RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 140 - Testo della trasmissione di mercoledì 19 maggio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La coscienza del peccato, spesso offuscata ai nostri giorni, e la gioia del perdono dopo la conversione, al centro della catechesi del Papa all’udienza generale

Presentato ieri alle Scuderie del Quirinale in Roma, “Alzatevi, andiamo”, il nuovo libro di Giovanni Paolo II: il commento del cardinale Giovanni Battista Re

Cresce l’emozione tra i giovani svizzeri in attesa dell’incontro con il Papa a Berna, il 5 e 6 giugno:  intervista con Cristina Vonzun

E’ morto ieri in Francia il cardinale senegalese Hyacinthe Thiandoum, aveva 83 anni

La nuova Europa ricordi il patrimonio culturale e spirituale, per cui molti combatterono e morirono: così il Papa nel saluto ieri al presidente polacco Kwasniewski, a 60 anni dalla  battaglia di Montecassino

 

Diventare fautori del dialogo: è l’invito del Papa nel messaggio per il concerto di ieri sera in Aula Paolo VI.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Iraq: la rivendicazione del gruppo di Zarkawi per l’uccisione del capo di governo provvisorio e nuovi scontri con morti a Kerbala. Rinviato il processo per le torture ma uno degli accusati si dichiara colpevole: con noi padre Justo Lacunza ed Alberto Negri

Dissapori fra il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e la Chiesa ortodossa di Grecia: ai nostri microfoni padre Dimitri Salakas

CHIESA E SOCIETA’:

 

Il vescovo Kaigama, a capo della diocesi nigeriana di Jos, teatro di recenti violenze, ha criticato l’adozione dello stato di emergenza imposta dalle autorità del Paese.

In Brasile, un rapporto della Commissione parlamentare per i diritti dei bambini ha denunciato gli abusi sessuali che ogni anno, nel Paese, vedono vittime 60 mila minori

L’allarme terra sollevato dal vescovo angolano di Lubango

La presidente indonesiana Megawati Sukarnoputri ha ordinato al Ministero degli Affari Religiosi di riesaminare i programmi d’insegnamento della religione nelle scuole

Si svolgerà in tutte le chiese argentine, domenica 13 giugno, la Colecta Anual (colletta annuale) della Caritas argentina

 

24 ORE NEL MONDO:

 

In un raid israeliano a Rafah morti 10 palestinesi, 30 i feriti

 

I vertici del Partito del Congresso in India si dimettono dopo la rinuncia di Sonia Gandhi 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 maggio 2004                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

 

 

 

LA COSCIENZA DEL PECCATO SPESSO OFFUSCATA AI NOSTRI GIORNI

E LA GIOIA DEL PERDONO DOPO LA CONVERSIONE,

AL CENTRO STAMANE DELLA CATECHESI DEL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE

 

“Dio non è indifferente al male perpetrato dalla sua creatura”, ma la coscienza del peccato è spesso “offuscata ai nostri giorni”: così il Papa stamane, all’udienza generale in Piazza San Pietro, dedicata al Salmo 31 di ringraziamento per il perdono dei peccati. Servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato!”.

 

Giovanni Paolo II ha ripercorso il cammino del peccatore convertito. Anzitutto “la sua penosissima situazione di coscienza quando ‘taceva’” e pure “avendo commesso gravi colpe”, “non aveva il coraggio di confessare a Dio i suoi peccati”. “Era un tormento interiore terribile”, che viene descritto nel Salmo “con immagini impressionanti.” “Il peccatore sentiva pesare su di sé la mano di Dio”, “custode della giustizia e della verità”. Poi non potendo più resistere, il peccatore si apre con una “dichiarazione coraggiosa”.

 

“’Confesserò al Signore le mie colpe’. Sono poche parole, ma che nascono dalla coscienza; Dio vi risponde subito con un generoso perdono”

 

“Si schiude così davanti ad ‘ogni fedele’ pentito e perdonato un orizzonte di sicurezza, di fiducia, di pace – ha spiegato il Papa -  nonostante le prove della vita. Può giungere ancora il tempo dell’angoscia ma la marea avanzante della paura non prevarrà, perché il Signore condurrà il suo fedele in un luogo sicuro”. Ma “non basta… essere stati purificati; bisogna poi camminare sulla via giusta”, “lasciando alle spalle il vizio e il suo oscuro potere di attrazione” e arrivare “al godimento di quella pace che scaturisce dall’essere liberati e perdonati.”

 

Al binomio ‘delitto-castigo’ si sostituisce il binomio ‘delitto-perdono’”, perché Dio “perdona la colpa, la trasgressione e il peccato”. Si sperimenta “la coscienza del peccato, spesso offuscata ai nostri giorni e insieme la gioia del perdono”.

 

         In una piazza affollata, sotto un sole caldo di primavera, Giovanni Paolo II si è rivolto nelle loro lingue ai fedeli di ogni parte del mondo, in particolare a suoi connazionali, nel 60.mo anniversario della battaglia di Montecassino. Ha chiesto ai governanti del suo Paese e a tutti i polacchi di tornare con la memoria a quell’eroico episodio per imparare come l’amore per la Patria possa dare “il coraggio e le forze” per coltivare generosamente “lo spazio della libertà”. Ha rivolto poi un saluto a quanti parteciperanno al Pellegrinaggio dei popoli al Santuario di Mariazeel, in Austria, dove è inviato a suo nome il cardinale Angelo Sodano. Infine si è rivolto ai giovani alla vigilia della festa dell’Ascensione, chiedendo loro di “vivere sempre protesi verso il Cielo, ponendo al primo posto le ‘cose di lassù’”

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UNA RACCOLTA DI RICORDI E RIFLESSIONI PER ESORTARE L’UMANITA’

A VIVERE IL MESSAGGIO DEL VANGELO NEL TERZO MILLENNIO:

PRESENTATO IERI ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE IN ROMA,

“ALZATEVI, ANDIAMO”, IL NUOVO LIBRO DI GIOVANNI PAOLO II

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

E’ da ieri in libreria la nuova opera letteraria di Giovanni Paolo II, “Alzatevi, andiamo”, pubblicato in occasione dell’84.mo compleanno di Papa Wojtyla. Dopo “Dono e mistero”, in cui ripercorreva la sua esperienza di sacerdote, il Pontefice si dedica ora a rievocare tra ricordi e riflessioni i suoi vent’anni di episcopato a Cracovia. “Alzatevi, andiamo”, edito da Mondadori, è stato presentato, ieri sera, alle Scuderie del Quirinale a Roma. All’evento hanno preso parte il cardinale Giovanni Battista Re, il presidente del Senato, Marcello Pera, il direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquin Navarro-Valls e il senatore Giuliano Amato. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Un’esortazione a vivere senza paura il messaggio del Vangelo nel Terzo Millennio: è questo il significato profondo di “Alzatevi, andiamo”. Pagina dopo pagina, il Papa descrive, con stile diretto e quasi colloquiale, la sua attività pastorale portata avanti nello spirito del Concilio Vaticano II. E non mancano le parti del volume dedicate alla rievocazione della lotta contro le autorità comuniste polacche. Nel libro sono numerosi i cenni autobiografici, ma il direttore della Sala Stampa vaticana, Navarro-Valls, ha sottolineato come questi rappresentino in realtà, l’occasione per una riflessione, per una ricerca interiore. Anzi - ha aggiunto - si coglie proprio un intreccio tra ricordi e riflessioni, come quando il Papa rivela che l’idea delle Giornate mondiali della Gioventù nasce dall’esperienza con i giovani nel periodo di episcopato a Cracovia. Dal canto suo, il cardinale Giovanni Battista Re ha messo l’accento sull’utilità di “Alzatevi, andiamo” per tutti i fedeli:

 

“Per me, questo libro è interessantissimo per i vescovi. Giovanni Paolo II insegna loro come fare il vescovo e lo insegna con la sua esperienza, mostra la strada da seguire con il suo stile evangelico, umano, trasparente. Ma anche per i laici questo libro è avvincente. Mi sembra, infatti, che possa interessare tutti capire qualche cosa di quello che passa nel cuore di un vescovo... Una domanda, mi pare, venga spontanea: dove ha attinto tanto coraggio, questo Papa?’. Il suo ragionamento può essere così riassunto: la fortezza nella fede e il senso di responsabilità che animano un vescovo devono portarlo a non avere paura quando si tratta di proclamare la verità o di difendere i valori o le persone”.

 

Il cardinale Re si è così soffermato sul coraggio di Giovanni Paolo II, sottolineando che nemmeno l’attentato in Piazza San Pietro lo ha fermato o intimidito. Nel suo intervento, il presidente del Senato, Pera, ha detto che “Alzatevi, andiamo” non è propriamente un’autobiografia, ma piuttosto una pedagogia evangelica, illustrata con alcuni episodi della vita che hanno come termine di paragone le Sacre Scritture. Infine, il senatore Amato ha parlato della straordinaria capacità di Papa Wojtyla di rivolgersi direttamente a ciascuno di noi, intessendo un legame particolare con il mondo dei giovani.

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CRESCE L’EMOZIONE TRA I GIOVANI SVIZZERI NELL’ATTESA

 DELL’INCONTRO CON GIOVANNI PAOLO II A BERNA,

 IL 5 E 6 GIUGNO PROSSIMI

- Intervista con Cristina Vonzun -

 

I vescovi della Svizzera hanno presentato stamani a Berna il programma del Primo Incontro nazionale dei giovani cattolici elvetici, previsto nella capitale federale il 5-6 giugno prossimi. Un evento, caratterizzato dalla presenza di Giovanni Paolo II, che tornerà per la terza volta in terra svizzera dopo i viaggi del 1982 e del 1984. Sullo spirito con il quale i giovani svizzeri si stanno preparando alla visita del Papa, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di Cristina Vonzun, responsabile del Comitato pastorale per la Svizzera Italiana. Ascoltiamo l’intervista, accompagnata dalle note dell’Inno composto dai giovani svizzeri per celebrare l’incontro con Giovanni Paolo II:

 

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(musica)

 

R. – C’è uno spirito di grande attesa, uno spirito di gioia, che però si potrebbe leggere anche un po’ differenziato: i giovani che sono stati alle Giornate mondiali della gioventù sono particolarmente entusiasti, molti di questi sono già coinvolti da mesi nella diffusione dell’annuncio di questo incontro, nella sensibilizzazione dei loro coetanei. Questi sono i ragazzi che trascinano gli altri cioè tutti quei giovani magari un po’ più lontani dalle esperienze delle Giornate mondiali della gioventù, che però, appunto invitati da questi loro compagni, si stanno lentamente e gradatamente mettendo in movimento.

 

D. – Quanto è radicata oggi la fede nei giovani svizzeri e quali sono le sfide più urgenti per i ragazzi che accoglieranno il Papa?

 

R. – E’ radicato, soprattutto, il senso religioso nei giovani svizzeri. C’è una grande dimensione di ricerca spirituale. Poi ci sono i ragazzi che vivono l’esperienza dei movimenti ecclesiali, delle associazioni, anche delle parrocchie. La nostra è una realtà molto variegata: c’è quella di lingua italiana, di lingua francese, dove vi è una forte fede anche ecclesiale. Poi, abbiamo la realtà della Svizzera tedesca dove questa aggregazione ecclesiale è più sfumata, ci sono più difficoltà. Però, i giovani vivono la fede dentro una grande ricerca spirituale e dentro una risposta che trovano, soprattutto a livello di movimenti, di associazioni, di gruppi e parrocchie in alcune aree del Paese, non dappertutto.

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E’ MORTO IERI IN FRANCIA IL CARDINALE SENEGALESE HYACINTHE THIANDOUM,

AVEVA 83 ANNI. FU UNO DEI PADRI CONCILIARI CHE SI ADOPERO’

PER LA RIFORMA LITURGICA IN FAVORE DEI RITI CATTOLICI IN AFRICA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un padre conciliare e un pastore molto sensibile alle difficoltà dell’evangelizzazione nei Paesi in via di sviluppo: queste alcune delle caratteristiche che segnarono il ministero del cardinale Hyacinthe Thiandoum, spentosi ieri pomeriggio all’età di 83 anni all’ospedale geriatrico Saint Thomas de Villeneuve di Aix-en-Provence in Francia. In precedenza, il porporato aveva già trascorso un periodo di degenza alla clinica Brévié di Dakar, dove era stato ricoverato in seguito ad un ictus sopraggiunto la sera dello scorso Giovedì santo, 8 aprile.

 

Ha vissuto come cittadino e poi come pastore in Senegal. Nato a Poponguine, nell’arcidiocesi di Dakar, il 2 febbraio 1921, il cardinale Thiandoum venne ordinato sacerdote nel 1949 e due anni più tardi si spostò a Roma per frequentare la Pontificia Università Gregoriana, dove conseguì la licenza in filosofia e sociologia. Dopo il ritorno in Africa nel ‘53, fu Giovanni XXIII a eleggerlo alla sede arcivescovile di Dakar nel ‘62, come successore dell'arcivescovo Marcel Lefèbvre, nei cui confronti si adoperò, negli anni successivi, in un’attiva opera di mediazione durante il doloroso contrasto con la Santa Sede. Come arcivescovo, fu a Roma durante i lavori del Concilio Vaticano II. Sono suoi alcuni importanti interventi sulla riforma liturgica   con speciale riguardo ai riti particolari dei cattolici africani ed alla opportunità dell'introduzione delle lingue locali,  sulla questione ecumenica e sulle comunicazioni sociali.

 

Identica attenzione caratterizzò la sua partecipazione alle assemblee del sinodo dei vescovi. In veste di rappresentante della conferenza episcopale del Senegal-Mauritania, della quale fu presidente fino all’87, pronunziò interventi sul pluralismo nella Chiesa, sul sacerdozio ministeriale, sul diritto dei popoli all'autodeterminazione e sulle difficoltà dell'evangelizzazione nei Paesi in via di sviluppo. Paolo VI lo creò e pubblicò cardinale nel Concistoro del 24 maggio 1976. Con la scomparsa del cardinale Thiandoum, il collegio cardinalizio risulta ora composto di 190 cardinali, dei quali 125 elettori.

 

 

         LA NUOVA EUROPA HA BISOGNO DI RICORDARE IL PATRIMONIO CULTURALE E SPIRITUALE, FONDATO SUL CRISTIANESIMO, PER LA CUI DIFESA MOLTI COMBATTERONO E MORIRONO. COSI’ IL PAPA NEL SALUTO AL PRESIDENTE POLACCO KWASNIEWSKI,

RICEVUTO NEL 60.MO ANNIVERSARIO DELLA BATTAGLIA DI MONTE CASSINO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

L’Europa, che sta costruendo le sue nuove fondamenta istituzionali, ha la necessità di ricordare il contributo dato dal cristianesimo all’edificazione della sua identità, un patrimonio “difeso perfino a costo della vita da coloro che confessarono Cristo e da coloro che nel loro credo religioso si richiamano ad Abramo”. Con un discorso dai toni elevati, Giovanni Paolo II ha salutato ieri sera il presidente polacco Aleksander Kwasniewski, ricevuto ieri pomeriggio in Vaticano insieme ad un piccolo seguito.

 

Giovanni Paolo II ha preso spunto dal sessantesimo anniversario della battaglia di Monte Cassino, nella quale persero la vita anche molti polacchi, per ricordare gli “eroi caduti, uniti dall’ideale di lottare per la libertà”. “La libertà comprende in sé – ha detto – non soltanto l’amore per la propria Patria, ma anche la sollecitudine per l’indipendenza politica e spirituale delle altre nazioni”. Nel rammentare le tombe del cimitero militare che sorge a Monte Cassino, dove i simboli delle croci latine e greche sono accanto alle lapidi con la stella di Davide, il Papa ha riaffermato che la difesa del patrimonio culturale e spirituale dell’Europa dal predominio nazista, così come il sangue di chi morì in quello scontro, sono “oggi un forte argomento nella discussione su quale forma spirituale dare all’Europa”. E la Polonia, da poco inserita nel consesso comunitario, “non può dimenticarlo – ha affermato il Pontefice – e non può fare a meno di ricordare ciò a coloro che nel nome della laicità delle società democratiche, sembrano dimenticare il contributo del cristianesimo nell’edificazione della loro propria identità”.

 

Oltre ad esprimere apprezzamento per gli sforzi compiuti dalla Polonia, nel “difendere i valori cristiani nella Costituzione Europea”, Giovanni Paolo II ha concluso il suo discorso soffermandosi per qualche istante sulle attuali “difficoltà politiche” del suo Paese d’origine. “Spero che vengano superate con tempestività”, è stato il suo incoraggiamento, con un pensiero speciale rivolto ai più poveri, alle famiglie numerose, ai disoccupati, ai malati e agli anziani perché possano sentirsi al sicuro in Patria”.

 

 

DIVENTARE FAUTORI DEL DIALOGO: E’ L’INVITO DEL PAPA NEL MESSAGGIO

PER IL CONCERTO DI IERI SERA IN AULA PAOLO VI.

L’OCCASIONE: IL COMPLEANNO DI GIOVANNI PAOLO II

ED I 40 ANNI DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

 

Un’Aula Paolo VI gremita e un’atmosfera familiare e festosa hanno accolto ieri sera il Concerto per il dialogo tra i popoli dal titolo “Voglio svegliare l’aurora”. Un evento voluto per commemorare i 40 anni del Pontificio Consiglio per il Dialogo inter-religioso, promotore della serata, per festeggiare il recente allargamento dell’Unione Europea, ma soprattutto per fare un regalo di compleanno al Papa, infaticabile promotore di pace e di unità. Prodotto dal Gen Rosso, gruppo musicale legato al Movimento dei Focolari, lo spettacolo ha portato in scena il libro dei Salmi, riletto non solo per la sua valenza religiosa, ma anche per il suo altissimo contenuto sociale, esistenziale e artistico. C’era per noi Gabriella Ceraso:

 

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(musica)

 

“Auguro che ciascuno di voi sappia diventare convinto fautore di dialogo per allargare sempre più gli spazi di libertà, civiltà e intesa nella società contemporanea”. Così il Papa nel messaggio rivolto ai partecipanti al concerto di ieri sera, letto da Mons. Fitzgerald, Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo Inter-religioso. “Voglia il Signore - ha scritto il Papa - che la nuova Europa conservi e approfondisca i valori che l’hanno resa grande, riconoscendone la sorgente principale nella linfa vitale del Vangelo”.

 

(musica)

 

E così, sulle note di una preghiera ebraica cantata in lingua originale da Miriam Meghnagi, prende il via la serata e una dopo l’altra si alternano canzoni dell’album del Gen Rosso introdotte dalla recitazione dei Salmi che le hanno ispirate, per le voci di Claudia Koll e Giovanni Scifoni. Essenziali le coreografie di Pierluigi Grison che accompagnano gli artisti sul palco, poche le luci e poche le scenografie, mentre presenza costante è quella dell’Orchestra filarmonica di Milano diretta da Emanuele Chirco. Ogni canzone ha il suo contenuto autonomo, ma a collegarle c’è un percorso narrativo che ha per protagonista l’uomo, specchio dell’umanità di ogni tempo, in costante dialogo con Dio cui chiede riparo contro il nemico, forza nelle difficoltà, misericordia.

 

È L’uomo angosciato del salmo 144, consapevole del proprio limite “Cos’è l’uomo perché te ne curi”. L’uomo che lotta ma si trova su una strada sbagliata, nel salmo 13: “Fino a quando mi nasconderai il tuo volto”. L’uomo peccatore del Salmo 31: “ Si consuma nel dolore la mia vita”.Ma anche l’uomo felice perché ha trovato Dio: “Hai mutato il mio lamento in danza …, “l’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora”. E le canzoni dilatano i contenuti alternando stili pop, rock, etno, fino al culmine nel coro “Voglio svegliare l’aurora”. Il pubblico l’accompagna con un battito di mani quasi a dire che arriverà l’aurora di un nuovo giorno in cui le differenze saranno fonte di arricchimento tra popoli e non pretesto di nuove guerre.

 

 (musica)

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Il sangue dei polacchi versato a Montecassino è oggi un forte argomento nella discussione sulla forma spirituale da dare all'Europa": Giovanni Paolo II al Presidente della Polonia, nel sessantesimo anniversario della storica battaglia.  

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

La dettagliata biografia del compianto cardinale Thiandoum.

L'intervento del cardinale Giovanni Battista Re in occasione della presentazione del libro del Papa: "Alzatevi, andiamo!"

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq: un gruppo terrorista guidato dal giordano al-Zarqawi rivendica l'assassinio del Presidente del Consiglio del Governo provvisorio iracheno.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Oggi", una riflessione di Umberto Santarelli dal titolo "La pace vera".

Un articolo di Cecilia Narducci a vent'anni dalla morte del padre Angelo, Direttore di "Avvenire" in "anni difficili", figura di spicco del cattolicesimo europeo.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'articolo dal titolo "Il mesto e commosso omaggio al caporale dei Lagunari Matteo Vanzan": l'arrivo a Ciampino; la camera ardente al Celio; giovedì mattina i funerali di Stato a Camponogara. 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 maggio 2004

 

 

ANCORA DRAMMATICA LA SITUAZIONE IN IRAQ,

MENTRE LA DIPLOMAZIA INTERNAZIONALE PREME

PER UNA NUOVA RISOLUZIONE DELLE NAZIONI UNITE.

PROSEGUE OGGI A WASHINGTON IL VIAGGIO DIPLOMATICO

DEL PREMIER ITALIANO BERLUSCONI.

DOMANI A CAMPONOGARA I FUNERALI PER IL LAGUNARE ITALIANO MORTO A NASSIRIYA

 

La diplomazia internazionale all’opera per trovare una via d’uscita alla drammatica situazione in Iraq. “Credo che ormai sia certa l’approvazione di una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”: lo ha assicurato il capo del Governo italiano, Silvio Berlusconi, dopo un colloquio al Palazzo di Vetro con il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Quest’ultimo ha espresso il proprio “ringraziamento” per l’impegno dell’Italia nell’Onu, in particolare in Iraq, e si è augurato che la vicenda degli ostaggi possa concludersi in modo positivo. In serata il premier italiano incontrerà il presidente statunitense, George W. Bush, alla Casa Bianca.

 

Diversi esponenti della politica italiana, intanto, e centinaia di cittadini comuni hanno reso omaggio alla salma di Matteo Vanzan, il militare morto a Nassiriya a causa delle schegge di un colpo di mortaio. Questa mattina è stata aperta una camera ardente all’ospedale romano del Celio, mentre i funerali del soldato si svolgeranno domani a Camponogara, in provincia di Venezia, suo paese natale. In Iraq, intanto, la tensione resta alta. Per una cronaca delle ultime ore, il servizio di Barbara Castelli:

 

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In Iraq nuove pagine di drammatica violenza. A Kerbala, città santa sciita a 110 chilometri a sud di Baghdad, truppe americane e seguaci del leader radicale Moqtada Al Sadr si sono scontrati vicino alla moschea dell’imam Hussein, con un bilancio di quattro iracheni uccisi e nove feriti. Nella battaglia sono intervenuti aerei statunitensi, che hanno bombardato vari obiettivi alla periferia. Nella città sunnita di Mossul, nel nord del Paese, un agente delle forze dell’ordine è morto e un altro è rimasto gravemente ferito in un attentato contro un responsabile dell’amministrazione locale. Un soldato americano poi ha perso la vita ieri nella provincia sunnita di Al Anbar, a ovest di Baghdad.

 

L’attenzione, intanto, è rivolta anche allo scandalo delle torture perpetrate dai soldati statunitensi ai danni dei prigionieri del carcere iracheno di Abu Ghraib. Il soldato americano Jeremy Sivits, comparso stamani davanti alla corte marziale Usa nel quartier generale della coalizione a Baghdad, è stato riconosciuto colpevole di tre dei quattro capi di imputazione. Per il quarto non è stato ancora raggiunto un verdetto. Sivits aveva precedentemente riconosciuto le proprie responsabilità. Rinviata, invece, al 21 giugno prossimo l’udienza preliminare per altri tre i militari americani sotto accusa. Questi ultimi si sono rifiutati di dichiararsi innocenti o colpevoli, chiedendo più tempo per la loro difesa e per un esame delle prove a loro carico.

 

E mentre il Parlamento ucraino ha bocciato oggi, in una seduta a porte chiuse, una mozione presentata dall’opposizione per il ritiro dall’Iraq del contingente di Kiev di 1.600 uomini, il gruppo del giordano Abu Musab al-Zarqawi, legato alla rete terroristica di Al-Qaida, ha rivendicato su un sito internet islamico l’attentato di lunedì nella capitale. Nell’atto terroristico, lo ricordiamo, ha perso la vita il capo del governo provvisorio iracheno, Ezzedine Salim.

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Ma con una situazione sul terreno che si aggrava di giorno in giorno, ci sono spazi per un intervento dell’Onu in Iraq? Roberto Piermarini lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:

 

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R. - Io credo che l’intervento dell’Onu doveva esserci già molti mesi fa, quando l’inviato di Kofi Annan, Brahimi, aveva contattato ripetutamente gli esponenti sciiti più moderati, tra i quali il grande ayatollah Ali Sistani, che aveva espresso più di una volta la necessità di convocare quanto prima le elezioni. Purtroppo si è perso molto tempo e adesso anche l’intervento dell’Onu, come strategia di uscita dall’Iraq, appare alquanto difficile.

 

D. – L’aumento improvviso del greggio, quanto è collegato alla guerra in Iraq?

 

R. - Il collegamento, indubbiamente, c’è. L’aumento del greggio è dovuto a diversi fattori. Prima di tutto, ad una crescita della domanda mondiale e poi ad un accumulo delle riserve strategiche americane. Gli americani stanno accumulando petrolio, come in una situazione di guerra, ormai da un anno. E poi, anche dalla crescente insicurezza dei pozzi di petrolio del Golfo Persico. Questo, alla fine, è il motivo fondamentale per cui gli americani dal Golfo del petrolio non se ne potranno andare.

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In tutto il dibattito che accompagna la crisi in Iraq, torna sui media l’espressione “guerra tra civiltà” o l’identificazione di un occidente contrapposto all’Islam. In molti rifiutano questa semplificazione, che non tiene conto della complessità della situazione e del vissuto dei popoli. E’ quanto sembra sottolineare, nell’intervista di Fabio Colagrande, padre Justo Lacunza, direttore del Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica:

 

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R. - Il punto principale non è discutere della guerra di civiltà, ma prendere atto che noi non riusciamo ad affrontare i problemi dei conflitti, i problemi delle guerre in modo diretto, perché sbagliamo sui principi. La seconda osservazione è quella dell’Occidente. Io ho molti dubbi su questa parola “Occidente”, perché non so a cosa corrisponda questa parola. E’ una questione geografica, è una questione di valori, una questione economica, religiosa, culturale? Cosa è? Ci hanno venduto, per così dire, l’idea che spodestando Saddam Hussein noi arriveremo a risistemare il Medio Oriente e in modo tale il conflitto. E questo non è vero per niente, perché abbiamo complicato le cose. Continuiamo ancora a mantenere salda la convinzione che la guerra sia lo strumento per risolvere i problemi, quando la guerra non lo è. E’ la parola, la buona dialettica che serve per ricostruire e per risolvere i problemi. Una parte dell’economia del cosiddetto “Occidente” è fondata sulla produzione di armamenti. Evidentemente conviene riattivare e conviene incentivare i “principi” della guerra nel nome della risoluzione dei grandi problemi del mondo, perché questo serve all’economia. Basta vedere negli ultimi mesi dove sono andate a finire, in borsa, le azioni per la produzione di armamenti.

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DISSAPORI FRA IL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI

 E LA CHIESA ORTODOSSA DI GRECIA

- Intervista con padre Dimitri Salakas -

 

Agenzie di stampa hanno riferito in merito a dei contrasti sorti fra il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e la Chiesa ortodossa di Grecia. Giovanni Peduto ha approfondito l’argomento con padre Dimitri Salakas, prof. alla Pontificia Università Gregoriana:

 

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D. – Quali sono i motivi alla base dei contrasti tra la Chiesa ortodossa di Grecia e il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli?

 

R. – La questione è sorta un anno fa, dopo la morte del metropolita di Tessalonica e la elezione del suo successore. La Chiesa di Grecia, proclamata autocefala nel 1850 dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, cioè amministrativamente autonoma, rivendica il diritto di eleggere i vescovi entro i confini geografici dello Stato della Repubblica Ellenica e precisamente in territori del nord della Grecia (Epiro, Macedonia, Tracia, Isole del Mar Egeo). E’ da ricordare che questi territori negli anni 20 sono stati integrati politicamente nello Stato ellenico, ma fino ad allora ecclesiasticamente dipendevano dal Patriarcato di Costantinopoli. Il Patriarcato Ecumenico con un Atto patriarcale e sinodale del 1928, affidava vicariamente alla Chiesa di Grecia i suddetti territori, chiamati proprio “nuovi territori”, riservandosi il diritto di intervenire nell’elezione dei vescovi in quei luoghi. Il Patriarca Bartolomeo, pur riconoscendo il diritto della Chiesa di Grecia di eleggere i vescovi dei territori del nord della Grecia, rivendica, in base a quell’Atto del 1928, il diritto di aggiungere o cancellare dei nomi nell’elenco dei candidati presentato e inviatogli dal Sinodo di Atene. La Chiesa di Grecia sostiene che l’invio dell’elenco a Costantinopoli è solo per conoscenza e non per approvazione, modifica o cancellazione di nomi.

 

D. – Come vive il mondo ortodosso questi contrasti?

 

R. – Essendo una questione nei rapporti tra due Chiese ortodosse, tra il Patriarcato Ecumenico e la Chiesa di Grecia, finora gli altri Patriarcati o Chiese ortodosse autocefale non si sono pronunciati in merito, tranne l’uno o l’altro che presero la parte dell’arcivescovo Cristodoulos, come il patriarca di Georgia Elias, in visita ufficiale in questi giorni in Grecia, come anche il Patriarca di Mosca, il quale contesta un primato di potestà di Costantinopoli, riconoscendogli solo una precedenza puramente onorifica.

 

D. – Ci sono speranze di un miglioramento di questi rapporti?

 

R. – Il governo di Atene è preoccupato per questa situazione e offre i suoi buoni servizi per la soluzione di questa vertenza, che è a danno del popolo di Dio e delle due Chiese agli occhi del mondo. Le speranze per il momento sono modeste. Si nota una certa intransigenza nelle posizioni di ambedue le parti. Lo Stato greco sostiene sia il Patriarcato Ecumenico, centro religioso ed etnico dell’Ellenismo, che la Chiesa di Grecia, ente giuridico di diritto pubblico che fa parte dello stesso ordinamento dello Stato.

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CHIESA E SOCIETA’

19 maggio 2004

 

 

IL VESCOVO KAIGAMA, A CAPO DELLA DIOCESI NIGERIANA DI JOS

 TEATRO DI RECENTI VIOLENZE, HA CRITICATO L’ADOZIONE

 DELLO STATO DI EMERGENZA IMPOSTA DALLE AUTORITA’ DEL PAESE.

SECONDO IL PRESULE, LA SITUAZIONE E’ IN VIA DI SOLUZIONE

 

ABUJA. = “Non si può pensare di scalare un albero partendo dalla cima. La dichiarazione di Stato d'emergenza e la rimozione dei vertici dello Stato del Plateau non serviranno a risolvere una situazione che affonda le sue radici nel malgoverno, nella povertà e nel sottosviluppo di alcune zone di questo Paese”. Si esprime senza giri di parole l’arcivescovo di Jos, Ignatius Ayau Kaigama, a capo della diocesi situata proprio nella zona dello Stato nigeriano interessata ieri dal provvedimento del presidente Olegun Obasanjo. “Siamo stati colti di sorpresa dalle decisioni del governo federale - ha affermato mons. Kaigama, secondo quanto riferito dalla Misna - perché dopo le violenze di due settimane fa, le cose si stavano lentamente ricomponendo e con questa novità si da l'impressione che il Plateau sia nuovamente in fiamme, invece non è così”. Il presule ha detto di non conoscere le ragioni che hanno indotto il presidente Obsanjo a dichiarare lo stato di emergenza. Tuttavia - ha osservato - “i problemi del Plateau e di altre zone della Nigeria sono strutturali, il governo centrale e quello locale hanno le stesse responsabilità in una situazione che si è aggravata dal 2001 e, dunque, perché si corre ai ripari solo adesso?”. Nonostante le violenze tra gli agricoltori stanziali di religione prevalentemente cristiana (Tarok) e pastori nomadi in prevalenza musulmani (Fulani), il vescovo di Jos ha riferito di aver tenuto un incontro, due giorni fa, con i leader religiosi locali cattolici, protestanti e musulmani. “Abbiamo deciso di lavorare insieme – ha annunciato - per cercare di sistemare le cose, ma soprattutto per far arrivare la nostra voce all'unisono a tutti, in Nigeria e fuori”. (A.D.C.)

 

 

IN BRASILE, UN RAPPORTO DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER I DIRITTI

DEI BAMBINI HA DENUNCIATO GLI ABUSI SESSUALI CHE OGNI ANNO, NEL PAESE,

VEDONO VITTIME 60 MILA MINORI. RINVIATE A GIUDIZIO DALLA COMMISSIONE

ALCUNE PERSONALITA’ PUBBLICHE, ACCUSATE DELLE VIOLENZE

 

SAN PAOLO. = In Brasile ogni anno oltre 60 mila minorenni subiscono abusi sessuali di vario tipo da parte di parenti e vicini, ma anche di professionisti e di autorità pubbliche. Il dato è stato presentato dalla senatrice Patricia Saboya, che guida la Commissione parlamentare d'inchiesta sugli abusi a minorenni. Il Fronte parlamentare per i diritti dei bambini e degli adolescenti ha organizzato ieri  a Brasilia una protesta pubblica perché sia “messo termine all'impunità” di cui godono molti personaggi di rilievo “che usano i propri privilegi per compiere atti illegali su minorenni, senza poi pagarne le conseguenze”. La commissione d'inchiesta rinvierà a giudizio, entro il 15 giugno e dopo mesi di indagini, oltre cento importanti personalità in tutto il Brasile. Tra questi, un deputato dello Stato amazzonico del Maranhao, Camilo Figueiredo, il giudice di un tribunale di protezione dei minorennni dello Stato del Parnaiba, il sindaco di una cittadina dello Stato di Goias e altri due sindaci di città del Maranhao. Le pressioni della commissione d'inchiesta avevano già permesso la condanna di dieci persone definite “al di sopra di ogni sospetto”, tra cui il sindaco, sei consiglieri comunali e alcuni imprenditori, nella cittadina di Porto Ferreira, nello Stato di San Paolo, per corruzione di minorenni, sfruttamento della prostituzione e associazione per delinquere. (A.D.C.)

 

 

“L’ALLARME TERRA” SOLLEVATO DAL VESCOVO ANGOLANO DI LUBANGO:

CENTINAIA DI FAMIGLIE DI CONTADINI PERDONO TERRE DI LORO PROPRIETA’

CONFISCATE DAL GOVERNO E RIDISTRIBUITE AI GRANDI PROPRIETARI LOCALI

 

LUANDA. = Terre di proprietà dei contadini confiscate sistematicamente a vantaggio dei grandi produttori. E’ una delle principali piaghe sociali dell’Angola, denunciata dall’arcivescovo di Lubango, Zacarias Kamwenho, in un’intervista rilasciata a Radio Ecclesia, la radio della Chiesa angolana. Il presule, riferisce l’agenzia Fides, ha parlato di violazioni dei diritti umani nei confronti dei contadini della sua arcidiocesi, i quali gli hanno ripetutamente riferito della confisca delle terre comuni, che appartengono agli abitanti dei villaggi, che vengono destinate ai grandi produttori appoggiati dal governo. “Il problema della terra - ha affermato mons. Kamwenho - continua a essere una questione centrale per gran parte del nostro popolo, perché da un lato, concerne il diritto tradizionale e, dall’altro, riguarda il diritto positivo, ma entrambi i diritti sono ignorati”. Alla base c’è l’ignoranza dei contadini che non conoscano i propri diritti, in particolare le procedure previste dal codice civile per registrare la terra a proprio nome. Un rapporto del Coordinamento degli Affari umanitari in Angola (OCHA) riporta come esempio che, nel periodo dal 19 aprile al 2 maggio di quest’anno, una fattoria privata di 5 mila ettari di superficie ha accresciuto le dimensioni fino a raggiungere i 20 mila ettari totali. La fattoria è situata nel parco nazionale di Bikuar nel comune di Matala. Di recente, nelle regioni di Gambos e di Huila, vi sono stati incidenti tra la popolazione e i nuovi grandi proprietari terrieri che si sono impossessati con la forza delle terre riducendo le proprietà degli allevatori tradizionali. (A.D.C.)

 

 

VERIFICARE I PROGRAMMI D’INSEGNAMENTO RELIGIOSO DELLE SCUOLE INDONESIANE

PER EVITARE L’INSORGERE DELL’ESTREMISMO TRA GLI STUDENTI.

LO HA CHIESTO IL PRESIDENTE INDONESIANO, SUKARNOPUTRI

 

GIAKARTA. = La presidente indonesiana Megawati Sukarnoputri ha ordinato al ministero degli Affari religiosi di riesaminare i programmi d’insegnamento della religione nelle scuole, sostenendo che in alcuni casi incoraggerebbe l’estremismo tra gli studenti. Parlando alla recente cerimonia di apertura della riunione nazionale del ministero degli Affari religiosi, la presidente, sconfitta alle elezioni parlamentari dello scorso 5 aprile e candidata alle presidenziali del prossimo luglio, ha rimarcato la necessità di verificare che gli insegnamenti “non producano nuovi credenti pronti a tutto pur di difendere la loro religione". Il capo di Stato del Paese musulmano più popoloso del mondo, di solito restia ad affrontare argomenti di questo genere, ha proseguito affermando: “La militanza estremista scaturisce dalla convinzione che tutti quelli con punti di vista diversi dai nostri debbano essere distrutti e che si tratti di un compito sacro”. Nel suo discorso, riferisce la Misna, il capo dello Stato indonesiano non ha indicato alcuna specifica istituzione scolastica, ma gli stessi capi religiosi musulmani ammettono che diversi terroristi oggi in carcere provengono dalle pesantren o scuole islamiche. (A.D.C.)

 

 

IN PROGRAMMA PER DOMENICA 13 GIUGNO, IN TUTTE LE CHIESE ARGENTINE,

L’ANNUALE RACCOLTA DI OFFERTE DELLA CARITAS LOCALE, DESTINATE AD OPERE

IN FAVORE DELLE FAMIGLIE PIU’ COLPITE DALLA GRAVE RECESSIONE ECONOMICA

 

BUENOS AIRES. = Si svolgerà in tutte le chiese argentine, domenica 13 giugno, la Colecta anual (Colletta annuale) della Caritas argentina. Lo slogan di quest’anno è “La tua solidarietà è un impegno per il bene comune. In tutte le chiese, saranno raccolte le offerte dei fedeli da destinare a opere in favore di coloro che più hanno risentito della grave crisi economica che tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dell’attuale secolo ha colpito il Paese, lasciando in condizioni di povertà, in molti casi estrema, circa la metà della popolazione di quella che fino a pochi anni fa era indicata come una delle economie più fiorenti tra tutti i Paesi in via di sviluppo. “Oggi nel nostro Paese esiste una realtà di povertà e di esclusione - si legge in un comunicato diffuso dalla Caritas di San Isidro, che si è assunta il compito di organizzare la grande raccolta di solidarietà e tra noi dobbiamo continuare a trasformare le strutture del peccato che ci mettono in questa situazione”. (A.D.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 maggio 2004

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

          Sempre più delicata la situazione in Medio Oriente. E’ salito a dieci morti e 30 feriti il bilancio del raid aereo israeliano compiuto oggi a Rafah. A questi si aggiungono due militanti uccisi la scorsa notte in scontri con soldati a Nablus e Jenin. La situazione nei Territori, quindi, già critica per le conseguenze della costruzione del muro di separazione in corso tra Israele e Cisgiordania, è aggravata in questi giorni dalle operazioni dello Stato ebraico nella Striscia di Gaza e dalla demolizione delle case di palestinesi. In questo quadro, cresce l’allarme per tutta la popolazione. Ce ne parla padre Marco Malagola, delegato della commissione Giustizia e Pace della Custodia di Terra Santa, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme da Giada Aquilino:

 

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R. - La situazione è ormai generalizzata: se si va a Hebron, ogni giorno c’è una casa che salta e a Jenin è la stessa cosa. Adesso nella Striscia di Gaza si verifica qualcosa di molto più serio. Ci sono centinaia di case demolite, abitazioni di gente che già vive al di sotto della soglia di povertà e che ora deve scappare perché non ha più dove stare.

 

D. - Quindi, l’operazione israeliana non va a colpire soltanto gli estremisti?

 

R. - Quando il palestinese in questione è sospettato di terrorismo, gli israeliani demoliscono la sua casa ma anche quella dei familiari e degli amici. In particolare, ora l’operazione israeliana punta ad avere una maggiore sicurezza soprattutto al confine con l’Egitto. Dicono che ci siano dei tunnel attraverso i quali passavano armi e munizioni.

 

D. - Contemporaneamente è in corso la costruzione del muro al confine tra Israele e i Territori. Quali conseguenze ne derivano?

 

R. - Quella dietro il muro non è vita. I palestinesi si sentono prigionieri in casa propria. La realtà è che il muro non rispetta le frontiere. E succede che molti palestinesi siano separati dai loro cari, dalle loro proprietà e la gente non può muoversi, non può neppure andare da un villaggio all’altro.

 

D. - In questo quadro, qual è l’auspicio della Custodia di Terra Santa?

 

R. - Di fronte a tanta gente che soffre, sia palestinesi, sia israeliani, l’auspicio è quello delle persone che vogliono la pace: non si deve perdere la speranza, assolutamente!

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 E’ ancora incerto il futuro del governo indiano. Oggi si dovrebbe conoscere il nome del nuovo premier. Il Partito del Congresso, vincitore delle elezioni, è tornato a insistere sulla leader Sonia Gandhi, ma il suo rifiuto, ufficializzato stamani, sembra irrevocabile. Sentiamo Giancarlo La Vella:

 

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Una settimana fa, la sorprendente vittoria alle elezioni. Oggi, la dimissione in blocco di tutti i suoi vertici. Il Partito del Congresso gioca la carta del paradosso, per convincere Sonia Gandhi a ripensarci. Ma soprattutto, per far capire agli investitori internazionali, che avevano fatto crollare la Borsa, per bloccare la nomina della vedova di Rajiv, nuora di Indira, che non può essere l’economia a segnare i destini di un popolo. Così, quando ormai sembrava decisa la scelta di Manmohan Singh, ex ministro delle Finanze, artefice della crescita economica indiana a partire dal 1991, il Comitato centrale del Partito ha fatto parziale retromarcia e ha sposato la causa della base, che sta manifestando in tutta l’India in favore della Gandhi. Ma nonostante le continue pressioni del suo partito, Sonia rimane ferma sul suo rifiuto e proprio poco fa, secondo il segretario generale del partito del Congresso, Oscar Fernandes, ha confermato la sua intenzione. E al presidente Abdul Kalam riproporrà la scelta Singh, un passo che, a questo punto, si impone. In caso contrario, c’è il rischio per il Congresso di trasformare una netta vittoria popolare in un tracollo politico, pericoloso anche per la stabilità del Paese e per i delicati equilibri internazionale della zona indo-pakistana.

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 Trasferiamoci in Gran Bretagna. Sospesa stamani la seduta settimanale del ‘Question Time’ a Westminster ed evacuata la Camera dei Comuni. La decisione è stata presa poiché durante il dibattito una polvere viola è stata lanciata verso il premier, Tony Blair. Autori della clamorosa protesta due militanti di “Padri per la giustizia”, un’organizzazione che si batte per i diritti dei padri.

 

 Ciascuno dei detenuti di Guantanamo potrà sottoporre ogni anno il proprio caso a una speciale commissione di riesame, composta da tre militari, per cercare di ottenere la liberazione. A stabilirlo è una direttiva del Pentagono, firmata ieri. Il documento definisce le modalità operative del processo di revisione per i circa 600 prigionieri che si trovano nella base militare americana a Cuba.

 

 Ennesima fiammata di violenza in Uganda. Almeno 54 ribelli dell’esercito di resistenza del Signore (Lra), tra i quali due capi militari del movimento, sono stati uccisi ieri dall’esercito. Nel nord del Paese africano è in corso da circa 18 anni una sanguinosa ribellione, che ha causato oltre 50 mila morti tra i civili, 100 mila secondo alcune fonti. Il movimento di resistenza, Lra, si batte per la creazione di uno Stato teocratico.

 

 La procura di Kigali ha chiesto ieri l’ergastolo per l’ex presidente rwandese, Pasteur Bizimungu, e altri sette coimputati, per attentato alla sicurezza dello Stato. Gli otto, inoltre, sono accusati di “partecipazione a riunioni politiche illegali e implicazione nella creazione di milizie”. Bizimungu fu presidente tra il 1994 e il marzo del 2000 e fu incarcerato nell’ottobre del 2002 per aver dato vita ad una formazione, il Partito Democratico per il Rinnovamento, che intendeva muoversi su base etnica e non  politica. 

 

 Il presidente statunitense, George W. Bush, ha invitato ieri sei Paesi africani al prossimo vertice del G8, in programma dall’8 al 10 giugno prossimi a Sea Island, un’isola al largo dello Stato della Georgia. Si tratta di Algeria, Ghana, Nigeria, Senegal, Sudafrica e Uganda. Il capo della Casa Bianca si legge in un comunicato “avrà piacere di discutere con loro un’ampia gamma di argomenti, tra cui questioni legate alla fame, alla sicurezza alimentare, al mantenimento della pace, allo sviluppo, alla lotta contro l’Aids e alla corruzione”.

 

 Il senatore John Kerry, che ha già la sicurezza della nomination democratica alla Casa Bianca, ha vinto anche le primarie nell’Arkansas, in Kentucky e nell’Oregon. Secondo risultati non definitivi, ma già indicativi, Kerry ha ottenuto l’87% dei voti nell’Arkansas, l’82% nell’Oregon e il 60% nel Kentucky.

 

 Ancora tesa la situazione in Cecenia. Undici militari russi sono stati uccisi ieri e uno è stato fatto prigioniero in una delle più gravi imboscate degli ultimi mesi. L’attacco a Urus Martan avviene ad una decina di giorni dal clamoroso attentato a Grozny, costato la vita al presidente ceceno filorusso, Akhmad Kadyrov.

 

 Oltre 20 mila tartari di Crimea hanno manifestato ieri nel 60.esimo anniversario della loro deportazione da parte di Josef Stalin a Simferopol, capitale della Repubblica autonoma ucraina di  Crimea. La Crimea, annessa dalla Russia alla fine del ‘700, ceduta all’Ucraina sovietica nel 1954 e ancora parte dell’Ucraina indipendente, ha una costituzione autonoma. Popolata in maggioranza da russi, ha al suo interno una forte spinta secessionistica mentre, viceversa, alcuni gruppi estremisti russi contestano tuttora l’appartenenza della Crimea all'Ucraina.

 

 Italia. Il prossimo 21 maggio, per l’intera giornata, sciopererà il mondo dell’istruzione, dalla scuola, all’università, agli enti di ricerca. La protesta si inserisce nello sciopero generale del pubblico impiego proclamato da Cgil-Cisl-Uil per il rinnovo dei contratti. In particolare, la scuola manifesta per il rinnovo del contratto biennale dei docenti e del personale Ata (ausiliario, tecnico e amministrativo), scaduto da 4 mesi.

 

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