RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 182 - Testo della trasmissione di mercoledì 30 giugno 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Una giornata davvero particolare, la festa dei Santi Pietro e Paolo vissuta ieri con la fraterna partecipazione di Bartolomeo I: all’udienza il Santo Padre esprime la sua gioia per l’evento

 

 “Nessuna difficoltà ci freni” nel cammino verso l’unità dei cristiani: così il Santo Padre ieri alla Messa nella solennità dei patroni di Roma, alla presenza del Patriarca ecumenico di Costantinopoli

 

Il viaggio dell’arcivescovo Paul Cordes ad Haiti e nella Repubblica Dominicana: ai nostri microfoni l’arcivescovo

 

Telegramma del Papa inviato dal cardinale Sodano al presidente dell’Iraq, in occasione del passaggio di poteri al governo locale.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La firma della Costituzione europea a Roma, il premier portoghese Barroso nuovo presidente della Commissione: le decisioni a conclusione del semestre di presidenza irlandese. Intervista con Stefano Polli

 

“Non possiamo dire Europa se non parliamo delle sue radici”. Così il cardinale Paul Poupard alla presentazione del progetto “Europa del ’900 - Una storia per immagini” curato dall’Istituto Luce: con noi Andrea Piersanti.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi filippini soddisfatti per l’elezione di Gloria Arroyo, che stamani ha prestato giuramento come 14.mo presidente delle Filippine

 

Attesi oltre 40 mila fedeli domani a San Giovanni Rotondo per l’inaugurazione della nuova Chiesa dedicata a San Pio da Pietrelcina

 

L’istituzione del matrimonio non deriva né dalla Chiesa, né dallo Stato, bensì da Dio: lo sottolinea, in una lettera, il presidente della Conferenza episcopale americana, mons. Gregory

  

Battuta di arresto nel processo di pace nello Sri Lanka

 

Creare in Brasile un sistema nazionale dei diritti umani: è l’obiettivo che si prefigge la nona Conferenza nazionale sul tema a Brasilia

 

Si conclude oggi a Tegucigalpa, capitale dell’Honduras, la seconda edizione della “Marcia per la vita”, contro il disboscamento selvaggio delle foreste

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, anche oggi teatro di violenze, la custodia legale di Saddam Hussein è stata trasferita al governo di Baghdad

 

La Corte suprema israeliana ha ordinato di cambiare il tracciato del muro in costruzione in Cisgiordania .

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 giugno 2004

 

UNA GIORNATA DAVVERO PARTICOLARE, LA FESTA DEI SANTI PIETRO E PAOLO

VISSUTA IERI CON LA FRATERNA PARTECIPAZIONE DI BARTOLOMEO I:

ALL’UDIENZA GENERALE IL PAPA HA ESPRESSO LA SUA GIOIA PER L’EVENTO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

All’indomani della festa dei Santi Pietro e Paolo, il Papa partecipa alle migliaia di pellegrini, raccolti in Piazza San Pietro per l’udienza generale, la sua gioia per una giornata davvero particolare, che ha visto l’incontro fraterno con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli e l’imposizione del Sacro Pallio a 44 arcivescovi metropoliti. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Giovanni Paolo II ancora una volta ha posto in risalto la “fraterna partecipazione” di Bartolomeo I alla Santa Messa, celebrata ieri pomeriggio nella basilica vaticana, per la festa dei santi patroni di Roma, dopo 40 anni dallo “storico incontro e abbraccio, a Gerusalemme” tra Paolo VI ed il patriarca ecumenico Atenagora I.

 

Poi rivolto agli arcivescovi metropoliti, ieri insigniti del Sacro Pallio ed oggi presenti all’udienza con parenti ed amici, ha ricordato come questa “consuetudine antica” conservi “anche oggi una singolare eloquenza”, perché “esprime il fondamentale principio di comunione, che dà forma alla vita ecclesiale in ogni suo aspetto; ricorda che tale comunione è organica e gerarchica; manifesta che la Chiesa, per essere una, ha bisogno del peculiare servizio della Chiesa di Roma e del suo Vescovo, Capo del Collegio episcopale”.

 

Il Pallio è una stretta stola di lana bianca da portare cinta al collo, che il Papa indossa in tutte le celebrazioni solenni e che viene imposto ogni anno ai nuovi arcivescovi nominati nelle sedi metropolitane. “Un’insegna liturgica”, “attestato di comunione con il vescovo di Roma”, che affonda le sue radici nel secolo IX. Un rito che “mette bene in luce la cattolicità della Chiesa”, “inviata da Cristo per annunciare il Vangelo a tutte le nazioni e per servire l’intera umanità”, ha spiegato Giovanni Paolo II, rinnovando infine il motto evangelico:

 

“A tutti Cristo, come un giorno a Pietro, ripete: ‘Duc in altum’ Ci invita a prendere il largo e ad avventurarci con fiducia sul mare della vita”.

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“NESSUNA DIFFICOLTA’ CI FRENI”.

COSI’ IL PAPA, CHE IERI HA PRESIEDUTO LA SANTA MESSA

NELLA SOLENNITA’ DEI PATRONI DI ROMA, SANTI PIETRO PAOLO, HA RIASSUNTO,

DINANZI AL PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI, BARTOLOMEO I,

LA SITUAZIONE DEL CAMMINO VERSO L’UNITA’ DEI CRISTIANI

 

Nessuna difficoltà ci freni nel cammino verso l’unità dei cristiani. È quanto, in sostanza, ha affermato ieri il Papa che nel pomeriggio, sul sagrato della Basilica Vaticana, ha presieduto, alla presenza del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, la celebrazione eucaristica nella solennità dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma. Giovanni Paolo II e Bartolomeo I si erano già incontrati in mattinata, sempre in Vaticano, commemorando il 40esimo anniversario dello storico incontro a Gerusalemme tra Papa Paolo VI ed il Patriarca Atenagora I. Nel corso della Messa solenne di ieri, come da tradizione, il Pontefice ha imposto il Sacro Pallio, ovvero una stola di lana, ad alcuni nuovi arcivescovi metropoliti, che quest’anno erano 44. Ce ne parla Dorotea Gambardella:

 

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“Credere in Cristo significa volere l’unità”.

 

Citando queste parole tratte dalla sua enciclica Ut unum sint, il Papa ha messo in evidenza che l’impegno di comunione tra le Chiese scaturisce in risposta all’ardente desiderio di Cristo.

 

“Non si tratta di un vago rapporto di buon vicinato, ma del legame indissolubile della fede teologale per cui siamo destinati non alla separazione ma alla comunione”.

 

A tal proposito il Pontefice ha ribadito che “l’impegno assunto dalla Chiesa Cattolica con quanto enunciato dal Concilio Vaticano II, nel decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, è irrevocabile. Quindi, pur ammettendo che “il cammino verso l’unità è certamente non facile, né privo di ostacoli”, ha esortato tutti i cristiani ad intensificare gli sforzi:

 

“Che la coscienza non ci rimproveri di aver omesso dei passi, di aver tralasciato delle opportunità, di non aver tentato tutte le strade”.

 

Dal canto suo, il Patriarca Bartolomeo I ha sottolineato:

 

“La nostra presenza esprime il nostro sincero desiderio di rimuovere tutti gli ostacoli ecclesiali che non siano dogmatici o essenziali”.

 

Infine, rivolgendosi alle migliaia di fedeli presenti, Bartolomeo I ha spiegato che “unità delle Chiese non significa unione mondana, uguale alle unioni di Stati, bensì ricerca spirituale che chiede di vivere insieme la comunione con la persona del nostro Signore Gesù Cristo”.

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IL VIAGGIO DELL’ARCIVESCOVO PAUL CORDES

IN HAITI E NELLA REPUBBLICA DOMINICANA

- Intervista con il presidente di Cor Unum -

        

Su incarico del Santo Padre, l’arcivescovo Paul Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, si è recato nei giorni scorsi in Haiti e nella Repubblica Dominicana, teatro di un’emergenza umanitaria dovuta alle recenti violente inondazioni. I morti sono stati più di duemila e migliaia i senzatetto ad Haiti che è uno dei Paesi fra i più poveri dell’America Latina. Ascoltiamo quanto riferisce della situazione attuale, mons. Cordes nell’intervista di Giovanni Peduto:

 

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R. – Sono rimasto veramente colpito dalla povertà di questo Paese. Io penso che non sia meno povero dei più poveri Paesi dell’Africa. Sono stato nella capitale Port-au-Prince ed ho visto le immondizie lasciate davanti alle porte delle case; le strade non asfaltate da decine di anni ormai; i bambini giocare nell’acqua delle fogne. In tutto questo ho ammirato però la presenza di un gruppo di Suore Salesiane che dà veramente una testimonianza eroica. Se si riflette sulla situazione si può forse dire che tutto questo è la conseguenza della dittatura che per anni ha soffocato la gente di questo Paese. Tornano nomi come Duvalier o Babydoc e recentemente questo ex padre salesiano Aristide. Queste persone hanno sfruttato il Paese e le sue risorse, hanno distrutto la libertà della gente e quindi la loro stessa energia. Abbiamo incontrato il primo ministro, un uomo di fede, e con lui abbiamo avuto un incontro molto molto positivo. Si lamentava con noi della poca disponibilità delle forze militari esterne al dialogo ed anche della poca sensibilità di fronte ai responsabili del popolo. Lui crede nel futuro del popolo, ma questo futuro si potrà avere soltanto se coloro che hanno il potere crescono in sensibilità e responsabilità verso la popolazione. Io penso che la miseria, purtroppo, sia la conseguenza di una politica mancante in favore della popolazione. La vera ragione è quindi da ricercare in una politica sbagliata. Forse dopo l’ultima catastrofe si creerà una nuova attenzione ad un Paese che già da anni soffre la miseria.

 

D. – Eccellenza, la Chiesa cosa sta facendo in proposito?

 

R. – La Chiesa ha fatto molto, come nel caso che accennavo di queste suore salesiane. Ho trovato in questi luoghi, e proprio in quelli maggiormente colpiti, la forza dei presbiteri che si trovano là. I parroci rappresentano veramente le colonne di auto. Questo è cosi, per fare soltanto alcuni nomi, a Jacques Mell, a Mapou, a Fort Verette. Le agenzie cattoliche aiutano, soprattutto, attraverso le parrocchie. Gli appelli della Caritas hanno avuto una buona risposta dalla stessa Caritas degli Stati Uniti, la Catholic Service, la Caritas di Spagna, Comunione e Liberazione. C’era anche un gruppo autoctono che si chiama Charles de Focou. Fanno veramente moltissimo e danno un grande aiuto. Io non ho visto persone che materialmente muoiono di fame, ma ho trovato gente che malgrado tutto non ha perso la gioia di vivere. Questo mi è piaciuto molto. Certamente sono stati molto contenti che fosse venuto qualcuno a nome del Santo Padre a fare loro visita. Voglio sottolineare una cosa: certamente l’aiuto materiale è fondamentale ma la Chiesa, grazie alla cattolicità, riesce a dare un grande aiuto a livello morale e spirituale. Questo rappresenta un forte appoggio e aiuta la gente a credere in un futuro migliore e soprattutto a non perdere la fiducia in Dio.

 

D. – Eccellenza, lei ha incontrato i vescovi di Santo Domingo. Cosa può dirci riguardo a questo Paese?

 

R. – La catastrofe nelle diverse zone era, purtroppo, già da prevedere. I vescovi erano abbastanza arrabbiati. Qui nuovamente si deve rimandare la responsabilità ai politici. I politici non si interessano a queste cose. Non si impegnano a creare delle situazioni stabili. Penso a Jimani, ad esempio, che è una zona molto a rischio: le inondazioni colpiscono sempre in questo paese, uccidendo diverse persone. E questo perché il fiume non è messo in un letto sicuro. Ci sono state forti lamentele da parte dei vescovi e dei presbiteri perché finora non hanno avuto risposte. La ragione può anche essere che in questa zona c’è poca popolazione, non ci sono grandi città. E quindi, almeno questo è il sospetto, la popolazione di questa zona non incide abbastanza al momento delle elezioni e per questo i politici non si interessano. Mi diceva il parroco di questa zona che due senatori vengono da questa zona ma non si occupano mai di questa stessa zona. Così la gente non trova ascolto dalle forze politiche. A Monte Plata, che è una zona in cui i ricchi fanno pressione sulla popolazione per trasferirsi in altre parti del Paese, perché questa terra dove stanno questi poveri, veramente poveri, è molto fruttuosa e promette molte cose e quindi i ricchi vogliono far cacciare questi poveri. La Chiesa non smette di essere la voce dei poveri, cominciando dal cardinale Lopez Rodriguez di Santo Domingo, che denuncia sempre questi casi di corruzione.

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“IL PAPA PREGA AFFINCHÉ LE SPERANZE DI PACE, LIBERTÀ E PROSPERITÀ

DEGLI IRACHENI POSSANO CONCRETIZZARSI PRESTO”.

È QUANTO SI LEGGE NEL TELEGRAMMA INVIATO DAL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO, ANGELO SODANO, AL PRESIDENTE DELL’IRAQ, SHEIKH GHAZI AJEEL,

 IN OCCASIONE DEL PASSAGGIO DI POTERI AL GOVERNO LOCALE

 

“Il Papa prega affinché le speranze di pace, libertà e prosperità degli iracheni possano concretizzarsi presto”. È quanto si legge nel telegramma inviato dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, al presidente dell’Iraq, Sheikh Ghazi Ajeel, in occasione del passaggio di poteri al governo locale. “Il vostro nobile Paese, un tempo casa di Abramo – si sottolinea nel messaggio – è oggi la casa di una ricca varietà di culti”. Che tutti i gruppi religiosi facciano sentire il proprio peso nella costruzione di una società improntata ad una vera libertà di coscienza, alla giustizia e ad un dialogo pacifico, è l’auspicio del Santo Padre. Messaggi simili sono stati inviati dal cardinale Sodano anche al premier iracheno, Iyad Allawi, e dall’arcivescovo, Giovanni Lajolo, segretario per le Relazioni con gli Stati, al ministro degli Esteri, Hoshyar Zebari.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

"Un balzo in avanti nel dialogo e nelle relazioni fraterne": Giovanni Paolo II ed il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I rinnovano il "provvidenziale" e "coraggioso" abbraccio di quarat'anni fa in Terra Santa tra Paolo VI e Atenagora I. All'interno il resoconto dettagliato della visita di Bartolomeo I

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

All'Angelus recitato nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, il Papa ha affidato in modo speciale ai due insigni Patroni l'amata Diocesi di Roma e la comunità civile capitolina.

 

Nelle estere, in evidenza l'Iraq. In un telegramma al presidente iracheno, l'auspicio per un futuro di pace e di libertà. Affidata alle autorità irachene la custodia legale di Saddam Hussein e di altri undici gerarchi del passato regime.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri", il direttore d'orchestra Georges Pretre intervistato da Antonio Braga.

 

Nelle pagine italiane, governo: doppio "no" di An e Udc sulla riforma fiscale. Il premier stringe i tempi della verifica ma aumentano le difficoltà.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 giugno 2004

 

LA FIRMA DELLA COSTITUZIONE EUROPEA A ROMA, IL PREMIER PORTOGHESE BARROSO NUOVO PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE: LE DECISIONI DEL VERTICE STRAORDINARIO IERI A BRUXELLES A CONCLUSIONE

DEL SEMESTRE DI PRESIDENZA IRLANDESE

- Intervista con Stefano Polli -

 

La Costituzione europea sarà firmata a Roma in autunno; nuovo presidente della Commissione dell’Unione diventerà il premier portoghese Barroso: è quanto deciso al Consiglio europeo straordinario, ieri pomeriggio a Bruxelles. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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E’ stata anche annunciata ufficialmente la riconferma dello spagnolo Solana quale esponente della politica estera. In base alle riforme istituzionali previste dalla Costituzione, l’incarico di Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, che già rivestiva, si fonderà con quello di Commissario per le relazioni esterne, dando vita al primo ministro degli esteri dell’Europa. Sarà nuovo anche il ruolo del capo dell’esecutivo per il quale, dopo l’empasse al vertice del 18 giugno,  è stato scelto il premier portoghese, di centrodestra, legato al Partito popolare europeo. Jose Manuel Durao Barroso ha dichiarato di accettare con l’impegno di garantire una Commissione forte per costruire un’Unione basata sul principio di solidarietà. La sua nomina sarà sottoposta il 22 luglio prossimo al voto dell’Europarlamento, nel corso di quella che sarà la  prima seduta plenaria della nuova legislatura. I nominativi dei  nuovi commissari si conosceranno una settima prima. Sulla scelta Barroso ha già detto che spetta a lui la responsabilità ma si sa che da tempo si discute la distribuzione tra i vari Paesi delle varie competenze, in particolare i ruoli chiave dei vicepresidenti. Dunque, dopo la ratifica da parte degli eurodeputati, tra settembre ed ottobre sarà nominato il nuovo esecutivo, che a novembre subentrerà alla Commissione Prodi. Un mandato di 5 anni, quello del professore italiano, che ha registrato veri e propri passaggi storici: l’euro, l’allargamento a 25, il Trattato costituzionale. Ma anche l’avvio di nuove partnership con l’America latina e con i Paesi del Mediterraneo.

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Oltre all’ingresso a maggio dei dieci nuovi Paesi e l’accordo sulla Costituzione, altri momenti estremamente significativi per il futuro dell’Unione sono caduti durante il semestre irlandese di presidenza europea che si chiude oggi. E unanime è il riconoscimento degli osservatori dell’ottimo lavoro fatto dai leader di Dublino che hanno saputo mediare il confronto tra i Paesi membri. Su questo aspetto Giancarlo La Vella ha sentito Stefano Polli, capo redattore esteri dell’Ansa:

 

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R. – Secondo me i riconoscimenti sono meritati, perché sono riusciti in un’impresa che all’inizio del semestre di presidenza sembrava impossibile e, cioè, arrivare ad un accordo sulla Costituzione europea. Si tratta sicuramente di un passaggio che rimarrà nella storia dell’Europa e gli irlandesi si sono mossi con intelligenza e bravura. Per dovere di cronaca c’è da sottolineare che sono stati facilitati da alcuni avvenimenti, avvenuti durante il loro semestre. In particolar modo io credo che il cambio della guardia a Madrid da Aznar a Zapatero abbia spianato la strada per un accordo sulla Costituzione. Aznar si era opposto strenuamente, soprattutto al sistema di voto a doppia maggioranza, mentre Zapatero ha dato subito il suo sì. E questo sicuramente ha aiutato tantissimo gli irlandesi. Secondo punto, gli attentati dell’11 marzo a Madrid hanno ricompattato i leader europei, hanno creato una solidarietà europea che prima non esisteva. E direi che tutto questo ha facilitato il lavoro, comunque molto buono, degli irlandesi. Resta che sono riusciti a portare a frutto l’accordo sulla Costituzione.

 

D. – Poi, nel maggio scorso, sono entrati 10 nuovi Paesi. Secondo te, la Costituzione può essere un legame fondamentale nel cammino dell’Europa verso una maggiore integrazione o, perché no, verso un futuro  più o meno lontano da Stato federale?

 

R. – Sicuramente la Costituzione era un passaggio dovuto e necessario, perché le istituzioni erano studiate per un’Europa ridotta, più piccola. L’Europa non avrebbe funzionato con quel tipo di istituzioni, con quelle strutture decisionali. Quindi, la Costituzione serviva e doveva essere fatta. Il punto è che probabilmente non è, forse, la Costituzione che l’Europa avrebbe voluto. C’è stato un qualche passo indietro sul sistema di voto a doppia maggioranza, sul ventaglio dei settori in cui si voterà all’unanimità. E questo probabilmente creerà in futuro qualche problema. Però, è comunque un passo avanti fondamentale. Adesso la Costituzione c’è, gli europei possono riconoscersi in una vera e propria magna charta, in un trattato costituzionale europeo, che non era mai esistito. E questo darà una spinta importante all’Europa dei 25.

 

D. - Dal 1 luglio l’Olanda sostituisce l’Irlanda alla presidenza europea. Quali compiti aspettano questo Paese, considerando che bisogna capitalizzare quanto ha ottenuto l’Irlanda?

 

R. – L’Olanda si troverà ad avere una nuova Commissione, un nuovo Parlamento, una nuova Europa di 25 Paesi. Quindi, il compito dell’Olanda è importante perché dovrà tenere a battesimo questa nuova Europa, completamente diversa rispetto a quella che conoscevamo.

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“NON POSSIAMO DIRE EUROPA SE NON PARLIAMO DELLE SUE RADICI,

ANZI LE TAGLIAMO, CIOÈ SE NON FACCIAMO RIFERIMENTO AL CRISTIANESIMO”.

COSÌ IL CARDINALE PAUL POUPARD ALLA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

“EUROPA DEL ’900 - UNA STORIA PER IMMAGINI” CURATO DALL’ISTITUTO LUCE

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

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Raccontare un secolo con le immagini dei cinegiornali. Raccontare la storia dell’Europa del Novecento attraverso la collaborazione delle diverse televisioni europee depositarie della memoria visiva di quei “100 anni che hanno trasformato il cuore del mondo”, come riporta il titolo di questa interessante iniziativa dell’Istituto Luce. Alla presenza del Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, si è tenuto stamani nella Sala Santa Marta al Collegio Romano un Convegno preparatorio con interventi dello storico Valerio Castronovo, dello studioso di comunicazione Mario Morcellini e dei registi Folco Quilici e Krszysztof Zanussi. Andrea Piersanti, moderatore dell’incontro e presidente dell’Istituto Luce, ci spiega le ragioni di questo Convegno.

 

R. - Il Novecento è stato il secolo delle immagini, è stato il secolo del trionfo delle immagini. Però, le immagini sono state usate poco per studiare e soprattutto per raccontare la storia di questi cento anni. L’idea di questo convegno è proprio di mettere l’indice su questa opportunità, che non è soltanto per gli addetti ai lavori, per gli storici, ma è anche per le famiglie, per gli studenti, per la gente comune. Dimenticare le nostre radici è pericolosissimo. Questi ultimi cento anni in Europa sono stati terribili e formidabili contemporaneamente. Sono accadute cose orribili e sono accadute cose meravigliose. E’ assolutamente sbagliato dimenticarsene.

 

D. - Un’iniziativa che fa del cinema un mezzo per conoscere meglio la propria storia …

 

R. – Sì, l’Istituto Luce lo fa da 80 anni. E’ stato il primo telegiornale degli italiani, quando la televisione ancora non esisteva o quando era poco diffusa. Gli italiani si potevano informare grazie ai cinegiornali che venivano proiettati prima dell’inizio del film nelle sale cinematografiche di tutta Italia. Continuiamo adesso, in un contesto mediatico completamente trasformato, riproponendo con i documentari a carattere storico ma anche con i nuovi documentari un ritratto continuo, permanente di quello che accade nel nostro Paese.

 

D. - Nel momento in cui l’Europa s’interroga e discute ai più diversi livelli sulle sue radici cristiane, può questo progetto contribuire ad una più profonda e obiettiva conoscenza?

 

R. - A noi non ha fatto piacere la decisione dei leader europei di escludere quell’aggettivo dal testo costituzionale, anche perché crediamo che sia un errore: è un tentativo di voler rimuovere la propria memoria. Speriamo, con questa iniziativa, di poter contribuire a mantenere vivo il dibattito. Proprio dall’incontro dialettico tra i liberali più onesti e i cattolici può scaturire, crediamo, un futuro diverso, di maggiore armonia, di maggiore serenità per tutti.

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CHIESA E SOCIETA’

30 giugno 2004

 

 

I VESCOVI FILIPPINI SODDISFATTI PER L’ELEZIONE DI GLORIA ARROYO,

 CHE STAMANI HA PRESTATO GIURAMENTO COME 14.MO PRESIDENTE DELLE FILIPPINE.

I PRESULI HANNO, INOLTRE, ASSICURATO LA LORO SOLLECITUDINE PASTORALE

NEL SOCCORRERE I POVERI

 

MANILA.= Il presidente della Conferenza episcopale filippina (CBCP), mons. Fernando R. Capalla, ha espresso alla presidente Gloria Macapagal-Arroyo le più calorose congratulazioni dei vescovi filippini per l’investitura, questa mattina nella città di Cebu, a 14° presidente delle Filippine. “Abbiamo vigilato e pregato molto prima, durante e dopo le elezioni nazionali del 10 maggio - scrive mons. Hernando Coronel, segretario generale della CBCP - specialmente nel corso della fase di conteggio dei voti al Parlamento”. Si conferma la sollecitudine pastorale dei vescovi - ha concluso il presule - anzitutto nel soccorrere la piaga dei poveri che vivono nel nostro Paese”. Durante la campagna elettorale, la Arroyo ha concentrato il suo programma in sei parole chiave, tra le quali “medicine meno costose”, “acqua potabile per i villaggi”, “prestiti per micro-progetti” e “un milione di posti di lavoro”. (B.C.)

 

 

ATTESI OLTRE 40 MILA FEDELI DOMANI A SAN GIOVANNI ROTONDO

PER L’INAUGURAZIONE DELLA NUOVA CHIESA DEDICATA A SAN PIO DA PIETRELCINA.

 LA CERIMONIA SARA’ OFFICIATA DA MONS. DOMENICO D’AMBROSIO,

ARCIVESCOVO DI MANFREDONIA-VIESTE-SAN GIOVANNI ROTONDO.

ATTESI, INOLTRE, DIVERSI PERSONAGGI POLITICI E ADDETTI STAMPA ESTERI

 

SAN GIOVANNI ROTONDO.= A San Giovanni Rotondo fervono i preparativi per l’inaugurazione domani pomeriggio della nuova chiesa dedicata a San Pio da Pietrelcina. Il rito di consacrazione e dedicazione verrà officiato da mons. Domenico D’Ambrosio, arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, insieme con 150 concelebranti.  Iniziata nel 1994, su progetto dell’architetto Renzo Piano, la nuova struttura ha tradotto in realtà il desiderio di Padre Pio di poter accogliere adeguatamente i milioni di pellegrini che ogni anno visitano il Santuario e gli altri luoghi di devozione di San Giovanni Rotondo. Per realizzare l’opera grandiosa, in cui 6.500 persone potranno trovare posto su 1.500 banchi, sono stati adoperati materiali semplici: la pietra, il legno e il rame. La grande aula liturgica, a forma di spirale di Archimede, è caratterizzata da un doppio ordine di archi in pietra di Apricena, con un unico centro geometrico in corrispondenza del quale è stato collocato l’altare dello scultore Arnaldo Pomodoro, poggiato su un rialzamento a gradini. Adiacente all’aula liturgica sorge la Cappella dell’Eucaristia, con il tabernacolo di Floriano Bodini, mentre al livello sottostante è stata realizzata un’ampia cripta semicircolare. Il sagrato a pianta trapezoidale potrà contenere circa 40 mila fedeli e diventare una chiesa all’aperto in determinate feste e ricorrenze, in particolare in occasione della veglia del 22-23 settembre, anniversario della morte di Padre Pio. Al termine del viale di accesso alla chiesa è stata posta una Croce in pietra alta 40 metri. Indica ai pellegrini il “senso” autentico della presenza e della visita ai luoghi di Padre Pio, che pose la spiritualità della Croce al centro della sua vita e del suo ministero di sacerdote e di religioso. Secondo i dati dell’Ufficio informazione del centro garganico, dovrebbero essere 40 mila le persone nella città del santo con le stimmate per la celebrazione di domani, una cifra, dicono gli addetti al lavoro, approssimata per difetto. Tantissime anche le testate giornalistiche, giunte anche da paesi extraeuropei, che seguiranno la funzione ma senza telecamere e senza macchine fotografiche. Aperto a tutti, infine, il concerto musicale di Ennio Morricone, che si svolgerà a partire dalle 21.00 sul sagrato della nuova chiesa e i giochi pirotecnici che seguiranno subito dopo. (B.C.)

 

 

L’ISTITUZIONE DEL MATRIMONIO NON DERIVA NE’ DALLA CHIESA, NE’ DALLO STATO,
BENSI’ DA DIO: LO SOTTOLINEA, IN UNA LETTERA, IL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE AMERICANA, MONS. GREGORY, A POCHE SETTIMANE DALL’ESAME
 IN SENATO DELL’EMENDAMENTO COSTITUZIONALE SUL MATRIMONIO

 

WASHINGTON.= In vista del prossimo esame parlamentare dell’emendamento costituzionale sul matrimonio, il presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), mons. Daniel Wilton Gregory, ha esortato i vescovi americani a contattare personalmente i membri del Congresso per far sentire la propria voce a sostegno del provvedimento. Quest’ultimo intende definire esplicitamente il matrimonio quale unione tra un uomo e una donna, contro l’orientamento emerso in alcuni Stati dell’Unione di riconoscere legalità anche ai matrimoni omosessuali. In una lettera, mons. Gregory ricorda ai confratelli come in questi anni la Conferenza episcopale si sia strenuamente impegnata nella difesa dell’istituto matrimoniale, “che non deriva né dalla Chiesa né dallo Stato, bensì da Dio”. Il crescente movimento di opinione a favore dei matrimoni omosessuali aggiunge il presule “sfida i cattolici a riflettere sul significato autentico del matrimonio e sul valore che riveste per gli individui, la famiglie e la società”. L’esame dell’emendamento dovrebbe iniziare in Senato a metà luglio. (L.Z.)

 

 

BATTUTA DI ARRESTO NEL PROCESSO DI PACE NELLO SRI LANKA.

I RIBELLI SI RIFIUTANO DI RIPRENDERE I COLLOQUI CON L’ESERCITO,

ACCUSATO DI NASCONDERE L’EX-COMANDANTE RIBELLE, COLONELLO KARUNA

 

COLOMBO. = L’inviato speciale norvegese Erik Solheim, giunto lunedì in missione nello Sri Lanka, ha avviato ieri consultazioni con esponenti governativi allo scopo di rilanciare il processo di pace, dopo l’insorgere di nuovi contrasti diretti tra ribelli e governo. Le ‘Tigri per la liberazione della patria tamil’ (Ltte), infatti, malgrado le insistenze dei mediatori internazionali, hanno rifiutato di ristabilire i contatti con l’esercito dello Sri Lanka, una delle procedure funzionali al mantenimento del cessate-il-fuoco in vigore da due anni. Le ‘tigri’ ritengono che i militari diano rifugio all’ex-comandante ribelle, colonnello Karuna, autore nel marzo scorso di una secessione nelle file del movimento ribelle, poi stroncata dal comando centrale del Ltte. Nei giorni scorsi, inoltre, un parlamentare dell’opposizione, Mangala Samaraweera, ha dato le dimissioni dopo che è emerso il suo coinvolgimento nella fuga di Karuna. Il governo, dal canto suo, si difende affermando di essere stato all’oscuro di quanto intrapreso da singoli elementi dell’esercito, così come si è detto estraneo a tutto il Partito nazionale unito (Unp), cui appartiene Sameaweera. (B.C.)

 

 

CREARE IN BRASILE UN SISTEMA NAZIONALE DEI DIRITTI UMANI:

 E’ L’OBIETTIVO CHE SI PREFIGGE LA NONA CONFERENZA NAZIONALE

 SUL TEMA A BRASILIA. L’INCONTRO 2004, INIZIATO IERI NELLA CAPITALE

DEL PAESE LATINO AMERICANO, AVRA’ POTERE CONSULTIVO

 

BRASILIA.= Ha preso il via ieri in Brasile la nona Conferenza nazionale sui diritti umani, il cui obiettivo è creare nel Paese latinoamericano un Sistema nazionale dei diritti umani. All’evento partecipano organizzazioni impegnate da tempo nel campo, movimenti sociali ed esponenti del governo nazionale e dei diversi esecutivi statali brasiliani. Tra le più importanti questioni all’ordine del giorno: la condizione del sistema carcerario nazionale, ormai vicino al collasso con le prigioni piene all’inverosimile e caratterizzate da anni di violenza e alto tasso di suicidi. La grande novità di questa conferenza è data dalla decisione del governo del presidente Luiz Inácio Lula da Silva di renderla deliberativa e non più solo consultiva. Le decisioni che saranno prese collegialmente durante l’incontro, quindi, entreranno ufficialmente a far parte della politica del governo nazionale, che risponderà dei risultati positivi o negativi raggiunti. (B.C.)

 

 

SI CONCLUDE OGGI A TEGUCIGALPA, CAPITALE DELL’HONDURAS,

LA SECONDA EDIZIONE DELLA “MARCIA PER LA VITA”,

CONTRO IL DISBOSCAMENTO SELVAGGIO

DELLE FORESTE NELLA REPUBBLICA CENTROAMERICANA

- A cura di Roberta Moretti –

 

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TEGUCIGALPA.= Denunciare i problemi ambientali e sociali prodott dall’ag-gressione alle risorse forestali nell’Honduras, per gettare luce sulle dinamiche e le connessioni che la alimentano: questo lo scopo della “Marcia per la vita”, che si conclude oggi a Tegucigalpa, capitale della Repubblica centroamericana. Nell’intenzione dei partecipanti c’è quella di incontrare il presidente del Paese, Ricardo Maduro. Al capo di Stato vorrebbero chiedere formalmente di porre fine alla distruzione dei boschi nel dipartimento di Olancho, nell’Honduras settentrionale, dove sono attive diverse multinazionali del legname. Lo scorso anno, durante la prima edizione della marcia, Maduro si era rifiutato di incontrare l’organizzatore, padre Andrés Tamayo, ‘allievo’ di monsignor Oscar Arnulfo Romero e fondatore del Mao, il “Movimento ambientalista di Olancho”. La mobilitazione era stata seguita dall’omicidio del dirigente ambientalista ed esponente della Pastorale Sociale-Caritas della Chiesa cattolica dell’Honduras, Carlos Arturo Reyes Méndez. Secondo i dati forniti proprio dalla Pastorale Sociale-Caritas, sono oltre 100 mila gli ettari di bosco che annualmente scompaiono dalle foreste del Paese centroamericano per raggiungere i mercati di Stati Uniti, Canada, Paesi caraibici ed Europa: in particolare, nella regione di Olancho restano poco più di 2 milioni di ettari di bosco naturale, rispetto ai 7,5 originali, mentre ogni giorno circa 10 mila motoseghe sono in grado di tagliare dai 300 ai 400 alberi. Gli effetti ambientali e sociali di tale pratica sono devastanti: inaridimento dei suoli, innalzamento delle temperature, dispersione delle falde acquifere, maggior esposizione dei terreni a frane e smottamenti. Ma soprattutto, solo nell’ultimo decennio, la grave carenza d’acqua ha comportato la perdita dei raccolti, che si sono ridotti del 50% e il conseguente impoverimento dei contadini, che vivono il dramma dell’emigrazione forzata e dell’aumento della criminalità connesso alla mancanza di lavoro. (R.M.)

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24 ORE NEL MONDO

30 giugno 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, la custodia legale di Saddam Hussein è stata formalmente trasferita dagli americani al governo di Baghdad. La custodia fisica dell’ex dittatore resta comunque affidata alle forze americane. E proprio nel giorno della riconsegna di Saddam agli iracheni, il governo di transizione ha deciso di reintrodurre la pena di morte, in vigore durante il passato regime e poi abolita dall’amministrazione americana. Intanto, sul terreno, si registrano nuovi scontri. Il servizio di Dorotea Gambardella:

 

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Undici soldati statunitensi sono rimasti feriti quando diversi colpi di mortaio hanno centrato la loro base, vicino all’aeroporto internazionale di Baghdad. Attentati anche a Samara, nel sud dell’Iraq, dove la deflagrazione di un’autobomba, dinanzi alla locale centrale di polizia, ha provocato il ferimento di un civile e di un agente. Si tratta del primo veicolo che viene fatto esplodere da quando, due giorni fa, è avvenuto il trasferimento dei poteri alle autorità locali. A Najaf, a seguito di uno scontro armato tra forze dell’ordine e miliziani del leader radicale sciita, Moqtada al Sadr, la polizia irachena  ha imposto il coprifuoco notturno. In merito alla cattura del capo di Al Qaeda in Iraq, Abu Musab al Zarqawi, prima annunciata dalla televisione, Al Jazira, e poi smentita dal generale Mark Kimmit, portavoce delle truppe americane nel Paese, un quotidiano curdo, organo ufficiale dell’Unione patriottica del Kurdistan (Upk), scrive oggi che al Zarqawi è stato effettivamente arrestato, sebbene il governo di Baghdad non ne abbia ancora reso nota ufficialmente l’operazione. In merito alla vicenda delle torture, infine, il capo della Chiesa anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, e l’arcivescovo di York, David Hope, hanno scritto insieme una lettera al premier Tony Blair, nella quale invitano il governo britannico ad “occuparsi seriamente di una questione, che pregiudica la reputazione della coalizione nel mondo”.

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La riconsegna di Saddam agli iracheni a soli due giorni dal passaggio dei poteri rappresenta, senza dubbio, un gesto simbolico di grande importanza. Ma sul piano pratico non cambia molto. Lo spiega da Baghdad Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere dalla sera, al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. – In realtà per Saddam non cambia quasi niente, perché rimarrà nelle mani della coalizione dei militari americani che lo hanno custodito fino ad oggi. E’ la custodia legale di Saddam che passa al nuovo governo iracheno. Lo stesso Allawi tre giorni fa aveva detto che pensava di mandare delle guardie, dei poliziotti facenti parte della nuova polizia irachena, nel carcere dove gli americani tengono Saddam, per avere una presenza simbolica. E tra qualche mese, quando avranno guardie speciali, quando avranno messo a posto un carcere ed una cella particolare, allora riprenderanno anche Saddam.

 

D. – Per quanto riguarda il processo a Saddam, Allawi non ha ancora annunciato una data ufficiale. Tu, a Baghdad, sai qualcosa di più?

 

R. – Salem Chalabi, nominato nello scorso mese di dicembre direttore del Tribunale speciale per giudicare proprio i vecchi dirigenti del regime, mi ha detto prima di questi ultimi avvenimenti come nel Paese si pensasse che il processo sarebbe iniziato verso la fine dell’anno e che l’ex rais sarebbe stato tra i primi ad essere processato.

 

D. – La gente ha reagito in qualche modo a questa notizia della riconsegna di Saddam?

 

R. – Direi che in questo momento la maggiore preoccupazione per la popolazione non è la sorte di Saddam, che interessa invece la stampa internazionale. All’iracheno medio non importa più dell’ex rais da molto tempo. Le sue preoccupazioni sono quelle legate alla sicurezza, alla mancanza di lavoro e alle difficoltà di assicurare un’istruzione adeguata ai propri figli.

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In Afghanistan, quattro combattenti talebani, tra i quali il mullah Qasim,  leader dei guerriglieri nella provincia centrale afghana dell’Uruzgan, sono stati uccisi nel corso di un’operazione congiunta condotta dalle forze armate afghane e statunitensi. Due bombe sono esplose, inoltre, a Jalalabad provocando il ferimento di 27 persone, tra le quali alcuni poliziotti, donne e bambini.

L’Alta corte israeliana ha ordinato oggi di cambiare il tracciato del muro che Israele sta costruendo in Cisgiordania, per minimizzare le sofferenze alla popolazione palestinese. La sentenza giunge pochi giorni prima di quella della Corte internazionale di giustizia dell’Aja, che si esprimerà sugli stessi temi, su richiesta delle Nazioni Unite, il prossimo 9 luglio. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il governo israeliano ha reso noto che intende rispettare la decisione della Corte  e cambierà il tracciato del muro intorno alla Cisgiordania. Il ministro della Giustizia israeliano, Yosef Lapid, ha espresso aperto compiacimento per l’odierna sentenza, sottolineando come sia necessario garantire la sicurezza agli israeliani, ma non a scapito della libertà di spostamento dei palestinesi. Lo Stato ebraico - hanno dichiarato i giudici - deve trovare alternative che danneggino meno la popolazione. E queste alternative esistono: lo precisano i giudici che hanno accolto gli appelli presentati dagli avvocati dei cittadini palestinesi ai quali sono stati confiscati terreni per innalzare la barriera. Secondo la radio militare, dovrà essere smantellato e spostato un tratto di muro di 30 chilometri e gli abitanti palestinesi di questa zona avranno diritto a risarcimenti. Il tratto di barriera contestato - ha spiegato uno degli avvocati - avrebbe un impatto devastante per la vita di almeno 45 mila palestinesi che vivono in dieci diversi villaggi. Lo scopo principale del muro, la cui costruzione, iniziata nel giugno 2002, prevede un’estensione finale di almeno 600 chilometri, è di prevenire attentati terroristici palestinesi. Su questo punto i giudici hanno convenuto con il governo di Tel Aviv sostenendo che il progetto non è stato realizzato per fini politici. La situazione sul terreno, infine, continua ad essere incandescente: un adolescente palestinese è stato ucciso a Beit Hanun, nel nord della Striscia di Gaza, durante un’operazione dell’esercito israeliano.

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La Turchia ha formalmente abolito i suoi controversi tribunali speciali per la sicurezza dello Stato, organi sottoposti a giurisdizione militare e composti da giudici civili. Il Parlamento turco aveva già provveduto lo scorso mese ad eliminare, dalla Costituzione, tali tribunali utilizzati soprattutto per stroncare le lotte del movimento di resistenza curdo e dell’opposizione di sinistra turca. La decisione di Ankara rientra nell’ambito di  un pacchetto di misure tese a favorire l’adesione della Turchia all’Unione Europea, attraverso una migliore tutela dei diritti umani.

 

In Sudan, la drammatica situazione della regione del Darfur è al centro delle visite di Kofi Annan, segretario generale dell’Onu, e di Colin Powell, segretario di Stato americano. Annan è giunto questa mattina a Khartoum per incontrare il personale delle agenzie delle Nazioni Unite ed i ministri degli Esteri e dell’Interno sudanesi. Powell, durante gli odierni colloqui con il presidente Omar al Beshir, ha sottolineato tre esigenze: controllare le milizie arabe filogovernative dei Djandjawid, accusate di gravi crimini contro la popolazione del Darfur; permettere alle organizzazioni umanitarie di lavorare nell’area ed iniziare negoziati con i due movimenti ribelli, attivi nella regione.

 

Lascia il suo incarico il presidente del Parlamento bosniaco, Dragan Kalinic. Lo ha comunicato lo stesso politico, annunciando che il provvedimento è stato preso dall’Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia, a causa del mancato arresto di Radovan Karadzic, l’ex leader dei serbi di Bosnia, accusato di genocidio e di crimini di guerra e contro l’umanità.

 

In Cambogia è stato siglato un accordo per la formazione di un governo di coalizione tra il partito del popolo del primo ministro Hun Sen ed il Funcinpec del principe Norodom Ranariddh. L’accordo potrebbe porre fine ad una crisi politica che dura da undici mesi.  La cerimonia della firma si è svolta in senato ed è stata trasmessa dalla televisione. Si tratta della terza volta dal 1993 che le due organizzazioni siglano un accordo di questo tipo.

 

In Pakistan, Chaudhry Shujaat Hussain ha assunto l’incarico di primo ministro dopo aver giurato questa mattina davanti al presidente Pervez Musharraf. Hussain era stato eletto ieri nel corso di una speciale sessione dell’Assemblea nazionale di Islamabad. Sabato scorso, si era dimesso l’ex primo ministro Khan Jamali, in rotta con Musharraf.

 

L’aeroporto di Vienna ha chiuso, questa mattina, il terminal principale dopo il ritrovamento, da parte della polizia, di una valigia sospetta risultata positiva al test per il rilevamento di esplosivi. Ma si è trattato di un falso allarme: il responsabile della sicurezza al ministero dell’Interno, Rudolf Gollia, ha reso noto che nella valigia non c’era nessun esplosivo, ma solo apparecchiature elettroniche, vestiti e prodotti cosmetici.

 

Un elicottero con a bordo 24 persone, 21 delle quali peacekeeper della missione Onu in Sierra Leone, si è schiantato ieri durante un volo operativo da Hastings a Yengema. Lo ha annunciato a New York il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. La compagnia russa proprietaria del velivolo ha confermato che non ci sono stati superstiti nel disastro. Sull’accaduto è stata aperta un’inchiesta. L’Onu ha circa 11 mila peacekeeper in Sierra Leone, per promuovere il processo di pace dopo 11 anni di guerra civile.

 

Un tentativo di dirottamento è stato compiuto ieri su un aereo in volo tra Monaco ed Istanbul. Lo ha riferito la televisione tedesca precisando che il pilota del velivolo, con 150 passeggeri a bordo, è riuscito a tornare allo scalo tedesco dove è intervenuta la polizia.

 

In Italia, l’aula della Camera ha confermato con 331 voti la fiducia al governo, approvando il maxiemendamento presentato dall’esecutivo al testo di riforma dell’ordinamento giudiziario. I sì sono stati 331, i no 229, due gli astenuti.

 

La Corte di Appello di Parigi ha concesso l’estradizione in Italia per Cesare Battisti, l’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, che deve scontare due ergastoli per quattro omicidi commessi negli anni ‘70.

 

 

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