “buonista”: “Nel confessarvi – diceva ai
ragazzi – dite prima i peccati più gravi, perché il demonio non vi tenti di
occultarli alla fine”. La gioia di San Filippo non nasce da semplicioneria. Ha
la sua radice profonda nella fede in Gesù morto in Croce: ma che alla fine
risorge. E’ la speranza della vittoria finale del bene che gli fa affrontare
con fiducia anche le tribolazioni della sua vita, che non sono state poche. Tra
l’altro viene anche denunciato al tribunale dell’Inquisizione come turbatore
della quiete pubblica: ma Papa Paolo IV lo difende da ogni accusa. Santo
allegro, sì, ma anche austero, amava l’ascesi e un impegno forte nel seguire il
Vangelo di Gesù come diceva ai ragazzi: “Non è tempo di dormire, perché il Paradiso
non è fatto per i poltroni”.
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IL
CORDOGLIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LE OLTRE 500 VITTIME DELLE ALLUVIONI
CHE HANNO COLPITO LA REPUBBLICA DOMINICANA ED
HAITI
Si fa
di ora in ora più tragico il bilancio delle alluvioni e frane che hanno colpito
l'isola caraibica di Hispaniola, divisa tra Haiti e la Repubblica Dominicana.
Le piogge torrenziali degli ultimi 10 giorni hanno provocato lo straripamento
di diversi fiumi, con un bilancio di oltre 500 morti. In due telegrammi
indirizzati all’arcivescovo di Santo Domingo, cardinal Nicolas de Jesus Lopez
Rodriguez, e all’arcivescovo di Port au Prince, Francois Wolff Ligondè,
Giovanni Paolo II ha espresso il suo profondo cordoglio per le vittime ed ha
invitato alla solidarietà cristiana. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
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Il Papa eleva la sua preghiera al Signore affinché sia
concessa la consolazione a coloro che sono rimasti colpiti dalle inondazioni e
auspica che Dio possa ispirare sentimenti di solidarietà cristiana in quanti
possano collaborare per porre rimedio ai tragici effetti della catastrofe
naturale. In due telegrammi indirizzati agli arcivescovi di Santo Domingo e
Port au Prince, a firma del Segretario di Stato Vaticano,
Cardinale Angelo Sodano, Giovanni Paolo II si è detto vivamente colpito dalla dolorosa
notizia delle gravi inondazioni che hanno interessato un’estesa zona della
Repubblica Dominicana e di Haiti, esprimendo il suo profondo cordoglio per le
numerose vittime e per le tante persone rimaste senzatetto. Ed è una vera e
propria tragedia, quella che ha devastato l’isola di Hispanola, divisa tra la
Repubblica Dominicana ed Haiti, in cui sono oltre 500 le vittime causate
dall’alluvione. La notizia è stata confermata da fonti istituzionali dei due
Paesi, che parlano di un bilancio destinato ancora a salire. La situazione più
grave si registra nella città di Fond Verettes, in territorio haitiano, invasa
dalle acque del fiume Soleil; qui i morti accertati sono 158. Migliaia i
senzatetto. Le autorità dominicane segnalano, invece, 135 vittime e 200
dispersi solo a Jimani, una cittadina di 40 mila abitanti vicina al confine con Haiti. L'aeronautica militare ha
inviato sul posto alcuni elicotteri per trarre in salvo decine di persone
salite sugli alberi e sui tetti delle case nel tentativo di sfuggire alla furia
delle acque. Truppe canadesi e statunitensi del contingente di pace ad Haiti
stanno invece trasportando con gli elicotteri cibo ed acqua potabile alle
popolazioni nelle zone maggiormente colpite. E la situazione non migliorerà nei
prossimi giorni. Il Servizio meteorologico dominicano ha infatti annunciato che
le piogge proseguiranno su tutta l'isola.
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IERI A BERLINO LO SCAMBIO DEGLI STRUMENTI DI
RATIFICA
DELL’ACCORDO FRA LA SANTA SEDE E IL
BRANDEBURGO
PER
REGOLARE I RAPPORTI TRA CHIESA CATTOLICA E LAND
Ieri nella sede della Nunziatura apostolica a Berlino, il
nunzio apostolico in Germania, mons. Erwin Josef Ender, ed il
ministro-presidente del Land Brandeburgo,
Matthias Platzeck, hanno proceduto allo scambio degli Strumenti di ratifica
dell'Accordo fra la Santa Sede e il Brandeburgo, che era stato firmato a Potsdam
il 12 novembre 2003 per regolare i rapporti fra la Chiesa cattolica e il Land.
L'Accordo, che è entrato in vigore oggi, è costituito da 25 articoli e regola vari
aspetti tra cui la libertà religiosa e la condizione giuridica della Chiesa
cattolica nella società civile, e ancora la sua libertà di azione nei campi
cultuale, educativo, pastorale e caritativo. Vengono inoltre regolati
l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e la gestione
ecclesiastica di scuole ed istituti di formazione di ogni grado.
NOMINE
Il
Santo Padre ha nominato vescovo di Araçatuba in Brasile padre Sérgio Krzywy, del Clero della diocesi di
Assis, finora direttore spirituale dell’Istituto Teologico di Marília. Mons. Krzywy è nato a Palmeira, nello Stato brasiliano di
Paraná, il 30 giugno 1952, da una famiglia di origine slava. E’ stato
ordinato sacerdote il 28 febbraio 1983.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In Prima Pagina l’Udienza Generale in Piazza San
Pietro. Il cordoglio del Papa per le vittime delle alluvioni a Santo Domingo e
Haiti in due telegrammi a firma del cardinale Angelo Sodano. Iraq: Francia e
Germania chiedono “miglioramenti” alla bozza di risoluzione presentata
dall’Onu. Sudan: c’è l’intesa per la pace nel Sud dopo un ventennale conflitto
che ha causato due milioni di morti; si fanno di ora in ora più gravi le
conseguenze della crisi nel Darfur. Russia: per Putin rimarrà fedele ai valori
democratici.
Nelle pagine vaticane, il convegno interreligioso
in Qatar tra Cristiani e Musulmani promosso dal Pontificio Consiglio per il
Dialogo Interreligioso.
Nelle pagine estere, sale a 500 il numero delle vittime
delle devastanti alluvioni ad Haiti e Santo Domingo; Medio Oriente: cauto
ottimismo dopo la mediazione egiziana; Terrorismo: pronte ad agire anche in
Europa 18.000 reclute di “Al Queda”; Germania: accordo tra Governo e
opposizione sulla nuova legge per l’immigrazione.
Nella pagina culturale, raccolti nel volume “La nazione cattolica” i lavori del convegno
di Assisi del 2003.
Nelle pagine italiane, in primo piano le speranze di
Ciampi affinchè la bozza di risoluzione per l’Iraq sancisca il ruolo decisivo
dell’Onu ed i temi della Giustizia e del doping.
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26
maggio 2004
PUBBLICATO
IL RAPPORTO 2004 DI AMNESTY INTERNATIONAL:
CALPESTATI
I DIRITTI UMANI DI UN MILIARDO DI PERSONE,
INTRAPPOLATE
TRA POVERTÀ ESTREMA, INGIUSTIZIA SOCIALE E VIOLENZA
-
Intervista con Marco Bertotto -
Oltre
un miliardo di persone intrappolate tra povertà estrema e ingiustizia sociale.
E’ la denuncia di Amnesty International che oggi in 50 capitali, inclusa Roma,
ha presentato il rapporto annuale 2004. Il documento evidenzia la situazione
dei diritti umani in 155 Paesi e territori e fornisce un quadro esaustivo anche
sullo stato dei diritti economici sociali, la protezione dei rifugiati e la
violenza sulle donne. Per noi c’era Massimiliano Menichetti.
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La
violenza dei gruppi armati e l'escalation di violazioni ad opera dei Governi si
sono miscelate per dare vita al più grande attacco ai diritti umani degli
ultimi 50 anni. Così Amnesty International, nel rapporto 2004, scopre un quadro
a tinte scure che ritrae un mondo dominato da crescente sfiducia, paura e divisione.
A
fomentare un tale clima secondo Amnesty gli attacchi criminali dei gruppi terroristici
come Al Qaida, l’Eta in Spagna o Hamas in Medio Oriente che costituiscono una
minaccia concreta alla sicurezza in ogni parte del mondo; sotto accusa anche
l’atteggiamento ambiguo di molti governi e l'agenda della sicurezza globale promossa
dall'Amministrazione statunitense definita un fallimento. “Violando i diritti
umani all'interno, - si legge nel rapporto - chiudendo gli occhi sugli abusi
all'estero e usando la forza militare preventiva dove e quando vogliono, gli
Usa hanno recato un danno alla giustizia e alla libertà e hanno reso il mondo
un luogo più pericoloso”. Per l'organizzazione internazionale la “guerra al
terrore” e la guerra in Iraq hanno favorito una nuova ondata di abusi.
Denunciati molti conflitti interni, spesso
nascosti agli occhi del mondo, come in Cecenia, Colombia, Nepal, Repubblica
Democratica del Congo e Sudan, rilevato l’aumento della violenza in Medio
Oriente: Israele e Territori Occupati. In crescente e silenzioso incremento la
discriminazione, il traffico incontrollato di armi leggere, la tortura
praticata in 132 Paesi, le condanne a morte eseguite tra l’altro in Cina, negli
Stati Uniti e Cuba, gli abusi sui bambini e la violenza contro le donne, tema
questo su cui Amnesty ha presentato oggi una nuova campagna informativa.
Comunque se da una parte l’organizzazione internazionale denuncia gravi abusi,
dall'altra sottolinea il potere crescente della società civile in favore dei diritti
umani rimarcando che ci sono segnali inequivocabili di un movimento per la
giustizia globale che i Governi devono ascoltare. Marco Bertotto, presidente di
Amnesty International Italia:
R. – I governi devono rispettare gli obblighi che a
livello internazionale esistono e gli obblighi che hanno assunto. C’è un
meccanismo di tutela dei diritti umani composto da una serie di organi, non
ultimo il Tribunale Penale Internazionale permanente, che va sostenuto ed è
invece al centro di una crociata, guidata dagli Stati Uniti che stanno appunto
osteggiando l’idea di giustizia senza confini. Stare a fianco dei difensori dei
diritti umani in tutto il mondo è un modo concreto per garantire un futuro
diverso.
D. – E’ nata da poco l’Europa a 25. Che cosa ci si aspetta
da questo nuovo soggetto politico?
R. – Che sappia esercitare una leadership diversa nel
campo dei diritti umani. L’Unione Europea ha tutte le carte in regola per
essere il guardiano del mondo nel campo della protezione dei diritti umani,
però per esserlo deve istituire dei meccanismi funzionali a garantire il
rispetto dei diritti umani nei propri Paesi, all’interno dei propri confini.
D. – E per quanto riguarda la sfida da lanciare
all’Italia?
R. – Entro un mese, il 26 giugno, sarà la Giornata internazionale
per la tutela delle vittime di tortura. Chiediamo al Parlamento italiano di
adottare una seria legge contro la tortura, che introduca finalmente nel nostro
codice penale un reato di tortura pienamente conforme al diritto
internazionale. E al governo italiano rivolgiamo un invito altrettanto
importante: presenti in aula un disegno di legge per ratificare un protocollo
alla convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, che introduca anche nel
nostro Paese un sistema obbligatorio di visite ispettive nei luoghi di
detenzione.
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PRESENTATI
IERI A ROMA GLI ATTI DEL CONVEGNO
“LA
CHIESA E L’ORDINE INTERNAZIONALE”
-
Intervista con il cardinale Renato Raffaele Martino -
Alla presenza del cardinale Renato
Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della
Pace, è stato presentato ieri, presso l’Università Gregoriana, il volume sugli
atti del Convegno “Lla Chiesa e l’Ordine Internazionale”, tenutosi un anno fa
in occasione del 40.mo anniversario della pubblicazione dell’Enciclica “Pacem
in terris” del Beato Giovanni XXIII. Ascoltiamo in proposito il servizio di Lucas
Dùran:
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“Cammino
obbligato della civiltà moderna”: con questa definizione Paolo VI si riferiva
all’organizzazione delle Nazioni Unite e con le stesse parole il cardinale Martino
ha inteso ribadire l’importanza dell’Onu e delle sue varie emanazioni, pur confermando
la necessità di un suo adeguamento alla realtà globale in continua modificazione.
Adeguamento, questo, che non potrà prescindere dal concetto di etica. Non a
caso, un anno fa, per iniziativa del professore e senatore Giuseppe Vedovato
vennero istituiti nel prestigioso Ateneo pontificio la cattedra e il seminario
permanente sull’etica nelle relazioni internazionali.
Durante la presentazione del volume, l’ambasciatore di
Francia presso la Santa Sede, Pierre Morelle, richiamando il pensiero del
filosofo Jacques Maritain, ha affermato che di fronte alla moltiplicazione dei
centri decisionali e all’indebolimento delle democrazie, l’ordine
internazionale dovrà sempre più intendersi come sistema di contrappesi e di
garanzia dei diritti e sempre meno come governo mondiale, formula semplificatrice
e poca concreta.
In questo sistema la Chiesa potrà contribuire in modo
importante grazie alla sua funzione di autorità morale. Citando la
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la prof.ssa Maria Rita Saulle,
nota autorità nell’ambito del diritto internazionale, ha ricordato come
ciascuno abbia diritto ad un ordine e ad una pace internazionale che gli
permetta di esprimere la propria personalità. Ma come dovrà essere la nuova
Onu? Quali sono gli auspici della Santa Sede in questo senso? Ecco in proposito
il pensiero del cardinale Renato Raffaele Martino:
R. – La Santa Sede certo non dirà come riformare il
Consiglio di sicurezza, quanti nuovi membri sarà necessario accogliere. Questi
sono aspetti tecnici che stanno studiando alcuni eminenti personalità che fanno
parte di un gruppo che ha costituito il segretario generale, Kofi Annan, e che
presenterà le proprie conclusioni alla prossima sessione dell’Assemblea
generale. La Santa Sede rileva la necessità che devono poter dire la propria
parola non solo i governi ma anche tutti gli altri componenti della società e
della comunità internazionale. La ragione fondamentale del vivere umano è
quella del bene comune universale. E il bene comune universale non si può
raggiungere se non con l’aiuto di una struttura universale che aiuti tutti i
membri a perseguire questo scopo.
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- Con noi, la prof.ssa Mina Gregori -
Il “Martirio di Sant’Orsola”,
l'ultima opera dipinta da Caravaggio prima della morte, è tornato alla
straordinaria bellezza originaria, dopo un complesso restauro. Capace
di suscitare viva emozione nello spettatore, il capolavoro potrà essere
ammirato alla Galleria Borghese in Roma, fino al prossimo 20 giugno, e successivamente
a Milano e Vicenza. Il soggetto del dipinto, eseguito da Michelangelo
Merisi nel 1610 a Napoli, è la principessa cristiana uccisa dal re degli unni,
mentre tornava a Colonia da un pellegrinaggio a Roma. Sulle caratteristiche che
rendono unico questo quadro, Alessandro Gisotti ha intervistato la prof.ssa
Mina Gregori, emerita dell’Università di Firenze, che trent’anni fa propose per
prima l’inserimento del “Martirio di Sant’Orsola” nel catalogo caravaggesco:
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(musica)
R. – Corrisponde all’ultimo
periodo di Caravaggio. Si capisce proprio nelle luci spezzate, nella velocità,
nella violenza con cui queste figure emergono dall’oscurità: per esempio, il
soldato sulla destra di cui si vedono appena i bagliori dell’armatura, il
profilo... Poi c’è il fatto che dietro a Sant’Orsola c’è una persona che si
affaccia, una figura che ritroviamo anche in un altro quadro del Caravaggio,
probabilmente il suo autoritratto. Cioè, la potenza del re unno che sta
uccidendo, a distanza ravvicinata, la Santa. Anche questo è un fatto assolutamente
teatrale. Ci sono infiniti elementi di interesse per un quadro come questo che
rappresenta Caravaggio proprio al suo ultimo momento, prima di partire per
Porto Ercole, dove troverà la morte.
D. – Che cosa possiamo leggere
della personalità di Michelangelo Merisi attraverso questo quadro?
R. – Caravaggio era interessato
a trattare queste scene violente in cui c’è sempre il grande conflitto tra la
vittima e il carnefice. Questa grande lotta della vita, per così dire, è un
tema fondamentale per Caravaggio, insieme con quello della presenza della
morte.
D. – Grande importanza anche
del soggetto raffigurato da Caravaggio …
R. – Ci dev’essere stata una
richiesta precisa del committente, ma naturalmente il Caravaggio l’ha trattato
a modo suo. Ha trattato proprio l’uccisione della Santa in modo ravvicinato,
come dicevo, veramente teatrale, come in un proscenio.
D. – Quindi, anche una
sorprendente modernità ...
R. – Diciamo agli antipodi di
quella che era la visione classicistica che dominava in Italia e questo quadro,
appunto, è stato dipinto a Napoli. C’erano gli echi anche lì di questa tendenza
che era quella di idealizzare. Qui invece c’è proprio la violenza dell’effetto
bruto. Per esempio, la testa del re unno è una testa che quasi ha una smorfia.
C’è, poi, guardando da vicino, una sorta di sberleffo sul naso dato dal colpo
della luce, dipinto con una velocità e un’impazienza che era quella dei suoi
ultimi anni ...
(musica)
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26
MAGGIO 2004
APERTO
IN CINA IL VERTICE DELLA BANCA MONDIALE SULLA RIDUZIONE
DELLA POVERTA’: IL PRESIDENTE DEL BRASILE,
LULA DA SILVA,
HA
DEFINITO LA MISERIA CHE ATTANAGLIA ALMENO UN MILIARDO DI PERSONE
“LA PEGGIORE
TRA LE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA”
SHANGHAI. = “Non possiamo accettare che in alcuni
Paesi ricchi siano destinati alle mucche sussidi quotidiani di due dollari
mentre metà della popolazione del pianeta sopravvive con meno di un dollaro al
giorno”. E’ una delle affermazioni ad effetto dell’intervento di denuncia
rilasciato dal presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, alla
conferenza organizzata della Banca Mondiale sulla riduzione della povertà,
inaugurata oggi a Shangai, in Cina. Una selva di applausi ha salutato anche un
altro passaggio del discorso, quando il capo di Stato brasiliano ha definito la
povertà “la peggiore tra le armi di distruzione di massa”. La comunità
internazionale, ha proseguito Lula da Silva, è troppo focalizzata sulla
questioni della sicurezza e tralascia invece i gravi squilibri che ancora
attanagliano milioni di persone nel mondo. Secondo dati della Banca Mondiale,
degli oltre sei miliardi di abitanti del globo, il 20 per cento possiede
l’ottanta per cento delle risorse, mentre un miliardo di persone affronta la
battaglia quotidiana per la sopravvivenza con meno di un dollaro al giorno.
Anche il premier cinese, Wen Jiabao, non ha esitato a dichiarare che i Paesi
sviluppati dovrebbero eliminare il debito che rischia di “asfissiare le
economie delle nazioni più povere” e accelerare il trasferimento di tecnologie
per promuovere lo sviluppo. Il presidente della World Bank, James Wolfensohn ha
spezzato una lancia in favore del governo di Pechino, spiegando che la
decisione di organizzare in Cina il vertice è stata presa grazie ai risultati
ottenuti dal grande Stato asiatico, che negli ultimi vent’anni –grazie al
contributo internazionale - è riuscito strappare dalla povertà circa 400
milioni di persone. (A.D.C.)
I
VESCOVI DELLA COREA DEL SUD HANNO INVIATO UN MESSAGGIO AUGURALE
AI
BUDDISTI DEL PAESE, CHE OGGI FESTEGGIANO IL GIORNO DELLA NASCITA
DI BUDDHA. LE DUE RELIGIONI, SCRIVONO I
PRESULI, POSSONO DIALOGARE
PER IL
PROGRESSO SPIRITUALE DELL’UOMO E PER IL BENE COMUNE DEL PAESE
SEUL. =
Cristianesimo e Buddismo sono due religioni che aiutano il cammino spirituale
dell’uomo, che possono dialogare e trovare un terreno di azione comune. E’
intessuto di queste considerazioni e di questi auspici il messaggio di auguri inviato
dai vescovi coreani ai leader buddisti, in occasione della festa di Vesakh,
ovvero l’anniversario della nascita di Buddha che cade il 26 maggio.
L’arcivescovo di Seul, Nicholas Cheong, e il vescovo di Incheon, Boniface Choi
Ki-san, nonché presidente della Commissione episcopale per l’Unità dei
Cristiani e il Dialogo Interreligioso, hanno espresso l’auspicio, riferito
dall’agenzia Fides, che i “fedeli cristiani e buddisti si comprendano e si
amino gli uni gli altri”. “I credenti di tutte le religioni in Corea - ha
scritto mons. Cheong - devono praticare con fede l’insegnamento della loro
religione. Se noi credenti ci rispettiamo e ci amiamo gli uni gli altri, il
mondo diverrà più luminoso e potremo dare speranza e consolazioni a tutte le
genti”. Ma i presuli coreani non si sono limitati alla dimensione spirituale
del rapporto cristiani-buddisti. Da questo dialogo, hanno sottolineato, può
giovarsi il bene comune della nazione. “E’ naturale per noi vivere insieme in
questa Terra, adoperandoci per lo sviluppo e la prosperità di tutto il popolo
coreano, nel rispetto e nella comprensione reciproca”, ha scritto mons.
Boniface, chiedendo ai buddisti coreani “di condurre la gente ai valori eterni
e di aprire insieme un luminoso futuro del popolo coreano”. In occasione del
Vesahk il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha diffuso un
messaggio inviato ai leader buddisti in tutto il mondo. (A.D.C.)
SI
ORGANIZZA LA MACCHINA UMANITARIA NEL DARFUR: DOMANI UN AEREO ITALIANO
ATTERRERA’ NELLA REGIONE SUDANESE, TEATRO DI UN GENOCIDIO, PER PORTARE AIUTI AI
PROFUGHI. ANCHE IL PAM E L’AGENZIA USA PER LO SVILUPPO PORTERANNO
14
TONNELLATE DI VIVERI E TENDE PER UN MILIONE DI DOLLARI
NAIROBI.
= La solidarietà sembra finalmente trovare spazi e libertà d’azione nel Darfur.
Un aereo con aiuti inviati dal governo italiano per un valore di 200 mila euro
atterrerà domani a Nyala, capitale meridionale della regione sudanese, che dal
febbraio del 2003 sta vivendo una sanguinosissima guerra civile – da molti
definita un vero e proprio genocidio - che ha causato finora circa 20 mila
morti e oltre un milione di profughi. E' il primo aereo di aiuti italiani che
atterra nell'area, ed uno dei primi in assoluto, in un’area di difficile
accesso anche per gli operatori umanitari e gli osservatori internazionali.
L’aereo italiano scaricherà aiuti non alimentari ma connessi alle esigenze
degli sfollati, come pompe d'acqua o tende. Il tutto sarà consegnato ai
funzionari Onu che operano in zona. Non è il primo intervento italiano a favore
delle disastrate popolazioni del Darfur. In precedenza, erano stati stanziati e
consegnati all’Unicef ed all’Organizzazione mondiale della sanità circa un
milione e mezzo di euro mentre, a livello bilaterale, la Cooperazione italiana
ha stanziato 620 mila euro destinati ad aiuti sanitari. Ieri il Pam, il
Programma alimentare mondiale, aveva reso nota la decisione operativa -
favorita dalla circostanza che il governo di Khartoum proprio da ieri ha
facilitato molto l'accesso nella regione, prima quasi impossibile - di inviare
ai profughi del Darfur 14 tonnellate e mezzo di viveri entro fine mese. Anche
l'Usaid, l'agenzia statunitense per gli aiuti allo sviluppo, ha annunciato
l'invio di tende per un valore di un milione di dollari: intervento preceduto
già da numerosi altri in favore delle popolazioni di quella regione. (A.D.C.)
NEL
SUDAN MERIDIONALE, IL VIRUS DI EBOLA HA UCCISO CINQUE PERSONE
IN DUE SETTIMANE E CONTAGIATO ALTRE VENTI.
L’EPIDEMIA CONFERMATA
DALL’ORGANIZZAZIONE
MONDIALE DELLA SANITA’
GINEVRA.
= L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha confermato oggi a Ginevra
un’epidemia di febbre emorragica di Ebola nella regione di Yambio, nel sud del
Sudan: dal 9 maggio scorso ha colpito 19 persone di cui 5 sono morte. L'Oms ha
inviato sul posto una squadra di esperti che, insieme al personale di Medici
senza frontiere, sono all'opera per arginare l'epidemia, in particolare
isolando i malati. La malattia, una delle infezioni virali più aggressive
finora note, è stata identificata per la prima volta nel 1976 nell'Africa
occidentale, in particolare nel Sudan e nello Zaire (l'attuale Repubblica
democratica del Congo). Le prime, violentissime, epidemie colpirono i centri di
Yambuku, nello Zaire settentrionale, e di Nzara, nel Sudan meridionale. Quello
di Ebola è un virus che provoca la morte dal 50 al 90% delle persone colpite.
Ha probabilmente origine in un serbatoio animale, ancora non identificato con
sicurezza. Del virus – che provoca forti emorragie interne ed esterne - sono
finora stati identificati alcuni ceppi, i piu' noti dei quali sono quelli
isolati nelle epidemie che hanno colpito Zaire, Sudan e Costa d'Avorio; un
quarto ceppo, chiamato Ebola-Reston, e' stato isolato nei primati ma non
nell'uomo. Il virus si trasmette per contatto diretto con sangue, fluidi corporei
e tessuti di persone infette ed ha un periodo di incubazione che varia da 2 a
21 giorni. Al momento non esistono ne' terapie ne' vaccini in grado di
sconfiggere la malattia. (A.D.C.)
ROMA. = “Potenziamento delle attività di ricerca e
raccolta dati”. Questo il titolo della conferenza dell’Organizzazione
internazionale per le migrazioni, sulla tratta degli schiavi, in programma
domani e dopodomani a Roma. L’evento – al quale presenzieranno in qualità di
relatori, tra gli altri, anche Laura Langberg, specialista sulla tratta delle
persone della Commissione inter-Americana delle donne, e padre Graziano
Battistella, presidente dell’Istituto di migrazioni internazionali degli
Scalabriniani – ha come finalità quella di comprendere su quali basi vengano
stilate le statistiche sulla tratta e quale sia l’attendibilità dei dati
diffusi. Il “traffico” di esseri umani, infatti, continua a essere un fenomeno
estremamente complesso, sul quale dati precisi ed affidabili sono difficilmente
disponibili. Sono stimati tra i 700 mila e i 2 milioni di persone le donne e i
bambini “trafficati” ogni anno attraverso le frontiere internazionali: di
costoro, 500 mila sono vittime del traffico verso i Paesi dell’Europa
occidentale e 120 mila nell’Unione Europea. (S.S.)
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26
maggio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Sono in “condizioni critiche”
alcuni dei sei tecnici russi feriti stamani in un agguato in Iraq in cui due
loro colleghi sono stati invece uccisi. Da Mosca, il ministro della protezione
civile ha annunciato che un aereo per evacuare gli altri tecnici della stessa
impresa ancora in Iraq, cioè più di 200, è pronto a partire ''nelle prossime
ore''. Ma ci sono altri episodi di sangue di cui riferire insieme con la notizia
dell’arresto del cognato di Moqtada Sadr.
Il nostro servizio:
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Carri armati Usa e elicotteri da
combattimento hanno attaccato le milizie radicali sciite asserragliate nel
cimitero della città santa di Najaf. Sono almeno nove gli iracheni morti e 33 i
feriti. Il cimitero è il secondo al mondo per estensione ed è vicino al
mausoleo dell'imam Alì, danneggiato nei combattimenti di ieri. E proprio a
Najaf questa mattina è stato arrestato da soldati americani il cognato del
leader radicale sciita Moqtada Sadr, tra i suoi principali collaboratori. C’è notizia, poi del ferimento di 5 civili
per una bomba fuori Baghdad.
Intanto, in primo piano resta la
discussione sul passaggio di potere agli iracheni. Brahimi, inviato dell'Onu in
Iraq, potrebbe farcela per lunedì a
definire il nuovo governo ad interim. Dunque ci sarebbero presto un presidente,
due vice, un premier e 26 ministri. Lo ha detto il segretario generale delle
Nazioni unite, Annan, dopo la consultazione del Consiglio di Sicurezza durante
la quale la bozza di risoluzione sull'Iraq presentata ieri da Stati Uniti e
Gran Bretagna ha suscitato reazioni generalmente positive. Fra le questioni da
definire bene c’è la sovranità del
nuovo esecutivo iracheno. Lo sottolinea Pachachi, dato per probabile prossimo
presidente della Repubblica in Iraq, che puntualizza: rispetto all’intervento
della forza multinazionale, il governo non deve essere solo consultato – come
si legge nella proposta di risoluzione – ma dovrà dare un parere necessario e
vincolante.
E
non sembra trascurabile, dunque, la differente posizione emersa tra Gran
Bretagna e Stati Uniti sul controllo del futuro governo iracheno a proposito di
operazioni militari. Mentre Blair ieri giurava su un diritto di veto da
riconoscere agli iracheni, il segretario di Stato americano, Powell, aveva
detto di non ritenere le truppe Usa vincolate a decisioni delle autorità
locali. Ma oggi Blair parlando ai Comuni ha smentito contrasti precisando che il governo iracheno avrà la
parola finale sulle decisioni strategiche ma che le operazioni militari
resteranno sotto la responsabilità dei
singoli comandi.
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Nella Base italiana a Nassiriya ha fatto visita oggi il ministro
della difesa, Martino. Parlando con gli uomini del contingente Antica Babilonia
a Nassiriya, Martino ha sottolineato che i militari italiani in Iraq ''si
sono coperti d'onore, con la loro
professionalità, ma soprattutto con l'umanità e la capacità nei rapporti che è
orgogliosamente una loro caratteristica''.
L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi ha
seccamente smentito le accuse di Israele, circa palestinesi armati che
avrebbero fatto uso delle sue ambulanze a Gaza per far sparire i resti di sei
soldati israeliani uccisi durante un'incursione dell'esercito a Gaza City. In un comunicato il commissario
generale dell'Unrwa, Peter Hansen, ha chiesto al ministro della difesa
israeliano, Mofaz, di scusarsi per aver proferito ''accuse dannose e
infondate''.
L'ambasciatore turco a Tel Aviv è stato richiamato ad Ankara ''per
consultazioni sui recenti sviluppi in
Medio Oriente''. La notizia arriva poco dopo l'annuncio fatto dal premier
turco, Erdogan, in una riunione del suo partito, Akp, ieri sera che la Turchia
aprirà un'ambasciata presso l'Autorità
nazionale palestinese di Yasser Arafat. Bisogna anche ricordare le recenti
dichiarazioni insolitamente aspre del premier turco sia dopo l'uccisione del
leader dell'organizzazione terrorista Hamas, il 22 marzo scorso, sia dopo il
bombardamento di un campo profughi di Gaza, la scorsa settimana. In
entrambe le dichiarazioni Erdogan aveva condannato Israele parlando di ''terrorismo'', come fanno, i
Paesi arabi ma come non aveva mai fatto prima la Turchia.
Gli Stati Uniti destineranno 450 milioni di dollari a un programma
mondiale per la lotta contro la proliferazione nucleare. Lo ha annunciato
stamani a Vienna il segretario americano all'energia, Spencer Abraham,
intervenendo alla riunione dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.
Abraham ha specificato che l'iniziativa di Washington, in collaborazione con la
Russia, è destinata a rimuovere e mettere al sicuro materiali nucleari ad alto
rischio per evitare che finiscano nelle mani di terroristi.
Eliminare la povertà,
completare il processo di privatizzazione degli ex monopoli industriali e
sostenere la già avviata crescita economica. Sono gli obiettivi del secondo
mandato di Vladimir Putin, che oggi ha illustrato al Parlamento di Mosca il suo
piano di governo per i prossimi anni. Nel suo discorso non sono mancati i
riferimenti politici, come spiega Andrea Sarubbi:
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“Rimanere fedeli ai valori della
democrazia” e “rafforzare la coalizione internazionale contro il terrorismo”.
Putin ha confermato la fedeltà alla scelta occidentale, ma senza rinunciare
all’autonomia del suo Paese. Il mondo “ha paura di una Russia forte” – spiega-
e per questo confonde il rafforzamento dello Stato con l’autoritarismo. Solo
con l’aiuto dell’Onu - ha proseguito -
si possono risolvere i conflitti regionali, sconfiggendo i tentativi di
destabilizzazione. Chiaro il riferimento alla Cecenia, dove nelle ultime 24 ore
l’esercito russo ha perso 9 militari ed ucciso 18 guerriglieri. Un esercito –
ha rimarcato il presidente – che va modernizzato, così come le forze nucleari
strategiche, al momento prive di armamenti moderni. Per il resto, il discorso
alla Duma si è rivelato un elenco di obiettivi economici da non fallire, se si
vuole – come il capo dello Stato ha promesso stamattina – che la ricchezza
prodotta nel Paese raddoppi entro il 2010. “Il reddito reale della popolazione
è aumentato del 50 per cento negli ultimi 4 anni”, ha detto il presidente,
rivendicando anche il merito di una diminuzione dei poveri: secondo il Cremlino
sarebbero scesi al 30 per cento della popolazione, ma l’opposizione ritiene
siano molti di più.
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Prevista in mattinata la firma
dell’accordo di pace in Sudan, la cerimonia è stata rimandata ad oggi
pomeriggio o domani per questioni ancora da definire. Ieri è stato annunciato
l’accordo tra governo del Sudan e ribelli dell’Esercito popolare di
liberazione, guidato da John Garang e
attivo nel sud del Paese. Dopo 21 anni di guerra civile, i protagonisti
sono riuniti a Naivasha, in Kenya, che è stata
sede dei colloqui di pace ma hanno ancora dei nodi da sciogliere. In ogni caso,
l'intesa non riguarda la regione del Darfur, nella parte occidentale del Sudan
al confine con il Ciad, dove le milizie arabe filo-governative stanno compiendo
un massacro ai danni delle popolazioni locali. E sul piano di pace non mancano
perplessità a Khartoum, come spiega, nell’intervista di Roberto
Piermarini, il missionario salesiano
Vincenzo Donati:
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R. – La realtà è che le due
parti non sono riuscite a mettersi d’accordo su quasi nessun punto. Sono
arrivati a questo accordo usando questa strategia: adesso facciamo la pace e
dopo discuteremo i singoli punti. Non è stato ancora deciso, ad esempio, qual è
il Nord e qual è il Sud; non è stato ancora deciso se la legge islamica va
applicata in tutto il Nord o soltanto in alcune parti; non è stato ancora
deciso se il presidente sarà quello islamico e poi due del Sud. Quindi hanno lasciato
in sospeso proprio i punti principali.
D. – Padre Donati, quindi,
questo non è un vero e proprio accordo per dare la sospirata pace alla
popolazione del Sud Sudan?
R. – Praticamente non porterà la
pace. La gente anzitutto non sente questo accordo; non è stato sbandierato
neanche dai giornali locali. C’è la notizia, ma nessuno ci fa caso. Questo è
più che certo. E’ stata fatta adesso una organizzazione per la propaganda
islamica nel Sud, che sarà finanziata da alcuni Paesi arabi con la chiara
volontà di islamizzare tutto il Sud. Questo vecchio progetto cercano ora di
farlo seguendo strade democratiche, ma non c’è unione di cuori e di spiriti...
questo è certo!
D. – Come sta vivendo questa
realtà la Chiesa cattolica sudanese?
R. – La Chiesa cattolica si
trova al margine di tutto questo. E’ una Chiesa composta da “poveracci”, da
gente che è scappata via dal proprio Paese. Non li tocca. Forse ci sarà un
ritorno di parecchie persone nel sud, ma anche questo è da vedere.
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Per il presidente della Repubblica italiano, Carlo Azeglio Ciampi,
la “Giornata dell'Africa”, celebrata ieri,
è l'occasione per tornare a riflettere sul “vincolo profondo che lega
l'Italia a questo grande continente, unito all'Europa, attraverso il
Mediterraneo, da un rapporto millenario”. Il capo dello Stato, intervenendo
oggi all'Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente a Roma, ha descritto le
potenzialità per un'affermazione della democrazia e della pace. ''Numerosi''
sono i Paesi che si sono messi su questa strada”, ha detto Ciampi e, tra gli
altri, ha ricordato l'Algeria, il Sudafrica, il Mozambico, pur evidenziando che
“troppe regioni sono ancora teatro di sanguinosi conflitti”. Il Presidente
italiano ha poi ricordato che “il nemico principale della pace è il terrorismo,
spiegando che lo generano, lo alimentano, in un mortale circolo vizioso, le
guerre, le violenze, la barbarie”.
“Nessuna guerra in nome di Cristo”, dialogo tra Chiesa cattolica
e Chiesa ortodossa, piena intesa sulla necessità di un richiamo alle radici
cristiane nella Costituzione europea. Questi, in sintesi, i temi al centro
dell’incontro ieri tra il presidente della Camera italiana, Pier Ferdinando
Casini, e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II. Nel corso del
colloquio, Casini ha definito “fondamentale”, soprattutto in questo momento,
“il dialogo interreligioso” tra Oriente e Occidente, ricordando i richiami
insistenti di Giovanni Paolo II ed esprimendo, comunque, “fiducia sulla
volontà” di “sanare certe ferite”.
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