RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 181 - Testo della trasmissione di martedì 29 giugno 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Rinnovare l’impegno per l’unità dei cristiani: così, il Papa incontrando stamani il Patriarca Bartolomeo I, nella solennità dei Santi Pietro e Paolo.  Esortazione ribadita all’Angelus, incentrato sull’incontro ricco di aspettative per i rapporti tra la Chiesa di Roma e di Costantinopoli

 

Sui rapporti tra cattolici e ortodossi, intervista con il cardinale Walter Kasper

 

Oggi pomeriggio, in Piazza San Pietro, la Santa Messa, con l’imposizione del Sacro Pallio a 44 arcivescovi metropoliti.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“Andate in tutto il mondo”. E’ il titolo del libro presentato a Roma che offre i contributi di diversi vaticanisti italiani sulla figura di Giovanni Paolo II: con noi il cardinale Camillo Ruini, e i giornalisti Schiavazzi, Acquaviva, De Carli e Petrosillo

 

Inizia oggi la visita del segretario di Stato Usa in Sudan per far fronte all’emergenza umanitaria nel Darfur: intervista con il prof. Giampaolo Calchi Novati

 

Iraq e Afghanistan in primo piano al Vertice Nato di Istanbul: ai nostri microfoni, il giornalista Andrea Bonanni

 

All’insegna del binomio pace e sport, prosegue il cammino della torcia olimpica, in vista dei Giochi di Atene: ce ne parla mons. Carlo Mazza.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I problemi dei Paesi più poveri al centro del Consiglio economico e sociale dell’Onu, apertosi ieri a New York

 

Trovare nella fede la forza della speranza: è l’appello lanciato dal cardinale Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, al termine della settima giornata della pastorale sociale

 

In un rapporto della Commissione parlamentare ugandese, i dati dell’emergenza umanitaria provocata dalla guerra civile nel Paese Africano

 

L’arcivescovo di Bogotà, cardinale Pedro Rubiano, condanna la recente ondata di sequestri avvenuta in Colombia

 

Stamani alle 10.30 si è celebrata una Messa pontificale nella Basilica di San Paolo fuori le mura

 

24 ORE NEL MONDO:

Domani la custodia legale di Saddam Hussein passerà all’Iraq. L’annuncio del premier Allawi

 

I detenuti a Guantanamo hanno diritto di accedere ai tribunali americani. Lo ha stabilito la Corte suprema Usa

 

In Canada, i Liberali del premier Martin vincono le elezioni

 

Il portoghese Barroso ha accettato la candidatura alla presidenza della Commissione Ue.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 giugno 2004

 

 

RINNOVARE L’IMPEGNO PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI:

COSI’, IL PAPA INCONTRANDO STAMANI IL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I,

NELLA SOLENNITA’ DEI SANTI PIETRO E PAOLO.

UN’ESORTAZIONE RIBADITA ALL’ANGELUS,

INCENTRATO SULL’INCONTRO RICCO DI ASPETTATIVE

PER I RAPPORTI TRA LA CHIESA DI ROMA E DI COSTANTINOPOLI

- A cura di Alessandro Gisotti e Roberta Gisotti -

 

Una giornata storica, che rinnova la speranza dell’unità tra i cristiani. Nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, Giovanni Paolo II e il Patriarca ecumenico Bartolomeo I hanno ribadito, stamani, l’urgenza del dialogo tra la Chiesa di Roma e di Costantinopoli per rafforzare l’impegno sulla via dell’ecumenismo. L’udienza in Vaticano ha commemorato il 40.mo anniversario dello storico incontro a Gerusalemme, tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora I. Il ricordo di quell’evento provvidenziale, ha detto Giovanni Paolo II, deve favorire un balzo in avanti nel dialogo tra le due Chiese. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Spinti dalla fiducia e dall’amore verso Dio”, Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora I “hanno saputo superare pregiudizi e incomprensioni secolari, ed hanno offerto un esempio mirabile di pastori e guide del Popolo di Dio”. E’ con queste parole, di gratitudine e viva emozione, che Giovanni Paolo II ha ricordato l’incontro storico, “provvidenziale per la vita della Chiesa”, che 40 anni fa, fece “riprendere con fiducia i rapporti tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli”. Un incontro, ha aggiunto, “coraggioso e gioioso nello stesso tempo”. 

 

In questi quarant’anni, ha detto il Papa rivolgendosi a Bartolomeo I, le nostre Chiese “hanno vissuto occasioni importanti di contatto che hanno favorito lo spirito della reciproca riconciliazione”. Ha così evidenziato lo scambio di visite tra Paolo VI e Atenagora I nel 1967, la sua visita al Fanar nel 1979. E, ancora, l’annuncio con il Patriarca Dimitrios I dell’inizio del dialogo teologico e la visita dello stesso a Roma nel 1987. Infine, ha ricordato la visita in Vaticano di Bartolomeo I nel 1995.

 

“Sono tanti segni del comune impegno di continuare a percorrere la strada intrapresa, perché si realizzi quanto prima la volontà di Cristo: ut unum sint!”.

 

Tuttavia, ha proseguito il Pontefice, “lungo questo cammino hanno certo pesato i ricordi di dolorose vicende della storia passata”. In particolare, non possiamo dimenticare che nel 1204 un esercito per “recuperare la Terra Santa alla cristianità, si diresse verso Costantinopoli per prenderla e saccheggiarla, versando il sangue dei fratelli nella fede”. E qui ha ribadito lo “sdegno e il dolore” che Papa Innocenzo III manifestò subito alla notizia di quanto era successo. Ha così invocato “il Signore della storia”, affinché “purifichi la nostra memoria da ogni pregiudizio e risentimento, e ci conceda di procedere liberamente sulla strada dell’unità”. Un invito, ha detto ancora il Papa, a cui ci spingono con il loro esempio Paolo VI e Atenagora I.

 

“Il ricordo di quell’incontro, favorisca un balzo in avanti nel dialogo e nel rinsaldamento delle mutue relazioni fraterne”.

 

In tale contesto, il Pontefice ha auspicato che venga riattivata la “Commissione mista”. E’, infatti, urgente avvalersi di ogni mezzo “per alimentare lo spirito di reciproca accoglienza e comprensione nella fedeltà al Vangelo e alla comune Tradizione apostolica”.

 

Dal canto suo, il Patriarca Bartolomeo ha affermato la necessità di rafforzare il dialogo tra le due Chiese. Dialogo, ha constatato, che “ha fluttuazioni, a ragione delle difficoltà accumulate dalla storia della lunga divisione”. E’ poi vero, ha aggiunto, “che alcune azioni hanno provocato la sospensione o l’ostacolo del progresso del dialogo nella verità, che si svolgono tra le nostre Chiese sorelle”. Ma “la nostra responsabilità – ha avvertito - e il dovere che deriva dalla preghiera sacerdotale del Signore, di contribuire al reale vissuto nella Sua Chiesa dell’unità spirituale, non permette a noi di perdere la speranza”. Parole corredate da un auspicio:

 

“Santità, sogniamo con gioia il giorno in cui tutti gli ostacoli alla piena comunione saranno tolti, e preghiamo continuamente affinché quel giorno non sia lontano a venire”.

 

“Non è possibile – ha detto ancora Bartolomeo I - che la Parola del Signore cada nel vuoto”. Per questo “cerchiamo – sinceramente e faticosamente – modi di continuare i dialoghi come unica strada, per il momento, di comunione tra le nostre Chiese”. Al termine dell’udienza, il Patriarca ha omaggiato il Pontefice con alcuni doni tra cui una croce d’argento. Il Papa ha contraccambiato con una medaglia commemorativa dell’incontro storico di Gerusalemme, che raffigura l’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I. Il Patriarca Bartolomeo, dopo l’incontro con il Santo Padre è sceso nella Basilica di San Pietro. Quindi, si è recato alle Grotte Vaticane, dove si è soffermato in preghiera sulla tomba di Paolo VI.

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Dopo l’incontro con Bartolomeo I, carico di aspettative per i rapporti tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli, Giovanni Paolo II è tornato a parlare all’Angelus della speranza di ritrovare la piena unità dei cristiani. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Preghiamo perché ogni uomo e ogni donna accolga il messaggio d’amore per il quale Pietro e Paolo hanno subito il martirio.”

 

Pietro, “pescatore di Galilea, che per primo professò la fede nel Cristo”, Paolo “maestro e dottore, che annunciò la salvezza alle genti”. Entrambi “per volere della Divina Provvidenza” – ha ricordato il Papa – giunsero a Roma, “dove subirono il martirio nel volgere di pochi anni. Da allora, la città, che era la capitale di un grande impero, fu chiamata a ben altra gloria: ospitare la Sede Apostolica, che presiede all’universale missione della Chiesa di diffondere nel mondo il Vangelo di Cristo, Redentore dell’uomo e della storia.”

 

Una ricorrenza, quella dei santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma, quest’anno “allietata dalla presenza di Bartolomeo I”, a 40 anni dall’“abbraccio fraterno”, scambiato a Gerusalemme, tra Paolo VI e il Patriarca Atenagora I. Un abbraccio “simbolo - ha sottolineato il Santo Padre - dell’auspicata riconciliazione tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, nonché profezia di speranza nel cammino verso la piena unità fra tutti i cristiani”.

 

A suggellare questo incontro Giovanni Paolo II presiederà oggi pomeriggio alle 18 in piazza San Pietro la Santa Messa, cui ha invitato a partecipare il Patriarca ecumenico di Costatinopoli:

 

“Insieme terremo l’omelia e proclameremo la comune professione di fede.”

 

Durante la celebrazione, il Papa imporrà il “Pallio” agli Arcivescovi Metropoliti nominati nell’ultimo anno. “Un tradizionale segno di comunione – ha detto - tra la Sede di Roma e le Chiese sparse nel mondo, che ben si colloca nel contesto della festa degli Apostoli Pietro e Paolo.”

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All’insegna del cammino ecumenico, dunque, si svolge oggi e nei prossimi giorni la visita a Roma del Patriarca Bartolomeo I. Evento di particolare rilevanza nel contesto delle relazioni con la Chiesa cattolica, come sottolinea il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei cristiani, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – La visita lancia il messaggio che dopo due-tre anni di difficoltà e di qualche malinteso, ora le Chiese hanno ripreso a parlarsi e a guardare al futuro. Vogliono ricominciare con il dialogo internazionale. Questo è il messaggio centrale. E in questo particolare momento dell’unificazione dell’Europa, il continente ha bisogno della testimonianza comune delle Chiese.

 

D. – Come vede i rapporti tra i cattolici da una parte e tutto il variegato mondo ortodosso ai nostri giorni?

 

R. – Esiste una certa diversificazione tra le Chiese ortodosse, ma il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha una sorta di Primato d’onore, ed anche il primato dell’integrazione tra le Chiese. Perciò questo rapporto è molto importante per noi. Però, vogliamo sottolineare i nostri rapporti con le varie Chiese ortodosse: penso che siamo all’inizio di un periodo molto fruttuoso.

 

D. – Quali sono i suoi suggerimenti per intensificare il cammino verso l’unità?

 

R. – Due sono le proposte. Innanzitutto, ricominciare con il dialogo teologico internazionale che è più o meno interrotto dal 2001; poi, dobbiamo riflettere su come facilitare la vicendevole informazione, come si possano stabilire anche degli organismi per informarci, per consultazioni. Nel primo millennio c’era la figura dell’Apocrisario: una specie di nunzio del Papa a Costantinopoli con l’equivalente a Roma. Noi non vogliamo reintrodurre l’Apocrisario, ma è pur necessario riflettere su come si possa snellire il contatto quotidiano per evitare malintesi.

 

D. – Eminenza, come vedrebbe lei in futuro l’unione tra cattolici e ortodossi?

 

R. – Lo stesso Pontefice ha detto che sarà un’unione senza fusione e senza assorbimento: questa è la formula. E’ un’unità nella stessa fede, con gli stessi sacramenti, con lo stesso episcopato, nella successione apostolica, ma sarà possibile una pluralità di forme liturgiche, teologiche, spirituali, canoniche... Quindi, le Chiese ortodosse conserveranno le loro forme di vita quotidiana. Il problema piuttosto sarà l’esercizio del Primato del Vescovo di Roma. C’è stato, l’anno scorso qui a Roma, un simposio a proposito. Dobbiamo continuare a studiare questo problema.

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OGGI POMERIGGIO, ALLE 18, IN PIAZZA SAN PIETRO,

LA SANTA MESSA DEI SANTI PIETRO E PAOLO,

CON L’IMPOSIZIONE DEL SACRO PALLIO A 44 ARCIVESCOVI METROPOLITI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Come sottolineato all’Angelus, Giovanni Paolo II presiederà oggi pomeriggio alle 18, sul sagrato della Basilica di San Pietro, la Celebrazione Eucaristica, nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, patroni di Roma. Come è tradizione, nell’odierna festività, il Papa imporrà il Sacro Pallio ad alcuni nuovi arcivescovi metropoliti. Quest’anno sono 44. La nostra emittente seguirà l’evento a partire dalle ore 18 in radiocronaca diretta sulle consuete lunghezze d’onda per l’Italia e la zona di Roma, l’Europa centro-occidentale e – via satellite – per il Brasile con commenti in lingua italiana, tedesca, spagnola e portoghese.

 

Il pallio è una stola di lana bianca larga 6 cm, ricamata di crocette nere che gira in forma di anello sulle spalle, mentre le estremità pendono sul petto e sul dorso. Esprime la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il metropolita acquista di diritto nella propria giurisdizione. Il pallio può essere indossato soltanto dal Papa, dai cardinali ed arcivescovi metropoliti ai quali viene conferito dal Papa in occasione della consacrazione episcopale. I palli, che Giovanni Paolo II benedirà nell’odierna festività dei Santi Pietro e Paolo, sono confezionati dalle suore del Monastero di Santa Cecilia in Roma.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

29 giugno 2004

 

 

“ANDATE IN TUTTO IL MONDO”. E’ IL TITOLO DEL LIBRO PRESENTATO IERI A ROMA CHE, COME IN UN DIARIO DI VIAGGIO A PIÙ VOCI,

OFFRE I CONTRIBUTI

DI DIVERSI VATICANISTI ITALIANI SULLA FIGURA DI GIOVANNI PAOLO II

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

“E’ da un quarto di secolo che la scena politica internazionale si misura con un soggetto religioso universale come Giovanni Paolo II. La sua elezione, il 16 ottobre 1978, chiamava alla Sede di Pietro il primo Papa italiano dopo cinque secoli”… Sono le prime frasi del libro “Andate in tutto il mondo”, curato dal giornalista Piero Schiavazzi ed edito dalle Edizioni Dehoniane, che offre una lettura corale e differenziata del pontificato di Karol Wojtyla. Nel libro sono riproposti i temi affrontati dai giornalisti nelle conferenze tenutesi negli Istituti italiani di cultura di 40 città del mondo nell’ambito dell’iniziativa “La mia seconda Patria”, organizzata dal ministero italiano degli Affari Esteri in occasione del XXV di pontificato di Giovanni Paolo II. Su questo volume presentato ieri nella sede dell’ambasciata italiana presso la Santa Sede dal presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Camillo Ruini, ascoltiamo proprio il porporato, intervistato da Amedeo Lomonaco:

 

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R. – E’ un modo simpatico, non usuale, che permetterà a tanta gente di cogliere aspetti della personalità del Papa, che sono conosciuti non in maniera specifica. I vaticanisti stessi hanno avuto molte occasioni di essere vicini al Papa e così anche di cogliere meglio quello che possiamo chiamare il segreto delle sue scelte di vita.

 

D. – La pluralità di voci e di contributi presente in questa iniziativa è rimarcata anche dal giornalista di Telepace, Piero Schiavazzi, curatore dell’intero ciclo di manifestazioni e della pubblicazione conclusiva “Andate in tutto il mondo”:

 

R. – I giornalisti in questo caso hanno viaggiato per il Papa, andando a raccontare Giovanni Paolo II, con un duplice beneficio. Da una parte narrativo: hanno raccontato la storia con la freschezza della cronaca, vista e vissuta da vicino; e dall’altra, professionale: con il loro rigore professionale hanno assicurato il carattere pluralista, culturale dell’iniziativa.

 

D. – Nell’opera convergono, dunque, testimonianze ed esperienze di vaticanisti italiani di diverse testate, per la prima volta insieme, per affrontare molteplici aspetti legati al Papa. Tra questi, Giorgio Acquaviva, del quotidiano “Il Giorno”, ha sviluppato il tema della sofferenza fisica di Giovanni Paolo II:

 

R. – Ho puntato l’attenzione sulla sofferenza degli ultimi tempi del Papa e di come questa sofferenza, al di là delle limitazioni fisiche, di fatto sia diventata una nuova forma di comunicazione nei confronti delle potenze del mondo.

 

D. – Sul ruolo svolto da Giovanni Paolo II come ponte di dialogo tra Islam e Cristianesimo, si è soffermato, inoltre, Giuseppe De Carli del Tg1:

 

R. – E’ il Papa che credo abbia fatto più passi in avanti nei confronti della religione di Maometto; é grazie a lui che la Guerra del Golfo e la Guerra contro l’Iraq non si siano tradotte in uno scontro tra civiltà. Questo è il grande contributo dato alla pace da Papa Wojtyla.

 

D. – “Giovanni Paolo II: cifre, gesti e parole di un grande pontificato”: è questo il tema scelto da Orazio Petrosillo del “Messaggero”:

 

R. – E’ il secondo Papa per “durata” tra i successori di Pietro; ha percorso un milione e 242 mila chilometri; è stato il Papa che ha avuto un Magistero di oltre 80 mila pagine, con il più alto numero di santi e beati.

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INIZIA OGGI LA VISITA DEL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO IN SUDAN.

POWELL INCONTRERA’ A KHARTOUM IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU

PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA UMANITARIA

NELLA REGIONE OCCIDENTALE DEL DARFUR

- Intervista con il prof. Giampaolo Calchi Novati –

 

Al via oggi la visita del segretario di Stato Usa, Colin Powell, a Khartoum e nel Darfur, la regione occidentale del Sudan afflitta da una grave emergenza umanitaria. Il conflitto tra ribelli locali e milizie filogovernative ha, infatti, provocato circa 10 mila morti, un milione di sfollati e oltre 100 mila rifugiati nel vicino Ciad. A Khartoum, Powell incontrerà il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan. L’obiettivo della missione è fare pressione sulle autorità sudanesi affinché intervengano per proteggere i civili e disarmare le milizie. Ma, dopo i recenti annunci di un accordo di pace, qual è ora la situazione nel Paese africano? Fausta Speranza lo ha chiesto al prof. Giampaolo Calchi Novati, docente di Storia moderna e contemporanea dell’Africa all’Università di Pavia:

 

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R. – Il documento sulla pace è stato concordato. Probabilmente ci sono alcuni punti che non sono ancora del tutto definiti. In questo caso ci sono da spartire le risorse. Abbiamo il problema del petrolio, c’è da inserire uomini del movimento dei ribelli del Sud nel governo centrale, anche questo è un passaggio critico… c’è poi il disarmo delle forze armate, e a sfavore della possibile soluzione c’è il peso che gli Usa cercano di mettere sulla fine del conflitto. Questo, perché gli Stati Uniti, dopo aver in qualche modo sostenuto i ribelli contro il governo definito integralista di Khartoum, sembrano aver deciso che è meglio avere un Sudan alleato piuttosto che uno destabilizzato.

 

D. – In tutto questo resta l’emergenza in Darfur …

 

R. – Il Darfur è parte del Sudan “arabo”, e non è quindi, in quanto tale, oggetto di trattative. Queste riguardano il reinserimento della parte meridionale dello Stato del Sudan abitato da popolazioni in parte cristianizzate. Il Darfur è abitato da popolazioni con una propria caratteristica etnica, musulmani in teoria più omogenei con il governo centrale di Khartoum. Tuttavia, poiché storicamente il Darfur non è mai stato completamente integrato sotto l’autorità del governo di Khartoum, anch’esso è oggetto di spinte secessioniste. È probabile che proprio in coincidenza con la conclusione del conflitto fra Nord e Sud, il Darfour abbia accentuato le sue pressioni autonomiste persino con la prospettiva della secessione. Questo ha significato un’accentuazione dell’emergenza militare e tutto il resto. Il governo di Khartoum non è mai particolarmente tenero nel modo di reprimere le spinte secessioniste. Al momento non c’è un negoziato e non c’è una voce politica precisa, c’è l’emergenza umanitaria. Sarebbe bene che fosse risolto il problema politico, senza moltiplicare lo spezzettamento dei territori africani, che non giova certo al progresso, alla democrazia dell’Africa.

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CON UNA SERIE DI CONSULTAZIONI CON I PAESI ASSOCIATI

ALL’ALLEANZA ATLANTICA, SI E’ APERTA OGGI LA SECONDA

ED ULTIMA GIORNATA DEL VERTICE NATO AD ISTANBUL

- Intervista con Andrea Bonanni -

 

Il pieno appoggio dell’Unione europea e dell’Alleanza Atlantica al nuovo governo ad interim di Baghdad, la decisione per l’addestramento e l’equipag-giamento dell’esercito iracheno ed il rafforzamento della missione dei Paesi del Patto atlantico in Afghanistan. Sono questi i risultati ottenuti durante il Vertice della Nato di Instanbul, giunto oggi alla seconda ed ultima giornata di consultazioni. Il presidente afgano, Karzai, ha esortato i leader della Nato a inviare presto rinforzi nel Paese per garantire lo svolgimento delle elezioni nel mese di settembre. Nel Paese, dove opposti stati d’animo hanno accolto le notizie della liberazione degli ostaggi turchi sequestrati da terroristi di Al Qaeda e dell’uccisione del soldato americano in Iraq, una donna è intanto rimasta ferita per l’esplosione di una bomba in un aereo atterrato da poco all’aeroporto di Istanbul. Grande interesse ha poi suscitato la “Dichiarazione di Istanbul”, approvata ieri dai leader del Consiglio Atlantico. Il documento parla di un impegno per la “sicurezza in una nuova era”. Ma nasce davvero un nuovo ruolo della Nato dopo quella che sembrava una crisi di identità del Patto Atlantico? Fausta Speranza lo ha chiesto ad Andrea Bonanni, esperto di questioni europee del quotidiano “La Repubblica”:

 

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R. – Mi sembra che queste dichiarazioni su nuove ere dell’Alleanza, le vediamo ad ogni vertice dove sono frequenti questi slanci di retorica a cui però non corrispondono i fatti. In realtà, dopo l’11 settembre, la Nato ha invocato per la prima volta nella sua storia l’articolo 5, cioè la clausola di assistenza automatica ai Paesi sotto attacco. Ma, in questo caso, gli Usa hanno deciso di intervenire senza poggiarsi all’Alleanza, ma scegliendo caso per caso i loro alleati. La Nato è entrata in una crisi da cui non mi sembra si stia ancora risollevando. Anche il tentativo, adesso, di accogliere la richiesta del primo ministro iracheno per l’addestramento delle truppe sembra più una scelta per far vedere che comunque la Nato non è insensibile alla situazione di crisi in Iraq.

 

D. – Nel documento è scritto anche che la Nato rappresenta la partnership vitale tra Europa e Nord America. Secondo lei, in concreto, come si colloca l’Alleanza Atlantica nel rapporto tra Unione Europea e Stati Uniti?

 

R. – Non c’è dubbio che rimane il legame del tavolo multilaterale nel quale europei ed americani collaborano più strettamente. Mi sembra, però, che al di là di questo sforzo di riappacificazione, dopo la divisione irachena, non ci sia in realtà da parte americana la volontà di usare lo strumento Nato per affrontare le crisi internazionali.

 

D. – Il segretario generale della Nato ha detto che questa “Dichiarazione” non dà solo una risposta positiva alla richiesta di assistenza del governo iracheno, ma anche la disponibilità a valutare ulteriori opzioni di intervento. Cos’è, un’apertura, per andare oltre il veto della Francia?

 

R. – Non lo so. In realtà si vede che i governi evitano di affrontare la questione se gli addestramenti debbano essere fatti in Iraq. Quindi, mi sembra che al di là delle dichiarazioni di facciata, le diffidenze reciproche e soprattutto la poca voglia di impegnare la Nato come strumento globale e multilaterale di intervento sulla scena internazionale rimanga in piedi.

 

D. – Un commento da Istanbul sulla coincidenza tra vertice della Nato e il passaggio anticipato dei poteri dalla coalizione al governo di Baghdad …

 

R. – Sicuramente il fatto che il governo di Baghdad sia già formalmente responsabile della gestione della sicurezza del Paese rende più facile per la Nato rispondere alla richiesta di aiuti per l’addestramento delle truppe.

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ALL’INSEGNA DEL BINOMIO PACE E SPORT, PROSEGUE IL CAMMINO

DELLA TORCIA OLIMPICA, IN VISTA DELLE PROSSIME OLIMPIADI DI ATENE

- Intervista con mons. Carlo Mazza -

 

Ieri a Roma, oggi a Monaco di Baviera: prosegue il cammino della torcia olimpica, simbolo di pace nel nome dello sport, attraverso 34 città dei cinque continenti. Cresce, intanto, l’attesa per le Olimpiadi di Atene, che prenderanno il via il prossimo 13 agosto. Evento sportivo per antonomasia, i Giochi Olimpici sono anche un momento di riconciliazione. Aspetto, questo, che viene sottolineato da mons. Carlo Mazza, direttore dell’ufficio nazionale della Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Questo evento è di per sé globalizzante: tutti i partecipanti, gli atleti, ma anche tutte le persone che sono coinvolte, sono espressioni di una mondialità, di una grande parabola in cui il mondo almeno per un attimo si trova in pace a considerare le cose belle di questo mondo. Il Papa in questi giorni ci ha detto ancora una volta che lo sport è un segno, una opportunità di pace. Occorre che noi tutti ci impegniamo, sportivi e non, perché questo grande ideale della convivenza si realizzi. Lo sport lo fa da par suo ma non è sufficiente.

 

D. – Un tempo per le Olimpiadi si fermavano le guerre. Nel contesto odierno qual è il suo auspicio per i prossimi giochi di Atene?

 

R. – Proprio questo… nel senso che lo sport può avere in sé la forza di attenuare la bellicosità, di sentire maggiormente il compito della pace e credo che gli atleti possano dare un esempio di convivenza.

 

D. – Ecco, al Giubileo degli sportivi nel 2000 il Papa ha detto che grande è la loro responsabilità, perché sono chiamati a fare dello sport un’occasione di incontro e dialogo. Il mondo dello sport è all’altezza della sfida lanciata dal Pontefice?

 

R. – Sono certo che i responsabili dello sport e gli atleti sono disponibili... Poi le condizioni molte volte sono più grandi dello sport, che diventa possibile proprio mediante l’incontro e il confronto tra persone diverse. D’altro canto, i campioni sono un modello soprattutto per i ragazzi. Chiediamo loro che siano davvero un modello non solo negli stadi ma anche nella loro vita.

 

D. – C’è qualche iniziativa particolare della Cei in vista delle Olimpiadi di Atene?

 

R. – Prima di tutto io parteciperò come cappellano della delegazione italiana. Vivrò con gli atleti nel villaggio olimpico per 20 giorni e questo è già un segno della presenza della Chiesa e della simpatia con cui la Chiesa segue quest’evento. In secondo luogo sto preparando un piccolo opuscolo nel quale insieme alle letture delle tre domeniche ci saranno delle affermazioni, dei pensieri del Santo Padre, insieme a preghiere che possono aiutare meglio gli atleti e gli accompagnatori a vivere bene questo momento.

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CHIESA E SOCIETA’

29 giugno 2004

 

 

I PROBLEMI DEI PAESI PIÙ POVERI AL CENTRO DEL CONSIGLIO

 ECONOMICO E SOCIALE DELL’ONU APERTOSI IERI A NEW YORK

- Servizio di Elena Molinari -

 

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NEW YORK. = L’agenda della sessione del Consiglio economico e sociale dell’Onu (Ecosoc), iniziata ieri, è completamente occupata dai problemi dei Paesi meno sviluppati del mondo. L’Ecosoc, che si riunisce annualmente per discutere proposte di sviluppo e di aiuto umanitario prima che vengano sottoposte all’Assemblea generale, quest’anno si china dunque verso i Paesi più poveri, i cosiddetti “last developed countries”. Sono ben 49, ed il primo elemento su cui i membri dell’Ecosoc sono chiamati a riflettere, è proprio il fatto che dal 1990 ad oggi il loro numero è più che raddoppiato. Geograficamente, sono soprattutto i Paesi dell’Africa – ben 34 – e quelli dell’Asia a qualificare come i più svantaggiati al mondo, grazie ad un reddito pro-capite annuale inferiore a 765 dollari americani. Aumentare questa soglia è uno degli obiettivi principali della cooperazione promossa dall’organo delle Nazioni Unite. Per farlo, l’Ecosoc concentrerà l’attenzione sulle situazioni che si creano all’indomani dei conflitti, così come sulla buona gestione degli affari pubblici, sull’accesso ai mercati, alla tecnologia dell’informazione e sull’educazione per le donne. Oggi stesso, saranno inoltre sottoposte alla verifica del Consiglio le attività di sviluppo realizzate negli ultimi tre anni all’interno dell’intero sistema dell’Onu, mentre sul fronte umanitario il punto cruciale all’ordine del giorno è il coordinamento internazionale in caso di crisi. Una catastrofe relativamente recente come il devastante terremoto di Bam ha infatti dimostrato che la solidarietà internazionale non manca, ma che spesso manca il coordinamento. L’Ecosoc richiamerà dunque i Paesi membri ad attenersi, in caso di aiuti ad una crisi, alle direttive stabilite dall’Onu.

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TROVARE NELLA FEDE LA FORZA DELLA SPERANZA: E’ L’APPELLO LANCIATO

DAL CARDINALE BERGOGLIO, ARCIVESCOVO DI BUENOS AIRES, CHE

AL TERMINE DELLA SETTIMA GIORNATA DELLLA PASTORALE SOCIALE,

SI E’ SOFFERMATO SULLA POVERTA’ CHE AFFLIGGE L’ARGENTINA

 

BUENOS AIRES. = L’arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Bergoglio, ha lanciato un appello alla società civile argentina, affinché non si privi della speranza di avere dei tempi migliori di quelli che il Paese sta vivendo da alcuni anni. Al termine della settima Giornata della Pastorale sociale - riferisce l’agenzia argentina ‘Aci’ - il porporato ha sottolineato che “è criminale privare un popolo della speranza”. Questo “equivale semplicemente a incarcerarlo”. “Rivendicare l’utopia - ha aggiunto il porporato - ha ancora più valore nei momenti di oscurità. E noi stiamo vivendo momenti di oscurità che ci condizionano”, ha aggiunto, riferendosi all’estrema povertà, che affligge metà della popolazione argentina, dura eredità lasciata dagli ultimi governi. “In questa tremenda oscurità nella quale viviamo - ha avvertito - quello che ci arriva da fuori è il frutto della cattiva globalizzazione”. Ma, ha ribadito, non bisogna perdere la speranza. (A.G.)

 

 

IN UN RAPPORTO DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE UGANDESE, I DATI DELL’EMERGENZA UMANITARIA PROVOCATA DALLA GUERRA CIVILE NEL PAESE

AFRICANO: MIGLIAIA I BAMBINI SOLDATO, OLTRE UN MILIONE GLI SFOLLATI,

MENTRE L’ONU LANCIA L’ALLARME PER IL RISCHIO CARESTIA

 

KAMPALA. = Sono oltre 8.000 i bambini rapiti in nord Uganda negli ultimi 12 mesi dai ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra). È questo il dato più inquietante, che emerge da un rapporto realizzato dalla Commissione nazionale per la sicurezza e gli affari umanitari del Parlamento ugandese presentato in questi giorni a Kampala. “Secondo le stime - si legge nel rapporto, citato dall’agenzia Misna - dall'inizio del conflitto nell'Uganda settentrionale, tra i 20 mila e i 25 mila bambini sono finiti nelle mani dei ribelli. I ragazzi vengono indottrinati e trasformati in combattenti, mentre le ragazze diventano schiave del sesso per i comandanti ribelli”. Secondo il documento, i dati a disposizione non consentono di avere una stima corretta dei danni causati dalla crisi del nord Uganda, ma il solo costo economico per i distretti Acholi si aggirerebbe attorno a 1,3 miliardi di dollari. I danni causati dai ribelli proseguono anche in loro assenza e consumano la vita di centinaia di migliaia di persone costrette a vivere in campi per sfollati che soffrono di una cronica mancanza di cibo e di sovraffollamento. Lo studio della commissione parlamentare stima che per nutrire il milione e mezzo di sfollati stipati nei campi del nord del Paese servirebbero 340 mila dollari al giorno. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam) ha informato la commissione che potrebbero verificarsi delle interruzioni nella distribuzione degli aiuti nei prossimi mesi. Dal 1986, le bande armate guidate da Joseph Kony seminano morte e distruzione nelle zone settentrionali del Paese, senza che il governo di Kampala riesca a fermare le violenze né ad avviare alcun tipo di negoziato. Si calcola che finora le vittime di questo conflitto siano oltre 100 mila, 25.000 i minori sequestrati e oltre un milione gli sfollati. (A.G.)

 

 

L’ARCIVESCOVO DI BOGOTÀ, CARDINALE PEDRO RUBIANO, CONDANNA

 LA RECENTE ONDATA DI SEQUESTRI AVVENUTA IN COLOMBIA

 

BOGOTA’. = “Il valore della vita di un uomo è inestimabile e per questo giudico il sequestro di persona il peggior crimine che si sta commettendo in Colombia in quanto offende la dignità dell’essere umano, che è l’immagine di Dio”. Con queste parole l’arcivescovo di Bogotà e presidente della Conferenza episcopale colombiana, cardinale Pedro Rubiano, condanna l’ondata di sequestri recentemente registratasi nel Paese sudamericano. Il porporato critica, in particolare, il provvedimento del governo che consentirebbe ai civili, attualmente tenuti in ostaggio delle Forze armate rivoluzionarie (Farc), di riacquistare la libertà in cambio del rilascio dei guerriglieri detenuti. “Se i miliziani sequestrassero un vescovo – sottolinea il cardinale - non daremo un centesimo per il suo rilascio perché, così facendo, non riconosceremmo il principio fondamentale della libertà di una persona e della sua dignità”. “Per tutti quei pastori della Chiesa catturati, uccisi o, nella migliore delle soluzioni rilasciati - aggiunge il porporato - non abbiamo mai pagato alcun riscatto”. Il cardinale Rubiano ribadisce, inoltre, la “neutralità” della Chiesa e conferma il suo “pieno appoggio” all’intensa attività diplomatica, volta ad un avvicinamento, tra il governo e i gruppi armati irregolari. “L’auspicio - conclude - è quello di una soluzione pacifica al conflitto”. (A.L.)

 

 

STAMANI ALLE 10.30 SI È CELEBRATA UNA MESSA PONTIFICALE

NELLA BASILICA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA

- A cura di Marco Cardinali -

 

ROMA. = Nella suggestiva cornice della patriarcale Basilica di San Paolo fuori le mura si è celebrata stamattina la Messa pontificale per la solennità dei SS. Pietro e Paolo. È questa una delle rare occasioni in cui si celebra l’Eucaristia sull’altare papale, con il ciborio di Arnolfo di Cambio risalente al 1285. Questa è anche l’occasione in cui si apre il piccolo cancello bronzeo che offre la vista della tomba dell’Apostolo delle Genti, tomba che ha come copertura una lapide marmorea con su incisa una semplice scritta in latino: “Paolo Apostolo e martire”. Moltissimi i fedeli, i sacerdoti e i religiosi presenti al Pontificale presieduto dall’arcivescovo mons. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, nunzio Apostolico emerito in Italia, insieme al padre Abate della Comunità monastica benedettina di San Paolo fuori le mura, don Paolo Lunardon, e il priore dell’Abbazia Primaziale di Sant’Anselmo, il padre Edmund Power. Nella sua omelia l’arcivescovo ha ripercorso le grandi tappe della storia della Basilica e del Monastero che fin dalle origini hanno avuto una storia comune. “I monaci benedettini”, ha detto mons. Montezemolo, “hanno da sempre cura di questo santo e venerando luogo, che, unico nel mondo, vede una basilica patriarcale romana con annesso un monastero”. Il nunzio emerito ha anche annunciato pubblicamente che la Santa Sede ha in esame un nuovo ordinamento per la Basilica e il monastero, affinché sia valorizzato maggiormente il lavoro dei monaci in una basilica come quella di San Paolo, al servizio spirituale tutti i fedeli e i pellegrini che giungono a pregare sulla tombe dell’Apostolo Paolo, il tutto in un accordo armonico delle specificità di Basilica e Monastero, in un connubio che risale a tanti secoli fa e che continuerà anche nel terzo millennio ad essere presenza significativa e viva di una Chiesa che prega e annuncia il Vangelo al mondo contemporaneo, con la stessa forza ed entusiasmo di San Paolo.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

29 giugno 2004

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

Il trasferimento della sovranità dalla Coalizione guidata dagli Stati Uniti al governo iracheno ad interim non ha arginato l’ondata di violenze nel Paese del Golfo. Poche ore dopo la cerimonia tra il governatore americano, Bremer, e il primo ministro, Allawi, infatti, un nuovo video trasmesso dall’emittente Al Jazira ha mostrato l’esecuzione del soldato americano Keith Matthew Maupin, 20 anni, scomparso quasi tre mesi fa in seguito a un’imboscata al suo convoglio, presso Baghdad. Si parla, intanto, del processo contro l’ex dittatore Saddam Hussein. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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In un Paese ancora drammaticamente segnato dalle violenze, il nuovo governo ad interim del premier iracheno Iyad Allawi si trova a muovere i primi passi. In cima alla lista delle priorità si colloca il processo contro l’ex dittatore, la cui custodia legale domani passerà all’Iraq, insieme con altri 11 dirigenti del defunto regime baathista, tra i quali l’ex vice-premier Tarek Aziz e il vice-presidente Yassine Ramadan. Un processo, ha specificato Allawi, che sarà “pubblico” ma che si svolgerà tra diversi mesi. Saddam, ha concluso, potrà indicare un difensore o rappresentarsi da solo; ha diritto a un processo “giusto”, ma senza nessun privilegio. Il quotidiano “al Sabah”, intanto, anticipa che il nuovo governo proclamerà entro 48 ore leggi d’emergenza, con poteri speciali per il premier, l’imposizione di coprifuoco in alcune aree e altre misure “che limitano la libertà”. All’indomani del trasferimento di sovranità va registrata la liberazione di 250 iracheni del carcere di Abu Ghraib, asceso alla ribalta della cronaca, nelle scorse settimane, per lo scandalo delle torture perpetrate dai soldati americani ai detenuti. E mentre Francia e Kuwait si sono detti pronti a “ristabilire rapidamente” le proprie relazioni diplomatiche con l’Iraq, sul terreno si registrano nuove vittime. Tre marine americani hanno perso la vita stamani nella capitale per l’esplosione di una bomba al passaggio del loro convoglio, mentre un poliziotto iracheno è stato ucciso e un altro ferito in un attacco contro il quartier generale della polizia di Mahmudiya. Sono, invece, fortunatamente tornati in libertà i tre ostaggi turchi nelle mani degli estremisti islamici.

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Rapporti ricuciti tra Stati Uniti e Libia. Dopo 24 anni di silenzio diplomatico e lunghi mesi di riavvicinamento, il sottosegretario di Stato americano, William Burns, ha reso noto ieri di aver inaugurato formalmente il nuovo ufficio di collegamento USA a Tripoli, con la ripresa di legami diplomatici diretti. Il 23 aprile scorso, il presidente statunitense, George W. Bush, ha deciso di allentare le sanzioni contro la Libia, introdotte sotto la presidenza di Ronald Reagan, revocando quasi del tutto quelle di carattere economico, ma senza togliere il Paese nordafricano dalla lista degli Stati che appoggiano il terrorismo internazionale.

 

I detenuti a Guantanamo accusati di terrorismo hanno il diritto di accedere ai tribunali americani per far valutare il loro caso. Lo ha deciso ieri la Corte suprema degli Stati Uniti. Ai detenuti, circa 600, finora non è stato riconosciuto alcun diritto legale, trattandosi, ad avviso del Pentagono, di combattenti nemici catturati sul campo di battaglia.

 

Il premier portoghese José Manuel Durao Barroso ha annunciato stamani di avere accettato la proposta di succedere a Romano Prodi nella presidenza della Commissione Europea. La decisione è arrivata dopo un colloquio col presidente della repubblica Jose Sampaio.

 

Ancora violenze in Medio Oriente. Ieri, il lancio di razzi palestinesi contro la cittadina di Sderot, con un bilancio di 2 morti e 12 feriti. All’alba di oggi, la risposta militare israeliana, che ha causato a Khan Younès la morte di un palestinese di 14 anni. Ci riferisce Graziano Motta:

 

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Reparti di fanteria e blindati sono entrati all’alba nella zona settentrionale della Striscia di Gaza - il centro abitato più importante è Beit Hanoun - da dove la guerriglia palestinese lancia missili contro il territorio israeliano. L’operazione viene contrastata da gruppi armati: un militante di Hamas è morto suicida, azionando una cintura esplosiva; un altro è stato ferito. Nella notte c’erano stati due raid di elicotteri israeliani, rispettivamente a Gaza città e nel campo di Musseirak. In mattinata, altre operazioni di guerriglia palestinese contro soldati israeliani nella Striscia di Gaza, a Nevé Dekalim, e presso Nablus, dove hanno ferito un militare. Il governo Sharon, intanto, che pure non ha una maggioranza in Parlamento, è uscito indenne ieri sera da tre votazioni su mozioni di censura, presentate dai partiti di opposizione, sulla politica economica e sociale.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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L’Iran ha ammesso stamani che un sospetto sito nucleare, ispezionato dalle Nazioni Unite, è un vecchio laboratorio militare di ricerca. Lo ha dichiarato a Mosca il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Mohammed El Baradei. Gli ispettori dell’Onu hanno visitato ieri a Teheran un sito che, secondo l’Aiea, avrebbe potuto essere utilizzato per lo sviluppo di armi di distruzioni di massa.

 

Veniamo alle elezioni politiche che si sono svolte ieri in Canada. I Liberali del premier Paul Martin si sono aggiudicati le consultazioni, assicurandosi almeno 136 seggi, lontani però dalla soglia dei 155 seggi, che sancisce la maggioranza assoluta in Parlamento. I conservatori hanno, comunque, riconosciuto la sconfitta. Per governare ora il partito al potere avrà bisogno dell’appoggio dei separatisti del Québec. Ce ne parla Elena Molinari:

 

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Un’alleanza da molti giudicata instabile ed esplosiva, che potrebbe sfociare in nuove elezioni nel giro di un anno. Gli exit poll mostrano però i due principali partiti del Paese, liberale e conservatore, quasi alla pari. Una situazione che fa ancora di più del blocco del Québec - una formazione politica che dal ’93 rappresenta gli interessi nazionalistici della provincia francofona - l’ago della bilancia. Il premier in carica, Paul Martin, succeduto a Jean Chretien solo nel dicembre scorso, potrebbe, tuttavia, rimanere in carica, anche con un governo di minoranza. Dopo oltre dieci anni di governi liberali, per i conservatori di Stephen Harper queste elezioni rappresentano già almeno un ritorno sulla scena politica. La campagna elettorale è durata solo cinque settimane, ma i commentatori politici sono concordi nel giudicarla pessima, caratterizzata da scambi di insulti più che da un vero dibattito politico.

 

Da New York, Elena Molinari per la Radio Vaticana.

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Il tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia ha condannato stamani a 13 anni di reclusione per crimini contro l’umanità commessi nella guerra di Croazia del 1991-95 l’ex leader serbo-croato Milan Babic. Lo scorso gennaio l’ex primo ministro della repubblica serba della Krajina, proclamata in Croazia dopo il distacco di Zagabria dalla vecchia federazione jugoslava nel 1991, era stato riconosciuto colpevole di aver fatto ricorso alla pulizia etnica ai danni dei croati.

 

Immigrazione in Italia: sono sbarcati nella notte sull’isola di Lampedusa 171 clandestini. Provenienti per lo più dall’Asia centrale e dal Maghreb, sono stati soccorsi da unità navali della Capitaneria di porto di Lampedusa e da mezzi del reparto aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo. Tra gli immigrati, 5 ragazzi e una donna. Sono tutti in buone condizioni.

 

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