RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 135 - Testo della trasmissione di venerdì 14 maggio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Scambio degli
strumenti di ratifica dell’accordo tra Santa Sede e la città di Brema.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
L’amministrazione civile americano in Iraq, Paul
Bremer, parla della possibilità che gli Stati Uniti lascino il Paese. Ancora
polemiche sulle torture ad Abu Ghraib. Oltre 300 prigionieri lasciano la
prigione delle torture
Cresce il consenso intorno a una candidatura alla premiership dell'India di
Sonia Gandhi, dopo la vittoria del suo partito nelle elezioni legislative.
14
maggio 2004
NELLA
RICERCA DELLA SANTITA’, I VESCOVI RIFIUTINO OGNI TENTAZIONE
DI
CARRIERISMO: COSI’, IL PAPA AD UN GRUPPO DI PRESULI AMERICANI
RICEVUTI
IN VISITA AD LIMINA. IL PONTEFICE HA SOTTOLINEATO LA CENTRALITA’
DEL
SACRAMENTO DELLA CONFESSIONE,
QUALE
MEZZO NECESSARIO ALLA RICONCILIAZIONE CON DIO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
La credibilità della Chiesa nel proclamare la Buona
Novella è “intimamente legata all’impegno dei suoi membri alla personale
santificazione”. E’ la riflessione offerta stamani dal Papa ad un gruppo di
vescovi degli Stati Uniti, ricevuti in Vaticano al termine della visita ad
limina. La Chiesa, ha rilevato, “ha sempre bisogno di purificazione ed è
per questo che deve costantemente seguire il sentiero della penitenza e del
rinnovamento”. Il Papa si è, inoltre, soffermato sulla presenza del peccato
negli individui e nella società odierna sottolineando la centralità del
Sacramento della Confessione quale strumento per riconciliarsi con Dio. Il
servizio di Alessandro Gisotti:
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Giovanni Paolo II ha esortato i presuli americani ad
essere in prima linea nel viaggio spirituale della santificazione. Il servizio
episcopale, segnato dalla ricerca personale di santità, ha avvertito, richiede
un modello di vita che “rifiuti in modo inequivocabile ogni tentazione di
carrierismo e ostentazione”, ma segua piuttosto la carità pastorale, l’umiltà e
la semplicità. D’altro canto, ha affermato il Pontefice, va oggi affrontata con
particolare urgenza la “crisi della perdita di senso del peccato”. Mentre gli
effetti del peccato abbondano, ha constatato, – dalla disonestà alla
corruzione, dallo sfruttamento delle persone, ancora alla pornografia e la
violenza – il riconoscimento individuale dell’essere peccatori è andato
scemando. Al suo posto, ha aggiunto, si è affermata un’inquietante cultura che
“parla più di vendetta che di giustizia”, mancando di riconoscere come in ogni
essere umano “sia presente una ferita, che, alla luce della fede, chiamiamo
peccato originale”.
Il peccato è,
dunque, parte della persona e proprio nel riconoscersi peccatori si compie il
primo passo essenziale per tornare all’amore salvifico di Dio. Per questo, ha
detto il Papa, è compito dei vescovi “indicare la triste e distruttiva presenza
del peccato”. Un servizio di speranza, ha sottolineato, giacché spinge i
credenti ad abbandonare il male per abbracciare la perfezione dell’amore e la
pienezza della vita cristiana. Ha così evidenziato l’urgenza della conversione,
“frutto del perdono e costitutiva di una genuina riconciliazione” per
raggiungere quella pace ed armonia duratura, così ricercata dagli individui,
dalle famiglie e dall’intera società. Quindi, ricordando la parabola del
figliol prodigo, ha evidenziato come anche se tentati di separarci dal Padre,
allo stesso modo possiamo avere il coraggio di tornare a Lui, che ci accoglie
con amore.
Di qui, il richiamo del Papa ai vescovi, affinché
promuovano il Sacramento della Penitenza, unico modo per il fedele di
riconciliarsi con Dio e la Chiesa. Soprattutto in un tempo nel quale questo
Sacramento viene spesso considerato con indifferenza. Armatevi di maggiore
fiducia, creatività e perseveranza nel presentare la Confessione, ha esortato
il Santo Padre, perché “il tempo speso nel confessionale è un tempo dedicato al
servizio del patrimonio spirituale della Chiesa e per la salvezza delle anime”.
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LA
CHIESA CATTOLICA INVITA AD UNA CULTURA DELL’ACCOGLIENZA
VERSO
GLI IMMIGRATI: COSI’ LA NUOVA ISTRUZIONE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER I
MIGRANTI DAL TITOLO “ERGA MIGRANTES CARITAS CHRISTI”,
PRESENTATA
STAMANI IN SALA STAMPA VATICANA
-
Intervista con mons. Agostino Marchetto -
La Chiesa cattolica invita ad una cultura dell’accoglienza
verso gli immigrati, al rispetto dei loro diritti e a superare paure e
insicurezze.
L’esortazione è contenuta nella nuova Istruzione del
Pontificio Consiglio per i migranti dal titolo “Erga Migrantes Caritas
Christi” (La carità di Cristo verso i migranti), presentata questa mattina
nella Sala Stampa della Santa Sede dal cardinale Stephen Fumio Hamao e da mons.
Agostino Marchetto, rispettivamente presidente e segretario del dicastero. Il
servizio di Sergio Centofanti.
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I migranti, rileva il documento hanno diritto al
ricongiungimento familiare, all’educazione dei figli, all’alloggio, al lavoro,
e a varie forme di partecipazione nella
società in arrivo”.
La cultura dell’accoglienza e del dialogo è un “dovere”
per tutti ma in particolare per i cristiani. Forte la condanna di razzismo e
xenofobia e l’esortazione a superare paure e insicurezze.
L’invito al dialogo non è però disgiunto da alcune
raccomandazioni: l’Istruzione sconsiglia i matrimoni tra cattolici e immigrati
non cristiani, “pur con variata intensità” secondo le religioni. Un capitolo
particolare è dedicato ai matrimoni tra donne cattoliche e musulmani, una
riflessione – si dice – frutto di “amare esperienze”.
L’Istruzione rileva quindi i valori in comune con l’Islam,
ma sottolinea anche le divergenze, prendendo in considerazione le acquisizioni
legittime della modernità, specialmente nel campo dei diritti umani: a questo
proposito il documento vaticano auspica “da parte dei nostri fratelli e sorelle
musulmani una crescente presa di coscienza che è imprescindibile l’esercizio
delle libertà fondamentali, dei diritti inviolabili della persona, della pari
dignità della donna e dell’uomo, del principio democratico nel governo della
società e della sana laicità dello Stato. Si dovrà altresì raggiungere
un’armonia tra visione di fede e giusta autonomia del creato”.
“Nelle relazioni tra cristiani e aderenti ad altre
religioni - continua l’Istruzione vaticana - riveste … grande importanza il
principio della reciprocità, intesa non come un atteggiamento puramente
rivendicativo, ma quale relazione fondata sul rispetto reciproco e sulla
giustizia nei trattamenti giuridico‑religiosi. La reciprocità è anche un
atteggiamento del cuore e dello spirito, che ci rende capaci di vivere insieme
e ovunque in parità di diritti e di doveri. Una sana reciprocità spinge
ciascuno a diventare “avvocato” dei diritti delle minoranze dove la propria
comunità religiosa è maggioritaria. Si pensi in questo caso anche ai numerosi
migranti cristiani in Paesi con maggioranza non cristiana della popolazione,
dove il diritto alla libertà religiosa è fortemente ristretto o conculcato”.
Inoltre per “evitare … confusioni, considerate le
diversità religiose … per rispetto ai propri luoghi sacri e anche alla
religione dell’altro”, l’Istruzione non ritiene opportuno “che quelli cattolici
‑ chiese, cappelle, luoghi di culto, locali riservati alle attività
specifiche della evangelizzazione e della pastorale ‑ siano messi a
disposizione di appartenenti a religioni non cristiane”. Gli spazi di tipo
sociale, invece - quelli per il tempo libero, il gioco ed altri momenti di
socializzazione - potrebbero e dovrebbero rimanere aperti a persone di altre
religioni, come “un’occasione per favorire l’integrazione dei nuovi arrivati e
preparare mediatori culturali capaci di favorire il superamento delle barriere
culturali e religiose promuovendo una adeguata conoscenza reciproca”.
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Mons. Agostino Marchetto ha ricordato che attualmente nel
mondo i migranti sono 175 milioni. A questi vanno aggiunti 18 milioni di
profughi e 25 milioni di sfollati. Ma sul messaggio centrale della nuova
Istruzione ascoltiamo lo stesso mons. Marchetto, intervistato da Giovanni
Peduto:
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R. – Dobbiamo essere tutti infiammati dalla carità di
Cristo per affrontare in modo cristiano
le sfide che ci attendono come Chiesa e come membri della società nel
campo migratorio che diventa sempre più importante. La lettura dell’Istruzione
rivela poi grandi acquisizioni teologiche e pastorali. Ci si riferisce alla
centralità della persona – per esempio – nelle migrazioni stesse, alla
valutazione del contributo pastorale dei laici, degli Istituti religiosi, al
valore delle culture nell’opera di evangelizzazione, alla tutela, alla valorizzazione
delle minoranze anche all’interno della Chiesa cattolica, all’importanza del dialogo
“intra” ed “extra”-ecclesiale, e infine allo specifico contributo che la
migrazione potrebbe offrire alla pace universale.
D. – Cosa non fanno gli Stati di fronte alla drammatica
situazione di tanti migranti?
R. – Io preferirei dire cosa debbono fare e cioè:
dovrebbero proteggere i diritti di tutti i lavoratori migranti ed i membri
delle loro famiglie. Ma il fenomeno migratorio solleva soprattutto una vera e
propria questione etica: quella della ricerca di un nuovo ordine economico
mondiale, internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra,
nella ricerca di un nuovo ordine economico mondiale che contribuirebbe non poco
– del resto – a ridurre e moderare i flussi di una numerosa parte della popolazione
in difficoltà.
D. – La globalizzazione in corso aiuta o aggrava la
situazione dei migranti?
R. – L’evento della globalizzazione ha aperto i mercati ma
non le frontiere; ha abbattuto i confini per la libera circolazione
dell’informazione e dei capitali, ma non nella stessa misura quelli per la
libera circolazione delle persone.
D. – Per il cristiano, chi è il migrante?
R. – La Chiesa ha sempre contemplato nei migranti
l’immagine di Cristo che disse: “Ero straniero e mi avete ospitato”.
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AL VIA, OGGI L’ASSEMBLEA PLENARIA
DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
A 40
ANNI DALL’ISTITUZIONE DEL SEGRETARIATO PER I NON CRISTIANI
-
Intervista con l’arcivescovo Michael Fitzgerald -
Si è aperta oggi in Vaticano l’assemblea plenaria del
Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. I lavori si svolgono a 40
anni dall’istituzione dell’al-lora Segretariato per i non cristiani,
l’organismo che nel 1988, con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus di
Giovanni Paolo II, si è trasformato nell’attuale dicastero. Di quest’anniversario
ci parla il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso,
l’arcivescovo Michael Fitzgerald, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Fu Paolo
VI che nella Pentecoste del 1964 annunciò, durante la sua omelia, l’istituzione
di questo organo della Santa Sede per i rapporti con le altre religioni. Era
un’espressione della nuova visione della Chiesa, data dal Concilio Vaticano II,
una Chiesa - come disse Paolo VI nella sua Lettera enciclica “Ecclesiam suam” -
che dev’essere in dialogo con tutti.
D. – Cosa è cambiato, in questi quattro decenni, nel
dialogo con le altre religioni?
R. – Credo che
ci sia una nuova coscienza dell’importanza di questo dialogo; il mondo è
cambiato, il mondo – specialmente il mondo occidentale - è diventato pluralista
e questo dà un’importanza a questi rapporti che devono essere stabiliti tra
cattolici, tra cristiani in generale, e persone di altre religioni, anche per
favorire la pace nel mondo. E abbiamo visto questo con Giovanni Paolo II che,
seguendo l’impulso dato dal Concilio, ha invitato i capi religiosi ad Assisi
nell’ottobre del 1986, per pregare per la pace. Questa riunione ad Assisi nel
1986 credo abbia avuto un impatto immenso sul dialogo con le altre
religioni.
D. – Come si
possono armonizzare la necessità del dialogo da una parte e il dovere
dell’annuncio del Vangelo dall’altra?
R. – Il Papa ha
detto che il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice
della Chiesa, dunque è un compito della Chiesa. Io direi che è un’espressione
dell’amore di Dio per le persone ed è una forma di rispetto per la loro
libertà. Dio non abbandona le persone; Dio invia il suo spirito alle persone, e
lo spirito è attivo anche oltre le frontiere della Chiesa e quindi quando entriamo
in dialogo con persone di altre religioni, troviamo tra di loro già l’effetto
dello Spirito Santo: nei loro cuori ma anche nelle loro tradizioni. Questo non
significa che non abbiamo niente da annunciare: certo che dobbiamo annunciare
Gesù Cristo! Il dialogo non è una preparazione all’annuncio di Cristo, ma non è
opposto a questo stesso annuncio.
D. – In questo delicato momento
internazionale, come vede lei il dialogo con l’Islam?
R. – Si parla
spesso dell’Islam perché l’Islam è una religione diffusa nel mondo, è la seconda
religione dopo il cristianesimo, e poi ci sono talvolta scontri tra cristiani e
musulmani, scontri che non sono necessariamente di origine religiosa ma che assumono
una colorazione religiosa. Credo che il dialogo debba essere visto un po’ come
una medicina preventiva più che curativa, cioè il dialogo dovrebbe rinforzare
il legame tra le comunità religiose, affinché possano resistere agli elementi
che vengono dall’esterno e che possono mettere queste comunità in conflitto le
une con le altre.
D. – Quanto
alla strumentalizzazione politica delle religioni, pensa che si possa e come si
può porre fine?
R. – I politici sono interessati, ora, alla religione, ma
è più per una sorta di necessità di controllo, credo. Questo interesse dei politici
è, da un lato, positivo ma è anche un pericolo. Noi non dobbiamo lasciarci
manipolare da loro. Bisogna cercare di conservare una distanza critica dai
governi. Credo che noi dobbiamo essere la voce della giustizia nel mondo, e
questo vuol dire anche criticare i nostri governi quando ce n’è necessità. E
credo che le diverse religioni debbano parlare insieme quando è possibile, e
questo sarebbe un vantaggio.
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DOMENICA 16 MAGGIO, LA CANONIZZAZIONE DI PAOLA
ELISABETTA CERIOLI:
RINUNCIO’ ALLE RICCHEZZE PER DEDICARSI
COMPLETAMENTE AI POVERI
-
Intervista con padre Angelo Paris -
Domenica 16 maggio, come è ormai noto, Giovanni Paolo II
proclamerà 6 nuovi santi. Tra questi avremo Paola Elisabetta Cerioli, vissuta
nel 1800. Nata a Soncino in provincia di Cremona, 16a figlia di una nobile famiglia lombarda, sposa un ricco
proprietario terriero e diventa madre di 4 figli, tre dei quali persi appena
nati. Il quarto morirà a 16 anni di tisi. Una volta vedova, lascia tutti i suoi
averi, si fa religiosa e fonda le Congregazioni, maschile e femminile, della
Sacra Famiglia, che oggi contano circa 500 religiosi presenti soprattutto in
Italia, Brasile e Mozambico. Sulla vita e il carisma di Paola Elisabetta
Cerioli, ascoltiamo il postulatore della Causa di canonizzazione, padre Angelo
Paris, intervistato da Giovanni Peduto:
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R. – La vita che Costanza Cerioli condusse nella sua
famiglia fu una vita di grande esemplarità cristiana, che raccoglieva dai suoi
genitori. La mamma appena ebbe la possibilità la condusse con sé due volte a settimana, per il paese di
Soncino, a soccorrere i poveri e a portare loro aiuto. Così facendo esperienza
in questo modo della situazione di povertà e di bisogno di tante persone che
vivevano a Soncino, ha intravisto che il Signore la voleva attiva nella realtà
dei bambini senza padre e senza madre o comunque in una condizione di povertà,
per poterli educare, in collegi e orfanotrofi, e prepararli così a vivere nella
società.
D. – Cosa significa per Elisabetta Cerioli educare i
giovani?
R. – Significa portarli alla consapevolezza della loro
dignità, superando quella situazione di povertà che impediva loro di vivere un
futuro, e perché un domani, creando una famiglia, la formassero con valori
cristiani e potessero far sì che la società crescesse con principi evangelici.
D. – Cosa fanno oggi i due Istituti fondati dalla Cerioli?
R. – L’attività principale è sempre quella dell’educazione
e formazione dei bam-bini.
D. – Il messaggio che lascia oggi Elisabetta Cerioli?
R. – Il messaggio è attualissimo e proviene dal suo
carisma, che è proprio quello di educare attraverso il modello della Sacra
Famiglia. La spinta più forte della sua spiritualità è stata quella di aver
meditato la condizione della maternità spirituale di Maria, ai piedi della
Croce: in quello stato di dolore della Vergine, Costanza ha visto se stessa, e
ha capito che doveva saper non solo staccarsi dal figlio, morto a 16 anni, ma
donare tutta se stessa per i ragazzi e le ragazze che aspettavano l’amore di Cristo.
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SCAMBIO DEGLI STRUMENTI DI RATIFICA DELL’ACCORDO
TRA
SANTA SEDE E LA CITTÀ DI BREMA
Ieri, nella sede della nunziatura apostolica a Berlino, il
nunzio apostolico in Germania, mons. Erwin Josef Ender, ed il presidente del
Senato e borgomastro di Brema, Henning
Scherf, hanno proceduto allo scambio degli Strumenti di ratifica dell'Accordo,
che era stato firmato il 21 novembre 2003 fra la Santa Sede e la Libera Città
Anseatica di Brema per regolare i rapporti fra la Chiesa cattolica e questa Città-Land. L'Accordo
è entrato in vigore oggi.
ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Nel
corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto il cardinale Paul Shan Kuo‑hsi,
vescovo di Kaohsiung a Taiwan. Quindi, ha ricevuto i partecipanti alla quarta
riunione del Consiglio post-sinodale della II assemblea speciale dell’Europa
per il Sinodo dei Vescovi.
Nelle Filippine, il Papa ha nominato arcivescovo
metropolita di Lipa, mons. Ramon C. Arguelles, finora Ordinario militare delle
Filippine; ha nominato vescovo di Malolos mons. Jose F. Oliveros, finora
vescovo di Boac; ha nominato vescovo di Pagadian il reverendo padre Emmanuel T.
Cabajar, già membro del Consiglio generale dei Redentoristi; ha nominato
vescovo di San Pablo, mons. Leo M. Drona, finora vescovo di San Jose; ha nominato
vescovo coadiutore di Catarman il reverendo Emmanuel C. Trance, già rettore del
Seminario minore “St. Vincent Ferrer” dell’arcidiocesi di Jaro.
In Colombia, il Santo Padre ha
nominato vescovo di Buenaventura padre Héctor Epalza Quintero, rettore del
Seminario maggiore dell’arcidiocesi di Manizales.
Nella Repubblica democratica del
Congo, il Pontefice ha nominato vescovo della diocesi di Sakania-Kipushi il
padre salesiano Gaston Kashala Ruwezi, vicario dell’Ispettoria dell’Africa
Centrale.
In Canada, ha nominato vescovo di Victoria mons. Richard
Gagnon, del clero di Vancouver, vicario generale della medesima arcidiocesi.
Sempre oggi, il Santo Padre ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Niigata in
Giappone, presentata da mons. Francis Keiichi Sato, dell’Ordine francescano dei
Frati Minori, per sopraggiunti limiti di età. Gli succede padre Tarcisio Isao Kikuchi,
superiore provinciale dei Verbiti in Giappone.
Ancora in Giappone, il Papa ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Takamatsu,
presentata da mons. Joseph Satoshi Fukahori, per sopraggiunti limiti di
età. Gli succede mons. Francis Xavier Osamu Mizobe, salesiano, finora
vescovo di Sendai.
Infine, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo
pastorale dell’arcidiocesi di Thare and Nonseng in Thailandia, presentata da
mons. Lawrence Khai Saen-Phon-On, per
sopraggiunti limiti di età.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina la situazione in Iraq, dove non si
fermano i cruenti scontri, in particolare a Najaf e a Kerbala.
Allegato al giornale un inserto
speciale con il testo dell’Istruzione “Erga migrantes caritas Christi”, del
Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. All’interno,
la conferenza stampa di presentazione del Documento.
Nelle vaticane, nel discorso ai
vescovi statunitensi della California, del Nevada e delle Hawaii, Giovanni
Paolo II ha sottolineato che la pace e l’armonia tanto anelate dagli individui,
dalla famiglia, dalla società possono essere conquistate solo attraverso la
conversione e la riconciliazione.
Un articolo dal titolo “Il
cardinale John Henry Newman: una vita interamente vissuta nel servizio”: nel
Concistoro del 15 maggio di 125 anni fa, Papa Leone XIII lo elevò alla dignità
cardinalizia.
Nelle estere, per la rubrica
dell”Atlante geopolitico” un numero speciale – a cura di Marcello Filotei e di
Pierluigi Natalia – sul tema “Le disuguaglianze nell’accesso alle risorse
idriche minano le prospettive di pace e di sviluppo”. L’approfondimento
riguarda in particolare l’Africa ed il Medio Oriente.
Nella pagina culturale, un
articolo di Marco Impagliazzo in merito ad un volume autobiografico del
cardinale Fiorenzo Angelini.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il dibattito, in sede politica, sulla crisi irachena. L’opposizione
lavora ad una mozione unitaria; la Lista Prodi il 20 chiederà il ritiro delle
truppe.
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14
maggio 2004
L’EUROPA
SVUOTATA DAI VALORI PORTANTI DELLA SUA IDENTITA’ CRISTIANA
NON SI
AMA, PERDE SE STESSA FINO AD ODIARSI:
CONFERENZA
DEL CARDINALE JOSEPH RATZINGER AL SENATO ITALIANO
I
destini dell’Occidente, di fronte alla crisi d’identità che investe il
continente europeo. Ne ha parlato ieri pomeriggio il cardinale Joseph Ratzinger,
prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, invitato dal Senato
italiano per una conferenza su “Le radici spirituali dell’Europa: ieri, oggi
domani”. Da Erodoto a Carlo Magno, da Bisanzio alla nascita dello Stato
moderno, dal socialismo marxista alla civiltà tecnico-secolare diffusa per il
mondo intero. Attraverso geografia, storia e teologia il porporato ha
ripercorso le tappe su cui è costruita l’identità europea fino ai giorni
d’oggi. Il servizio di Roberta Gisotti:
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“Vuota
dall’interno, paralizzata … da una crisi del suo sistema circolatorio … che
mette a repentaglio la sua vita”. L’immagine inquietante di un’Europa, come
appare – ha sottolineato il cardinale Ratzinger – “proprio in questa ora del
suo massimo successo”, quando di fronte al “venire meno delle forze spirituali
portanti” questo continente sembra avviato anche etnicamente sulla via del
congedo. Parole forti, sofferte, per un’analisi lucida, documentata che scuote
la coscienza e sollecita la ragione.
“Il confronto con l’Impero Romano al tramonto
s’impone” – ha detto il porporato – “funzionava ancora come grande cornice
storica, ma in pratica viveva già di quelli che dovevano dissolverlo, poiché
esso stesso non aveva più alcuna energia vitale”. Allora “c’è un’identità
dell’Europa che abbia un futuro?”.
La
risposta è complessa, ma ci sono degli “elementi morali fondanti”, “che non
dovrebbero mancare” nella Costituzione europea, ha sottolineato il cardinale
decano. Anzitutto la dignità e i diritti umani, “valori di ordine supremo”, che
“precedono” lo Stato e che sono minacciati “dal cosiddetto progresso della medicina”:
“Sia
che noi pensiamo alla clonazione, sia che pensiamo alla conservazione dei feti
umani a scopo di ricerca e di donazione degli organi, sia che pensiamo a tutto
l’ambito della manipolazione genetica, la lenta consunzione della dignità umana
che qui ci minaccia non può venire misconosciuta da nessuno. A ciò si
aggiungono in maniera crescente il traffico di persone umane, le nuove forme di
schiavitù, l’affare del traffico di organi umani a scopo di trapianti ...”.
Altro
elemento fondante la difesa del matrimonio monogamico e della famiglia,
minacciati sempre più da divorzi, convivenze, unioni omosessuali:
“Con questa
tendenza, si esce fuori dal complesso della storia morale dell’umanità che,
nonostante ogni diversità di forme giuridiche del matrimonio, sapeva tuttavia
sempre che questo, secondo la sua essenza è la particolare comunione di uomo e
donna, che si apre ai figli e così alla famiglia”.
Infine
la questione religiosa, fondamentale per tutte le culture. Ebbene “c’è qui un
odio di sé dell’Occidente che è strano” “è patologico” – ha rimarcato il
cardinale Ratzinger - perché l’Occidente tenta sì di aprirsi in maniera
lodevole “a valori esterni, ma non ama se stesso, della sua propria storia vede
oramai soltanto ciò che deprecabile e distruttivo mentre non è più in grado di
percepire ciò che è grande e puro.”
“Se non
facciamo questo, non solo rinneghiamo l’identità dell’Europa, ma finanche
veniamo meno ad un servizio agli altri che essi hanno il diritto di avere. Per
le culture del mondo, la profanità assoluta che si è andata formando in
Occidente è qualcosa di profondamente estraneo. Esse sono convinte che un mondo
senza Dio non abbia futuro. Pertanto, proprio la multiculturalità ci chiama a
rientrare nuovamente in noi stessi”.
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14
maggio 2004
“SMILITARIZZARE
GLI ANIMI”, CAMBIANDO IL LINGUAGGIO DELLA VIOLENZA
CON
QUELLO DELLA PACE. E’ L’INVITO DEI VESCOVI DELL’UGANDA AL PAESE
E ALLE
AUTORITA’, PERCHE’ CESSI LA GUERRA CIVILE CHE DURA DAL 1986
- A
cura di Antonio Mancini -
KAMPALA. = “Non possiamo rimanere in silenzio di
fronte a questo grande male che affigge il nostro Paese. Non possiamo dire che
è stato fatto abbastanza per ristabilire la pace”. Così, in una lettera
pastorale, i vescovi dell’Uganda si rivolgono ai governanti e ai loro
connazionali per denunciare la guerra civile che dal 1986 affligge la nazione
africana. Il forte richiamo alla responsabilità di tutti per porre fine alla
guerra civile interna è contenuto nel documento intitolato “Preoccupazione per
la pace, l'unità l'armonia in Uganda”. I presuli chiedono a governo e
guerriglia di “impegnarsi in modo sincero e onesto in negoziati di pace e di trovare
un accordo per il completo cessate il fuoco”. Inoltre, invitano le popolazioni
delle regioni interessate dalla guerra a “formare un forte movimento popolare
per la pace per esercitare pressioni su esercito e guerriglia perché siedano al
tavolo delle trattative. Chiediamo ai donatori ugandesi e stranieri di dare
completo supporto al movimento per la pace". Nelle lettera pastorale, i
capi della Chiesa ugandese si soffermano ampiamente sulle condizioni politiche,
economiche e sociali del Paese. Esplicito l’apprezzamento per il lavoro in atto
mirato al raggiungimento di una piena democrazia: “La revisione costituzionale
appena conclusa – scrivono - è un segnale che ci stiamo avviando verso la
transizione, da un sistema a partito unico a un sistema multipartitico". I
vescovi ugandesi richiamano inoltre al pieno rispetto dei diritti umani e
all'indipendenza e autonomia del sistema giudiziario e legislativo,
raccomandando infine di “smilitarizzare gli animi, sostituendo il linguaggio della
violenza con quello della pace”.
AGENZIE
UMANITARIE AL LAVORO NELLA REGIONE SUDANESE DEL DARFUR,
TEATRO
DI UN SANGUINOSO CONFLITTO INTERETNICO E INTERRELIGIOSO.
ANCHE
IL JESUIT REFUGEE SERVICE HA INVIATO UN TEAM NELL’AREA
N’DJAMENA.
= Si intensifica l’impegno delle organizzazioni umanitarie internazionali a favore
dei profughi sudanesi in Ciad, fuggiti dalle violenze nel Darfur, regione
nell’ovest del Sudan. Tra gli organismi più presenti nell’area, vi è il Jesuit
Refugee Service (Jrs) che – informa la Fides - su richiesta
dell'arcivescovo di N'Djamena, capitale del Ciad, ha inviato un team per
analizzare i bisogni dei rifugiati al fine di inviare nei campi uno staff specializzato
per fornire servizi sociali e istruzione. Intanto, dopo la missione delle
Nazioni Unite – che ha definito le valenze in corso nel Darfur “il regno del
terrore” - la Caritas Internationalis “ha lanciato un appello per la raccolta
di oltre due milioni di dollari a favore dei rifugiati sudanesi in Ciad”. Secondo
un responsabile dell’organismo umanitario, “la situazione nei campi dei
rifugiati in Ciad sta deteriorando rapidamente”. Fame e malnutrizione stanno
crescendo sia tra i residenti dei campi profughi sia tra coloro che sono ancora
in cammino per raggiungere il Ciad dal Sudan. I profughi, si legge nel
rapporto, disperati per la carenza di cibo, sono costretti a mangiare le foglie
degli alberi. Circa 150 mila sudanesi sono fuggiti dalle violenze in Darfur,
riversandosi in Ciad, ma si calcola che vi sia un altro milione di rifugiati
interni in Sudan. Le agenzie umanitarie hanno chiesto al governo sudanese di
creare un corridoio umanitario nel Darfur per assistere le vittime delle
violenze. Anche L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(Unhcr) – si legge in un altro comunicato rilanciato dalla Fides – “è
preoccupato per le grandi difficoltà che deve affrontare in una delle più
impegnative operazioni umanitarie in corso”. Tra i “principali ostacoli vi sono
l'insicurezza e l'isolamento dell'area interessata, che si snoda lungo una
fascia di confine di circa 600 chilometri. (A.D.C.)
LE
COMUNITA’ ZINGARE DI ETNIA ROM E SINTI RIUNITE IN OCCASIONE DELL’ANNIVERSARIO
DELLA BEATIFICAZIONE DEL MARTIRE GITANO,
ZEFFIRINO
JIMENEZ MALLA
- A cura
di Giancarlo La Vella -
ROMA. = Come è ormai tradizione, nei giorni scorsi le
comunità zingare Rom e Sinti si sono recate in pellegrinaggio al Santuario
della Madonna del Divino Amore, vicino Roma, per ricordare il settimo
anniversario della beatificazione di Zeffirino Jimenez Malla. Dopo un’esemplare
vita cristiana, il gitano fu condannato alla fucilazione durante la guerra civile
spagnola per la sua testimonianza di fede in Cristo e nella Chiesa. Quest’anno,
l’incontro ha assunto un particolare significato: l’avvio della creazione di
uno spazio sacro sul terreno del santuario, quale punto di riferimento per le
celebrazione liturgiche delle comunità zingare che desiderano esprimere
pubblicamente la propria appartenenza al popolo di Dio. Lo spazio – che verrà
inaugurato il prossimo 26 settembre - sarà comunque aperto a tutti, come luogo
di incontro, di riconciliazione, di accoglienza e di fraternità. L’opera è
concepita alla luce di due principi fondamentali: la glorificazione di Dio in
Cristo, morto e risorto per la salvezza universale, e la dignità di ogni uomo e
di ogni comunità umana, accolti e valorizzati nella loro cultura. A questa idea
si è ispirato l’artista Bruno Morelli nella realizzazione della statua bronzea
che raffigura il beato Zeffirino: essa costituirà l’abside della piccola chiesa
a cielo aperto, delimitata da dodici blocchi di tufo, a simboleggiare le dodici
tribù di Israele e i dodici apostoli.
L’INQUINAMENTO
STA OSCURANDO PROGRESSIVAMENTE LA TERRA.
LO
RIVELA UNO STUDIO DELL’UNIVERSITA’ DELLA CALIFORNIA:
DAL
’50 AD OGGI, LE EMISSIONI DI SMOG HANNO RIDOTTO LA LUMINOSITA’ DEL SOLE.
HONG
KONG, LA CITTA’ PIU’ COLPITA DAL CALO DELLA LUCE
SAN
DIEGO. = Non solo l’effetto serra, ora anche l’“effetto buio”. L’inquinamento
che soprattutto negli ultimi 50 anni ha fatto sentire il suo pesante
condizionamento sulla vita terrestre sarebbe responsabile di un altro serio
problema ambientale: quello della progressiva riduzione della luce sul pianeta.
Uno studio - che sarà diffuso la prossima settimana a Montreal e condotto da un
pool di esperti guidati da Veerabhadran Ramanathan, dell'Università
californiana di San Diego - rivela che nella seconda metà del ventesimo secolo
la Terra è diventata, letteralmente, un posto sempre più privo di luce. In
questo arco di tempo, sostengono gli scienziati, i raggi del sole che
raggiungono la superficie del pianeta sono calati circa del dieci per cento,
perché le particelle di smog nell'atmosfera riflettono i raggi solari nello
spazio e causano la condensazione dell'umidità in nuvole, le quali a loro volta
impediscono ulteriormente l'irraggiamento. L’“effetto buio” progredisce con una
media del 2-3 per cento all'anno, secondo le misurazioni degli scienziati
israeliani Gerald Stanhill e Shabtai Cohen che hanno collaborato allo studio di
Ramanathan: alcune regioni del mondo però sono più a rischio di altre e
l’oscuramento indotto dall’inquinamento, dati alla mano, influenzerebbe
direttamente meteorologia, ambiente, agricoltura. I continenti a “rischio buio”
sono soprattutto Europa, Asia e la zona degli Stati Uniti, in modo più
accentuato rispetto ad altre aree del globo. E Hong Kong ha, secondo lo studio,
il non invidiabile primato di “capitale mondiale del buio”: nella metropoli cinese
l'irraggiamento del sole è calato in 50 anni addirittura del 37 per cento. Le
dinamiche del global dimming - come e' stato ribattezzato il fenomeno
per analogia con il global warming - non sono ancora completamente
chiare agli scienziati: anche l'Antartide ad esempio, che dovrebbe essere il
luogo del mondo meno inquinato, ha ciononostante registrato un calo di luce. (A.D.C.)
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14
maggio 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Le violenze nelle carceri
irachene ancora sotto i riflettori dell’opinione pubblica mondiale. La visita a
sorpresa di ieri del Segretario di Stato americano Donald Rumsfeld nella
prigione di Abu Ghraib non ha stemperato i toni della polemica. Vacilla,
intanto, la posizione del capo di Governo Britannico, Tony Blair, che in
un’intervista al quotidiano londinese “The Indipendent” ha ribadito la sua
vicinanza alla politica dell’amministrazione statunitense. E mentre in Iraq è
l’ennesima giornata di sangue, spunta un nuovo minaccioso proclama di Al Qaeda,
mentre l'amministratore civile in Iraq, l'americano Paul Bremer, ha accennato
oggi alla possibilità di un disimpegno statunitense dal Paese. Ce ne parla, in
studio, Salvatore Sabatino:
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Non era mai accaduto. Per la
prima volta gli Stati Uniti accennano alla possibilità di lasciare l’Iraq. “Non
è certo possibile restare in un Paese dove non siamo affatto benvenuti'', ha
riferito oggi l'amministratore civile americano, Paul Bremer. Il messaggio è
chiaro: se il governo provvisorio - che sarà formato dopo il 30 giugno - chiederà
a Washington di andare via, la decisione sarà presa, pur negando che l’ipotesi
possa verificarsi. Intanto spunta un nuovo messaggio di Al Qaeda. Questa volta
a parlare è il capo dell’organizzazione terroristica in Arabia Saudita,
Abdulaziz al Muqrin, secondo il quale Al Qaeda aiuta i militanti musulmani in
Iraq a combattere contro l'occupazione guidata dagli Stati Uniti. La tensione,
dunque, continua a salire, in un termometro che già da troppi mesi segna il
clima bollente della guerra. Alle minacce, inoltre, si aggiungono i fatti, con
battaglie cruente e sangue che continua a scorrere per le strade del Paese
arabo. Gli ultimi episodi parlano di nove iracheni morti negli scontri
scoppiati questa mattina a Kerbala e Najaf; tra loro anche due civili finiti
sotto il fuoco incrociato dei miliziani di Al Sadr e dell’esercito americano. A
Najaf si combatte tutt’ora nel vecchio cimitero, mentre un consigliere del
grande ayatollah Sistani ha chiesto alle forze americane e alle milizie sciite
radicali di lasciare la città. A Kerbala, invece centinaia di miliziani fedeli
al leader radicale sciita sono appostati a protezione dei luoghi santi della città.
Per evitare ulteriore spargimento di sangue sono state inoltre annullate tutte
le celebrazioni concernenti il venerdì di preghiera. Più a sud, invece, a Nassirya,
il capo della sezione locale del movimento di Moqtada el Sadr ha decretato oggi
la Jihad, la guerra santa. Ma a livello internazionale continuano ad avere vasta
eco le torture nelle carceri irachene, con posizione sempre più vacillante del
premier britannico Blair e la dichiarazione del capo del governo australiano
Howard, secondo il quale si è trattato di “un colpo allo stomaco per la lotta
al terrorismo”. E mentre oltre 300 prigionieri di Abu Ghraib hanno lasciato
questa mattina la prigione incriminata, spunta una lettera aperta al presidente
Bush da parte di due ex detenuti britannici nella base di Guantanamo, secondo i
quali abusi e maltrattamenti a cui gli americani sottopongono gli internati
nella base cubana sono gli stessi utilizzati in Iraq.
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La tensione è tornata altissima
in Medio Oriente, dopo la decisione di Sharon di autorizzare l’esercito
israeliano a distruggere centinaia di case palestinesi a Rafah, presso il
confine con l’Egitto. Una ventina le abitazioni demolite questa mattina. Nella
zona, stanotte è stato ucciso un attivista che tentava di piazzare una bomba
presso la colonia di Rafah Yam. Poco fa, invece, un nuovo raid aereo sempre
nella località al confine con l’Egitto,
ha ferito numerosi palestinesi. Aumenta,
intanto, di giorno in giorno il numero delle vittime della seconda Intifada.
Dal 28 settembre 2000 hanno perso la vita oltre 4000 tra israeliani e
palestinesi.
I risultati definitivi delle
elezioni legislative svoltesi in India confermano la vittoria a sorpresa del
partito del Congresso. Dei 539 seggi assegnati, 214 sono andati al partito di
Sonia Gandhi, 187 al partito nazionalista indu Bharatiya Janata Party del
premier uscente Vajpayee, che stamane ha rassegnato le dimissioni; i restanti
138 seggi sono invece stati assegnati ai movimenti della sinistra, per lo più vicini
al Congresso. A questo punto potrebbe toccare proprio a Sonia Gandhi il compito
di formare il nuovo esecutivo. A tal
proposito, il partito del Congresso ha annunciato oggi che c'è consenso
all'interno della coalizione sul nome dell’italiana come futuro premier
indiano. Il servizio, da New Delhi, di Maria Grazia Coggiola:
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Per raggiungere il magico numero di 272 seggi, la
maggioranza assoluta, il Congresso ha bisogno di almeno 60-70 seggi che potrebbero
arrivare dai partiti comunisti. I partiti delle sinistre in cambio del loro appoggio
chiedono però lo stop al programma di privatizzazione, avviato dall’ex governo
di Vajpayee. Nella sua breve conferenza stampa di ieri, la 57.enne vedova di
Rajiv Gandhi, che da sei anni guida l’opposizione, non ha detto se aspira
veramente a diventare primo ministro. La campagna elettorale è stata
caratterizzata da ripetuti attacchi alle sue origini italiane, soprattutto dai
gruppi di destra che erano parte della coalizione di governo. Si è limitata a
dire che intende formare un governo stabile e che proseguirà il dialogo con il
Pakistan. Il Bharatiya Janata Party ha subìto una bruciante sconfitta: 25 ministri
dell’ex governo non sono stati rieletti e per il leader, il 79.enne Vajpayee,
che voleva passare alla storia come l’artefice della pace con il Pakistan, è
probabilmente la fine della sua carriera politica.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Nuove gravi violenze in Nigeria.
Un numero imprecisato di persone – cinque o seicento stando a fonti locali non
ufficiali – hanno perso la vita in due giorni di feroci scontri a Kano, nel
nord del Paese africano. Secondo alcuni, si tratterebbe di una rappresaglia di
gruppi radicali islamici per una strage compiuta la settimana scorsa in una
regione centrale del Paese contro gruppi etnici a maggioranza cristiana. Ma sui
motivi di questi massacri Giancarlo La Vella ha sentito mons. Ignazio Kaigama, vescovo di Jos, nel
nord-ovest della Nigeria:
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R. – Mi sembra che la ragione sia economica e politica.
Molti dicono che questa sia una guerra religiosa. Ma non è così. Adesso i
nostri preti sono ancora lì con la gente e se fosse un conflitto di natura
religiosa saremmo tutti coinvolti. Invece è un problema tra i gruppi etnici,
sia pure di maggioranza musulmana, ed altre tribù, in maggior parte cristiane.
E’ una lotta tra gruppi estremamente poveri e non religiosa.
D. – Mons. Kaigama, è vero che ci sono migliaia di persone
che stanno fuggendo dalla guerra e stanno andando via dalle loro terre?
R. – Sì, ma non sono migliaia. Il centro dov’è esplosa la
violenza è una piccola città. Sono sicuro che non ci sono più di 2 mila
persone. Le notizie dicono che sono state uccise più di 600 persone, ma non è
vero, perché si tratta di una popolazione estremamente esigua. Forse è lecito
pensare che molte persone siano fuggite e di esse non si sa nulla. Certamente,
sono state uccise delle persone, ma il numero non è così alto, come dicono le
notizie.
D. – La Chiesa sta facendo qualcosa per aiutare chi sta
soffrendo in questa emergenza?
R. – Sì, siamo estremamente coinvolti in questo problema.
Le 5 parrocchie della zona colpita dal conflitto sono state distrutte in questa
guerra, ma, per il momento, i nostri sacerdoti sono ancora lì e rappresentano
una forte testimonianza della Chiesa in questo drammatico frangente. Diverse persone
hanno donato vestiario, denaro, cibo per aiutare la popolazione civile.
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È forte lo scontro politico in
Myanmar, l’antica Birmania. L’opposizione ha annunciato stamattina che non
parteciperà alla Convenzione nazionale convocata dalla giunta militare per
scrivere la nuova Costituzione. La decisione è stata presa dai vertici della Lega
nazionale per la democrazia, partito di Aung San Suu Kyi, per protestare contro
il rifiuto del governo di liberare dagli arresti domiciliari il premio Nobel
per la Pace.
Interruzione dei rapporti
militari con la Corea del Nord, la Siria e l'Iran. E’ quanto ha deciso ieri la
Libia, proseguendo sulla strada del dialogo con gli Stati Uniti dopo la rinuncia
alle armi di distruzione di massa. Ad annunciarlo il sottosegretario di stato
John Bolton. I tre Paesi appaiono, infatti, nella lista nera di Washington per
la proliferazione di armi nucleari.
La Corte costituzionale
sudcoreana ha respinto la mozione di impeachment presentata dall’opposizione
contro il presidente, Roh Moo Hyun. l giudici hanno riconsegnato al capo dello
Stato tutti i poteri istituzionali e le redini del Paese, dopo due mesi di
vuoto politico.
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