RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 128 - Testo della trasmissione di venerdì 7 maggio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Si intensifichi in Ucraìna il dialogo tra cattolici e ortodossi: è quanto ha detto oggi il Papa ricevendo il nuovo ambasciatore ucraino presso la Santa Sede

 

Ricevuta in Vaticano una delegazione della Papal Foundation, organismo cattolico statunitense a sostegno dell’attività caritativa del Papa

 

Tra fascino e tradizione si è svolta ieri, in Aula Paolo VI, la cerimonia per il giuramento delle reclute delle guardie svizzere.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Per risolvere la crisi irachena e mediorientale occorre tornare alla legalità internazionale: così il cardinale Tauran in visita negli Stati Uniti. Intervista con il porporato

 

Domani a mezzogiorno la tradizionale supplica di Pompei: quest’anno è dedicata in particolare ai cristiani perseguitati nel mondo e a tutti quello che vedono violati i propri diritti. Ai nostri microfoni mons. Carlo Liberati

 

Convegno a Torino sul confronto tra Stato e Religioni: con noi il priore di Bose Enzo Bianchi

 

Seconda giornata del Congresso ecumenico internazionale a Stoccarda: ce ne parla Liliane Bertrand

 

CHIESA E SOCIETA’:

La popolazione del Sudan è scoraggiata dal continuo rinvio dell’accordo di pace tra ribelli e governo

 

In Uganda arrestate sei persone ritenute responsabili del brutale assassinio di padre Luciano Fulvi

 

Alla Colombia il triste primato di violenza quotidiana

 

Un Enchiridion della pace da Pio X a Giovanni Paolo II messo a punto dalle Edizioni Dehoniane di Bologna

 

Suore malmenate e rapinate questa notte in un convento di Cercola, in provincia di Napoli

 

Il 21 maggio al Lyrick Theatre di Assisi, in Umbria, il debutto in prima nazionale del musical “Chiara di Dio”, dedicato a  Santa Chiara

 

24 ORE NEL MONDO:

 Senza fine la violenza in Iraq, nuove minacce di Bin Laden

 

Riprese questa mattina le incursioni israeliane nel Libano del sud

 

Elezioni parlamentari in Iran: vittoria scontata per i conservatori

 

Putin ha giurato: inizia il secondo mandato al Cremlino.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 maggio 2004

 

 

SI INTENSIFICHI IN UCRAINA IL DIALOGO TRA CATTOLICI E ORTODOSSI:

È QUANTO HA DETTO OGGI IL PAPA RICEVENDO IL NUOVO AMBASCIATORE UCRAINO PRESSO LA SANTA SEDE. GIOVANNI PAOLO II INVITA IL PAESE A RAFFORZARE I RAPPORTI CON LE ALTRE NAZIONI EUROPEE

SENZA PERDERE LA PROPRIA IDENTITÀ CRISTIANA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Nel ricercare un legame più stretto con le altre nazioni europee, il popolo ucraino non perda la propria identità culturale. E’ la riflessione offerta da Giovanni Paolo II al nuovo ambasciatore dell’Ucraina presso la Santa Sede, Grygorii Fokovych Khoruzhyi, ricevuto stamani in Vaticano per la presentazione delle lettere credenziali. Il Papa ha assicurato che la Chiesa cattolica “non mancherà di contribuire alla costruzione di una nazione prospera e pacifica”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La Santa Sede ritiene utili per il progetto della collaborazione europea le aspirazioni del popolo ucraino a tessere un rapporto più intenso con le altre nazioni del Vecchio Continente, purché conservi le caratteristiche politiche e culturali che lo contraddistinguono. E’ quanto affermato da Giovanni Paolo II, che ha sottolineato come l’Ucraina, “posta a crocevia dell’Oriente e dell’Occidente”, potrà meglio assolvere la “sua missione di incontro fra popoli e culture differenti, se manterrà intatta la propria peculiare fisionomia”. Continuando ad operare in campo spirituale, sociale, politico ed economico, l’Ucraina potrà, dunque, divenire un “significativo laboratorio di dialogo, di sviluppo e di cooperazione con e per tutti”. Per questo, ha avvertito il Pontefice, gli esponenti della politica, della cultura e dell’economia devono mettere le proprie capacità al servizio di un autentico progresso della patria, riservando speciale attenzione ai poveri, ai bambini e ai giovani in cerca di lavoro.

 

Il Papa non ha mancato di ricordare il suo viaggio apostolico in terra ucraina, tre anni fa. Il Vangelo, ha rilevato, “ha plasmato la vita, la cultura e le istituzioni” dell’Ucraina per cui oggi è grande la sua responsabilità “nel comprendere, difendere e promuovere la propria eredità cristiana, tratto distintivo della Nazione, non intaccato in profondità neppure dalla funesta dittatura del comunismo”. D’altro canto, ha proseguito, “non posso non considerare che i discepoli di Cristo si presentano purtroppo ancora divisi” nel Paese. Di qui, la necessità che il dialogo ecumenico prosegua e si intensifichi “nel rispetto reciproco e nella ricerca costante dell’unità voluta da Cristo”.

 

Riconoscendo, poi, che il governo di Kiev persegue una politica di libertà religiosa, ha espresso l’auspicio che “si arrivi presto a una definizione giuridica della Chiese, su un piano di effettiva parità tra tutte”. Si è, inoltre, augurato “che vengano stipulati accordi soddisfacenti nel più delicato ambito della restituzione dei beni ecclesiastici confiscati durante la dittatura comunista”. Parole che assumono un significato particolare a tre giorni dalla restituzione alla Chiesa, da parte del governo ucraino, della residenza del vescovo della città di Leopoli, confiscata da Stalin, quasi 60 anni fa.

 

Dal canto suo, nell’indirizzo d’omaggio, l’ambasciatore ha affermato che il popolo ucraino condivide pienamente la posizione della Santa Sede volta a preservare le comuni radici cristiane dell’Europa unita, di cui l’Ucraina si sente parte integrante. Quindi, si è soffermato sulle trasformazioni economiche in corso nella ex Repubblica sovietica.

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Nato 57 anni fa, nella Regione di Poltava, l’ambasciatore Grygorii Fokovych Khoruzhyi è sposato ed ha due figli. Laureato in Filosofia, è stato console generale a Monaco dal 1995 al 1998, vice ministro dell’Informazione dal 1998 al 1999 e consigliere di ambasciata presso la Federazione Russa, negli ultimi tre anni. Parla russo, inglese, tedesco e bulgaro.

 

L’Ucraina - indipendente del 1991 - ha un’estensione pari a due volte quella dell’Italia e una popolazione di 48 milioni di abitanti. Di questi, il 30 per cento sono cristiani ortodossi, l’8,2 di fede cattolica e il 3,5 protestante.

 

 

RICEVUTA IN VATICANO UNA DELEGAZIONE DELLA PAPAL FOUNDATION,

ORGANISMO CATTOLICO STATUNITENSE

A SOSTEGNO DELL’ATTIVITA’ CARITATIVA DEL PAPA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Tempo, talento e contributi economici messi a servizio della missione universale del Papa. Su questo tipo di servizio hanno fondato la propria attività i membri della Papal Foundation, una cinquantina dei quali sono stati ricevuti questa mattina in Vaticano da Giovanni Paolo II, in occasione della loro visita a Roma. Fondazione cattolica statunitense, istituita nel 1990 dallo scomparso arcivescovo di Philadephia, il cardinale John Krol, la Papal Foundation si incarica di raccogliere annualmente dei fondi per sostenere le attività caritative del Pontefice.

 

Un’opera per la quale Giovanni Paolo II ha espresso molta gratitudine: il dedicarvi a ciò “attraverso il dono generoso del vostro tempo, talento e denaro – ha affermato il Papa – è un esempio concreto del vostro amore e del vostro impegno nei riguardi della Chiesa e del Successore di Pietro”.

 

 

TRA FASCINO E TRADIZIONE SI È SVOLTA IERI, IN AULA PAOLO VI,

 LA CERIMONIA PER IL GIURAMENTO DELLE RECLUTE DELLE GUARDIE SVIZZERE,

 IL CORPO ISTITUITO DA GIULIO II CHE FESTEGGERA’, TRA DUE ANNI,

500 ANNI DI FONDAZIONE

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

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(Rullo dei tamburi)

 

Il rullo dei tamburi a scandire il passo delle guardie nelle uniformi di gran gala mentre avanzano tra la meraviglia e gli applausi della folla e la scintillante presenza delle alabarde hanno accompagnato l’ingresso delle reclute della Guardia Svizzera Pontificia nell’Aula Paolo VI. La cerimonia, nella quale si commemora anche il sacrificio di 147 soldati elvetici che morirono durante il Sacco di Roma il 6 maggio del 1527 per difendere Papa Clemente VII, è quindi proseguita con l’esecuzione dell’inno elvetico e di quello Pontificio. Successivamente il cappellano della Guardia, Mons. Martin Beutler, ha pronunciato il proprio discorso, incentrato sulla parola ‘nuovo’ e sul significato che questo termine assume per il corpo istituito nel 1506 da Papa Giulio II. Quindi il cappellano ha letto il testo del giuramento:

 

“Giuro di servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II e i suoi legittimi successori, come pure di dedicarmi a loro con tutte le forze, sacrificando, ove occorra, anche la vita per la loro difesa”...

 

Le nuove reclute, chiamate per nome, si sono quindi fatte avanti ed ognuna, con la mano sinistra sulla bandiera della Guardia e la destra alzata con le tre dita aperte, quale simbolo della Trinità, ha confermato e giurato. Ammirate nei secoli da pellegrini e turisti per la caratteristica foggia rinascimentale della loro divisa, il cui disegno viene attribuito all’estro di Michelangelo, le Guardie Svizzere sono parte integrante della Città del Vaticano. Un simbolo che suscita ammirazione, rispetto, curiosità e che non sembra conoscere gli effetti del tempo. Al suggestivo evento, sempre ricco di grande fascino, hanno partecipato - tra gli altri - il Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Leonardo Sandri, il segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Giovanni Lajolo, ed autorità svizzere e italiane.

 

(Marcia)

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Papa nel corso della mattina ha ricevuto in successive udienze:l’arcivescovo Mario Zenari, nunzio apostolico in Costa d’Avorio, Niger e Burkina Faso; l’arcivescovo Antonio Arcari, nunzio apostolico in Honduras; i presuli statunitensi mons. Thomas J. Tobin, vescovo di Youngstown, e mons. Leonard Paul Blair, vescovo di Toledo negli Usa, con l’ausiliare mons. Robert William Donnelly, in visita ad Limina;il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi; e  infine il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

Sempre oggi il Santo Padre ha nominato vescovi ausiliari dell’Ordinariato Militare degli Stati Uniti: mons. Richard Brendan Higgins, del clero della diocesi di Sacramento in California, cappellano dell’Accademia della Forza Aerea in Colorado Springs, assegnandogli la sede titolare vescovile di Case Calane; e mons. Joseph Walter Estabrook, del clero della diocesi di Albany (New York), cappellano della Marina in Pearl Harbor, assegnandogli la sede titolare vescovile di Flenucleta.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

In prima pagina un “blocco” dedicato all’Ucraina.

Il discorso del Sostituto della Segreteria di Stato, arcivescovo Leonardo Sandri,  in occasione della cerimonia di consegna della residenza episcopale requisita nel 1945 dal regime sovietico, e l’omelia del presule durante la concelebrazione eucaristica nella chiesa dedicata alla Madonna della Candelora, a Lviv.

Il discorso del Papa al nuovo ambasciatore di Ucraina.

 

Nelle vaticane, l’udienza del Santo Padre ai membri della “Papal Foundation”.

 

Nelle estere, in rilievo l’Iraq, dove infuriano sanguinosi combattimenti.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Giovanni Lugaresi in merito ad una mostra, a Padova, dedicata a Francesco Petrarca.

Una monografia sul tema: “Caratteristiche e difficoltà della comunicazione nell’era della multimedialità”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la vicenda Alitalia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

7 maggio 2004

 

 

 

PER RISOLVERE LA CRISI IRACHENA E MEDIORIENTALE

OCCORRE TORNARE ALLA LEGALITA’ INTERNAZIONALE:

COSI’ IL CARDINALE TAURAN IN VISITA NEGLI STATI UNITI

- Intervista con il porporato -

 

In questi giorni il cardinale Jean-Louis Tauran, per lungo tempo segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati, si è recato in visita a New York, dove ha ricevuto una laurea Honoris Causa e ha partecipato a vari dibattiti sull’attualità internazionale. Paolo Mastrolilli lo ha incontrato per chiedergli un commento sulla situazione in Iraq. Ascoltiamo quanto ha risposto:

 

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R. – Come era da prevedere è molto più difficile gestire il periodo post-bellico rispetto al momento della guerra in se stessa. Si tratta ora di favorire il ritorno alla normalità, alla sovranità, cercando di dare al popolo iracheno la possibilità di esprimersi sul suo futuro e quindi ridare al diritto internazionale, alla comunità internazionale il ruolo che competono loro.

 

D. – In questi giorni negli Stati Uniti ci sono state anche molte polemiche per i maltrattamenti, che sono avvenuti nella prigione di Baghdad nei confronti dei prigionieri iracheni. Qual è il suo giudizio su questo episodio e che impatto può avere nelle relazioni con le popolazioni del Medio Oriente?

 

R. – Certo si tratta di fatti deplorevoli. Si deve inoltre ricordare che c’è uno “jus in bello”, nel senso che non si può fare qualsiasi cosa durante i periodi di guerra. Ciò che è importante è di ricordare la dignità della persona umana; ci sono le Convenzioni di Ginevra che danno i riferimenti essenziali per risolvere questi problemi. Certo è che le immagini hanno un impatto molto forte sull’opinione pubblica araba e ci sono ora da temere delle reazioni non sempre moderate. C’è bisogno ora di molta misura ed ovviamente è necessario punire chi è responsabile di questi maltrattamenti.

 

D. – Cosa suggerisce per cercare di raggiungere l’obiettivo di restituire la sovranità al popolo iracheno?

 

R. – Dare a tutte le componenti della società irachena la possibilità di esprimersi e alla comunità internazionale di accompagnare un processo di dialogo interno alla società irachena.

 

D. – La mancata soluzione del conflitto fra gli israeliani ed i palestinesi è una delle ragioni dell’instabilità in Medio Oriente e che probabilmente alimenta anche il terrorismo. Qual è il suo giudizio sulla situazione nel processo di pace allo stato attuale?

 

R. – La non risoluzione del conflitto israelo-palestinese, come ho detto anche recentemente, è la madre di tutte le crisi. Una volta risolta questa crisi, le altre saranno risolte. Si tratta di un problema di giustizia internazionale, che va risolto secondo i dettami del diritto internazionale e della risoluzione delle Nazioni Unite. C’è bisogno di un ritorno alla legalità internazionale.

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DOMANI ALLE 12.00 LA TRADIZIONALE SUPPLICA ALLA BEATA VERGINE DI POMPEI, QUEST’ANNO DEDICATA AI CRISTIANI PERSEGUITATI NEL MONDO

E A TUTTI COLORO CHE VEDONO CALPESTATI I PROPRI DIRITTI

- Intervista con mons. Carlo Liberati -

 

Domani, 8 maggio, è la festa della Beata Vergine di Pompei. Tradizionalmente a mezzogiorno, dopo la Santa Messa celebrata nel Santuario, si recita la Supplica alla Madonna di Pompei. Una preghiera composta dal Beato Bartolo Longo. Quest’anno è mons. Carlo Liberati, nominato da poco vescovo prelato di Pompei, a presiedere la celebrazione della Messa e la Supplica alla Beata Vergine del Rosario. Giovanni Peduto gli ha chiesto come è nata questa particolare preghiera mariana:

 

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R. – La Supplica si radica in un’intuizione profetica che Bartolo Longo, giovane avvocato, ha in una strada di campagna di Pompei, dopo che si era convertito all’indomani di un periodo di smarrimento giovanile. La Madonna gli dice che deve consacrare la sua vita alla devozione e alla diffusione del Rosario, facendo della Valle di Pompei un luogo di riferimento per Gesù, per la Madonna e per tutta la Chiesa. Bartolo Longo, dopo questa intuizione del 2 ottobre del 1872, nel 1876 acquista il terreno per l’edificazione del Santuario con il conforto del vescovo di Nola. L’8 maggio del 1876 posa la prima pietra del Santuario.

 

D. – Qual è quest’anno l’intenzione particolare della Supplica?

 

R. – Quest’anno noi dedicheremo la Supplica in modo particolare alle intenzioni della pace: per la Chiesa perseguitata in Vietnam, in Cina, nell’arcipelago dell’Indonesia, in Africa, soprattutto il Sudan; e poi dedicheremo la Supplica a tutti quegli uomini e donne – che sono milioni, centinaia di milioni – che si vedono conculcati ed offesi nei loro diritti di persone e nella loro dignità umana, ovunque si trovino, a qualsiasi religione appartengono e su tutta la faccia della terra.

 

D. – Perché, eccellenza, la preghiera del Rosario è tanto potente?

 

R. – La preghiera del Rosario è potente, perché contempla il volto di Cristo con lo sguardo e il cuore di Maria. La Madonna, come Madre di Gesù, della Chiesa, della nostra fede, non dice no a nessuno; non può dire di no, perché è la Madre della Grazia e quindi come può dire no la Madonna a chi la invoca?

 

D. – Cosa rispondere a quelli che obiettano che pregano molto ma non vedono riscontri alle loro richieste?

 

R. – Quando noi preghiamo ci dobbiamo abbandonare alla volontà di Dio, al progetto di Dio sopra di noi. Molte volte poi non siamo esauditi, perché siamo presi dalla fragilità umana, siamo immersi nella colpa e non ci liberiamo facilmente del peccato: molte volte non esiste neanche questa volontà nei comuni cristiani di uscire dal male. Come può allora la Madonna esaudirci se noi non siamo disponibili alla conversione del cuore, dell’intelligenza e di tutta la nostra persona?

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IL CONFRONTO TRA STATO E RELIGIONI:

SPUNTI PER UN DIALOGO CHE MIRI ALLA PACE DELL’EUROPA E DEL MONDO

- Intervista con il priore di Bose Enzo Bianchi -

 

Le religioni sono diventate “una componente fondamentale nel dibattito politico contemporaneo”. E’ una delle affermazioni alla base del convegno che occupa oggi un importante spazio all’interno della Fiera del Libro di Torino. Promosso dal World Political Forum – un organismo creato dal premio Nobel Mikhail Gorbaciov – il convegno pone in primo piano i conflitti e i punti di convergenza del dialogo tra Stato e religioni: la capacità del primo di creare un piano di rispetto e integrazione per le diverse fedi che vivono al suo interno, e la tendenza delle seconde ad interagire sempre più con le istituzioni nella costruzione di una pacifica convivenza a livello mondiale. Un’eco di questo confronto è possibile coglierla nel dibattito che sta interessando l’Europa a 25 Stati: in particolare, nel riconoscimento delle radici cristiane in seno alla nuova Costituzione comunitaria. Ecco una riflessione del priore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi – uno dei relatori al convegno - intervistato da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Io credo che sarebbe importante ci fosse questa menzione delle radici cristiane e che anche nella Costituzione europea si facesse riferimento a quei valori che vengono dal cristianesimo e dalla lunga tradizione cristiana. Questo è molto importante, soprattutto in questo momento in cui la Chiesa cattolica ha la coscienza di poter apportare all’Europa una vera e sana laicità – quella “giusta laicità” di cui parla il Papa – che non sta ad indicare l’indifferenza dello Stato e della Chiesa l’un verso l’altro. La Chiesa, però, sa che questa laicità è necessaria affinché lo Stato possa assicurare la coesistenza di più tradizioni religiose, di credenze sullo stesso territorio.

 

D. – A questo proposito, però, la questione dell’uso del velo in Francia è la spia di una non facile convivenza tra tradizione laica dello Stato e sollecitazioni religiose...

 

R. – Io ritengo che bisogna stare attenti. Una giusta laicità significa anche accogliere il fatto che vi siano dei simboli religiosi, almeno fino a quando essi non rappresentino un pericolo alla coesistenza pacifica delle religioni. Viceversa, saremmo davanti a una forma di laicismo che impedisce che vi sia, nell’area pubblica, anche la manifestazione dell’identità di chi professa una credenza religiosa. Io credo che la laicità permetta di non mescolare fede e religione con la politica.

 

D. – Nell’attuale scenario dominato dal condizionamento imposto dal terrorismo, come crede si svilupperà il dialogo tra mondo occidentale-cristiano e mondo arabo-musulmano?

 

R. – Devo dire che ho molta fiducia. Sì, c’è il terrorismo, ma non si può dire che il terrorismo sia il frutto di tutta una cultura o di una civiltà o dei popoli islamici. Certamente, da parte nostra occorre che ci sia una capacità molto forte di dialogo con quelle componenti, soprattutto dell’islam, che sono aliene da ogni forma di terrorismo. Nella misura in cui noi potenziamo il dialogo con loro, noi saremo allora capaci di essere dei partner di un dialogo molto serio e autentico e quindi portare anche tutto l’islam a quella evoluzione nella quale è possibile cercare insieme vie di pace e di giustizia.

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SECONDA GIORNATA A STOCCARDA DEL CONGRESSO ECUMENICO INTERNAZIONALE PROMOSSO DAI MOVIMENTI CRISTIANI EUROPEI

- Intervista con Liliane Bertrand -

 

Costruire lo spirito dell’Europa attraverso i movimenti. Con questo tema si sta svolgendo a Stoccarda la seconda giornata del Congresso ecumenico internazionale, che vede riuniti più di tremila rappresentati delle Comunità anglicane, evangeliche, cattoliche ed ortodosse dell’Unione Europea. In serata l’incontro con 53 vescovi europei di sei diverse confessioni, che prenderanno parte domani alla grande manifestazione “Insieme per l’Europa”, alla quale si prevede parteciperanno oltre 15 mila persone. Il servizio di Stefano Leszczynski:

 

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Una intensa seconda giornata di congresso, quella che si è aperta alla “Liederhalle” di Stoccarda, capitale del Baden-Württemberg in Germania; la prima mattinata ha visto alternarsi momenti di preghiera e di riflessione guidati dal pastore evangelico Gerhard Pross. Il tema portante della giornata è sul ruolo dei Movimenti nel mondo attraverso la Parola di Dio e le difficoltà che si incontrano nel mondo odierno sconvolto dalla guerra, dalla povertà e dalla violenza; il difficile compito di riassumere le sfide che i movimenti cristiani affrontano quotidianamente è stato affidato a Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, che ha sottolineato come l’orizzonte dei Movimenti non sia più solamente quello locale-personale, ma diventa spesso quello di interi squarci del mondo. L’impegno per la pace e la solidarietà verso grandi e piccoli Sud del mondo deve quindi divenire impegno anche dell’Europa nella sua forma politica. La sfida, insomma, è quella di riuscire ad affermare i valori del Vangelo in una entità che non può continuare ad essere solamente politica ed economica. Ma sentiamo al riguardo il commento di Liliane Bertrand, del Movimento “Pro Sanctitate” lituano:

 

“Penso che la Lituania aspettava con tanto desiderio di potere entrare effettivamente nella comunità europea; quello che si avverte nel Paese e anche nella Chiesa è questo grande desiderio di costruire insieme su basi spirituali. La Lituania, a differenza dell’Estonia e della Lettonia, gli altri due Paesi Baltici, è molto più cattolica – la maggior parte dei cittadini sono cattolici – e quindi c’è una base di cattolicesimo. Però, anche per loro entrare nella comunità europea significa scoprire altri movimenti, sentendo che ci sono tanti movimenti che vivono qualcosa insieme. Se è possibile farlo a livello di fede per i movimenti, allora è possibile anche per i Paesi. Non è soltanto una cosa economica, finanziaria, ma è una cosa molto più profonda, basata sulla spiritualità”.

 

Stefano Leszczynski, Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

7 maggio 2004

 

LA POPOLAZIONE DEL SUDAN E’ SCORAGGIATA DAL CONTINUO RINVIO DELL’ACCORDO DI PACE TRA RIBELLI E GOVERNO.

E’ L’AMARA CONSTATAZIONE

DEL VESCOVO AUSILIARE DI TORIT, MONS. AKIO JOHNSON MUTEK

 

KHARTOUM. = “I sudanesi sono scoraggiati: si chiedono fino a quando la comunità internazionale e le Nazioni Unite continueranno a lanciare ‘avvertimenti’ contro il governo del Sudan, che ha dimostrato di non voler la pace”. Lo ha detto all’Agenzia missionaria Misna il vescovo ausiliare di Torit, Akio Johnson Mutek, aggiungendo che “ci sono segni di diffuso malcontento per il continuo rinvio della firma degli accordi di pace tra governo e l’Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla)”. La sua riflessione si è soffermata quindi sull’inquietante scenario del Paese Africano, colpito nella regione occidentale del Darfur dal dramma delle violenze tra i ribelli e l’esercito di Khartoum. Ma nel Paese si deve anche registrare l’alternanza di speranza e scetticismo per lo svolgimento dei colloqui di pace in Kenya tra le autorità islamiche sudanesi e gli indipendentisti che chiedono  l’autonomia dei territori meridionali. Qualcuno, ha affermato il presule, “trae vantaggio dai continui combattimenti: una pace stabile rischierebbe di interrompere questo ‘business’ legato al conflitto”, che in vent’anni ha provocato oltre due milioni di morti. Nell’altra area calda del Paese - il Darfur - l’unica presenza internazionale, a parte pochissime agenzie umanitarie, è stata quella di un team della Commissione Onu per i diritti umani, che ha raccolto testimonianze di gravi violazioni, ammesse anche dal ministro degli Esteri sudanese. (A.L.)

 

 

IN UGANDA ARRESTATE SEI PERSONE RITENUTE RESPONSABILI

DEL BRUTALE ASSASSINIO DI PADRE LUCIANO FULVI, IL COMBONIANO UCCISO

NELLA MISSIONE DI LAYIBI LO SCORSO MESE DI MARZO

 

KAMPALA. = Sei persone sono state arrestate nel Nord Uganda per l’omicidio di padre Luciano Fulvi, il comboniano brutalmente assassinato lo scorso 30 marzo nella sua stanza nella missione di Layibi, vicino a Gulu. Lo ha confermato all’agenzia missionaria Misna il superiore provinciale dei comboniani padre Guido Oliana. I sei accusati, tra i quali vi sarebbe un giovane ex-cuoco della missione, sono cinque giovani tra i 18 e i 22 anni e un cinquantenne. L’area di Gulu e dell’Uganda del Nord è teatro di frequenti rapine ed attacchi: spesso le violenze sono commesse dal sedicente Esercito di resistenza del signore, composto da guerriglieri separatisti che si oppongono al governo centrale del presidente ugandese, Yoweri Museveni. Negli ultimi 18 anni sono stati uccisi nella regione 15 missionari cattolici. Padre Fulvi, originario di Uzzano, in provincia di Pistoia, era impegnato nella pastorale vocazionale nella missione Layibi; nel Paese africano era arrivato per la prima volta nel 1956 e si era trattenuto fino al 1964. In seguito, era stato in Inghilterra e Scozia fino al 1990, per poi ripartire alla volta dell’Uganda, ultima tappa del suo percorso missionario. Il suo servizio pastorale si era svolto soprattutto nel campo dell'istruzione a favore dei più giovani. (A.L.)

 

 

ALLA COLOMBIA IL TRISTE PRIMATO DI VIOLENZA QUOTIDIANA.

PIÙ DI 21 MILA GLI OMICIDI LO SCORSO ANNO MENTRE AUMENTANO

ANCHE IL NUMERO DI STRAGI. LA POPOLAZIONE EMIGRA IN MASSA

ALLA RICERCA DI CONDIZIONI DI VITA MIGLIORI

 

BOGOTÀ. = E’ della Colombia il record di violenza mai registrato prima in qualsiasi altro Paese del mondo. Un morto ogni 24 minuti pari a 59 omicidi al giorno e la probabilità di subire violenze o ferite ancora più alta, sono dati che potrebbero non sorprendere se si tiene conto che il Paese da 40 anni è alle prese con vari movimenti armati e con gli omicidi a raffica di gruppi paramilitari. Ma secondo le statistiche diffuse dal Dipartimento nazionale di programmazione risulta che solo il 10 per cento degli assassini quotidiani vanno ascritti a questo tipo di violenza. La percentuale più alta degli omicidi è causata da una società intrisa di violenza, nella quale si registra un sequestro di persona a scopo di riscatto ogni sette ore da parte di piccoli o grandi gruppi criminali. Lo scorso anno gli omicidi sono stati più di 21 mila mentre è ancora più significativo l’aumento delle stragi passate da 15 a 19. Nonostante l’aumento delle somme investite dal governo per la difesa, negli ultimi anni già cinque milioni di colombiani hanno lasciato il Paese in cerca di condizioni di vita migliori. (G.L.)

 

 

UN ENCHIRIDION DELLA PACE DA PIO X A GIOVANNI PAOLO II

MESSO A PUNTO DALLE EDIZIONI DEHONIANE DI BOLOGNA:

NELLE LIBRERIE IL PRIMO DEI DUE VOLUMI

CON LA PRESENTAZIONE DEL CARDINALE JEAN-LOUIS TAURAN

- A cura di Giovanni Peduto -

 

BOLOGNA. = Le Edizioni Dehoniane di Bologna hanno curato una raccolta dei testi aventi come tema la pace dei Pontefici a partire da Pio X a Giovanni Paolo II. Nelle librerie è già pronto il primo dei due volumi, che raccoglie il periodo da Pio X a Giovanni XXIII e reca la presentazione del cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa. L’opera, come sottolinea il porporato, offre l’azione ispirata e perseverante dei Papi dell’epoca moderna in favore della pace. Traspare una Chiesa che cammina insieme con l’umanità, che ascolta e dialoga senza sostituirsi alle responsabilità proprie dei dirigenti politici e dei cittadini. Di questo primo volume, da Pio X a Giovanni XXIII, vogliamo sottolineare l’appello di Benedetto XV contro l’irragionevolezza della guerra. Pio XI si scontra con le dittature e Pio XII conosce un conflitto di inaudita violenza. Giovanni XXIII, con l’enciclica “Pacem in terris” e il Concilio Vaticano II, pone la questione su basi nuove, rivolgendosi a tutti gli uomini di buona volontà. Egli dichiara improponibile una guerra giusta nell’era delle armi atomiche. Su questa visione si snoderà il cammino di Paolo VI e di Giovanni Paolo II – i loro interventi saranno l’oggetto del secondo volume di prossima pubblicazione – in un continuo crescendo che ci accompagna fino ai nostri giorni.

 

 

SUORE MALMENTATE E RAPINATE QUESTA NOTTE IN UN CONVENTO DI CERCOLA,

 IN PROVINCIA DI NAPOLI. UNA RELIGIOSA MUORE

IN SEGUITO AD UN ATTACCO CARDIACO

 

NAPOLI. = Momenti drammatici questa notte per alcune suore nel Convento Sant’Anna di Cercola, in provincia di Napoli. Le religiose sono state sequestrate, malmenate e rapinate. Una di loro  è deceduta per un malore che l'ha colpita subito dopo. Tutto è iniziato intorno alle 4.00, quando tre malviventi sono penetrati nel convento ed hanno sequestrato, maltrattato e rapinato le suore che erano all'interno. Una volta sottratto loro il denaro - circa 7000 euro - i tre malfattori sono subito fuggiti. Nella struttura, che funge anche da Istituto scolastico, vivono 28 suore. Sul posto sono intervenuti i carabinieri che hanno tentato inutilmente di soccorrere la sorella colpita da malore. La religiosa aveva 83 anni, e, secondo la prima ricostruzione dell'accaduto, si sarebbe accasciata a terra subito dopo la fuga dei tre. Soccorsa dalle consorelle, all'arrivo dell'ambulanza non si sarebbe potuto che constatarne il decesso. I rapinatori, data la configurazione del convento, sarebbero penetrati direttamente ad uno dei piani superiori dell'edificio dove si trovano anche le stanze di alcune religiose. Solo la scorsa settimana la madre badessa aveva denunciato un episodio di furto avvenuto nel convento. Nel giro degli ultimi mesi, questo è il terzo episodio nella provincia di Napoli di rapina a conventi di religiose. (S.S.)

 

 

IL 21 MAGGIO AL LYRICK THEATRE DI ASSISI, IN UMBRIA, IL DEBUTTO

 IN PRIMA NAZIONALE DEL MUSICAL “CHIARA DI DIO”, DEDICATO ALLA FIGURA

 E ALLA VITA DI SANTA CHIARA

 

PERUGIA. = “Chiara di Dio” è il titolo del musical dedicato alla figura e alla vita di Santa Chiara, il cui debutto, in prima nazionale, sarà il 21 maggio al Lyrick Theatre di Assisi, in Umbria. Presentato ieri a Roma, lo spettacolo intende - come ha spiegato lo stesso regista e autore, Carlo Tedeschi, il quale si è avvalso delle fonti francescane - riscoprire la figura di questa santa: prima donna della storia della Chiesa che abbia dettato la regola del proprio ordine. “Ritengo che l’esistenza di Chiara, il suo coraggio, la sua determinazione, ma anche la sua dolcezza e la sua umiltà, possano costituire un esempio per tutte le donne di oggi”, ha affermato Tedeschi. Il musical ripercorre, infatti, i momenti più toccanti e straordinari della vita della santa: dall’incontro con San Francesco, alla fuga da casa, alla spettacolare cacciata dei Saraceni mediante l’ostensorio contenente l’Ostia consacrata. Tra le numerose rappresentazioni in programma in tutta Italia, ne è prevista anche una l’11 agosto, giorno della morte di Chiara, nel convento di San Damiano, ad Assisi, dove la Santa visse per 42 anni. Parte del ricavato di questo spettacolo sarà devoluto al primo convento che le clarisse hanno appena ultimato in Rwanda. (D.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

7 maggio 2004

 

 

- A cura di  Salvatore Sabatino -

 

Tra esplosioni, battaglie e agguati, prosegue la violenza in Iraq, mentre arriva un nuovo messaggio di Bin Laden, che invita a combattere contro il nemico in cambio di oro. Intanto è ancora polemica sulle torture inflitte ai prigionieri iracheni. Il servizio di Salvatore Sabatino:

 

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Un’altra giornata, in Iraq, si apre all’insegna della violenza. Alle prime luci dell’alba, infatti, i cittadini di Nassirya, nel sud del Paese, sono stati svegliati da 4 forti esplosioni avvenute nei pressi della sede dell’Autorità provvisoria di coalizione. Fonti locali hanno confermato il fatto, precisando che colpi di mortaio sono caduti a poca distanza da un ospedale, provocando tre vittime. Già ieri la cittadina sotto il controllo del comando italiano aveva fatto da sfondo a tre attacchi della guerriglia; bilancio finale: 3 iracheni morti ed un bersagliere rimasto ferito. Sempre all’alba di oggi – quasi in contemporanea con le esplosioni di Nassirya – anche a Najaf si sono registrate 4 deflagrazioni, senza nessuna vittima. Nella città santa degli sciiti ieri si erano verificati violenti scontri a fuoco, con decine di morti. La battaglia aveva coinvolto anche la vicina Kufa, dove questa mattina è arrivato il leader radicale sciita Muqtad Sadr, sfuggito al controllo degli statunitensi che continuano ad asserragliare Najaf. A Kufa l'esercito americano ieri aveva lanciato un'offensiva proprio contro la milizia di Al Sadr, uccidendo 43 guerriglieri. Scontri placatisi nella notte, dove a tenere alta la tensione è stato invece un nuovo minaccioso proclama di Osama Bin Laden. Lo “sceicco del terrore” è tornato a spingere i fedeli arabi alla guerra contro il nemico americano ed i suoi alleati, parlando di ricompense in oro per chi riesca ad uccidere almeno un nemico. Taglia sul segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, l’amministratore statunitense in Iraq, Paul Bremer, i soldati americani, giapponesi ed italiani. Un messaggio, trasmesso da alcuni siti internet islamici, a cui però gli esperti non sembrano dare molto peso. Peso politico, invece, che continua ad avere la triste vicenda delle violenze nelle carceri irachene. Il presidente statunitense George W. Bush, questa notte, è tornato sull’argomento, scusandosi con gli iracheni per quanto accaduto, ma annunciando ufficialmente che il segretario alla Difesa Rumsfeld rimarrà al suo posto. Ieri una girandola di voci aveva parlato di possibili dimissioni del capo del Pentagono, reo di non aver tenuto il capo della casa Bianca al corrente di quanto stesse accadendo nelle prigioni irachene. E la polemica continua a resistere anche oltre oceano: il premier britannico Tony Blair  ha ribadito che “torture, abusi e maltrattamenti di prigionieri sono inaccettabili” e che “i responsabili dovranno rispondere dei loro atti davanti alla giustizia”. Blair ha poi invitato a non dimenticare le migliaia di soldati della coalizione che ogni giorno rischiano la vita per aiutare il popolo iracheno. Intanto spunta un nuovo testimone, che denuncia il coinvolgimento di altri soldati britannici nello scandalo. Come altri prima di lui, l'uomo si è messo in contatto con il quotidiano “Daily Mirror”, parlando di “terrificanti pestaggi”. Ed oggi anche il mondo della comunicazione ha dovuto registrare due perdite: si tratta di un giornalista polacco ed un cameraman tunisino, uccisi in un agguato a Sud di Baghdad. E pochi minuti fa è giunta la notizia di un’esplosione a Mossul, nel nord del Paese, in cui hanno perso la vita 4 poliziotti iracheni. Subito dopo c’è stato uno scambio di colpi di arma da fuoco.

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E c’è un altro scenario internazionale che si sta infuocando nelle ultime ore. Sono ripresi, infatti, questa mattina nel sud del Libano le incursioni israeliane in risposta agli attacchi degli Hezbollah. La questione mediorientale è stata al centro dei colloqui che il re Abdallah di Giordania ha avuto ieri alla Casa Bianca con il presidente americano Bush. Mentre la prossima settimana sarà al centro del colloquio tra il premier palestinese Abu Ala e il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, Condoleeza Rice. Il nostro servizio.

 

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Un soldato israeliano è rimasto ucciso nel bombardamento condotto questa mattina da guerriglieri libanesi Hezbollah contro postazioni militari situate alle pendici del Monte Dov, una zona indicata dai libanesi come Fattorie di Shebaa. Nell’incursione sarebbero, inoltre, rimasti feriti altri otto soldati israeliani. Due di  questi versano in condizioni gravi. Agli scontri a fuoco fra i due versanti del confine hanno preso parte batterie di artiglieria. Israele è invece ricorso anche all’aviazione. E la questione mediorientale è stata al centro dei colloqui che il re Abdallah di Giordania ha avuto ieri alla Casa Bianca con il presidente americano Bush. “Gli Stati Uniti non condizioneranno l'esito di negoziati diretti tra israeliani e palestinesi”, ha detto Bush al sovrano di Amman. Intanto il premier palestinese Abu Ala ha annunciato questa mattina che vedrà a breve il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, Condoleeza Rice. Al centro dell'agenda, ha precisato ancora il premier dell'Anp, ci saranno “le sofferenze del popolo palestinese”; e poi ancora “il processo di pace e la roadmap”, il piano di pace per il Medio Oriente messo a punto dai rappresentanti di Unione Europea, Onu, Russia e Stati Uniti. Secondo la stampa, la Rice potrebbe incontrare Abu Ala la settimana prossima, in Europa. Ieri, invece, in una conferenza stampa, il presidente George W. Bush ha anticipato che inoltrerà ad Abu Ala una lettera personale per chiarire meglio la posizione degli Stati Uniti riguardo al conflitto israelo-palestinese, e ciò dopo che ad aprile lo stesso capo della Casa Bianca era parso avvicinarsi alle posizioni del premier israeliano Ariel Sharon.

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Almeno dieci persone sono morte ed una cinquantina sono rimaste ferite nell'esplosione di una bomba in una moschea di Karachi, in Pakistan, durante la preghiera del venerdì. Lo hanno riferito fonti del governo regionale. L'attacco non è stato rivendicato. Sempre questa mattina, a Quetta, nella parte sudoccidentale del paese, era esploso un altro ordigno davanti alla sede di un tribunale provinciale, ferendo due persone.

Iraniani chiamati di nuovo al voto oggi per il rinnovo del Parlamento. Da assegnare 57 seggi in 39 circoscrizioni, dopo che al primo turno del 20 febbraio scorso i conservatori vicini all’Ayatollah Khamenei avevano già conquistato la maggioranza dei 290 seggi dell’Assemblea. La prima fase del voto si era svolta tra denunce di brogli al Consiglio dei Guardiani, che aveva bocciato circa 2.300 candidature dei riformisti. In questo quadro, il voto di oggi non può che apparire come una conferma della vittoria conservatrice. Ce ne parla il giornalista iraniano Anmad Rafat, già segretario della stampa estera in Italia, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Il Parlamento, che si riunirà fra venti giorni, ha già una maggioranza che appartiene all’area radicale o conservatrice. Nelle elezioni odierne, anche se tutti i seggi in ballo andassero ai riformisti del presidente Khatami, la maggioranza in Parlamento non cambierebbe.

 

D. – Quale sarà la sorte politica dei riformatori del presidente Khatami?

 

R. – I riformatori avranno un ruolo fino al giugno 2005, quando si terranno cioè le elezioni presidenziali. Dopodiché se non cambiano le cose, saranno messi fuori gioco perché perderanno anche la guida del governo che è attualmente in mano loro.

 

D. – Con queste elezioni, i conservatori controllano tutte le leve del potere. Ci sono pericoli per la democrazia in Iran?

 

R. – Certamente un pericolo c’è e comincia a vedersi: pare sia stata riconfermata la condanna a morte di Hashem Aghajari, l’intellettuale islamico che aveva chiesto una riforma dell’Islam e pertanto ora il nuovo Parlamento dovrà decidere se dare la luce verde all’esecuzione - che potrebbe addirittura portare ad una guerra civile in Iran - oppure riconoscere il proprio errore nell’aver condannato Aghajari e ritirare la sentenza.

 

D. – Quante probabilità ci sono che questo accada?

 

R. – Dipende anche molto da come vanno le relazioni internazionali dell’Iran. Teheran in questo momento ha delle difficoltà nei suoi rapporti con gli europei, dovute alla mancata chiarezza nella politica nucleare dell’Iran, alla questione dei diritti umani e al ruolo che proprio a Teheran viene attribuito di sostenere alcune fazioni radicali in Iraq.

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Prestando formale giuramento, Vladimir Putin ha oggi dato ufficialmente inizio al proprio secondo mandato quadriennale come presidente della Federazione Russa, conquistato con la schiacciante vittoria elettorale dello scorso marzo. Nel discorso d’insediamento il capo del Cremlino ha sottolineato l'importanza di un sistema politico democratico e del “rafforzamento delle libertà personali dei cittadini” per garantire un paese libero, forte e moderno”.

Faccia a faccia questa mattina ad Atene tra il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ed il suo omologo greco Costas Karamanlis. Durante la conferenza stampa congiunta i due capi di governo hanno parlato di clima “buono” e di rapporti “soddisfacenti” tra i due Paesi, aggiungendo che intendono rafforzare la cooperazione “in tutti i settori”. “E' mia personale volontà e del governo greco sostenere la prospettiva europea della Turchia”, ha affermato Karamanlis, mentre Erdogan, primo capo di governo turco a visitare la Grecia dal 1988, ha ricordato il processo di avvicinamento tra Atene ed Ankara, che “va avanti da cinque anni”. L’incontro, fin dall’inizio, intendeva dare un nuovo slancio ai rapporti tra i due Paesi, malgrado la battuta d'arresto rappresentata dal referendum su Cipro e la mancata riunificazione dell'isola.

 

Il premier cinese Wen Jabao è da ieri sera a Roma per una visita di tre giorni in Italia. Questa mattina ha incontrato il premier Berlusconi in un seminario sulla promozione degli investimenti tra i due Paesi. “Mi auguro che la Cina possa diventare una grande democrazia e un grande Stato di diritto - ha riferito il presidente del Consiglio italiano - in cui i diritti umani siano riconosciuti come sono riconosciuti oggi nella civiltà occidentale” aggiungendo poi che “il mondo ha bisogno della Cina come elemento di pace e stabilizzazione”. Dal canto suo, il premier cinese ha invece assicurato: “La nostra concorrenza non ostacolerà gli imprenditori italiani”.

 

In Kashmir, la polizia indiana ha riferito di aver ucciso Abdul Rashid, capo del principale movimento ribelle musulmano in lotta contro l'autorità di New Delhi. L’uomo è rimasto ucciso durante uno scontro a Srinagar, capitale estiva dello Stato indiano del Jammu e del Kashmir. L'operazione è stata effettuata dalle forze di polizia locali e  federali.

 

 

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