RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 127 - Testo della trasmissione di giovedì 6 maggio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Reso noto il calendario delle celebrazioni presiedute dal
Papa nei mesi di maggio e giugno
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
A Baghdad morti dieci guerriglieri, almeno 6
civili iracheni e un soldato Usa. A Kirkuk uccisi un funzionario ministeriale e
il suo autista
Da oggi storico viaggio in Grecia del primo
ministro turco, Erdogan.
6
maggio 2004
GIOVANNI
PAOLO II RINGRAZIA LE GUARDIE SVIZZERE PONTIFICIE
PER IL
SERVIZIO QUOTIDIANO AL PAPA E ALLA CHIESA.
STAMANI,
L’UDIENZA CON LE 33 RECLUTE, CHE NEL POMERIGGIO
PRESTERANNO
GIURAMENTO NELLA RICORRENZA DEL SACRIFICIO
DI 147
SOLDATI ELVETICI MORTI A DIFESA DEL PAPA, DURANTE IL SACCO DI ROMA
- Il
servizio di Alessandro Gisotti -
Giovanni
Paolo II ha espresso, stamani, la sua profonda gratitudine alle Guardie
Svizzere Pontificie per il servizio prestato al Papa e ai suoi collaboratori.
Il Santo Padre ha ricevuto in udienza 33 reclute, che giureranno oggi
pomeriggio. Come è tradizione, il giuramento delle nuove Guardie Svizzere
avviene il 6 maggio, giorno in cui si commemora l’eroica morte di 147 soldati
elvetici in difesa del Pontefice, durante il Sacco di Roma del 1527.
Stamani,
prima dell’udienza, si è tenuta una messa per le guardie e i loro famigliari, seguita
dalla commemorazione dei caduti del Corpo, nel Cortile d’onore della caserma.
Alle 17,00, infine, in Aula Paolo VI, avrà inizio l’attesa cerimonia del
giuramento. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Un “impegno
esigente”, a volte “gravoso”, di cui Dio vi renderà merito. Così, Giovanni
Paolo II ha voluto sottolineare l’importanza del compito svolto quotidianamente
dalle Guardie Svizzere. Un servizio, ha detto, ammirato tanto dai pellegrini
quanto dai membri della Curia. Quindi, ha messo l’accento sul significato della
ricorrenza odierna - l’estremo sacrificio a difesa del Papa – “un’occasione per
scoprire più profondamente la verità di Cristo, credere in Lui e vivere l’amore
fraterno, che ci ha insegnato”. E qui, ha esortato le giovani Guardie Svizzere
ad essere sempre fedeli alla propria missione, “coltivando con cura
quell’ideale di amore a Cristo e alla Chiesa”, che le “famiglie e le comunità
cristiane della Svizzera si sforzano di alimentare costantemente”. Il Papa non
ha, mancato di ricordare il suo prossimo viaggio apostolico, a Berna il 5 e 6
giugno. “A Dio piacendo”, ha affermato, parteciperò al meeting dei giovani cattolici
della Svizzera. Ha così rivelato che, a Berna, avrà anche un incontro con gli
appartenenti all’associazione delle ex Guardie Svizzere.
Leali al Papa fino al sacrificio della vita. Questo,
dunque, lo spirito, che, da ormai quasi 5 secoli, anima le Guardie Svizzere
Pontificie, corpo istituito da Giulio II nel 1506. Oggi, l’evento suggestivo
del giuramento, che rinnova la promessa di servizio, fedele e coraggioso, al
Pontefice. Delle 33 nuove guardie svizzere, 23 sono di lingua tedesca, 7 francese,
2 italiana e uno di lingua romancia. Il Corpo è composto da 110 cittadini
elvetici maschi, di religione cattolica. Chi diventa alabardiere deve avere
meno di 30 anni ed essere celibe. E’ possibile sposarsi solo dopo avere
acquisito il grado di caporale. Comunque, la durata minima di servizio è di due
anni. Nel 2006, le Guardie Svizzere Pontificie festeggeranno, con numerose
iniziative, il 500.mo anniversario di fondazione.
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COLTIVARE
IL DIALOGO E GLI INCONTRI PERSONALI CON LA PROPRIA COMUNITA’
E SEGUIRE
I SEMINARISTI, SPECIE NELLA PREPARAZIONE ALLA CASTITA’ AL
CELIBATO:
IL RICHIAMO DEL PAPA AI VESCOVI
STATUNITENSI
PER FAVORIRE LA SPIRITUALITA’ DI
COMUNIONE
La responsabilità dei vescovi perché cresca la comunione
nella santità tra tutti battezzati, al centro del discorso del Papa stamane ai
presuli degli Stati Uniti delle province di Detroit e Cincinnati. Il Santo
Padre ha proseguito le sue riflessioni ai presuli americani in visita ad Limina
Apostolorum, dedicate al ministero episcopale di santificazione, insegnamento e
governo del Popolo di Dio. Il servizio
di Roberta Gisotti:
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“Nell’esercizio quotidiano del vostro ministero episcopale
sappiate essere costruttori di comunione nel dialogo e nell’incontro personale
con i sacerdoti, i diaconi, i religiosi uomini e donne ed i fedeli laici delle
vostre Chiese locali”: così Giovanni
Paolo II ai vescovi statunitensi, sottolineando il legame profondo tra ricerca
della santità, spiritualità di comunione e missione.
La stretta relazione tra la santità della Chiesa e la sua
unità – ha spiegato - è infatti “la base per quella spiritualità di comunione e
missione che io sono convinto – ha detto il Papa – noi dobbiamo favorire
all’alba di questo nuovo millennio”. E dunque i vescovi, “hanno il primario
dovere di promuovere e incoraggiare tale spiritualità”, che condurrà ad “uno
stile pastorale” “sempre più aperto alla collaborazione con tutti”, in “un costante
sforzo per rinnovare i vincoli di unità fraterna con il presbiterato”.
Giovanni Paolo II ha quindi richiamato i presuli a
riappropriarsi con coscienza dei fondamenti della propria identità di
sacerdoti: la ricerca della santità, la pratica della preghiera sincera, un
ministero di spiritualità nutrito dalla parola di Dio e dalla celebrazione dei sacramenti,
il quotidiano esercizio della pastorale della carità, e la vita del celibato
come espressione di un radicale impegno a seguire Cristo.
Un invito particolare poi a visitare di frequente i
Seminari maggiori e minori per conoscere personalmente coloro che potrebbero
essere un giorno sacerdoti nelle loro Chiese locali. Una formazione appropriata
nella castità e nel celibato rimane – ha sottolineato - una componente
essenziale dell’educazione seminariale, insieme con la presentazione di una
solida e corretta conoscenza teologica della Chiesa e del sacerdozio, inclusa
una chiara e precisa identificazione di quelle posizioni che non sono compatibili”
con i principi della Chiesa, espressi dal Concilio Vaticano II e dai documenti
del rinnovamento postconciliare.
Infine la solidarietà del Papa ai vescovi per lo
“straordinario dono e mistero” affidato loro nel ministero sacro.
“WITH
GRATITUDE FOR TREMENDOUS GIFT AND MYSTERY….”.
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RESO NOTO IL CALENDARIO DELLE CELEBRAZIONI PRESIEDUTE DAL PAPA
NEI MESI DI MAGGIO E GIUGNO: ANNUNCIATA LA PARTECIPAZIONE DI BARTOLOMEO
I ALLA MESSA IN VATICANO PER LA FESTA DEI SANTI PIETRO E PAOLO
La Sala
Stampa della Santa Sede ha reso noto il calendario delle celebrazioni che
saranno presiedute da Giovanni Paolo II nei mesi di maggio e giugno: le canonizzazioni di domenica 16
maggio ( Luigi Orione, Annibale Maria di Francia, Giuseppe Manyanet y Vives,
Nimatullah Kassab Al Cardini, Paola Elisabetta Cerioli e Gianna Beretta
Molla); il viaggio apostolico a Berna del 5 e 6 giugno; la Messa in San Giovanni in Laterano per il Corpus Domini il 10 giugno, seguita dalla processione a
Santa Maria Maggiore, e infine la Messa del 29 giugno in Piazza San Pietro per
la solennita' dei Santi Pietro e Paolo, alla
quale e' annunciata la partecipazione del Patriarca Ecumenico Bartolomeo
I.
L’UCRAINA
HA RESTITUITO IERI ALLA CHIESA CATTOLICA
LA
RESIDENZA DEL VESCOVO CONFISCATA DA STALIN 60 ANNI FA
-
Intervista con mons. Leonardo Sandri -
L'Ucraina
ha restituito ieri al cardinale Marian Jaworski, arcivescovo di Leopoli dei
Latini, quella che un tempo era la residenza del vescovo cattolico in questa
città, confiscata su ordine di Stalin quasi 60 anni fa. La cerimonia si è
svolta alla presenza del Sostituto per gli affari Generali della Segreteria di Stato, mons. Leonardo Sandri,
e del vice premier ucraino, Dmitro
Tabatchnik. Il rappresentante del Governo di Kiev ha sottolineato che
l'Ucraina, indipendente dal 1991, sta
portando avanti il processo di restituzione dei beni sottratti alle comunita' religiose sotto l'Unione Sovietica.
Per il cardinale Jaworski, con la restituzione
dell’edificio, le autorità statali riparano un torto fatto dal regime comunista
sovietico non solo alla Chiesa cattolica, ma a tutta la società.
Il
Papa, in un messaggio inviato per l’occasione, ha detto di essere “lieto
che questa casa torni dopo tanti anni al legittimo proprietario” e si dice
sicuro che l’edificio “servirà la Chiesa di Leopoli non solo come
sede dell’arcivescovo e luogo di lavoro dei suoi collaboratori, ma anche come
centro della Caritas e di altre istituzioni utili al bene dell’amato popolo di
Dio di Leopoli”. Giovanni Paolo II ha quindi auspicato “che le buone relazioni
tra la Chiesa cattolica dei due riti e le autorità statali e territoriali
promuoveranno l’arricchimento culturale e spirituale di tutti i cittadini
dell’Ucraina”. Ma su
questo evento ascoltiamo la testimonianza di mons. Leonardo Sandri,
intervistato a Leopoli da Jozef Polak:
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R. – Sono molto felice di essere stato testimone di un avvenimento storico, perché dopo tante
persecuzioni, dopo tante ingiustizie verso la Chiesa, finalmente si compiono
questi gesti così importanti come la restituzione della residenza del vescovo.
20 anni fa chi lo avrebbe pensato! Ma grazie alla presenza di Dio, grazie alla
sua forza, alla sua grazia, gli avvenimenti che sembravano più difficili da
cambiare, sono stati cambiati. Anche a nome del Santo Padre, che è stato promotore di questo cambiamento in Europa,
esprimo la felicità per questo avvenimento storico.
D. – Quale il futuro delle relazioni tra Santa Sede e
Ucraina?
R. – Penso che sia stato un gesto molto apprezzabile da
parte del governo. Era con noi anche il nuovo ambasciatore ucraino presso la
Santa Sede, che presenterà le credenziali domani. Noi speriamo e siamo sicuri
che seguiranno altri gesti, non soltanto
a Leopoli, ma anche in altri luoghi dell’Ucraina dove ci sono chiese e edifici
che appartenevano alla Chiesa e sono stati confiscati.
D. – Durante la cerimonia lei ha tenuto un discorso…
R. – Nel discorso io ho richiamato alla speranza, come ha
fatto il Santo Padre, quando ha visitato l’Ucraina nella visita storica di tre
anni fa, nel 2001. Tanta sofferenza, tanti anni di silenzio, di buio, senza
poter vedere la fine, ed ora si è aperta la porta per il futuro, per una
speranza nuova. Certo non dobbiamo uscire dal dominio del materialismo ateo per
cadere adesso nel materialismo del consumismo, perdendo il senso di Dio, il
senso della trascendenza che è la nostra ragione di vita, altrimenti vivremo in
questo mondo senza un senso. E allora, per questo ho invitato tutti gli ucraini
ad aprirsi a questa speranza nella costruzione di un Paese permeato dai valori
cristiani, che sono alla base della nazionalità ucraina.
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OGGI E
DOMANI A SPALATO I FESTEGGIAMENTI
PER IL XVII CENTENARIO DEL MARTIRIO
DI SAN DOMNIO
-
Intervista con l’arcivescovo Marin Barisic -
A Spalato,
in Croazia, si svolgono oggi e domani le solenni celebrazioni per il XVII
centenario del martirio del vescovo San Domnio, Patrono dell’arcidiocesi di
Spalato-Makarska, avvenuto sotto Diocleziano nell’anno 304. Le cerimonie sono
presiedute dal cardinale Jan Pieter Schotte, segretario generale emerito del
Sinodo dei vescovi, inviato speciale del Santo Padre. In un messaggio al
porporato, Giovanni Paolo II ha ricordato che san Domnio “anche durante le
pesantissime persecuzioni contro i cristiani sotto l’Impero di Diocleziano, non
si sottrasse al proprio ministero pastorale né temette le minacce dei giudici”,
pagando con la vita la “testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo”. Ma sulla
figura di questo santo ascoltiamo l’arcivescovo di Spalato-Makarska, mons.
Marin Barisic, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – San Domnio è stato un testimone dei valori umani e
cristiani con la sua testimonianza e dando la vita per questi valori. Non a
caso, dopo qualche anno, è arrivata la libertà per i cristiani. E’ stato un
testimone fedele al Signore, che ha amato fino alla fine i suoi fratelli e le
sue sorelle.
D. – Qual è il messaggio di San Domnio per i cristiani del
nostro tempo?
R. – Il suo messaggio per noi e per tutti è questo:
riscoprire quella sorgente e quel fondamento, su cui ha fondato la sua vita, quell’energia data
dalla Buona Novella che ha animato e penetrato la sua vita e lo ha fatto
diventare “sale e luce”. Non a caso il
nome Salona - la capitale della Dalmazia – viene proprio dalla parola sale. Lui
è stato il sale in questa città, ma non inteso come sale che si è conservato in
qualche luogo distante dalla realtà; è entrato a far parte di quella realtà,
spendendosi e perdendosi e riuscendo a cambiare quella realtà. Penso a questo
coraggio, umano e cristiano, che rappresenta un messaggio che è necessario per
tutte le generazioni: non si deve fuggire dalla realtà ma bisogna essere
presenti come cristiani e come uomini nel mondo.
D. – L’Europa oggi si va allargando ed anche la Croazia
vuole aderire all’Unione Europea. Come testimoniare la fede nell’Europa di oggi
e cosa può dare la Croazia in particolare all’Unione Europea?
R. – La forza dell’Europa non è nella grandezza del
territorio, non è nella grandezza del numero della popolazione che la compone e
non è neanche nella forza dell’economia. Questo è chiaro. L’Europa è nata da
un’altra sorgente, quella cristiana. Io credo che celebrando questi grandi
martiri che hanno influito sulla storia dei secoli, sulla storia delle nazioni
che compongono l’Europa, si deve riscoprire, di nuovo, questa forza, dalla quale
siamo nati e dalla quale è nata l’Europa stessa e la civiltà. Questo è un
messaggio perenne ed è valido anche per la Croazia, che è un Paese cristiano,
con una grande e profonda tradizione cristiana. Ma cosa possiamo dare noi
all’Europa? Noi possiamo portare questa cultura, questi valori cristiani,
questa testimonianza, questa responsabilità, questo impegno, questo perdono cristiano,
l’amore, la solidarietà.
D. – Spalato è una delle diocesi più antiche del mondo.
Qual è il suo contributo alla Chiesa universale?
R. – Spalato è una città molto interessante, fondata da
Diocleziano: nel corso della storia ha rappresentato un incontro di diverse
culture e civiltà. Nelle nostre radici c’è questa anima di apertura, di
dialogo, di tolleranza, di solidarietà. Credo che questo sia molto importante e
rappresenti un grande messaggio per il mondo: non si deve essere chiusi in se
stessi ma bisogna essere aperti, avendo sempre la propria identità e
rispettando sempre gli altri. E’ necessario comprendere che gli altri sono i
nostri fratelli e le nostre sorelle.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto, nel corso della mattinata,
il cardinale Rosalio José Castillo
Lara.
In Francia, Il Papa ha nominato vescovo di Ajaccio, mons.
Jean-Luc Brunin, finora vescovo titolare di Usinaza ed ausiliare di Lille. Il
presule è nato a Roubaix, diocesi di Lille, il 14 gennaio 1951 ed ha ricevuto
l’ordinazione sacerdotale nel 1981. Nel 1995 diventa Rettore del seminario
interdiocesano di Lille e vi rimane fino alla nomina a vescovo ausiliare della
medesima diocesi nell’aprile 2000.
Sempre in Francia, il Pontefice ha nominato vescovo
coadiutore di Grenoble mons. Guy de Kérimel, finora vescovo titolare di Case
Mediane ed ausiliare di Nice. Nato a Meknès in Marocco - il 7 agosto 1953 - ha
ricevuto l'ordinazione sacerdotale nel giugno 1986. Dal 1997 al 2001 è decano
della Zona di Gardanne e membro del Consiglio episcopale. Nel febbraio 2001, è
stato eletto vescovo ausiliare di Nice.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina un
articolo sulla situazione in Iraq: nuovo sangue a Baghdad per l’ennesimo
attentato suicida.
Nelle
vaticane, il titolo al discorso del Papa alla Guardia Svizzera Pontificia è:
“Tra un mese parteciperò al ‘meeting’ dei giovani cattolici svizzeri. Conto
sulla preghiera e sul sostegno spirituale di tutti voi”.
Nel discorso a vescovi
statunitensi delle province ecclesiastiche di Detroit e di Cincinnati, il Santo
Padre ha esortato a costruire una spiritualità di comunione e di missione sulle
fondamenta dell’identità sacerdotale: santità, preghiera, spiritualità, carità,
castità.
Nelle estere, Medio Oriente:
“L’Autorità palestinese è pronta a riprendere il negoziato”; l’annuncio di Abu
Ala mentre Israele valuta l’ipotesi di costruire un “muro” nella Striscia di
Gaza.
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Patruno dal titolo “Il sapore della letteratura e dei film
del dopo-neorealismo”: dopo il successo di “Al di là delle frontiere” di
Maurizio Zaccaro.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la vicenda Alitalia.
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6 maggio 2004
NON SI FERMANO LE VIOLENZE IN IRAQ.
BUSH CONDANNA LE TORTURE AI PRIGIONIERI IRACHENI
- Interviste con Marco Bertotto e con il cardinale
Roberto Tucci -
Almeno 6 civili iracheni e un
soldato Usa sono morti per l’esplosione di un’autobomba questa mattina presto a
Baghdad, vicino all’area del quartier generale statunitense. L’attentato sembra
sia stato rivendicato dal gruppo iracheno guidato da uno dei responsabili di al
Qaeda, al Zarqawi. Nella notte dieci guerriglieri sono stati uccisi in diverse operazioni
condotte dalle forze americane nel quartiere sciita di Sadr City, sempre nella
capitale. E poi ci sono stati altri episodi di violenza in varie parti
dell’Iraq. A Kirkuk, sono stati uccisi un funzionario ministeriale e il suo
autista. A Baaquba due bombe hanno distrutto il quartier generale dell'Unione
patriottica del Kurdistan, UPK, guidata da uno dei membri del Consiglio di
governo provvisorio iracheno. Nessun ferito, invece, nel doppio attacco ad una
pattuglia di Carabinieri dell'Unità specializzata multinazionale, la notte
scorsa a Nassiriya.
Intanto, a proposito dello scandalo delle torture
ai prigionieri, la Croce Rossa Internazionale ha ricordato stamane di aver già
chiesto agli Stati Uniti di adottare provvedimenti correttivi per evitare nuovi
abusi nel carcere di Abu Ghraib. Negli Stati Uniti, non si placano le polemiche
anche dopo l’intervento sulle televisioni arabe del presidente Bush. Da New
York, Paolo Mastrolilli:
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“Gli abusi commessi dai soldati americani contro i
prigionieri iracheni sono abominevoli. Ci saranno inchieste e i responsabili
verranno portati davanti alla giustizia”. E’ la promessa fatta ieri dal
presidente Bush durante le interviste concesse a due televisioni arabe per
contenere l’impatto negativo delle torture sull’opinione pubblica del Medio
Oriente. L’iniziativa della Casa Bianca è stata presa il giorno dopo in cui il
Pentagono ha rivelato che sta indagando sulla morte di 25 prigionieri iracheni,
classificando almeno due di questi episodi come omicidi. Bush ha detto che tali
azioni non riflettono i valori degli americani, offesi e disgustati quanto gli
iracheni. Quindi, ha aggiunto di aver ordinato al ministro della Difesa
Rumsfeld di appurare la verità e rivelarla al mondo, portando i responsabili
davanti alla giustizia. Ma non ha chiesto scusa e non ha messo in discussione
il capo del Pentagono, chiamato a testimoniare in Congresso. Il candidato
presidenziale democratico Kerry, invece, ha chiesto le dimissioni di Rumsfeld.
Il cardinale Tauran ha detto che quando si calpesta la dignità umana si crea
una barriera. Le torture infatti hanno avuto un forte impatto nel mondo arabo e
ieri decine di iracheni sono andati davanti alla prigione di Abu Ghraib per
protestare e chiedere il rilascio dei prigionieri.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Sulle torture commesse dai soldati della coalizione ai
danni degli iracheni, Amnesty International chiede l’apertura di un’indagine
indipendente. Fabio Colagrande ha intervistato Marco Bertotto, presidente di
Amnesty Italia.
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R. – Il carcere di Abu Ghraib, evidentemente, è un luogo
simbolo per tutto quello che ricorda del passato, ma fenomeni di tortura sono
documentati e sono avvenuti anche in altri centri di detenzione in Iraq,
purtroppo non soltanto da parte delle forze americane: ci sono anche
responsabilità specifiche da parte del contingente inglese. E purtroppo da 12
mesi a questa parte i nostri ricercatori presenti in Iraq ci continuano ad
inviare segnalazioni, denunce e maltrattamenti messi in atto dalle potenze
occupanti in tanti contesti.
D. – Voi avete chiesto un’indagine pienamente indipendente
su queste denunce di tortura ...
R. – Sì, crediamo infatti che debba essere un organo
indipendente, autonomo, autorevole, competente a giudicare i responsabili, ad
identificare anche l’estensione del fenomeno della tortura e le responsabilità
allargate.
D. – Come valutate questa autodenuncia fatta dal ministero
della Difesa americano?
R. –
Sicuramente tardiva. Tardiva perché sono mesi ormai che le organizzazioni per i
diritti umani denunciano, che le vittime testimoniano e che gli iracheni
protestano. Sono mesi in cui le autorità delle potenze occupanti possedevano
queste informazioni e mesi che potevano essere utili per questi governi per
intervenire in maniera forte ed energica, dando un chiaro segnale ai militari
impegnati sul terreno. Sono stati, invece, mesi passati nel silenzio e solo
oggi, grazie a delle immagini televisive trasmesse in un periodo di campagna
elettorale, grazie a delle foto che hanno fatto il giro del mondo, Bush e Blair
iniziano ad alzare la voce.
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Ma
sulla vicenda delle torture ascoltiamo il commento del cardinale Roberto Tucci,
al microfono di Rosario Tronnolone.
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R. – E’ una cosa terribile, perché evidentemente è un
colpo alla onorabilità di chi ha fatto questa guerra, credendo di avere motivi
buoni per farla. Volendo esportare la democrazia ha dato però dimostrazione di
non sapere osservare le leggi della democrazia. Però è anche vero che è merito
degli Stati Uniti, Paese democratico, che queste cose vengano a galla e vengano
deprecate anche dal presidente e ora si deve procedere ad una giusta punizione
delle persone che si sono macchiate di questi crimini, che sono veri crimini.
Anche la guerra infatti deve avere le sue leggi. Però è anche vero che la
guerra imbarbarisce. C’è una bellissima intervista a La Stampa del cardinale Tauran,
che alla domanda dell’intervistatore: “Si stanno realizzando le previsioni del
Santo Padre, che la violenza genera più violenza e la guerra più guerra?”, risponde:
“Certamente il Papa non parla a vuoto. Aveva delle ragioni, soprattutto su
questo concetto della guerra preventiva. Ora si vede molto bene che non ha
eliminato il terrorismo”. Adesso speriamo che si superino tutte queste crisi
attuali con l’intervento di un consenso internazionale, attraverso l’Onu, nelle
vicende dell’Iraq.
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DOPO TRE ANNI IL RITORNO IN ITALIA DEI
BERLINER PHILHARMONIKER
CHE SI
SONO ESIBITI IN DUE STRAORDINARI CONCERTI A ROMA
- Ai
nostri microfoni Eva Maria Tomassi e Simone Bernardini -
Acclamato
ritorno in Italia dei Berliner Philharmoniker il 4 e 5 maggio
all’Auditorium Parco della Musica di Roma, in esclusiva per l’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia. Due concerti che hanno dispiegato la gamma sonora e
il vasto repertorio della prestigiosa orchestra, dal sinfonismo tardo romantico
di Brahms, Dvorak e Bruckner al Settecento di Bach e Haydn. C’era per noi
A.V..
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(musica)
L’ultima apparizione italiana segnò anche l’addio del
grande Claudio Abbado ai Berliner, nel segno di Beethoven, tre anni fa. Lo
ricorda la violista Eva Maria Tomassi:
“Questi dieci anni con Claudio Abbado sono stati un
periodo molto, molto bello, intenso ... Adesso abbiamo il cambio: Simon Ruttle,
giovane, pieno di energie, anche molto, molto interessante, è divertente anche
lavorare con lui. Sono due caratteri molto diversi ma ognuno molto, molto
interessanti, tipi molto speciali”.
Stessa patria e fama dei Beatles, Simon Ruttle, nato a
Liverpool nel 1955, dal 2002 è il nuovo direttore principale, al suo debutto in
Italia con la prestigiosa compagine tedesca. Ancora la Tomassi:
R. – Lui ha proprio le energie per fare tutto. Adesso, per
esempio, stiamo facendo Bach, il Primo Concerto Brandenburghese, le Sinfonie di
Haydn, a Salisburgo e anche a Berlino abbiamo fatto “Così fan tutte” di Mozart
– repertorio classico; poi faremo il romanticismo e, naturalmente, anche musica
moderna, avant-guarde.
D. – Di quale messaggio è portavoce l’orchestra nel mondo?
R. – Fare musica insieme vuol dire sentire insieme; per me
il messaggio è portare la pace. L’armonia è musica, l’armonia è essere insieme,
all’interno dell’orchestra abbiamo nazionalità molto, molto diverse, tanti
Paesi, tutto il mondo ... veniamo a suonare tutti insieme, portiamo sempre il
messaggio di unità”.
Messaggio
universale di libertà e democrazia, anche nell’autogoverno dell’orchestra: le
fa eco il collega Simone Bernardini:
R. – E’ un’orchestra nella quale viene gestito tutto dai
musicisti stessi. I musicisti votano il loro direttore stabile, i musicisti
hanno un ruolo che svolgono nell’amministrazione dell’orchestra e quindi una
democrazia totale.
D. – Cosa significa per un giovane musicista italiano far
parte dei “Berliner”?
R. – Per un musicista italiano, ma penso per qualsiasi
musicista nel mondo, penso sia un’occasione assolutamente unica di poter
suonare in questa orchestra, è un piacere immenso. Comunque, rimango sempre
attivo nella vita musicale anche dell’Italia,
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6
maggio 2004
L’IMPEGNO
DIRETTO IN POLITICA DEVE RIGUARDARE ESCLUSIVAMENTE I LAICI.
E’ QUANTO
HANNO RECENTEMENTE DICHIARATO I VESCOVI BRASILIANI
AL TERMINE DELLA LORO
ASSEMBLEA GENERALE TENUTASI AD ITAICI
ITAICI.
= “Il carattere specifico della missione del sacerdote è quello ispirato alla
figura del Cristo Buon Pastore, che non si concilia affatto con la politica”.
Lo hanno affermato i vescovi brasiliani al termine della loro 42.ma Assemblea
generale incentrata sul tema “Vita e ministero dei sacerdoti” e conclusasi la settimana
scorsa ad Itaici, nei pressi di San Paolo. Un invito chiaro, quello dei
presuli, “affinché nessun sacerdote si illuda di servire meglio il popolo
assumendo incarichi istituzionali”. A ribadire il passaggio cruciale del documento
redatto dai vescovi - nel quale si sottolinea come l’impegno diretto in politica
debba riguardare esclusivamente i laici - è stato il presidente della
Conferenza episcopale brasiliana, cardinale Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo
di San Salvador di Bahia: “Non siamo chiamati - ha detto il porporato - a
sostituire i laici in un ruolo che è di loro competenza ma dobbiamo favorire il
loro lavoro nel contesto sociale e politico affinché venga resa una forte
testimonianza cristiana”. “Il fatto che la Chiesa non sia legata ad un preciso
sistema politico - ha infine rilevato il cardinale - non vuol dire che sia disimpegnata
dalla formazione di uomini e donne che poi andranno ad offrire il loro contributo”.
(A.L.)
SI È
APERTO QUESTA MATTINA A STOCCARDA, IN GERMANIA,
IL
CONGRESSO DI RESPONSABILI E COLLABORATORI DI CIRCA 150
MOVIMENTI
E COMUNITÀ CRISTIANE D’EUROPA
- A
cura di Stefano Leszczynski -
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STOCCARDA.
= “Insieme per scoprire e condividere le reciproche ricchezze”, questo il tema
del congresso che ha preso il via questa mattina alla “Liederhalle”,
l’auditorium di Stoccarda, di fronte ad oltre 3 mila rappresentanti di 175
gruppi, di movimenti e comunità cristiane d’Europa. Tema centrale
dell’incontro, che durerà due giorni e culminerà sabato con la manifestazione
“Insieme per l’Europa”, è il ruolo dei cristiani nella società in un momento in
cui il mondo è attraversato da venti di violenza e terrorismo. Lo ha ricordato
nella sua predicazione dal titolo “Gesù, il Pastore: timore di Dio e dignità
dell’uomo”, il pastore evangelico Thomas Römer, che ha fatto riferimento alla
necessità dell’impegno di coloro che detengono posizioni di responsabilità per
puntare allo sviluppo della società. Momenti di preghiera alternati ad altri di
profonda riflessione sui temi di attualità sociale, hanno caratterizzato questa
prima mattinata che si è conclusa con l’intervento di Chiara Lubich, fondatrice
del Movimento dei Focolari. Nel suo discorso, Chiara Lubich sottolinea
l’importanza della spinta verso l’unità dei movimenti, in sintonia con quanto
avviene nel mondo, perché si trasformi in una città terrena più in armonia con
la città celeste. “Accanto all’Europa politica – ha sottolineato Chiara Lubich
– bisogna costruire un’Europa dello Spirito”, e sulla questione delle radici
cristiane dell’Europa ha detto che “sono proprio i movimenti l’espressione più
palese dell’esistenza di queste radici”. Nel pomeriggio di oggi, ancora 30
tavole rotonde tematiche sul sostegno alla vita matrimoniale e alle famiglie, i
giovani, i cristiani nel mondo, il lavoro e l’economia, l’impegno in politica e
per la pace, l’impegno per la vita. Da sottolineare la significativa presenza
dei delegati dei Movimenti di varie confessioni cristiane, provenienti dai
Paesi Baltici, neo-Stati membro dell’Unione Europea.
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IN UN NUOVO RAPPORTO AMNESTY
INTERNATIONAL DENUNCIA
IL
DRAMMATICO FENOMENO DELLA TRATTA DELLE DONNE CHE VENGONO
COSTRETTE
A PROSTITUIRSI IN KOSOVO
PRISTINA.
= L’Unione Europea aumenti il proprio sostegno finanziario e legale per contrastare
la tratta delle donne in Kosovo. E’ l’appello lanciato da Amnesty International
che oggi ha diffuso un nuovo rapporto sul fenomeno nel quale si sottolinea come
“il personale della comunità internazionale presente nella regione costituisca
almeno il 20 per cento di coloro che si servono delle prestazioni delle donne e
delle adolescenti vittime della tratta”. L’organizzazione umanitaria rileva
inoltre come occorra agire più efficacemente per proteggere le donne e le
adolescenti che spesso vengono trasferite dal Kosovo verso diversi Paesi europei,
tra i quali l’Italia, l’Olanda e la Gran Bretagna. “Data l’importanza
strategica della presenza dell’Unione Europea nella regione con oltre 36 mila
soldati in servizio nella Kfor – conclude Amnesty – chiediamo che sia fatto di
più per combattere questa ripugnante pratica”. (A.L.)
I VESCOVI DEL
CAMERUN CHIEDONO L’ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE ELETTORALE INDIPENDENTE CHE
GARANTISCA IL CORRETTO SVOLGIMENTO
DELLE PROSSIME ELEZIONI DI OTTOBRE
YAOUNDE’.
= L’istituzione di una commissione elettorale indipendente che garantisca il
corretto e trasparente svolgimento delle prossime elezioni presidenziali di
ottobre. E’ quanto hanno chiesto i vescovi del Camerun con un rapporto presentato
nei giorni scorsi nella capitale Yaoundè. Il documento si riferisce alle frodi
avvenute nel corso delle elezioni legislative ed amministrative del giugno 2002
che ne hanno falsato i risultati. Oppositori esclusi dal voto, elettori che non
hanno potuto ricevere le loro schede elettorali ed altri invece, che hanno
votato più volte, sono solo alcune delle violazioni avvenute con la complicità
degli amministratori locali. Il coordinatore della Commissione episcopale, Pierre
Titit Nwel, ha spiegato che la scelta di pubblicare adesso il rapporto è
motivata dalla volontà dei vescovi di sensibilizzare l’opinione pubblica e le
autorità del Paese, in vista delle prossime elezioni. (G.L.)
SULLA FIGURA DI SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, PADRE E
DOTTORE DELLA CHIESA,
SI È APERTO OGGI ALL’AUGUSTINIANUM IL
XXXII INCONTRO
DI STUDIOSI DELL’ANTICHITÀ CRISTIANA
ROMA. = “Giovanni Crisostomo: Oriente e Occidente tra IV e
V secolo”. E’ questo il tema del XXXII incontro di studiosi dell’antichità
cristiana che si è aperto questa mattina nella sede dell’Istituto patristico
Augustinianum. Il convegno, promosso da un comitato di professori delle
università italiane, intende prendere in esame la data del 404, anno in cui San
Giovanni Crisostomo - soprannome che significa Bocca d’oro - fu costretto a lasciare
definitivamente la città di Costantinopoli per l’esilio che si concluderà, tre
anni dopo, con la sua morte. Partendo da questo episodio, le riflessioni
dell’incontro saranno incentrate anche sul complesso contesto storico del V
secolo ed in particolare sui rapporti tra Chiesa e Impero e tra le Chiese cristiane
dopo il concilio di Nicea. Tra gli altri temi del convegno, che si concluderà
sabato prossimo, una particolare attenzione sarà inoltre riservata alla
vasta eredità letteraria lasciata dal Santo, alla trasmissione dei suoi scritti e alla loro diffusione
in Occidente. Nato intorno al 345 ad Antiochia, Giovanni condusse vita
monastica negli anni giovanili e divenuto sacerdote, si dedicò alla predicazione
suscitando conversioni grazie anche alle sue capacità oratorie. Come patriarca
di Costantinopoli, si preoccupò di porre fine allo scisma di Antiochia e dopo
l’esilio in Armenia, morì infine nel 407 a Comana, nel Ponto. (A.L.)
IL
SORRISO E LA RISATA, I 50 ANNI DELLA TELEVISIONE E LA GRECIA.
SONO I TEMI CENTRALI DELLA 17.MA FIERA DEL LIBRO
APERTASI OGGI A TORINO
- A cura di Fabrizio Accatino -
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TORINO. = Disse una volta Nicolas de Chamfort: “La più
perduta delle giornate è quella in cui non si è riso”. Non saranno dunque
cinque giorni perduti quelli della Fiera Internazionale del Libro 2004. Tema
portante e filo conduttore di questa edizione saranno infatti il sorriso e la
risata, in tutte le loro varianti: filosofiche, artistiche, intellettuali e
naturalmente editoriali. Mai come quest’anno la Fiera darà spazio come nazione
ospite alla Grecia, tributerà un omaggio ai 50 anni della televisione e darà
vita a due importanti spazi mercato destinati allo scambio dei diritti:
l’International Book Forum e il Book Film Bridge. Entusiastiche le previsioni
di Orlando Picchioni, segretario della Fondazione per il libro, la musica e la
cultura. I 46 mila mq del Lingotto saranno un coloratissimo collage, composto
da oltre 1200 espositori, dove nutrita sarà la rappresentanza dell’Italia cattolica,
rappresentata dai grandi nomi come San Paolo ed Elledici, ma anche dalle case
più giovani come Ticallon e Effatà. Proprio il direttore editoriale di Effatà,
Paolo Pellegrino, riconosce l’importanza di essere presenti alla Fiera e
sottolinea come questo appuntamento costituisca un’occasione per capire le
attuali esigenze a livello di editoria religiosa e per portare il messaggio
cristiano non solo nell’ambito della comunicazione e del cinema ma anche nella
famiglia.
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6 maggio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Secondo il quotidiano israeliano
Yediot Ahronot, esiste da mesi un
progetto del governo israeliano che prevede un nuovo assetto mediorientale
basato su una sorta di “affidamento” della Striscia di Gaza e dell’89% della
Cisgiordania a Stati Uniti, Egitto e Giordania, con il patrocinio del Quartetto.
Il giornale precisa che il progetto di ritiro unilaterale da Gaza, elaborato
dal premier Sharon e bocciato, quattro giorni fa, dai membri del suo partito,
il Likud, è un tassello di questa nuova visione regionale, che sarebbe già
stata esposta al ministro degli esteri tedesco, Fischer, e al Consigliere per
la sicurezza nazionale Usa, Condoleeza Rice. Da parte palestinese c’è la
dichiarazione del ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale che accusa il
collega israeliano di respingere tutte le proposte avanzate dai palestinesi
durante il recente incontro dei ministri dell'Euromed a Dublino. Intanto, un
palestinese è stato ucciso questa mattina a Hebron da guardie di frontiera israeliane
dopo che aveva tentato di impadronirsi dell'arma di uno di loro.
Un tribunale libico ha
condannato sei cittadini bulgari, cinque infermieri e un medico, accusati di
aver diffuso l'Aids tra i bambini ricoverati in un ospedale di Bengasi, alla
pena di morte con fucilazione. Insieme ai sei bulgari è stato condannato anche
un medico palestinese accusato anch'egli di aver diffuso l'Aids con sangue
infetto tra 426 bimbi ricoverati a
Bengasi, 43 dei quali morirono per aver contratto la malattia. Tutti
erano stati incarcerati a Tripoli all'inizio del 1999.
All’insegna del disgelo e della distensione tra Grecia e
Turchia, inizia oggi lo storico viaggio nel Paese ellenico del primo ministro
di Ankara, Erdogan. Nel corso della visita di tre giorni, la prima da 16 anni,
sono previsti incontri con il premier greco, Karamanlis, ed il presidente
Stephanoloulos. Questo viaggio cade dopo il recente referendum svoltosi a Cipro,
che ha bocciato il piano dell’Onu di riunificazione dell’isola, consentendo
l’ingresso nell’Unione Europea della sola comunità greco-cipriota e non di
quella turco-cipriota. In quale clima, dunque, avviene questa visita? Giancarlo
La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale e analista del
Corriere della Sera:
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R. – Avviene in un momento
cruciale, in cui il primo ministro turco è sempre più forte e non soltanto per
il risultato lusinghiero che il suo partito islamico moderato ha avuto nelle
elezioni amministrative, ma proprio per il risultato del referendum di Cipro
che ha dimostrato la maggiore affidabilità dei turco-ciprioti, cioè quelli che
dall’Unione Europea per il momento resteranno fuori. I greco-ciprioti hanno
votato “no” al piano del segretario generale dell’Onu, sostenuto in pratica da
tutto il mondo, mentre i turco-ciprioti hanno votato “sì”. E’, quindi, chiaro
che Erdogan viene in Grecia per dimostrare che, nonostante il referendum, e nonostante
tutta la storia passata, c’è la volontà di superare le differenze e di
migliorare ancora i rapporti tra Grecia e Turchia.
D. – Questo appare un primo
passo affinché quanto prima inizino i negoziati per l’ingresso della stessa
Turchia nell’Unione Europea?
R. – Sì, è evidente. Erdogan sa bene che la Grecia è fra i
Paesi europei che più premono per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea.
Lo fa per una ragione molto ovvia: l’ingresso della Turchia cancellerebbe, di
fatto, tutte quelle tensioni frontaliere fra i due Paesi, in quanto sarebbe
tutta Unione Europea. Questo consentirebbe anche alla Grecia di ridurre
drasticamente le spese militari, che sono notevolissime per un piccolo Paese.
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Il vertice interministeriale a
Palazzo Chigi e poi l’incontro tra governo e sindacati. Queste le tappe di oggi
nella vicenda Alitalia che continua ad essere in primo piano nell’informazione
in Italia. Di nuovo c’è la proposta del ministro del Tesoro di nominare un
presidente, un amministratore delegato, un Consiglio di amministrazione
ristretto per fronteggiare l’emergenza con una ricapitalizzazione aperta ai
privati. Della crisi della compagnia aerea di bandiera, delle proteste
all’interno dell’azienda automobilistica Fiat, ma anche delle più generali
difficoltà socioeconomiche che investono il Paese ci parla nel servizio
Gianpiero Guadagni:
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E’ il momento della verità per
Alitalia. Aziende e sindacati, con la mediazione del governo, stanno cercando
la via d’uscita ad una crisi gravissima. I conti della compagnia di bandiera
italiana sono profondamente in rosso e l’azienda ha proposto un piano che prevede
tra l’altro 1100 esuberi, più l’esternalizzazione del rapporto di lavoro per altre
migliaia di dipendenti. Il sindacato non ci sta e rilancia con un piano
alternativo che prevede risparmi per 200 milioni di euro. Situazione
difficilissima anche alla Fiat di Melfi. In questo caso, però, ci sono più tempo
e margini di trattativa. Nello stabilimento lucano, per anni considerato un
modello, i lavoratori scioperano da tre settimane, chiedendo di rivedere
l’accordo di 10 anni fa, che permise la nascita dell’impianto in questa area a
forte disoccupazione, ma a condizioni salariali e di organizzazione del lavoro
peggiori rispetto a quelle dei dipendenti degli altri stabilimenti Fiat sparsi
in tutta Italia. Le vicende Alitalia e Fiat si inseriscono in un contesto
economico e sociale difficile, nel quale pesa anche la brusca frenata del “made
in Italy”. Le crisi industriali e finanziarie si moltiplicano. I casi più
clamorosi sono quelli di Cirio e Parmalat, che hanno coinvolto decine di
migliaia di dipendenti e centinaia di migliaia di risparmiatori. Ma sono oltre
50 le vertenze all’attenzione del ministero delle Attività produttive.
Complessivamente, sono 200 mila i posti a rischio e, da tempo, i sindacati chiedono
al governo l’apertura di un confronto per affrontare l’emergenza ed elaborare
nuove politiche di sviluppo.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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“Per la fine del mese prossimo”, la Commissione europea
elaborerà una “valutazione preliminare, senza pregiudizio” sul riconoscimento
alla Cina dello status di economia di mercato. Lo ha annunciato oggi a
Bruxelles il presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, in una conferenza
stampa congiunta con il premier cinese Wen Jiabao. Dal canto suo, il leader
cinese ha affermato che il governo di Pechino è pronto a studiare “eventualmente
la possibilità di un tasso di cambio nel contesto di un meccanismo orientato al
mercato”. Sul piano delle relazioni politiche, il presidente dell’esecutivo Ue
ha rilevato di “condividere la cooperazione” con Pechino sulla “non
proliferazione delle armi e la lotta al terrorismo”, sottolineando inoltre il
ruolo che la Cina sta svolgendo “per arrivare ad una soluzione pacifica” sulle
due scottanti questioni della Corea del nord e Taiwan.
E’ finito con l’uscita di scena del leader separatista,
Abashidze, il braccio di ferro tra la Georgia, di cui è presidente Saakashvili,
e le forze della Repubblica autonoma dell’Adzharia, la regione proclamatasi
autonoma da Tbilisi nel ’92. Il leader separatista ha lasciato Batumi,
principale città della zona e terminale petrolifero chiave sul Mar Nero, per
raggiungere Mosca. Il servizio di Giada Aquilino:
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Dopo tre giorni di timori per il rischio di guerra civile
in Georgia, pare rientrata la crisi tra le autorità di Tbilisi ed i separatisti
dell’Adzharia. Con la mediazione della Russia, Abashidze ha lasciato Bitumi. Lo
ha fatto a bordo dell’aereo dell'ex ministro degli Esteri russo, Ivanov, già
artefice nell'ottobre scorso della soluzione riguardante la disputa
istituzionale di Tbilisi, tra l’ex capo di Stato, Shevardnadze, poi
dimissionario, e l’attuale presidente Saakashvili. Ieri si diffondevano voci di
avanguardie di soldati georgiani alle porte di Batumi e di militanti
separatisti pronti a ricorrere alle armi e perfino all’escamotage di minare il
porto petrolifero sul Mar Nero, per evitare qualsiasi tipo di infiltrazione.
Questa notte, invece, Saakashvili ha annunciato trionfante, da Bitumi, il
ritiro di Abashidze. Il capo di Stato georgiano, che ha pure assicurato nuove
elezioni locali nella regione, ha scelto dunque di giocare la carta della
diplomazia, affidandosi a quella Russia da sempre vicina all’Adzharia come alle
altre regioni autonome della Georgia, l'Ossezia del sud e l'Abkhazia. Sul ruolo
della Russia, ascoltiamo il commento di Sergio Canciani, corrispondente Rai da
Mosca:
R. – La Russia è garante di un trattato di convivenza tra
la Repubblica autonoma dell’Adzharia e la Georgia.
D. – Cosa prevede il trattato?
R. – Prevede di conferire a
questa regione, che è a maggioranza musulmano-sunnita mentre la gran parte dei
georgiani è ortodossa, la massima autonomia e la presenza sul territorio di un
contingente russo, che attualmente non supera i duemila uomini. Nel retroscena
di questa crisi c’è comunque un vecchio attrito tra Mosca e Tbilisi. In sostanza i
georgiani sono sospettati di parteggiare troppo per gli Stati Uniti ed anche di
non provvedere alla sicurezza dei confini settentrionali, che danno sulla prima
linea cecena.
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Giappone e Corea del nord sono
ad un passo dall'accordo per la soluzione del difficile problema dei civili giapponesi
rapiti dai servizi segreti di Pyongyang negli anni ‘70 e ’80, che ha bloccato,
per un anno e mezzo, qualsiasi
progresso nel miglioramento dei rapporti tra i due Paesi ancora privi di
relazioni diplomatiche. E’ quanto è emerso all'indomani della conclusione a
Pechino di due giorni di colloqui a livello di alti funzionari dei due governi,
definiti “un passo avanti” dalla delegazione nordcoreana e “un'approfondita
discussione di sostanza in vista di una
soluzione” dalla delegazione giapponese.
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