RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 136 - Testo della trasmissione di sabato 15 maggio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Domani mattina il Papa proclamerà sei nuovi santi:
con noi padre Paolino Rossi
Rientrato a Roma mons.
Lajolo, in visita a Londra dall’11 al 13 maggio.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Pubblicata dalla Conferenza episcopale peruviana la
nota pastorale “Pace per il nostro popolo”
L’amministrazione
americana accenna ad un eventuale ritiro delle truppe dall’Iraq
Gli israeliani si ritirano da Rafah dove oltre
1000 palestinesi sono rimasti senza casa in seguito agli ultimi raid.
15
maggio 2004
IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI E’ ALLA BASE
DELL’EDIFICAZIONE
DELLA
PACE NEL MONDO: COSI’, IL PAPA NEL DISCORSO AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA
GENERALE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER IL
DIALOGO INTERRELIGIOSO, RICEVUTI IN UDIENZA PER IL 40.MO ANNIVERSARIO
DI
FONDAZIONE DEL DICASTERO VATICANO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Il
dialogo tra le religioni va incoraggiato perché contribuisce a promuovere la
pace nel mondo. E’ l’esortazione espressa da Giovanni Paolo II, che stamani ha
ricevuto in udienza i partecipanti all’assemblea plenaria del Pontificio
Consiglio per il Dialogo Interreligioso. L’incontro con il Papa celebra
l’istituzione del dicastero vaticano, avvenuta il 19 maggio di 40 anni fa. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
**********
“Gli anni a venire vedranno la Chiesa ancora più impegnata
a rispondere alla grande sfida del dialogo interreligioso”. E’ quanto
sottolineato da Giovanni Paolo II, che, riecheggiando la Lettera Apostolica Novo
Millennio Ineunte, ha rilevato come il millennio da poco iniziato si
collochi “nella prospettiva di un più spiccato pluralismo culturale e religioso”.
I cristiani, ha detto il Santo Padre, sanno di “poter contribuire
all’edificazione della pace nel mondo, lasciandosi animare dall’amore per tutti
gli uomini e per ogni uomo, ricercando con coraggio la verità, coltivando una
profetica sete di giustizia e di libertà”. A questo sforzo, ha proseguito, “va
sempre congiunta una perseverante, umile e fiduciosa preghiera a Dio. La pace,
infatti, è anzitutto dono divino da implorare instancabilmente”. Per questo, ha
constatato, il dialogo interreligioso è importante per “mettere un sicuro presupposto
di pace e far sì che il nome dell’unico Dio diventi sempre di più, qual è, un
nome di pace e un imperativo di pace”.
D’altro canto, ha
detto ancora, il dialogo deve continuare, in quanto “fa parte della missione
evangelizzatrice della Chiesa, in intimo legame con l'annuncio del
Cristo e, allo stesso tempo, da esso distinto, senza confusioni e strumentalizzazioni”.
Nel promuovere tale dialogo con i seguaci di altre religioni, ha avvertito, “va
però evitato ogni relativismo e indifferentismo religioso, sforzandosi di
offrire a tutti con rispetto la gioiosa testimonianza della speranza che è
in noi”. Il Papa ha quindi espresso parole di vivo apprezzamento per il
lavoro svolto dal dicastero per il Dialogo interreligioso, presieduto
dall’arcivescovo Michael Louis Fitzgerald. Organismo, ha ricordato, che dal
Concilio Vaticano II e soprattutto dalla Dichiarazione Nostra Aetate
ricevette le linee guida per la sua attività diretta a promuovere i rapporti
con le altre religioni. Ha infine esortato il Pontificio consiglio ad
intensificare la cooperazione con le organizzazioni religiose, orientando
l’attenzione su tematiche di comune interesse
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VIOLENZE INACCETTABILI IN MEDIO ORIENTE: IL PAPA,
RICEVENDO
IL
PRESIDENTE DEL LIBANO LAHOUD, PREGA DIO DI SOSTENERE GLI SFORZI
DI
TUTTI GLI UOMINI DI BUONA VOLONTÀ IN FAVORE DELLA PACE
- Intervista
con il vescovo libanese Bechara Rai -
Dio sostenga gli sforzi di tutti gli uomini di buona
volontà in favore della pace, in particolare nella regione del Medio Oriente,
afflitta da violenze inaccettabili. E’ quanto ha detto il Papa stamane
incontrando in Vaticano il presidente libanese Emile Lahoud, accompagnato dalla
moglie, che domani saranno presenti in Piazza San Pietro alla cerimonia di
canonizzazione di 6 beati, tra cui il monaco libanese maronita Nimatullah
Al-Hardini. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Salutando cordialmente il presidente Lahoud, cristiano
maronita, il Papa ha ricordato con gioia il suo viaggio in Libano compiuto nel
1997. Quindi ha chiesto l’aiuto di Dio perché tutti i libanesi consolidino
“l’unità della loro Nazione, nella concordia e nel rispetto di tutti coloro che
la compongono” e ha auspicato che la canonizzazione, domani, del monaco libanese
Nimatullah, sia per tutti i libanesi “un esempio di vita fraterna”.
“Prego Dio – ha detto il Papa – di sostenere anche gli
sforzi di tutti gli uomini di buona volontà in favore della pace,
particolarmente nella regione del Medio Oriente, tanto provata da violenze
inaccettabili”.
Il Libano, ricordiamo, è stato sconvolto da una feroce
guerra dal 1975 al 1989. E ora è alla faticosa ricerca di una stabilità
socio-economica. Dal 1991 la Siria ha
il controllo politico del Paese, dove sono presenti circa 20 mila soldati siriani.
In Libano abita la più numerosa comunità cristiana
presente in un Paese arabo. Il 2 aprile scorso Giovanni Paolo II, ricevendo in
Vaticano il nuovo ambasciatore libanese presso la Santa Sede, ha auspicato che
nel cammino di ricostruzione siano rispettati i diritti di tutte le comunità,
evitando situazioni di ingiustizia anche economica che possano indurre alcune
frange della popolazione a lasciare il Paese. Numerosi, infatti, sono i cristiani
obbligati ad espatriare alla ricerca di migliori condizioni di vita. Il Papa
aveva ribadito ancora una volta la necessità “che il Paese recuperi la sua totale
indipendenza, una completa sovranità e una libertà senza ambiguità”.
E rivolgendosi alla comunità cattolica del Libano, l’aveva
incoraggiata “a proseguire il cammino di unità con i fratelli delle altre
confessioni” cristiane. Ma in modo particolare Giovanni Paolo II invita i
cattolici al dialogo interreligioso con i musulmani: “Saranno così veri
artigiani di pace contribuendo a edificare un Libano nuovo”.
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Il
presidente libanese Lahoud sarà dunque presente, insieme a tanti concittadini,
alla canonizzazione del beato Nimatullah, che in arabo significa “Dono di Dio”.
Cosa vuol dire questo evento per i libanesi? Romilda Ferrauto lo ha chiesto a
mons. Bechara Rai, vescovo di Byblos dei Maroniti:
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R. – I libanesi in genere dicono: “Questo è un nuovo segno
dal cielo”, che arriva in un Paese che vive piuttosto in uno stato di
disperazione, perché la situazione politica e socio-economica è ‘paralizzata’ e
la gente non vede porte umane che si aprono, e allora dicono: “Ecco una
finestra che si apre dal cielo”. I libanesi, musulmani e cristiani, considerano
questo evento una chiamata nuova da parte di Dio che dice loro: “Coraggio,
andate avanti”.
D. – Il Medio Oriente, lo sappiamo tutti, sta vivendo ore
difficilissime. Come vede l’avvenire?
R. – Purtroppo, le risoluzioni dell’Onu non sono
rispettate. L’Onu, questa organizzazione che è stata creata per poter stabilire
la pace nel mondo, oggi è neutralizzata. Alla base dei conflitti ci sono
interessi politici ed economici nascosti sotto etichette di democrazia e
libertà. Purtroppo, sono etichette private del loro senso. Se la comunità
internazionale non torna a dare valore all’Organizzazione delle Nazioni Unite,
penso che la situazione non possa che peggiorare. Il secondo elemento di
difficoltà in Medio Oriente, al quale è legato il conflitto israelo-arabo e israelo-palestinese,
per me è una situazione che non arriverà ad una pace duratura perché si tratta
– secondo la mia analisi – di guerre teocratiche: mi riferisco alla teocrazia musulmana
e alla teocrazia giudaica. La guerra in Iraq è considerata, purtroppo, una
guerra tra cristianesimo ed islam: questo non è vero; però, direi, tra culture,
sì. Finché l’islam e il giudaismo non faranno il passo che ha fatto il cristianesimo,
di separare la religione dallo Stato, credo che non possa esserci pace duratura
in Medio Oriente. I musulmani del Libano hanno rinunciato alla teocrazia e i
cristiani del Libano hanno rinunciato al laicismo occidentale e hanno detto,
tutti e due: “Vogliamo convivere in un sistema civile che rispetti la
dimensione religiosa dei cittadini”. Per questo il Libano offre questo
messaggio, lo dice anche il Santo Padre: si tratta non solo di un Paese, ma di
un messaggio, offerto sia all’Occidente sia all’Oriente. All’Occidente, che
vive un laicismo che non solo ha separato religione e Stato, ma che ha separato
anche Stato e Dio. Quindi, possiamo essere un Paese civile con uno Stato che rispetti
la dimensione religiosa. E’ però un messaggio anche per l’Oriente, che dice che
possono convivere insieme le culture e le religioni e formare insieme uno Stato
civile.
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DOMANI MATTINA IL PAPA PROCLAMA SEI NUOVI SANTI:
OGGI PARLIAMO DI GIANNA BERETTA
MOLLA CHE HA SACRIFICATO LA SUA VITA
PER DARE ALLA LUCE LA SUA QUARTA
FIGLIA
-
Intervista con padre Paolino Rossi -
Domani dunque Giovanni Paolo II proclamerà in Piazza san
Pietro 6 nuovi santi: la nostra emittente trasmetterà la radiocronaca diretta
di questa celebrazione a partire dalle 9.50 con commenti in italiano, inglese,
tedesco, portoghese e spagnolo. Tra i nuovi santi, oltre al già citato monaco libanese
Al-Hardini, figurano don Luigi Orione, Annibale Maria di Francia, Josè Mañanet
y Vives, e Paola Elisabetta Cerioli, di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi.
Oggi ci soffermiamo sulla figura di Gianna Beretta Molla, medico e madre di 4
figli, che ha sacrificato la propria vita per salvare la bambina che portava in
grembo, rinunciando a curarsi per un fibroma all'utero. “Salvate mia figlia -
disse - non pensate a me”. Gianna, nata
in provincia di Milano nel 1922, moriva nel 1962, a soli 39 anni. Domani alla
cerimonia saranno presenti anche il marito e i figli. Della causa di canonizzazione
si è occupato padre Paolino Rossi dei Frati Minori Cappuccini. Giovanni Peduto
gli ha chiesto di tracciarci un profilo di Gianna:
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R. – Direi anzitutto una donna completa, che ha raggiunto
la pienezza in poco tempo, una donna armoniosa, una donna ricca di grandi
valori, ricca di spiritualità cristiana, ricca di intensa umanità. Una donna
laica, cattolica, che affascina anche oggi le donne del nostro tempo.
D. – Il messaggio che ci lascia Gianna Beretta Molla?
R. – Un messaggio, anzitutto, di speranza. Ci dice che la
santità è vocazione universale di tutti i battezzati e traguardo accessibile a
tutti, uomini e donne, sposati e non, giovani ed anziani. La santità, quindi,
la sequela di Cristo, la conformità a Cristo non è qualcosa di esotico o di
straordinario ma, come scrive il Santo Padre, è un ideale di perfezione su cui
non bisogna equivocare, come se implicasse una sorta di vita straordinaria.
Direi che si tratta di una vocazione, appunto, praticabile da parte di tutti i
cristiani, di tutti i credenti. Un messaggio, una testimonianza molto forte
della Beata Gianna - soprattutto per noi oggi: mentre denuncia da un lato la
miseria morale della nostra società, investita da una cultura di morte,
d’egoismo e di comodità, offre motivi di speranza per un rinnovamento personale
ed individuale che si può attuare e perseguire riscoprendo il valore della
vita, dell’amore, della generosità e del sacrificio.
D. – In quest’epoca, così poco attenta ai diritti dei
nascituri, il gesto di Gianna Beretta Molla può apparire addirittura assurdo?
R. – Non lo direi assolutamente. C’è tra gli scritti di
Gianna una pagina-presagio sulla sua drammatica vicenda. Gianna scrive: la vita
umana è sacra ed inviolabile. Il diritto alla vita del bambino è uguale al
diritto alla vita della madre. Erano queste, per il medico Gianna norme etiche
intoccabili, perché insegnate dalla Chiesa ed inserite da Dio nei suoi Comandamenti.
Quindi come cristiana e come medico, lei era per la vita, per ogni vita.
D. – Padre Paolino, in una battuta, la santità di Gianna
Beretta Molla?
R. – E’ stata una
donna che ha vissuto intensamente la propria vita. Se come dice l’Apostolo
Paolo “la carità è il vertice della perfezione” e come dice Gesù nel Vangelo
“non c’è amore più forte di colui che offre la propria vita per altri”, di
fronte al gesto finale e al sacrificio di sé, c’è poco da analizzare e da
discutere. Questa è la santità di Gianna. Un gesto che è il coronamento, la
conseguenza logica di tutta una vita vissuta alla luce del Vangelo.
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IL
PROCESSO DI ALLARGAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA RAGGIUNGA
I CONFINI GEOGRAFICI DEL
CONTINENTE: COSI’ IL PAPA AL CONSIGLIO
DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL
SINODO DEI VESCOVI PER L’EUROPA
“Un’Europa unita, che rispetti i
valori umani e cristiani e che diventi un esempio di pace e prosperità” sono le
parole del Papa che ieri in Vaticano ha ricevuto il Consiglio della Segreteria
Generale del Sinodo dei Vescovi per la Seconda Assemblea speciale per l’Europa.
Il servizio è di Benedetta Capelli:
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E’ stata la prima riunione dopo
la promulgazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa e dopo l’allargamento a 25 Paesi dell’Unione
Europea, sancito a Dublino il 1° maggio scorso. Un momento particolare sottolineato
anche dal Papa che ha auspicato che il processo di allargamento “continui fino
a raggiungere i confini geografici del continente abbracciandone tutti i popoli”,
che oltre ad avere forti legami storici, condividono gli stessi valori
culturali e religiosi.
Un’Europa che, auspica il Papa
nel suo discorso ai vescovi, sia “unita nel rispetto della legittima
pluralità”, che arricchisce i singoli Paesi ma soprattutto “in cui venga rispettata
la dignità trascendente della persona umana, il valore della ragione, della
libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e della distinzione tra politica
e religione”. “Questa Europa - dice il Papa - fondata sul diritto, intesa a rispettare
i valori umani e cristiani ed orientata alla solidarietà a favore di tutti i
suoi membri, soprattutto dei più bisognosi.” Un’Europa che - continua il Papa -
“diventerà continente di prosperità e di pace, il cui esempio sarà stimolante
per altri popoli e per altre nazioni.”
Infine, Giovanni Paolo II
sottolinea il ruolo della Chiesa Cattolica: “Forte del messaggio di pace e
speranza che le offre il Signore risorto, non si stancherà di riproporre tale
ideale ai popoli europei in questo importante momento della loro storia,
impegnandosi, per quanto è di sua competenza, nella messa in pratica di questo
nobile progetto, affinché - ribadisce il Papa - diventi sorgente di un futuro
migliore per tutti i suoi abitanti e per l’intera umanità”.
“Affido il compimento di questi
generosi propositi all’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della
speranza, affinché l’Europa, ritrovando se stessa, potrà costruire un futuro migliore
per tutti i suoi cittadini, nel rispetto dei diritti di Dio e dell’uomo, e diventi
- conclude Giovanni Paolo II - sempre più un continente di prosperità e di
pace.”
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MESSAGGIO DI GIOVANNI POALO II AL PATRIARCA DELLA CHIESA ORTODOSSA
DI ROMANIA , SUA BEATITUDINE TEOCTIST, A 5 ANNI
DALLO STORICO INCONTRO A BUCAREST
- A cura di Roberta Gisotti -
“Un passo importante che il Signore ci
ha permesso di compiere sul cammino della piena comunione e intesa tra noi”:
così Giovanni Paolo II ricorda con gioia l’incontro con il Patriarca della
Chiesa ortodossa rumena, in un messaggio di risposta a Sua Beatitudine
Teoctist, arcivescovo di Bucarest, in occasione del quinto anniversario del
loro storico incontro nella capitale rumena, il 6 maggio 1999. Messaggio di cui
si è fatto latore il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio
Consiglio per la promozione dell'unità dei Cristiani, che ha fatto visita a
Bucarest dal 10 al 13 maggio e che ha incontrato martedì scorso il Patriarca Teoctist,
portando anche un dono a nome del Santo Padre. Nel suo messaggio il Papa
rinnova “il bacio della pace” scambiato nell’incontro definito “memorabile”,
rammentando “con emozione” la visita a Roma restituita dall’arcivescovo ortodosso
di Bucarest nell’ottobre del 2002. Uno scambievole “pellegrinaggio di comunione”,
che Giovanni Paolo auspica porti i frutti sperati.
I
GIOCHI OLIMPICI DI ATENE SIANO UNA MANIFESTAZIONE
DI
PACE E FRATERNITA’: COSI’, IL PAPA AL SINDACO DELLA CAPITALE
GRECA, DORA BAKOYIANNIS, RICEVUTA STAMANI IN
VATICANO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Giovanni Paolo II ha ricevuto, stamani, in udienza il
sindaco di Atene, la signora Dora Bakoyiannis con il seguito. Nel discorso per
l’occasione, il Pontefice ha auspicato che i Giochi Olimpici di Atene - che
vivranno la cerimonia d’inaugurazione il prossimo 13 agosto - possano essere
una “manifestazione di fraternità per tutti i partecipanti ed un messaggio di
pace ed unità per quanti ne saranno spettatori nel mondo intero”. Il Papa ha,
infine, impartito la sua benedizione a tutti gli organizzatori delle Olimpiadi,
festa dello sport.
STASERA
IN AULA PAOLO VI, ALLA PRESENZA DI GIOVANNI PAOLO II,
LA MANIFESTAZIONE “TANTI CUORI ATTORNO AL
PAPA,
CUORE
DELLA CHIESA”, PROMOSSA DAGLI ORIONINI PER CELEBRARE
LA
CANONIZZAZIONE, DOMANI, DI DON LUIGI ORIONE
- A
cura di Alessandro Gisotti -
“Tanti cuori attorno al Papa, cuore della Chiesa” è questo
il titolo della manifestazione promossa dall’Opera Don Orione in omaggio a
Giovanni Paolo II e in occasione della canonizzazione, domani, di Don Luigi
Orione. All’evento, che si terrà in Aula Paolo VI a partire dalle ore 17, è
prevista la partecipazione del Santo Padre. La manifestazione – presentata da
Tiberio Timperi e Lorena Bianchetti – sarà ricca di contributi artistici da tutto
il mondo. Inoltre, l’attore Vincenzo Bocciarelli leggerà dei brani di don Luigi Orione, che saranno intervallati
da musiche, danze e spettacoli di diverse parti del mondo. L’omaggio
a Don Orione, da parte del Papa, concluderà il festoso appuntamento alla quale
prenderanno parte almeno 8 mila pellegrini tra cui 1.200 disabili. L’evento
sarà preceduto da un incontro
di preghiera per ammalati e disabili nella Basilica Vaticana, alle ore 15.00,
presieduto dal cardinale Giovanni Canestri.
La nostra emittente seguirà la
manifestazione in radiocronaca diretta - a partire dalle ore 17,30 sino alle
19,30 - con commento
in italiano sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105
MHz.
“ALZATEVI,
ANDIAMO”: LA NUOVA OPERA LETTERARIA
DEL PAPA IN LIBRERIA IL PROSSIMO 18 MAGGIO,
IN OCCASIONE DELL’84.MO COMPLEANNO DI GIOVANNI PAOLO II
-
Intervista con don Claudio Rossini -
Una raccolta di “ricordi e
riflessioni” sul periodo di ministero episcopale di Papa Wojtyla a Cracovia,
dall’ordinazione avvenuta nel 1958 all’elezione al soglio di Pietro nel 1978.
Si presenta così “Alzatevi, andiamo”, la nuova opera letteraria di Giovanni
Paolo II, che sarà in libreria dal prossimo 18 maggio, in occasione del suo
84.mo compleanno. Il volume è stato scritto in lingua polacca e già tradotto in
numerose lingue. “Alzatevi, andiamo” verrà presentato il 18 maggio alle Scuderie
del Quirinale in Roma, con interventi del cardinale Giovanni Battista Re, del
portavoce della Sala Stampa Vaticana, Joaquin Navarro-Valls, del presidente del
Senato italiano, Marcello Pera e dell’on. Giuliano Amato. Sul nuovo libro di Giovanni
Paolo II, Alessandro Gisotti ha intervistato don Claudio Rossini, direttore della
Libreria Editrice Vaticana, detentrice dei diritti dell’opera:
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R. – Il Santo Padre ha affidato
questo nuovo scritto, “Alzatevi, andiamo”, alla sua casa editrice - la Libreria
Editrice Vaticana - che ragionando un po’ su come raggiungere il maggior numero
di tradizioni ed edizioni abbastanza in fretta, si è rivolta ad una editrice,
che sul mercato italiano dava garanzie di questo genere. Ecco come è nata la
strada di quest’accordo con Mondadori Editore, che cura sia l’edizione italiana
che la gestione dei diritti per tutte le e lingue del mondo, esclusa la
polacca. A sua volta, la Libreria Editrice Vaticana fornisce a Mondadori alcune
traduzioni già preparate in proprio ed ha chiesto di poter supervisionare le
varie traduzioni, che verranno fatte nel corso dei prossimi mesi. Allo stato
attuale, la Libreria Editrice Vaticana ha fornito cinque traduzioni a Mondadori
Editore, perché il testo è stato scritto ovviamente in lingua polacca. Si
tratta della traduzione italiana, tedesca, francese, spagnola ed inglese.
D. – Cosa l’ha colpita
maggiormente di questo volume?
R. – Ho notato, anzitutto, la
bella capacità che ha il Santo Padre di descrivere e narrare la sua esperienza.
Il volume “Alzatevi, andiamo” ricalca l’esperienza di vescovo del Santo Padre,
iniziata nel 1958. Esperienza che non è terminata, perché ancora oggi
continua ad agire e a muoversi come pastore e come vescovo della Chiesa di Roma
e della Chiesa universale. Questa capacità del Santo Padre, mentre narra e
mette in fila i suoi ricordi - dai più lontani ai più recenti - ci dà
l’occasione di “sbirciare” un po’ nel suo animo e nel suo pensiero, di vedere
“come la pensa” su alcuni temi e alcuni grandi argomenti, che hanno agitato e
agitano la Chiesa nel passato e nel presente. Si tratta di tutta una serie di tematiche
per cui un libro, che apparentemente sembrerebbe destinato ai vescovi o a chi
collabora con il Santo Padre e con il ministero papale, è in realtà destinato
un po’ a tutta la Chiesa e non solo… a tutte le persone di buona volontà, che
si sentono coinvolte da un titolo così originale, come quello che egli stesso
ha scelto, “Alzatevi, andiamo”: alzatevi e andiamo incontro alle sfide, alle
responsabilità, a quanto c’è da operare oggi nella Chiesa.
D. – Qual è, secondo lei, il
messaggio più forte che emerge da questa raccolta di ricordi e di riflessioni
del Pontefice?
R. – Mi sembra che il messaggio
emerga proprio dal contrasto che vediamo sempre più evidente in questi mesi nel
vedere questa persona che fisicamente va incontro, consapevolmente, alla
vecchiaia, con tutti i limiti legati e all’età in contrasto con la tenacia
della mente e della volontà, del sentirsi chiamato a seguire, in maniera particolare,
il Signore. In questo suo insieme di ricordi che guardano al passato, ma per
invitare la Chiesa a non avere paura dell’oggi, lui stesso ci invita ad essere
giovani nel saper guardare in avanti, nel saper vedere quell’ottimismo che il
Buon Dio ci mette nella nostra strada.
D. – Giovanni Paolo II ha
scritto molto nel corso della sua vita. Dobbiamo aspettarci nuove opere
letterarie del Santo Padre per il futuro?
R. – Il Papa ha scritto molto e
la sua opera continua ad essere apprezzata. Di questo ce ne siamo accorti
durante questo anno del XXV di Pontificato: come Editrice abbiamo avuto molte
richieste da tanti editori in giro per il mondo di editare o rieditare opere
del Santo Padre. Guardando al futuro, visto che continua ad essere imperterrito
nel portare avanti la Catechesi del Mercoledì, nel suo magistero ordinario, penso
che non siano da escludere altre sorprese che ci vuol fare. Questa attenzione
nel prendere per mano la Chiesa ed introdurla in questo inizio di Terzo
Millennio.
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PADRE
PIERBATTISTA PIZZABALLA E’ IL NUOVO CUSTODE DI TERRA SANTA:
SUCCEDE A PADRE GIOVANNI
BATTISTELLI
Padre
Pierbattista Pizzaballa è il nuovo Custode di Terra Santa. Succede a padre
Giovanni Battistelli, che negli ultimi sei anni ha svolto il suo lavoro in maniera
egregia.
Il religioso francescano è stato nominato dal Definitorio
Generale dei Frati Minori e la nomina è stata approvata dalla Santa Sede a
norma degli Statuti Pontifici che reggono questa entità dell'Ordine Serafico.
Padre Pizzaballa è nato a Cologno al Serio, in diocesi e
provincia di Bergamo, il 21 aprile 1965 ed è sacerdote dal 15 settembre 1990.
Dopo il primo Ciclo di Studi Filosofici ‑ Teologici,
ha conseguito il Baccellierato in Teologia il 19 giugno 1990 presso il
Pontificio Ateneo Antoniamun di Roma.
Ha compiuto gli studi di specializzazione presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, ottenendo la Licenza
in Teologia Biblica, il 21 giugno 1993, e successivamente ha conseguito il
grado di Master presso l'Università Ebraica di Gerusalemme.
Venne assegnato alla Custodia di Terra Santa nell'ottobre
1990. Ha svolto il compito di docente di ebraico moderno alla Facoltà
Francescana di Scienze Bibliche e di Archeologia a Gerusalemme ed è stato
collaboratore del Patriarcato Latino nella pastorale ai fedeli cattolici di
espressione ebraica. Il 9 maggio 2001 è stato nominato Superiore del Convento
dei Santi Simeone e Anna a Gerusalemme.
RIENTRATO A ROMA MONS. LAJOLO, IN VISITA A LONDRA
DALL’11 AL 13 MAGGIO: HA INCONTRATO ESPONENTI GOVERNATIVI BRITANNICI
E DELLA CHIESA CATTOLICA E ANGLICANA
È rientrato a Roma l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, che si era
recato a Londra dall’11 al 13 maggio.
Mons. Lajolo ha incontrato il card. Cormac Murphy-O'Connor, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza Episcopale d'Inghilterra
e del Galles, e la Commissione episcopale per gli Affari Internazionali,
insieme ad una rappresentanza della Caritas britannica
(Cafod). Inoltre, si è incontrato con l'arcivescovo di Canterbury, Dott. Rowan Williams.
Ha quindi
avuto colloqui con diversi esponenti del Gabinetto britannico, tra cui
il ministro degli Affari Esteri e del Commonwealth,
Jack Straw,
il cancelliere dello Scacchiere, Gordon Brown, ed
il segretario di Stato per l'Irlanda del Nord,
Paul
Murphy. Ci sono stati scambi di vedute
circa la situazione dell'Iraq e del Medio Oriente, dell'Africa sub-sahariana,
nonché sullo stato attuale del processo della pacificazione dell' Irlanda del Nord.
Mons. Lajolo è stato ricevuto
dallo "Speaker" della Camera Bassa, Michael Martin, con cui si è soffermato su alcune questioni di comune interesse
al presente all'attenzione del Parlamento.
ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Nel corso della mattina il Santo Padre ha ricevuto in
udienza l’arcivescovo Józef Kowalczyk, nunzio apostolico in Polonia.
Sempre
oggi il Papa ha nominato capo ufficio nella sezione ordinaria dell'Amministrazione
del Patrimonio della Sede Apostolica il Rag. Piero Montecchia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"Contribuire all'edificazione della pace nel mondo coltivando una
profetica sete di giustizia e di libertà":
nel quarantesimo anniversario
del Pontificio Consiglio Giovanni Paolo II ricorda che negli anni a venire la
Chiesa è impegnata a rispondere alla grande sfida del dialogo interreligioso.
Allegato al giornale un inserto
speciale di 24 pagine dedicato al solenne rito - domani - della proclamazione
di sei nuovi beati.
Nelle vaticane, i discorsi del
Papa al presidente della Repubblica del Libano e al sindaco di Atene.
La Lettera del Santo Padre al
cardinale Angelo Sodano, in occasione della nomina a Legato Pontificio per la
solenne chiusura dell'incontro di Mariazell.
Un articolo sull'intervento del
Cardinale Renato Raffaele Martino al Seminario sul tema: "Etica e pubblica
amministrazione".
Nelle estere, in evidenza
l'Iraq: gli Stati Uniti non escludono il ritiro.
Un articolo di Pierluigi
Natalia sulla Liberia dal titolo "Fondamentale reintegrare i bambini
soldato nella società": all'esame dell'Onu un dramma ancora
irrisolto mesi dopo l'intesa di pace.
Nella pagina culturale, un
articolo di Maurizio Fontana sulla presentazione del volume in onore del
cardinale Giuseppe Caprio dal titolo "Pax in virtute".
Nelle pagine italiane, in primo
piano il dibattito sulla crisi irachena. Il Governo: resteremo solo se ci sarà
richiesto.
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15
maggio 2004
OGGI, GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA
FAMIGLIA:
IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU RICHIAMA I GOVERNI A VARARE CON URGENZA
POLITICHE DI SOSTEGNO CONCRETO ALLA CELLULA FONDAMENTALE DI OGNI
SOCIETA’
- Intervista con il prof. Francesco Belletti -
Sono passati 10 anni dal 15 maggio 1994, in cui si
celebrava per la prima volta la Giornata internazionale della famiglia,
proclamata dalle Nazioni Unite, nell’ambito dell’Anno dedicato a questa
istituzione “nucleo naturale e fondamentale della società”. Una ricorrenza per sottolineare – come ricorda
oggi il segretario generale dell’Onu Kofi Annan - il ruolo insostituibile, in ogni società, in ogni cultura, della
famiglia, prima depositaria dei diritti inalienabili dell’uomo. Ma bisogna fare
di più e con urgenza: Annan sollecita Governi e società civili a realizzare
politiche e programmi di sostegno concreto alla famiglia. E così anche l’Unicef
sottolinea in una nota che “la famiglia è la prima linea di protezione del
bambino”, che “se privato di questo scudo protettivo, diviene immediatamente
più vulnerabile rispetto alla violazione dei suoi diritti fondamentali”. Il
servizio di Roberta Gisotti:
*********
Famiglia, in questi ultimi 10 anni, gravemente minacciata
nella sua identità originale soprattutto nelle società più sviluppate,
industrializzate, salvo poi invocare l’importanza di questa istituzione di
fronte alla crisi generale di valori nelle democrazie occidentali. Per questo
motivo la famiglia è al centro dell’attenzione nella nuova Europa allargata.
Salgono da 156 a 180 milioni le famiglie dell’Unione a 25 Paesi dell’Ovest e
dell’Est. Quale sfide attendono? Lo chiediamo al prof Francesco Belletti,
sociologo, direttore del CISF, il Centro internazionale di studi sulla
famiglia, che in questi giorni ha tenuto un Convegno europeo su questo tema.
R. –
Abbiamo sottolineato che la famiglia è un luogo primario di difesa dell’umano
ed è anche il luogo dove le persone stringono un’alleanza con la società.
Quindi, una delle sfide a livello europeo è quella di riuscire a riaffermare
questo ruolo pubblico ovvero l’avere a che fare, la famiglia, con la
costruzione di una cittadinanza, con una società più solidale, più coesa, ed
anche quale luogo di produzione di valori.
D. – Dr. Belletti, c’è questa dicotomia: da una parte, la
famiglia minacciata da stili di vita e comportamenti, minacciata da divorzi,
convivenze, da unioni omosessuali che chiedono il riconoscimento giuridico;
dall’altra, però, poi, spesso e volentieri invocata come baluardo del vivere
civile ...
R. – Sì. C’è un uso strumentale della famiglia come luogo
di cura, come sostituto dello stato sociale. Noi abbiamo affermato che l’Europa
ha bisogno di un’idea forte di famiglia. Ogni nazione, giustamente, pone le
regole, riconosce i modelli di comportamento familiare più adeguati. Non chiediamo
un modello standardizzato europeo, ma chiediamo che a livello europeo si ponga
un ideale di famiglia, ed è un ideale di famiglia basato sul fatto che la
famiglia sia il luogo della differenza di genere – cioè del maschile e del
femminile –, sia il luogo dell’accoglienza alla vita, quindi della
generatività, delle responsabilità genitoriali, e sia anche il luogo della
responsabilità sociale, dove le persone imparano ad essere cittadini capaci di
fiducia, di coesione sociale, di contributo al bene comune. E in questo,
abbiamo sottolineato anche l’importanza dell’associazionismo familiare per
vivere meglio la famiglia ma anche per contribuire alla società organizzando
servizi, partecipando, chiedendo politiche più giuste.
D. – Quindi, un recupero di una cultura della famiglia, ma
anche richieste di politiche concrete e di sostegno all’istituzione familiare
...
R. – Troppo spesso le politiche sono individuali,
difendono solo i singoli individui, mentre invece occorre essere più
promozionali rispetto alle famiglie. Certo, ci vogliono famiglie che si
facciano sentire, famiglie che davvero contribuiscano al bene comune. Ma queste
famiglie sono la maggior parte, perché si parla spesso delle famiglie che non
funzionano, di gravi comportamenti, maltrattamenti, abusi, rotture matrimoniali
... Ma la maggior parte delle persone, anche in Italia ma anche in Europa, vive
avendo ben chiaro che il valore famiglia è fondamentale per il proprio
benessere.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 16 maggio, VI Domenica di Pasqua, la
liturgia ci presenta il brano del Vangelo dove Gesù dice ai discepoli:
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola … Chi
non mi ama non osserva le mie parole … Queste cose vi ho detto quando ero
ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel
mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho
detto”.
Su queste parole ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Alle donne che giungono al Sepolcro al mattino dopo il
sabato, l’angelo dice di ricordarsi delle parole del Maestro. La riflessione
cristiana è fondata sulla memoria. Il principio della nostra teologia non è un
pensiero astratto ma la memoria di una Persona. La memoria può essere lo sforzo
di rievocare qualcosa del passato, dunque nostalgia. Ma lo Spirito Santo è la
memoria che ci unisce alla persona ricordata, instaurando una comunione vera.
Lo Spirito Santo è l’amore che rende Cristo presente sempre e ad ognuno in modo
personale come Salvatore. Lo Spirito Santo ci ricorda, il che vuol dire che ci
unisce a Cristo, luce del mondo, separandoci dalle tenebre e dalla morte. La
memoria dell’amore, come vincolo con Cristo, allontana dal nostro cuore ogni
turbamento e paura e lo Spirito Santo viene così sperimentato come Consolatore.
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15
maggio 2004
IL DIALOGO E IL CONFRONTO: PORTE APERTE ALLA
SPERANZA DI PACIFICAZIONE
IN PERU’. E’ L’ESORTAZIONE CONTENUTA NELLA NOTA
PASTORALE “PACE PER IL NOSTRO POPOLO” PUBBLICATA DALLA CONFERENZA EPISCOPALE
PERUVIANA
LIMA.
= Corruzione, violenza e disagio sociale sono i mali che affliggono il Perù. Il
2003 è stato l’anno degli scioperi e delle vibranti proteste contro il governo
Toledo, che hanno portato il presidente a decretare lo “stato di emergenza”.
Stessa situazione per questi primi sei mesi del 2004. Viva preoccupazione per
il difficile contesto è stata espressa anche dalla Conferenza Episcopale
peruviana, che ha diffuso in questi giorni una nota pastorale dal titolo Pace per il nostro popolo. I vescovi del
Paese hanno invitato al dialogo e al confronto, come “porte - si legge nel
testo - per la speranza e il futuro del Perù”. I presuli hanno sottolineato
come sia forte la sofferenza della popolazione: “Dio ha sempre privilegiato i
poveri, i deboli, i sofferenti, gli emarginati. Sono loro - continua la nota -
che dovrebbero beneficiare di maggior sostegno e, invece, oggi patiscono più
degli altri”. Una sofferenza che da almeno venti anni non si placa. La
democrazia è stata raggiunta ad un prezzo altissimo soprattutto in termini di
vite umane, le lotte fratricide hanno costretto tanta gente a lasciare il loro
Paese d’origine e, come sottolineano i vescovi, hanno provocato “l’abbandono di
quei valori morali che da sempre sono stati punti fermi di questo popolo”.
Delusione è stata inoltre espressa nella nota per il mancato raggiungimento di
alcuni obiettivi nonostante i molti sacrifici fatti, pertanto si invita la
classe dirigente ad un maggior impegno e ad un massimo senso di responsabilità.
Un Perù unito, dunque, in cui si scelga sempre la via della legalità, in cui
nulla venga taciuto. Un ultimo invito dei presuli è infatti per i mezzi di
comunicazione che siano uno strumento di avvicinamento tra le autorità e la
società civile. (B.C.)
LA COMMISSIONE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA SI MOBILITA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI, ESPRIMENDO IN UNA NOTA IL
RIFIUTO DELLA TV SPAZZATURA
E AUSPICANDO A BREVE UNA RIFORMA DEL SISTEMA TELEVISIVO
MADRID.
= In seguito ai molti programmi televisivi nei quali si esprime l’immagine
falsata della famiglia e si propongono valori morali dubbi, la Conferenza
Episcopale spagnola ha espresso il suo dissenso in una nota. Prendendo spunto
dalla Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali, prevista per domenica 23
maggio, i vescovi hanno fatto sentire il loro profondo rammarico per i programmi
di basso valore culturale, sempre più presenti in tv. “Si è arrivati a ridicolizzare
l’istituto familiare, il senso religioso dei cattolici, fino all’attacco
diretto nei confronti della Chiesa” si legge nella nota. L’indice viene puntato
anche nei confronti della programmazione fin troppo uguale nelle diverse fasce
orarie e dettata essenzialmente da
ragioni di mercato. “Siamo di fronte ad una patologia
televisiva - sottolineano i presuli - che non consente al pubblico di
scegliere”. Davanti a questa situazione, la Commissione ha riproposto un
progetto risalente al 2001 che prevedeva l’istituzione di un Consiglio audiovisivo.
Tale consiglio, formato da più componenti sociali, avrebbe il compito di
garantire la qualità dei programmi televisivi nel rispetto di principi etici ed
estetici. Nella nota, si esprime infine il desiderio che quest’iniziativa sia
accolta dal nuovo governo Zapatero, il quale ha in agenda la riforma del
sistema tv. (D.D.)
A PARIGI, ATTO COMMEMORATIVO PER I 50 ANNI DELLA
CONVENZIONE
PER LA PROTEZIONE
DEI BENI CULTURALI IN CASO DI CONFLITTO
- A cura di Francesca Pierantozzi
-
PARIGI. = 50 anni fa, all’Aja veniva firmata la
Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di guerra. Il
conflitto mondiale aveva annientato monumenti e opere d’arte, la comunità
internazionale voleva che non si ripetesse più. Mezzo secolo dopo, la Convenzione
- purtroppo - è ancora d’attualità: un nuovo Protocollo è stato adottato nel
’99 per rafforzare il testo originale, ribadendo l’immunità dei beni culturali
in tempi di guerra e di occupazione. Per celebrare l’anniversario della
Convenzione si sono riuniti alla sede dell’Unesco a Parigi esperti mondiali di
diritto internazionale, umanitario e per la protezione del patrimonio.
L’incontro è stato aperto dal direttore generale dell’Unesco, Koichiro
Matsuura: “La guerra è diventata oggi sistematicamente distruttrice”, ha detto
Matsuura sottolineando che si è sviluppata una terribile capacità ad annientare
condizioni, istituzioni e infrastrutture che sostengono la società e la cultura
umana. “In questo modo - ha detto il direttore dell’Unesco - le vittime della guerra
moderna non si limitano alla generazione presente, ma coinvolgono anche quelle
passate e quelle a venire”. 109 Paesi hanno firmato fino ad oggi la Convenzione.
IN
CILE PIU’ DI 100 MILA MINORI SONO COSTRETTI A LAVORARE
IN
CONDIZIONI INACCETTABILI. LO RIVELA UN RAPPORTO DEL MINISTERO
DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE CILENO
SANTIAGO.
= Sono 196.000 i bambini, adolescenti e ragazzi con meno di 18 anni d’età
impiegati nel mondo del lavoro in Cile; almeno 107.000 di loro sono costretti a
lavorare in condizioni inaccettabili. Lo si apprende da un rapporto realizzato
da varie organizzazioni in associazione con il ministero del Lavoro e della
previdenza sociale del governo di Santiago. Le cifre sono elevate anche se non
comparabili con quelli di altri Stati sudamericani o africani, ma il rapporto è
importante perché dimostra che anche in Cile, Stato sviluppato vicino agli
standard dei Paesi del Nord del mondo, il lavoro infantile affligge una parte
consistente della popolazione minorile. Dallo studio risulta che il 94,6 per
cento dei minori cileni con meno di 18 anni dedica una parte del suo tempo allo
studio e allo svago, il restante 5,4 per cento al lavoro di cui il 3 per cento
lo svolge in condizioni di pericolo e di grave sfruttamento. Il governo cileno,
già impegnato per il reinserimento scolastico dei bambini sfruttati, ha
assicurato che approfondirà la questione per giungere all'eliminazione del
problema. (G.L.)
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15
maggio 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
La crudeltà di pochi ha provocato
discredito alle loro uniformi e imbarazzo al nostro Paese ma questi errori non
possono sminuire i risultati raggiunti da oltre 200 mila soldati dispiegati in
Iraq. Lo ha detto il presidente americano, George Bush, tornando sul drammatico
capitolo dei maltrattamenti compiuti dai militari americani nelle carceri
irachene. Per il Paese arabo, anche oggi teatro di gravi episodi di violenza,
si profila intanto una importante decisione. Dopo le dichiarazioni
dell’amministratore civile in Iraq Paul Bremer, che ieri ha accennato ad un
eventuale disimpegno statunitense dal Paese, anche il segretario di Stato
americano, Collin Powell, ha infatti confermato la possibilità di una prossima
partenza delle truppe. Il nostro servizio:
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Al termine di una riunione,
tenutasi ieri a Washington tra i ministri degli Esteri dei Paesi del G8, Powell ha dichiarato che se dopo il 30 giugno il nuovo
esecutivo provvisorio iracheno chiederà alle forze della
coalizione di andarsene, le truppe statunitensi lasceranno il Paese
arabo. Il segretario di Stato americano ha inoltre sottolineato come i
contingenti attualmente dispiegati in Iraq stiano svolgendo un ruolo primario
per assicurare sicurezza e stabilità. Ma il Paese continua ad essere devastato
dal dramma della violenza: almeno 4 uomini delle nuove forze armate irachene
sono morte in seguito ad un ennesimo attentato perpetrato a Mossul, tre
miliziani sono stati uccisi a Kerbala da soldati americani, ed altri 16 ribelli
sono deceduti per uno scontro a fuoco avvenuto nei pressi di Bassora. Un
progressivo ritorno alla normalità sembra inoltre contrassegnare
Nassiriya, teatro ieri di diversi attacchi compiuti da uomini armati fedeli al leader
radicale sciita Moqtada Al Sadr, contro la sede dell’Autorità
provvisoria della coalizione.
Negli Stati Uniti crescono,
intanto, sgomento e sdegno per quanto sta accadendo in Iraq. Commentando
l’uccisione del civile americano decapitato da Abu Massab al Zarqawi il
presidente americano, George Bush, ha sottolineato come questo tragico episodio
provi l’esistenza di legami terroristici tra l’ex regime di Saddam Hussein ed
Al Qaeda. Dopo l’orrore degli abusi commessi nelle carceri irachene
recentemente documentati da agghiaccianti fotografie, il Pentagono ha inoltre deciso di vietare alcuni disumani
metodi di interrogatorio. Tra questi non saranno più permessi la privazione del
sonno, la riduzione delle percezioni sensoriali attraverso il ricorso a
cappucci e l’obbligo di mantenere posizioni stressanti e dolorose. In Gran Bretagna
si devono
infine registrare le dimissioni del direttore del quotidiano Daily Mirror in
seguito alla vicenda delle fotografie, pubblicate dalla testata e rivelatesi
false, che mostravano presunti maltrattamenti a prigionieri iracheni da parte
di soldati britannici.
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In
Medio Oriente, l’esercito
israeliano si è ritirato stamani da Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, ma
nelle operazioni un palestinese è rimasto ucciso. Dopo
due giorni di demolizioni condotte dai soldati israeliani a Rafah, oltre mille
palestinesi sono rimasti senza casa. A riferirlo è un portavoce dell’agenzia
dell’Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi.
In
India, il partito del Congresso, uscito vincitore dalle elezioni generali, ha
nominato oggi Sonia Gandhi come capogruppo del suo partito in Parlamento.
Accolta da applausi scroscianti, la vedova di Rajiv Gandhi, di origine
italiana, ha promesso di lavorare per un “futuro radioso” e ha chiesto il
supporto dei partiti laici della sinistra per formare una solida coalizione di
governo. Ci riferisce da New Delhi, Maria Grazia Coggiola:
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Passata l’euforia di un trionfo elettorale che ha colto
tutti di sorpresa, il partito del Congresso di Sonia Gandhi è al lavoro per
mettere insieme una maggioranza. Il partito, che dopo otto anni torna al
governo, è emerso come il primo schieramento con una maggioranza relativa di
219 seggi su 545. Per formare un governo, mancano 60-70 seggi che potrebbero
arrivare dalla terza forza in Parlamento, che sono i partiti delle sinistre,
forti negli Stati del Bengala e del Kerala. Un’ipotesi che ieri ha fatto
crollare la borsa di Bombay: il mondo della finanza indiana teme che un
eventuale ingresso dei comunisti in un governo guidato dal Congresso possa
pregiudicare il programma di riforme economiche, e soprattutto il piano di
privatizzazioni avviato dal precedente governo di Vajpayee. Per assicurare gli
investitori, ieri è dovuto intervenire pure il ministro delle finanze in
pectore del Congresso: “Continueremo le riforme per favorire gli
investimenti – ha detto – e non siamo contrari alle privatizzazioni se
dimostrano di essere nell’interesse nazionale”. Tra gli altri potenziali
alleati che hanno già incontrato Sonia Gandhi, ci sono alcuni partiti minori
che sono emersi vittoriosi in alcuni Stati. Alcuni, in passato, hanno avuto
delle obiezioni sulla candidatura di Sonia Gandhi come primo ministro,
obiezioni che ora sono cadute. Con molta probabilità, sarà lei a sedersi sulla
poltrona che fu di suo marito Rajiv e di sua suocera Indira.
Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia
Coggiola.
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La Repubblica Dominicana domani
al voto per la scelta del nuovo presidente. Sono 5 milioni gli elettori che
dovranno scegliere il nuovo capo dello Stato, al termine di una lunga campagna
elettorale segnata da accuse reciproche di corruzione tra i candidati. Compito
principale del prossimo presidente, riportare il Paese caraibico sulla via
dello sviluppo economico. Il servizio di Maurizio Salvi:
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Il presidente uscente, Ippolito Mejia, cerca la riconferma
per un secondo mandato ma i sondaggi, anche quelli a lui più vicini, ne prevedono
la sconfitta nei confronti dell’ex presidente e leader del partito della
liberazione domenicana, Leonel Fernandez. L’unico dubbio è se Fernandez ce la
farà al primo turno superando il 50 per cento più uno dei voti, o se ci sarà
bisogno di un ballottaggio dal quale – dicono gli stessi sondaggi – uscirà comunque
vincitore. Alla fine degli anni Novanta, la Repubblica Domenicana era indicata,
insieme all’Argentina, come un allievo modello del neoliberismo economico con
tassi di crescita annuali che spesso superavano il 7 per cento. Ma si è visto
poi che questo non ha significato un miglioramento delle condizioni di vita
della popolazione, con un aumento della povertà e del disagio di vari settori
della società. Fernandez, che negli ultimi tempi ha spostato il suo discorso su
un binario più progressista, ha promesso durante la campagna elettorale di
voler governare facendo prevalere la giustizia sociale. Da parte sua, il
cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo, ha
chiesto alla cittadinanza di andare in massa a votare per affidare a chi governerà
l’appoggio di una maggioranza chiara.
Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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Nel primo messaggio alla
nazione dopo il reinsediamento al potere deciso dalla Corte costituzionale, il
presidente sudcoreano, Roh Moo Hyun, si
è scusato oggi per il caos creato dalla
sua messa in stato di accusa e ha promesso che la sua massima priorità sarà
l’economia. Il tribunale supremo di Seul, ieri, ha bocciato la mozione di messa
in stato d’accusa nei suoi confronti, approvata il 12 marzo scorso dal Parlamento.
Nuove gravi scontri nel nord della Nigeria da dove
migliaia di persone, stanno fuggendo a causa delle violenze. Un numero
imprecisato di nigeriani avrebbero inoltre perso la vita nella città di Kano,
nel nord del Paese.
Il
Sudafrica ospiterà i Mondiali di calcio del 2010 e sarà così il primo Paese
africano ad organizzare un’edizione di questa importante manifestazione
sportiva. Dopo aver appreso la notizia, migliaia di sudafricani hanno
festeggiato lo storico evento riversandosi sulle strade dove hanno cantato e
ballato.
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