RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 135 - Testo della trasmissione di venerdì 14 maggio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nella ricerca della santità, i vescovi rifiutino ogni tentazione di carrierismo: così, il Papa ad un gruppo di presuli americani ricevuti in visita ad Limina

 

La Chiesa cattolica invita ad una cultura dell’accoglienza verso gli immigrati: così la nuova Istruzione del Pontificio Consiglio per i Migranti dal titolo Erga Migrantes Caritas Christi, presentata stamani in Sala Stampa vaticana: ce ne parla mons. Agostino Marchetto

 

Al via oggi l’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso a 40 anni dall’istituzione del Segretariato per i non cristiani: intervista con l’arcivescovo Michael Fitzgerald

 

Domenica 16 maggio, la canonizzazione di Paola Elisabetta Cerioli: rinunciò alle ricchezze per dedicarsi completamente ai poveri. Con noi padre Angelo Paris

 

Scambio degli strumenti di ratifica dell’accordo tra Santa Sede e la città  di Brema.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il destino dell’Occidente, alla luce della crisi d’identità dell’Europa: è il tema chiave di un intervento del cardinale Ratzinger, tenuto ieri al Senato italiano

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’invito dei vescovi dell’Uganda al Paese e alle autorità, perchè cessi la guerra civile che dura dal 1986

 

Agenzie umanitarie al lavoro nella regione sudanese del Darfur, teatro di un sanguinoso conflitto interetnico e interreligioso

 

Le comunità zingare di etnia Rom e Sinti riunite in occasione dell’anniversario della beatificazione del martire gitano, Zeffirino Jimenez Malla

 

L’inquinamento sta oscurando progressivamente la Terra. Lo rivela uno studio dell’Università della California

 

24 ORE NEL MONDO:

L’amministrazione civile americano in Iraq, Paul Bremer, parla della possibilità che gli Stati Uniti lascino il Paese. Ancora polemiche sulle torture ad Abu Ghraib. Oltre 300 prigionieri lasciano la prigione delle torture

 

Cresce il consenso intorno a una  candidatura alla premiership dell'India di Sonia Gandhi, dopo la vittoria del suo partito nelle elezioni legislative.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 maggio 2004

 

 

NELLA RICERCA DELLA SANTITA’, I VESCOVI RIFIUTINO OGNI TENTAZIONE

DI CARRIERISMO: COSI’, IL PAPA AD UN GRUPPO DI PRESULI AMERICANI

RICEVUTI IN VISITA AD LIMINA. IL PONTEFICE HA SOTTOLINEATO LA CENTRALITA’

DEL SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE,

QUALE MEZZO NECESSARIO ALLA RICONCILIAZIONE CON DIO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

La credibilità della Chiesa nel proclamare la Buona Novella è “intimamente legata all’impegno dei suoi membri alla personale santificazione”. E’ la riflessione offerta stamani dal Papa ad un gruppo di vescovi degli Stati Uniti, ricevuti in Vaticano al termine della visita ad limina. La Chiesa, ha rilevato, “ha sempre bisogno di purificazione ed è per questo che deve costantemente seguire il sentiero della penitenza e del rinnovamento”. Il Papa si è, inoltre, soffermato sulla presenza del peccato negli individui e nella società odierna sottolineando la centralità del Sacramento della Confessione quale strumento per riconciliarsi con Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Giovanni Paolo II ha esortato i presuli americani ad essere in prima linea nel viaggio spirituale della santificazione. Il servizio episcopale, segnato dalla ricerca personale di santità, ha avvertito, richiede un modello di vita che “rifiuti in modo inequivocabile ogni tentazione di carrierismo e ostentazione”, ma segua piuttosto la carità pastorale, l’umiltà e la semplicità. D’altro canto, ha affermato il Pontefice, va oggi affrontata con particolare urgenza la “crisi della perdita di senso del peccato”. Mentre gli effetti del peccato abbondano, ha constatato, – dalla disonestà alla corruzione, dallo sfruttamento delle persone, ancora alla pornografia e la violenza – il riconoscimento individuale dell’essere peccatori è andato scemando. Al suo posto, ha aggiunto, si è affermata un’inquietante cultura che “parla più di vendetta che di giustizia”, mancando di riconoscere come in ogni essere umano “sia presente una ferita, che, alla luce della fede, chiamiamo peccato originale”.

 

 Il peccato è, dunque, parte della persona e proprio nel riconoscersi peccatori si compie il primo passo essenziale per tornare all’amore salvifico di Dio. Per questo, ha detto il Papa, è compito dei vescovi “indicare la triste e distruttiva presenza del peccato”. Un servizio di speranza, ha sottolineato, giacché spinge i credenti ad abbandonare il male per abbracciare la perfezione dell’amore e la pienezza della vita cristiana. Ha così evidenziato l’urgenza della conversione, “frutto del perdono e costitutiva di una genuina riconciliazione” per raggiungere quella pace ed armonia duratura, così ricercata dagli individui, dalle famiglie e dall’intera società. Quindi, ricordando la parabola del figliol prodigo, ha evidenziato come anche se tentati di separarci dal Padre, allo stesso modo possiamo avere il coraggio di tornare a Lui, che ci accoglie con amore.

 

Di qui, il richiamo del Papa ai vescovi, affinché promuovano il Sacramento della Penitenza, unico modo per il fedele di riconciliarsi con Dio e la Chiesa. Soprattutto in un tempo nel quale questo Sacramento viene spesso considerato con indifferenza. Armatevi di maggiore fiducia, creatività e perseveranza nel presentare la Confessione, ha esortato il Santo Padre, perché “il tempo speso nel confessionale è un tempo dedicato al servizio del patrimonio spirituale della Chiesa e per la salvezza delle anime”.

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LA CHIESA CATTOLICA INVITA AD UNA CULTURA DELL’ACCOGLIENZA

VERSO GLI IMMIGRATI: COSI’ LA NUOVA ISTRUZIONE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

PER I MIGRANTI DAL TITOLO “ERGA MIGRANTES CARITAS CHRISTI”,

PRESENTATA STAMANI IN SALA STAMPA VATICANA

- Intervista con mons. Agostino Marchetto -

 

La Chiesa cattolica invita ad una cultura dell’accoglienza verso gli immigrati, al rispetto dei loro diritti e a superare paure e insicurezze.

 

L’esortazione è contenuta nella nuova Istruzione del Pontificio Consiglio per i migranti dal titolo “Erga Migrantes Caritas Christi” (La carità di Cristo verso i migranti), presentata questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede dal cardinale Stephen Fumio Hamao e da mons. Agostino Marchetto, rispettivamente presidente e segretario del dicastero. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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I migranti, rileva il documento hanno diritto al ricongiungimento familiare, all’educazione dei figli, all’alloggio, al lavoro, e a varie forme di partecipazione  nella società in arrivo”. 

 

La cultura dell’accoglienza e del dialogo è un “dovere” per tutti ma in particolare per i cristiani. Forte la condanna di razzismo e xenofobia e l’esortazione a superare paure e insicurezze.

 

L’invito al dialogo non è però disgiunto da alcune raccomandazioni: l’Istruzione sconsiglia i matrimoni tra cattolici e immigrati non cristiani, “pur con variata intensità” secondo le religioni. Un capitolo particolare è dedicato ai matrimoni tra donne cattoliche e musulmani, una riflessione – si dice – frutto di “amare esperienze”.

 

L’Istruzione rileva quindi i valori in comune con l’Islam, ma sottolinea anche le divergenze, prendendo in considerazione le acquisizioni legittime della modernità, specialmente nel campo dei diritti umani: a questo proposito il documento vaticano auspica “da parte dei nostri fratelli e sorelle musulmani una crescente presa di coscienza che è imprescindibile l’esercizio delle libertà fondamentali, dei diritti inviolabili della persona, della pari dignità della donna e dell’uomo, del principio democratico nel governo della società e della sana laicità dello Stato. Si dovrà altresì raggiungere un’armonia tra visione di fede e giusta autonomia del creato”.

 

“Nelle relazioni tra cristiani e aderenti ad altre religioni - continua l’Istruzione vaticana - riveste … grande importanza il principio della reciprocità, intesa non come un atteggiamento puramente rivendicativo, ma quale relazione fondata sul rispetto reciproco e sulla giustizia nei trattamenti giuridico‑religiosi. La reciprocità è anche un atteggiamento del cuore e dello spirito, che ci rende capaci di vivere insieme e ovunque in parità di diritti e di doveri. Una sana reciprocità spinge ciascuno a diventare “avvocato” dei diritti delle minoranze dove la propria comunità religiosa è maggioritaria. Si pensi in questo caso anche ai numerosi migranti cristiani in Paesi con maggioranza non cristiana della popolazione, dove il diritto alla libertà religiosa è fortemente ristretto o conculcato”.

 

Inoltre per “evitare … confusioni, considerate le diversità religiose … per rispetto ai propri luoghi sacri e anche alla religione dell’altro”, l’Istruzione non ritiene opportuno “che quelli cattolici ‑ chiese, cappelle, luoghi di culto, locali riservati alle attività specifiche della evangelizzazione e della pastorale ‑ siano messi a disposizione di appartenenti a religioni non cristiane”. Gli spazi di tipo sociale, invece - quelli per il tempo libero, il gioco ed altri momenti di socializzazione - potrebbero e dovrebbero rimanere aperti a persone di altre religioni, come “un’occasione per favorire l’integrazione dei nuovi arrivati e preparare mediatori culturali capaci di favorire il superamento delle barriere culturali e religiose promuovendo una adeguata conoscenza reciproca”.

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Mons. Agostino Marchetto ha ricordato che attualmente nel mondo i migranti sono 175 milioni. A questi vanno aggiunti 18 milioni di profughi e 25 milioni di sfollati. Ma sul messaggio centrale della nuova Istruzione ascoltiamo lo stesso mons. Marchetto, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – Dobbiamo essere tutti infiammati dalla carità di Cristo per affrontare in modo cristiano  le sfide che ci attendono come Chiesa e come membri della società nel campo migratorio che diventa sempre più importante. La lettura dell’Istruzione rivela poi grandi acquisizioni teologiche e pastorali. Ci si riferisce alla centralità della persona – per esempio – nelle migrazioni stesse, alla valutazione del contributo pastorale dei laici, degli Istituti religiosi, al valore delle culture nell’opera di evangelizzazione, alla tutela, alla valorizzazione delle minoranze anche all’interno della Chiesa cattolica, all’importanza del dialogo “intra” ed “extra”-ecclesiale, e infine allo specifico contributo che la migrazione potrebbe offrire alla pace universale.

 

D. – Cosa non fanno gli Stati di fronte alla drammatica situazione di tanti migranti?

 

R. – Io preferirei dire cosa debbono fare e cioè: dovrebbero proteggere i diritti di tutti i lavoratori migranti ed i membri delle loro famiglie. Ma il fenomeno migratorio solleva soprattutto una vera e propria questione etica: quella della ricerca di un nuovo ordine economico mondiale, internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra, nella ricerca di un nuovo ordine economico mondiale che contribuirebbe non poco – del resto – a ridurre e moderare i flussi di una numerosa parte della popolazione in difficoltà.

 

D. – La globalizzazione in corso aiuta o aggrava la situazione dei migranti?

 

R. – L’evento della globalizzazione ha aperto i mercati ma non le frontiere; ha abbattuto i confini per la libera circolazione dell’informazione e dei capitali, ma non nella stessa misura quelli per la libera circolazione delle persone.

 

D. – Per il cristiano, chi è il migrante?

 

R. – La Chiesa ha sempre contemplato nei migranti l’immagine di Cristo che disse: “Ero straniero e mi avete ospitato”.

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AL VIA, OGGI L’ASSEMBLEA PLENARIA

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

A 40 ANNI DALL’ISTITUZIONE DEL SEGRETARIATO PER I NON CRISTIANI

- Intervista con l’arcivescovo Michael Fitzgerald -

 

Si è aperta oggi in Vaticano l’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. I lavori si svolgono a 40 anni dall’istituzione dell’al-lora Segretariato per i non cristiani, l’organismo che nel 1988, con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus di Giovanni Paolo II, si è trasformato nell’attuale dicastero. Di quest’anniversario ci parla il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Michael Fitzgerald, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Fu Paolo VI che nella Pentecoste del 1964 annunciò, durante la sua omelia, l’istituzione di questo organo della Santa Sede per i rapporti con le altre religioni. Era un’espressione della nuova visione della Chiesa, data dal Concilio Vaticano II, una Chiesa - come disse Paolo VI nella sua Lettera enciclica “Ecclesiam suam” - che dev’essere in dialogo con tutti.

 

D. – Cosa è cambiato, in questi quattro decenni, nel dialogo con le altre religioni?

 

R. – Credo che ci sia una nuova coscienza dell’importanza di questo dialogo; il mondo è cambiato, il mondo – specialmente il mondo occidentale - è diventato pluralista e questo dà un’importanza a questi rapporti che devono essere stabiliti tra cattolici, tra cristiani in generale, e persone di altre religioni, anche per favorire la pace nel mondo. E abbiamo visto questo con Giovanni Paolo II che, seguendo l’impulso dato dal Concilio, ha invitato i capi religiosi ad Assisi nell’ottobre del 1986, per pregare per la pace. Questa riunione ad Assisi nel 1986 credo abbia avuto un impatto immenso sul dialogo con le altre religioni. 

 

D. – Come si possono armonizzare la necessità del dialogo da una parte e il dovere dell’annuncio del Vangelo dall’altra?

 

R. – Il Papa ha detto che il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa, dunque è un compito della Chiesa. Io direi che è un’espressione dell’amore di Dio per le persone ed è una forma di rispetto per la loro libertà. Dio non abbandona le persone; Dio invia il suo spirito alle persone, e lo spirito è attivo anche oltre le frontiere della Chiesa e quindi quando entriamo in dialogo con persone di altre religioni, troviamo tra di loro già l’effetto dello Spirito Santo: nei loro cuori ma anche nelle loro tradizioni. Questo non significa che non abbiamo niente da annunciare: certo che dobbiamo annunciare Gesù Cristo! Il dialogo non è una preparazione all’annuncio di Cristo, ma non è opposto a questo stesso annuncio.

 

D. – In questo delicato momento internazionale, come vede lei il dialogo con l’Islam?

 

R. – Si parla spesso dell’Islam perché l’Islam è una religione diffusa nel mondo, è la seconda religione dopo il cristianesimo, e poi ci sono talvolta scontri tra cristiani e musulmani, scontri che non sono necessariamente di origine religiosa ma che assumono una colorazione religiosa. Credo che il dialogo debba essere visto un po’ come una medicina preventiva più che curativa, cioè il dialogo dovrebbe rinforzare il legame tra le comunità religiose, affinché possano resistere agli elementi che vengono dall’esterno e che possono mettere queste comunità in conflitto le une con le altre.

 

D. – Quanto alla strumentalizzazione politica delle religioni, pensa che si possa e come si può porre fine?

 

R. – I politici sono interessati, ora, alla religione, ma è più per una sorta di necessità di controllo, credo. Questo interesse dei politici è, da un lato, positivo ma è anche un pericolo. Noi non dobbiamo lasciarci manipolare da loro. Bisogna cercare di conservare una distanza critica dai governi. Credo che noi dobbiamo essere la voce della giustizia nel mondo, e questo vuol dire anche criticare i nostri governi quando ce n’è necessità. E credo che le diverse religioni debbano parlare insieme quando è possibile, e questo sarebbe un vantaggio.

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DOMENICA 16 MAGGIO, LA CANONIZZAZIONE DI PAOLA ELISABETTA CERIOLI:

 RINUNCIO’ ALLE RICCHEZZE PER DEDICARSI COMPLETAMENTE AI POVERI

- Intervista con padre Angelo Paris -

 

Domenica 16 maggio, come è ormai noto, Giovanni Paolo II proclamerà 6 nuovi santi. Tra questi avremo Paola Elisabetta Cerioli, vissuta nel 1800. Nata a Soncino in provincia di Cremona, 16a figlia di una  nobile famiglia lombarda, sposa un ricco proprietario terriero e diventa madre di 4 figli, tre dei quali persi appena nati. Il quarto morirà a 16 anni di tisi. Una volta vedova, lascia tutti i suoi averi, si fa religiosa e fonda le Congregazioni, maschile e femminile, della Sacra Famiglia, che oggi contano circa 500 religiosi presenti soprattutto in Italia, Brasile e Mozambico. Sulla vita e il carisma di Paola Elisabetta Cerioli, ascoltiamo il postulatore della Causa di canonizzazione, padre Angelo Paris, intervistato da Giovanni Peduto:

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R. – La vita che Costanza Cerioli condusse nella sua famiglia fu una vita di grande esemplarità cristiana, che raccoglieva dai suoi genitori. La mamma appena ebbe la possibilità la condusse con sé  due volte a settimana, per il paese di Soncino, a soccorrere i poveri e a portare loro aiuto. Così facendo esperienza in questo modo della situazione di povertà e di bisogno di tante persone che vivevano a Soncino, ha intravisto che il Signore la voleva attiva nella realtà dei bambini senza padre e senza madre o comunque in una condizione di povertà, per poterli educare, in collegi e orfanotrofi, e prepararli così a vivere nella società.

 

D. – Cosa significa per Elisabetta Cerioli educare i giovani?

 

R. – Significa portarli alla consapevolezza della loro dignità, superando quella situazione di povertà che impediva loro di vivere un futuro, e perché un domani, creando una famiglia, la formassero con valori cristiani e potessero far sì che la società crescesse con principi evangelici.

 

D. – Cosa fanno oggi i due Istituti fondati dalla Cerioli?

 

R. – L’attività principale è sempre quella dell’educazione e formazione dei bam-bini.

 

D. – Il messaggio che lascia oggi Elisabetta Cerioli?

 

R. – Il messaggio è attualissimo e proviene dal suo carisma, che è proprio quello di educare attraverso il modello della Sacra Famiglia. La spinta più forte della sua spiritualità è stata quella di aver meditato la condizione della maternità spirituale di Maria, ai piedi della Croce: in quello stato di dolore della Vergine, Costanza ha visto se stessa, e ha capito che doveva saper non solo staccarsi dal figlio, morto a 16 anni, ma donare tutta se stessa per i ragazzi e le ragazze che aspettavano l’amore di Cristo.

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SCAMBIO DEGLI STRUMENTI DI RATIFICA DELL’ACCORDO

TRA SANTA SEDE E LA CITTÀ DI BREMA

 

Ieri, nella sede della nunziatura apostolica a Berlino, il nunzio apostolico in Germania, mons. Erwin Josef Ender, ed il presidente del Senato e borgomastro di Brema,  Henning Scherf, hanno proceduto allo scambio degli Strumenti di ratifica dell'Accordo, che era stato firmato il 21 novembre 2003 fra la Santa Sede e la Libera Città Anseatica di Brema per regolare i rapporti fra la Chiesa cattolica e questa Città-Land. L'Accordo è entrato in vigore oggi. 

 

 

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto il cardinale Paul Shan Kuo‑hsi, vescovo di Kaohsiung a Taiwan. Quindi, ha ricevuto i partecipanti alla quarta riunione del Consiglio post-sinodale della II assemblea speciale dell’Europa per il Sinodo dei Vescovi.

 

Nelle Filippine, il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Lipa, mons. Ramon C. Arguelles, finora Ordinario militare delle Filippine; ha nominato vescovo di Malolos mons. Jose F. Oliveros, finora vescovo di Boac; ha nominato vescovo di Pagadian il reverendo padre Emmanuel T. Cabajar, già membro del Consiglio generale dei Redentoristi; ha nominato vescovo di San Pablo, mons. Leo M. Drona, finora vescovo di San Jose; ha nominato vescovo coadiutore di Catarman il reverendo Emmanuel C. Trance, già rettore del Seminario minore “St. Vincent Ferrer” dell’arcidiocesi di Jaro.

 

In Colombia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Buenaventura padre Héctor Epalza Quintero, rettore del Seminario maggiore dell’arcidiocesi di Manizales.

 

Nella Repubblica democratica del Congo, il Pontefice ha nominato vescovo della diocesi di Sakania-Kipushi il padre salesiano Gaston Kashala Ruwezi, vicario dell’Ispettoria dell’Africa Centrale.

 

In Canada, ha nominato vescovo di Victoria mons. Richard Gagnon, del clero di Vancouver, vicario generale della medesima arcidiocesi.

 

Sempre oggi, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Niigata in Giappone, presentata da mons. Francis Keiichi Sato, dell’Ordine francescano dei Frati Minori, per sopraggiunti limiti di età. Gli succede padre Tarcisio Isao Kikuchi, superiore provinciale dei Verbiti in Giappone.

 

Ancora in Giappone, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Takamatsu, presentata da mons. Joseph Satoshi Fukahori, per sopraggiunti limiti di età. Gli succede mons. Francis Xavier Osamu Mizobe, salesiano, finora vescovo di Sendai.

 

Infine, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Thare and Nonseng in Thailandia, presentata da mons. Lawrence Khai Saen-Phon-On, per sopraggiunti limiti di età.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la situazione in Iraq, dove non si fermano i cruenti scontri, in particolare a Najaf e a Kerbala.

Allegato al giornale un inserto speciale con il testo dell’Istruzione “Erga migrantes caritas Christi”, del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. All’interno, la conferenza stampa di presentazione del Documento.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai vescovi statunitensi della California, del Nevada e delle Hawaii, Giovanni Paolo II ha sottolineato che la pace e l’armonia tanto anelate dagli individui, dalla famiglia, dalla società possono essere conquistate solo attraverso la conversione e la riconciliazione.

Un articolo dal titolo “Il cardinale John Henry Newman: una vita interamente vissuta nel servizio”: nel Concistoro del 15 maggio di 125 anni fa, Papa Leone XIII lo elevò alla dignità cardinalizia.

 

Nelle estere, per la rubrica dell”Atlante geopolitico” un numero speciale – a cura di Marcello Filotei e di Pierluigi Natalia – sul tema “Le disuguaglianze nell’accesso alle risorse idriche minano le prospettive di pace e di sviluppo”. L’approfondimento riguarda in particolare l’Africa ed il Medio Oriente.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Impagliazzo in merito ad un volume autobiografico del cardinale Fiorenzo Angelini.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il dibattito, in sede politica, sulla crisi irachena. L’opposizione lavora ad una mozione unitaria; la Lista Prodi il 20 chiederà il ritiro delle truppe.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 maggio 2004

 

L’EUROPA SVUOTATA DAI VALORI PORTANTI DELLA SUA IDENTITA’ CRISTIANA

NON SI AMA, PERDE SE STESSA FINO AD ODIARSI:

CONFERENZA DEL CARDINALE JOSEPH RATZINGER AL SENATO ITALIANO

 

I destini dell’Occidente, di fronte alla crisi d’identità che investe il continente europeo. Ne ha parlato ieri pomeriggio il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, invitato dal Senato italiano per una conferenza su “Le radici spirituali dell’Europa: ieri, oggi domani”. Da Erodoto a Carlo Magno, da Bisanzio alla nascita dello Stato moderno, dal socialismo marxista alla civiltà tecnico-secolare diffusa per il mondo intero. Attraverso geografia, storia e teologia il porporato ha ripercorso le tappe su cui è costruita l’identità europea fino ai giorni d’oggi. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Vuota dall’interno, paralizzata … da una crisi del suo sistema circolatorio … che mette a repentaglio la sua vita”. L’immagine inquietante di un’Europa, come appare – ha sottolineato il cardinale Ratzinger – “proprio in questa ora del suo massimo successo”, quando di fronte al “venire meno delle forze spirituali portanti” questo continente sembra avviato anche etnicamente sulla via del congedo. Parole forti, sofferte, per un’analisi lucida, documentata che scuote la coscienza e sollecita la ragione.

 

 “Il confronto con l’Impero Romano al tramonto s’impone” – ha detto il porporato – “funzionava ancora come grande cornice storica, ma in pratica viveva già di quelli che dovevano dissolverlo, poiché esso stesso non aveva più alcuna energia vitale”. Allora “c’è un’identità dell’Europa che abbia un futuro?”.

 

La risposta è complessa, ma ci sono degli “elementi morali fondanti”, “che non dovrebbero mancare” nella Costituzione europea, ha sottolineato il cardinale decano. Anzitutto la dignità e i diritti umani, “valori di ordine supremo”, che “precedono” lo Stato e che sono minacciati “dal cosiddetto progresso della medicina”:

 

“Sia che noi pensiamo alla clonazione, sia che pensiamo alla conservazione dei feti umani a scopo di ricerca e di donazione degli organi, sia che pensiamo a tutto l’ambito della manipolazione genetica, la lenta consunzione della dignità umana che qui ci minaccia non può venire misconosciuta da nessuno. A ciò si aggiungono in maniera crescente il traffico di persone umane, le nuove forme di schiavitù, l’affare del traffico di organi umani a scopo di trapianti ...”.

 

Altro elemento fondante la difesa del matrimonio monogamico e della famiglia, minacciati sempre più da divorzi, convivenze, unioni omosessuali:

 

“Con questa tendenza, si esce fuori dal complesso della storia morale dell’umanità che, nonostante ogni diversità di forme giuridiche del matrimonio, sapeva tuttavia sempre che questo, secondo la sua essenza è la particolare comunione di uomo e donna, che si apre ai figli e così alla famiglia”.

 

Infine la questione religiosa, fondamentale per tutte le culture. Ebbene “c’è qui un odio di sé dell’Occidente che è strano” “è patologico” – ha rimarcato il cardinale Ratzinger - perché l’Occidente tenta sì di aprirsi in maniera lodevole “a valori esterni, ma non ama se stesso, della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che deprecabile e distruttivo mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro.”

        

“Se non facciamo questo, non solo rinneghiamo l’identità dell’Europa, ma finanche veniamo meno ad un servizio agli altri che essi hanno il diritto di avere. Per le culture del mondo, la profanità assoluta che si è andata formando in Occidente è qualcosa di profondamente estraneo. Esse sono convinte che un mondo senza Dio non abbia futuro. Pertanto, proprio la multiculturalità ci chiama a rientrare nuovamente in noi stessi”.

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CHIESA E SOCIETA’

14 maggio 2004

 

 

“SMILITARIZZARE GLI ANIMI”, CAMBIANDO IL LINGUAGGIO DELLA VIOLENZA

CON QUELLO DELLA PACE. E’ L’INVITO DEI VESCOVI DELL’UGANDA AL PAESE

E ALLE AUTORITA’, PERCHE’ CESSI LA GUERRA CIVILE CHE DURA DAL 1986

- A cura di Antonio Mancini -

 

KAMPALA. = “Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questo grande male che affigge il nostro Paese. Non possiamo dire che è stato fatto abbastanza per ristabilire la pace”. Così, in una lettera pastorale, i vescovi dell’Uganda si rivolgono ai governanti e ai loro connazionali per denunciare la guerra civile che dal 1986 affligge la nazione africana. Il forte richiamo alla responsabilità di tutti per porre fine alla guerra civile interna è contenuto nel documento intitolato “Preoccupazione per la pace, l'unità l'armonia in Uganda”. I presuli chiedono a governo e guerriglia di “impegnarsi in modo sincero e onesto in negoziati di pace e di trovare un accordo per il completo cessate il fuoco”. Inoltre, invitano le popolazioni delle regioni interessate dalla guerra a “formare un forte movimento popolare per la pace per esercitare pressioni su esercito e guerriglia perché siedano al tavolo delle trattative. Chiediamo ai donatori ugandesi e stranieri di dare completo supporto al movimento per la pace". Nelle lettera pastorale, i capi della Chiesa ugandese si soffermano ampiamente sulle condizioni politiche, economiche e sociali del Paese. Esplicito l’apprezzamento per il lavoro in atto mirato al raggiungimento di una piena democrazia: “La revisione costituzionale appena conclusa – scrivono - è un segnale che ci stiamo avviando verso la transizione, da un sistema a partito unico a un sistema multipartitico". I vescovi ugandesi richiamano inoltre al pieno rispetto dei diritti umani e all'indipendenza e autonomia del sistema giudiziario e legislativo, raccomandando infine di “smilitarizzare gli animi, sostituendo il linguaggio della violenza con quello della pace”.

 

 

AGENZIE UMANITARIE AL LAVORO NELLA REGIONE SUDANESE DEL DARFUR,

TEATRO DI UN SANGUINOSO CONFLITTO INTERETNICO E INTERRELIGIOSO.

ANCHE IL JESUIT REFUGEE SERVICE HA INVIATO UN TEAM NELL’AREA

 

N’DJAMENA. = Si intensifica l’impegno delle organizzazioni umanitarie internazionali a favore dei profughi sudanesi in Ciad, fuggiti dalle violenze nel Darfur, regione nell’ovest del Sudan. Tra gli organismi più presenti nell’area, vi è il Jesuit Refugee Service (Jrs) che – informa la Fides - su richiesta dell'arcivescovo di N'Djamena, capitale del Ciad, ha inviato un team per analizzare i bisogni dei rifugiati al fine di inviare nei campi uno staff specializzato per fornire servizi sociali e istruzione. Intanto, dopo la missione delle Nazioni Unite – che ha definito le valenze in corso nel Darfur “il regno del terrore” - la Caritas Internationalis “ha lanciato un appello per la raccolta di oltre due milioni di dollari a favore dei rifugiati sudanesi in Ciad”. Secondo un responsabile dell’organismo umanitario, “la situazione nei campi dei rifugiati in Ciad sta deteriorando rapidamente”. Fame e malnutrizione stanno crescendo sia tra i residenti dei campi profughi sia tra coloro che sono ancora in cammino per raggiungere il Ciad dal Sudan. I profughi, si legge nel rapporto, disperati per la carenza di cibo, sono costretti a mangiare le foglie degli alberi. Circa 150 mila sudanesi sono fuggiti dalle violenze in Darfur, riversandosi in Ciad, ma si calcola che vi sia un altro milione di rifugiati interni in Sudan. Le agenzie umanitarie hanno chiesto al governo sudanese di creare un corridoio umanitario nel Darfur per assistere le vittime delle violenze. Anche L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) – si legge in un altro comunicato rilanciato dalla Fides – “è preoccupato per le grandi difficoltà che deve affrontare in una delle più impegnative operazioni umanitarie in corso”. Tra i “principali ostacoli vi sono l'insicurezza e l'isolamento dell'area interessata, che si snoda lungo una fascia di confine di circa 600 chilometri. (A.D.C.)

 

 

LE COMUNITA’ ZINGARE DI ETNIA ROM E SINTI RIUNITE IN OCCASIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DEL MARTIRE GITANO,

ZEFFIRINO JIMENEZ MALLA

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

ROMA. = Come è ormai tradizione, nei giorni scorsi le comunità zingare Rom e Sinti si sono recate in pellegrinaggio al Santuario della Madonna del Divino Amore, vicino Roma, per ricordare il settimo anniversario della beatificazione di Zeffirino Jimenez Malla. Dopo un’esemplare vita cristiana, il gitano fu condannato alla fucilazione durante la guerra civile spagnola per la sua testimonianza di fede in Cristo e nella Chiesa. Quest’anno, l’incontro ha assunto un particolare significato: l’avvio della creazione di uno spazio sacro sul terreno del santuario, quale punto di riferimento per le celebrazione liturgiche delle comunità zingare che desiderano esprimere pubblicamente la propria appartenenza al popolo di Dio. Lo spazio – che verrà inaugurato il prossimo 26 settembre - sarà comunque aperto a tutti, come luogo di incontro, di riconciliazione, di accoglienza e di fraternità. L’opera è concepita alla luce di due principi fondamentali: la glorificazione di Dio in Cristo, morto e risorto per la salvezza universale, e la dignità di ogni uomo e di ogni comunità umana, accolti e valorizzati nella loro cultura. A questa idea si è ispirato l’artista Bruno Morelli nella realizzazione della statua bronzea che raffigura il beato Zeffirino: essa costituirà l’abside della piccola chiesa a cielo aperto, delimitata da dodici blocchi di tufo, a simboleggiare le dodici tribù di Israele e i dodici apostoli.

 

 

L’INQUINAMENTO STA OSCURANDO PROGRESSIVAMENTE LA TERRA.

LO RIVELA UNO STUDIO DELL’UNIVERSITA’ DELLA CALIFORNIA:

DAL ’50 AD OGGI, LE EMISSIONI DI SMOG HANNO RIDOTTO LA LUMINOSITA’ DEL SOLE.

HONG KONG, LA CITTA’ PIU’ COLPITA DAL CALO DELLA LUCE

 

SAN DIEGO. = Non solo l’effetto serra, ora anche l’“effetto buio”. L’inquinamento che soprattutto negli ultimi 50 anni ha fatto sentire il suo pesante condizionamento sulla vita terrestre sarebbe responsabile di un altro serio problema ambientale: quello della progressiva riduzione della luce sul pianeta. Uno studio - che sarà diffuso la prossima settimana a Montreal e condotto da un pool di esperti guidati da Veerabhadran Ramanathan, dell'Università californiana di San Diego - rivela che nella seconda metà del ventesimo secolo la Terra è diventata, letteralmente, un posto sempre più privo di luce. In questo arco di tempo, sostengono gli scienziati, i raggi del sole che raggiungono la superficie del pianeta sono calati circa del dieci per cento, perché le particelle di smog nell'atmosfera riflettono i raggi solari nello spazio e causano la condensazione dell'umidità in nuvole, le quali a loro volta impediscono ulteriormente l'irraggiamento. L’“effetto buio” progredisce con una media del 2-3 per cento all'anno, secondo le misurazioni degli scienziati israeliani Gerald Stanhill e Shabtai Cohen che hanno collaborato allo studio di Ramanathan: alcune regioni del mondo però sono più a rischio di altre e l’oscuramento indotto dall’inquinamento, dati alla mano, influenzerebbe direttamente meteorologia, ambiente, agricoltura. I continenti a “rischio buio” sono soprattutto Europa, Asia e la zona degli Stati Uniti, in modo più accentuato rispetto ad altre aree del globo. E Hong Kong ha, secondo lo studio, il non invidiabile primato di “capitale mondiale del buio”: nella metropoli cinese l'irraggiamento del sole è calato in 50 anni addirittura del 37 per cento. Le dinamiche del global dimming - come e' stato ribattezzato il fenomeno per analogia con il global warming - non sono ancora completamente chiare agli scienziati: anche l'Antartide ad esempio, che dovrebbe essere il luogo del mondo meno inquinato, ha ciononostante registrato un calo di luce. (A.D.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 maggio 2004

 

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

Le violenze nelle carceri irachene ancora sotto i riflettori dell’opinione pubblica mondiale. La visita a sorpresa di ieri del Segretario di Stato americano Donald Rumsfeld nella prigione di Abu Ghraib non ha stemperato i toni della polemica. Vacilla, intanto, la posizione del capo di Governo Britannico, Tony Blair, che in un’intervista al quotidiano londinese “The Indipendent” ha ribadito la sua vicinanza alla politica dell’amministrazione statunitense. E mentre in Iraq è l’ennesima giornata di sangue, spunta un nuovo minaccioso proclama di Al Qaeda, mentre l'amministratore civile in Iraq, l'americano Paul Bremer, ha accennato oggi alla possibilità di un disimpegno statunitense dal Paese. Ce ne parla, in studio, Salvatore Sabatino:

 

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Non era mai accaduto. Per la prima volta gli Stati Uniti accennano alla possibilità di lasciare l’Iraq. “Non è certo possibile restare in un Paese dove non siamo affatto benvenuti'', ha riferito oggi l'amministratore civile americano, Paul Bremer. Il messaggio è chiaro: se il governo provvisorio - che sarà formato dopo il 30 giugno - chiederà a Washington di andare via, la decisione sarà presa, pur negando che l’ipotesi possa verificarsi. Intanto spunta un nuovo messaggio di Al Qaeda. Questa volta a parlare è il capo dell’organizzazione terroristica in Arabia Saudita, Abdulaziz al Muqrin, secondo il quale Al Qaeda aiuta i militanti musulmani in Iraq a combattere contro l'occupazione guidata dagli Stati Uniti. La tensione, dunque, continua a salire, in un termometro che già da troppi mesi segna il clima bollente della guerra. Alle minacce, inoltre, si aggiungono i fatti, con battaglie cruente e sangue che continua a scorrere per le strade del Paese arabo. Gli ultimi episodi parlano di nove iracheni morti negli scontri scoppiati questa mattina a Kerbala e Najaf; tra loro anche due civili finiti sotto il fuoco incrociato dei miliziani di Al Sadr e dell’esercito americano. A Najaf si combatte tutt’ora nel vecchio cimitero, mentre un consigliere del grande ayatollah Sistani ha chiesto alle forze americane e alle milizie sciite radicali di lasciare la città. A Kerbala, invece centinaia di miliziani fedeli al leader radicale sciita sono appostati a protezione dei luoghi santi della città. Per evitare ulteriore spargimento di sangue sono state inoltre annullate tutte le celebrazioni concernenti il venerdì di preghiera. Più a sud, invece, a Nassirya, il capo della sezione locale del movimento di Moqtada el Sadr ha decretato oggi la Jihad, la guerra santa. Ma a livello internazionale continuano ad avere vasta eco le torture nelle carceri irachene, con posizione sempre più vacillante del premier britannico Blair e la dichiarazione del capo del governo australiano Howard, secondo il quale si è trattato di “un colpo allo stomaco per la lotta al terrorismo”. E mentre oltre 300 prigionieri di Abu Ghraib hanno lasciato questa mattina la prigione incriminata, spunta una lettera aperta al presidente Bush da parte di due ex detenuti britannici nella base di Guantanamo, secondo i quali abusi e maltrattamenti a cui gli americani sottopongono gli internati nella base cubana sono gli stessi utilizzati in Iraq.

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La tensione è tornata altissima in Medio Oriente, dopo la decisione di Sharon di autorizzare l’esercito israeliano a distruggere centinaia di case palestinesi a Rafah, presso il confine con l’Egitto. Una ventina le abitazioni demolite questa mattina. Nella zona, stanotte è stato ucciso un attivista che tentava di piazzare una bomba presso la colonia di Rafah Yam. Poco fa, invece, un nuovo raid aereo sempre nella località al confine con l’Egitto,  ha ferito numerosi palestinesi. Aumenta, intanto, di giorno in giorno il numero delle vittime della seconda Intifada. Dal 28 settembre 2000 hanno perso la vita oltre 4000 tra israeliani e palestinesi. 

 

I risultati definitivi delle elezioni legislative svoltesi in India confermano la vittoria a sorpresa del partito del Congresso. Dei 539 seggi assegnati, 214 sono andati al partito di Sonia Gandhi, 187 al partito nazionalista indu Bharatiya Janata Party del premier uscente Vajpayee, che stamane ha rassegnato le dimissioni; i restanti 138 seggi sono invece stati assegnati ai movimenti della sinistra, per lo più vicini al Congresso. A questo punto potrebbe toccare proprio a Sonia Gandhi il compito di  formare il nuovo esecutivo. A tal proposito, il partito del Congresso ha annunciato oggi che c'è consenso all'interno della coalizione sul nome dell’italiana come futuro premier indiano. Il servizio, da New Delhi, di Maria Grazia Coggiola:

 

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Per raggiungere il magico numero di 272 seggi, la maggioranza assoluta, il Congresso ha bisogno di almeno 60-70 seggi che potrebbero arrivare dai partiti comunisti. I partiti delle sinistre in cambio del loro appoggio chiedono però lo stop al programma di privatizzazione, avviato dall’ex governo di Vajpayee. Nella sua breve conferenza stampa di ieri, la 57.enne vedova di Rajiv Gandhi, che da sei anni guida l’opposizione, non ha detto se aspira veramente a diventare primo ministro. La campagna elettorale è stata caratterizzata da ripetuti attacchi alle sue origini italiane, soprattutto dai gruppi di destra che erano parte della coalizione di governo. Si è limitata a dire che intende formare un governo stabile e che proseguirà il dialogo con il Pakistan. Il Bharatiya Janata Party ha subìto una bruciante sconfitta: 25 ministri dell’ex governo non sono stati rieletti e per il leader, il 79.enne Vajpayee, che voleva passare alla storia come l’artefice della pace con il Pakistan, è probabilmente la fine della sua carriera politica.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Nuove gravi violenze in Nigeria. Un numero imprecisato di persone – cinque o seicento stando a fonti locali non ufficiali – hanno perso la vita in due giorni di feroci scontri a Kano, nel nord del Paese africano. Secondo alcuni, si tratterebbe di una rappresaglia di gruppi radicali islamici per una strage compiuta la settimana scorsa in una regione centrale del Paese contro gruppi etnici a maggioranza cristiana. Ma sui motivi di questi massacri Giancarlo La Vella ha sentito  mons. Ignazio Kaigama, vescovo di Jos, nel nord-ovest della Nigeria:

 

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R. – Mi sembra che la ragione sia economica e politica. Molti dicono che questa sia una guerra religiosa. Ma non è così. Adesso i nostri preti sono ancora lì con la gente e se fosse un conflitto di natura religiosa saremmo tutti coinvolti. Invece è un problema tra i gruppi etnici, sia pure di maggioranza musulmana, ed altre tribù, in maggior parte cristiane. E’ una lotta tra gruppi estremamente poveri e non religiosa.

 

D. – Mons. Kaigama, è vero che ci sono migliaia di persone che stanno fuggendo dalla guerra e stanno andando via dalle loro terre?

 

R. – Sì, ma non sono migliaia. Il centro dov’è esplosa la violenza è una piccola città. Sono sicuro che non ci sono più di 2 mila persone. Le notizie dicono che sono state uccise più di 600 persone, ma non è vero, perché si tratta di una popolazione estremamente esigua. Forse è lecito pensare che molte persone siano fuggite e di esse non si sa nulla. Certamente, sono state uccise delle persone, ma il numero non è così alto, come dicono le notizie.

 

D. – La Chiesa sta facendo qualcosa per aiutare chi sta soffrendo in questa emergenza?

 

R. – Sì, siamo estremamente coinvolti in questo problema. Le 5 parrocchie della zona colpita dal conflitto sono state distrutte in questa guerra, ma, per il momento, i nostri sacerdoti sono ancora lì e rappresentano una forte testimonianza della Chiesa in questo drammatico frangente. Diverse persone hanno donato vestiario, denaro, cibo per aiutare la popolazione civile.

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È forte lo scontro politico in Myanmar, l’antica Birmania. L’opposizione ha annunciato stamattina che non parteciperà alla Convenzione nazionale convocata dalla giunta militare per scrivere la nuova Costituzione. La decisione è stata presa dai vertici della Lega nazionale per la democrazia, partito di Aung San Suu Kyi, per protestare contro il rifiuto del governo di liberare dagli arresti domiciliari il premio Nobel per la Pace.

 

Interruzione dei rapporti militari con la Corea del Nord, la Siria e l'Iran. E’ quanto ha deciso ieri la Libia, proseguendo sulla strada del dialogo con gli Stati Uniti dopo la rinuncia alle armi di distruzione di massa. Ad annunciarlo il sottosegretario di stato John Bolton. I tre Paesi appaiono, infatti, nella lista nera di Washington per la proliferazione di armi nucleari.

 

La Corte costituzionale sudcoreana ha respinto la mozione di impeachment presentata dall’opposizione contro il presidente, Roh Moo Hyun. l giudici hanno riconsegnato al capo dello Stato tutti i poteri istituzionali e le redini del Paese, dopo due mesi di vuoto politico.

 

 

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