RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 130 - Testo della trasmissione di domenica 9 maggio
2004
Da domani iniziative a
Firenze contro lo sfruttamento minorile: ce ne parla Andrea Bertonasco
CHIESA E SOCIETA’
Dal rapporto annuale Unicef, l’allarmante dato della mortalità
infantile nel mondo.
Aperto a Efeso il Simposio su San Giovanni
Emergenza alimentare in Kenya dopo le recenti alluvioni
Esplosione a Grozny: muore con circa 30 persone il
presidente ceceno Kadyrov. Dura condanna del presidente Putin
Ancora vivo nel mondo lo sconcerto per le violenze
nella carceri irachene. A Baghdad esplode una bomba in un mercato: almeno 7
morti.
Vigilia di elezioni presidenziali nelle Filippine
tra rischio attentati e brogli. Secondo i sondaggi sempre più favorita la
presidente Arroyo.
9 maggio 2004
.
LA
RINUNCIA ALL’ODIO E ALLA VIOLENZA, IL RISPETTO SENZA RISERVE DELLA DIGNITA’ DI
OGNI PERSONA: E’ L’APPELLO EMERSO DALLA RIFLESSIONE DEL PAPA AL
REGINA
COELI. RICORDANDO IL PROSSIMO ANNIVERSARIO DELL’APPARIZIONE A FATIMA, NELLA
GIORNATA DELLA FESTA DELLA MAMMA, GIOVANNI PAOLO II HA CHIESTO
ALLA MADONNA DI SOSTENERE TUTTE LE MADRI
La rinuncia all’odio e alla violenza, il rispetto senza
riserve della dignità di ogni persona: è quanto il Papa ha raccomandato oggi al
Regina Coeli, sottolineando che è quanto gli esseri umani sperimenterebbero se
avvertissero il dono straordinario dell’essere fratelli, figli di Maria. Il
servizio di Fausta Speranza:
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Lanciando il suo appello ad aprire il cuore all’amore,
Giovanni Paolo II ha ricordato che la Madre di Dio è “sostegno per i cristiani
e per il mondo” perché la sua maternità si esprime proprio “nella sua singolare
vicinanza all’uomo e a tutte le sue vicende”.
Oh se
gli esseri umani avvertissero questo dono straordinario ! Quanto più facilmente
si sentirebbero fratelli.
Sentendosi fratelli – spiega il Papa – potrebbero
rinunciare all’odio e alla violenza per aprire il cuore al perdono delle offese
ricevute e al rispetto senza riserve della dignità di ogni persona.
Giovanni Paolo II ricorda che il 13 maggio prossimo
ricorre l’anniversario dell’apparizione della vergine di Fatima e del suo
appello alla conversione, esprimendo la preghiera che anche gli uomini del
nostro tempo “accolgano il pressante invito di Colei che con amore veglia sulla
Chiesa e sul mondo”. Il Popolo di Dio – sottolinea – in particolare nel mese di
maggio “sente il bisogno di intensificare la propria devozione verso Maria”. Da
quando Cristo sulla croce, affidando a Maria il discepolo prediletto, ha esteso
la sua spirituale maternità a tutti, generazioni e generazioni di credenti –
sottolinea il Papa –invocano la Madonna e a Lei ricorrono con amore e speranza. E proprio a Maria Giovanni Paolo II chiede
di proteggere e sostenere tutte le madri del mondo nel giorno della Festa della
mamma.
A conclusione della preghiera mariana,
ha salutato quanti hanno partecipato alle iniziative della “Festa della scuola”
promosse dagli istituti cattolici in varie diocesi italiane e, in particolare,
gli insegnanti, alunni e familiari che hanno preso parte alla maratona di
primavera organizzata a Roma e in partenza proprio da Piazza San Pietro.
Poi il Papa, facendo riferimento al Convegno mondiale
contro lo sfruttamento dei minori che si svolgerà nei prossimi giorni a
Firenze, ha espresso l’auspicio che contribuisca a promuovere il fattivo
riconoscimento dei diritti dell’infanzia, ricordando che “purtroppo, tanti
bambini nel mondo sono privi dell’istruzione primaria e finiscono per essere
sfruttati come manodopera”
Rivolgendosi ai pellegrini polacchi, si è unito alla
preghiera di quanti partecipano alla processione in onore di San Stanislao,
Patrono della Polonia.
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SOLENNI
FESTEGGIAMENTI IN LITUANIA IN ONORE
DEL
SANTO PATRONO SAN CASIMIRO
-
Intervista con l’ambasciatore della Lituania presso la Santa Sede,
Casimiro
Lozoraitis -
Si concludono oggi a Vilnius le celebrazioni del IV centenario
dell’arrivo in Lituania del Breve di Clemente VIII “Quae ad sanctorum” che
autorizzava la celebrazione della festa di San Casimiro in Polonia e in
Lituania. Inviato speciale del Papa è stato il cardinale Achille Silvestrini,
prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali. Sottolinea il
significato dell’avvenimento, nell’intervista di Giovanni Peduto,
l’ambasciatore della Lituania presso la Santa Sede, Casimiro Lozoraitis, che –
vogliamo ricordare - negli anni passati è stato responsabile del programma
lituano della nostra emittente:
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R. – La cerimonia si colloca nel quadro dell’Anno
giubilare di San Casimiro, proclamato nel 2004, in occasione dell’inizio del
culto di San Casimiro in Lituania. La principale celebrazione ha avuto luogo a
Vilnius, capitale della Lituania, con la partecipazione del cardinale
Silvestrini, del cardinale lituano Backis, del clero e di molti fedeli
provenienti anche dai Paesi confinanti, particolarmente dalla Polonia, dove è
assai diffuso il culto. San Casimiro era figlio del Granduca di Lituania, re di
Polonia, Casimiro IV. Sua madre proveniva dalla famiglia Asburgo e, dunque, il
Santo è ben conosciuto e venerato in Polonia, ma anche in Austria, Boemia ed
Ungheria. Il significato delle celebrazioni è tanto più grande in quanto San
Casimiro è ritenuto il Santo Patrono della Lituania e protettore della gioventù
lituana, in quanto morto a soli 26 anni.
D. – Quale era il contesto storico lituano di 400 anni fa?
R. – Nel XV secolo la Lituania era uno Stato grande e
potente, legato da un’unione dinastica con la Polonia. All’epoca di San
Casimiro, nella seconda metà del XV secolo, lo Stato era una delle potenze
europee con un territorio molto esteso all’est degli attuali confini. La
famiglia regnante era legata, attraverso i matrimoni, con le grandi famiglie
regnanti europee. Purtroppo, anche quell’epoca era piuttosto irrequieta, i
nemici non mancavano ed era necessario difendere i confini dello Stato, in
particolare quelli orientali.
D. – Qual è il messaggio di San Casimiro per noi cristiani
oggi?
R.- Insegna ai
cristiani di oggi, e particolarmente ai giovani, che anche vivendo in un
ambiente cosiddetto mondano, secolarizzato, tutt’altro che favorevole ad una
vita interiore, ci si può aprire e rimanere fedeli ai valori spirituali. Si può
intraprendere una vita consona al cristiano, impegnare, come ha fatto San Casimiro,
al servizio dei diseredati. In una parola, San Casimiro ci insegna ad incamminarci
sulla via della santità senza per questo assentarci dal mondo che ci circonda.
D. – Eccellenza, queste celebrazioni in onore di San
Casimiro, hanno un significato particolare pochi giorni dopo l’ingresso della
Lituania nell’Unione Europea?
R. – Direi che è molto significativo che il giubileo di
San Casimiro coincida con l’ingresso della Lituania nell’Unione Europea. Direi
che coincide con il ritorno della Lituania in Europa, alla quale è sempre
appartenuta. Il Santo è testimone dei secolari, storici legami della Lituania
con l’Europa. Egli rispecchia la cultura europea, le tradizioni cristiane, la
fede religiosa che evidenziano l’appartenenza della Lituania all’Europa. E
questo non soltanto per evidenti motivi geografici ma anche perché la Lituania
condivide con l’Europa gli stessi valori e gli stessi ideali. Oggi, fedele alla
sua vocazione europea, la Lituania confida di poter svolgere il ruolo che le
spetta nella famiglia allargata dei popoli europei conservando tuttavia la
ricchezza della sua identità.
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9 maggio 2004
PROMUOVERE
I VALORI CRISTIANI IN UN’EUROPA UNITA, RICCA DI SPIRITUALITA’ E
APERTA
ALLA DIVERSITA’: IL MESSAGGIO CONCLUSIVO DELLA MANIFESTAZIONE
“INSIEME
PER L’EUROPA” CONCLUSASI IERI A
STOCCARDA
-
Intervista con Chiara Lubich -
Arrichire la società con i valori cristiani per dare vita
ad un’Europa più unita ed aperta ai problemi del mondo: con questo impegno si è
conclusa ieri a Stoccarda, in Germania, la manifestazione internazionale
“Insieme per l’Europa”. Ha visto riuniti per tre giorni nella capitale del
Baden Wuertenberg i rappresentanti di 175 gruppi, movimenti, comunità
cattoliche, anglicane, evangeliche e ortodosse.
E’ stata una nuova importante tappa nel cammino ecumenico,
avviato dai movimenti nel 1999, che punta alla nascita di una spiritualità
europea al servizio dell’unità e della pace. Il servizio è di Stefano
Leszczynski.
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‘Uniti nella
diversità’: con questo slogan oltre 10mila aderenti ai movimenti e comunità
cristiane d’Europa hanno concluso la manifestazione internazionale “Insieme per
l’Europa”. Dopo tre giorni di convegni e testimonianze, incentrate sulla
affermazione delle radici cristiane dell’Europa e sul futuro del Continente, i
movimenti hanno rafforzato la convinzione che l’Unione Europea, dotata di unità
di mercato e geografica, debba essere ora cementata anche da un’unità
spirituale tesa all’affermazione dei valori del Vangelo al suo interno come
all’esterno. Di fronte ai rappresentanti dell’Unione Europa, del mondo politico
e dei vertici delle diverse confessioni cristiane i movimenti si sono
impegnati, nel messaggio conclusivo della manifestazione, ad un ulteriore passo
avanti nel cammino ecumenico che li vede protagonisti. Il documento finale
contiene, infatti, l’impegno a lavorare per una migliore ripartizione delle
risorse, per l’affermazione dei valori giudeo-cristiani, per un’Europa della
fraternità cosciente delle sue responsabilità e aperta al mondo. Un intento che
si riflette pienamente nel messaggio sul ruolo dei movimenti cristiani nella
società inviato da Giovanni Paolo II ai partecipanti alla manifestazione di
Stoccarda. Il Papa ha sottolineato come, tramite il Vangelo, i cristiani europei
abbiano saputo superare nazionalismi egoistici per vedere l’Europa come una
famiglia di popoli ricca di varietà culturale e di esperienze storiche, ma
accumunata dallo stesso destino. Un’Europa unita – sottolinea il Pontefice –
che è chiamata a servire il mondo e in particolare le sue regioni più povere.
Un richiamo ai valori che rappresentano il fondamento delle radici cristiani
dell’Europa è giunto anche dal messaggio inviato dal Patriarca ecumenico
Bartolomeo, il quale ha precisato come ciò non significhi che i popoli non
cristiani non abbiano un loro posto nella nascita della casa europea.
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Tra i principali promotori
dell’incontro di Stoccarda, vi è indubbiamente Chiara Lubich, fondatrice e
presidente del Movimento dei focolari, che da decenni è impegnato sul fronte
del dialogo tra i cristiani di varie confessioni e con le altre religioni.
Jurgen Erbacher le ha chiesto se l’incontro di Stoccarda possa significare il
superamento anche di un certo tipo di “concorrenza” tra i movimenti stessi:
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R. – No, è un’ispirazione che viene dallo Spirito Santo.
Già da quando ci siamo conosciuti, con i movimenti evangelici, noi abbiamo
detto che non conosciamo il futuro, aspettiamo che Dio ci mandi le sue
ispirazioni. Dapprima, lui ha ispirato i movimenti evangelici, dal ’69, poi,
dal ’98, si sono messi insieme anche i movimenti cattolici. Ad un certo punto,
abbiamo capito che Dio voleva che facessimo anche qualcosa insieme e la prima
realizzazione insieme è stata questa Giornata e questo Congresso, a Stoccarda.
D. – Lei è uno dei più importanti promotori di questo
incontro: perché è così importante per lei?
R. – Perché il mio ideale, quello che mi ha suggerito il
carisma, è l’unità. Riuscire a rinforzare, a rendere più coesi gli Stati
europei, anche attraverso lo spirito, è importantissimo: insomma, si incide già
su un Continente. Penso che sia un esempio che si dà per portare avanti il
Testamento di Gesù che dice che tutti siano una sola cosa.
D. – Il Papa ha detto che per la Chiesa sono importanti
sia i movimenti sia la gerarchia tradizionale. Cosa possono imparare gli uni
dagli altri?
R. – L’uno è necessario all’altro. Per esempio, tutti i
movimenti non sono bene impostati se non sono soggetti al discernimento
dell’aspetto istituzionale della Chiesa. Quindi, per noi è essenziale l’unità
con l’aspetto istituzionale. D’altra parte, l’aspetto istituzionale qualche
volta è un po’ rigido nelle sue regole, mentre l’aspetto carismatico è più
dinamico, più vitale, più familiare. Sarebbe quello che noi chiamiamo il
profilo petrino e il profilo mariano.
D. – Lei pensa che per il Papa siano importanti i
movimenti e che lui dia il suo contributo per rafforzarli?
R. – Il contributo principale è stato quello che li ha
lanciati nel 1998 in una maniera straordinaria in piazza San Pietro. Lui ha
invocato lo Spirito Santo che scendesse come la Pentecoste. I movimenti sono
importantissimi per la Chiesa. Lo Spirito Santo di tempo in tempo suscita dei
movimenti che rimet-
tono in moto l’autenticità e la radicalità del Vangelo:
così è stato nei primi secoli e così è anche nei tempi moderni. I nostri movimenti
possono rappresentare l’aspetto carismatico della Chiesa.
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I
BAMBINI DENUNCIANO LO SFRUTTAMENTO:
DA
DOMANI, A FIRENZE, IL CONGRESSO
MONDIALE
CONTRO IL LAVORO MINORILE
-
Intervista con Andrea Bertonasco -
Un convegno di tre
giorni, seguito da una grande marcia per le strade di Firenze, per denunciare
il lavoro forzato di milioni di bambini nel mondo. L’appuntamento, al via
domani, è organizzato da Mani Tese, dall’associazione Global march against
child labour e dai principali sindacati italiani. Andrea Bertonasco di Mani
Tese spiega, al microfono di Andrea Sarubbi, la scelta di far precedere la
marcia di quest’anno dal primo Congresso mondiale dei bambini contro lo
sfruttamento del lavoro minorile:
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R. – La Global March nasce come marcia che vuole
promuovere una presa di coscienza dei problemi e che, per questo, arriva in
villaggi, in cittadine. E’ successo in Europa ed anche in Italia. Quest’anno,
volevamo avere un momento di elaborazione e di riflessione facendo emergere le
esperienze fatte dai ragazzi. Volevamo che fossero loro a fare una
dichiarazione a tutto il mondo e, per questo, abbiamo invitato esponenti delle
istituzioni europee e delle organizzazioni internazionali.
D. – Quando parliamo di lavoro minorile ci riferiamo ad un
fenomeno di quale portata?
R. – Ci riferiamo ad un fenomeno di portata amplissima.
Parliamo di circa 260 milioni di bambini coinvolti. E’ una delle più grandi
tragedie del nostro tempo. Tante volte si pensa che la schiavitù sia stata
eliminata ed invece la schiavitù esiste ed esiste su persone che hanno meno
possibilità di difendersi, perché hanno più difficoltà ad organizzarsi, perché
sono soggetti a più facili vessazioni. E’ un fenomeno che coinvolge
drammaticamente i Paesi del sud del mondo, l’India, il Pakistan, l’Africa ed
anche l’America Latina, ma che
coinvolge fortemente anche le nostre aree. Coinvolge l’Europa.
Ricordiamoci che in Italia abbiamo un numero molto alto di bambini impiegati,
per esempio, nella manovalanza della malavita, oppure molti bambini
extracomunitari che vengono impiegati per un numero di ore esagerato e per
lavori assolutamente inadatti alla loro età, con danni gravissimi.
D. – E la Global March, finora, quali risultati ha portato
in questo campo?
R. – Il primo risultato è quello di aver reso consapevoli
di questi temi circa 200 comuni italiani, con i relativi Consigli comunali, che
hanno fatto delle delibere in questo senso, hanno anche approvato dei progetti
contro lo sfruttamento infantile. Questo è molto importante ribadirlo, perché
tante volte si pensa che questi movimenti siano utopistici. Al contrario, la
marcia del ’98, che è stata la prima marcia mondiale, che è partita da San
Paolo del Brasile, da Città del Capo e dalle Filippine e che è arrivata a
Ginevra, alla Conferenza dell’Organizzazione internazionale del lavoro, ha
portato alla risoluzione 182 dell’Oil. Si tratta della dichiarazione sulle forme peggiori di
sfruttamento infantile che è stata approvata da 140 Paesi di tutto il mondo.
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“DONNE DISCEPOLE DI CRISTO, PORTATRICI DI
RICONCILIAZIONE NEL MONDO”: E’ IL TEMA DELLA PLENARIA DELL’UNIONE
INTERNAZIONALE SUPERIORE GENERALI,
CHE SI SVOLGE A
ROMA DA OGGI FINO A GIOVEDI’ PROSSIMO
-intervista con Suor Victoria Gonzalz de Castejon-
“Donne, discepole di Cristo, portatrici di riconciliazione nel
mondo”: è il tema scelto per l’Assemblea Plenaria dell’Unione Internazionale
delle Superiore Generali che si apre oggi a Roma e che proseguirà fino a
giovedì prossimo. Conosciuta come Uisg, l’Unione riunisce 900 Superiore in
rappresentanza di 800mila religiose. A Suor Victoria Gonzalz de Castejon,
segretaria generale dell’Uisg, Fabio Colagrande ha chiesto di ricordare
qualcosa della storia:
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R. – La Uisg è nata nel 1965, dopo il Concilio Vaticano,
per rispondere ad un bisogno della Chiesa e della vita religiosa femminile. La
Uisg costituisce un forum internazionale, dove le Superiore generali trovano un
punto di incontro nell’ambito ecclesiale, per affrontare l’identità carismatica
della vita religiosa apostolica femminile e favorire il suo sviluppo nella
Chiesa e nel mondo; per condividere esperienze e scambiare informazioni; per
promuovere la comunicazione sociale e religiosa, ma anche per riflettere
insieme sulle sfide del momento e cercare le risposte adeguate. Questo è per
noi molto importante. Sempre, comunque, nel rispetto dell’autonomia di ogni
Congregazione e dell’indole dello spirito di ogni Istituto. Tanto più che oggi
risulta essere molto importante esprimere la solidarietà, collaborare in
progetti di interesse generale e rafforzare i vincoli di comunione. Non
possiamo dimenticare di sottolineare che è tutto indirizzato ad incrementare la
relazione con la Sede Apostolica.
D. – Perché si tengono queste Plenarie?
R. – Ogni tre anni teniamo quest’Assemblea Plenaria per
vivere e condividere queste realtà, appena citate. Partecipano 800 Superiore
generali, più o meno, provenienti dal mondo intero. Questa volta abbiamo una
rappresentanza molto ampia dell’Africa: sono, infatti, presenti 89 Superiore
generali. Ce ne sono poi 120 di lingua spagnola, 270 di lingua inglese, circa
70 di lingua italiana. Siamo più o meno 800.
D – Il tema scelto della riconciliazione è di grande
attualità, se si pensa ai tanti religiosi e alle religiose che operano in
situazioni di grave conflitto. Quale realtà vivono le suore che si fanno
portatrici di riconciliazione?
R. – Molte realtà in tutto il mondo, e non soltanto a
livello politico. Anche all’interno di ogni congregazione, ifatti, abbiamo
bisogno di riconciliazione, per diversi motivi. Nella storia non sempre abbiamo
fatto bene tra di noi. Dopo la conferenza principale, tre superiore parleranno
della loro esperienza di riconciliazione: una nel mondo, una all’interno della
congregazione ed una nella realtà.
D. – I dati dell’annuario statistico della Chiesa del 2000
dicevano che il 75 per cento dei missionari sono donne. Cosa riescono a portare
proprio per la riconciliazione secondo lei?
R. – Non è facile parlare di frutti concreti, perché non è
una cosa che si vede. Nel tempo, nella storia, si vedono i piccoli passi. Io
però non posso chiedere a nessuno la riconciliazione. E’ qualcosa che viene
vissuta all’interno di ogni persona.
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9 maggio 2004
I
RECENTI COMBATTIMENTI CHE HANNO COLPITO LA NIGERIA NON SONO SCONTRI
RELIGIOSI MA UNA GUERRA TRA POVERI. LO
SOSTIENE IL PRESIDENTE DELLA
CONFERENZA
EPISCOPALE NIGERIANA, MONS. JOHN OLORUNFEMI ONAIYEKAN
ABUJA. = “Il vero problema è trovare il modo di
favorire il dialogo e la riconciliazione in Nigeria”. Lo afferma l’arcivescovo
di Abuja, mons. John Olorunfemi Onaiyekan, presidente della Conferenza
episcopale nigeriana, dopo le violenze che nei giorni scorsi hanno provocato un
numero elevato ma ancora imprecisato di vittime a Yelwa, nello Stato del
Plateau. Dove uomini armati dei Tarok, un gruppo etnico prevalentemente
cristiano, hanno preso d’assalto la comunità dei Fulani, in gran parte
musulmani. “È troppo semplicistico definire questo scontro come conflitto di
religione”, spiega il presule all’Agenzia missionaria Misna precisando che si
tratta di “una guerra tra poveri”. Il vero problema – aggiunge - non è religioso,
ma politico-economico. Secondo la Croce Rossa, le vittime sarebbero centinaia,
addirittura 600, ma per il vescovo di Jos, mons. Ignatius Ayau Kaigama, si
tratta di un’esagerazione. “È difficile fornire cifre esatte, ma la situazione
sarebbe comunque grave anche se a Yelwa ci fossero stati dieci morti”, insiste
l’arcivescovo. Mons. Onaiyekan ricorda che nel complesso scenario etnico-sociale
della Nigeria, che con oltre 120 milioni di abitanti è il Paese più popoloso
dell’Africa, bisogna anche tener conto della classica e antica rivalità tra
coltivatori stanziali e allevatori nomadi. “Posso solo dire – conclude il
presule - che non ho prova dell’esistenza di gruppi armati cristiani”. (A.L.)
MORIRE
OGNI ANNO, PRIMA DEL QUINTO ANNO DI VITA, A CAUSA DI MALATTIE
FACILMENTE
CURABILI NEL RESTO DEL MONDO. E’ LA TRISTE REALTÀ DI UN MILIONE
E CINQUECENTO MILA BAMBINI DEI PAESI POVERI
EMERSA
DAL
RAPPORTO ANNUALE PER IL 2004 DELL’UNICEF
BERLINO. = Nei dieci Paesi più poveri ogni anno
muoiono un milione e cinquecento mila bambini prima del quinto anno di età a
causa di malattie, povertà ed esplosione di mine. L’allarmante dato è contenuto
nel rapporto annuale per il 2004 che l’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per
l’infanzia, ha presentato ieri a Berlino. Sempre secondo i dati forniti
dall’organizzazione umanitaria, il 31 per cento dei bambini tra i 5 e i 14 anni
è coinvolto nelle forme peggiori di sfruttamento, quali la schiavitù, il
reclutamento forzato nei conflitti armati, la prostituzione e la pornografia,
ed il 9 per cento è impiegato in lavori pericolosi per la loro salute. Solo
nella Repubblica Democratica del Congo – si legge ancora nel rapporto – sono
almeno 530 mila i bambini che muoiono ogni anno prima di compiere 5 anni di
età. Le cause più frequenti dei decessi nei Paesi poveri sono legate al
morbillo, alla malaria, a disturbi respiratori e ad altre malattie che nel
resto del mondo vengono curate o prevenute attraverso la vaccinazione. L’Unicef
ha lanciato inoltre un appello ai governi e all’opinione pubblica affinché
vengano messi a disposizione più mezzi per aiutare i bambini degli Stati del
Terzo Mondo. Nonostante le numerose prese di posizione da parte delle
organizzazioni umanitarie, molti degli Stati bisognosi restano, infatti,
esclusi dagli aiuti internazionali. L’importanza politica e strategica di un
Paese e la sua presenza sui mezzi di comunicazione di massa – ha osservato il
responsabile dell’Unicef in Germania, Dietrich Garlichs – non possono
costituire un fattore decisivo per l’eventuale aiuto ai bambini bisognosi.
(A.L.)
LA
SANTA SEDE CONFIDA NELL’INTERVENTO DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE PER
L’ANNULLAMENTO DEL DEBITO ESTERO DI HAITI. E’ QUANTO HA AFFERMATO
IL
NUNZIO APOSTOLICO A CUBA, MONSIGNOR LUIGI BONAZZI
PORT-AU–PRINCE. = “La
Santa Sede ha auspicato che le autorità competenti della comunità
internazionale prendano in considerazione la possibilità di annullare il debito
estero di Haiti”. E’ questa la speranza espressa a Port-au-Prince dal Nunzio
apostolico a Cuba, monsignor Luigi Bonazzi, in un discorso pronunciato mercoledì
scorso davanti a più di duecento persone, tra le quali rappresentanti governativi,
della società civile e delle delegazioni diplomatiche. Nel suo discorso
monsignor Bonazzi ha denunciato “la scandalosa povertà in cui vive la maggioranza
di uomini, donne e bambini del Paese caraibico”. Il nunzio, che dopo quattro
anni di servizio ad Haiti è stato nominato rappresentante della Santa Sede a
Cuba, ha anche affermato che l’ultima crisi politica, conclusasi il 29 febbraio
con la caduta dell’ex-presidente, Jaen-Bertrand Aristide, ha dimostrato
chiaramente - l’inevitabile fallimento di un modo governare unicamente teso a
sfruttare le risorse di una nazione.Il tutto proprio nell’anno del bicentenario
dell’indipendenza dello Stato centroamericano. Il debito estero di Haiti
ammonta a 1,3 miliardi di dollari in prestiti contratti in particolare con la
Banca Mondiale e la Banca interamericana per lo sviluppo. (A.L.)
SULLA FIGURA DI SAN GIOVANNI
APOSTOLO SI E’ APERTO QUESTA MATTINA, AD EFESO, IL DECIMO SIMPOSIO PROMOSSO
DALL’ISTITUTO FRANCESCANO
DI SPIRITUALITÀ DEL PONTIFICIO
ATENEO ANTONIANUM DI ROMA
- A cura di padre Egidio Picucci -
EFESO.
= “La mia presenza al decimo Simposio su Giovanni, ad Efeso, vuole confermare
tutta la considerazione che meritano iniziative come questa, volte a creare
scambi culturali e religiosi, a sostenere rapporti di amicizia e di collaborazione
tra studiosi cristiani e musulmani in una terra cosi cara a Dio e ad ogni cristiano
per le meraviglie insigni di cui è custode”. Sono parole del prefetto della
Congregazione per le Chiese Orientali, cardinale Daoud Moussa I, all’apertura
questa mattina ad Efeso del decimo Simposio sull’apostolo Giovanni, organizzato
dall’Istituto di spiritualità dell’Antonianum di Roma, che si concluderà
mercoledì prossimo. Quest’anno la preparazione immediata al Simposio è stata
affidata ad un gruppo di 50 pellegrini che hanno organizzato una fiaccolata
presso il vicino santuario di Meryem Ana dove secondo un’antichissima
tradizione si conserva la casa della Madonna. Grande partecipazione anche
all’ormai tradizionale concelebrazione sulla tomba dell’apostolo Giovanni, cui
hanno preso parte cattolici tedeschi, inglesi, sloveni e italiani. Questa
mattina, inoltre, si sono tenute le prime relazioni che trattano del “Logos”
giovanneo in relazione, tra l’altro, alla tradizione giudaica, alle note
originali al Vangelo di Giovanni e alle 7 Chiese e a commento all’Apocalisse di
Vittorino di Petrolio. Molto attese, infine, le relazioni di alcuni professori
turchi dell’Università di Istanbul, sempre presenti ai Simposi e garanti di
quel dialogo islamo-cristiano che i Simposi hanno iniziato e che proseguono con
scambievole fiducia.
DOPO
LE ALLUVIONI CHE HANNO RECENTEMENTE COLPITO IL KENYA, IL PAESE RISCHIA UNA
GRAVE EMERGENZA ALIMENTARE. E’ LA DENUNCIA DELLE AUTORITÀ LOCALI
NIROBI. = Le persistenti piogge torrenziali che da
settimane si stanno abbattendo sul Kenya rischiano ora di provocare gravi
emergenze alimentari. A lanciare l’allarme sono i responsabili distrettuali
delle zone occidentali del Paese africano, dove almeno diecimila persone
rischiano di rimanere senza cibo. Fiumi in piena ed alluvioni hanno distrutto
interi raccolti e devastato fattorie, creando seri problemi per
l’approvvigionamento alimentare della popolazione nei distretti di Nyando,
Rachuonyo e Homa Bay, sul Lago Vittoria. Il commissario distrettuale di Nyando,
nel timore di un’ulteriore crescita del numero di persone che rischiano di
rimanere senza scorte di cibo, ha chiesto all’ufficio della presidenza della
repubblica di aumentare gli aiuti alimentari destinati alle zone colpite dal
disastro. Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno 20 vittime e migliaia di
sfollati. Secondo la Croce rossa del Kenya i senza-tetto degli ultimi giorni
sono oltre cinquemila, soprattutto nelle province dell’ovest del Paese. (A.L.)
FESTA
DELL’EUROPA CHE DIVENTA PIÙ GRANDE. E’ IL TITOLO DELLA
CERIMONIA
CHE SI SVOLGERÀ QUESTA SERA A ROMA PER
CELEBRARE
LO STORICO ALLARGAMENTO DELL’UNIONE
ROMA. =
Per celebrare lo storico, recente ingresso di altri dieci Paesi nell’Unione
Europea, si svolgerà questa sera a Roma la “Festa dell’Europa che diventa più
grande”. La cerimonia, promossa dalla rappresentanza in Italia della Commissione
europea, dall’Ufficio per l’Italia del Parlamento europeo e dal Comune di Roma,
avrà inizio con una cena di gala alla quale prenderanno parte gli ambasciatori
dei 25 Stati membri. I festeggiamenti avverranno nell’ambito del ‘Telecom Italia
Masters Roma 2004’ di tennis per sottolineare che il 2004 è stato dichiarato
Anno europeo dell’educazione attraverso lo sport. Tra i principali eventi della
serata si devono segnalare la premiazione di alcuni atleti dei nuovi Paesi, tra
i quali l’ex calciatore polacco Zbigniew Boniek, ed il concerto dell’ex
campione di tennis, il francese Yannick Noah, oggi apprezzato cantante. (A.L.)
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9 maggio 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Si riaccende la miccia cecena. Una
forte esplosione a Grozny, questa mattina, ha causato la morte di 14 persone ed
il ferimento di almeno altre 45. Tra le vittime, il presidente filo-russo della
Repubblica caucasica, Akhmad Kadyrov, ed il Presidente del Consiglio di Stato
ceceno, Khussein Issayev. La deflagrazione ha devastato gli spalti dello stadio
Dynamo, dov’era in corso un concerto nell'ambito delle manifestazioni per
festeggiare l'odierna ricorrenza del trionfo dell'Unione Sovietica sulle
potenze dell'Asse nella II Guerra Mondiale. Durissima la condanna del
presidente russo, Vladimir Putin. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:
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Un ordigno è esploso sotto il
palco degli ospiti dove si trovavano autorità civili e militari cecene e russe.
Le immagini televisive provenienti da Grozny mostrano un grande polverone e
tantissimi morti e feriti. Il presidente ceceno, Kadyrov, con il viso sanguinante
appare privo di conoscenza e dopo alcune ore di giallo sulla sua sorte e su
quella del Comandante delle truppe federali nel Caucaso, generale Baranov, è
arrivata la conferma ufficiale della morte.
Lo stadio è stato immediatamente
isolato dopo l’attentato, una mina è stata trovata dalla polizia. Secondo gli
inquirenti l’ordigno esploso era stato collocato durante i lavori di rifacimento
all’interno delle strutture portanti dello stadio. Ieri ed oggi l’impianto era
stato attentamente controllato. Responsabili dell’attacco sarebbero i
separatisti ceceni. “Prenderemo gli autori dell’attentato” – ha promesso il
presidente russo Putin. “Kadyrov - ha poi spiegato il capo del Cremlino - per 4
anni ha difeso la Cecenia e i ceceni ed è morto senza essere stato sconfitto”.
Proprio sull’ex muftì Mosca aveva puntato per riportare ordine in Cecenia.
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Non si placa l’ondata di
indignazione seguita alla pubblicazione delle immagini di sevizie perpetrate
dai soldati statunitensi e britannici su alcuni detenuti iracheni. Il presidente
statunitense, George Bush, ieri è tornato sull’argomento, mentre sul campo proseguono
le violenze. Ce ne parla Salvatore Sabatino:
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E’ il momento dell’indignazione per il mondo; quello del
“mea culpa” e delle scuse per gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Le torture
perpetrate da alcuni soldati della coalizione sui detenuti nelle carceri
irachene, continuano a pesare come macigni sull’intera operazione militare in
Iraq. Il presidente statunitense, George Bush, nel consueto discorso radiofonico
del sabato, è tornato sulla triste vicenda, sottolineando che “l'errore di
pochi” è “una macchia per tutti, sull'onore e la reputazione dell’intero
Paese''. Parole che prendono le distanze da quanto accaduto, che giungono a 24
ore dalla testimonianza fiume in Congresso del segretario alla difesa Donald
Rumsfeld; ma anche parole che sgombrano il campo dai dubbi sul futuro della
presenza americana in Iraq. Lo scandalo, le foto, la “macchia”, ha aggiunto il
capo della Casa Bianca, non dissuaderanno gli Stati Uniti dal rispettare
l'impegno di portare libertà, pace e democrazia nel Paese: “Non abbiamo nessuna
intenzione di lasciare l’Iraq alla mercé di banditi e assassini”. Resta, però,
da gestire lo sconcerto degli States, che scopre i nemici nei propri ranghi,
oltre che la pressione dell'opposizione che insiste sulla richiesta di dimissioni
del capo del Pentagono. Richiesta non condivisa, però, dal vice presidente
statunitense Dick Cheney, sceso direttamente in campo per difenderlo. A tenere
alta la tensione, inoltre, c’è la consapevolezza che il peggio potrebbe ancora
venire, con video e migliaia di altre foto in agguato su internet, pronte ad essere pubblicate sui
media di tutto il mondo. E con il passare delle ore lo scandalo si allarga a
macchia d’olio.
Intanto si è appreso che lo scorso anno funzionari del
Pentagono bocciarono un piano dell'esercito americano che prevedeva l'invio in
Iraq di un avvocato che avrebbe dovuto svolgere il ruolo di controllore proprio
nella prigione di Abu Ghraib. Un nuovo tassello che aumenta le distanze con gli
altri Paesi occidentali; il presidente della commissione Europea, Romano Prodi,
ha definito le torture “un passo indietro” per l’intera umanità. Di immagini
''orrende e repellenti'' ha parlato invece il ministro degli Esteri tedesco,
Joshka Fischer, atteso domani a Washington. La conferma, poi, che l’esecutivo
britannico aveva ricevuto nel febbraio scorso informazioni sulle violenze dal
Comitato internazionale della Croce rossa è giunta nella notte dal portavoce
ufficiale di Downing Street. Sempre da Londra arriva la notizia che tre
militari del reggimento dei fucilieri sono indagati dalla polizia militare per
abusi sessuali nei confronti di prigionieri iracheni. Sul campo, intanto,
proseguono le violenze: questa mattina una fortissima esplosione in un mercato
di Baghdad ha causato la morte di 7 iracheni ed il ferimento di altri 13. A
Bassora, invece, 4 civili iracheni sono rimasti uccisi e tre soldati britannici
sono rimasti feriti nella deflagrazione di una potente bomba lasciata sul
ciglio di una strada.
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Ci trasferiamo in Afghanistan. Due
stranieri, di cui uno di nazionalità svizzera, sono stati assassinati oggi a
Kabul: lo ha denunciato un portavoce del ministero dell'Interno afghano ad
interim, secondo il quale le vittime sono state assalite e lapidate a morte da
ignoti. Del secondo uomo ucciso non è stato ancora possibile stabilire né la
nazionalità, né l'identità.
Vigilia di elezioni presidenziali
nelle Filippine. A campagna elettorale conclusa, si allarga il divario tra i
due favoriti: stando ai sondaggi più recenti, infatti, l'attuale presidente Gloria Macapagal Arroyo
raccoglierebbe il 37% dei consensi, quasi 2 punti in più rispetto a dati
precedenti. Il suo diretto rivale, il popolare attore Fernando Poe Jr, perde invece quasi un punto e scende al
30%. E c’è il concreto rischio di brogli a pesare sulla consultazione, evocato
anche dalla Chiesa cattolica: una messa in guardia in tal senso è venuta
dal primate delle Filippine,
l'arcivescovo di Manila Gaudencio Rosales, dopo che un gruppo di membri della
polizia e dell'esercito si erano presentati dicendo che era stato ordinato loro
di manipolare i risultati. Si vota anche per il vicepresidente, 12 senatori,
200 deputati e 17.000 consiglieri. Il margine di vantaggio alla presidente
attuale, viene confermato anche da padre Gianni Re, missionario del Pime,
raggiunto telefonicamente a Manila da Roberto Piermarini:
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R. – Ultimamente dicono che la
Arroyo sia avvantaggiata perché ha avuto il sostegno di due grossi gruppi di
ispirazione religiosa. Quindi, è previsto che l’Arroyo dovrebbe vincere.
D. – C’è rischio di brogli, come è
stato detto alla vigilia anche dallo stesso arcivescovo di Manila?
R. – Il rischio dei brogli è
sempre presente qui nelle Filippine. Quanto poi possa incidere sul risultato
finale, questo è sempre un punto di domanda. Non si riesce mai a capire, anche
quando tutto è finito, quanto le elezioni siano state oneste e quanto, invece,
ci siano state manipolazioni, soprattutto nel conteggio dei voti.
D. – Quanto può influire in questa
consultazione il peso dei militari?
R. – Non sembra che questa volta i
militari abbiano un grosso peso sulle elezioni. Non ci sono state significative
dichiarazioni da parte di gruppi militari. Per il momento sembra tutto sotto
controllo.
D. – La capitale Manila è blindata
per il timore di attentati dei gruppi islamici?
R. – Recentemente, negli ultimi
due o tre giorni, hanno detto che alcuni avrebbero venuti da Mindanao qui a
Manila per fare degli attentati. Però non ci sono grosse prove al riguardo.
D. – In questo voto, quanto potrà
pesare la questione dell’Iraq, visto che le Filippine sono presenti in Iraq con
un contingente di 51 soldati e 3 mila civili che lavorano nelle imprese?
R. – Per la verità non è stato un
punto della campagna elettorale. Nessuno ha parlato di questo problema, del
problema dell’Iraq o dei soldati filippini impegnati in Iraq. I punti della
campagna elettorale sono, più o meno, sempre i soliti: la corruzione del
governo, la lotta alla povertà e il lavoro assicurato a tutti. Questi sono i
punti fondamentali. E poi il cosiddetto “Peace and order”, il controllo della
malavita, dei grossi spacciatori di droga, dei sequestratori.
D. – Qual è stata la posizione
della Chiesa cattolica in queste elezioni, oltre alle dichiarazioni del
cardinale Rosales sul rischio di brogli?
R. – La Chiesa cattolica ha
puntato soprattutto a ricordare alla gente di scegliere persone qualificate,
possibilmente dalla moralità solida, non corrotte, non coinvolte in brogli o soprattutto
in casi di corruzione, che si verificano anche a livello di governo. Per il
resto, non ci sono state dichiarazioni di parte, nel senso di prendere una
posizione a favore di un candidato o dell’altro.
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I conservatori
iraniani hanno confermato il loro controllo nel nuovo Parlamento dopo il
ballottaggio delle elezioni, svoltosi venerdì, per l'assegnazione di altri 57
seggi, oltre ai 232 già aggiudicati nel primo turno del 20 febbraio scorso. Gli
osservatori ritengono che almeno la metà dei seggi in palio sia andata appunto
ai conservatori. Il resto è distribuito tra riformisti e cosiddetti
“indipendenti”, che poi potrebbero decidere di unirsi all'uno o all'altro
schieramento.
Il governo
israeliano esamina oggi la politica di disimpegno dai palestinesi, una settimana
dopo che il Likud ha bocciato il piano del premier Sharon per un ritiro
unilaterale da Gaza. Intanto la radio militare ha confermato questa mattina che
Sharon ha rinunciato a compiere una visita negli Stati Uniti, prevista per la
settimana prossima. E resta alta la tensione in tutta l’area: l'esercito
israeliano ha scoperto nei pressi di Rafah, nel sud della striscia di Gaza, un
tunnel in costruzione che avrebbe dovuto collegare Gaza all'Egitto ed essere
usato tra l'altro per contrabbandare armi. Sempre a Gaza un'automobile è stata
investita da un'esplosione che non ha però provocato vittime.
Si è concluso con una visita privata alla comunità musulmana di
origine turca della Tracia, il viaggio del primo ministro turco, Recep Erdogan,
in Grecia. Una tre giorni piena di appuntamenti istituzionali, tesa a
confermare i buoni rapporti tra i due Paesi, nonostante il blocco alla
riunificazione di Cipro. Negli ultimi 16 anni Erdogan è stato il primo premier
turco a visitare il Paese ellenico.
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